L’ultima volta lo avevamo incrociato quasi di sfuggita a dicembre mentre assieme a Kreuziger usciva dal garage dell’hotel Cap Negret di Altea, dove si stava svolgendo il ritiro del Team Bahrain Victorious. Ne avevamo approfittato per parlare con tutti i corridori raggiungibili, ma su Lenny Martinez era stato posto un veto irremovibile. Quale che fosse l’accordo o il disaccordo con la Groupama-FDJ, vigeva il divieto assoluto di intervistarlo e fotografarlo fino al nuovo anno. Per cui il saluto era stato fugace e non privo di sguardi.
Lenny Martinez, il figlio di Miguel, ha 21 anni, è alto 1,68 e pesa 52 chili: la quintessenza dello scalatore. E’ entrato nel WorldTour a 19 anni nel 2023 e ha già vinto sei corse, fra cui l’ultimo Trofeo Laigueglia. A distanza di due mesi da quell’incontro fortuito, la stagione del giovane francese è iniziata di buona lena alla Valenciana vinta dal compagno Buitrago (in apertura, eccolo in salita seguito da Piganzoli). E nell’imminenza della Classic Var di domani, stamattina siamo riusciti finalmente a parlarci, prima che uscisse in allenamento.
Lenny ha sempre il suo buon umore coinvolgente, anche se è sensibile l’aumentare delle attese rispetto a quando lo incontrammo per la prima volta in un Giro della Lunigiana che sembra lontano cent’anni, invece era appena quello del 2021.
Come procede l’integrazione in questo nuovo team in cui si parlano l’inglese e l’italiano, ma quasi per niente il francese?
Sono molto contento. L’integrazione sta andando molto bene. Ora ogni cosa passa per l’inglese, ma sto riuscendo a inserirmi. Ci sono alcuni dello staff che parlano un po’ di francese, come il mio allenatore e un’altra persona: si possono contare su due mani. Ma non credo che parlare inglese sia un problema. Al contrario, è qualcosa che mi arricchisce molto e che mi aiuterà a crescere, anche come uomo. Perché qui non c’è scelta, è così e basta e di certo nei prossimi anni sarò in grado di parlarlo molto bene.
Hai notato altre differenze rispetto a Groupama?
Certo che ci sono, ma sono comunque differenze minime e credo che sarebbe stato così in qualunque squadra fossi andato. Si tratta di piccole percentuali che possono determinare la differenza tra vincere o meno. La Groupama-FDJ è un’ottima squadra e lo è anche il Team Bahrain. Insomma, stiamo facendo più o meno lo stesso lavoro. Direi che per me la differenza principale è che qui sono veramente in un gruppo internazionale, sia in termini di corridori che di staff. La Groupama invece ha un DNA totalmente francese.
Sei in grado di dire a che punto sei della tua crescita?
A 21 anni si può fare un bilancio, ma ho ancora molti anni di professionismo davanti a me e molti anni di progressi da fare, quindi voglio prendermi il mio tempo anche per fare il punto. Serve pazienza, devo continuare a lavorare e progredire.
A che punto della scorsa stagione ha deciso di cambiare squadra?
Prima che iniziasse. Con la Groupama avevo iniziato a parlare da parecchio, era giusto ovviamente parlare prima con loro. Lo abbiamo fatto a lungo, ma ho preso la mia decisione poco prima della prima gara, diciamo intorno a febbraio (singolare notare che il team francese abbia continuato invece a tenere aperta la possibilità di rinnovo fino all’estate inoltrata, ndr).
Chi è il tuo allenatore ora al Bahrain?
Il mio allenatore è Loic Segart, il fratello di Alec: quello che corre alla Lotto Dstny e va come un treno nelle cronometro, saprete certamente chi sia. La cosa buona è che Loic parla francese ed è stato molto bello scoprire che avrei lavorato con lui perché su certi aspetti molto tecnici è bello poter parlare la mia lingua. In più è un allenatore molto giovane e questo lo trovo positivo. Invece non ho ancora un direttore sportivo di riferimento. Potrei pensare a Roman Kreuziger, perché quando c’è un problema, gli mando un messaggio. E’ presente a quasi tutte le gare, quindi direi che forse è lui.
Come è passato l’inverno?
Molto bene, direi. Siamo stati in ritiro in Spagna come già con la FDJ l’anno scorso. Ho fatto più o meno la stessa preparazione e lo stesso allenamento, forse un po’ diverso per dei dettagli, dato che ogni allenatore ha metodi di allenamento diversi. Nel complesso, ho fatto forse qualche ora in più e abbiamo variato alcuni lavori specifici. Il corpo ha avuto bisogno di un po’ di tempo per adattarsi e ora dobbiamo vedere se tutto questo funziona bene anche su di me, ci vorrà un po’ di tempo.
Nell’intervista fatta ad Altea a dicembre, Rod Ellingworth ci ha parlato di un progetto Tour de France legato a te. Puoi dirci di cosa si tratta?
Credo che per un corridore francese come me, il Tour de France sia importante e penso che nei prossimi anni sarà la corsa più importante del mio calendario. E’ vero, c’è un progetto che coinvolge me, ma anche altri corridori come Santiago Buitrago e Antonio Tiberi, che sono entrambi leader per le classifiche generali. Poi ci sono gli altri corridori. L’obiettivo è migliorare ogni anno e fare in modo che tra qualche anno io sia competitivo al Tour de France.
Come descriveresti oggi il tuo rapporto con Marc Madiot?
Con Marc Madiot vado molto d’accordo, non ho avuto conflitti o altro. Ci siamo scambiati messaggi di auguri per capodanno, quindi non c’è nessun problema. Le nostre strade si sono separate, ma credo che la vita sia così. Però è sempre stato una persona molto buona e lo ringrazio per tutti questi anni.
Che effetto fa pensare che Romain Gregoire sarà di nuovo un rivale come quando eravate juniores?
Non è un problema, è un avversario come ce ne sono tanti altri. Non credo che dovrei concentrarmi su uno solo. Spero che Romain stia bene, è in una buona squadra e farà i suoi risultati. Resta un ottimo amico, ma non voglio passare tutto il tempo a lottare con lui. Ma so che è molto forte e gli auguro di vincere tante corse. Come lo auguro anche a me…