EDITORIALE / Buratti, il coraggio delle scelte intelligenti

07.11.2022
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Nicolò Buratti non passa professionista. Quando la notizia si è sparsa grazie all‘intervista con Franco Pellizotti pubblicata giovedì scorso su bici.PRO, lo stupore ha iniziato a circolare fra messaggi, telefonate e vari social.

Buratti, per chi non lo sapesse, è probabilmente l’under 23 italiano più forte del 2022, con 9 vittorie di peso fra cui Poggiana, Capodarco, il GP Colli Rovescalesi e il Del Rosso. Ed è anche quello che senza una serie di problemi meccanici da mani nei capelli, avrebbe lottato per la maglia iridata di categoria.

La notizia non è da lasciar correre e ci spinge a una riflessione più approfondita, distaccandoci per un momento dall’automatismo vittorie = passaggio, che negli ultimi anni ha condannato alla disoccupazione parecchi atleti che non erano pronti per il salto.

Una foratura e poi la ruota storta e il mondiale di Buratti è sfumato mestamente
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L’approccio frettoloso

Il primo impatto è stato lo stesso di coloro che hanno puntato il dito: se non passa Buratti, allora chi? Il ragazzo ha 21 anni e corre nel Cycling Team Friuli che da quest’anno è vivaio del Team Bahrain Victorious. Quale messaggio arriva ai corridori che volessero approdare nella squadra di Bressan e Boscolo, se persino i più forti non vengono fatti passare?

Parrebbe che il mancato debutto di Buratti fra i grandi dipenda dal fatto che il team WorldTour avesse già chiuso il budget 2023 ad agosto, poco prima che Buratti mettesse la quarta e iniziasse a volare. Miholjevic avrebbe cercato le risorse per tirarlo dentro, ma alla fine si sarebbe arreso.

Il tema è delicato e soltanto i dirigenti della squadra del Bahrain conoscono la situazione. Se infatti bastassero i conti della serva, si potrebbe pensare che grazie al risparmio di cinque mesi di stipendio di Dylan Teuns (passato alla Israel) ce ne sarebbe stato in abbondanza per il giovane italiano. Ma noi non siamo serve e ci concediamo una riflessione meno frettolosa.

Buratti rimarrà per un altro anno con il CT Friuli, con cui ha vinto il tricolore cronosquadre, con Olivo, Debiasi e Milan
Buratti rimarrà per un altro anno con il CT Friuli, con cui ha vinto il tricolore cronosquadre, con Olivo, Debiasi e Milan

L’approccio ragionato

Buratti ha bisogno di crescere ancora. Dov’era l’anno scorso di questi tempi? Aveva finito il secondo anno da U23 con il secondo posto al Trofeo Chianti Sensi di Lamporecchio (corsa di 134 chilometri) come miglior risultato. L’anno precedente, al debutto nella categoria, aveva portato a casa una vittoria con la maglia del Pedale Scaligero, dopo due anni fra gli juniores con una vittoria e due podi. Bastano le vittorie del 2022 per dire che Buratti sia pronto per il professionismo? Forse sì, ma forse anche no.

Il messaggio che dovrebbe passare, quindi, dovrebbe essere legato a un ragionamento tecnico tutto volto al suo interesse. E all’interesse di tutti i corridori che saltano subito sul treno, costi quel che costi.

Buratti potrebbe non essere pronto, come tanti alla sua età: deve confermare agli altri e soprattutto a se stesso che l’oro del 2022 non è stato per caso. Un team WorldTour non è il posto migliore per farlo, andate a leggere cosa ha detto su questo Matteo Trentin.

Avrebbe potuto puntare su una professional, tuttavia rinunciando alle occasioni che una squadra superiore potrà dargli quando sarà pronto. Parrebbe infatti che per lui si stia scrivendo un biennale 2024-2025 proprio con il team Bahrain.

Forte di vittorie come Capodarco, nel 2023 Buratti potrà alzare l’asticella e puntare al mondiale
Forte di vittorie come Capodarco, nel 2023 Buratti potrà alzare l’asticella e puntare al mondiale

Il ferro caldo

Una volta, quando i corridori facevano 4 anni al top fra gli under 23, si tiravano in ballo le motivazioni mancanti, ma probabilmente nel caso di Buratti c’è ancora tanto da scoprire e da costruire. Farà attività qualificata con la nazionale e con il suo team. E soprattutto, a causa di una situazione che non avrebbe sperato di vivere, avrà la possibilità di affrancarsi dalla ricerca spasmodica di nuovi fenomeni imberbi, come Evenepoel, Ayuso e Pogacar, che restano eccezioni.

Per cui ripartiamo dalla domanda d’esordio. Rimanere al CT Friuli potrebbe essere descritto come una scelta intelligente, anziché una disgrazia. E se non passa Buratti, forse non dovrebbero passare tanti altri meno solidi di lui, convinti in prima persona o da altre voci che il ferro vada battuto finché è caldo.

Stiano attenti. Il ferro caldo si plasma molto facilmente. Ma quando si raffredda e la forma non è quella che si sperava, poi raddrizzarlo è difficile. E niente sarà più come prima.