Moreno Biscaro è un mental coach trevigiano che lavora anche nel ciclismo dal 2021

Moreno Biscaro, il mental coach e le dinamiche del ciclismo

18.10.2025
6 min
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VICENZA – Cerca sempre di non mancare alle gare che ha vicino a casa, seppure non abbia una estrazione ciclistica di lunga data, a parte una normale passione per lo sport. Il ciclismo è arrivato nella vita del mental coach Moreno Biscaro da pochi anni e probabilmente questo suo essere “meno coinvolto” ha giocato e sta giocando a suo favore nel lavoro con i tanti atleti.

I giardini di Campo Marzo sono l’area deputata ad accogliere tutti i bus delle formazioni in gara al Giro del Veneto. Lungo i viali del parco vicentino incontriamo Biscaro intento a salutare alcuni corridori che segue o con cui ha lavorato. L’ottimo clima meteorologico autunnale sommato a quello tipico senza pressione di fine stagione sono il contesto migliore per scambiare impressioni, fare piccoli bilanci e fissare nuovi obiettivi. Intanto che attendiamo l’avanti-indietro delle squadre per il proprio turno di presentazione sul palco, approfondiamo il metodo del professionista trevigiano.

Biscaro assieme a Zana e De Marchi. Attraverso i ciclisti, ha visto il cambiamento e problematiche del movimento
Biscaro assieme a Zana e De Marchi. Attraverso i ciclisti, ha visto il cambiamento e problematiche del movimento
Biscaro assieme a Zana e De Marchi. Attraverso i ciclisti, ha visto il cambiamento e problematiche del movimento
Biscaro assieme a Zana e De Marchi. Attraverso i ciclisti, ha visto il cambiamento e problematiche del movimento
Prendiamo spunto da un tuo recente post instagram su Filippo Fontana che ci ha colpito. Su cosa avete lavorato?

Filippo è stato un grande. A giugno si è rotto tibia e perone in Austria in una prova di Coppa del mondo. Lui voleva tornare in bici in 26 giorni come fece Valentino Rossi dopo un suo infortunio. Ci siamo sentiti per telefono diverse volte e lui si era creato questa suggestione come ideale. Parte del mio lavoro è convincere le persone che possono perseguire quello che ci prefiggiamo. Filippo ed io abbiamo trovato fin da subito un linguaggio comune, ma in questo caso non è andato proprio così (dice sorridendo, ndr).

Per quale motivo?

Il paradosso è che quando ho visto Filippo dopo l’incidente l’ho trovato molto centrato sull’obiettivo di voler tornare entro quel termine che si era dato. Il mio ruolo è stato molto marginale e lo dico con un po’ di rammarico (sorride ancora, ndr). Non mi sono neanche sforzato di mettergli in testa certe cose. Significa che avevamo fatto un gran lavoro prima. Il segreto è stato solo di averlo aiutato ad allargare un po’ i suoi orizzonti e crederci ulteriormente. Mi prendo solo questo merito. Alla fine è tornato sulla bici a 28 giorni dalla frattura e ad inizio settembre ha portato a casa un ottavo posto al mondiale Mtb che se non somiglia ad un miracolo, non saprei come altro definirlo.

Dopo la frattura ad una gamba a giugno, Fontana chiude 8° ai mondiali Mtb grazie al lavoro con Biscaro (foto Radek Kasik)
Dopo la frattura ad una gamba a giugno, Fontana chiude 8° ai mondiali Mtb grazie al lavoro con Biscaro (foto Radek Kasik)
Dopo la frattura ad una gamba a giugno, Fontana chiude 8° ai mondiali Mtb grazie al lavoro con Biscaro (foto Radek Kasik)
Dopo la frattura ad una gamba a giugno, Fontana chiude 8° ai mondiali Mtb grazie al lavoro con Biscaro (foto Radek Kasik)
La tua esperienza con i ciclisti quando inizia?

Ho sempre pedalato per tenermi in forma e mi piaceva il ciclismo, tuttavia senza essere appassionato di gare. Ho cominciato a lavorare con questi atleti nel 2021, quando dopo l’Olimpiade è stata sdoganata maggiormente la figura del mental coach nello sport. Io ad esempio ho sempre lavorato con gli imprenditori. La prima con cui ho iniziato è stata Soraya Paladin, che abita a pochissimi chilometri di distanza e tutto è nato in modo simpatico. Lei mi seguiva sui social ed io stavo cercando atleti non tanto per lavorarci, quanto per intervistarli e capire come utilizzavano la parte mentale nello sport.

Com’è proseguito il rapporto di lavoro?

Avevo scritto a Soraya proprio per farle alcune domande e abbiamo iniziato a collaborare. Lei nel 2021 aveva perso la motivazione per continuare a correre, anzi era quasi convinta a smettere. Nel frattempo era riuscita a passare dalla Liv Racing alla Canyon//Sram (dove corre tutt’ora, ndr) e ricordo che alle prime gare del 2022 mi raccontava di aver ritrovato fiducia, voglia e soprattutto il divertimento. E’ diventata una ragazza importantissima per la squadra ed anche per la nazionale. Non è una che vince, ma contribuisce con un grande lavoro ai successi della squadra in tutti i sensi. Dall’anno scorso non collaboriamo più, ma siamo in buoni rapporti. E’ normale che talvolta certi percorsi giungano alla fine.

Tanti giovani collaborano con Biscaro: qui con Luca Paletti, con cui c'è un bel rapporto
Tanti giovani collaborano con Biscaro: qui con Luca Paletti, con cui c’è un bel rapporto
Tanti giovani collaborano con Biscaro: qui con Luca Paletti, con cui c'è un bel rapporto
Tanti giovani collaborano con Biscaro: qui con Luca Paletti, con cui c’è un bel rapporto
Invece con Sacha Modolo com’è andata?

Ho un grande rapporto anche con lui, con cui è nato tutto per caso. Una dichiarazione di Vendrame dopo una sua vittoria al Giro d’Italia aveva fatto venire a Valentina, la moglie di Sacha, l’idea rivolgersi a me. Sacha era entrato in una spirale negativa nonostante fosse alla Alpecin e anche lui stava pensando di smettere ad inizio 2021. Ho “corteggiato” Sacha affinché si affidasse e fidasse del mio ruolo. Lo faccio sempre quando riconosco un talento con cui si possono fare cose interessanti. Alla fine del nostro lavoro, andò alla Vuelta e ne uscii con una gamba incredibile tanto da vincere una settimana dopo una tappa al Giro del Lussemburgo. Quella fu la sua ultima vittoria, ma riuscii a trovare un contratto con la Bardiani nel 2022. Furono grandi soddisfazioni anche per me.

La tua rete si è ampliata molto?

Ho avuto un bel movimento di atleti in questi anni. Con le donne collaboro con Vitillo, Silvestri, Basilico, mentre tra i giovani ho Paletti, Matteo Milan, Olivo e in passato anche con Borgo. Tra i pro’ ci sono Zana e De Marchi. Mi fermo con i nomi perché ne ho tanti altri e non vorrei dimenticarmi qualcuno. La cosa che mi piace è che sono tutte gran brave persone ed è facile quindi instaurare un rapporto di lavoro sia professionale, sia più leggero quando è necessario. Con tantissimi di loro parliamo la stessa lingua e ci troviamo subito in sintonia.

Che idea ti sei fatto del mondo ciclistico? Te lo aspettavi meglio o peggio?

Dal 2021 ad oggi il ciclismo è cambiato tantissimo. Sono stati tutti anni molto intensi e pieni. L’emblema di questo cambiamento è stato proprio il “Dema” (Alessandro De Marchi, ndr). Con lui ho percepito quanto il cambiamento stia diventando sempre più faticoso e difficile. Ho capito quanto ci sia da gestire oltre al correre in bicicletta. E’ una opinione mia, ma secondo me questi atleti dovrebbero prevalentemente pensare a pedalare e divertirsi.

Paladin è stata la prima atleta a collaborare con Biscaro. Era il 2021, lei voleva smettere, lui le ha dato nuove motivazioni
Paladin è stata la prima atleta a collaborare con Biscaro. Era il 2021, lei voleva smettere, lui le ha dato nuove motivazioni
Paladin è stata la prima atleta a collaborare con Biscaro. Era il 2021, lei voleva smettere, lui le ha dato nuove motivazioni
Paladin è stata la prima atleta a collaborare con Biscaro. Era il 2021, lei voleva smettere, lui le ha dato nuove motivazioni
Gli altri aspetti sono difficili da arginare?

Adesso subentrano mille dinamiche a cui nessuno li introduce e che non sanno come gestire. Pressioni della squadra, degli sponsor, della famiglia, di altri fattori esterni. Sono un esperto di performance, anche nei rami di azienda, e so quanto queste influenze esterne incidano a performare meglio o peggio. Anzi, in alcuni casi se non si gestiscono in modo corretto, diventa tutto controproducente alla prestazione.

Per Moreno Biscaro è più facile lavorare con le donne o con gli uomini?

Non ci sono grandi differenze, ho sempre di fronte una persona in quanto tale. Non voglio nemmeno generalizzare, ma direi che le ragazze sono più emotive, si lasciano più trasportare. I ragazzi invece ascoltano meno le proprie emozioni e in molte situazioni sono bloccati da queste. A seconda dei casi, può essere un vantaggio, come uno svantaggio, l’importante è saper trovare il giusto punto d’incontro per le motivazioni necessarie per i propri obiettivi.

Chiara e Soraya al servizio della Canyon per puntare in alto al Giro

25.06.2025
6 min
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Prima la squadra, poi gli obiettivi personali. La mira della Canyon//Sram zondacrypto al Giro d’Italia Women sarà concentrata sulla classifica generale. Lo si evince dalla video-conferenza organizzata ieri dalla formazione tedesca direttamente dai 2.000 metri di Kuthai in altura nella quale Chiara Consonni e Soraya Paladin appaiono come “moschettiere” al servizio della loro leader Antonia Niedermaier (in apertura foto facebook Canyon//Sram zondacrypto).

I gradi di capitana infatti ricadranno sulla 22enne ex fondista di vertical race, già vittoriosa nella tappa di Ceres nel 2023 al termine di una lunghissima fuga. Niedermaier ha fatto un ulteriore salto di qualità negli ultimi anni. La tedesca avrà il compito di confermare e possibilmente migliorare il terzo posto finale ottenuto l’anno scorso da Neve Bradbury e sa che potrà contare sull’apporto anche delle due compagne italiane. Tuttavia sia Consonni che Paladin sanno che hanno un paio di frazioni adatte a loro per potersi giocare le proprie carte. Ed entrambe sabato 28 giugno correranno il campionato italiano di Darfo Boario Terme con differenti ambizioni.

L’emozione di Chiara

Solitamente questo genere di conferenze on-line sono anche l’occasione per fare un piccolo bilancio della stagione fin lì disputata. Consonni ha il volto sorridente come sempre. Si gode la giornata del suo 26esimo compleanno assieme alla squadra giusto ventiquattro ore dopo aver celebrato – lei che è stata oro a Parigi nella madison con Guazzini – l’Olympic Day.

«Quest’anno – spiega la velocista bergamasca – sono cambiate un po’ di cose, tra squadra nuova e nuovo preparatore. Non è mai facile adattarsi subito e alla luce di questo posso dire che è mancata solo la vittoria. Per il resto è andato tutto molto bene e sono contenta.

«Sono emozionata di correre il Giro Women con la Canyon – prosegue – perché inizia a pochissimi chilometri da casa e so che sarà speciale. Non vedo l’ora di iniziare e poter essere di supporto alle mie compagne».

Consonni, ma anche Paladin, stanno correndo con la Canyon Aerod. Proprio in vista del Giro e ancor più del Tour potrebbero arrivare delle sorprese in termini di colorazioni
Consonni, ma anche Paladin, stanno correndo con la Canyon Aerod. Proprio in vista del Giro e ancor più del Tour potrebbero arrivare delle sorprese in termini di colorazioni

Consonni e il lead out

La mente di Chiara però è proiettata al Giro d’Italia Women e su come affrontare questo impegno, prima eventualmente di correre anche il Tour de France Femmes, per cui saprà qualcosa più avanti.

«Al Giro Women ci sono due tappe per gli sprint – analizza Consonni correggendosi immediatamente – anzi forse solo quella di Monselice perché quella di Trento al terzo giorno prevede all’inizio il Passo del Tonale che potrebbe scombinare i piani. Io proverò a puntare a vincere una tappa (ne ha sempre vinta una negli ultimi tre anni, ndr), però prima di tutto cercherò di essere di aiuto alla squadra e ad Antonia».

La lista delle sue rivali in volata ancora non è ben definita, ma ci sarà sicuramente Lorena Wiebes. L’olandese della SD Worx è già a quota 11 successi e in tre occasioni Chiara le ha chiuso alle spalle. Il duello si rinnova.

«Lorena – dice facendo un sospiro – allo sprint ha quei tre secondi iniziali di potenza che fanno paura e la differenza. Le volate che ho fatto con lei ci hanno dato dei riferimenti. In ritiro abbiamo lavorato in funzione di questo allenando e perfezionando il nostro lead out. Una tattica potrebbe essere quella di anticipare il suo sprint. Vedremo come si metteranno le cose nelle tappe adatte a noi e cercheremo di cogliere il massimo risultato. Io sono pronta».

A Copenaghen Consonni chiude terza (qui podio invertito) dietro Wiebes e Balsamo, che non sarà al Giro Women
A Copenaghen Consonni chiude terza (qui podio invertito) dietro Wiebes e Balsamo, che non sarà al Giro Women

Soraya e un occhio al tricolore

Collegata accanto a Consonni c’è anche Paladin, alla quarta stagione alla Canyon. La 32enne trevigiana fa eco alla sua compagna, ma per lei prima c’è un tricolore in linea incline alle sue caratteristiche.

«Il percorso – risponde Soraya – è duro e può essere adatto a me. Non corro dall’Itzulia a metà maggio, però in altura in Austria ho lavorato bene quindi spero di aver belle sensazioni, anche se so che scendendo direttamente dal ritiro è sempre un punto di domanda. Poi so anche che il campionato italiano è una gara sempre strana. Se starò bene spero in una corsa abbastanza selettiva in modo da staccare le ruote veloci e giocarmi le mie possibilità in modo intelligente».

A maggio Paladin centra il secondo posto dietro Ferguson al Navarra’s Women. Ora punta a bel campionato italiano prima del Giro
A maggio Paladin centra il secondo posto dietro Ferguson al Navarra’s Women. Ora punta a bel campionato italiano prima del Giro

Garanzia Paladin

Soraya al Giro femminile ha sempre sfiorato il successo nelle frazioni più congeniali e dopo tanti anni meriterebbe un’affermazione personale importante per consacrare definitivamente il suo ruolo di donna-squadra.

«Guardando il tracciato – continua – potrebbero esserci diverse opportunità per le fughe. Con tante tappe dure si potrebbe correre in maniera più conservativa e pertanto bisognerà essere brave a entrare nelle azioni giuste. Io potrei ritagliarmi il mio spazio in un paio di occasioni, ma come ha detto Chiara la priorità resta quella di curare la generale con Antonia e aiutarla in ogni situazione. Gli ultimi tre giorni e l’ultima tappa non sarà certamente una passerella finale. L’altimetria della tappa di Imola potrebbe far succedere di tutto se i distacchi saranno minimi.

Sempre in Spagna Paladin finisce terza dietro Bredewold e Lipper nella seconda tappa dell’Itzulia
Sempre in Spagna Paladin finisce terza dietro Bredewold e Lipper nella seconda tappa dell’Itzulia

«L’esperienza mi ha insegnato – conclude Paladin poco prima dei saluti – che contano molto le energie mentali in una gara a tappe, specialmente se stai in un ambiente buono. Noi della Canyon siamo messe molto bene sotto questo punto di vista e ne siamo consapevoli. Poi personalmente anche a me dà molto morale avere una tappa vicino a casa. Anche questo aiuta ad affrontare meglio una corsa come il Giro Women».

Zabel, il re di 4 Sanremo, fa le carte alle donne

25.02.2025
7 min
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Dici Zabel e pensi alla Sanremo. Poi ci sono le sei maglie verdi consecutive del Tour e un totale di oltre 200 vittorie, ma la Sanremo resta il fiore all’occhiello (in apertura quella del 2001, su Cipollini e Vainsteins). Per quattro volte l’ha vinta e una l’ha persa, nel 2004, alzando le braccia troppo presto e spalancando la porta a Freire. Il tedesco di Unna, professionista dal 1993 al 2008, è oggi uno dei riferimenti di Canyon anche per quanto riguarda il team femminile di Kasia Niewiadoma, Soraya Paladin e Chiara Consonni. Per questo, alla vigilia della prima Milano-Sanremo donne, ci è venuto in mente di cercarlo per farci dare qualche ispirazione sulla Classicissima di primavera. Sarà per le donne quello che è dal 1907 per gli uomini?

Non è dato ancora sapere quale sia il percorso della gara. Si parla di 154 chilometri da Genova a Sanremo, con un circuito iniziale che porterà le ragazze già in fila sull’Aurelia, nel punto in cui termina la discesa del Turchino. Non una distanza da Sanremo, piuttosto in media con le altre classiche del calendario WorldTour: più breve del Fiandre che ne misura 163.

Che cosa era la Sanremo per Erik Zabel?

Ricordo ancora quando uscivi dal tunnel del Turchino. A volte ci entravi che a Milano faceva freddo e c’era nebbia, ma quando arrivavi al mare dopo quella galleria, sentivi come se davvero fosse arrivata la primavera. Fu amore a prima vista. Nel 1993, quando ero neopro’, feci la Tirreno. Ero in buona forma e la squadra (la Telekom, ndr) mi selezionò per la Sanremo. Arrivai 94°, ma me ne innamorai. Anche se per i primi quattro anni non riuscii a finire nella top 10, mi è sempre piaciuta.

Che cosa la rende così difficile da vincere?

E’ una miscela di distanza e altimetria, sono quasi 300 chilometri. Il finale è spaventoso. Diciamo che gli ultimi 50-60 chilometri sono sempre affascinanti. Ci sono tantissime cose che succedono sui Capi, sulla Cipressa e sul Poggio. Io non ero abbastanza forte per scappare sul Poggio, per cui cercavo di tenere la ruota dei più forti e passare in cima con i migliori dieci. Il mio obiettivo principale è sempre stato non perdere contatto, come per molti altri sprinter.

Una tattica che ha dato buoni frutti…

Ci sono sempre i finisseur e gli specialisti delle classiche che cercano di attaccare sul Poggio, come Pogacar. Penso che questo sia il fascino della Milano-Sanremo. E’ uno dei pochi Monumenti in cui ci sono diversi tipi di corridore che possono cercare di vincere. Vengono tutti insieme per questa gara. Ci sono tante tattiche diverse, ma il mio obiettivo è sempre stato quello di mantenere le ruote.

Se la corsa sarà troppo breve, Lotte Kopecky diventerebbe secondo Zabel la favorita numero uno
Se la corsa sarà troppo breve, Lotte Kopecky diventerebbe secondo Zabel la favorita numero uno
Pensi che per le donne andrà alla stessa maniera oppure la distanza forse è insufficiente perché Capi, Cipressa e Poggio siano incisivi?

Penso che 150 chilometri siano una distanza già seria. Dall’altro lato, per gli uomini la Milano-Sanremo è la gara più lunga del calendario, per cui RCS dovrebbe fare qualcosa di simile e farne la gara più lunga del calendario femminile. In quel caso avremmo situazioni simili a quelle degli uomini. Ci sarebbero Kasia Niewiadoma o Demi Vollering, le specialiste dei Grandi Giri. Ma ci sarebbe Lotte Kopecky, che va bene in salita e potrebbe arrivare bene al finale. E poi ci sono tante atlete italiane che possono passare bene quelle salite. Penso che potrebbe diventare qualcosa di speciale. In una gara di 150 chilometri, penso che la migliore sarebbe Lotte Kopecky.

Le gare delle donne sono spesso imprevedibili. La Canyon//Sram ha Niewiadoma e Consonni. Daresti a entrambe le stesse occasioni?

E’ sempre buono avere diverse carte da giocare, per essere preparati agli scenari più vari. Se i Capi e la Cipressa saranno veloci e duri, avrai immediatamente una scelta e in quel caso la gara sarà più adatta per Kasia. Se c’è un po’ di vento di fronte sulla Cipressa, gli sprinter possono provare a tenere duro. A quel punto l’obiettivo principale saranno la discesa del Poggio e prendere posizione per via Roma. Come per gli uomini. Più difficili saranno le circostanze, più ci saranno gli uomini di classifica. Ad esempio come quando vinse Nibali…

Cosa ricordi?

Tutti erano molto stanchi al termine di una gara difficile. Vincenzo è stato il più forte e ha vinto con grande classe. Ma in altri anni c’era vento a favore oppure i favoriti si sono guardati troppo a lungo e gli sprinter sono rimasti con loro. E ovviamente se ti porti un velocista in via Roma, per lo scalatore non c’è speranza.

La vittoria di Nibali nella Sanremo del 2018 fu propiziata da una corsa molto dura
La vittoria di Nibali nella Sanremo del 2018 fu propiziata da una corsa molto dura
E’ importante avere un team forte per rendere la gara più difficile?

Abbiamo visto queste ultime due edizioni con il team di Tadej Pogacar. Hanno cercato di rendere la gara più difficile. Hanno preso il controllo. Sono state edizioni veloci, soprattutto l’ultima. Il gruppo è stato selezionato già sulla Cipressa: erano tanti davanti, ma tanti si sono staccati. Se una squadra controlla per 300 chilometri, non le restano gli uomini per rendere la corsa ancora più difficile nel finale. E se ci sono in giro campioni come Mathieu Van der Poel e Wout van Aert che non commettono errori, a volte riescono ad approfittarne, come la Alpecin lo scorso anno con Philipsen.

In una corsa tanto lunga, in cui non si possono sprecare energie, avere la squadra accanto può essere la chiave per il successo?

Se puoi proteggere il tuo leader e lo porti il più fresco possibile alla volata, allora hai fatto un ottimo lavoro. Sarebbe importantissimo avere un compagno accanto dopo il Poggio. Le ragazze non sono dei robot, sono meno controllabili degli uomini. Quindi puoi avere il giorno perfetto, ma anche un giorno storto, puoi sentirti super o non così bene. Stiamo parlando di esseri umani, ma nei miei occhi una delle atlete più importanti può essere, ad esempio, Soraya Paladin. Perché Soraya è in grado di diventare il regista in gruppo. Ha una visione perfetta della corsa e delle tattiche. Sa cosa fare. E’ importante avere qualcuno all’interno della squadra che sia consapevole della situazione e che possa prenderne il controllo.

La bicicletta per la Sanremo è speciale oppure ormai le bici sono relativamente standard?

Per la Sanremo serve una bici aero. Poi bisogna avere delle ruote ad alto profilo da 60 millimetri. Ruote molto veloci, con coperture da 28-30 mm, le gomme tubeless e una resistenza più bassa possibile. Bisogna avere la bicicletta più veloce possibile.

Soraya Paladin, qui al Trofeo Palma Femina 2025, è l’atleta che può guidare la Canyon//Sram alla Sanremo
Soraya Paladin, qui al Trofeo Palma Femina 2025, è l’atleta che può guidare la Canyon//Sram alla Sanremo
Qual è stata l’ultima volta che hai scalato la Cipressa o il Poggio?

Almeno dieci anni fa.

Tornerai alla Sanremo quest’anno?

No, non credo (ride, ndr). Penso di andare alla Strade Bianche e vedere il team in Toscana. La Milano-Sanremo è una gara meravigliosa da guardare in tv, però non è facile da seguire. I corridori sono molto veloci e per superarli a volte non basta l’autostrada. In più bisogna dirlo, fino agli ultimi 60 chilometri si vede meglio dal divano.

Paladin sicura: «Con Consonni siamo complete e più competitive»

04.01.2025
6 min
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Stimoli, aspettative, incognite. Quando si cambia squadra bisogna tenere conto di tanti aspetti per non fare salti nel vuoto. Non l’ha fatto sicuramente Chiara Consonni quando ha detto di sì alla proposta della Canyon-Sram Zondacrypto aiutata anche da Soraya Paladin, che per lei è stata una perfetta “insider” cui chiedere consigli prima della firma (in apertura foto Saskia Dugon).

La trevigiana è nel team tedesco dal 2022 e si era ambientata subito, diventando la compagna di squadra ideale che tutte vorrebbero sia in gara che fuori. Zero polemiche e tanto lavoro prima per le altre e poi per sé. Così l’esperienza di Paladin è diventata preziosa anche per la velocista bergamasca ancor prima di vestire la stessa maglia. Abbiamo approfondito il discorso, guardando anche come cambierà la fisionomia della squadra.

Paladin è alla quarta stagione nella Canyon e la sua esperienza è stata preziosa nella scelta di Consonni (foto Pohlmann)
Paladin è alla quarta stagione nella Canyon e la sua esperienza è stata preziosa nella scelta di Consonni (foto Pohlmann)
Soraya come sono iniziate le chiacchierate con Consonni?

Ne abbiamo parlato assieme alle prime voci di mercato. Era estate, eravamo durante il Giro Women. Avevo capito che a Chiara piaceva molto la nostra squadra, ma allo stesso tempo era preoccupata perché si sarebbe trovata in un ambiente nuovo dopo tanto tempo. In UAE c’era una buona parte del blocco Valcar in cui è cresciuta ed aveva sempre un punto di riferimento tra compagne o staff. Alla Canyon invece, a parte me non conosceva nessuno e temeva di trovarsi spaesata.

Cosa le hai detto?

L’ho tranquillizzata subito dicendole che l’avrei aiutata certamente ad inserirsi e che comunque si sarebbe inserita molto bene anche da sola. In quel periodo al Giro Women avevo sondato il terreno in squadra e tutte le compagne erano contente di un suo eventuale arrivo. Ricordo che più di tutto avevo detto a Chiara che uscire dalla propria comfort zone l’avrebbe aiutata a crescere tanto. E considerando che ha solo 25 anni, ne sono estremamente convinta.

Alla fine tra i diesse è arrivato “Capo” Arzeni. Secondo te questo agevolerà ulteriormente Consonni nell’inserimento?

Quando ho parlato con Chiara all’inizio, non si sapeva ancora nulla dell’ingaggio di Arzeni. Certamente la sua presenza la farà stare meglio o più al sicuro rispetto alle sue aspettative iniziali. Però bisogna fare attenzione perché da noi ci sono delle gerarchie da rispettare e persone a cui rendere conto.

Di sicuro andate a rafforzare il reparto delle velociste, che era forse il vostro punto debole.

Assolutamente sì. Premetto però che non è che noi non fossimo soddisfatti delle nostre sprinter, è solo che alcune si erano adattate in volata o non avevano vinto quanto Chiara in carriera. Ad esempio avevamo già Maike Van der Duin che è giovane e sta crescendo bene. A Parigi ha conquistato il bronzo olimpico nella madison vinta propria da Chiara e Guazzini. Credo che questo risultato le abbia fatto capire le sue potenzialità. Secondo me Maike e Chiara possono imparare l’una dall’altra oltre che aiutarsi in corsa. Mi sento di dire che ora per le volate siamo ben coperte, abbiamo colmato un gap con la concorrenza.

Soraya Paladin ha fatto parte del team che ha conquistato il Tour Femmes con Niewiadoma
Soraya Paladin ha fatto parte del team che ha conquistato il Tour Femmes con Niewiadoma
L’arrivo di una velocista significa anche organizzare un treno. Ne avete già parlato in squadra?

Ancora non in modo dettagliato, ma abbiamo già in mente quali potrebbero essere i ruoli. Una delle più contente dell’arrivo di Chiara è stata Chloé (Dygert, ndr), che si difende bene in volata e si è dovuta adattare, ma non è una velocista. Parlando con lei nel ritiro di dicembre in Algarve, mi ha detto si sentirebbe adatta a fare da leadout a Chiara, sfruttando anche le sue doti a cronometro.

E il compito di Soraya Paladin diventerebbe ancor più quello di regista?

Mi piace il ruolo che la squadra mi ha assegnato in questi anni. Quello di “equilibratrice” nell’economia della corsa. Nelle volate l’idea sarebbe quella di dirigere le operazioni fino ai 500 metri al massimo, poi spazio alle atlete che sono più esperte per quei frangenti. Anche a me è capitato di buttarmi in volata in certe corse, ma il caos degli ultimi metri non mi piace. Bisogna essere capaci di stare là in mezzo, altrimenti si combinano solo guai.

Di conseguenza per te potrebbero aprirsi situazioni diverse?

Certo, ora che abbiamo una velocista di alto livello come Chiara ed una in crescita come Maike, posso puntare ad azioni da lontano o anche attacchi nel finale. Così facendo loro possono restare coperte in gruppo e sfruttare le circostanze, mentre prima si doveva sempre fare di necessità virtù. Tuttavia in questo ciclismo femminile che sta cambiando tanto, è difficile trovare i propri spazi. Quindi prima di tutto vorrei che vincessimo tanto come squadra, poi eventualmente guarderò le mie occasioni.

Quanto incide ora nella vostra squadra la presenza di una velocista come Consonni?

Ora siamo siamo più complete e più competitive. Speriamo di poter raccogliere più risultati possibili tra velociste e scalatrici. Prima erano sempre le seconde a farlo e a lunga andare può diventare stressante perché sono sempre chiamate a risolvere loro la situazione. Invece così pensiamo che anche i piazzamenti possano aiutarci a trovare poi le vittorie. Il successo al Tour Femmes con Kasia (Niewiadoma, ndr) ci ha dato più morale e consapevolezza. Adesso non solo vorremmo vincere più gare possibili, ma diventare una formazione di riferimento.

A proposito di questo, il mercato femminile mai come quest’anno è stato in fermento e sulla carta sembra esserci più equilibrio rispetto al passato. Cosa ne pensi?

In effetti il 2025 ha portato a tanti mescolamenti. Sarà strano ad inizio anno vedere in gruppo tutti questi cambiamenti. Alcuni team secondo me potrebbero metterci più del dovuto a carburare anche se hanno preso atlete forti. Noi della Canyon siamo andati in controtendenza perché siamo quasi rimaste le stesse. Oltre a Chiara, l’altra big che è arrivata è Ludwig che alza ulteriormente il nostro livello. Il nostro progetto dura da tanti anni. Era partito con giovani interessanti che ora sono delle realtà come Bradbury o Niedermaier. Sotto il punto di vista dell’amalgama di squadra, penso che noi potremmo partire avvantaggiate rispetto alle altre formazioni.

Il mercato femminile ha mescolato le carte portando equilibrio. La Canyon ha cambiato poco, ma in modo mirato (foto Pohlmann)
Il mercato femminile ha mescolato le carte portando equilibrio. La Canyon ha cambiato poco, ma in modo mirato (foto Pohlmann)
Il tuo programma gare è già stato pianificato?

Sì, una parte, prima però dall’8 al 22 gennaio andremo in ritiro in Spagna. A differenza dei dieci giorni in Algarve dove abbiamo fatto distanza e fondo, in quelle due settimane faremo una preparazione specifica mirata alle prime corse. Io dovrei iniziare a correre a Mallorca a fine gennaio, poi UAE Tour, Omloop Nieuwsblad e tutto il calendario delle classiche tra quelle del Nord e le italiane. Insomma, manca poco al via del 2025.

Consonni, buon umore contagioso, conquistata dalla Canyon

25.12.2024
5 min
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MILANO – L’uniforme delle Fiamme Azzurre le sta benissimo e dal sorriso che sfoggia pensando all’inizio del nuovo anno, si capisce che Chiara Consonni stia attraversando un bel momento. Le vittorie su strada, l’oro olimpico nella madison e l’adrenalina per il cambio della squadra renderanno il 2024 una stagione indimenticabile. Auspicando che ne vengano altre, quando la incontriamo a margine del Giro d’Onore, dopo averla aiutata assieme a Marta Bastianelli a fare il nodo della cravatta (foto di apertura), ci lasciamo investire dal buon umore e le sue risate.

Dopo due stagioni al UAE Team Adq, la bergamasca ha accettato l’offerta della Canyon-Sram. Non tanti lo avrebbero immaginato e quando te lo giocavi come indovinello, nessuno lo azzeccava. Tantopiù che l’offerta è arrivata ben prima che sull’ammiraglia del team tedesco arrivasse Davide “Capo” Arzeni. Ma Chiara appare parecchio sodisfatta della scelta e questo basta per festeggiare bene il Natale, concedersi un bel Capodanno e poi buttarsi nella mischia.

Giro d’Italia 2024, Consonni vince la seconda tappa davanti a Kopecky e Balsamo
Giro d’Italia 2024, Consonni vince la seconda tappa davanti a Kopecky e Balsamo
Che cosa ti ha convinto?

Forse il progetto. Alla fine è una delle squadre più forti al mondo, ma senza una velocista di punta, quindi ho pensato che forse gli mancavo proprio io. Il fatto che ci sia Arzeni sicuramente sarà un punto di riferimento, però nel frattempo ho cambiato allenatore e ho già conosciuto le compagne. Non dico che mi sento già a casa, però è un gruppo molto bello e aperto. Mi hanno accolta a braccia aperte e speriamo di lavorare bene insieme.

Come sono stati questi due anni alla UAE Adq?

Come una seconda famiglia, per un po’ è parso di portare avanti la Valcar. Sicuramente avevano qualcosa su cui lavorare e so che lo stanno già facendo. Gli auguro il meglio, però sentivo la necessità di cambiare e dopo quest’anno penso che per me sia stata la scelta migliore.

Si capisce che è una squadra tedesca?

Decisamente. Da come si devono rispettare gli orari. Tutto deve essere come vogliono loro, si deve arrivare dove vogliono loro e quando vogliono loro. Quindi penso che mi faranno crescere anche da quel punto di vista. Avrò anche delle grandi compagne importanti come Niewiadoma, Chloe Dygert e Soraya Paladin, ragazze con palmares importanti. So che devo imparare tanto da loro e speriamo di riuscirci al meglio.

La Canyon Sram del 2025 ha 18 atlete, solo due le italiane: Consonni e Paladin (pohlmann_photo)
La Canyon Sram del 2025 ha 18 atlete, solo due le italiane: Consonni e Paladin (pohlmann_photo)
Sarai tu la velocista del team?

Sì, mi hanno detto che si aspettano questo, ma senza mettermi tanta pressione. Sanno che ho dimostrato con i fatti che sono lì, poi sicuramente dovrò conoscere anche le altre ragazze veloci della squadra. Ad esempio c’è Maike (Van der Duin, ndr), che è una buonissima velocista, quindi ci divideremo le corse. Però in quelle importanti sarò io la punta e voglio dimostrare di essere all’altezza.

Dovrai vedertela con Wiebes, Kool, Balsamo, Kopecky, Fidanza…

Bisognerà avere un treno formidabile e stiamo cercando di crearlo. Nelle corse importanti, è ancora più decisivo avere le compagne giuste e la loro fiducia. Ma sono convinta che troveremo l’intesa e con quella arriverà la fiducia.

Come si adatta lo spirito della Conso ai rigori tedeschi?

Bene (ride di gusto, ndr), benissimo! Hanno già imparato a conoscermi e io sto imparando a conoscere loro. E’ sempre bello cambiare atmosfera, conoscere persone da zero e costruire nuovi rapporti. E’ uno scambio reciproco, è sempre un’emozione.

Soraya Paladin sarà la miglior guida per Chiara Consonni nelle dinamiche del nuovo team
Soraya Paladin sarà la miglior guida per Chiara Consonni nelle dinamiche del nuovo team
Hai cambiato allenatore?

Si chiama Dan, è inglese e sta portando tanti cambiamenti, che però definiremo quando ci saremo conosciuti davvero bene. Gli inglesi sono abituati a uscire sotto la pioggia, a me non tanto (ride, ndr), ma per adesso mi sto trovando bene. Devo ancora abituarmi, conoscerlo meglio. Dobbiamo conoscerci. Poi impareremo a lavorare meglio insieme, penso sia solo questione di tempo.

Una volta ti chiedemmo a cosa servono le ripetute e rispondesti che sono perfette per farsi i selfie…

Adesso un po’ meno (ride, ndr). Sono appena tornata dal ritiro. Si vede che un gruppo è unito anche dalle piccole cose, come quando ti fermi per prendere la barretta e ti aspettano. Cerchiamo di partire sempre tutte insieme. Cerchiamo di cambiare le coppie quando siamo in allenamento, in modo da imparare a parlare con tutte. Ci sono delle buone basi e speriamo che si continui così.

Giro d’Onore, Consonni con Alzini e Vittoria Guazzini (immagine Instagram)
Giro d’Onore, Consonni con Alzini e Vittoria Guazzini (immagine Instagram)
La presenza di Soraya Paladin in squadra ti sta aiutando a inserirti?

Sicuramente, mi ha detto che sono tutte contentissime di avermi. A dire la verità, ero un po’ agitata. Entravo in un mondo completamente nuovo, non mi conosceva nessuno. Aver saputo che anche da parte loro c’è la volontà di lavorare con me e che magari l’anno scorso mancava una velocista per cui lavorare, è stato un bello stimolo. Ti dà qualcosa in più per dire: «Ok, ci sono. Lavoriamo bene e mettiamocela tutta».

Due bronzi mondiali e nel mezzo il riscatto di Paladin

03.10.2024
6 min
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Se foste stati ai piedi del podio del team relay di Zurigo oppure nella mixed zone quando le azzurre sono passate per raccontare la loro prova, avreste notato sicuramente l’espressione malinconica di Soraya Paladin. La trevigiana aveva perso prestissimo le ruote delle compagne e sentiva di non aver dato il suo contributo. Non sentiva il bronzo come una sua conquista. Il risvolto molto bello della serata erano state le parole immediate di Longo Borghini e Realini che si erano affrettate a farle scudo, parlando di una giornata storta e dicendosi sicure che su strada sarebbe stato diverso.

Infatti così è stato. Nella prova del sabato, con il freddo e l’acqua, Paladin ha fatto degnamente il suo lavoro, contribuendo al bronzo di Elisa Longo Borghini, che dopo la corsa ha sottolineato la sua prestazione. Confermando il riscatto rispetto alla crono di tre giorni prima. Ma come ha vissuto Soraya Paladin (foto Borserini in apertura) quei tre giorni e con quale voglia di riscatto? Glielo abbiamo chiesto alla vigilia del mondiale gravel per il quale l’ha convocata il cittì Pontoni.

Sul podio del team relay, tutti gli azzurri festeggiano il bronzo, Paladin è con la testa altrove (foto Maurizio Borserini)
Sul podio del team relay, tutti gli azzurri festeggiano il bronzo, Paladin è con la testa altrove (foto Maurizio Borserini)
Che cosa era successo nel team relay?

Una giornata storta e il fatto che quando abbiamo preso la salita hanno esagerato un po’ con i watt. Ne avevamo parlato la mattina e io gli avevo detto che alla fine è matematica. «Se spingete più di un tot, non vi sono mai stata dietro tutta la stagione, non è che mi sveglio la mattina del mondiale e mi invento la prestazione della vita». Però magari si sono fatte prendere dalla foga e hanno un po’ esagerato in salita, mandandomi in crisi. Poi ne abbiamo parlato. Hanno fatto la salita 30 secondi più forte delle australiane. E parlando anche con loro, più o meno hanno avuto lo stesso problema. Hanno perso presto una ragazza, Ruby Roseman-Gannon, e anche lei si sentiva come me di non aver contribuito più di tanto.

Da quanto sapevi che avresti fatto il team relay?

Ne avevo parlato con Sangalli nel periodo del Tour. Mi aveva detto di andare un po’ con la bici da crono, perché poteva esserci questa possibilità. Poi Marco Velo mi ha chiamato una settimana prima e mi ha dato la sicurezza.

Come ci si sente quando viene a mancare il proprio contributo?

Alla fine, è una medaglia. Quello che mi dispiace di più è che era una medaglia mondiale e non me la sono proprio goduta, perché non l’ho sentita mia. Poi le ragazze in realtà sono state bravissime. Mi hanno detto: «Guarda Soraya, alla fine la squadra non è solo nella gara». Sapevamo che i secondi che avrebbero perso per aspettare me in salita sono quelli che poi avrebbero guadagnato con me nel resto del percorso. E’ ovvio che per me sarebbe stato meglio arrivare più avanti. Però alla fine mi hanno dimostrato di essere contente di avermi e mi hanno consolato subito dopo la gara. Anche se la mia reazione a caldo è stata quella che avete visto voi.

Come sono stati poi i tre giorni che hanno portato alla strada? Avevi voglia di rifarti?

Non i miei giorni migliori, ma erano due gare completamente diverse e sapevo di essermi preparata. Non avrebbe avuto senso mettermi a valutare la mia condizione su quella performance, facendomi condizionare nella gara su strada. Anche in questo caso la squadra mi ha dato supporto e più si avvicinava la gara e più avevo voglia di riscatto.

Quanto si percepiva quest’anno il fatto che avreste corso tutte per una, cioè Longo Borghini?

E’ stato bello, perché ha dimostrato da tutta la stagione di andare forte. Sapevamo che questa volta potevamo arrivare vicini alla maglia iridata o almeno io avevo questa consapevolezza. Quindi non c’è stata troppa pressione, ce la siamo vissute veramente bene. Sono stati giorni belli e secondo me non avrebbe avuto senso avere un’opzione B. Era tutto o niente: qualsiasi alternativa, per come è andata la stagione, non avrebbe dato il risultato che volevamo.

Come andare al Tour tutte per Kasia Niewiadoma e poi vincere oppure la corsa di un giorno è altra cosa?

Un po’ diverso. Alla fine il Tour de France è più logorante, perché devi soffrire per 8 giorni. E ogni giorno sei lì a lottare per i secondi, non è mai finita. Però a fine gara la soddisfazione è stata simile. Ovvio, con Kasia è diverso, perché ci passi tanti ritiri e tante gare. Vivi da vicino l’impegno che ci mette, la sofferenza nelle altre corse, quindi la vivi in modo diverso. Però so quanto anche Elisa ci lavori e si impegni e alla fine sono contenta. Siamo state parecchio affiatate. Per alcune era la prima esperienza, quindi anche loro magari erano un po’ agitate. Comunque il mondiale lo vivi sempre con un occhio diverso, perché hai la maglia della nazionale e la vuoi rappresentare al meglio. Però ce lo siamo vissute bene, ci siamo divertite e allo stesso tempo eravamo focalizzate sull’obiettivo.

Due giorni dopo il tram relay, la squadra azzurra di nuovo sul percorso. Qui Balsamo, Paladin e dietro Magnaldi
Due giorni dopo il tram relay, la squadra azzurra di nuovo sul percorso. Qui Balsamo, Paladin e dietro Magnaldi
Quanto è stata dura la corsa, visto anche il meteo?

A provare il giro una sola volta, ti dava già l’idea di essere impegnativo. Però con quel tempo e col fatto che il mondiale lo corri a tutta e tutte vogliono far bene, è diventato ancora più selettivo. Sapevamo che non avrebbe vinto una outsider e Lotte Kopecky ha stupito in così tante occasioni, che nessuno ha trovato strano che abbia vinto lei. Basta pensare al Blockhaus al Giro d’Italia o alle salite del Romandia.

Invece cosa diciamo della corsa delle olandesi?

Lì si entra in un discorso un po’ strano. Secondo me il loro punto debole è non saper far convivere più leader e si è visto. Sembrava che ci fossero squadre diverse all’interno della squadra. Avevamo messo in preventivo che potessero fare una corsa strana, ma non pensavamo così strana. Ci sarebbe da capire se magari gli manca un direttore tecnico capace di trovare la coesione che manca.

A fine corsa come ti sei sentita, facendo anche il confronto con la crono?

Molto soddisfatta e anche un po’ ripagata per quella delusione. Ero contenta, indipendentemente dal risultato. Abbiamo corso bene, sapevo che Elisa avrebbe fatto una grande gara. Se avessi dovuto finire la stagione con la cronosquadre, sarebbe stato completamente diverso. Magari avrei avuto tanti più punti di domanda, più dubbi. Invece dopo aver corso anche la strada e aver avuto delle buone sensazioni, ho visto che il lavoro in qualche modo ha pagato. E ho trovato le sicurezze per finire bene la stagione e pensare positivamente al prossimo anno.

Nella gara su strada, Paladin ha svolto un ottimo lavoro per Longo Borghini: il riscatto è compiuto
Nella gara su strada, Paladin ha svolto un ottimo lavoro per Longo Borghini: il riscatto è compiuto
La sera si è brindato al bronzo di Elisa?

Purtroppo no. Logisticamente eravamo organizzati in modo che non ci fosse tempo per fare festa. Dovevamo tutte rientrare, quindi abbiamo aspettato Elisa il più possibile, però lei è arrivata tardi e noi eravamo già andate. Io avevo sette ore di viaggio, quindi a una certa siamo dovuti andare, visto che abbiamo viaggiato in auto. Ma un brindisi ci stava e sono sicura che troveremo sicuramente l’occasione quando ci rincontreremo.

Stagione che si chiude con il gravel?

Con i mondiali e gli europei ad Asiago la settimana prossima. Lo sterrato mi piace, è un vecchio amore. Quando Pontoni mi ha chiamato, ho accettato volentieri perché mi diverte. Il mondiale in Belgio e poi Asiago, perché lo sento di casa. E poi su quest’anno, che è cominciato a gennaio in Australia, mettiamo finalmente il punto.

Voci e umori azzurri dopo il bronzo nella crono dell’Australia

25.09.2024
8 min
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ZURIGO (Svizzera) – La grandezza della prova degli azzurri nella crono a squadre e nello specifico di Gaia Realini sta nei sette secondi di ritardo con cui Affini, Cattaneo e Ganna chiudono la loro frazione. Avevamo sperato che i ragazzi avrebbero lasciato un bel gruzzolo da gestire alle ragazze, senza considerare che il percorso del team relay era tutto fuorché il tracciato per una cronometro a squadre.

Pensavamo che si potesse vincere, ma il bronzo è un bellissimo traguardo che si somma agli ottimi risultati degli europei e a quelli di questo avvio di mondiale. L’Italia sa andare forte contro il tempo e prende medaglie anche quando la selezione da parte di Velo avviene in un campo di candidati limitato per indisponibilità o problemi di salute.

Alla fine per gli azzurri arriva un ottimo terzo posto a 8″ dall’Australia e a 7″ dall’argento
Alla fine per gli azzurri arriva un ottimo terzo posto a 8″ dall’Australia e a 7″ dall’argento

Troppe defezioni

Gli australiani hanno chiuso la prima parte con un piccolo margine, mentre le loro ragazze hanno mantenuto il margine fra sé e gli altri. Saremmo stati secondi alle loro spalle, se le ragazze della Germania non avessero tirato fuori la prova della vita chiudendo con 85 centesimi di ritardo dalle australiane. Il podio è tutto qui: Australia, Germania e Italia. Arriva così l’ennesima vittoria per Grace Brown che doppia l’oro della cronometro individuale ed è ad una sola gara dal ritiro.

In questo mondiale così costoso, al fronte di una sala stampa vuota di giornalisti (che verosimilmente arriveranno nel weekend per le gare su strada), il Belgio, la Gran Bretagna, il Portogallo e l’Olanda hanno deciso di non partecipare alla sfida per squadre. E così alla fine, vuoto per vuoto, la conferenza stampa dei team del podio salta perché non ci sarebbero abbastanza giornalisti per fare domande. Così, riservandoci di raccontare semmai in un altro momento le parole degli australiani, aspettiamo gli azzurri nella mixed zone. Prima che anche loro riprendano la via del pullman e dell’hotel.

L’ironia di Cattaneo

Cattaneo racconta dei ruoli e dell’impegno. «Non auguro una crono come questa neanche a Lello Ferrara – dice Cattaneo sorridendo all’indirizzo dell’ex corridore al nostro fianco – perché era una crono impegnativa anche se fosse stata individuale. Penso che sia stata una delle più difficili che io abbia mai fatto. Bisognava spingere tanto in salita, ma poi non potevi provare a tirare un po’ il fiato in pianura. Tutto il giorno a tutta quindi, senza mai mezzo momento di recupero. Ma soprattutto in salita dovevi andare sempre un pochettino di più di quello che era il tuo limite e questo ha reso la crono molto molto impegnativa.

«Abbiamo cercato di sfruttare il più possibile le caratteristiche di ognuno. Io ho tirato il più a lungo possibile in salita, Pippo ed Edo hanno macinato metri in pianura e nei pezzi in cui la strada tirava in giù, mantenendo la velocità più alta possibile. Per cui ognuno era al limite nella parte che meno gli si addiceva, è stato molto duro…».

Cattaneo è forse l’azzurro più adatto al percorso di Zurigo, estremamente duro
Cattaneo è forse l’azzurro più adatto al percorso di Zurigo, estremamente duro

Un percorso sbagliato?

Affini ha il solito pragmatismo mantovano, cui si è aggiunto il rigore olandese. E questa crono proprio non gli è andata giù. «Cattaneo tirava in salita – dice – e c’è stato un momento che veramente volevo dirgli di calare, perché mi stava mettendo non al gancio, di più… Ho tenuto e siamo riusciti a scollinare. Pippo faceva proprio delle tirate da bestia. Poi quando all’ultimo chilometro Cattaneo ha dato l’ultimo cambio, ho chiuso gli occhi e mi immaginavo di essere già all’arrivo, invece mancavano ancora mille metri. Ho cercato di dare tutto, penso che abbiamo fatto tutti e tre una bella crono.

«Non credo fosse un percorso da crono – aggiunge – infatti è il percorso della gara su strada ed è duro: un motivo ci sarà. Per me è abbastanza semplice: se fai un percorso così, che a farci nove giri domenica verrà una gara tostissima, non ha senso farlo in tre con la bici da crono. A parte la durezza in sé, c’erano tantissime curve che non davano il ritmo della cronosquadre, come invece è stata quella degli europei. Lì potevano mettere anche qualche salita in più, però mantenendo la linearità. E’ come se per organizzare un mondiale per scalatori, non avessero messo le salite…».

Affini ha cambiato rapporti. Dal 68 degli europei, ha fatto la crono di domenica con il 60, oggi ha il 58
Affini ha cambiato rapporti. Dal 68 degli europei, ha fatto la crono di domenica con il 60, oggi ha il 58

Le tirate di Ganna

Colpito e affondato! Giusto in tempo per l’arrivo di Ganna, colui che a detta di Affini faceva delle tirate da bestia. Pippo stamattina ha chiesto di smontare la borraccia: un atteggiamento cattivo, segno che sarebbe partito con idee bellicose. Ora ha girato un po’ le gambe sui rulli e ha riordinato le idee. «Alla fine – sorride – ho provato a uscire dalla sua ruota, ma mi sono detto: “Ma chi me lo fa fare?! Resto dietro che sto bene”. In due momenti ho guardato il misuratore di potenza: non lo avessi mai fatto, aveva ragione Amadio. Ci ha detto che oggi avremmo fatto meglio a non guardarlo, infatti così abbiamo fatto. Cattaneo ci ha portato al limite senza però farci andare oltre, non ci ha mai messo in difficoltà al punto di farci scoppiare. Ci ha lasciato girare sul fuoco, come l’asado, ci ha cucinato alla brace, a fuoco lento. E’ stato bravo.

«Le mie sensazioni? A fine stagione credo che le sensazioni cambino ogni giorno, non credo che fare un confronto con domenica sia possibile. E’ un anno che siamo in bicicletta a far fatica, sempre al limite. Prima con Edoardo scherzando ci siamo detti che il ciclismo agonistico di sicuro non aiuta la salute. E’ bello uscire, farsi una passeggiata, fare anche il percorso di oggi in amicizia. Ma al livello in cui lo facciamo noi, è meno bello…».

Ultima crono di stagione per Ganna, che arriva al team relay dopo l’argento della individuale
Ultima crono di stagione per Ganna, che arriva al team relay dopo l’argento della individuale

Longo di buon umore

Le ragazze arrivano insieme: Longo Borghini, Realini e Paladin. Sono passate davanti a Ettore Giovannelli e i microfoni RAI, che le ha aspettate con il collegamento in chiusura. Poi sono venute a parlare italiano. «E’ andata bene – dice Longo Borghini – sono contenta di me stessa, ma soprattutto sono contenta della nazionale. Alla fine ce la siamo giocata fino in fondo e più di così non potevamo fare.

«Come ho appena detto alla RAI – ridono entrambe – ho scoperto che stare a ruota di Gaia non è un grande risparmio, perché comunque ho sempre la testa un po’ scoperta. Infatti, quando lei passava davanti in salita, pensavo: “Ok, dai, adesso mi riposo un attimo e poi almeno tiro forte in pianura”. E poi invece avevo sempre un po’ d’aria che mi arrivava».

Longo Borghini e Realini rimangono sole presto e chiudono con un tempo notevole
Longo Borghini e Realini rimangono sole presto e chiudono con un tempo notevole

Realini e la crono

Realini sta al gioco, le battute sul suo essere minuta la accompagnano da sempre, ma ha imparato a rispondere mettendole tutte in fila sulle salite. «Non sono un’ottima compagna di crono – ammette – però ho cercato di dare il massimo nei punti a me più favorevoli, cioè le salite. E poi si è dato tutto anche dove bisognava spingere. Anche Soraya nella prima parte, nonostante abbia avuto una giornata no, ci ha dato una grande mano. Quindi come nazionale possiamo essere fieri di questo risultato e ce lo godiamo fino in fondo.

«Sinceramente – sorride – ho saputo che sarei venuta qui una settimana prima della gara. Pensavo fosse tutto uno scherzo, perché chiamare me per una crono… Ho chiesto a Velo se avesse sbagliato numero però mi ha detto di no, che le ragazze erano contente che io facessi parte del team. Allora ho detto: “Ok, proviamo questa nuova esperienza”. E ho dato il massimo, diciamo che un terzo posto al mondiale cronosquadre non è da buttare».

Soraya Paladin correrà anche su strada. Il suo contributo nel team relay ha risentito di una giornata storta
Soraya Paladin correrà anche su strada. Il suo contributo nel team relay ha risentito di una giornata storta

Grinta Paladin

Soraya Paladin ha lo sguardo basso, lo aveva così anche sul podio. La giornata non è stata delle migliori, ma conoscendola siamo certi che si rifarà sabato su strada. «Per me – ammette – ci sono emozioni contrastanti. Ovvio, è una medaglia, quindi fa sempre piacere salire sul podio, soprattutto perché è la prima volta che salgo su un podio mondiale. Però personalmente sono un po’ dispiaciuta per come è andata. Non posso farci niente. Loro andavano fortissimo in salita, sapevo che era un po’ la mia parte debole e così è stato.

«Ma sabato sarà completamente diverso – ruggisce – ovviamente dà morale vedere che l’Italia è salita sul podio. Elisa e Gaia hanno fatto una grande performance, quindi andiamo lì ancora più cattive e pronte a salire magari più in alto. Ve lo dico io: Elisa ha la gamba!».

Con il podio del team relay si chiudono le prove a cronometro: da domani si corre su strada. Iniziano gli juniores
Con il podio del team relay si chiudono le prove a cronometro: da domani si corre su strada. Iniziano gli juniores

Sabato si combatte

Chiudiamo con le due compagne di Lidl-Trek che a fine stagione separeranno le loro strade e diventeranno avversarie. «Personalmente mi sono sentita bene – dice Longo Borghini – ho visto Gaia molto bene e onestamente una giornata no per Soraya ci può stare, ma credo che sabato sarà per noi una pedina molto importante».

«Secondo me oggi – fa eco Realini – abbiamo fatto un bel test su questo circuito. Verrà una gara molto dura perché non ci sarà un attimo di respiro. Non ci sono salite lunghissime, ma si potrà fare la differenza. E noi come nazionale siamo molto forti e giocheremo unite e ci giocheremo al meglio le nostre carte senza pressione. Questa volta insomma, quando Sangalli mi ha chiamato, non ho pensato che avesse sbagliato numero. Sabato si combatte!».

Velo lancia il team relay, e sugli U23 ha qualcosa da dire

24.09.2024
6 min
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ZURIGO (Svizzera) – I campionati del mondo per le prove contro il tempo termineranno ufficialmente domani con il mixed team relay. Una prova difficile, resa ancor più tosta dal percorso e dal livello molto alto dei contendenti all’oro. Dopo il successo dell’europeo gli azzurri si approcciano ad un’altra sfida nei panni della favorita. Dell’ossatura che ha dominato in Belgio rimangono i soli Affini e Cattaneo, gli altri quattro interpreti cambieranno. Nel trio maschile ai due alfieri d’oro si aggiunge Filippo Ganna. Per le tre ragazze, invece, il terzetto si compone dell’esperta Longo Borghini, affiancata da Soraya Paladin e Gaia Realini

«La gara – attacca subito a parlare il cittì Marco Velo – è parecchio dura. Direi un po’ insolita per una cronometro, soprattutto a squadre. Somiglia più a una cronoscalata, credo che in tre il percorso sia abbastanza proibitivo. Non tanto per la salita, che comunque va a snaturare quello che è il gesto di una cronometro, ma per le tante discese e i diversi tratti pericolosi. Le squadre incontreranno parecchie strade strette, quindi non si riuscirà a lanciare bene il terzetto. Detto questo siamo qua per lottare e provare a far bene, non lo nego, ho tre corridori uomini e tre atlete donne che sono di altissimo livello».

Un percorso del genere ha creato qualche difficoltà in più nel comporre le due squadre?

Non è un percorso ideale a Ganna o Affini, però sono fiducioso della loro condizione che è super (in apertura insieme a Marco Velo, foto Federciclismo / Maurizio Borserini). Mi piacerebbe rimarcare anche la voglia di due ragazzi come loro di mettersi a disposizione e nel prendere parte a questa gara. Quando ho iniziato a pensare ai vari nomi da includere nella lista dei papabili non ho ricevuto riscontri positivi dagli altri atleti. Soprattutto quando non ero sicuro della presenza di Pippo (Ganna, ndr) e della condizione di Edoardo (Affini, ndr). Ma nel team relay conta tanto lo spirito di squadra, i tre ragazzi sono dei fratelli mancati, sarà questo il nostro plus. 

Al loro si aggiunge Cattaneo.

Su di lui c’è poco da dire. Insieme a tutti gli altri è un super atleta che è in grado di fare molto bene domani. In salita alla Vuelta, quando si metteva a tirare, rimanevano agganciati in pochi alle sue ruote. Questo è un buon segno, significa che sta andando forte. 

Il team femminile ha delle caratteristiche atletiche praticamente perfette per questa prova.

Credo che le ragazze siano fortissime su questo tipo di percorso, La scelta di portare Realini è sicuramente dipesa dal tipo di percorso. Mi è piaciuta tanto la sua reazione alla chiamata, era molto felice e motivata nel mettersi alla prova. Longo Borghini e Paladin saranno due ottime pedine per un team relay impegnativo ma sul quale sono fiducioso. 

Facciamo un salto a ieri, concentrandoci sulla cronometro under 23, come giudichi i risultati? 

La scelta è ricaduta su Bryan Olivo e Andrea Raccagni Noviero. Penso che il primo non abbia fatto una super prova, si aspettava qualcosa in più, però usciva da un periodo lungo di stop. Mentre Raccagni Noviero è andato forte, considerando il percorso non adatto alle sue caratteristiche. Sono contento perché ha fatto una buona prova, fino all’ultimo intermedio era a 30 secondi da Romeo.

Noi avevamo in casa il campione iridato under 23, Milesi. Come mai non ha difeso il titolo?

E’ stato preso in considerazione, chiaramente, ma mi ha detto che non voleva partecipare al mondiale perché non ha usato la bici da crono ultimamente e non se la sentiva.

Sia Olivo che Raccagni Noviero hanno disputato poche cronometro durante la stagione, per motivi diversi. 

Sugli under 23 c’è un po’ di difficoltà nel mettere insieme tante prove contro il tempo. In Italia se ne corrono poche, ce n’è stata una, seppur breve, al Giro Next Gen. Da questo punto di vista dobbiamo imparare da Paesi stranieri nei quali, sia tra gli juniores che tra gli under 23, in qualsiasi tipo di corsa a tappe c’è comunque inserita una cronometro. Perché, alla fine, se si vuole crescere a livello di risultati serve curare questa disciplina, altrimenti non porti a casa nulla. 

Raccagni Noviero corre in un devo team, lì cambia qualcosa?

La fortuna è che le squadre development dei professionisti hanno una mentalità diversa, quindi forniscono a questi ragazzi le bici da crono. In questo modo le usano per allenarsi almeno un paio di volte durante la settimana. Guidare una bici da cronometro non è la stessa cosa di guidare quella da strada, serve allenare il gesto.

Adam Szabo, il diesse che ha dato la svolta alla Canyon Sram

13.09.2024
7 min
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Nel video che riprende l’ammiraglia della Canyon Sram che si avvicina al traguardo finale dell’Alpe d’Huez e realizza che “Kasia” Niewiadoma ha vinto il Tour Femmes, Adam Szabo è il passeggero che a un certo punto non riesce più a parlare per le lacrime. Non era stato un giorno facile, per cui ogni colpo di pedale della polacca in maglia gialla era stata una fitta al cuore, fino al momento finale della vittoria. A quel punto tutto è andato giù, anche il contegno che ti aspetteresti da un direttore sportivo WorldTour. Evviva chi non si vergogna delle proprie emozioni!

Adam Szabo ha 34 anni, è slovacco, ma vive a Girona. Si è laureato e ha poi conseguito un master in scienza dello sport all’università di Bratislava. E dopo vari incarichi nella federazione slovacca, come tecnico e analista della performance, ha conseguito l’abilitazione come tecnico UCI e tre anni fa è approdato alla Canyon Sram. La sua base è in Spagna e lì lo troviamo, alla vigilia delle ultime corse di stagione. Vorremo parlare con lui del Tour vinto con Niewiadoma, partendo da quello che ci ha raccontato Soraya Paladin. Cioè che quando Kasia si è presentata davanti alla squadra, dicendo che avrebbe potuto vincere il Tour, ci hanno creduto subito tutti. Lui accetta, il viaggio comincia. Ma dalla fine…

Adam Szabo (a destra) con Amadeusz Rudzinski, è stato chiamato a guidare la Canyon del Tour su richiesta delle atlete (foto Canyon Sram)
Adam Szabo è astato chiamato a guidare la Canyon del Tour su richiesta delle atlete (foto Canyon Sram)
Partiamo da quei momenti in ammiraglia sull’Alpe d’Huez, che cosa hai provato?

Oh, è stata una vera montagna russa. All’inizio della salita eravamo fiduciosi, eravamo ancora in lotta. Però la prima parte dell’Alpe d’Huez è piuttosto ripida e infatti abbiamo iniziato a perdere terreno. Poi il distacco si è fermato fra 1’10” e 1’20”. La sensazione era che Kasia non stesse andando molto bene. In quel primo tratto ha fatto davvero fatica, poi nella parte centrale la pendenza era inferiore e ha iniziato a difendersi. Finché a un certo punto abbiamo visto che il divario di tempo si stava effettivamente riducendo e questo ci ha dato un po’ di speranza. Dal pensare che sarebbe finito tutto, abbiamo iniziato a dirci che potevamo farcela.

La seguivate dalla televisione?

Inizialmente un po’, poi non abbiamo avuto più bisogno di farlo. Soprattutto alla fine, appena prima che iniziasse il paese, vedevamo tutto perché eravamo la macchina numero uno. Prima il gruppo di Kasia, che nel frattempo stava un po’ meglio. Quando poi la valle si è aperta, abbiamo iniziato a vedere anche Demi e Pauliena (le attaccanti Vollering e Rooijakkers, ndr). Le ha viste anche Kasia e questo mentalmente è stato decisivo. Noi eravamo con Realini e Muzic, che tiravano di più. E a quel punto, quando mancavano 4-5 chilometri, abbiamo detto a Kasia di non cambiare più ritmo, ma di andare col suo passo. Perché dietro stavano rallentando e le abbiamo detto che se ne aveva, negli ultimi 4 chilometri sarebbe potuta andare da sola. Non ce l’ha fatta a staccare Muzic, invece Realini è rimasta dietro.

Niewiadoma è arrivata al via dell’ultima tappa in giallo: sin dall’inizio ha detto di voler vincere il Tour
Niewiadoma è arrivata al via dell’ultima tappa in giallo: sin dall’inizio ha detto di voler vincere il Tour
Quando ha detto che avrebbe potuto vincere il Tour, vi siete fidati subito?

Il primo a dirlo è stato il nostro team manager, Ronny Lauke, che è venuto a fare il primo discorso. E ha detto chiaramente che eravamo venuti per vincere il Tour. In realtà è quello che diciamo prima di ogni gara importante, ma questa volta sapevamo che Kasia fosse in una forma super buona. Perciò l’idea era di provarci e fare il possibile, ma senza certezze se non quella che l’avremmo supportata il più possibile. Ed è quello che abbiamo fatto praticamente per tutto il Tour.

Ci sono stai momenti di svolta?

Quando siamo arrivati alla sera della crono e ci siamo trovati 30 secondi dietro Demi Vollering, ho pensato che sarebbe stato tutto super difficile. Non ci aspettavamo che avrebbe vinto lei la crono. Sapevamo che saremmo cresciuti, ma anche che Demi sarebbe stata forte sino alla fine. Quindi per noi recuperare quei 30 secondi non era impossibile, ma sarebbe stata davvero dura. Però il giorno in cui abbiamo iniziato a credere che potevamo vincere è stato quello prima del gran finale.

La crono vinta da Vollering ha reso complicato il Tour di Niewiadoma e della Canyon Sram
La crono vinta da Vollering ha reso complicato il Tour di Niewiadoma e della Canyon Sram
C’era qualcosa di diverso in Kasia quest’anno? E’ parsa più sicura e anche motivata…

Sì, stiamo iniziando a vedere il frutto di un processo a lungo termine. Due anni fa ha cambiato allenatore e con lui ha avuto un approccio diverso alla stagione. Non fa così tante gare rispetto a prima, in compenso trascorre più tempo in altura. Anche prima delle Ardenne, quando poi ha vinto la Freccia Vallone, era stata sul Teide per due settimane.

Che tipo di leader è la nuova Niewiadoma? La squadra sembra un gruppo di amici, lei è una leader dalle tante pretese?

Non è esigente, è una compagna di squadra davvero brava. Penso che la forza della nostra squadra sia proprio questa. Abbiamo creato un legame tra le atlete, al punto che sono contente di venire alle corse. Non è lo sbuffare perché si deve andare, ma la voglia di stare con quel gruppo di persone. Non so che immagine diamo all’esterno e se questa sia solo una mia impressione soggettiva, ma quando c’è una corsa, non vedo l’ora di incontrare il mio gruppo. Siamo felici di stare insieme, perché siamo un bel gruppo di amici. Okay, non i migliori amici. Non andiamo a bere una birra ogni sera, ma siamo amici.

Si parte per l’Alpe d’Huez: sul Glandon arriva l’attacco di Vollering
Si parte per l’Alpe d’Huez: sul Glandon arriva l’attacco di Vollering
Che cosa ha rappresentato per te questa vittoria?

E’ il risultato più importante. Questa è la mia terza stagione con la squadra, ho iniziato a ottobre del 2021. Però all’inizio ero il responsabile dello sviluppo e delle atlete più giovani. Poi invece sono stato nominato per fare il primo direttore sportivo al Tour: lo hanno chiesto i corridori e volevano che fossi lì. Penso sia stato bello e anche speciale che i membri della squadra lo abbiano chiesto alla dirigenza, però ero un po’ spaventato…

Per la grandezza del Tour?

Tutti dicevano che fosse diverso e in parte lo è. L’anno scorso ho fatto il Giro e quest’anno l’ho fatto ancora e prima anche la Vuelta. Il Tour è stato lo stesso, giusto un po’ più grande. Ma non mi è parso così più grande da mettermi paura. Anche il Giro ha deciso la maglia all’ultima tappa, alla fine sono stati abbastanza simili.

Cosa hai provato quando Vollering ha attaccato?

Sapevo che lo avrebbe fatto, ma quando si è mossa sul Glandon, per Kasia è stato un momento davvero brutto. E’ rimasta sola e Demi ha preso un grande vantaggio. Ci siamo spaventati e la nostra leader in quel momento era sotto forte stress. Sapevamo che Vollering avrebbe attaccato, eravamo preoccupati di non poter rispondere. Invece alla fine la difesa è riuscita e abbiamo vinto il Tour.

La vittoria del Tour ha fatto capire che Niewiadoma e con lei la Canyon Sram hanno ancora potenzialità inespresse
La vittoria del Tour ha fatto capire che Niewiadoma e con lei la Canyon Sram hanno ancora potenzialità inespresse
Pensi che questa vittoria cambierà qualcosa per la squadra?

Abbiamo una buona strategia a lungo termine che era già stata impostata prima del Tour. Ovviamente cambierà qualcosa. Non siamo mai stati una squadra che vince molto, non siamo la squadra migliore, saremo sempre i secondi o i terzi. Ma da questo Tour abbiamo imparato come fare meglio. Abbiamo un’atleta davvero forte e la certezza che non abbiamo ancora mostrato il nostro pieno potenziale. Questo è ciò che vogliamo cambiare nei prossimi mesi e penso che siamo sulla buona strada. Ora Kasia potrà mostrare il suo pieno valore, ma abbiamo anche bisogno che la squadra cresca e sia alla sua altezza.

Stiamo parlando di rinforzarla?

E’ una cosa che dobbiamo fare per la prossima stagione. Vogliamo concentrarci di più su questo, ci saranno molti cambiamenti. All’inizio della stagione sarà come essere seduti a un tavolo da poker, ci daranno le carte e vedremo chi avrà le migliori. Poi però dovremo giocarcele al meglio. L’anno prossimo ci saranno molti cambiamenti nel mercato di tutti, ma fortunatamente per la nostra squadra non dovremo cambiare pelle. Altri avranno più punti interrogativi sul loro organico e questo dà a me e al team la sicurezza che il prossimo anno potremo fare ancora meglio. Però non chiedetemi che cosa cambierà, perché non è ancora ufficiale.