ROMA – Rivederla è stata una festa. Quando le ragazze del UAE Team Adq hanno riconosciuto Marta Bastianelli, sono corse ad abbracciarla come si fa con un compagno di tanti chilometri che a un certo punto ha cambiato strada. Gasparrini, che ha diviso con lei la camera cercando di imparare il massimo. Consonni, che ne ha ricevuto consigli sulla vita da velocista. Persico, che si è sentita chiedere più di un paio di volte quando verrà anche per lei il momento di alzare le braccia al cielo. E così la campionessa azzurra, che da quest’anno collabora in nazionale con il cittì Sangalli e a Caracalla era assieme a tutta la famiglia, ha salutato le ex compagne e poi ha vissuto il Gran Premio della Liberazione col piglio di chi comincia a calarsi nella dimensione del tecnico. Ha confabulato a lungo con Augusto Onori delle Fiamme Azzurre, cui ancora appartiene. Ha parlato con altre atlete. E poi ci ha raccontato questo inizio di carriera, con tanto di debutto all’estero con le juniores alla Omloop Van Borsele, Coppa delle Nazioni in Olanda.
Cara Marta Bastianelli, cosa fa la collaboratrice del tecnico della nazionale?
E’ una bellissima esperienza. Vengo da un buon insegnamento di Paolo (il cittì Sangali, ndr), in tanti anni come tecnico e atleta. Adesso sono al suo fianco e mi auguro di potergli dare una utile mano in questo nuovo ciclismo, che sta prendendo sempre più piede anche tra le giovani. In Olanda tutte le prime erano nel giro dei team WorldTour, ben diverso rispetto ai miei tempi e rispetto all’Italia. Il fatto di aver percorso tanti anni di storia del ciclismo mi aiuterà di certo.
Sangalli ha detto che quando hai smesso, portarti in azzurro è stata una conseguenza naturale. E’ stato così anche per te?
Da un po’ di tempo, ancora da atleta, c’era la volontà da parte della Federazione di spingermi in questo mondo. In quel periodo però ero ancora atleta, mi piaceva ancora vincere le gare. Poi mi sono chiesta: perché no? Insomma, fare questo salto è sicuramente un valore aggiunto nel mio bagaglio di esperienze, quindi qualcosa di bello. Quando corri oppure indossi la maglia della nazionale, è sempre un grande prestigio e io questo non me lo dimentico.
Com’è avere a che fare con ragazze 17-18 anni?
Bè, sono tornata indietro di parecchio. Sinceramente non sono tempi in cui mi riconosco, perché noi il mondo giovanile l’abbiamo vissuto diversamente. Erano sicuramente anni difficili, loro hanno la strada un po’ più spianata, quindi mi auguro che questo benessere lo possano mettere in pratica nel vincere le corse, che è la cosa più importante.
Parli la loro stessa lingua o in qualche modo si coglie già il gap di età?
Diciamo che ho un po’ di esperienza con mia figlia (ride, Clarissa ha 10 anni ndr), ma è difficile capire se sia utile fare confronti, non sai mai se sia giusto o sbagliato. Però le vedo attente ai consigli, ci ascoltano molto. Sono ragazze ragionevoli.
Qual è il consiglio che ti viene più facile dare: quello di esperienza da corridore o quello da tecnico?
Non ho dubbi. Io metto in pratica la mia esperienza da corridore, perché da tecnico devo ancora farla: questa per me è solo una partenza. Però posso dargli un valore aggiunto da atleta, basato su quello che ho vissuto nei miei anni. Credo che per loro possa essere un contributo in più da aggiungere alla loro carriera, soprattutto quella futura.
In Olanda ad esempio avete trovato parecchio vento, sei riuscita a spiegargli come si sta nei ventagli?
Abbiamo fatto una bella spiegazione. Abbiamo detto loro dove mettersi in base a come tira il vento. Sono passaggi che alcune già conoscevano, perché erano già state a questa gara l’anno scorso. Paolo aveva già fatto un bel lavoro, però un consiglio in più fa sempre bene.
Come sei uscita da questa esperienza? Ti ha arricchito?
Sì, molto, anche dal punto di vista umano. Come persona, come mamma. Ho sentito molto questa esperienza da vicino, quindi sicuramente fa bene al cuore, alla mente e soprattutto al lavoro.
Può essere un ruolo azzeccato per il futuro di Marta Bastianelli?
Sì, è un incarico che mi piace molto. Poi non nascondo che mi piace anche lavorare con le elite, perché è un mondo che ho lasciato da poco quindi sono ancora abbastanza fresca di esperienze. Riesco a capire cosa pensano le atlete nelle varie fasi, quindi diciamo che mi piacerebbe allinearmi in tutto il settore, in base a quello che si può fare.
Con le elite sarà difficile passare da amica a tecnico?
Credo che ci sia una linea sottile e una volta che l’atleta lo ha capito, non è difficile. Sono ragazze intelligenti, sanno che adesso non sono più Marta atleta amica, ma sono Marta collaboratore azzurro. Posso sempre dare loro dei consigli, ma rimanendo nel mio ambito. Per me sono ragazze con cui ho corso fino all’altro ieri, quindi ho un rapporto speciale. Però quando si tratta di lavoro, mi piace che ci sia una linea precisa. So bene che magari è meglio parlarci un paio di giorni dopo una corsa, perché ricordo bene che a caldo puoi tirare fuori tante motivazioni diverse per giustificare una prestazione. Non sempre guardarle in faccia dopo l’arrivo ti fa capire bene le cose. Queste sono le consapevolezze che spero di poter portare.
Le seguirai anche in pista?
Faccio anche pista. Ho seguito le ragazze in qualche allenamento e ci tornerò a fine mese. Cerco di fare un po’ qua e un po’ là. A Montichiari ho trovato un ambiente molto familiare, bello, tranquillo. Ci sono ragazze che conosco e, anche i ragazzi. Mi sono trovata molto bene con Marco Villa, con Diego Bragato e con Fabio Masotti, che tra l’altro è un mio collega alle Fiamme Azzurre. Sono veramente felice di questo ruolo.
E Clarissa cosa dice del fatto che hai ricominciato a partire?
E’ abbastanza serena, soprattutto perché rispetto a prima passo più tempo a casa. Lo scorso anno ad oggi avevo già fatto 30 giorni fuori ed eravamo solo ad aprile, quindi è molto più tranquilla. Tra l’altro è felice quando può venire anche lei a vedere le gare, la vive in modo diverso. Non c’è più l’ansia della corsa, quindi mamma che corre. E poi le piacerebbe venire a vedere qualche allenamento in pista perché mi ha detto che vorrebbe fare il tifo. Le ho spiegato che non è come all’Olimpico, però penso che ai bambini faccia bene vivere queste giornate di sport e capire come funziona. Lei l’ha sempre vissuto sin da piccola dall’interno, ma forse adesso ha un briciolo di consapevolezza in più. Ai ragazzi fa bene vedere l’impegno di atleti poco più grandi di loro. Qualsiasi cosa scelgano di fare, lo sport resta una grande scuola di vita.