Mohoric riparte con la Roubaix nella testa

19.11.2022
4 min
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A parte il fatto che si dorme poco e che sua figlia più grande ha portato a casa l’influenza, la ripresa della preparazione in casa Mohoric è ripartita nella giusta direzione. Ma siccome Matej è un uomo razionale, gli basta fare il confronto con la stagione iellata che si è lasciato alle spalle, per sorridere alle bimbe che intanto fanno baccano e guardare avanti.

Così, tornando per qualche minuto a parlare da corridore, il terzo sloveno per popolarità e prestigio dopo Pogacar e Roglic ma il primo per accessibilità e pragmatismo, ha le idee ben chiare.

«Ci sono degli obiettivi importanti nella prima parte di stagione – dice – dove ho corso molto bene l’anno scorso. Penso alle classiche al Nord, soprattutto alla Roubaix (nella foto di apertura è con Colbrelli in avvio dell’edizione 2021, vinta da Sonny, ndr). Mi è sfuggita qualche vittoria e vorrei riprovare a fare qualcosa di bello il prossimo anno».

La vittoria nella CRO Race ha confermato che i guai del 2022 erano alle spalle
La vittoria nella CRO Race ha confermato che i guai del 2022 erano alle spalle

Roubaix e Tour

Riprendersi quel che la cattiva sorte gli ha fatto lasciare indietro. Lo ha detto Marta Cavalli parlando del Tour: anche questa può essere una bella molla per la stagione che viene.

«Ci sono tante volte – spiega – quando trovi degli ostacoli e quando le cose non vanno, in cui è importante riprendersi. Io amo andare in bici prima di tutto ed è quello che mi dà la motivazione per continuare e rimettermi prima possibile in forma. Poi di sicuro ci sono le gare che vorrei vincere e quelle che non ho corso al mio livello, come il Tour di quest’anno. Questo di certo fa venire la voglia di tornarci e farlo quando stai davvero bene.

«Adesso va tutto bene, dopo la mononucleosi che mi ha fregato metà anno. Negli ultimi 10 giorni, ho preso gli antibiotici, ma non è stato un gran problema. Era una cosa che la piccola ha portato a casa dalla scuola ed è già passato. Sto già bene, tutto in ordine. E sono sicuro e convinto che il prossimo anno mi ritroverò al livello della scorsa primavera».

Mohoric ha corso il Tour con una mononucleosi addosso che l’ha fortemente limitato
Mohoric ha corso il Tour con una mononucleosi addosso che l’ha fortemente limitato

L’aiuto di Sonny

La sfida della Roubaix avrà un sapore particolare, perché a seguirla da vicino ci sarà anche il vincitore del 2021. Colbrelli lo aspettavamo tutti alla conferma, poi la storia è andata come sappiamo. L’annuncio di pochi giorni fa sul fatto che continuerà nel Team Bahrain Victorious (anche) come consulente per quelle corse, darà all’avvicinamento e alla stessa vigilia un sapore diverso.

«Sonny – dice sicuro – sarà un valore aggiunto molto importante. Avere uno così alza lo spirito di tutto il gruppo, alza la motivazione e ci farà correre tutti più uniti. Più coerenti con un sogno che lui ha realizzato e molti di noi magari non otterranno mai. Avere lui accanto di sicuro ci darà qualcosa in più nel momento che serve.

«Convivere con quello che gli è successo è stato molto difficile anche per me, perché è un caro amico. Tante volte siamo stati insieme in camera alle corse ed è stato pesante vivere la sua storia pensando a cosa significava soprattutto per lui. Cercherò di stargli vicino come posso, perché so che lui ci è rimasto male. Di sicuro non è contento di non poter più correre, ma sono convinto che a breve si ritroverà e troverà nuove motivazioni per continuare la vita dopo il ciclismo».

Dopo la vittoria di Sanremo, Mohoric con la bici sollevata e l’evidenza meno attesa: aveva un reggisella telescopico
Dopo la vittoria di Sanremo, Mohoric con la bici sollevata e l’evidenza meno attesa: aveva un reggisella telescopico

Il telescopico? Forse no

Perciò riavvolgiamo il nastro e riportiamolo al momento più bello del 2022. Alla vittoria di Sanremo con la sua Merida sollevata sopra alla testa e quell’insolito reggisella, la cui storia in pochi minuti fece il giro del mondo. Quanto c’è ancora da inventare nel ciclismo di Tadej?

«Il reggisella telescopico tirato fuori in quella maniera – sorride – è stato sicuramente un caso isolato. E’ stata una cosa abbastanza grave, tra virgolette, non era un piccolo dettaglio. Una cosa così grande non possiamo tirarla fuori tutti gli anni e usarla per vincere. Però sicuramente siamo sempre alla ricerca e sviluppiamo i materiali. Credo che siamo tra i migliori nel gruppo anche per questo. Penso che la nostra squadra abbia successo soprattutto nelle classiche, perché abbiamo dei materiali che ci permettono di fare davvero bene sulle strade del Belgio, dove la tecnologia conta davvero. Di sicuro non siamo fermi e stiamo testando già nuove soluzioni.

«Non credo che qualcuno andrà alla Sanremo col telescopico. Tanti corridori non credevano che permettesse di andare più forte. Forse qualcuno sì e magari qualcuno vorrà testarlo, ma non saprei. Io stesso non so se lo userò ancora».

FSA accanto a Colbrelli, Marra spiega come e perché

17.11.2022
4 min
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Quando Colbrelli ha annunciato la svolta della vita, Claudio Marra era seduto al suo fianco, anche lui toccato dal momento. Aveva ancora addosso il sole dell’ultimo viaggio a Taiwan e da buon padrone di casa ha subito messo a disposizione gli uffici di FSA per organizzare la conferenza stampa del 15 novembre.

Da FSA per Sonny una targa, consegnata da Marra, per ricordare le conquiste comuni nelle classiche
Da FSA per Sonny una targa, consegnata da Marra, per ricordare le conquiste comuni nelle classiche

Testimonial e tester

Le parole di quel giorno sono ancora nell’aria. I social pullulano dei racconti del pomeriggio milanese, ma intanto il tempo passa e Marra fa il punto della situazione, ricordando le ore assieme a Colbrelli parlando di sviluppo dei prodotti e immaginando quale potrà essere il seguito della storia.

«Con Sonny c’è un rapporto particolare – racconta – di amicizia, ma anche di estrema collaborazione. Lui è un tester importante, ci ha aiutato a sistemare anche dei piccoli dettagli sulle ruote. Quelle che ha usato alla Roubaix sono state realizzate ad hoc per lui. Avevano una scorrevolezza particolare e hanno debuttato con lui. Ci ha vinto l’italiano, l’europeo e la Parigi-Roubaix. Non voleva mollarle più».

Colbrelli sarà uomo del Team Bahrain Victorious, ma sarà coinvolto direttamente nel lancio delle 71 Merida Reacto customizzate col suo nome e il nuovo logo che lo contiene. Le bici saranno equipaggiate con gli stessi sponsor tecnici della squadra, per cui Sonny metterà la sua esperienza certamente al servizio dei corridori, ma anche degli sponsor tecnici che vorranno riscontri tecnici da un campione che comunque continuerà ad usare la bicicletta.

Colbrelli, spiega Marra, ha sviluppato da sé le ruote Vision Metron con cui ha ottenuto i suoi successi più importanti
Colbrelli, spiega Marra, ha sviluppato da sé le ruote Vision Metron con cui ha ottenuto i suoi successi più importanti
E’ importante avere nelle squadre una figura così?

Quando abbiamo collaborazioni di questo tipo, con le squadre cerchiamo di non essere solo sponsor, ma collaboriamo perché la fornitura di materiale sia per noi un punto di inizio e non di arrivo. Da loro impariamo tantissimo e poi cerchiamo di migliorare sempre attraverso i loro consigli o le esigenze. Ci tirano matti, ma è sempre uno stimolo a migliorare.

Il fatto che Colbrelli resti nell’orbita della squadra e dei suoi partner è anche un bel segno di umanità.

Il nostro obiettivo non è solo fornire prodotti, ma è anche diffondere la cultura del ciclismo, essere amici, vivere insieme emozioni, gioie, fatiche e sacrifici. Quello che alla fine è il sale della vita. Avere corridori che condividono questo nostro pensiero anche fuori dalle corse per noi è il massimo e cerchiamo di sostenerli sempre, quando è possibile, anche dopo che scendono dalla bicicletta.

Come hai vissuto personalmente quel giorno di marzo?

E’ stato tragico. Una volta avuta la conferma che Sonny fosse fuori pericolo, ho avuto subito la sensazione che da lì sarebbe cambiato tutto. Innanzitutto abbiamo sperato che tutto andasse bene, però abbiamo capito che la sua vita non sarebbe stata più la stessa e ci siamo promessi di aiutarlo in questo progetto. Averlo voluto qui da noi per il suo annuncio è stato il modo di fargli sentire che noi siamo con lui.

Questo il nuovo logo di Colbrelli, con cui saranno personalizzate le sue future iniziative
Questo il nuovo logo di Colbrelli, con cui saranno personalizzate le sue future iniziative
Ci siete voi, c’è Merida, c’è la squadra: non è tanto comune, in un mondo che a volte si dimentica dei valori.

E’ vero, però devo dire che il ciclismo è un mondo diverso e migliore. Siamo persone con una filosofia, cioè che le persone positive, che riescono sempre a portare avanti una missione, chissà perché si ritrovano sempre insieme e condividono lo stesso tipo di idea. E per questo siamo contenti di poterlo sostenere al meglio.

Le lacrime, il cuore, il sorriso e l’addio di Colbrelli

15.11.2022
8 min
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«E’ un momento molto importante – inizia Colbrelli – come avrete sentito e letto, sono qui per confermare il mio ritiro. Dopo tanti mesi a pensare e riflettere. Dopo aver parlato con la mia famiglia e vedere se valesse la pena continuare…».

La voce si strozza di colpo. Sonny guarda in alto. Il momento è arrivato, ma non è facile ammetterlo davanti alle tante persone accorse, almeno quanto lo è stato ammetterlo con se stesso. Giornalisti. Parenti. Addetti ai lavori. Una conferenza stampa a invito. E’ il pomeriggio del 15 novembre. L’anno scorso in questi stessi giorni, il bresciano era nella sede di Merida per celebrare la vittoria di Roubaix, oggi è in casa FSA per dire che è tutto finito.

Sonny raggiunge la scrivania alle 14,40. E’ rimasto a lungo in un ufficio a parlare con Cassani e altri amici, fra cui Luca Mazzanti
Sonny raggiunge la scrivania alle 14,40, dopo aver parlato a lungo con Cassani e altri amici, fra cui Luca Mazzanti

Salvataggio Cassani

Interviene Cassani, accanto a Sonny come amico più che come tecnico. E Davide prende il microfono, sollevando Sonny dal momento difficile. Racconta delle avventure in azzurro. Ripete le parole che in questi mesi tanti gli hanno sentito ripetere, quasi a scacciare anche lui la malinconia e lanciare un salvagente di speranza all’uomo seduto accanto a lui.

«Abbiamo fatto una chiacchierata – dice – prima di venire davanti a voi. Mi ha detto di non aver ancora metabolizzato quest’idea. Ha raggiunto tanto nella sua carriera e ora ha voluto questo incontro. Da tanto tempo non parlava. E’ una persona che ha seminato tanto e bene. E adesso – voltandosi verso Colbrelli – se hai finito di piangere, tocca di nuovo a te…».

La sala scoppia in una risata e un applauso. La commozione ha invaso i pensieri di tutti, ma questo non è il momento di deprimersi. Questo è il momento per guardare avanti. Le malinconie hanno già popolato e forse popoleranno ancora le sue notti. Avere un pensiero felice da coltivare sarà il balsamo migliore.

In prima fila i genitori di Sonny, la moglie Adelina e i figli, oltre al fratello Tomas. Subito dietro giornalisti e addetti ai lavori
In prima fila i genitori di Sonny, la moglie Adelina e i figli, oltre al fratello Tomas. Subito dietro giornalisti e addetti ai lavori

La chiamata con Eriksen

«Dopo quel 21 marzo – riprende Sonny rinfrancato – la mia vita è cambiata. Capisci quello che è successo e devi essere realista. Non tornerai mai più a fare la vita di prima. E’ stato difficile guardare le corse, ma il giorno dopo ero già col mio telefono a vedere Bauhaus che faceva secondo al Catalunya. La bici mi ha dato tanto e mi ha tolto tanto, ma ultimamente mi ha fatto capire che la vita è una sola.

«Non sono Van der Poel o Evenepoel, ci ho messo 32 anni per arrivare al mio livello migliore e sul più bello mi tocca smettere. Ho fatto tanti esami. Ho usato come riferimento Eriksen (il calciatore danese dell’Inter rianimato in campo durante la partita fra Danimarca e Finlandia agli europei 2020, ndr). Tramite alcuni amici, ho trovato il suo numero. Gli ho mandato un messaggio e mi ha chiesto se poteva richiamarmi dopo la doccia, perché aveva appena finito l’allenamento. Abbiamo parlato, ma ho capito che il ciclismo non è il calcio. E se mi succedesse di nuovo in una discesa, potrei farmi molto più male. Perciò smetto. Spero di dare ancora tanto al ciclismo. Ringrazio la squadra, che mi ha tranquillizzato per il futuro…».

Miholjevic, al tavolo con Marra, Colbrelli e Cassani, ha raccontato l’importanza di Sonny per il team
Miholjevic, al tavolo con Marra, Colbrelli e Cassani, ha raccontato l’importanza di Sonny per il team

L’abbraccio di Miholjevic

Accanto a lui c’è Miholjevic, il team manager del Team Bahrain Victorious. E’ un tipo tosto Vladimir, di poche parole. Più tosto adesso da manager che quando era corridore, eppure anche lui è commosso. Non è solo un momento di Colbrelli, in qualche modo è il momento della sua squadra.

«Abbiamo conosciuto Sonny – dice – quando arrivò dalla Bardiani. Era un ragazzo fortissimo, con un grande potenziale e lo stesso entusiasmo dei suoi bimbi qua davanti. Siamo riusciti a incanalare le sue forze e abbiamo fatto la gioia della nostra squadra e del ciclismo italiano, con la vittoria della Roubaix, la classica più bella. Il Catalunya è stato uno choc anche per noi. Anche noi che abbiamo smesso per età non abbiamo metabolizzato facilmente il fatto di non essere più corridori, per Sonny sarà ancora più dura».

Due anni con il team

«Abbiamo pensato di aver perso qualcosa – prosegue Miholjevic – invece ora pensiamo di aver in qualche modo guadagnato. Avreste dovuto vederlo nel bus, motivare la squadra con le sue parole spontanee. Per questo abbiamo prima sentito l’obbligo di stare accanto a lui e alla sua famiglia. Ora però sappiamo quale potenziale abbiamo in mano, con uno che ha vinto la corsa più importante per la squadra. Sonny scenderà con noi nella… miniera (sorride, ndr) che lavora dietro le quinte. Abbiamo 28 corridori e 68 persone. Diventerà una persona più completa. Nel frattempo i bambini crescerano e Tommaso (dice ridendo mentre indica il figlio di Sonny, ndr) comincerà a vincere le corse. Sarà con noi per altri due anni».

Dopo le lacrime delle prime parole, Colbrelli è parso commosso a tratti, ma sempre più consapevole
Dopo le lacrime delle prime parole, Colbrelli è parso commosso a tratti, ma sempre più consapevole

Il ciclismo dei giovani

Scorrono le immagini delle vittorie. Poi viene presentato il logo con il cobra e il nome Sonny Colbrelli, disegnato da Johnny Mole per una linea di 71 bici Merida volute da Sonny, perché 71 era il numero sulla maglia nella Roubaix vinta. Intervengono Claudio Marra, il padrone di casa, che gli consegna un premio. Interviene Dario Acquaroli, per Merida Italy. E intervengono anche due pezzi grossi di Merida Europe: il direttore del marketing Andreas Rottler e il general manager Wolfgang Renner. E Sonny, già più disteso parla del progetto e della sua idea di lavorare per il ciclismo dei bambini.

«Quando ero piccolo – dice – avevo una pista in cui pedalare al sicuro. Ora nella zona di Brescia vedo i bimbi nel parcheggio di un supermercato e mi mette tanta tristezza vederli in mezzo ai vetri. Vorrei fare qualcosa, non so quando. Dipende da quanto mi farà lavorare Miholjevic (ride a sua volta, ndr). Un impianto in cui possano provare tutte le specialità e poi semmai scegliere. I più giovani bisogna farli innamorare del ciclismo, non proporglielo come un’ossessione».

Claudio Marra ha premiato Colbrelli con una targa che vale anche come promessa di collaborazione futura
Claudio Marra ha premiato Colbrelli con una targa che vale anche come promessa di collaborazione futura

I pensieri pericolosi

Poi prende una pausa di silenzio. Di colpo Colbrelli torna Sonny, il ragazzo che sognava di diventare campione sulla sua bicicletta e di colpo vengono avanti i fantasmi delle prime notti.

«Ho pensato di togliermi il defibrillatore – dice davanti a tutti e poi approfondirà a quattr’occhi – fare due anni al top e poi di rimetterlo. L’ho pensato subito, quando ho scoperto che è removibile. In bici senti magari di poter fare quello che facevi prima, ma poi hai paura di spingerti al massimo. E allora penso che comunque non sarei più il Sonny di una volta. Hai paura, non vai allo sfinimento. Non doveva succedere quel giorno, non era il mio turno. Sono stato fortunato. Di 10 persone che hanno avuto un arresto cardiaco come quello, 8 non sono qui a parlarne. Bisogna essere forti e intraprendere una cuova carriera.

«Ho capito di non essere più un corridore quando è arrivata la mail con l’organico della squadra e il mio nome non era più nella lista. Ma se ho fatto un cambio di marcia lo devo a Paola, la mia mental coach. Mi ha fatto capire quanto valgo e che sono più forte di quanto pensassi. Ho capito che posso fare cose importanti anche non essendo più un corridore. Ora la vedo così, magari domani mi chiudo nei miei silenzi. Non è facile. Potrebbe esserci il rimpianto del Fiandre e di non aver fatto sempre la vita che ho imparato negli ultimi tempi, ma non è questo il tempo dei rimpianti».

Notevole l’afflusso dei media. La decisione di Colbrelli era già nota, ma quasi tutti hanno voluto essere presenti per raccontarlo
Notevole l’afflusso dei media. La decisione di Colbrelli era già nota, ma quasi tutti hanno voluto essere presenti per raccontarlo

Il futuro è già una vittoria

Il futuro è con la squadra e con i suoi sponsor. Con i giovani da osservare e i materiali da provare. Poi forse il futuro passerà attraverso una tessera da direttore sportivo. Zero elucubrazioni su soluzioni ardite per aggirare il divieto di correre. Ancora una volta Sonny è l’uomo maturo che nel 2021 ha fatto sognare l’Italia del ciclismo.

«Non ero solo un corridore – sorride – come ha detto Miholjevic. Mi mancheranno i miei compagni e il mio posto sul bus. Con Caruso ci sentiamo sempre. Mi ha detto: “Sonny, sono con te”. Ci facciamo delle grandi risate. Mi mancherà anche il diesse che la sera porta il numero da attaccare sulla maglia. Non mi mancheranno quelle giornate di fatica a 40 gradi a chiedersi chi me l’ha fatto fare. Però adesso che lo dico, invece mi mancano. Bisogna pensare al bello…».

Immancabile la foto con la bici, Merida Reacto, che lo ha condotto alla conquista della Roubaix
Immancabile la foto con la bici, Merida Reacto, che lo ha condotto alla conquista della Roubaix

I figli che crescono

«Ora vado in bici per divertirmi, mentre prima avevo l’assillo dei lavori e del peso. Ora la sosta al bar è prolungata. Mi godo la bici come mi diceva tanta gente, che per loro è il modo di scaricarsi la mente dopo giornate impegnative. E’ così davvero. Prima cominciavo la giornata dicendo: “Sonny, alzati, vestiti e vai ad allenarti”. Ora mi alzo e mi dico: “Sonny, alzati, vestiti e prepara la colazione ai bambini”. Parto subito con quattro caffè, ma è una cosa bella, perché noi corridori vediamo i figli crescere nel telefono.

«E per il resto – conclude – ho davanti tutta la vita e tanti progetti. L’importante è che sono qui e che non tutti possono dire che la loro ultima vittoria è stata una Roubaix. Ma vi dico subito che c’è già il mio erede. Si chiama Jonathan Milan, abbiamo visto tutti di che pasta è fatto. E magari avermi accanto lassù lo aiuterà a crescere un po’ più in fretta».

Dopo la conferenza stampa, Colbrelli ha concesso qualche minuto ai giornalisti presenti. Qui con bici.PRO
Dopo la conferenza stampa, Colbrelli ha concesso qualche minuto ai giornalisti presenti. Qui con bici.PRO

Sorride. Si alza. Si presta ad altre interviste. Sky va in diretta. Ci sono Rai e Mediaset. Ci sono Eurosport e la Gazzetta. C’è la sala stampa degna di un grande campione. C’è soprattutto il senso consapevole di una seconda occasione. E davanti alla vita, tutto il resto si ferma. Buona vita, Sonny. Ci vediamo alle corse.

Ramanzine e risate. Roberto Reverberi racconta il “suo” Sonny

04.11.2022
7 min
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Sonny Colbrelli lo aveva puntato prima degli altri. Prima di altri aveva capito che quel ragazzo dal viso buono avesse anche gambe ottime. Roberto Reverberi un po’ di aneddoti nel taschino ce li ha e ora che Sonny, suo malgrado, ha detto basta per i problemi al cuore che ben conosciamo, inizia il momento dei ricordi.

E Reverberi non lesina. Il direttore sportivo e manager della Bardiani Csf Faizanè ne parla con piacere. Risate, strigliate, potenzialità…

Roberto Reverberi e un selfie con Sonny Colbrelli. Il bresciano è stato nel gruppo dei Reverberi per sei stagioni
Roberto Reverberi e un selfie con Sonny Colbrelli. Il bresciano è stato nel gruppo dei Reverberi per sei stagioni
Roberto, come arrivaste a Sonny?

Lo prendemmo ancora prima che andasse alla Zalf. Da juniores in pratica aveva già firmato con noi. Ce lo avevano consigliato Luca Mazzanti e Gianluca Giardini. «Guarda che questo ragazzino promette bene», mi dissero. Ci fidammo e lo prendemmo dopo una stagione in cui fece non so quanti secondi posti.

Già all’epoca li collezionava dunque…

Perdeva un sacco di corse, però era sempre davanti. Quando gli facemmo fare lo stagista con noi, per poco non vinse subito la sua prima gara da pro’.

Racconta, racconta…

Era il Gran Piemonte, se ben ricordo. Precedeva di un paio di giorni il Lombardia e il gruppo era con la testa già alla Classica delle foglie morte. In riunione diedi i compiti e a lui non dissi niente. Così mi chiese: «E io cosa faccio?». «Tu hai campo libero, se ci riesci vai in fuga». Così escono 4-5 corridori e lui non c’era. Lo chiamo per radio e gli chiedo come mai. Al che fa uno scatto dei suoi e da solo rientra sugli attaccanti. La fuga era andata. Il gruppo pensava al Lombardia. Passo con l’ammiraglia quando Virgilio Rossi, di radio corsa, mi fa: «Roby, fermo, Roby fermo hanno sbagliato strada».

Già da dilettante Colbrelli sprecava molto, però era sempre presente nelle posizioni di vertice
Già da dilettante Colbrelli sprecava molto, però era sempre presente nelle posizioni di vertice
No, che sfortuna!

Tra che se ne accorsero e tornarono indietro avevano perso tantissimo. A quel punto il gruppo riavendoli a tiro si mise a fare la corsa e li riprese. Ma di quel drappello Colbrelli era il più veloce. Senza contare che si arrivava su uno strappetto. Era il finale ideale per Sonny.

Come era Sonny era in squadra?

Un generoso, anche troppo a volte. In quegli anni avevamo anche Modolo che andava forte, ma Sonny non era da meno. Tante volte gli dicevo che si sarebbe potuto correre per lui, ma preferiva mettersi a disposizione di Modolo e magari tirargli la volata. In generale faceva sempre ciò che gli dicevo. Non era un “gasatone” è sempre rimasto umile. E lo è tutt’ora.

Però qualche volta ti avrà pur fatto arrabbiare…

Eh, in particolare mi fece uscire di testa dopo un Gp Beghelli. Ora ci si ride su, ma eravamo in lotta per la Coppa Italia. Ed era importante perché garantiva la wild card per il Giro d’Italia dell’anno successivo. Ci serviva non tanto la vittoria, quanto i punti. E per questo dissi ai ragazzi di fare la volata in tre: Colbrelli, Piechele e Ruffoni. E voi sapete che tra Colbrelli e Ruffoni c’è sempre stata un po’ di maretta.

Come mai?

Erano tutti e due della stessa zona, avevano i fans club, se le davano sin dalle categorie giovanili. E quel giorno s’impuntarono su chi dovesse tirare la volata all’altro. Colbrelli diceva che gliel’avrebbe dovuta tirare Ruffoni. Fatto sta che ci bastava un dodicesimo posto. Vado a ritirare le classifiche e vedo che fece 18°. Arrivato al bus non so cosa gli dissi. Perdemmo la Coppa Italia per un punto dalla Neri Sottoli.

E’ Colbrelli dai! Era ancora anatroccolo e non cigno…

Vero. E c’è un’altra storia, questa tutta da ridere – e in effetti Reverberi ride mentre racconta – di un Tour of Oman. Era una delle primissime gare dell’anno e Sonny si presenta un po’ cicciottello. Si è “preso un po’ di parole” da me, ma mio padre ci andava giù di brutto. Lo massacrò. Una sera eravamo ad un tavolo tutti insieme e c’era l’acqua gasata. Lui riempiva il bicchiere. Al che mio padre sbotta: “Bevi ancora, così scoppi”. E Sonny: “Bruno, ma è acqua”. Ma glielo disse con una faccia che scoppiammo tutti a ridere.

Possiamo immaginare…

E non è finita. Sapete, quando si va a fare queste corse lontano, l’organizzazione ti dà le macchine. E sono identiche. Non ci fai l’occhio subito. Così il mattino dopo sbaglia ammiraglia: anziché venire come d’abitudine in macchina con me, sale su quella di mio padre. Due ore e mezzo di trasferimento, il più lungo di tutta la corsa. Quando è sceso: “Oh, Roby, ma me lo potevi dire che avevi cambiato macchina!”. “Guarda che sei te che hai sbagliato!”, replicai io. Si è preso tante di quelle parole che era sfinito!

Invece Roby, passando ad aspetti più tecnici, quando è stata la prima volta che hai capito che Colbrelli era un corridore vero?

In generale si vede subito. E anche con lui fu così. Ma in particolare ricordo una tappa dura del Giro in cui fu ripreso solo alla fine. Era in fuga, fece un corsone. Ci vollero il miglior Santambrogio, che poi fu “pizzicato”, e Nibali per riprenderlo. E quell’arrivo era duro. Pioveva, un freddo cane tutto il giorno.

Vero, con il freddo andava forte. 

Ve la ricordate la Sanremo della neve, no? Lui arriva al bus e se nesce: “Ma perché ci hanno fermato?”. C’erano corridori congelati dappertutto. Lui era a maniche corte, senza guanti, senza copriscarpe. Non sentiva nulla. 

Prima, più o meno scherzando, abbiamo detto dei suoi tanti secondi posti, poi però col tempo è migliorato… Come cercavi di correggerlo?

Sbagliava spesso. Tante volte scattava ai 700 metri, magari anche quando era marcato. Oppure quando doveva muoversi non lo faceva col tempo giusto. Io cercavo di farglielo capire, ma non era facile, soprattutto se avevano capito che ne avevi ed eri marcato. Però dagli errori s’impara. E per questo dico che certe volte stare in squadre piccole ti aiuta a crescere, a formarti. Hai le tue possibilità, sbagli, ma impari a giocarti la corsa…

Nel gelo della Sanremo 2013, la prima di Colbrelli, Sonny non sentiva il freddo
Nel gelo della Sanremo 2013, la prima di Colbrelli, Sonny non sentiva il freddo
Guarda Roberto condividiamo, ne parliamo spesso e anche Bragato (in parte) ha ripreso il discorso ieri…

Sempre questa fretta di andare in una WorldTour, a volte anche solo per 10.000 euro in più. E per cosa? Per andare a tirare… ma per tirare c’è tempo. Poi finisci che fai solo quello. Invece aspetta un po’ e passa nel WorldTour da capitano. Guardate Ciccone per esempio. Chi è rimasto mediamente con noi tre anni, poi ha sempre fatto bene nelle squadre più grandi. Finetto, per esempio, era bravo davvero ma ebbe fretta di andare alla Liquigas e si è perso.

Sei stupito che Colbrelli nel tempo sia arrivato a quel livello?

Assolutamente no. Nessuno stupore. Come ho detto prima, il corridore lo vedi subito. E al netto dei tanti errori giovanili, lui era un corridore. E un corridore, se non ha problemi, lo vedi già dai primi mesi in allenamento. Nel caso di Sonny, lui aveva solo bisogno di aggiustare qualcosa sul piano tattico. In più ha capito che essere magri era importante e si è valorizzato. E non era facile perché non era né un passista, né un velocista puro. E poi vederlo lassù sono state soddisfazioni anche per noi.

Pellizotti alla Vuelta: «Una grande esperienza, ma che fatica…»

04.11.2022
7 min
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«Non sono molti anni che ho smesso – riflette Pellizotti – anche se il tempo passa. Cerco sempre di portare la calma e la serenità. Noi direttori sportivi che siamo stati anche corridori sappiamo bene che i corridori sono fra l’incudine e il martello. Così, quando le cose non vanno bene e magari dall’alto vogliono i risultati, si cerca comunque di non trasmettere la pressione ai ragazzi. La cosa peggiore quando le cose non vanno bene è scaricare il peso sulla squadra».

Una buona annata

Franco Pellizotti è reduce dalla trasferta toscana in camper, per seguire sua figlia sui campi del ciclocross. Con il 2022 che sta finendo, anche lui si è fermato per tracciare un bilancio della sua stagione come direttore sportivo e quella dei corridori del Team Bahrain Victorious.

«Se lo scorso anno è stata una stagione ottima – dice – quest’anno è stata buona. Le aspettative erano alte, invece il Tour è andato male e la Vuelta così e così. Se andava male anche il finale di stagione, allora c’era un po’ da preoccuparsi. Invece abbiamo finito bene, quindi quel periodo di buco è stato solo un passaggio a vuoto che ci può stare».

Qui Pellizotti è con Miholjevic, team manager del Team Bahrain Victorious
Qui Pellizotti è con Miholjevic, team manager del Team Bahrain Victorious

Il direttore che cresce

Pellizotti cresce assieme ai suoi corridori. E se un paio di anni fa, era venuto fuori che fosse il loro preferito perché lo sentivano molto vicino, oggi è evidente che l’esperienza lo stia spingendo a salire un altro gradino.

«Ogni stagione imparo qualcosa – racconta – e anche quest’anno ho avuto delle bellissime soddisfazioni. Ho sofferto un sacco alla Vuelta e anche questo mi ha fatto crescere molto. Quando vai alle corse e le vinci, come per esempio con Mohoric alla Sanremo, sembra che non ci sia niente di impossibile. Il problema è quando parti con degli obiettivi e alla fine devi cambiarli. Questo mi ha fatto crescere molto. Quando sono tornato a casa dalla Vuelta, mi sono messo lì e ho fatto un ripasso. Dove potevo aver sbagliato, dove le cose sono andate bene e dove male».

Colbrelli è arrivato al Bahrain ancora tutto da costruire: qui con Pellizotti al Tour del 2018
Colbrelli è arrivato al Bahrain ancora tutto da costruire: qui con Pellizotti al Tour del 2018

Senza Colbrelli

La squadra ha dovuto rivedere alcuni obiettivi in corsa, come succede quando si incontrano sulla propria strada la sfortuna e quel gruppetto di giovani corridori capaci di ogni impresa. Ma non è un mistero che la primavera del Nord fosse uno dei momenti più attesi e invece l’indisponibilità di Colbrelli ha costretto tutti a rivedere le ambizioni.

«E vero, nella campagna del pavé non abbiamo vinto – prosegue Pellizotti – però abbiamo fatto dei buoni risultati. La mancanza di Sonny è pesata molto sulla squadra. Sostituirlo è difficile, perché Sonny è arrivato da noi quando ancora non era nessuno e doveva ancora esplodere. Poi è cresciuto e purtroppo è mancato adesso che doveva raccogliere i risultati migliori. Prendere un corridore già affermato vorrebbe dire puntare su qualcuno che guadagna un milione e mezzo di euro e che può ottenere i risultati che eravamo arrivati a raggiungere con Colbrelli. Non è possibile, perciò stiamo cercando di lavorare con i giovani, cercando di farli crescere e portarli al livello più alto come con Sonny».

Milan può diventare un velocista come Petacchi e muoversi bene sulle strade del Nord
Milan può diventare un velocista come Petacchi e muoversi bene sulle strade del Nord

Talento Milan

E forse l’uomo c’è e si chiama Jonathan Milan, che lascia intuire potenzialità clamorose ed è per tutti quelli che girano attorno alla squadra un foglio bianco ancora tutto da scrivere.

«Secondo me – ammette sorridendo Pellizotti – Milan è un fenomeno. Anche quest’anno è dovuto star fermo parecchio per problemi fisici, ma appena è rientrato, è andato subito forte. Fisicamente è un portento e deve crescere molto di testa, perché è ancora un ragazzino. Magari a differenza di altri della sua età, lui ha margini veramente pazzeschi. C’è da scoprire quale sia il suo limite, perché può vincere delle volate come Petacchi ed essere un corridore da Belgio. Tanti lo paragonano a Ganna, ma lui fa dei tempi veramente impressionanti per la sua età e in bici ci sa andare, perché nelle volate non ha paura e sa limare molto bene».

La vittoria nella Freccia Vallone, il Tour e poi Teuns è passato alla Israel senza troppi annunci
La vittoria nella Freccia Vallone, il Tour e poi Teuns è passato alla Israel senza troppi annunci

Mistero Teuns

Eppure la vittoria in Belgio è arrivata con Dylan Teuns, che si è imposto sul Muro d’Huy e poi però, forse anche misteriosamente, se ne è andato nel cuore dell’estate raggiungendo la Israel, che forse sperava con un colpo di mercato di raddrizzare la classifica e salvarsi dalla retrocessione.

«Teuns ha fatto il Tour – prova a spiegare Pellizotti, ma si capisce che l’operazione sia passata sopra alle loro teste – e dopo non avrebbe dovuto più fare grandi corse. E’ un corridore che a noi costava tanto, penso fosse il secondo più pagato della squadra. Ha fatto dei grandissimi risultati, ha vinto la Freccia Vallone e sicuramente la Israel avrà gli avrà fatto un’offerta che noi non potevamo pareggiare. E quindi c’è stata questa possibilità per lui e anche per noi. Il fatto che sia andato via ad agosto, ha fatto sì che si siano liberati anche cinque mesi del suo stipendio, da investire nei prossimi anni. Non so se pensassero che avrebbe portato in dote i suoi punti o che ne avrebbe fatti tanti dopo il cambio di squadra, ma se così fosse, hanno fatto male i conti…».

L’uscita di scena di Landa al primo arrivo in salita della Vuelta ha costretto il team a reinventarsi la corsa
L’uscita di scena di Landa al primo arrivo in salita della Vuelta ha costretto il team a reinventarsi la corsa

Rammarico Landa

Il rammarico, se rammarico deve esserci, è doppio ed è legato a Landa e a Fred Wright. Allo spagnolo per il Giro e per la Vuelta, finita di fatto al primo arrivo in salita. Quanto al britannico, se fosse riuscito a vincere la settima tappa della Vuelta dopo la fuga con Herrada, avrebbe salvato il bilancio del team in Spagna e ottenuto la benedetta vittoria che ancora gli manca.

«Eravamo partiti per la Vuelta convinti di poter fare classifica – ricorda Pellizotti – invece sul primo arrivo in salita le abbiamo prese e abbiamo dovuto reinventarci la corsa. Ugualmente Mikel ha dimostrato di andare molto forte a fine stagione. Ha gli stessi valori di cinque anni fa, però è anche vero che nel frattempo sono cresciuti dei giovani molto forti, mentre il ciclismo moderno sta andando avanti a velocità pazzesche. E’ chiaro, col senno di poi, che un po’ di rammarico c’è soprattutto per il Giro, nel non averci provato fin dalla prima settimana. Abbiamo aspettato, mentre lui stava già molto bene e Hindley almeno all’inizio è parso sofferente, poi è andato in crescendo. Crediamo ancora in Landa, ma è chiaro che vincere una grande corsa a tappe è molto difficile, perché nel testa a testa contro certi corridori, a cose normali è difficile spuntarla».

Il terzo posto di Wright a Cistierna nel giorno di Herrada, 7ª tappa della Vuelta, è il rimpianto più grande
Il terzo posto di Wright a Cistierna nel giorno di Herrada, 7ª tappa della Vuelta, è il rimpianto più grande

«Wright secondo me è un altro ragazzo eccezionale – prosegue Pellizotti – l’unico suo problema è che ancora non è riuscito a vincere. Alla Vuelta aveva talmente voglia di alzare le braccia, che ha commesso degli errori. Nel giorno della caduta di Roglic non avrebbe vinto, perché comunque Pedersen era in uno stato di grazia incredibile e ha già fatto un grande numero a rimanere in quel gruppetto. Diciamo invece che la vittoria che si è mangiato è stata quella in cui è arrivata la fuga di cinque e ha vinto Herrada della Cofidis. Se Wright vinceva la tappa, la sua Vuelta sarebbe cambiata. Comunque è un ragazzo di cui si sentirà parlare molto».

Progetto Buratti

Le vacanze di Franco Pellizotti prevedono ora altri viaggi in giro per l’Italia, con il camper che ha comprato, fra le date del cross. Ammette di aver scoperto l’ambiente del fuoristrada solo da poco e di esserne rimasto colpito. L’ultima annotazione è sul giovane Buratti, che meriterebbe di passare professionista, per il quale si sta invece pianificando il passaggio nel 2024, dopo un altro anno da trascorrere al Cycling Team Friuli.

«So che non è facile aspettare quando sei convinto di aver meritato di passare – dice – immagino che fare un’altra stagione dopo quella che ha fatto non sia neanche semplice. Cercheremo di trovargli nuovi stimoli affinché quest’anno possa crescere ancora e far sì che quando arriverà tra noi, sia già pronto a correre tra i professionisti».

Artuso, il futuro alla Bora, il cuore con Colbrelli e Milan

02.11.2022
6 min
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Paolo Artuso ha cambiato numero. Ha restituito quello della Bahrain Victorious e in attesa di riceverne uno dalla Bora-Hansgrohe terrà buono quello di sempre. Il passaggio è avvenuto sotto traccia, perché di solito fa più notizia il mercato dei corridori, tuttavia non è passato inosservato il contratto triennale offerto al preparatore dal team tedesco, che si è già riunito fra Germania e Austria, per visite mediche e un team building a Soelden.

Paolo Artuso (classe 1984) è stato nel gruppo Bahrain sin dalla fondazione, quando c’era il gruppo Nibali
Paolo Artuso (classe 1984) è stato nel gruppo Bahrain sin dalla fondazione, quando c’era il gruppo Nibali

«Ogni tot anni è anche giusto cambiare – sorride Artuso – per avere stimoli diversi e crescere ancora. Ero in Bahrain da sei, praticamente dall’inizio e ho visto cambiare la filosofia della squadra. I primi tre anni c’era il gruppo di Nibali. Poi dal quarto anno è arrivato Rod Ellingworth con la McLaren e ha stravolto la squadra a livello di protocolli. Ha portato l’esperienza di Sky, però è rimasto solamente un anno. Per cui negli ultimi due abbiamo fatto una via di mezzo tra la filosofia iniziale della squadra e quella di Rod, prendendo quello che ci sembrava migliore».

E Bora?

Abbiamo fatto una chiacchierata e quello che mi hanno detto mi è piaciuto tanto. Il progetto che hanno soprattutto per le corse a tappe è importante. Hanno dei giovani molto forti. C’è Hindley, poi Konrad, Schachmann, Buchmann, Higuita, Cjan Uijtdebroeks che non so ancora come pronunciarlo. Poi c’è Vlasov, cioè… La squadra è veramente competitiva e c’è anche Aleotti, che non sappiamo ancora fin dove possa arrivare.

Fra i corridori di Artuso c’è anche Schachmann, reduce da un 2022 a corrente alternata
Fra i corridori di Artuso c’è anche Schachmann, reduce da un 2022 a corrente alternata
Perché hai deciso di accettare?

Mi hanno voluto fortemente e quando vai in un posto in cui ti vogliono così tanto, parti con il piede giusto. Il progetto è a lungo termine, il contratto triennale per un membro dello staff vuol dire fiducia e che a livello economico la squadra è stabile. Così ho deciso di fare il salto, passando dal Bahrain che ha una forte impronta italiana a un team totalmente tedesco. Ci sono degli italiani, ma la base non è latina e mi incuriosisce. 

Ti hanno già assegnato degli atleti da seguire?

Ne ho cinque. Buchmann, che ha fatto quarto al Tour del 2019. Poi Patrick Konrad, che secondo me è un corridore vincente perché tiene in salita ed è anche veloce (i due sono insieme nella foto di apertura, ndr). Schachmann, che arriva da un anno sfortunato, ma ha comunque vinto due volte la Parigi-Nizza. Quindi Sam Bennett, che vince le volate perché ci arriva più fresco e non è solo un velocista. Infine Jungels, che si è operato all’arteria iliaca e ha fatto una bella seconda parte di 2022 dopo la vittoria al Tour e nel palmares ha la Liegi.

Inizia dalla vittoria di Amilly alla Parigi-Nizza 2017 la scalata di Colbrelli al successo. Artuso c’era già
Inizia dalla vittoria di Amilly alla Parigi-Nizza 2017 la scalata di Colbrelli al successo. Artuso c’era già
Colbrelli smette e tu con Sonny hai lavorato tanto…

Abbiamo lavorato insieme sin da quando arrivò al Bahrain. Con lui ho dei bei ricordi, come la prima vittoria alla Parigi-Nizza nel 2017, la prima gara WorldTour della squadra. Ogni anno è cresciuto un po’, fino alla grande stagione 2021. Mi dispiace anche aver lasciato Matej Mohoric, che venne da noi al secondo anno di Bahrain e abbiamo subito instaurato un ottimo rapporto. Tra alti e bassi, insomma, anche con lui siamo riusciti ad azzeccarne qualcuna di buona. E poi c’è Caruso, che mi mancherà a livello umano. Mi mancheranno in tanti, anche Jonathan Milan che è un altro fenomeno.

Proprio Milan: secondo te può diventare un velocista fortissimo come ha detto Caruso?

Che sia forte, è forte. Di fatto è veloce, perché ha numeri fuori dal normale. Però c’è anche una base aerobica buona, come si è visto in Croazia. Quindi secondo me può fare il velocista e l’uomo da classiche. E’ ancora giovane, ha 22 anni ed è ancora tutto da scoprire. Ha già ottenuto tanti risultati. E’ campione del mondo e anche Olimpionico su pista. Su strada si è allenato poco eppure vince già. Dovrebbe lavorare di più e con maggiore continuità, rispetto a quella che ha avuto per vari problemi fisici.

Jonathan Milan non si allena ancora a pieno regime, eppure vince su pista e anche su strada
Jonathan Milan non si allena ancora a pieno regime, eppure vince su pista e anche su strada
Secondo te Colbrelli avrebbe fatto un altro anno alla grande?

Di sicuro ne aveva altri 2-3 al top. L’inverno scorso non è stato perfetto, fra i mille impegni. Però uno che ti vince così e che ha fatto una stagione del genere vuol dire che si era sbloccato e correva con un obiettivo chiaro, anche da parte della squadra. Non doveva più guadagnarsi il ruolo di capitano, avrebbe avuto un approccio completamente differente.

E Caruso?

Secondo me ha ancora i mezzi per andar forte. In ogni corsa cui ha partecipato è stato competitivo. Dall’Andalusia dove ha lavorato per Poels che ha vinto, alla Tirreno in cui ha fatto settimo in classifica, con il quinto posto nel tappone del Carpegna. Alla Sanremo ha lavorato e al Giro di Sicilia ha vinto due tappe e la classifica. Il Romandia era un obiettivo, ma ha avuto problemi con la catena nell’arrivo in salita, ha perso tempo e alla fine è arrivato sesto a 50″ dal podio. Al Delfinato ha fatto quarto e dal Tour se ne è andato con il Covid. Secondo me ha fatto una signora stagione.

Il 2022 di Caruso è partito bene, ma il Tour non è stato il suo miglior passaggio anche per problemi di salute
Il 2022 di Caruso è partito bene, ma il Tour non è stato il suo miglior passaggio anche per problemi di salute
Quando il preparatore cambia squadra, lascia le consegne a chi rimane?

Al Bahrain, come pure alla Bora, si utilizza la piattaforma Today’s Plan. I file di allenamento sono dei corridori e restano a loro. Per il resto, ci sono due account sullo stesso server. Di conseguenza, nel momento in cui vai via, i file rimangono dove sono, semplicemente io non ho più accesso alla piattaforma. I file di allenamento li ho sempre visti come un veicolo per fare meno errori e programmare la preparazione. Il test vero e proprio andrebbe fatto in laboratorio in ambiente controllato e con lo stesso ergometro. I test che usiamo di solito servono per calibrare i ritmi di allenamento, capire dove l’atleta è più carente, dove lavorare. Mi resta il bagaglio di esperienza. E tutto il lavoro che devo cominciare a fare con i miei nuovi atleti.

Colbrelli, pronto un futuro da campione: Cassani sicuro

29.10.2022
6 min
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Era il primo giorno di primavera, il 21 marzo 2022, quando Colbrelli ha visto spalancarsi davanti il rettilineo in lieve salita con l’arrivo di Sant Feliu de Guixols giusto sulla cima. Giro di Catalogna, prima tappa. Matthews sul lato destro, lui sul sinistro verso il secondo posto. Di quel giorno non ricorda molto, se non il fatto che dopo la volata si spense la luce e quando qualcuno per miracolo riuscì a riaccenderla, la sua carriera di corridore era finita.

Prima tappa del Catalunya 2022 a Sant Feliu de Guixols: Colbrelli secondo dietro Matthews, poi il malore
Prima tappa del Catalunya 2022 a Sant Feliu de Guixols: Colbrelli secondo dietro Matthews, poi il malore

Il ritiro dalle corse

Giusto oggi Colbrelli ha annunciato il ritiro dalle corse. La storia dice che l’infermiere che lo rianimò fece davvero un mezzo miracolo, riportandolo in vita. Il defibrillatore che gli fu impiantato successivamente per evitare drammatiche ricadute gli impedisce di ottenere l’idoneità. E così, essendosi preso il tempo necessario, Sonny ha comunicato che non ci saranno per lui altre corse. Resta in archivio, al culmine di una carriera da 11 anni di professionismo, il 2021 dei sogni. Con vittorie qua e là, poi il campionato italiano di Imola, il Benelux Tour, l’europeo di Trento e l’infernale Roubaix di ottobre. Pochi giorni prima, il mondiale di Leuven lo vide al 10° posto, piegato da quel genio di Alpahilippe.

Campionati europei di Trento: Colbrelli resiste a Evenepoel e lo batte in volata. Cassani lo festeggia
Campionati europei di Trento: Colbrelli resiste a Evenepoel e lo batte in volata. Cassani lo festeggia

Sonny e Davide

Curiosamente, per quell’ironia a volte inspiegabile, la sua carriera in azzurro è coincisa con quella di Davide Cassani, che per primo lo convocò da professionista a Ponferrada e poi lo fece per altre quattro volte. A Doha, Bergen, Harrogate e Leuven. E proprio a Davide abbiamo chiesto di ripercorrere i suoi anni con Colbrelli.

«Un po’ me l’aspettavo che avrebbe fatto questo annuncio – dice il romagnolo – perché la cosa è stata molto seria. Sonny è stato il mio primo e ultimo capitano. Fu il mio uomo di punta a Ponferrada, nonostante fosse molto giovane, e poi è stato il mio capitano anche nelle Fiandre. Quindi alla fine la mia esperienza in nazionale è coincisa con la sua.

«A Ponferrada gli sono mancati 30 metri e sarebbe potuto arrivare non tredicesimo, ma nei primi cinque. Mentre nelle Fiandre abbiamo trovato un Alaphilippe superlativo. Ma a parte i risultati, è uno dei ragazzi più buoni e generosi che io abbia mai incontrato tra i miei azzurri e, soprattutto nell’ultimo periodo, cresciuto di testa».

Mondiali 2014 a Ponferrada: in allenamento il giovane Colbrelli con Daniele Bennati, oggi ct azzurro
Mondiali 2014 a Ponferrada: in allenamento il giovane Colbrelli con Daniele Bennati, oggi ct azzurro
Tu hai toccato con mano il suo cambiamento.

Forse all’inizio aveva un po’ paura di non essere all’altezza della situazione, probabilmente sentiva la pressione. Nel 2021 era un Sonny diverso, che non aveva paura di niente. Negli ultimi due anni è arrivato a un equilibrio e una consapevolezza delle proprie forze molto diversi rispetto ai primi tempi.

La prima vittoria veramente importante l’ha fatta con te agli europei di Trento…

In realtà aveva già vinto il campionato italiano e poi all’europeo è stato esemplare, perché alla fine è riuscito a battere Evenepoel. L’unico modo che avevamo per riuscirci era correre in quella maniera. E lui poi mi disse che quelli sono stati forse tra i 5 chilometri più duri della sua vita. Tenere Evenepoel non è stato facile, è stato un fenomeno. In quel caso ha dimostrato di essere veramente un campione, perché quel giorno abbiamo corso per lui e lui ha vinto.

Il 3 ottobre 2021, una settimana dopo i mondiali chiusi al 10° posto, Colbrelli vince la Roubaix
Il 3 ottobre 2021, una settimana dopo i mondiali chiusi al 10° posto, Colbrelli vince la Roubaix
E’ sempre brutto quando una carriera si interrompe così, ma secondo te poteva diventare per le classiche uno dei grandi italiani?

Ne sono certo, perché era riuscito veramente a trovare un equilibrio straordinario. Vuoi la famiglia, vuoi l’aiuto che ha avuto dagli altri, è riuscito a sciogliere quei piccoli nodi che non gli avevano permesso di ottenere grandi successi. E la cosa bella è che comunque c’è riuscito con gli anni, senza mai demordere, senza mai mollare. E’ sempre stato un lottatore, un tenace. Sembrava che il suo punto debole fosse nel carattere che ogni tanto gli impediva di ottenere grandi successi. Quindi la sua abilità è stata che comunque è riuscito con pazienza, buona volontà e con puntiglio, probabilmente lavorando sulle sue debolezze, a diventare quello che è diventato.

E cosa era diventato?

Ha vinto l’italiano, ha vinto l’europeo, ha vinto la Roubaix e vi ricordate come ha vinto Il Benelux Tour? Nel 2021 ha fatto veramente un anno stratosferico. E’ stato il classico esempio di un corridore che, conoscendo i suoi punti deboli, è riuscito a superarli con calma e con attenzione.

Ha chiuso il 2021 da campione italiano ed europeo, ma non ha potuto difendere nessuno dei suoi titoli
Ha chiuso il 2021 da campione italiano ed europeo, ma non ha potuto difendere nessuno dei suoi titoli
Tu dov’eri il giorno del malore?

Ero a casa e mi chiamò Alessandra Giardini, chiedendomi se avessi sentito qualcosa. L’ho saputo così, poi ho fatto passare un po’ di tempo e l’ho chiamato. Con Sonny e con Trentin, i corridori che più mi sono stati vicini, avevo proprio un rapporto speciale. Stasera sono a Salò alla presentazione del libro e ci sarà anche lui.

Lo vedi occupare ancora un ruolo nel ciclismo?

Secondo me, anche lui deve ancora capire. Nella vita, questo penso di poterlo dire, quando ti rendi conto che sta arrivando la fine di un ciclo, cominci a pensarci. Un anno prima, un anno e mezzo prima, due anni. Quindi io penso che lui debba ancora metabolizzare questo cambiamento, che è stato proprio radicale. Per l’esperienza che ha e per il carattere, può diventare un direttore sportivo, ma forse anche un uomo importante all’interno di una squadra o di un’azienda. Perché ha la passione, ha l’attenzione e tutto quello che gli può servire. Deve capire e soprattutto studiare quello che potrà fare e poi farlo bene.

La carriera passa, la famiglia resta: esserci ancora è la vittoria 2022 più grande di Colbrelli
La carriera passa, la famiglia resta: esserci ancora è la vittoria 2022 più grande di Colbrelli
Forse i sette mesi trascorsi non sono ancora abbastanza…

Penso che abbia passato momenti non facili. Ti ritrovi che hai risolto tutti i problemi, hai capito come fare per vincere le grandi corse e da un giorno all’altro tutto si ferma. E quando finisce, devi comunque trovare un equilibrio. Secondo me può averlo ritrovato, perché è sempre stato una persona positiva. Penso che anche in questo caso, Sonny sarà andato a vedere il bicchiere mezzo pieno, perché la cosa importante è che lui sia ancora qua.

Si volta la pagina, insomma…

Io sono sempre più convinto, lo vedo anche su me stesso, che quello che semini raccogli. E Sonny ha sempre seminato molto bene, perché è veramente una bella persona, un generoso, un uomo vero. Ha tutto quel che serve. Perciò, quando avrà somatizzato tutto e avrà davanti le varie soluzioni, avrà anche l’opportunità di scegliere quello che andrà a fare.

EDITORIALE / Da Pantani a Colbrelli, le salite e le discese

03.10.2022
6 min
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All’imbrunire di sabato scorso, Vallo della Lucania, paesone di 9 mila anime nel cuore del Parco del Cilento, ha voluto ricordare la figura di Marco Pantani nel quadro della rassegna Volumi, Spazio ai libri. Una chiamata inattesa, soprattutto perché il libro in questione – Era mio figlio, firmato dal sottoscritto assieme a Tonina Pantani – ha già qualche anno sulle spalle.

Dopo aver scoperto che della zona cilentana ha remote origini anche Elisa Balsamo, fra gli aspetti più curiosi dell’incontro, durato circa un’ora, la presenza in prima fila di Ferdinando: un ragazzino di 11 anni che ha seguito tutta la rassegna, divorando libri e intervenendo a ogni presentazione.

La storia di Marco

Fra gli aspetti legati alla figura di Marco, quelli che più hanno interessato vertevano sul suo carattere, le origini della sua grinta, che cosa rappresentasse per lui la bicicletta, in che modo i tifosi gli siano restati accanto dopo Madonna di Campiglio, perché il sistema di politica e stampa l’abbia attaccato in modo così compatto e perché da un certo punto in poi si sia chiuso in se stesso.

E’ stato come ripercorrere 12 anni di storia, raccontando episodi e aneddoti che magari un tempo erano più vivi nella memoria. Mentre oggi, a 18 anni dalla sua morte, galleggiano in un passato di sentito dire e tinte sfocate. Il ragazzino in prima fila non ha perso una battuta, al pari di alcune donne colpite dal racconto e dall’emozione difficile da ricacciare giù, che in certi passaggi – oggi come allora – riaffiora al solo parlarne.

Le scazzottate nel giardino della scuola per difendere i più deboli. Quella volta che a 14 anni tornò tardi da un giro in bici, raccontando di essere arrivato in un punto lontanissimo. La bici come mezzo per emanciparsi. Quel fuoco dentro che appartiene solo ai più grandi. Gli striscioni del Giro che ancora oggi parlano per lui. E poi la violenza degli attacchi di stampa e le 8 procure alle calcagna. Un uomo da solo contro un sistema che aveva deciso di non perdonargli nulla. L’inchiesta sulla morte condotta con superficialità. Le battaglie di sua madre Tonina. In quei minuti è stato come se la ferita chiusa da anni avesse ripreso a sanguinare negli occhi lucidi di alcuni che annuivano e ricordavano. Mentre Ferdinando fissava e stava zitto. 

I tifosi non hanno mai rinnegato Pantani, per contro gli hater non sono mai mancati
I tifosi non hanno mai rinnegato Pantani, per contro gli hater non sono mai mancati

Pantani e i social

Poi a un certo punto la domanda di Antonio Pesca, organizzatore della rassegna e nella circostanza moderatore dell’incontro, ha fatto sorgere una riflessione. Ha chiesto qualcosa sulla differenza fra il Pantani esuberante sulla bici e l’uomo chiuso e poco comunicatore nella vita di tutti i giorni. E in quel momento abbiamo realizzato che Marco, le sue imprese e poi le sue disgrazie appartengono all’epoca prima dei social. Così mentre da un lato è stato immediato sottolineare che Pantani fosse in realtà un comunicatore efficace e per nulla banale, capace di dare il titolo ogni volta che esprimeva un concetto, dall’altra è venuto da farsi qualche domanda. Che cosa sarebbe successo se Madonna di Campiglio fosse avvenuta oggi? Marco avrebbe avuto chiaramente un mare di follower e questi come avrebbero reagito? E i detrattori, invece?

L’esempio di Colbrelli

Qualche giorno fa, abbiamo pubblicato un’intervista di Filippo Lorenzon a Sonny Colbrelli, per farci spiegare come si faccia a battere Evenepoel quando parte nelle sue fughe. Il pezzo era ben fatto e ha scatenato il dibattito sui social. Ma la cosa più sorprendente è stata che fra gli oltre 400 commenti su Facebook, se da una parte c’era chi riconosceva che l’unico modo per Sonny di battere Remco agli europei di Trento del 2021 fosse proprio stargli attaccato a ruota per poi batterlo in volata, dall’altra si sono levate bordate di insulti. Parole offensive, che hanno colpito Colbrelli per il suo modo di correre e hanno adombrato legami fra quella corsa e la sua attuale salute. Sonny ha letto. Un po’ ha commentato, poi ha smesso di farlo. Ragazzi, siete seri? 

L’accoglienza di Bruxelles per Evenepoel. Quando Pantani vinse il Tour, a Cesenatico c’era la stessa folla
L’accoglienza di Bruxelles per Evenepoel. Quando Pantani vinse il Tour, a Cesenatico c’era la stessa folla

Ferdinando, 11 anni

Alla fine del dibattito, coinvolto un po’ per scherzo e un po’ per metterlo alla prova, il piccolo Ferdinando ha preso il microfono e dopo una lunga pausa cercando le parole e intanto guardando la copertina che ritrae Marco a 14 anni, ha tirato fuori la morale suggerita dai suoi 11 anni.

«Non conoscevo questa storia – ha detto – e mi ha molto incuriosito. Leggerò questo libro. La morale che se ne può tirare fuori è doppia. La prima, visto quello che la bicicletta rappresentava per Pantani, è che volendo si può fare tutto. La seconda è che si può aver faticato tanto nella vita ed essere saliti molto in alto con il proprio lavoro, ma basta davvero poco per essere buttati giù».

La storia si ripete, basta guardare (in piccolo) il rumore attorno a Ganna dopo il mondiale andato storto, oppure quello che si diceva contro Evenepoel dopo le sconfitte dello scorso anno. La storia di Pantani è più attuale di quello che sembri. Parla di un uomo che ebbe l’ardire di opporsi al sistema dell’antidoping inteso come strumento di potere, all’arroganza di una Federazione che aveva venduto i suoi atleti in nome di altri interessi, al dominio dei grandi sponsor e degli squadroni. Lui l’ha pagata. Forse per questo oggi i corridori stanno nel loro mondo ed evitano di uscirne per sortite inopportune. L’esempio di chi s’è fatto male prima di loro basta e avanza.

Colbrelli: «Vi dico io come si “cucina” Evenepoel»

30.09.2022
5 min
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Nel testa a testa c’è stato un solo uomo in grado di battere Remco Evenepoel. Il suo nome è Sonny Colbrelli. Il campione della Barhain Victorious ebbe la meglio sull’asso belga in occasione dei campionati europei di Trento.

Remco non ne fu felicissimo. Disse che Colbrelli non aveva tirato molto. Ma il bresciano decise di giocarsi le sue carte così e forse fu anche costretto. Però quel suo successo aveva aperto una breccia in Remco. Una breccia che oggi però sembra essersi fatta molto, molto più piccola.

Europeo 2021, Evenepoel affonda ancora il colpo, ma Colbrelli, contro ogni aspettativa, è ancora lì. Sarà volata
Europeo 2021, Evenepoel affonda ancora il colpo, ma Colbrelli, contro ogni aspettativa, è ancora lì. Sarà volata
E allora Sonny, come si “cucina” Evenepoel? Sei stato l’ultimo a batterlo…

Sono stato l’ultimo e me lo ricordo bene. Bisogna avere la condizione super, super, super… se non quella della vita, quella della stagione.

Come hai fatto ad avere la meglio su di lui?

Ho giocato più di astuzia che di gambe. Poi certo, le gambe le avevo e servivano. Se vediamo i suoi ultimi successi, lui ti macina con il suo passo e così ha fatto domenica scorsa al mondiale, cavandosi di ruota il povero Lutsenko.

Tu però ci sei riuscito…

Io sono stato bravo a sfruttare il momento nel suo insieme. A tenere il suo passo. E sono stato bravo perché non gli ho dato i cambi, anche perché a me che sono un velocista che cambi chiedi in salita? Io quel giorno ho sofferto tanto, tanto… Ho avuto il vantaggio che quella salita l’avevamo fatta tante volte e la conoscevo e questo significa tantissimo. Quando sei al gancio, ma sai che passato quel punto poi finisce, in quei 200-300 metri tiri fuori anche quello che non hai. Se invece non la conosci tendi a mollare prima. Io quel giorno alla sua ruota feci dei watt esorbitanti, roba da capogiro. Ma appunto avevo una super condizione.

Ma davvero va così forte? Eppure dalla tv non sembra che sia così mostruoso…

Come tante altre cose, la tv non rende. Tante volte ci vedete “appallati”, ma magari stiamo andando a 60 all’ora. Sì, sì, ve lo posso assicurare: Remco è mostruoso. Lui riesce a fare questo fuori giri costante, che poi fuori giri non è perché lo tiene a lungo. Alla Liegi è scattato. Ed è scattato in modo così violento che nessuno lo ha seguito, se poi ci metti che è forte in salita e che è anche un cronoman riesce a mantenere quel ritmo. Io ne ho visti pochi così.

E a Trento il più veloce, come da pronostico almeno su carta, è Sonny. Evenepoel non può che piegare la testa
E a Trento il più veloce, come da pronostico almeno su carta, è Sonny. Evenepoel non può che piegare la testa
Anche noi!

Non è un Contador, un Nibali che fanno la fiammata. Remco semmai te ne dà una di fiammata, ma poi la mantiene. Non cala ed è lì che ti distrugge, anche mentalmente.

Quindi bisogna giocare d’astuzia come hai fatto tu?

Non bisogna mai perderlo di vista, neanche se si è lontani dal traguardo. E quando scatta non gli devi lasciare neanche due metri. Mai. E non è semplice perché ha anche un bello scatto come, ripeto, si è visto alla Liegi. Al mondiale quando ho visto che era là davanti con quel gruppetto, ho pensato subito: «Qua si corre per il secondo posto». A meno che Lutsenko lo avesse tenuto, perché ci sta anche che ti porta all’arrivo. Ma anche sotto questo punto di vista Evenepoel è cambiato tanto.

Perché? Cosa intendi?

Adesso si gioca bene le sue carte. Si gestisce meglio. E’ meno emotivo. Ha più sangue freddo.

Uno dei segreti quindi è non dargli i cambi?

Semmai giusto in qualche momento strategico. Ma poi se uno è davvero più forte, c’è poco da fare ed è anche difficile dargli i cambi. Quel giorno a Trento mi ha distrutto e non so neanche io come ho fatto a tenerlo. Lo dico sempre: la corsa più dura non è stata la Roubaix, ma l’europeo. A quel punto ognuno gioca le sue carte. E uno dei trucchi è cercare di farlo tirare di più.

C’è qualche punto in cui Remco è vulnerabile? Per esempio in discesa?

Anni fa sì, potevi attaccarlo in discesa, ma anche sotto questo aspetto è migliorato. Dopo la famosa caduta del Lombardia ci ha sicuramente lavorato su. Proprio a Trento lo scorso anno decidemmo di attaccarlo in discesa. Matteo Trentin la fece alla morte ma in fondo era davanti e ci stava anche bene.

Dopo essere andati via in due, Lutsenko ha più volte dato i cambi a Evenepoel, salvo poi staccarsi sull’ultimo strappo
Dopo essere andati via in due, Lutsenko ha più volte dato i cambi a Evenepoel, salvo poi staccarsi sull’ultimo strappo
Nessun punto debole quindi?

Prendendo come spunto il mondiale, credo che se ci fossero stati un Rota o un Bettiol al posto di Lutsenko non si sarebbero staccati. Almeno del Lutsenko di quest’anno. Lui lo conosco molto bene, è un amico, e so che va più forte. Non si sarebbe staccato su uno strappo simile. Dico che non si sarebbero staccati perché si trattava di uno sforzo di due minuti e in quel caso tiri fuori tutto. Poi, ragazzi, io non conosco i wattaggi, non ho sentito Lutsenko… ma credo che l’Alexey dei tempi migliori non si sarebbe staccato e avrebbe vinto il mondiale in volata.

Allora c’è un punto debole: lo sprint…

Beh, almeno lì! Va forte in salita, va forte a crono… Di certo Remco stesso sa che per essere sicuro di vincere deve arrivare da solo, perché allo sprint non è super. Poi si sa, dopo 260 chilometri cambiano tante cose. Ricordiamoci il mondiale di Trentin: già ce lo sentivamo in tasca e invece …

E “girando la frittata”, guardandola dal punto di vista di Evenepoel: magari rivivendo una situazione simile a quella con te, avrebbe dato una menata?

Può darsi. Magari ha imparato dallo sbaglio dello scorso anno, perché diciamolo onestamente, io ho vinto, ma anche lui ha sbagliato. Se Remco si fosse fermato e si fosse messo a scattare dopo 3-4 affondi sarei rimasto lì. Perché io sì, tengo bene il fuorigiri, ma un fuorigiri regolare. Se al mondiale Remco si fosse ritrovato come lo scorso anno con me credo che questa volta avrebbe giocato d’astuzia.