Fabio non è più lì, ma ogni volta sembra di sentire la sua voce. Il Col de Portet d’Aspet ormai è legato indissolubilmente al suo nome e alla sua storia, anche quando è l’ultimo scoglio per impedire a Konrad di vincere la tappa. Gaudu e Colbrelli scollinano appena 25 secondi alle sue spalle, ma non basta. La discesa che carezza la stele bianca messa lì per Casartelli in questo angolo dei Pirenei è resa scivolosa e minacciosa dal bagnato e proprio in quelle curve, il campione austriaco costruisce la sua vittoria. Le tira come il discesista sugli sci. Linee rotonde, i freni appena sfiorati. E quando approda nella pianura, il suo vantaggio è raddoppiato: 43 secondi. Konrad fila come una moto e porta a termine la sua fatica di 35 chilometri come Politt nel giorno del ritiro di Sagan e come Mollema un paio di tappe fa.
Guardando si impara
Due vittorie da professionista, finora. Uno di quegli uomini che leggi negli ordini di arrivo, ma raramente davanti a tutti. Ma lui c’è spesso. Due terzi posti negli arrivi più impegnativi del Delfinato, un podio al Giro di Svizzera e due volte nei dieci al Giro d’Italia.
«Questa è la mia prima vittoria nel WorldTour – dice ed è commosso – ed è venuta nella più grande gara del mondo. Sono davvero senza parole. Questa vittoria è per la mia famiglia, i miei amici, tutti quelli che credono in me e anche per Bora-Hansgrohe, che non ha mai smesso di farlo. Vincere una tappa con la maglia di campione nazionale mi rende davvero orgoglioso. Ero già entrato tre volte in fuga, sempre con l’idea di aspettare il finale. Quando ha vinto Mohoric, se ne è andato molto presto. Quando ha vinto Mollema, se ne è andato molto presto e io sono arrivato secondo dietro di lui. Quindi mi sono detto: “Se mi ricapita, faccio come loro”. Ci ho provato e sono contento che abbia funzionato».
Rammarico Colbrelli
Ha funzionato davvero bene. E mentre lui davanti scandiva il suo ritmo forsennato, dietro gli inseguitori erano prigionieri dello stesso attendismo da cui Konrad per primo questa volta si è scosso. Il rammarico per la maglia tricolore di Colbrelli comincia a farsi lancinante. Il terzo posto di Tignes era frutto di una tattica estemporanea, ma questa volta nella porzione meno cattiva dei Pirenei il piano era venuto perfetto. E forse proprio il vederlo così forte in salita potrebbe aver dissuaso Gaudu dal collaborare a fondo con lui una volta finito il Col de Portet d’Aspet.
«Mancava ancora tanto all’arrivo – dice Colbrelli – sapevo che lui era avvantaggiato su quel percorso, ma era tanto lontano. Mi ha davvero stupito che sia riuscito a conservare questo vantaggio e ad arrivare. Noi dietro tiravamo a tutta e lui non perdeva. E’ stato il più forte. A me un po’ gira, oggi era una bella chance. E’ così però, vince solo uno purtroppo. Guardiamo avanti».
Imboscata Jumbo
Alle spalle dei fuggitivi, del vincitore e degli scornati, il finale sulla testa del gruppo della maglia gialla è stato da mal di testa, senza un senso apparente. Sulla Cote d’Aspret Sarrat, rispondendo a un allungo della Cofidis, Wout van Aert ha piazzato uno scatto in stile Fiandre che ha fatto esplodere il gruppo. Perché? Avevano visto qualcuno in difficoltà?
«Non era un piano premeditato – spiega Van Aert – hanno urlato attraverso la radio che un certo numero di favoriti era molto indietro nel gruppo. Quello era il momento per noi di provare a mettere un po’ di pressione. Soprattutto perché negli ultimi chilometri c’era vento al traverso. Valeva sicuramente la pena provare, ma alla fine non ha funzionato. Pogacar non è lontanissimo, quindi ogni secondo guadagnato è buono. Se ci sarà l’occasione continueremo a provarci».
Pogacar sul chi vive
Lo sloveno della maglia gialla, ha accolto con un sorriso l’imboscata, cui alla fine hanno ben risposto tutti i primi della classifica.
«Non ho capito che cosa sia successo – ha detto sorridendo – ho visto che acceleravano e ho seguito le ruote. La lezione del giorno è che bisogna essere sempre concentrati, anche se si va in pianura e sembra che niente possa accadere. E domani ci sarà la tappa più dura del Tour, la tappa regina dei Pirenei. Ho fatto le ricognizioni delle prossime due giornate, conosco le salite. Non sono preoccupato, ma so per certo che saranno due giorni durissimi».