Sul Muro d’Huy, la vendetta di Teuns su Valverde

20.04.2022
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«Sono contento – dice Valverde – sono stato bene tutto il giorno e molto vicino alla vittoria. Sono mancate un po’ di gambe. Abbiamo fatto un bel lavoro di squadra, ma nel finale Teuns è stato superiore. Si è meritato questa Freccia, la mia ultima Freccia Vallone. Ho avuto buone sensazioni, credo che per domenica sarò pronto».

Il Re del Muro

Lo spagnolo ha fatto tutto alla perfezione, ma quando si è trattato di cambiare ritmo per l’ultima volta, ha scoperto che Dylan Teuns aveva più forza di lui e si è seduto. La Freccia Vallone si è conclusa sul Muro d’Huy strapieno di gente e profumi. Il Belgio si è riappropriato delle sue corse, come i francesi domenica a Roubaix hanno presidiato le stradine del pavé. Seguendo il copione di sempre, dato che tutte le squadre lavorano per arrivare col gruppo ai piedi del Muro, i migliori si sono giocati la corsa sullo storico strappo. E quando s’è capito che la vittoria stava sorridendo a un belga, la folla è esplosa.

«Cinque anni fa – dice Teuns – ero ugualmente con Valverde, ma non riuscii a rispondere alla sua accelerazione e arrivai terzo (era il 2017, anno dell’ultima Freccia del Bala, ndr). Per questo oggi è speciale avere come secondo alle mie spalle il Re del Muro, sono super orgoglioso. Per lui ho grandissimo rispetto. Non credo che a 42 anni sarò ancora in gruppo, ma vedrò queste corse dal divano di casa. Ma soprattutto non so se a 42 sarei in grado di andare così forte».

La vittoria nata, a detta di Teuns, nel buon recupero dopo il Covid
La vittoria nata, a detta di Teuns, nel buon recupero dopo il Covid

Ricordando Ciccone

Teuns è quello che fece andare di traverso il Tour del 2019 a Ciccone. Per fortuna alla Planche des Belles Filles per l’abruzzese arrivò la maglia gialla, altrimenti l’impatto della sconfitta di giornata sarebbe stato ben più pesante…

«Ma c’è una grande differenza – spiega il corridore del Team Bahrain Victorious – fra quella tappa e la corsa di oggi. Allora vinsi in una fuga di corridori forti, oggi ho vinto lasciandomi dietro tutti i migliori. Dire perché io vada bene sulle pendenze estreme rischia di essere banale. Potrei spiegarlo col fatto che sono molto leggero, la verità è che faccio anche io fatica come gli altri. Mentre più degli altri soffro lo stress. Prima dell’inizio del Muro mi sono tormentato per arrivarci nella giusta posizione. Poi però ho cercato di non pensare più a niente. Quando è partito Valverde, ho pensato che fosse il punto giusto anche per me. L’ho visto che risaliva, ma per fortuna avevo ancora un po’ di margine per accelerare ancora».

Soggetto a stress

Michele Bartoli, che lo allena, parla di un rapporto eccezionale con il belga. E segnatamente aggiunge che Teuns ha sempre avuto capacità di grandi prestazioni, ma gli era mancato finora il risultato che desse sicurezza.

«Non credo di aver mai dubitato di me e dei miei mezzi – dice – ma diciamo che ho passato la vita a combattere le pressioni che altra gente mi metteva addosso. Sono uscito bene dal Catalunya e sono arrivato alle prime classiche con buone sensazioni. Ho sofferto più ad Harelbeke che sul pavé della Roubaix, anche se quella convocazione mi ha spiazzato. Ci voleva un po’ di fortuna. Stavo bene anche all’inizio dell’anno alla Valenciana, ma ho preso il Covid. Credo che questa vittoria sia nata lì. Non sono andato nel panico. Per un po’ ho stressato il dottore della squadra, poi dopo 10 giorni senza bici e con il tampone finalmente negativo, ho cominciato ad allenarmi bene, cambiando programma e restando calmo. No Parigi-Nizza, sì Catalunya. E con l’aiuto di Bartoli le cose hanno iniziato a girare bene soprattutto in queste ultime settimane. Il suo modo di lavorare mi trasmette fiducia. Abbiamo preparato queste corse e adesso tutto funziona».

Un russo che corre

Il baccano nella strada si è attenuato. Resta il picchiettare dei giornalisti sulle tastiere nella sala stampa, mentre con un sorriso vagamente amaro salutiamo Vlasov, venuto a raccontare il suo terzo posto. Quando gli abbiamo chiesto se si senta fortunato a poter correre, nonostante sia russo, ha risposto allargando le braccia. «Io sono un corridore – ha detto – questo è il mio lavoro, per cui certo che mi sento fortunato».

Vorrebbero sentirsi così anche i corridori della Gazprom, ma ancora una volta nessuno si è degnato di dare loro una risposta.