Delfinato a denti stretti, la via di Caruso verso il Tour

13.06.2022
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Quarto in un Delfinato corso alla velocità della luce, subito dietro Roglic, Vingegaard e O’Connor, gente da Tour in rotta sul Tour: quanto vale il risultato di Damiano Caruso? In attesa di scoprire i verdetti del Giro di Svizzera e di quantificare la forza di Pogacar in Slovenia, in che modo procede il cammino del siciliano verso la Francia?

Lo abbiamo chiesto nuovamente a Paolo Artuso, capo dei preparatori al Team Bahrain Victorious, che a breve raggiungerà Caruso sull’Etna per un altro step di preparazione.

«E’ andato bene – spiega – con i numeri che ci aspettavamo. Al Romandia c’era stata una flessione nell’arrivo in salita, quindi non era riuscito a fare la classifica che volevamo. Per cui ci siamo fermati, Damiano ha staccato la spina per un periodo di recupero, poi è andato direttamente al Teide per i consueti 15 giorni di lavoro in altura. Solo che quest’anno abbiamo cambiato metodo…».

Vale a dire?

Abbiamo intrapreso la via del Block Training, l’allenamento diviso in blocchi. Per cui sul Teide si è fatta tanta base, mentre per l’intensità si è scelto il Delfinato, dove Caruso è andato meglio del previsto.

Da quest’anno la preparazione di Caruso è stata rivista, nel senso di una periodizzazone a blocchi
Da quest’anno la preparazione di Caruso è stata rivista, nel senso di una periodizzazone a blocchi

Block training, come funziona

Per capire meglio, l’allenamento a blocchi è suddiviso in una serie di fasi orientate al miglioramento di uno specifico elemento della prestazione. La differenza principale è quindi la composizione di ogni blocco in base a quello che si vuole raggiungere. Le fasi tipiche sono l’accumulo, la trasformazione e la realizzazione.

L’accumulo è un periodo di volume elevato a bassa intensità, in cui l’atleta costruisce la base per il resto del suo allenamento. Nella trasformazione aumenta l’intensità mentre diminuisce il volume e l’atleta si concentra sulle caratteristiche che desidera sviluppare. La realizzazione è la fase di picco, quando l’atleta raggiunge le massime prestazioni. Il volume è basso per consentire al corpo di riprendersi, ma l’intensità è alta per portare l’organismo al massimo livello di forma fisica possibile.

Roglic e Van Aert (e Vingegaard) hanno monopolizzato il Delfinato: Caruso era lì
Roglic e Van Aert (e Vingegaard) hanno monopolizzato il Delfinato: Caruso era lì
Cosa ha fatto dunque Caruso sul Teide?

Prima il solito adattamento, anche se con lui serve meno rispetto alla prima altura dell’anno. Per questo ha iniziato subito a lavorare, senza particolari sessioni specifiche. La prima settimana sono venute fuori 25 ore, nella seconda sono state 28. Niente di esagerato. Di diverso rispetto agli anni scorsi, c’è che anche in allenamento ora diamo il pieno supporto sul piano della nutrizione, come in gara.

Anche Caruso è seguito dal dottor Moschetti?

Esatto, Nicola Moschetti. Anche in allenamento i corridori vengono assistiti sul piano della nutrizione, del recupero, del sonno e della prestazione. Per cui non si tratta solo di mettere insieme una settimana ben fatta, ma si ragiona in termini di consistenza di tutto l’anno. Non andiamo a cercare il peso ideale, perché sarà conseguenza diretta di queste abitudini.

Se il Teide è stato la fase dell’accumulo, il Delfinato è servito per trasformare?

Ha corso sempre al massimo, anche perché parlare di lavori specifici a quelle andature è abbastanza impossibile. Quando conosci le lunghezze delle salite, è anche facile determinare il ritmo giusto per salire, il cosiddetto “pacing”. Per cui nella tappa di ieri, volendo salvare la classifica, a un certo punto Damiano si è lasciato sfilare (è arrivato 6° a 55″ da Vingegaard e Roglic, ndr). Avrebbe potuto tenere duro e per il grande motore che ha, avrebbe fatto un fuorigiri, ma avrebbe compromesso la classifica. Invece così facendo, ha salvato il quarto posto finale. Stesso discorso per la crono.

Ottavo nella crono di La Batie d’Urfé: il Tour si aprirà con una crono, bisognerà gestirla bene
Ottavo nella crono di La Batie d’Urfé: il Tour si aprirà con una crono, bisognerà gestirla bene
Ottavo a 1’25” da Ganna e meno di un minuto da Roglic.

Avevamo stabilito di farla a 390 watt, l’ha fatta a 392. Ci lavoriamo sopra bene da maggio. Era una crono lunga, intorno ai 35-36 minuti, ed era tutta piatta. Uno come lui, che ha nella potenza alla soglia la sua arma migliore, si è trovato avvantaggiato.

Come si passa alla terza fase?

Adesso tre giorni di recupero, fra viaggio e riposo vero e proprio. Poi da sabato, Damiano andrà sull’Etna e lo raggiungerò anche io per fare lavori dietro moto ad alta intensità e arrivare pronti al Tour. Nella prima settimana, oltre alla difficoltà di gara, ci sarà da farsi il segno della croce...

Siamo vicini alla condizione del Giro 2021?

Credo che al Tour avremo lo stesso Caruso, per potenza e peso, un atleta che quest’anno è stato competitivo in tutte le corse cui è andato.

Damiano Caruso è nato il 12 ottobre 1987, è pro’ dal 2009, è alto 1,79 per 67 chili
Damiano Caruso è nato il 12 ottobre 1987, è pro’ dal 2009, è alto 1,79 per 67 chili
E’ facile ritrovare la forma perfetta? Guardavamo Kruijswijk e non è più sembrato quello del Giro 2016…

Nel suo caso secondo me si dovrebbe parlare di un diverso ruolo in squadra e di qualche infortunio. Lui probabilmente ha gli stessi numeri, ma in una squadra così forte fanno turnover e deve lavorare forte per i suoi leader. Ieri infatti ha fatto un lavoro pazzesco.

Che differenze ci sono fra allenarsi sul Teide e sull’Etna?

L’Etna è leggermente più basso. A livello di strade a Tenerife sono mediamente più dure, mentre in Sicilia ci si può allenare anche in pianura. Il meteo in questa stagione è buono in entrambi i casi, anzi forse l’Etna è più caldo. La logistica degli hotel è buona, forse in Sicilia si mangia troppo bene (sorride, ndr). Per contro, sabato Caruso prenderà la macchina e in un paio d’ore sarà al Rifugio Sapienza, senza tutti i voli che servono per arrivare sul Teide.

Risalite in cima sempre in bici?

Con lui che è scalatore, sempre. Si fanno lavori fino ai 1.200 metri di quota, perché si riesce a replicare l’intensità di gara. Invece sopra i 1.500 comincia a cambiare tutto e il carico esterno inizia a diminuire di un tot ogni 100 metri di quota. Per cui oltre una certa quota, si va senza lavori precisi.

Caruso ha chiuso il Romandia al sesto posto, poi ha staccato la spina
Caruso ha chiuso il Romandia al sesto posto, poi ha staccato la spina
Dall’Etna passaggio ai campionati italiani e poi Tour?

Purtroppo Caruso non farà l’italiano, per una questione logistica. Abbiamo valutato la situazione e il fatto che avremmo due soli corridori su un percorso che non gli si addice. Ci sarebbero Damiano e Zambanini, Milan è ormai prossimo al rientro ma il dottore suggerisce prudenza. E di Colbrelli sappiamo la situazione.

Soddisfatto del Delfinato, allora?

Molto, arriviamo giusti al Tour. Avremo davanti quei 2-3 corridori di un altro pianeta, poi però ci siamo anche noi. Damiano avrebbe potuto fare un grande Giro d’Italia, ho provato fino all’ultimo a convincerlo. Ma vedrete che anche al Tour non sarà affatto male…

Alessio riscopre la bici e va in Germania. L’obiettivo è crescere

12.11.2021
6 min
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«Vi sembrerà strano ma negli ultimi due anni ho scoperto la passione per le bici. Da corsa, mountain bike e anche Bmx. Non intese come sport agonistico, ma come attrezzo».

Non ci sarebbe nulla di male, se non fosse che a fare un’affermazione del genere un po’ a sorpresa è Camilla Alessio. Lei è ragazza di vent’anni che corre da quando è G4 e che nel suo palmares giovanile vanta già un mondiale dell’inseguimento a squadre, un secondo posto nella crono individuale e due podi tricolori da junior. E che sarà l’ennesima giovane italiana con la valigia pronta per l’estero. Nel 2022 correrà con la Ceratizit-WNT Pro Cycling, formazione tedesca.

Nel 2020, primo anno da elite, corre il tricolore crono a Bassano. Ha sempre avuto feeling con la bici da crono
Nel 2020, primo anno da elite, corre il tricolore crono a Bassano. Ha sempre avuto feeling con la bici da crono

Azzurra a Trento

Quindi, per la padovana di San Martino di Lupari – nata il 23 luglio 2001 a Cittadella e passata elite l’anno scorso con tante aspettative – che stagioni sono state le ultime due?

Certo, la vicenda del Covid le ha complicato la vita più del dovuto e probabilmente il vero risultato è stato proprio quello che diceva in apertura. Forse quel riscoprire la bicicletta sotto un altro punto di vista ha consentito alla Alessio in questa annata di centrare un bel quinto posto al campionato italiano in linea e di indossare ancora la maglia azzurra agli europei di Trento (conclusi al nono posto lavorando per la sua compagna Zanardi).

Camilla parlaci questi ultimi due anni alla BePink. Come li hai vissuti?

Il mio bilancio è positivo. Prima non facevo caso a certi dettagli. Sono stati importanti la nutrizionista Francesca Tonin e il fisioterapista Wais Baron, che continueranno a seguirmi. Sono cresciuta molto a livello tecnico. E anche dal punto di vista tattico grazie alla BePink, a Walter e Sigrid (rispettivamente Zini e Corneo, team manager e direttore sportivo, ndr) che mi hanno insegnato a “vedere” la gara.

Come hai gestito con loro il tuo passaggio alla Ceratizit-WNT?

Ero tra le confermate per il 2022, poi quando è arrivata questa nuova proposta verso fine stagione ne abbiamo parlato. Io ci vedevo una bella opportunità per crescere ancora e loro hanno accolto in modo favorevole le mie ragioni. Siamo rimasti in buoni rapporti. Credo proprio che siano contenti per la mia scelta e perché mi abbiano cercata dall’estero. In fondo è anche merito loro.

Come sei entrata nei radar della squadra tedesca?

Si sono interessati a me dopo il campionato italiano ed hanno continuato a seguirmi. Ma non lo sapevo, l’ho scoperto solo dopo la fine del Giro d’Italia Donne. Ed è stato meglio così, ho corso senza pressioni e tranquilla. Il contatto definitivo ce l’ho avuto tra fine agosto ed inizio settembre.

In azione al Trofeo Binda: le salite lunghe sono il suo pane e ammette di volerci lavorare
In azione al Trofeo Binda: le salite lunghe sono il suo pane e ammette di volerci lavorare
Con te verrà anche Martina Fidanza. Prosegue l’esodo delle giovani azzurre fuori dall’Italia, cosa ne pensi?

Come per tanti settori, lavorativi e non, l’estero non ha eccellenze ma le promuove. Noi facciamo parte di esse. Dobbiamo anche guardare il lato economico, serve un rientro per chi vuole fare questo di mestiere. Purtroppo in Italia non ci sono tante squadre che se lo possono permettere come quelle straniere, che in più hanno anche un calendario più definito. Poi sono aperta a nuove esperienze, anche di vita. 

Farai parte di una folta colonia italiana. Raggiungerai Magnaldi, Confalonieri e Vieceli. Cosa ti aspetti dalla nuova squadra?

Approdo in una società molto buona, con un budget importante e con corridori molto forti. Spero di trovare un ambiente dove possa regnare la stima reciproca e nel quale possa esprimermi con tranquillità. Senz’altro è un bel salto di qualità.

Ed invece cosa ti aspetti da te?

Ho tanti stimoli e molta voglia di cominciare a lavorare. Dall’anno prossimo cambierò il preparatore. Mi seguirà Paolo Artuso (coach della Bahrain Victorius, ndr) e ringrazio Enrico Licini per averlo fatto in questi anni. L’anno prossimo mi auguro di fare bene e avere risultati. Non tanto per me, quanto per la squadra. Ad esempio sapere che dovrò lavorare per un’atleta come la Brennauer o le altre di grosso calibro mi dà tanta carica e mi responsabilizza. 

Hai già un programma per il 2022? Raduni ed eventuale soggiorno in Germania?

Sì, abbiamo già un po’ di date. Ai primi di dicembre faremo due giorni di foto ufficiali e consegna dei materiali in Austria, poi ci sposteremo in Italia fino al 20, anche se ancora non so dove. A gennaio e febbraio faremo altri due ritiri lunghi a Calpe dove la squadra ha una casetta.

E il resto?

Non andrò a vivere in Germania, farò sempre avanti e indietro per le gare. Perché se è vero che amo le nuove esperienze, mi piace mantenere una piccola comfort zone a casa in cui posso curare gli altri interessi che ho al di fuori della bici. Come l’Università che proseguirò con corsi privati. Studio Lingue, Società e Scienze del Linguaggio. Mi piacerebbe diventare giornalista sportiva o insegnante.

Sei una scalatrice che va forte a crono, quantomeno nelle categorie giovanili. Del programma degli allenamenti ne hai già parlato con loro e col tuo preparatore?

Sì, assolutamente. Mi trovo a mio agio in salite lunghe e cercherò di migliorare ulteriormente. Un’altra cosa bella è che tornerò a lavorare per la cronometro visto negli ultimi due anni le avevo un po’ trascurate. Per la squadra è una specialità importante, che vogliono curare a fondo. Sanno che mi piace e che andavo bene. Anzi a tal proposito vi posso dire che la Gaerne, appena ha saputo della mia firma alla Ceratizit WNT e del programma-crono, ha studiato proprio per me un prototipo di scarpe che al posto del tradizionale “boa” avrà una cerniera per essere ancora più comode e performanti. Mi arriveranno a breve.

Wout sfinito? Viaggio tra i preparatori per studiare il suo stacco

06.10.2021
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«Ho bisogno di tre settimane di stacco». Wout Van Aert ha apertamente reclamato il suo riposo al termine della classica delle pietre. L’asso belga tra il mondiale e la Roubaix è sembrato stanco. O quantomeno non brillantissimo.

Anche un fenomeno quindi ha bisogno di riposo? E cosa succede a non fermarsi mai e a tirare costantemente la carretta? E con il ciclocross che lo aspetta come farà? Quanto è importante riposarsi? Tutte queste domande le abbiamo poste a quattro preparatori, anche di generazioni differenti, del panorama italiano ma dal richiamo internazionale: Paolo Slongo, Michele Bartoli, Pino Toni e Paolo Artuso.

Secondo Slongo, Van Aert ha toccato l’ultimo picco di forma durante la crono iridata
Secondo Slongo, Van Aert ha toccato l’ultimo picco di forma durante la crono iridata

Slongo: il picco contro Ganna

«E’ fondamentale staccare e recuperare – dice il preparatore della Trek Segafredo – Van Aert, per parlare del caso specifico, era uscito dal Tour, ha puntato poi alle Olimpiadi e al mondiale… quindi dopo questo lungo tour de force è giusto che stacchi tre settimane. Ma anche quattro direi. Ci stanno tutte.

«Se stacchi in stagione, può andare bene anche una settimana, ma d’inverno no. Poi lui ha il cross. Riprenderà soffrendo nelle prime corse e visto che il mondiale sarà a fine gennaio, sarà pronto per quel periodo, quindi se si ferma subito è in tabella per farsi trovare pronto. E poi bisogna vedere come stacchi. Stare fermo, fermo è una cosa, se invece si va a camminare, nuotare o in Mtb… è tutt’altra. 

«Van Aert non si ferma mai? Ma alla lunga tutto ciò logora. Logora chiunque, anche un campione come lui. Se tu programmi bene i tuoi impegni puoi fare tutto, ma se non stacchi mai e sei sempre sul pezzo alla fine salti. E soprattutto ti accorci la vita come atleta. Non credo che lui sia andato in overtraining, ma che sia in calando di forma sì. Per me il picco lo ha raggiunto nella crono iridata. Per stare a pochissimi secondi da Ganna ha sviluppato wattaggi enormi. Ha provato a dare il tutto e per tutto, ma da lì in poi il calo è stato evidente».

Durante la Roubaix Van Aert si è fatto trovare spesso dietro: un chiaro segno di scarsa lucidità per un atleta del suo calibro
Durante la Roubaix Van Aert si è fatto trovare spesso dietro: un chiaro segno di scarsa lucidità per un atleta del suo calibro

Toni: staccherà di meno

«Stacco tre settimane: queste parole dette dopo una Roubaix ci stanno – dice Toni – Una gara del genere ti resta addosso per giorni. Pensiamo solo alle mani. Per un po’ neanche riesci ad appoggiarti al manubrio. Io per esempio temevo per le donne, invece la Bastianelli ne è uscita alla grande.

«L’entità dello stacco dipende anche da che atleta si ha di fronte. C’è chi corre e chi rincorre (o deve lavorare per altri) e non tutti fanno la stessa fatica. Quindi si arriva in certi momenti della stagione con un livello di fatica differente. Poi un campione come lui in teoria ha un’altra capacità di recupero ed ha necessità di staccare meno».

«Lo stacco è importantissimo, ma sinceramente tre settimane mi sembrano tante. Con dieci giorni un atleta del genere torna come nuovo. Se pensiamo che dopo un Tour con 5-6 giorni di riposo vanno fortissimo e vincono le Olimpiadi… Bisognerebbe avere il calendario alla mano per sapere le sue gare. Ci sono due tipi di stop: quello nel bel mezzo della stagione e quello alla fine, in cui è importante staccare anche di testa. Anche perché, non dimentichiamolo, lui ogni volta ha corso per vincere e questo conta tanto». 

Al Tour de France il belga ha spinto forte: ha vinto in salita, in volata e a crono
Al Tour de France il belga ha spinto forte: ha vinto in salita, in volata e a crono

Artuso: tanti “sforzoni” al Tour

«Una gara come la Roubaix la senti anche per dieci giorni a livello muscolare – spiega Artuso – magari sul piano metabolico la smaltisci in un giorno o due come un tappone, ma su quello fisico i piccoli danni muscolari che vai a creare non sono pochi, quindi ci sta che fosse molto stanco in quel momento.

«Per dire se 3-4 settimane sia tanto o poco bisognerebbe conoscere i suoi impegni a venire. Di certo lui è a tutta da tanto tempo: la primavera, il Tour, le Olimpiadi, il mondiale… e non ha mai corso al risparmio. Anche al Tour, dopo il ritiro di Roglic soprattutto, la squadra ha corso in modo diverso ed è stato chiamato a dei super “sforzoni”. La fatica si è accumulata nei mesi e la Roubaix è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Non so che carichi di lavoro abbia fatto: sarebbe interessante per capire.

«Ci sono due tipi di stacco: quello nella stagione, che serve per assimilare il lavoro fatto (over reaching). E poi c’è quello più profondo, in cui devi perdere la condizione per ritrovare poi altri picchi. E quest’ultimo è importante per ristabilirsi anche a livello ematico e mentale».

Van Aert (27 anni) da sempre alterna il ciclocross e la strada
Van Aert (27 anni) da sempre alterna il ciclocross e la strada

Bartoli: deve scegliere

E partendo da quest’ultima frase ci si può collegare a Michele Bartoli, per il quale ripristinare le scorte è fondamentale.

«Vero, Van Aert era stanco e secondo me anno dopo anno si troverà sempre più in difficoltà – dice secco l’ex grande corridore toscano – e come lui anche Van der Poel. Sono due campioni, ma sono due umani, non due macchine e le energie fisiche non sono infinite. Se pensate che io dico ai miei atleti, che non fanno il cross, di staccare 3-4 settimane, figuriamoci lui. Dico ai miei ragazzi di non pensare di essere ciclisti in quel periodo. Certo, un po’ di vita la devono fare, ma devono staccare soprattutto a livello mentale. Se ne dovrebbero andare ai tropici!

«Per Van Aert che ha il cross, staccare è più difficile. Io non credo che lui starà tre settimane senza bici, altrimenti comprometterebbe la sua stagione del ciclocross. Potrebbe aver detto quella frase sulla base di uno sconforto momentaneo».

«Avesse 34 anni okay: fai 2-3 anni a tutta, cross e strada, e via… ma è ancora giovane. Cosa succede a non staccare? Che non reintegri mai le riserve della stagione precedente. Chi non riposa bene recupera al 99%. Se ogni anno togli l’1% al tuo motore dopo dieci anni hai perso il 10%. E per ripristinare le scorte e azzerare le fatiche fisiche e mentali c’è solo una cosa: il riposo. Altro che corsa, Mtb, piscina… a cosa serve fare queste cose ai fini della prestazione di tanti mesi più in là per atleti di questo livello? Non si riposano bene e basta. Se Wout dovrà scegliere? Glielo auguro presto. Ho sempre detto che mi piace più di tutti e non vorrei perdesse la sua supremazia».

Colbrelli, un viaggio di 5 anni dalla Bardiani a Roubaix

06.10.2021
6 min
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Cinque anni di Colbrelli. Dal ragazzo di 27 anni arrivato nel WorldTour dopo ben cinque anni alla Bardiani, al campione che nell’ultimo anno è riuscito a conquistare la maglia tricolore, il campionato europeo e da ultima la Parigi-Roubaix. Che cosa ha capito Paolo Artuso, che con Sonny lavora sin dal suo arrivo nell’attuale Team Bahrain Victorious, del bresciano? E quali margini pensa che possa avere? Si riduce tutto al chilo e mezzo messo via negli ultimi mesi?

«In realtà è tutto un insieme – risponde da casa – non è che gli altri anni prima fosse grosso, ma certo ha limato quel chiletto. Abbiamo lavorato di più sui lavori di forza, distribuito diversamente i carichi. Quindi magari carichi molto più grossi, con periodi di recupero più lunghi. Così facendo siamo riusciti ad avere dei picchi elevati. A ciò si aggiunga che è maturato. Il fatto secondo me è che ci siamo abituati a vedere dei fenomeni, tipo Pogacar, Van der Poel e Van Aert stesso, che così giovani hanno raggiunto risultati eccezionali. In realtà loro sono dei fuoriclasse, mentre a tanti altri servono anni di lavoro di maturazione fisica e mentale. E Sonny ci sta arrivando proprio ora».

Un processo lungo, ma evidente?

Provate a guardare la foto di quando ha vinto la Tre Valli Varesine nell’ultimo anno alla Bardiani. E’ maturato tanto a livello muscolare, è molto più asciutto, ma non è più leggero. E’ più atleta, è più maturo.

Testa e corpo in che proporzioni?

Secondo me è un insieme di cose. Sono cinque anni che lavoriamo bene, sia dal punto di vista dell’allenamento, del calendario gare, dell’alimentazione, del recupero stesso. Siamo una squadra WorldTour, abbiamo una struttura che riesce a tirar fuori il meglio. In più si sta lavorando tanto sui materiali… La performance è un insieme di cose, a Sonny lo dico sempre. L’allenamento è la base, se non ti alleni non vai forte. Però per passare da forte a fortissimo, devi aggiungere la nutrizione, l’aerodinamica, il vestiario, la parte mentale… Tutte queste aggiunte sono importanti se alla base hai la voglia di lavorare. In questi cinque anni abbiamo perfezionato tutto l’insieme, che si basa su un fatto da cui non si può prescindere. E cioè che Sonny ha un motore veramente grande. 

Quanto conta la convinzione?

Dopo domenica, adesso c’è la consapevolezza che può vincere qualsiasi classica. Che può lottare per un Fiandre o la Sanremo. E’ maturato. Se prima era solamente un dirsi “secondo me ce la puoi fare, i numeri ci dicono che ce la puoi fare”, adesso abbiamo dimostrato che quello che pensavamo è fattibile.

La Roubaix gli ha dato la convinzione di poter vincere le grandi classiche
La Roubaix gli ha dato la convinzione di poter vincere le grandi classiche
Sonny è di quelli che scende dall’altura e va subito forte…

Non so come lavorino gli altri. Quando in altura ci andiamo noi, abbiamo sempre un un bel periodo di adattamento iniziale. Poi si lavora diversamente rispetto al periodo. A febbraio siamo più prudenti. E’ la prima altura dell’anno, arrivi dallo stacco invernale e dal ritiro di gennaio, meglio essere cauti. Ad aprile-maggio vai a per preparare il Tour e arrivi in montagna dopo uno stacco relativo, una settimana-dieci giorni di riposo. Quindi stai già bene e si può aumentare l’intensità. Poi c’è da valutare la singola esperienza.

Cioè?

Ci sono fisici che vanno subito forte, quelli che ci mettono un po’ di più e quelli che è meglio che in altura non vengano. Con Sonny lavoriamo tanto, ce lo siamo detti anche l’ultima volta. Per essere un corridore di 72-73 chili, fa tanta salita e poi ci mettiamo sempre la palestra. Non la molliamo mai, la facciamo il pomeriggio. La giornata è inquadrata bene. Risveglio muscolare al mattino, poi andiamo a colazione, quindi l’allenamento e il pomeriggio i massaggi oppure la palestra. Si lavora tanto. Quando poi scendi, non vai diretto in corsa. Bisogna recuperare il carico di lavoro in quei 5-6 giorni a casa. E quando arrivi in corsa, sei già prestante.

Al Benelux Tour ha ottenuto i “numeri” migliori, ma con margini minimi rispetto a oggi
Al Benelux Tour ha ottenuto i “numeri” migliori, ma con margini minimi rispetto a oggi
Perché tanta salita?

Quando andiamo al Teide abbiamo due punti fermi. Il primo è che ci alleniamo sempre in basso, quindi riusciamo a simulare e a mantenere velocità veramente elevate. E poi torniamo sempre su in bici. Per cui finiamo sempre la giornata con metri di dislivello fatti forte. 

Hai detto che lavorate in basso, perché?

Di solito li faccio lavorare forte fino a un massimo di 1.000 metri, mai sopra. A meno che non siano lavori veramente brevi. E tutta la salita che fai, per quanto fatta piano, sono stimoli di forza. Vai su sempre con una cadenza anche non elevatissima e quindi la forza che imprimi sui pedali c’è sempre. Senza accorgersene, si fanno sempre lavori di forza. In base alla cadenza, sono stimoli differenti. E lui salendo riesce a ottimizzare i lavori di forza che poi farà in palestra. 

Risale in cima sempre in bici?

In due settimane di Teide, sempre. Ho memoria che una volta sola non l’ho fatto salire, ma perché avevamo allungato sotto. Di solito preferisce tornare in bici, a meno che non abbia una giornata storta.

Il tanto lavoro in salita lo ha aiutato nel tenere testa a Evenepoel agli europei di Trento
Il tanto lavoro in salita lo ha aiutato nel tenere testa a Evenepoel agli europei di Trento
Il Colbrelli di Roubaix ha i numeri del Tour o è cresciuto ancora?

Ha avuto i test power migliori al Benelux, ma parliamo di differenze dell’1-2 per cento. Veramente dettagli minimi che possono essere imputati anche a una differenza di lettura della macchina, perché il potenziometro sulla bici non è sempre perfetto. Al Tour invece aveva fatto quelle due tappe forti in fuga e aveva fatto dei numeri, dei peak power sui 30, 40 e 60 minuti. Comunque nelle ultime corse era sullo stesso livello del Tour. Il vantaggio del Benelux è che arrivava da quattro settimane a Livigno e aveva mezzo chilo meno che al Tour. Quando sei in allenamento puoi anche permetterti di restringere a livello calorico, mentre in corsa devi mangiare. Se si inizia a calare in corsa c’è qualcosa che non va.

Che inverno pensi che farà?

Non andrei a cambiare il lavoro che ha fatto negli anni scorsi. Sicuramente deve recuperare, fare almeno una ventina di giorni di riposo e poi una ripresa graduale. Faremo sicuramente un ritiro a dicembre che però sarà più organizzativo. Poi uno a gennaio più importante, come ogni anno, dove si farà più volume possibile. Insomma, ci diciamo tutti che adesso è il momento di riposare. Ma se guardo l’agenda, mi accorgo che è quasi il momento di ricominciare.

Quasi 480 watt per seguire Remco. E ora rotta su Leuven

15.09.2021
4 min
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Ragionando sui mondiali di Leuven, racconta Paolo Artuso, avendo letto i dati sulla bici di Colbrelli, che nei 6 minuti di attacco selvaggio da parte di Evenepoel sulla salita di Povo agli europei, Sonny saliva a 470-480 watt.

«Era al limite – ammette il preparatore del Team Bahrain Victorious – anche se sono numeri che aveva già fatto al Tour. Aveva già fatto lo “sforzone” al terzultimo giro per rientrare nella scia dei francesi. Evenepoel ha impresso un cambio di intensità da metà salita, un’accelerazione lunghissima. Ma Sonny è rimasto con lui, è stato grande».

Sabatini nel mirino

Basta socchiudere gli occhi per rivedere la scena e provare ancora una volta il senso di esaltazione per la vittoria del campione italiano, mentre l’autostrada lo porta in Toscana dove oggi correrà il Giro di Toscana e domani la Coppa Sabatini. Nell’ammiraglia c’è già il casco un po’ tricolore e un po’ con i colori d’Europa, mentre alla bici stanno ancora pensando. Artuso pensa e racconta. E un po’ per curiosità e un po’ per scaramanzia, avendolo già fatto prima degli europei, gli chiediamo di spiegarci quale sarà ora il cammino di Colbrelli dall’europeo al mondiale.

«Nella settimana precedente Trento – sorride – abbiamo fatto poco, per recuperare il Benelux Tour. Quattro ore il giovedì, tre ore il venerdì. Le sensazioni non erano super, ma era normale visto l’affaticamento della corsa. I dati visti all’europeo sono stati gli stessi fatti al Benelux, la condizione era ancora ottima. Lunedì era stanco ed è stato bravo a non festeggiare. Perciò al Giro di Toscana correrà libero, senza alcun tipo di pressione. Mentre punteremo a qualcosa di più alla Coppa Sabatini. Poi ci saranno due giorni di recupero, quindi Memorial Pantani, Trofeo Matteotti e una fase di scarico come prima di Trento».

Rispetto all’europeo, a Leuven si correrà per 98,1 chilometri in più: cruciale l’alimentazione in gara
Rispetto all’europeo, a Leuven si correrà per 98,1 chilometri in più: cruciale l’alimentazione in gara
Lo schema sembra chiaro…

Non sappiamo quanto abbia effettivamente recuperato dopo gli europei, per questo non serve che al Giro di Toscana abbia addosso qualsiasi tipo di pressione. In ogni caso è un bene poter gestire l’avvicinamento al mondiale prevedendo delle corse, perché mettersi a progettare sedute di allenamento a fine stagione diventa pesante. In più gareggiando, si mette insieme la fatica giusta.

Al mondiale ci sarano due ore di corsa più che a Trento, Sonny sarà ugualmente forte?

Ci sarà sicuramente un diverso approccio tattico, dubito che ai mondiali partano a tutta come a Trento. Ma se ricordate anche il campionato italiano era lunghissimo e Sonny non ha avuto problemi di tenuta. Siamo al top, si tratta di rimanerci.

Che cosa farà la prossima settimana?

Molto dipende da come uscirà dal Matteotti, che correrà con la nazionale. Comunque direi che lunedì e martedì si farà recupero. Mercoledì si farà volume e giovedì prevedo una bella distanza con un po’ di lavoretti specifici.

Stando a quel che ha detto Cassani, giovedì saranno già a Leuven per provare il percorso.

Bisogna che giovedì si possa fare un bel lavoro, di 4-5 ore. Giovedì e non mercoledì oppure venerdì. Si guarderà il meteo, ma non vedo eccezioni.

Prima del via, anche a Leuven cercherà la giusta ispirazione
Prima del via, anche a Leuven cercherà la giusta ispirazione
Che tipo di… lavoretti dovrà fare?

Fuorigiri, un mix con salite di 10-15 minuti facendo lavori di forza e anaerobici, per tenere allenate quelle qualità. Come prima degli europei.

Il ginocchio sta bene?

E’ a posto, abbiamo fatto tanta terapia e credo che il prossimo inverno neanche servirà il piccolo intervento di cui si era parlato.

Il peso invece?

A posto anche quello, è bello concentrato. Bisognerà battere il ferro finché è caldo. Va forte dal Romandia ed è stato bravo a restare concentrato. Se avesse mollato quando non poteva allenarsi a Livigno, adesso saremmo a parlare d’altro. Ma Sonny è davvero un grande professionista, ha fatto tutto come andava fatto. Arriverà lassù veramente a posto.

Super Colbrelli, la chiave in quattro settimane ben fatte

06.09.2021
5 min
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Un Colbrelli così non si vedeva dagli under 23, quando bastava avere tanta forza fisica e alla fine stenderli allo sprint. Il corridore che ha vinto il campionato italiano su un percorso quasi da scalatori, che al Tour si è messo in luce nelle tappe di montagna e che al Benelux Tour ha dominato su cotés e muri è una delle novità di questa stagione. E’ più esplosivo. Tiene meglio in salita. Resta veloce. E’ più magro. Dire quale sia la chiave di volta dei risultati di queste settimane è forse complesso data la molteplicità dei fattori, così ci siamo rivolti a Paolo Artuso, preparatore del Team Bahrain Victorious, di rientro nel pomeriggio dalla Vuelta.

«Anche qua siamo andati bene – dice dalla Spagna – con Jack Haig che ha tenuto il podio, Mader che ha approfittato del calo di Bernal per prendere la maglia bianca e la classifica a squadre dopo quella di Giro e Tour. E poi al Benelux, avete visto tutti Mohoric e Colbrelli. A volte si lavora tanto e la sfortuna vanifica tutto. Quest’anno la iella continua, perché Landa anche alla Vuelta ha avuto le sue cose, ma gli altri sono stati bravissimi».

Il segno che qualcosa fosse cambiato si è visto ai campionati italiani, quando in salita ha risposto a Masnada e poi ha rilanciato
Il segno che qualcosa fosse cambiato si è visto in salita ai campionati italiani
Che cosa ha portato Colbrelli a un simile cambiamento?

E’ un insieme di fattori, fra lui che è maturato e sta bene in famiglia e il fatto che ci conosciamo ormai alla perfezione. Lavoriamo insieme da cinque anni, so bene cosa intende quando mi parla di mal di gambe o di altre sensazioni. E’ un rapporto che devi costruire, perché soprattutto all’inizio sei una figura imposta dalla squadra. Allora parli. Vai a pranzo insieme. Crei la fiducia. Poi tempo e lavoro fanno il resto.

Arrivare al Benelux non è stato semplice.

E’ uscito dal Tour con questa borsite, un accumulo di liquido nel ginocchio che gli dava davvero fastidio. Ha fatto una settimana in cui è andato in bici due volte. Poi ha ripreso piano, ma era sotto terapia e non ha potuto fare più di 2 ore al giorno. Quindi è andato a Livigno.

Quattro settimane in altura…

Di cui due settimane di semi-vacanza. Quando i medici ci hanno dato via libera, abbiamo cominciato con lo specifico. Una serie di doppiette, senza mai grossi volumi. Siamo stati sulle 25 ore a settimana. Poi è sceso da Livigno e abbiamo programmato sette giorni a casa prima del Benelux.

Così ha vinto sabato a Houffalize, conquistando la maglia di leader
Così ha vinto sabato a Houffalize, conquistando la maglia di leader
Perché il Benelux e non la Vuelta?

Lui era più per la Spagna, ma andare lassù era una grande occasione, visti quei percorsi.

Che cosa ha fatto nella settimana a casa, prima di partire?

Aveva fatto l’ultima distanza sabato 21 agosto, così il 22 di domenica gli ho dato il giorno di riposo. Senza bici. E’ bello riposare la domenica, si sta meglio in famiglia. Lunedì 23 ha ripreso, ma comunque sono state 2 ore a spasso a 170 watt medi. La caratteristica di Sonny, che ormai conosco bene, è che è un gran lavoratore con un grandissimo motore. E c’è voluto un po’ per fargli capire che il recupero vale quanto l’allenamento. Lui va meglio se lo tieni a freno.

Martedì 24 agosto?

Quattro ore, con 2 ore dietro motore e lavori fuori scia. Il giorno dopo, 25 agosto, 3 ore con una e mezza ancora dietro motore, ma in salita. E’ andato sui 230 watt, quindi vuol dire che ci ha dato dentro bene.

E siamo arrivati a giovedì 26 agosto.

Recupero, un’ora e mezza di bici. Mentre l’indomani ha fatto del lavoro collinare, ritmo gara in salita e recupero in discesa. Una sorta di fartlek, un allenamento che combina allenamenti di diversa durata e intensità.

La distribuzione delle borracce e dei rifornimenti sui percorsi è studiata nel dettaglio
La distribuzione delle borracce e dei rifornimenti sui percorsi è studiata nel dettaglio
Invece sabato 28 agosto?

Ha fatto tre ore con qualche volata e poi è partito per la corsa. Comunque parliamo di una settimana in cui ha fatto 70-130-100-100-90 chilometri, non un volume esagerato. Mentre negli ultimi giorni di Livigno faceva anche 170-180 chilometri su salite lunghe e lavori in pianura.

Quello che si nota è che sia anche parecchio dimagrito.

Ne parlavamo giusto stamattina, mentre era in aeroporto. Ci siamo detti di arrivare con questo peso e questa freschezza anche alle classiche del Nord il prossimo anno. Si ragiona di spostare l’altura più avanti, a ridosso della Tirreno. Sonny non è un atleta ordinario, lui scende dalla quota ed è subito performante. Negli anni scorsi, scendeva a fine febbraio, andava a fare l’apertura in Belgio e trovava gente più veloce. Nel 2022 proviamo a saltare quelle due gare e a puntare forte su Tirreno e Sanremo.

Il peso è a posto grazie al lavoro del nutrizionista?

Soprattutto grazie all’equilibrio che ha raggiunto. Con il nutrizionista si ragiona più sulle strategie alimentari in gara, intrecciate con la tattica di gara. Per ogni corsa, seguiamo una diversa strategia e così facendo ormai è impossibile sbagliare. La crisi di fame è praticamente impossibile, abbiamo uomini sul percorso ogni 20 minuti, che passano feed di ogni genere. Oggi vanno tanto più forte anche perché sono seguiti in modo quasi maniacale.

Ieri a Geraardsbergen triplo passaggio sul Muur e grande difesa. Decisivo il lavoro delle ultime settimane
Ieri a Geraardsbergen triplo passaggio sul Muur e grande difesa. Decisivo il lavoro delle ultime settimane
E cosa farà Sonny da qui agli europei?

Oggi si è svegliato presto, aveva il volo prestissimo, per cui ha dormito 5-6 ore. Dobbiamo lasciargli un paio di giorni per recuperare gli… sforzoni di sabato e domenica e anche il viaggio, ma credo che nel pomeriggio un giretto lo farà e domani sarà lo stesso. Invece tra mercoledì e giovedì c’è da fare qualche richiamo.

Di cosa?

Stimoli di forza e qualità anaerobiche, che con il passare del tempo vanno giù. Vediamo il meteo e decidiamo come distribuirle. L’unico errore di settimane come questa sarebbe esagerare. La distanza più lunga che farà sarà di 4 ore, 5 se vuole sentirsi a posto con la coscienza. Dovremo lavorare solo su stimoli di forza e anaerobico, del medio credo che a questo punto non abbia bisogno. Poi giovedì sarà con la nazionale…

E-bike e settimana light: due cosette da chiedere ad Artuso

13.08.2021
4 min
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Dopo l’intervista con Mohoric di qualche giorno fa, era rimasta addosso un po’ di curiosità legata a due aspetti. L’uso della e-bike e l’apparente leggerezza della settimana che ha portato lo sloveno dalla Clasica San Sebastian al Tour de Pologne. Così questa volta abbiamo bussato alla porta di Paolo Artuso, il suo allenatore, giusto per farci spiegare i due aspetti e continuare a seguire le corse con la… coscienza a posto. Ieri infatti Mohoric è arrivato secondo a Bukovina Resort, tappa regina del Polonia, battuto in volata dal leader Joao Almeida e davanti ad Andrea Vendrame.

Idea e-bike

«Il fatto di usare l’e-bike – sorride Artuso – è stata una sua idea, anche perché è l’unico ad averla a casa, però sarebbe una pratica esportabile anche ad altri. Gli capita di usarla per velocizzare l’azione in salita senza un grosso carico muscolare. Stiamo parlando di una mountain bike, perciò di solito sceglie salite sterrate pedalabili, niente di pericoloso. Non è la stessa cosa di fare dietro moto, però permette di far girare le gambe a una velocità che normalmente richiederebbe uno sforzo ben superiore».

Poi con un sorriso colpevole più per averlo pensato che per l’idea in sé, Artuso va oltre, chiedendo la clemenza dei meccanici e sapendo che probabilmente non se ne farà mai nulla.

«Seguendo il discorso – dice – sarebbe molto interessante avere delle e-bike anche nel giorno di riposo di un grande Giro. Per il tipo di sforzo. Ma sarebbe troppo complicato dal punto di vista logistico. Servirebbe quasi un mezzo solo per quello e penso proprio che i meccanici mi ucciderebbero…».

Mohoric brillante al Polonia dopo una settimana di allenamenti di mantenimento
Mohoric brillante al Polonia dopo una settimana di allenamenti di mantenimento

Sette giorni, 15 ore

Sul carico settimanale fra una corsa e l’altra invece, si capisce presto che ogni corridore è fatto a modo suo e che non tutti possono permettersi giorni così leggeri. E a questo punto anche l’uso della e-bike trova una collocazione ben precisa.

«Fra San Sebastian e il Polonia – ammette, offrendo riscontro alle parole di Mohoric – abbiamo fatto solo 15 ore di allenamento, davvero poco. Un po’ perché Matej era obiettivamente stanco. Ha fatto un carico di lavoro notevole d’inverno. Poi ha preparato il Giro, è caduto, è stato fermo ed è dovuto ripartire da zero. Ha fatto il Tour ed è andato forte, mettendosi in luce in tappe anche piuttosto dure (due le ha vinte, ndr). Ha mollato un po’ nel periodo delle Olimpiadi ed è dovuto ripartire un’altra volta. Ognuno ha la sua gestione, ma lui quando molla ha l’intelligenza di non prendere peso, cosa che altri faticano a fare».

Sistema in crisi

E così, anche davanti alle temperature elevate di questa parte di estate, le settimane fra una corsa e l’altra servono soprattutto per i richiami necessari.

«Dopo che hai fatto il Tour – dice Artuso – la resistenza non è più un problema, mentre si deve lavorare per mantenere l’anaerobico e la potenza. Quello che fa Mohoric è inserire nelle uscite degli strappi di cinque minuti da far forte, monitorati in modo preciso, impostando watt e durata. Lavori di forza con variazioni di cadenza, non le solite Sfr, che semmai si fanno d’inverno a 40 rpm. Adesso ad esempio le fa alla soglia a 60 rpm. Il metodo di lavoro seguito con lui già dall’inverno è diverso da quello che avevamo seguito nei due anni precedenti. Il sistema è mettere in crisi il sistema. Perciò abbiamo eliminato la palestra per cambiare lo stimolo e sono cose che puoi fare se conosci bene l’atleta lavorandoci da tanto. Se segui sempre gli stessi schemi, lo stimolo diventa progressivamente meno allenante».

Stimoli soggettivi

Ragionamenti di esperienza, che hanno alla base nozioni di fisiologia e fanno pensare – lo ammettiamo sorridendo e Artuso annuisce –  alla rotazione delle colture nei campi. Affinché il terreno sia sempre fertile, occorre non pretendere sempre gli stessi nutrienti, ma variare lo stimolo affinché rimanga ricco sia pure con modalità differenti.

«Però servono fisici capaci di rispondere bene – prosegue – e anche atleti cui si richiede brillantezza. Se si tratta di preparare un corridore che dovrà soltanto tirare, si privilegerà il lavoro sul medio. Matej non è un corridore esplosivo, ma se ti prende dieci metri, fai fatica ad andare a tornargli sotto. Però bisogna metterlo nelle condizioni di prendere quel vantaggio».

Vuelta per Landa

Per l’ultima annotazione ci spostiamo da Mohoric a Landa, incuriositi di sapere che cosa potrà fare il basco alla Vuelta, che inizia fra due giorni, avendo dalla sua tutta la squadra, compreso Caruso, uscito dal Giro e dalle Olimpiadi.

«Saremo tutti per lui – conferma Artuso, che seguirà la corsa spagnola dopo il primo riposo – e a Burgos si è visto che sta già bene (Landa ha vinto la corsa davanti a Fabio Aru, prendendo la maglia l’ultimo giorno, ndr). Non doveva andarci, ma a casa sua era troppo caldo per lavorare bene e abbiamo cambiato il programma. Alla Vuelta farà il suo. E chissà che non sia il modo per rifarsi dopo la sfortuna del Giro».

La settimana di Mohoric da San Sebastian al Polonia

09.08.2021
7 min
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Alle 13,10 Matej Mohoric vedrà abbassarsi la bandierina e partirà assieme agli altri 151 corridori per la prima tappa del Giro di Polonia nella città medievale di Lublin. Il campione nazionale sloveno è forte e va forte. Dopo la terrificante caduta del Giro, ha vinto il campionato nazionale e due tappe al Tour. Quindi è arrivato secondo a San Sebastian e sarà uno dei leader della Slovenia ai mondiali in Belgio, come annunciato da tempo dal cittì Hauptman. Il Polonia è il primo passo di questo avvicinamento e allora gli abbiamo chiesto come sia arrivato al via della corsa, partendo proprio dal giorno di San Sebastian. Una settimana da professionista, tra allenamenti e incombenze alternative.

«Sabato 31 luglio – dice – ero nei Paesi Baschi, ho corso a San Sebastian. Abbiamo percorso 227 chilometri in 5 ore 42′. Il giorno dopo ho corso Circuito di Getxo. Ero stanco dallo sforzo del giorno prima. Abbiamo fatto 194 chilometri in 4 ore 33′ (ha vinto Nizzolo su Aleotti, Matej ha dato una mano a Buitrago, finito terzo, ndr)».

Secondo la scorsa settimana a San Sebastian dietro Powless: una settimana dopo al via del Polonia (foto in apertura)
Secondo la scorsa settimana a San Sebastian dietro Powless: una settimana dopo al via del Polonia (foto in apertura)

Matej ha 26 anni, è stato iridato juniores e poi U23. E’ altro 1,85 e pesa 72 chili. La sua Bahrain Victorious corre su biciclette Merida e anche lui dal Tour ha potuto usare la nuova Scultura. Visto che se ne parlerà, la squadra utilizza integratori SiS.

Cominciamo allora, cosa hai fatto nei giorni successivi al weekend basco?

Lunedì ho fatto il viaggio per tornare a casa. Il mio volo era a mezzogiorno, con lo scalo, quindi sono arrivato a casa la sera e quel giorno non mi sono allenato. Martedì invece sono uscito giusto per fare delle foto con la bici per un’intervista. Ho fatto 30 chilometri in poco più di un’ora.

Due giorni di quasi recupero, insomma…

D’inverno a volte capitano delle settimane con un solo giorno di riposo, ma nella fase alta della stagione a volte faccio delle settimane intere con solo sgambate per cercare di riposare bene. Mercoledì comunque sono uscito con la bici da crono. Ho fatto 60 chilometri in un’ora 40′, mentre giovedì ho fatto 115 chilometri in 4 ore, con delle salite fatte piano, senza sforzare. Ero ancora stanco dalle due corse del weekend. 

Mercoledì si è allenato con la bici da crono: quella di Katowice potrebbe essere decisiva per il Giro di Polonia
Mercoledì si è allenato con la bici da crono: quella di Katowice potrebbe essere decisiva per il Giro di Polonia
Venerdì e sabato?

Venerdì ho fatto di nuovo un giorno di riposo per recuperare al meglio. Sono uscito con la Mtb elettrica e ho fatto un’ora. Sabato invece ho fatto 123 chilometri in 4 ore su strade vallonate, senza salite lunghe e qualche strappo fatto forte. E poi sono partito per la Polonia.

Le settimane sono sempre uguali?

Le settimane non sono mai uguali. Con il mio preparatore Paolo Artuso (il tecnico veneto segue anche direttamente Colbrelli, Caruso e Jonathan Milan, ndr) adattiamo l’allenamento in base a quanto sono stanco dalle corse e dagli allenamenti. Ci sono dei periodi senza tanti giorni di corsa, allora faccio anche fino a 25 ore di allenamento a settimana. Durante la stagione piena invece corro parecchio, allora più che altro esco in bici per cercare di recuperare meglio e più veloce tra le corse.

E’ molto attento alla sua bici. Foto di aprile: dal Tour, il team usa la nuova Merida Scultura
E’ molto attento alla sua bici. Foto di aprile: dal Tour, il team usa la nuova Merida Scultura
La distanza la misuri in chilometri oppure in ore?

La durata dell’allenamento la misuriamo in ore.

Che cosa porti con te nelle tasche quando fai distanza?

Porto parecchio cibo, soprattutto delle barrette e dei gel. Poi porto il portafoglio con i documenti, la mascherina (spero che di questa si possa fare a meno prima possibile), le chiavi di casa e il mio telefono. 

Non ti fermi mai al bar?

Non tanto spesso. Lo farei volentieri, ma non ho tempo, sono sempre di fretta. La giornata ha troppe poche ore per il mio stile di vita. I rifornimenti li faccio fermandomi al volo, comprando delle bibite e qualcosina da mangiare. 

Ti alleni da solo oppure in gruppo?

Dipende. Mi piace sia andare da solo, soprattutto quando sto bene e mi voglio allenare bene. Quando vado da solo spingo di più e faccio più salite rispetto a quando vado in compagnia. Mi piace uscire con gli altri quando sono un po’ più stanco oppure quando non devo fare i lavori specifici.

In allenamento, come in corsa, si provano le barrette ufficiali del team
In allenamento, come in corsa, si provano le barrette ufficiali del team
Hai una salita per i tuoi test oppure cambi spesso percorsi?

Cambio spesso i percorsi, ma comunque alla fine la base sono sempre le stesse salite. Poi magari nel punto più lontano da casa, cerco di trovare qualche strada o salita nuova.

I percorsi di allenamento somigliano alle gare che andrai a fare?

Sì, con Paolo cerchiamo sempre di adattare gli allenamenti e soprattutto i lavori specifici alle gare dove voglio fare bene.

A che ora ti svegli di solito la mattina?

Verso le 6,30 e prima di tutto voglio bere il mio caffè. A volte anche due…

Che cosa mangi per colazione? Sempre uguale o dipende dall’uscita?

Più o meno sempre cose simili, ma adatto la quantità a base di quante ore vado a fare in bici. Mi piace cominciare con il caffè e la spremuta fresca, magari con un pezzo di frutta fresca. Poi mangio i cereali (porridge) oppure pane con la marmellata o il miele. A volte mi preparo le crépes.

Si allena in modo specifico in base al percorso su cui correrà. Qui al Tour de France
Si allena in modo specifico in base al percorso su cui correrà. Qui al Tour de France
A che ora esci di solito in bici?

Verso le 9,30.

Che cosa mangi per pranzo quando rientri?

Vario molto. Tante volte preparo quasi tutto già la mattina, così quando torno posso mangiare senza aspettare troppo tempo.

Se fai una distanza, che cosa mangi quando rientri nel pomeriggio?

Il pranzo non cambia tanto a base della distanza, ho sempre fame quando rientro. Anche perché quando faccio poco in bici non mangio e quando faccio l’allenamento lungo mangio molto anche mentre vado.

Quando sei a casa di pomeriggio fai ancora stretching?

Sì, lo stretching lo faccio la sera, prima di cena o prima di andare a dormire.

Fai sempre i massaggi quando sei a casa?

I massaggi li faccio una volta ogni tre giorni.

Che cosa mangi per cena?

Dipende da cosa ho mangiato a pranzo. Un primo c’è sempre, sia a pranzo che a cena. Il secondo invece lo faccio solo una volta al giorno. Mi piace tanto la pasta in tutti i modi, gli gnocchi e, se è buona, anche la pizza. Tra i secondi invece mi piace il salmone, il pesce e poi tutto il resto se è fatto bene. Cucino tanto, mangio quasi sempre a casa e vario molto. Non usciamo spesso fuori a mangiare. 

Bevi alcolici oppure soltanto acqua?

Qualche volta oltre all’acqua bevo volentieri anche una birra, oppure un bicchiere di vino, soprattutto se siamo in buona compagnia. Ma non mi piace esagerare con gli alcolici. 

Ci sono cibi che non mangi?

Sicuramente sì, ma non tanti. 

Al Tour 2021 ha vinto due tappe: Libourne (nella foto) e prima Le Creusot
Al Tour 2021 ha vinto due tappe: Libourne (nella foto) e prima Le Creusot
Pensi tu alla manutenzione della bicicletta quando sei a casa?

Sono molto preciso con la mia bici. La lavo quasi ogni volta quando rientro, se è sporca. Se invece ha qualche problema la porto al meccanico di fiducia e ci pensa lui.

Quando buchi in allenamento, bomboletta oppure cambi camera d’aria?

Cambio la camera d’aria e poi porto una piccola pompa. Le bombolette non mi piacciono perché sono monouso e mi sembra un po’ uno spreco.

Hai scarpini da allenamento e da gara, oppure li fai ruotare?

Uso tre o quattro paia di scarpe che ruoto sempre, così sono sempre pronto se succede qualcosa. 

Super organizzato

Super organizzato. Sveglia presto per avere tempo di fare tutto. Il pranzo preparato prima di uscire. Metodico in allenamento e nella gestione dei materiali: la rotazione degli scarpini è il solo modo di averne un paio sempre pronto in caso di sostituzione o smarrimento. L’attenzione all’ambiente nell’annotazione finale sulle bombolette. A volte dalle abitudini quotidiane di un atleta cogli anche il suo modo di essere.

Dopo il Polonia, Mohoric correrà il Benelux Tour e poi il mondiale, ma non è da escludersi che altre corse si aggiungeranno al suo programma. E’ lampante che durante la stagione, una settimana a casa serva soprattutto per recuperare e tenere caldo il motore. La condizione è un qualcosa di magico: una volta raggiunta, si sta attenti a non sbagliare nulla per non vederla andar via.

Dai Giochi alla Roubaix: Artuso svela il Milan che vedremo

05.08.2021
4 min
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A Tokyo abbiamo visto un super Jonathan Milan. Il friulano è stato uno dei vagoni fondamentali del quartetto delle meraviglie. E’ arrivato alle Olimpiadi con una condizione super. Una condizione che in qualche modo va sfruttata ancora. La stagione del gigante della Bahrain Victorious, infatti, non finisce certo qui.

E lo sa bene Paolo Artuso, il coach del team che lo sta seguendo passo, passo da ottobre, da quando Milan è approdato alla Bahrain.

In Sardegna Milan ha faticato un po’ in salita, ma era previsto secondo Artuso
In Sardegna Milan ha faticato un po’ in salita, ma era previsto secondo Artuso
Dicevamo, Paolo, una condizione super…

Ma non è un caso che siano andati forte. Con Jonathan sono mesi che lavoriamo su ogni dettaglio. Ho visto i suoi valori un paio di giorni fa ed erano i suoi migliori. Abbiamo fatto un avvicinamento davvero buono.

Come?

Abbiamo alternato bene la strada e la pista. Faceva distanza su strada, senza forzare, e intensità in pista. Ma roba massimale: partenze da fermo, palestra… E poi ha recuperato bene dopo la Settimana Internazionale Italiana. Lì ha colto un secondo posto che gli ha dato morale.

Perché era un po’ giù?

No, solo che con il tanto lavoro accumulato faceva un po’ fatica. E infatti io gliel’ho detto subito: quando torni fai due giorni di riposo vero e vedrai che andrà tutto bene. E così ha fatto. Anzi, dopo che sono tornati in pista, anche il primo giorno ho chiesto a Villa di non fargli fare troppo. Poi su quello che hanno fatto tra Montichiari e il volo per Tokyo non ci ho messo bocca.

La volata della tappa persa contro Ackermann. Milan (in rosso) è partito troppo lungo
Nella volata della terza tappa vittoria di Ackermann a sinistra, ma Milan (in rosso) lo ha fatto soffrire
E adesso? Questa super condizione va sfruttata dicevamo…

Eh sì. Milan correrà la classica di Amburgo il 22 agosto e poi andrà al vecchio Bink Bank Tour, oggi Benelux Tour (30 agosto-5 settembre, ndr). Abbiamo scelto questa gara perché potrà aiutare Colbrelli e perché c’è una crono di 12 chilometri dove potrà fare molto bene. E poi c’è la Roubaix il 3 ottobre. E vi dico che Jonathan è super gasato per questa gara. Vogliamo metterlo un po’ alla prova sul pavè. E poi ancora ci saranno i mondiali su pista dalla settimana successiva. Sarà molto importante tornare a gestire bene, tra strada e pista, quel mese che va dalla fine del Benelux al mondiale, passando appunto per la Roubaix.

Proverà anche dei materiali per la Roubaix? Farà dei sopralluoghi?

No, per quel che riguarda il materiale c’è Haussler che li prova per noi. Lui è più sensibile. Testa gomme, ruote, ha un certo rapporto con Merida. E poi prima di fare delle prove, Milan deve capire cos’è la Roubaix, se gli piace. Insomma dobbiamo vedere come reagisce e se ne vale la pena investirci in chiave futura.

Anche tu, Paolo, hai avuto il tuo bel da fare in questo continuo alternare strada e pista…

Beh, ma quest’anno lo sapevamo. Le Olimpiadi erano il primo obiettivo e tutto è ruotato intorno a queste. Non abbiamo fatto neanche la cronometro tricolore per non intaccare la preparazione. E non è stato facile rinunciarvi perché Milan era il campione U23 in carica. Però già aveva lo stress dei Giochi, non l’aveva preparata e si trattava di una crono lunga, senza contare che parliamo di un giovanissimo: ha 20 anni. Se fosse andato male avrebbe avuto dei dubbi. Invece ha corso l’italiano su strada che gli ha dato buone risposte. Tanto che in Sardegna se avesse fatto una volata un pelo più corta magari avrebbe battuto Ackermann.

Jonathan Milan, volto sorridente per questo (quasi) 21 enne
Jonathan Milan, volto sorridente per questo (quasi) 21 enne
Veramente?

Eh, avrà fatto almeno 70 metri più di lui! In Sardegna ha fatto un po’ fatica sulle salite. Fino a 10′ le teneva bene, poi andava in difficoltà. Ma come ho già detto era normale. Aveva fatto un altro tipo di preparazione. L’ultima tappa è finita prima per agevolare il rientro. Così siamo arrivati all’aeroporto di Cagliari che erano le 15 e il volo lo avevamo alle 22. Cosa facciamo? Eravamo io, lui e Padun. Abbiamo noleggiato una macchina e siamo andati a cena fuori. L’ho guardato e gli ho detto: queste salite qua, il prossimo anno le devi “saltare via” facilmente, perché di corse piatte, piatte ce ne sono poche. E lui ha annuito.

Jonathan è un buono. E di certo ti avrà ascoltato. In questi Giochi e da quel vedevamo sui social ci è sempre sembrato molto sereno, come chi se le è godute queste Olimpiadi…

Si, sì… lui è un ragazzo pacifico. Potrà fare bene in questo finale di stagione. Come detto abbiamo preparato i Giochi e sono contentissimo di come ci sia arrivato. Adesso, dopo il suo ritorno riposerà un po’. Il fuso orario dovrebbe digerirlo meglio venendo verso ovest. E sono convinto che potrà fare bene. Sugli sforzi brevi avrà dei vantaggi.