Arensman, l’angelo di Bardet, ha il futuro già scritto nei Giri

17.05.2022
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Thymen Arensman è olandese, ha 22 anni ed è alto 1,92, che a parlarci dopo un po’ ti viene il torcicollo. Ha gli occhi furbetti leggermente a mandorla, che poi (data la mascherina) è tutto quel che si vede fuori corsa al Giro d’Italia: unico evento all’aperto ad aver mantenuto i protocolli Covid nel mondo del ciclismo. Inno alla prudenza e monumento alla difficoltà di lavoro per chi deve raccontare e viene tenuto oltre la transenna.

Nel 2022 il ragazzone del Team Dsm, il cui peso forma è di 68 chili, ha incrociato quasi esclusivamente su strade italiane. Fatto salvo il UAE Tour di febbraio, infatti, il suo calendario fin qui lo ha visto alla Tirreno-Adriatico (sesto finale), alla Milano-Torino e al Tour of the Alps (terzo finale e miglior giovane).

«Non avevo mai corso tanto in Italia – dice sorridendo, così almeno possiamo immaginare – ma quest’anno mi sono rifatto. Le strade mi si addicono, in più da ex studente di storia all’Università, riuscire a vedere tanti palazzi è un piacere. Al netto della fatica della corsa, mi sto proprio divertendo».

Decimo nella crono di Budapest, Arensman va molto bene contro il tempo
Al Giro, Arensman è venuto per aiutare Bardet e finora ha fatto un gran lavoro

Promesso alla Ineos?

Le voci di mercato lo vorrebbero già promesso al Team Ineos Grenadiers, che si sta rifondando sui giovani e di qui a 3-4 anni sarà nuovamente formidabile. Thymen ovviamente svia e ancora una volta dà la sensazione di sorridere.

Diventato pro’ dopo due anni e mezzo alla SEG Racing Academy, era già entrato nel radar degli appassionati di ciclismo olandesi nel 2018, con il terzo posto alla Roubaix U23 e il secondo al Tour de l’Avenir. Un minuto e mezzo alle spalle di Pogacar, ma davanti a Vlasov, Sosa e Almeida.

«Non sono sorpreso che Pogacar abbia vinto il Tour – dice – già nel 2018 si vedeva dai valori che facevo per seguirlo che in salita fosse fortissimo. Spero di arrivare al suo livello un giorno, ma sto seguendo un percorso diverso. Il fatto è che non ero molto inferiore a lui, ma andare in bicicletta è più che pedalare duramente. Ad esempio non mi è mai piaciuta la sovraesposizione e per questo ho preferito rimanere nell’ombra».

Sulle strade del Giro, in fondo, per Bardet e Arensman lo stesso copione del Tour of the Alps, chiuso in 1ª e 3ª posizione
Sulle strade del Giro, per Bardet e Arensman lo stesso copione del Tour of the Alps

Un giovane Dumoulin

Arensman è passato professionista nel 2020 al Team Sunweb, poi diventato Team DSM, e non ha fatto in tempo a incontrare Tom Dumoulin, che proprio quell’anno passò alla Jumbo Visma.

«Mi piace qui – dice – voglio avere tutto chiaro e sapere per quale scopo lavoro durante l’allenamento. Per me è stata una scelta facile andare al momento di passare. Ho intrapreso sin da subito una traiettoria a lungo termine. Ad esempio, sin dall’inizio ho potuto decidere da solo come fare con l’alimentazione, pur rimanendo entro le linee guida. Gradualmente i miei allenamenti sono cresciuti, ma non credo di essere ancora al massimo. Quando sarò più grande voglio avere delle percentuali di miglioramento.

«Se guardo alle mie capacità fisiche – prosegue – il futuro è nei Giri. Non sono molto esplosivo, ma ho una soglia anaerobica alta e vado forte in salita. Inoltre, ho fatto grossi progressi a cronometro. Potrei somigliare a Dumoulin, uno scalatore relativamente pesante con molta potenza. Non sembro un colombiano e nemmeno uno spagnolo. Però devo acquisire l’esperienza mentale per vedere se è davvero quello che voglio e posso fare».

Terzo al Tour of the Alps e miglior giovane. La sua Scott ha standard di rigidità notevoli, malgrado la sua altezza
Terzo al Tour of the Alps e miglior giovane. La sua Scott ha standard di rigidità notevoli, malgrado la sua altezza

Tributo alla Scott

Al Giro l’obiettivo è dichiarato e neanche tanto misterioso: aiutare Bardet nel suo piano di classifica. I due hanno già diviso il podio al Tour of the Alps, vinto dal francese.

«Il quinto posto alla Tirreno e il podio in Trentino – dice – fanno capire che ho salito un bel gradino, ma non sono ancora al mio meglio. Cercherò di crescere ancora. L’obiettivo è aiutare Romain, disinteressandomi di ogni altra cosa, compresa la maglia bianca. Se lavori, ci sta che poi perdi terreno. Abbiamo studiato il Giro nei dettagli e ci siamo preparati in base a quello che abbiamo visto. E’ stato studiato tutto in modo preciso, dall’alimentazione alle biciclette. Nonostante io sia molto alto e in squadra ci siano altri come me, le nostre Scott Addict RC sono leggere e rigide, anche in discesa. Su percorsi come quelli che ci aspettano, con certe discese, la bici sarà uno snodo cruciale».

Van Der Breggen 2021

La Van Der Breggen ha detto basta: «Era ora di cambiare»

17.02.2022
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C’è voluto un bel po’ di tempo per raggiungere Anna Van Der Breggen. Dopo la chiusura dell’ultima stagione, la campionessa olandese aveva deciso di tagliare un po’ i ponti con i media, prendersi un po’ di tempo per se stessa per assimilare un grande cambiamento. La “vincitrice di tutto” aveva infatti deciso di chiudere la sua carriera agonistica e rimettersi subito in gioco, salendo sull’ammiraglia della Sd Worx, un cambio non facile per il quale bisognava prendere le misure.

Anna è troppo innamorata di questo mondo per staccarsene, ma molti sono rimasti stupiti dalla sua scelta, considerando che a 32 anni e visti i risultati ottenuti c’era ancora margine per allungare la sua enorme striscia di successi, ma non ha avuto ripensamenti rispetto a quanto già si era prefissata a inizio 2021, né dalle sue parole si percepisce qualche rammarico.

«Penso che fosse il momento giusto – dice – avevo voglia di fare qualcos’altro, cambiare qualcosa nella mia vita. In fin dei conti con la chiusura del ciclo olimpico era tempo di farmi un esame generale, oltretutto l’ultima è stata nel complesso una buona stagione e per me era tempo di fermarmi».

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Anna Van Der Breggen, qui a Imola 2020, vanta 3 titoli mondiali, 2 europei, 1 oro e 2 bronzi olimpici e ben 64 vittorie
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Anna Van Der Breggen, qui a Imola 2020, vanta 3 titoli mondiali, 2 europei, 1 oro e 2 bronzi olimpici e ben 64 vittorie
Come hai avuto l’idea di passare dall’altra parte e diventare team manager?

Chiusa la mia carriera ho pensato che fosse giusto restituire qualcosa a questo mondo che mi ha dato tanto. Il ciclismo non mi ha dato solo vittorie, ma anche un enorme bagaglio di esperienze che sarebbe stato un peccato non sfruttare, non trasmettere alle altre. Penso che sia il modo giusto per continuare a coltivare la mia passione stando in ammiraglia, condividendo con le ragazze le vigilie e i dopo corsa. In un grande team come il nostro posso fare tanto, trovo questa nuova sfida molto eccitante come se fosse la partenza di una grande corsa.

Allarghiamo un po’ il discorso: quanto pensi influirà il ritorno del Tour de France nell’evoluzione del ciclismo femminile?

Credo che i cambiamenti siano sempre una cosa buona. Non c’è solo il Tour, sono state introdotte molte nuove gare, il calendario è decisamente migliorato. Chiaramente l’introduzione di una prova come il Tour è un grande passo, molta gente lo chiedeva, è una grande opera di promozione e credo che darà molta più immagine al nostro mondo.

A te dispiace non esserci?

No, ho vissuto il mio tempo e fatto le mie gare. Quando ho deciso di smettere sapevo che ci sarebbero state nuove corse, del Tour si parlava da tempo, ma credo che vada bene così.

Il Giro d’Italia dura 10 giorni, il Tour sarà di 6, la Vuelta di 4: pensi che il ciclismo femminile sia pronto per gare più lunghe, non come quelle degli uomini, ma di un paio di settimane?

Io credo che gare fino a 10 giorni di durata siano attualmente il limite giusto, non va dimenticato che i team femminili non hanno la profondità di quelli maschili, c’è una gestione ben diversa del calendario. I big preparano uno, al massimo due eventi, noi dobbiamo essere sempre al massimo, per le classiche come per le corse a tappe, proprio perché i team hanno a disposizione poche ragazze. E’ un sistema molto diverso. Magari in futuro si potrà cambiare, ma servirà un movimento molto più ampio.

Senza Anna Van Der Breggen in corsa, cambiano gli equilibri all’interno della squadra?

Penso che sia logico che accada. La nostra è una squadra forte e competitiva, ben costruita, che penso si farà valere anche al Tour. E’ chiaro che con me in un altro ruolo bisogna ridisegnare gli equilibri, ma ad esempio abbiamo gente d’esperienza come Chantal Van Den Broek-Blaak e Christine Majerus che saranno una valida guida in corsa. Poi penso che Demi Vollering potrà avere buone chance anche in una gara complicata come il Tour. Sarà un bell’affare, abbiamo comunque gente veloce e per tutti i traguardi. Credo che la mia assenza poco a poco non si sentirà. E poi, anche se in altra veste, io ci sarò…

Van der Breggen Mondiali 2018
La gioia incontenibile per l’oro mondiale 2018, dopo 5 anni di argenti
Van der Breggen Mondiali 2018
La gioia incontenibile per l’oro mondiale 2018, dopo 5 anni di argenti
Per anni sei stata l’emblema del ciclismo femminile olandese dominante quasi quanto l’Africa del mezzofondo in atletica. Avete lasciato ben poco agli altri Paesi: qual è il segreto di un successo così schiacciante?

E’ difficile rispondere a questa domanda. Abbiamo avuto una grande generazione di atlete che hanno vinto per un lungo periodo, la nostra vecchia guardia è stata un esempio e dietro di noi sono cresciuti nuovi talenti che garantiscono il ricambio, ma credo che gli equilibri si stiano riassestando e che ora ci siano atlete valide in molte Nazioni. Il professionismo sta facendo crescere nuovi nomi un po’ dappertutto: qualche anno fa chi avrebbe pensato che un’ungherese come la nostra Blanka Vas sarebbe arrivata ai vertici? Il fatto è che se sei una donna e vuoi fare del ciclismo una professione, oggi puoi farlo più facilmente di quando ho iniziato io.

Fra le tante vittorie che restano nel tuo curriculum, quale ti è rimasta di più nel cuore?

Difficile sceglierne una, ma credo sia l’oro mondiale in linea di Innsbruck 2018. E’ stata la mia prima vittoria iridata, è arrivata dopo ben 5 argenti, credevo davvero che quella maglia fosse stregata. Poi c’è l’oro olimpico di Rio de Janeiro, perché è una vittoria che ha valicato i confini ciclistici, l’Olimpiade è qualcosa di unico.

Mollema sicuro: per Ciccone colpo grosso in arrivo

19.12.2021
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Si sono ritrovati da qualche anno nella stessa squadra: la Trek-Segafredo. La prima volta che sentimmo parlare di Bauke Mollema fu nella tarda estate del 2017, quando il dottor Daniele, medico nella squadra americana, ce ne parlò di ritorno dal Tour de l’Avenir. L’olandese aveva battuto Tony Martin e il medico romano, al tempo nella nazionale U23, ci raccontò con stupore dei suoi tanti scatti. Prefigurando per lui una carriera luminosa.

Quasi un secolo dopo, Mollema sorride e racconta con il solito tono di voce gentile. Alla vigilia della quindicesima stagione da professionista, l’olandese ha attraversato pezzi di storia del ciclismo. E anche se la sua carriera non è stata quella che Daniele immaginava, le sue tappe al Tour, il Lombardia, le vittorie e il gran lavoro svolto per i vari capitani ne hanno fatto uno dei riferimenti del gruppo.

A 23 anni Mollema era la grande speranza olandese per vincere il Tour
A 23 anni Mollema era la grande speranza olandese per vincere il Tour

«Non sapevo molto del ciclismo in quel tempo – dice – correvo da soli tre anni, dovevo imparare tanto. Avevo il talento, mancavano le altre condizioni. I primi anni da professionista sarebbero potuti essere migliori. Facevo tanti errori. Potevo vincere di più, ma non ho rimpianti perché a distanza di tanto tempo sono motivato come la prima volta. Non so se si possa migliorare ancora, sicuramente nell’esperienza…».

Giorni spagnoli

Le cinque del pomeriggio a margine del primo training camp della Trek-Segafredo, dopo che con un vocale Luca Guercilena da casa ci ha confermato che le cose sono avviate lungo un corso promettente. Mollema dice di sé, ma il suo colpo d’occhio si estende al mondo che lo circonda.

Migliorare a 35 anni si può davvero?

Ho meno dubbi e meno stress di una volta e questo riduce il margine di errore. Sono più solido. Provo cose nuove e quando posso, provo a vincere da solo. Mi piace. Ho sempre vinto così. E’ un modo diverso di farlo, cominci a capire da prima che stai per farcela. La vittoria allo sprint è adrenalina, anche quella una bella sensazione, ma non cambierei le mie vittorie con qualche volata in più. Nelle fughe è un crescendo. Senti che stai per farcela e spingi più forte.

Un modo diverso di farlo…

Non devi avere paura di attaccare. Devi avere capacità da cronoman. Io non lo sono, ma sono capace di andare da solo e forte sia in pianura sia in salita.

La tappa di Quillan nel 2021 è stata la seconda vittoria al Tour dopo quella del 2017
La tappa di Quillan nel 2021 è stata la seconda vittoria al Tour dopo quella del 2017
Sei in una squadra internazionale, con una bella impronta italiana. Ciccone, ad esempio…

Ho corso tanto con lui nel 2020, soprattutto al Giro. E’ uno scalatore, difficile da controllare. L’inverso di Nibali, che è più calmo e ha tanta classe. Giulio è meno esperto, ma sta imparando alla svelta, non mi stupirei se potesse arrivare al grande risultato.

Hai cominciato il 2021 vincendo in Francia e poi a Laigueglia: quand’è così le stagioni cambiano?

Sei più rilassato, acquisti fiducia. Mi piace. Vuol dire che hai lavorato bene e hai la forma giusta nell’avvicinamento a obiettivi più importanti.

Nel frattempo il mondo fuori è cambiato di tanto?

C’è attenzione a tutto, rispetto ai miei inizi soprattutto per l’alimentazione. E’ più importante di quanto fosse solo 5 anni fa. In realtà per me non è mai stata un problema, non mi sono mai sentito di non poter mangiare. Se ho fame, apro il frigo e mangio. E’ cambiata l’attenzione nei miei confronti…

Ad Altea con Paolo Barbieri, addetto stampa del team, investito mentre era in bici
Ad Altea con Paolo Barbieri, addetto stampa del team, investito mentre era in bici
In che senso?

Finché ero nel gruppo Rabobank (Mollema è passato professionista nel 2008 con la squadra olandese ed è rimasto nello stesso gruppo fino al 2014, ndr), avevo attorno molti più media. E poi, sempre tornando alle differenze, le squadre sono più strutturate, c’è una migliore conoscenza dei percorsi. Googlemaps e tutte le applicazioni che ne sono derivate hanno permesso nel tempo di arrivare ai finali senza più sorprese.

A fine stagione non si vede l’ora di staccare: quanto tempo serve perché non si veda l’ora di ripartire?

Un mese esatto, per me è così. E il giorno che riprendo faccio tre ore di bici e mi sembra di essere tornato in un posto che mi mancava. Sento il corpo e la testa che hanno di nuovo voglia di fatica e allora si può ripartire.

Il ritiro è un bel modo per ritrovare lo spirito?

E’ anche divertente, con tutte queste cose da fare. Mi piace ancora lasciare casa, per venire qui. Mi piace stare con gli altri corridori, condividiamo ricordi ed esperienze, ci divertiamo.

Come va col ciclismo olandese?

Non conosco tanto i giovani in arrivo. Ovviamente si parla sempre di Van der Poel, che è ancora giovane. La Jumbo Visma fa pensare alla Rabobank di un tempo, con tanti buoni corridori, anche se non punta solo sugli olandesi com’era ai miei inizi.

Quale vittoria racconterai ai tuoi nipotini?

Bè, le due tappe al Tour sono state momenti indimenticabili, ma per come sono fatto io e la storia da cui vengo, il Lombardia del 2019 resta la più bella di tutte. Sono arrivato e tutti prevedevano per me un futuro nei grandi Giri. Ci ho provato, non si può dire che non l’abbia fatto. Ma ho capito già da un pezzo che non fa per me. Ma avere certe giornate in cui attaccare e sentire che la vittoria sta arrivando, è quello che rende questo lavoro ancora il più bello che ci sia.

Fax e dogane: quando in Olanda ci andò Fondriest

09.12.2021
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Garofoli prima e adesso Francesca Barale, Lorenzo Milesi e Davide Ursella. Aumentano gli italiani con la valigia che scelgono l’Olanda e le maglie del Team Dsm. Puntano al professionismo nel WorldTour e la squadra dalle maglie nere con sede a Sittard ha messo in atto una massiccia campagna di reclutamento. Se va bene, hanno trovato il corridore del domani. Se non va, ci abbiamo provato. Anni fa, esattamente nel 1991, lo stesso percorso lo fece Maurizio Fondriest. Il trattato di Schengen era stato appena firmato, ma sarebbe entrato in vigore nel 1995. Perciò alle dogane dovevi fermarti e mostrare i documenti. Il WorldTour e lo scambio di uomini e abitudini erano lontani dal venire, per cui ogni Paese aveva le sue.

Quando nel 1991 passa in Olanda, Fondriest ha già alle spalle il mondiale vinto nel 1988 a Renaix
Quando nel 1991 passa in Olanda, Fondriest ha già alle spalle il mondiale nel 1988

«C’erano corse e squadre in Spagna, Francia, Italia, Belgio e Olanda – ricorda il trentino – e di base ognuno correva nel suo Paese. Giusto belgi e olandesi si spostavano di più, perché non avevano un gran calendario. La Gatorade e la Carrera facevano sempre il Tour, qualche volta andavano Ariostea e la Del Tongo e semmai si facevano le classiche. L’Alfa Lum andava in Spagna perché c’era in squadra Lejarreta e Franchini si faceva invitare. I corridori italiani stavano in Italia, dove arrivavano spesso da tutta Europa, a partire dalla Settimana Siciliana di febbraio. Per questo non c’era l’esigenza di partire. Ricordo che mi cercò prima Fignon perché andassi con lui alla Castorama in Francia. Dissi di no, poi finii con l’andare in Olanda…».

Racconta…

Mi ricordo bene il periodo in cui decisi. Avevo vinto il mondiale nel 1988, avevo finito con la Del Tongo, eppure solo la Carrera si era interessata. Invece erano venute offerte interessanti da Panasonic, Tvm e Once. Mi incontrai con Manolo Saiz, c’era anche Lejarreta con cui avevo corso alla Alfa Lum, ma mi resi conto che non avrei fatto le classiche, proprio perché le squadre spagnole correvano soprattutto in Spagna. Così scelsi la Panasonic, che era la squadra più forte al mondo in quel periodo, con Planckaert come diesse e Peter Post manager. La Tvm era più un carrozzone, anche se c’era appena stato Phil Anderson, ai tempi fortissimo.

Altri tempi…

Tutto diverso, mi mandavano programmi e comunicazioni via fax. Facemmo un ritiro in Olanda, pieno di olandesi, fiamminghi, qualche russo, dei tedeschi e due italiani: il sottoscritto e Marco Zen che avevo portato con me. Oggi anche nei team stranieri c’è personale italiano, allora lassù c’erano solo olandesi e belgi. La lingua ufficiale del ciclismo era il francese, ma loro non lo conoscevano a parte un po’ i belgi. Non si facevano ritiri in primavera, si andava solo qualche giorno per le visite.

La Panasonic era uno squadrone. Qui con Van Lancker, vincitore di Liegi e Amstel, e Ludwig oro a Seoul 1988
La Panasonic era uno squadrone. Qui Fondiest con Van Lancker, vincitore di Liegi e Amstel
Il periodo più lungo che passavi al Nord?

Un mese interno per le classiche. I corridori del posto dopo le corse se ne tornavano a casa, io ero ospite a casa di Planckaert o da Allan Peiper. Quando siamo stati ai mondiali di Leuven, sono stato a trovare Planckaert e abbiamo dormito di nuovo nella stanza che mi dava a quel tempo. Ricordo che giocavo con sua figlia che aveva 3 anni, adesso ha anche lei un bimbo…

Oggi l’alimentazione nei team è… codificata, com’era nel 1991?

Riguardata con gli occhi di oggi, viene da ridere. Quando arrivai da Planckaert, la sera a cena mangiavano pane, prosciutto e marmellata. Dopo un po’ però mi impuntai, io ero già attentissimo. Per cui ottenni di mangiare pasta e quel che mi serviva. Però loro andavano forte lo stesso, anche mangiando a quel modo. Anche prima delle corse, andavano in hotel e ordinavano. Diciamo che dopo un po’, li ho convinti a cambiare.

Serviva spirito di adattamento, insomma?

Per forza. E chi meglio sapeva gestirsi, otteneva i risultati migliori. Adesso invece c’è il massimo della professionalità e li seguono uno ad uno: impossibile sbagliare.

Per cui anche andare in Olanda al primo anno da under 23 è diverso…

E’ cambiato tutto. Fosse per me, per regolamento dovrebbero fare almeno due anni da under 23, con un calendario su misura. Invece le WorldTour cercano ragazzi giovani, a scapito delle squadre e delle gare giovanili. Poche continental sono attrezzate nel modo giusto. Il loro ruolo è importante, ma devono cambiare mentalità. Un conto è fare qualche corsa tra i professionisti, un conto è farci il calendario completo. Si finisce col prendere delle mazzate che di sicuro non fanno crescere.

Cosa consigli ai tuoi giovani?

Ho mandato Andreaus al Cycling Team Friuli, perché lavorano bene e stanno diventando la squadra di riferimento del team Bahrain Victorious. La Dsm si accaparra tanti corridori, ma non tutti possono andare bene nelle corse che trovano lassù. Qui da noi, magari mancano giorni da ventagli, ma l’Italia è il Paese migliore per fare esperienza. Abbiamo tutto, uomini, corse e territorio. Peccato che ci manchino almeno altre due squadre professional…

Lorena Wiebes, bestia nera della Balsamo, erede della Vos?

31.10.2021
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Chissà se in questi giorni si starà dedicando al kickboxing per scaricare un po’ di tensione e schiarirsi la mente. Oppure se starà navigando sui canali olandesi attorno a casa con la propria barca. Di sicuro Lorena Wiebes un po’ di meritato riposo se lo starà concedendo nella sua Mijdrecht ,grazie alle sue attività preferite ed alternative quando non pedala.

La 22enne “oranje” ha chiuso l’annata col botto vincendo il 23 ottobre la Ronde Van Drenthe (ultima gara del calendario Women WorldTour) davanti ad Elena Cecchini ed Eleonora Gasparrini, centrando così il 14° sigillo di un 2021 in cui spiccano anche due tappe al Giro d’Italia Donne, due al Women’s Tour in Gran Bretagna e diverse semi-classiche belghe.

Fenomeno olandese

Ormai è riduttivo considerare ancora la velocista del Team Dsm – nata il 17 marzo del 1999, che tiene bene sugli strappi e che ha nell’Amstel Gold Race la gara dei sogni – solo una giovane interessante o in rampa di lancio. E’ decisamente una certezza del panorama femminile sia in patria che nel resto del mondo.

Ha appena terminato la quarta stagione da elite ed il suo bottino conta già 46 successi. A parte “Sua Maestà” Marianne Vos – che nei primi quattro anni tra le big della categoria aveva già raggiunto 87 delle 295 attuali vittorie totali su strada – per trovare un’olandese con un impatto simile bisogna tornare indietro ai tempi di Leontien Van Moorsel, altra icona del movimento, che ne ottenne 42 tra il 1988 e il 1991. Già, perché le fortissime Van Vleuten, Van Dijk, Van der Breggen o Blaak si sono espresse ai massimi livelli solo nella seconda metà della loro carriera.

Adesso è il momento di recuperare, il 2022 sarà l’anno della conferma (foto Instagram)
Adesso è il momento di recuperare, il 2022 sarà l’anno della conferma (foto Instagram)

Ragazzina prodigio

Già tra le junior Lorena si è fatta conoscere vincendo il titolo nazionale nel 2016 e poi quello europeo ad Herning in Danimarca nel 2017, quando battè allo sprint la padrona di casa Emma Norsgaard e Letizia Paternoster. Aveva aperto la stagione a marzo conquistando a Cittiglio il Trofeo Binda davanti alla francese Clara Copponi e Martina Fidanza.

Passata elite nella Parkhotel Valkenburg, compie un’escalation vertiginosa. Undici successi (di cui 7 del calendario olandese) nel 2018 e 17 l’anno successivo, con le perle del campionato nazionale e della prova in linea dei Giochi Europei a Baku, entrambe davanti alla Vos. Non un nome a caso nella vita della bionda Wiebes.

Sebbene sia una velocista, nelle classiche ha sempre fatto bene
Sebbene sia una velocista, nelle classiche ha sempre fatto bene

Obiettivo classiche

La scorsa stagione, complice il Covid, solo quattro affermazioni, tre delle quali ottenute nella seconda parte della stagione con la Sunweb, squadra in cui è passata a giugno 2020 firmando un contratto fino al 2024.

«Lorena – dichiarò il suo direttore sportivo Hans Timmermans all’atto dell’ingaggio – è una delle cicliste più forti della sua generazione e ci aiuterà a portare il nostro programma al livello successivo. Ha fatto un grande sviluppo da junior a elite e le sue doti da sprinter le hanno dato un successo immediato. Sta continuando a fare progressi nelle classiche e ci rende fiduciosi per il futuro. E’ ancora giovane, deve maturare. Ma non vediamo l’ora di poterla supportare nel suo processo di crescita».

Spirito di squadra

Nonostante l’ottimo inizio di carriera, la sprinter della provincia di Utrecht è una persona motivata, che vuole sfruttare al meglio le proprie qualità tecnico-fisiche ed è più che felice di lavorare per le compagne di squadra se il terreno non le si addice più di tanto.

«Voglio fare i prossimi passi nella mia carriera – dice – continuando a migliorare e penso di poterlo fare con il Team DSM grazie al loro approccio professionale. Spero di poter vincere il più possibile come squadra e spero di poter aiutare il resto delle ragazze a vincere corse adatte a loro. Ad esempio uno dei miei ricordi preferiti del 2019 è stato quando sono stata in grado di aiutare Demi (Vollering, ndr) a vincere il Giro dell’Emilia».

Balsamo, conto aperto

Intanto, da quattro anni ad oggi, la 22enne olandese sta duellando con Elisa Balsamo. In 12 occasioni sono finite assieme sul podio: sei volte in cui la Wiebes ha battuto in volata l’attuale campionessa del mondo, cinque quelle dell’azzurra. Una volta invece sono finite a sorpresa, nell’ordine seconda e terza, dietro la vietnamita Thi That Nguyen nella Dwars door de Westhoek nel 2018.

Agli europei juniores del 2017 a Herning, ha battuto la padrona di casa Norsgaard e Paternoster
Agli europei juniores del 2017 a Herning, ha battuto la padrona di casa Norsgaard e Paternoster

Erede della Vos?

E pensare che Wiebes da ragazzina sembrava indirizzata verso altri sport quando praticava ginnastica acrobatica e calcio, tuttavia utilizzando la bici per andare agli allenamenti. Poi, piano piano, pedalare le è piaciuto sempre di più.

Le prime corse sono quelle nel fango nel ciclocross e nel 2013 ha iniziato a gareggiare anche su strada. Forse nell’ottobre di quell’anno scattò un’ulteriore scintilla quando, nella gara serale “Nacht van Woerden”, a 20 chilometri da casa, incontrò Marianne Vos in quel momento iridata sia su strada sia nel ciclocross. Perchè si sa, in Olanda tutto gira intorno alla Vos e anche se lei non ha ancora intenzione di smettere, Lorena Wiebes pare avere tutte le carte in regola per diventarne l’erede.

Vos, the Queen: benedizione per Elisa e commiato per Anna

27.09.2021
3 min
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Marianne Vos ha un’eleganza a suo modo regale. Mentre sabato le attenzioni della stampa si concentravano su Elisa Balsamo che l’aveva appena battuta, l’olandese aveva sul volto un sorriso composto e attento. E mentre seguiva le risposte della giovane azzurra, annuiva e ne approvava semmai le risposte. Forse davvero il suo palmares immenso le consente di vivere con distacco anche le sconfitte cocenti. Ma se ti fermi a pensare che quello di Leuven è stato il quarto mondiale perso per mano di un’azzurra, la sua calma assume contorni quasi mitologici. Marianne ha conquistato 2 ori olimpici, 3 mondiali su strada e 2 su pista, oltre ai 7 nel ciclocross (più altre 10 medaglie fra argento e bronzo).

«Non ho perso la corsa a causa del treno – dice – l’ho persa quando non sono riuscita a superare Elisa. Dispiace arrivare così vicina a una grande vittoria e doversi arrendere, ma quando ho lanciato la volata, dopo le prime pedalate ho capito che non potevo tenere la sua velocità. Sapevo che il finale sarebbe stato duro e che io sarei dovuta restare in attesa fino alla fine. Ero sulla ruota giusta, ma lei è stata più giusta di me».

Nel finale, Marianne Vos ha dovuto chiudere da sé un paio di buchi, lasciata sola dal team
Nel finale, Marianne Vos ha dovuto chiudere da sé un paio di buchi, lasciata sola dal team

Balsamo predestinata

Le ragazze di classe imparano a riconoscersi, probabilmente facendo parte dello stesso club in cui si insegnano il talento e il modo migliore di educarlo. E così se grande e motivata è l’ammirazione di Elisa Balsamo per l’olandese, a Marianne non erano sfuggite le prove dell’azzurra. Lo ammette con onestà.

«Nei giorni di vigilia – racconta – ho detto a tanti che mi chiedevano di fare un nome, di stare attenti al suo. L’avevo vista molto concentrata nelle corse di avvicinamento e mi ero accorta di quanto fosse a suo agio nelle classiche, sulle stradine di qui. Soprattutto il quarto posto alla Gand e il terzo alla Freccia del Brabante su queste stesse strade. L’Italia arriva ai mondiali sempre con delle belle squadre e nel finale anche questa volta sono state in grado di fare un grande treno. Qualcosa che a me è mancato. Gli attacchi nel finale sono stati fiacchi, erano tutte stanche. Tanto che nonostante dovessi restare coperta per la volata, per riprendere Mavi Garcia ho dovuto lavorare anche io».

Agli europei di Trento, Marianne Vos aveva lavorato per la vittoria di Van Dijk e si era poi fermata
Agli europei di Trento, Marianne Vos aveva lavorato per la vittoria di Van Dijk e si era poi fermata

Saluto ad Anna

L’ultimo pensiero di sua maestà Marianne, 34 anni, è stato per Anna Van der Breggen, 31 compiuti ad aprile. L’ha vista arrivare e diventare professionista. Ha partecipato alle sue vittorie e ne ha avuto anche l’aiuto. E ora che l’iridata di Imola è a un passo dal ritiro, il saluto è sincero.

«E’ una grande campionessa, ma anche una grande persona – ha detto – ed è strano parlare come non ci fosse già più. E’ sempre stata molto concentrata e insieme rilassata, trovando il miglior equilibrio. Ha raccolto i frutti che meritava, ma non si è mai comportata come la regina del ciclismo, anche se negli ultimi anni lo è stata. Anna è sempre stata Anna e resterà ancora Anna. Abbiamo avuto una grande campionessa e un grande modello per il ciclismo, ora si trasformerà in un grande tecnico».

Sorrideva davvero e dopo l’ultima… benedizione alla connazionale, Marianne se ne è andata portando la sua eleganza fuori dalla stanza. Dopo i suoi anni bui, lei al ritiro non pensa. Del resto, se arrivi seconda al mondiale, perché non pensare di poterlo vincere ancora?

Jumbo-Visma: un maledetto sabato da cancellare…

20.04.2021
3 min
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Che cosa regalare a qualcuno che ha già tutto? L’ultima stagione della Jumbo-Visma ha visto il team olandese dimostrarsi in molti frangenti il più forte, sia nelle classiche d’un giorno che nelle corse a tappe, sfruttando defaillance altrui ma mostrando una grande crescita soprattutto strategica, anche se l’epilogo del Tour de France con Roglic superato nella cronometro fa ancora male.

Roglic, le mani sotto in salita sono segno di potenza e ricerca dell’aerodinamica
Roglic, le mani sotto in salita sono segno di potenza e ricerca dell’aerodinamica

Il ritorno di Dumoulin

La prima metà del 2021 ha avuto due velocità distinte. C’è stato prima da gestire l’addio di Tom Dumoulin e poi per fortuna il suo rientro. C’è stato da restituire fiducia a Wout Van Aert, uscito deluso dalla stagione del ciclocross (dove pure aveva vinto la Coppa del Mondo) e poi c’è stato da applaudirlo per la Gand e l’Amstel.

In sede di ciclomercato si è quindi provveduto a semplici aggiustamenti, o meglio aggiunte. Quella di Edoardo Affini, pezzo importante per le cronosquadre e con importanti talenti da assecondare. Mentre Sam Oomen è un altro tassello che potrebbe rivelarsi utilissimo nelle tappe più dure dei grandi Giri, come supporto in montagna, senza dimenticare Van Hooydonck che potrebbe essere una pedina importante nelle classiche.

Così Wout Van Aert, ha vinto la Gand su Nizzolo, Trentin e Colbrelli
Wout Van Aert, Sonny Colbrelli, Matteo Trentin

Van Aert e il mondiale

Molto poi dipenderà dagli obiettivi della squadra, con Roglic che naturalmente vuole riprendersi quel che ha lasciato in quel maledetto sabato francese. E Kruijswijk che è chiamato a dare un segno di prestigio come alternativa allo sloveno per le grandi corse a tappe. Per le classiche il nome principale è stato nuovamente quello di Van Aert, anche se il belga, dopo aver collezionato tre secondi posti iridati fra strada e ciclocross nello spazio di cinque mesi, ha la mente proiettata verso il mondiale nelle Fiandre: quale posto migliore per salire quel fatidico gradino?

L’ORGANICO

Nome CognomeNato aNaz.Nato ilPro’
Edoardo AffiniMantovaIta24.06.19962019
George BennettNelsonNzl07.04.19902012
Koen BouwmanUlftNed02.12.19932016
David DekkerAmersfoortNed02.02.19982018
Pascal EekhoornGenemuidenNed08.02.19942018
Tobias S.FossVingromNor25.05.19972017
Robert GesinkVarsseveldNed31.05.19862007
Dylan GroenewegenAmsterdamNed21.06.19932015
Chris HarperThursday IslandAus23.11.19942020
Lennard HofstedePoeldijkNed29.12.19942017
Steven KruijswijkNuenenNed07.06.19872010
Sepp KussDurangoUsa13.09.19942016
Gijs LeemreizeRuurloNed23.10.19992020
Paul MartensRostockGer26.10.19832005
Tony MartinCottbusGer23.04.19852008
Sam OomenTilburgNed15.08.19952016
Christoph PfingstenPostdamGer20.11.19872015
Primoz RoglicTrbovljeSlo29.10.19892013
Timo RoosenTilburgNed11.01.19932015
Mike TeunissenYsselsteynNed25.08.19922015
Antwan TolhoekYersekeNed29.04.19942016
Wout Van AertHerentalsBel15.09.19942016
Jos Van EmdenSchiedamNed18.02.19852008
Nathan Van HooydonckGooreindBel12.10.19952017
Jonas VingegaardHillersleyDen12.10.19962016
Maaerten WynantsHasseltBel13.05.19822005

DIRIGENTI

Richard PluggeNedGeneral Manager
Merijn ZeemanNedDirettore Sportivo
Jan BovenNedDirettore Sportivo
Sierk-Jan De HaanNedDirettore Sportivo
Addy EngelsNedDirettore Sportivo
Mathieu HeijsboerNedDirettore Sportivo
Frans MaassenNedDirettore Sportivo
Grischa Jan NiermannGerDirettore Sportivo
Arthur Van DongenNedDirettore Sportivo
Robert Thomas WagnerGbrDirettore Sportivo

DOTAZIONI TECNICHE

Grandi cambiamenti quest’anno in casa Jumbo Visma che negli ultimi anni aveva corso e con soddisfazione su bici Bianchi. Nel carosello che ha investito altre due squadre (Team Bike exchange e Team Dsm), il team olandese è passato su bici Cervélo, che fino al 2020 erano state del Team Sunweb. Diversi i modelli in dotazione: R5, S5, Caledonia-5 e P5. Tutte montate Shimano, con manubrio Fsa e pneumatici Vittoria.

CONTATTI

TEAM JUMBO-VISMA (Ned)

Rietveldenweg 47, 5222 A s-Hertogenbosch (NED)

info@teamjumbovisma.nl – www.teamjumbovisma.nl

Facebook: @JumboVismaRoad

Twitter: @JumboVismaRoad

Instagram: jumbovisma_road

Marianne Vos, una leggenda che profuma di futuro

01.04.2021
6 min
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Marianne Vos. Se chiedete in gruppo quale sia l’atleta più rispettata, le ragazze risponderanno con il suo nome. Non è scontato vincere tanto e ottenere rispetto. Annemiek Van Vleuten ad esempio vince tanto ed è ugualmente olandese, ma non è così amata. Forse perché quando perde diventa intrattabile, mentre Marianne negli anni ha saputo dominare, ma anche accogliere la sconfitta con stile, mostrando rispetto per chi l’ha battuta.

A Salisburgo 2006, Marianne Vos si presenta così: ha 19 anni e le batte tutte
A Salisburgo 2006 Vos si presenta così: ha 19 anni e le batte tutte

Chiedete a Marta Bastianelli, Tatiana Guderzo e Giorgia Bronzini che ne da lei ne hanno prese di santa ragione, ma l’hanno anche messa alle spalle nei loro mondiali.

E così, sulla porta dei 34 anni e con motivazioni sempre eccezionali, la ragazza di s’Hertogenbosch prosegue il suo grande viaggio nel ciclismo con gli occhi capaci ancora di brillare. E la sensazione in chi l’ha vista arrivare e diventare grande è che si diverta più oggi di quando era una ragazzina terribile e giocava a battere tutti i record.

Valkenburg 2012, tocca di nuovo a lei: mondiale in casa
Valkenburg 2012, tocca di nuovo a lei: mondiale in casa

Anno nuovo, vita nuova

Alla fine del 2020, Marianne ha salutato la Liv di cui era un riferimento e ha accettato la proposta della Jumbo-Visma. Ha portato in dote una carriera fatta di 2 medaglie d’oro olimpiche, 3 mondiali su strada, 2 mondiali su pista e 7 nel cross e un palmares che dal 2006 l’ha vista cogliere 253 vittorie su strada, cui vanno sommate quelle in pista, nel cross e nella mountain bike. Non è sbagliato dire che stiamo per parlare con la più grande atleta del ciclismo femminile.

Gand Wevelgem 2021, Marianne Vos
Squadra nuova e nuova bici: ecco la nuova Cervélo
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L’appuntamento è telefonico. E la cosa singolare è che è lei a chiamare. Mancano pochi giorni al Giro delle Fiandre, dopo che la vittoria nella Gand-Wevelgem le ha fatto capire che la condizione è a posto. Il tempo a nostra disposizione non è infinito, perciò entriamo subito nel discorso.

Come stai?

Bene, grazie. Recupero dopo la Gand, che ci ha messo alla prova. La condizione è buona e ho una grande motivazione nel correre con questa squadra.

Nelle prime foto ufficiali avevi lo sguardo della bimba in un parco giochi…

Sto benissimo qui. Ho ricevuto una grande accoglienza. Era un treno da prendere assolutamente, un’opportunità unica per me.

A Firenze 2013 ancora Marianne Vos: batte Johansson e Ratto
A Firenze 2013 ancora Vos: batte Johansson e Ratto
Tre anni di contratto sono un bel modo di continuare.

Non volevo entrare in questa squadra solo per un anno. So che nello sport di alto livello non sai mai per quanto tempo puoi continuare a essere competitiva, ma finché c’è la salute, il mio desiderio è continuare a correre e migliorarmi. Lasciare la vecchia squadra non è stato semplice, ma ho sentito che cambiare avrebbe rimesso in moto la mia crescita e mi avrebbe dato nuove motivazioni. L’immagine del parco giochi è abbastanza calzante.

Che cosa hai portato alla Jumbo Visma?

La mia esperienza, prima di tutto. Far parte di questo gruppo nero-giallo mi motiva a lavorare duramente, per dare il 100 per cento. Sapevo che qui avrei trovato la possibilità di curare i dettagli, anche con la squadra maschile, e che questo mi farà crescere. Correre vicino a un campione come Van Aert, così forte, mi ha dato un nuovo orizzonte. Ci tenevo a farne parte.

Nel 2013, Marianne Vos è iridata di cross e vince in Coppa a Valkenburg
Nel 2013, Vos è iridata di cross e vince in Coppa a Valkenburg
Guardandoti, si ha la sensazione che ti diverta più oggi di quando avevi 15 anni in meno.

Mi diverto molto, è vero, forse più che in passato. Amo il mio lavoro, gli allenamenti e le gare. Guardo sempre in avanti, tirando fuori il meglio ogni giorno ed è fantastico poterlo fare. Ho cambiato molto, ma continuo a usare il talento che Dio mi ha dato.

Rispetto ai primi tempi, hai però un’esperienza unica: in cosa ti aiuta?

Soprattutto a gestire meglio i finali, facendo la differenza. Mi permette di gestire meglio la pressione, che indubbiamente c’è. Al contempo, mi piace vedere arrivare e veder crescere le ragazze più giovani. Mi piace che abbiano delle domande per me. E sono felice di condividere la mia esperienza in modo che possano imparare. Ma siate certi che anche io imparo da loro e ne sono contenta. Esperienza significa imparare ogni giorno dai propri errori e non so se 15 anni fa avrei fatto questo ragionamento. Ogni giorno è un nuovo giorno, si prepara una nuova battaglia. Si curano i dettagli…

Credi che il WorldTour abbia cambiato molto il ciclismo femminile?

E’ stato un bel cambiamento. Le squadre hanno strutture ben fatte e ci sono grandi differenze rispetto ai gruppi più piccoli. Ora lo standard nel gruppo è molto alto. In più il fatto di avere la diretta televisiva permette ai nostri tifosi di seguirci e agli sponsor di avere una gratificazione superiore. Ti basta andare in corsa per percepire che vincere è sempre più difficile.

Anche il calendario ora ha un’altra consistenza, no?

Si parla nuovamente di un Tour de France femminile, abbiamo il Fiandre, la Freccia Vallone, la Liegi, il Giro d’Italia. Sono corse che le persone conoscono, nomi inconfondibili, gare storiche. Ora davvero c’è grande possibilità di mettersi in mostra.

Al Galà dell’Uci a Curacao, una Marianne Vos ben più rilassata
Al Galà dell’Uci a Curacao, una Vos ben più rilassata
Lizzie Deignan ha chiesto di avere un Tour di tre settimane, saresti d’accordo?

Mi piace l’idea di un Tour che duri tanto e abbia grandi montagne, volate e cronometro, ma forse tre settimane sono troppe in rapporto al calendario nel suo complesso. Fisicamente non vedrei problemi. Sarebbe una fatica immensa, da gestire giorno dopo giorno. Ma penserei al Tour inserito nel calendario e forse creerebbe uno scompenso. Dobbiamo fare il meglio per lo sport, armonizzandolo con il Giro e le altre corse.

A proposito di Giro, hai vinto 28 tappe e per 3 volte la classifica generale. Ti vedremo nuovamente da noi?

Il Giro è nei piani, mi piace così tanto. Credo che per strade, paesaggi e tifosi, sia la corsa più bella del mondo. Si percepisce la passione per il ciclismo.

Europei 2017 di Herning, Vos batte Bronzini e Zabelinskaya
Europei 2017 di Herning, batte Bronzini e Zabelinskaya
Che cosa ti motiva oggi?

Nel mio palmares non ci sono grosse lacune da colmare, ma voglio migliorare. E voglio che la squadra cresca insieme. Forse è questo è l’obiettivo più grande. Ci sono corse che vorrei vincere per la prima volta e altre che non sarebbe male vincere ancora. E poi quest’anno ci saranno le Olimpiadi e sarà proprio per questo una stagione molto importante.

Hai detto: «Ogni giorno è un nuovo giorno, si prepara una nuova battaglia». Prossimo step il Giro delle Fiandre?

Assolutamente, le grandi sfide mi motivano molto.

Allora ci vediamo alla partenza?

Va bene, vi aspetto sulle mie strade.

Marianne Vos (foto Cor Vos)

Da Liv saluto speciale per Marianne Vos

10.11.2020
2 min
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Dopo essere stata per anni la portabandiera del team CCC-Liv nella prossima stagione Marianne Vos vestirà la maglia di una nuova squadra. Liv Cycling, il brand di Giant pensato per il mondo femminile, ha voluto ringraziare la fuoriclasse olandese realizzando per lei un video speciale. Con questo gesto elegante Liv Cycling ha voluto ringraziare Marianne per tutto quello che ha fatto per il brand e per il movimento del ciclismo femminile a livello mondiale.

Con questo video, Liv ha inteso salutare Marianne Vos per gli straordinari anni insieme

Il 2020 è stata la quattordicesima stagione come ciclista professionista di Marianne Vos che ha iniziato la sua partnership con Liv Cycling nel 2012 gareggiando con il Rabobank Women Team (in seguito diventato Rabo-Liv).
Va ricordato che nella sua straordinaria e vincente carriera la Vos ha vinto 2 medaglie d’oro alle Olimpiadi, 3 titoli mondiali su strada, 7 mondiali nel ciclocross e 2 su pista.

Marianne Vos, Nola, Giro Rosa Iccrea 2020 (foto Cor Vos)
Marianne Vos vince a Nola la 6ª tappa del Giro Rosa Iccrea (foto Cor Vos)
Marianne Vos, Nola, Giro Rosa Iccrea 2020 (foto Cor Vos)
A Nola la 3ª vittoria al Giro (foto Cor Vos)

Definita la più grande ciclista di tutti i tempi, nel corso della sua carriera, Marianne Vos è stata una forza trainante per maggiori opportunità, brand awareness e diritti per le cicliste. L’azienda e Marianne Vos condivideranno sempre lo stesso obiettivo: portare più donne in bicicletta. Quindi, indipendentemente dalla maglia che indosserà o dalla bici che utilizzerà, il grande marchio di bici continuerà ad essere fan di Marianne Vos.

Dank je, Marianne, en veel geluk!

Grazie, Marianne, e buona fortuna!

https://www.liv-cycling.com/it