Puoi fare tutti i programmi che vuoi, certe volte la cosa migliore è fermarsi e prendersi il tempo che serve perché tutto torni a posto. E’ il motivo per cui in estate si è fermato Giovanni Visconti ed è il motivo per cui ha dovuto farlo anche Giulio Ciccone, nell’anno in cui avrebbe dovuto lasciare i primi segni importanti. Causa di tutto è stata la caduta della Vuelta, che sembrava cosa di poco conto e invece ha innescato reazioni imprevedibili.
«Il problema più evidente – ha spiegato il medico della squadra, Gaetano Daniele – nell’immediato sembrava il trauma contusivo al ginocchio destro e la ferita profonda, nella parte interna, causata dal dente di una corona, a cui si sono aggiunti altre contusioni, in particolare alla spalla destra. Gli accertamenti svolti in Italia hanno però evidenziato un trauma distorsivo, con conseguente risentimento a carico del legamento collaterale mediale. Un problema che, di fatto, ha imposto riposo assoluto per quasi tre settimane».
Punto e a capo
Punto e a capo, per questo la stagione si è fermata alla 16ª tappa della Vuelta, la prima corsa a tappe in cui sarebbe stato leader della Trek-Segafredo. Per lui, oltre al riposo, il programma alternativo alle corse ha visto trattamenti fisioterapici e una blanda ripresa degli allenamenti che da un lato hanno subito acceso le speranze di un ritorno alla piena efficienza, ma dall’altro hanno fatto propendere per la chiusura anticipata.
«Prima di pensare al 2022 – ha commentato l’abruzzese – il mio obiettivo è ristabilirmi completamente e conto di completare questa fase prima dell’inizio dell’off season, a novembre. Seguirà un lavoro più di testa, di programmazione e analisi, per rimettere insieme i pezzi della stagione conclusa e fissare i traguardi di quella nuova. Ho avuto la conferma di essere cresciuto, di aver fatto passi in avanti, ma soprattutto di avere ancora margine. Ho compreso meglio i miei punti deboli, sui quali devo lavorare, e quelli di forza, sui quali devo insistere».
Un nuovo inizio
L’anno prossimo sarà più importante di quello appena concluso e sulle spalle di Giulio, al netto delle tutele che gli si vorranno concedere, la partenza di Nibali e l’assenza di un grande leader per le corse a tappe, potrebbe fare di lui il riferimento del team Trek-Segafredo.
«Per preparare il Giro e la Vuelta – ha detto – c’è stato un grande lavoro di squadra, del quale vado orgoglioso e felice. In primis con Josu, il mio preparatore, e poi con lo staff medico. C’è stato un lavoro di analisi e comprensione per capire dove indirizzare la crescita. Questa sarà la mia forza, il mio stimolo più grande. Non ho chiuso la stagione solo con performance deludenti. Di questo siamo convinti. Sarà il nuovo punto partenza».
Un anno importante
Eppure nell’ambiente, in questo mondo che ha perso la capacità di aspettare, serpeggiano da un po’ voci di sfiducia su un ragazzo che non può fare altro che piegare il capo e promettere di rifarsi. I suoi dati non sono deludenti, i risultati sì, ma sono legati a episodi incontestabili. L’allenamento fatto male puoi coprirlo con una scusa, ma certe cadute come fai a negarle?
«E’ stata comunque una stagione importante – ha spiegato il coach Josu Larrazabal – perché il lavoro di analisi delle performance indica che ci sono stati progressi. Non siamo alla ricerca di alibi per la mancanza di risultati, un’analisi lucida e obiettiva deve tenere conto di tutti gli elementi. Al Catalogna ha avuto un problema alla schiena causato da un’infiammazione al ginocchio. Al Giro d’Italia, la caduta e l’infezione. Poi la trasferta a Tokyo, con la caduta. Infine la rincorsa della condizione alla Vuelta e un’altra caduta. Però sono emersi dei segnali positivi. Non vittorie né punti UCI, ma indicazioni fondamentali per un corridore che ancora non ha espresso il suo massimo potenziale. Ha imparato la gestione di un Giro come uomo di classifica ed è migliorato a cronometro, grazie all’aiuto di Trek. Questi sono dati misurabili che ci aiutano a comprendere la stagione e segnano il punto di ripartenza per il 2022».
Con le dita incrociate perché le cose prendano il corso voluto e sperando che la iella iniziata con il Covid nel 2020 si decida a lasciarlo in pace. I 27 anni bussano alla porta, l’età giusta per venire fuori e dimostrare che i margini ci sono e la sua non è una traiettoria in fase di stallo. Conoscendo il suo spirito, in questo momento di ripresa e riassetto, il dolore più grande gli arriva dall’orgoglio.