Con Modern Adventure, Hincapie si rimette in gioco

Con Modern Adventure, Hincapie si rimette in gioco

18.11.2025
6 min
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Il mondo del ciclismo riabbraccia un figliol prodigo, George Hincapie, del quale si erano perse le tracce da qualche anno. Uno dei nomi di punta del ciclismo americano a cavallo del secolo, vissuti sempre all’ombra di Lance Armstrong con tutte le perplessità lasciate alla storia, Hincapie è comunque uno che ha vinto tanto, anche classiche di grido come la Gand-Wevelgem del 2001. Ora è a capo della Modern Adventure, nuova squadra professional a stelle e strisce che dal prossimo anno sarà in carovana. Non sono mancati finora alcuni ingaggi importanti, come il ritorno fra i pro’ del sudafricano Stefan De Bod e soprattutto l’abbraccio a Leo Hayter, che aveva lasciato il ciclismo a soli 22 anni per colpa della depressione.

Hincapie, dall’altra parte dell’Atlantico sta lavorando alacremente al progetto, in previsione del training camp che si svolgerà a Greenville dal primo dicembre. L’entusiasmo è esattamente quello che metteva sulle strade europee e anche italiane, Paese al quale è rimasto molto affezionato.

George Hincapie, 52 anni, ha corso fino al 2012, con 28 vittorie al suo attivo
George Hincapie, 52 anni, ha corso fino al 2012, con 28 vittorie al suo attivo
George Hincapie, 52 anni, ha corso fino al 2012, con 28 vittorie al suo attivo
George Hincapie, 52 anni, ha corso fino al 2012, con 28 vittorie al suo attivo
La tua ultima esperienza da direttore sportivo è datata 2018: che cosa hai fatto da allora?

Per essere precisi sono il proprietario della squadra con 3 direttori sportivi. A quei tempi ne avevamo un paio. Io la supervisiono, la guido. Mi sono rimesso in gioco, dopo che dall’esperienza nella Holowesko Citadel mi sono concentrato solo sulla mia famiglia e sulla mia azienda di famiglia: Hincapie Sportswear. Faccio anche un podcast con Lance e viaggio per partecipare a eventi. Quindi non mi sono occupato più di squadre dal 2018, ma ovviamente sono sempre stato un appassionato di questo sport e di tutto ciò che accade. Tornare è divertente, emozionante, anche snervante, ma è una bella sensazione.

Com’è nata l’idea della Modern Adventure e quali sono le tue ambizioni?

Io voglio creare il dream team americano, il dream team del Tour de France. So che ci vorrà molto tempo, molto lavoro, molta pazienza. Mi sento come quando ho firmato con la Motorola a 19 anni. Sono arrivato in Europa e non conoscevo nessuno, ma era molto allettante per me cercare di dimostrare di essere nel posto giusto. E qualunque cosa fosse successa, volevo continuare a lavorare il più duramente possibile per diventare un ciclista professionista di successo. Trent’anni dopo, sono più o meno nella stessa posizione. Voglio dimostrare di poter costruire una squadra di grande successo e rinvigorire il ciclismo qui in America. Anche se abbiamo alcuni ciclisti straordinari americani, sono in squadre diverse in tutta Europa e non riescono a impressionare il pubblico, ad avere lo spazio d’informazione che meriterebbero. I numeri, in termini di audience, stanno diminuendo qui negli Stati Uniti. Quindi, vorrei ricostruire una squadra di serie A che i tifosi americani possano sostenere.

L'obiettivo del team di Hincapie è dare impulso al ciclismo locale e ritrovare l'affetto del pubblico
L’obiettivo del team di Hincapie è dare impulso al ciclismo locale e ritrovare l’affetto del pubblico
L'obiettivo del team di Hincapie è dare impulso al ciclismo locale e ritrovare l'affetto del pubblico
L’obiettivo del team di Hincapie è dare impulso al ciclismo locale e ritrovare l’affetto del pubblico
Nel WorldTour ci sono altre squadre americane, ma la tua ha una maggiore densità di corridori Usa. E’ una precisa scelta?

Sì, certo. E in futuro, sarà sempre così. Vogliamo avere almeno il 50 per cento di corridori americani. E’ vero, le altre squadre hanno licenza USA, ma hanno al massimo uno o due americani. Noi vogliamo fare qualcosa di diverso. Sceglieremo corridori da tutto il mondo, ma il nocciolo duro sarà sempre nostrano.

Farete attività sia in Europa che nel calendario americano?

Stiamo valutando a quali gare riceveremo inviti in Europa o in Medio Oriente, nei primi due anni correremo ovunque sarà possibile. Essendo la nostra una squadra professionistica di seconda divisione, non ha inviti garantiti. Ma in questo momento sto viaggiando in tutto il mondo, incontrando quante più persone possibile, parlando di noi e della nostra visione. Ovviamente, vogliamo gareggiare in America, ma non ci sono molte gare, quindi faremo quello che è disponibile, ma l’attenzione sarà rivolta al calendario europeo.

La domanda è d’obbligo. Considerando i tuoi rapporti con Lance Armstrong, sarà coinvolto anche lui nel progetto?

No, siamo in contatto, come detto lavoro con lui al podcast ma la squadra è completamente slegata da Lance e anche nella ricerca di sponsor mi muovo in maniera autonoma, attraverso altre vie.

Il roster della squadra americana comprende attualmente 20 corridori, di cui 11 statunitensi
Il roster della squadra americana comprende attualmente 20 corridori, di cui 11 statunitensi
Il roster della squadra americana comprende attualmente 20 corridori, di cui 11 statunitensi
Il roster della squadra americana comprende attualmente 20 corridori, di cui 11 statunitensi
Il programma americano è fatto soprattutto di criterium: secondo te sono utili e hanno un senso nel confronto con le gare europee?

Difficile dirlo, è completamente diverso. Ne faremo qualcuno. Ma non vanno sottovalutati, ci sono gare emozionanti. Sono gare brevi e adrenaliniche. Piene di azione. Anche in notturna. E’ un tipo di ciclismo diverso e non è su questo che vogliamo concentrarci, ma sicuramente ne faremo un paio di grandi solo per essere presenti, solo per costruire un seguito in termini di fan qui negli Stati Uniti. Ci sono anche gare classiche che stanno sviluppandosi, in Maryland, Philadelphia che sta tornando, poi forse faremo la Redlands, che è una corsa a tappe più piccola. E alcune corse gravel, se andranno a buon fine, per i nostri sponsor come Factor e SRAM.

Con voi torna a correre Leo Hayter: come pensate di sostenerlo dopo i difficili messi che ha passato e che cosa può fare?

E’ incredibilmente talentuoso, ha vinto il Giro NextGen, viene da una famiglia di ciclisti. Io so bene quanto sia difficile il ciclismo, mentalmente in particolar modo. Quando ho visto l’opportunità di riportarlo in un ambiente meno stressante, di fornirgli un’ottima attrezzatura e un ottimo allenamento, ho assunto Bobby Julich come mio direttore delle prestazioni. Lavoreremo tutti per togliergli la pressione, ma anche per fornirgli gli strumenti migliori per tornare al suo livello e anche meglio del suo. So che è rischioso per lui firmare con noi, una piccola nuova squadra, e anche per noi legarci a lui, visto che è appena tornato e ha trascorso così tanto tempo lontano dallo sport. Siamo d’accordo che lavoreremo tutti per il meglio. E personalmente sono molto entusiasta di averlo in squadra. Il ciclismo non perdona davvero né dà molte possibilità ai ragazzi. Io voglio essere qualcuno che può dare alle persone delle chance per tornare a praticare lo sport che tutti amiamo.

Il recupero di Leo Hayter dopo due anni d'inattività è una delle grandi scommesse per Hincapie (foto Getty Images)
Il recupero di Leo Hayter dopo due anni d’inattività è una delle grandi scommesse per Hincapie (foto Getty Images)
Il recupero di Leo Hayter dopo due anni d'inattività è una delle grandi scommesse per Hincapie (foto Getty Images)
Il recupero di Leo Hayter dopo due anni d’inattività è una delle grandi scommesse per Hincapie (foto Getty Images)
Hai intenzione di fare scouting in Europa in futuro, magari in Italia, Paese che conosci bene?

Spero di sì. Sto contattando amici che hanno contatti e conoscenze con gli organizzatori in Italia e anche Maurizio Fondriest mi ha contattato e mi sta aiutando un po’. Voglio correre in Italia, Paese che amo, vogliamo fare tutto il possibile per essere selezionati anche per le gare in Italia e se ci sarà possibilità, portare anche corridori da noi.

Tu hai vinto tanto da corridore, come ti troveresti nel ciclismo di oggi e quanto è diverso dal tuo?

Oh, è molto diverso. Noi gli allenamenti li misuravamo a sensazione, a quantità, oggi è tutto calcolato, l’allenamento, l’alimentazione, il recupero, Il sonno, l’idratazione, i watt… ci sono tanti calcoli e molte meno congetture. Tutti sanno esattamente cosa bisogna fare, quanto cibo devono mangiare. Quindi è molto più avanzato tecnicamente rispetto ai miei tempi. Penso che molti sport guardino al ciclismo per il modo in cui i ciclisti recuperano ora, per il modo in cui si allenano. Credo che sia uno degli sport tecnicamente più avanzati in circolazione.

Lo staff del team Professional, che farà attività soprattutto in Europa e Asia
Lo staff del team Professional, che farà attività soprattutto in Europa e Asia
Lo staff del team Professional, che farà attività soprattutto in Europa e Asia
Lo staff del team Professional, che farà attività soprattutto in Europa e Asia
Quali sono le tue speranze e i tuoi obiettivi per il primo anno della squadra?

Dobbiamo intanto concentrarci sull’immagine e sul branding della squadra, dare ai corridori l’opportunità di correre nelle gare più importanti. E non voglio sembrare pretenzioso, ma so che scenderemo in pista e proveremo a vincere cinque gare. Sarà molto difficile, ma voglio avere un impatto, voglio che i ragazzi si presentino sapendo di avere la migliore attrezzatura, i migliori allenatori e voglio che migliorino le loro prestazioni passate. Diventino ciclisti migliori grazie al nostro programma.

Chi si rivede: Leo Hayter freme per tornare in gruppo

21.07.2025
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Ci sono vittorie che non arrivano attraverso un traguardo o un responso cronometrico, ma che hanno molto più valore. Guardate la foto di apertura, presa dal suo profilo Instagram: ritrae Leo Hayter in gara, dopo un anno e mezzo e la sua espressione, al di là dello sforzo fisico, è quella di un giovane che ha ritrovato la passione. Ve lo ricordate? Lo avevamo lasciato lo scorso agosto quando a 22 anni aveva deciso di dare un taglio netto con la sua vita di corridore. Chiudendo repentinamente un contratto molto vantaggioso con la Ineos Grenadiers, piegandosi a quello che viene definito il “male oscuro” della depressione. Ora è un uomo nuovo, forse sarà anche un corridore nuovo.

Riavvolgiamo il nastro. Del corridore londinese si comincia a parlare nel 2021, quando raccoglie le sue prime vittorie internazionali. Di spessore, considerando che porta a casa anche la Liegi-Bastogne-Liegi per U23. Poi c’è quel cognome, quello di suo fratello Ethan sempre più in evidenza sia come sprinter di lusso, sia come finisseur, sia anche come pistard colonna della nazionale britannica. Un paragone continuo, soprattutto l’anno successivo quando dimostra di essere uno dei migliori prospetti per le corse a tappe aggiudicandosi una bellissima edizione del Giro NextGen mettendo sotto scacco corridori già molto affermati come il francese Gregoire. I giornalisti lo pressano, vogliono sapere tutto di lui, i paragoni con il fratello sono in ogni intervista.

Leo Hayter ha avuto una splendida carriera da U23, ma il passaggio fra i pro’ ha subito evidenziato i suoi problemi
Leo Hayter ha avuto una splendida carriera da U23, ma il passaggio fra i pro’ ha subito evidenziato i suoi problemi

Troppa pressione e poca pazienza

Nel 2023 approda all’Ineos Grenadiers andando ad affiancare proprio Ethan, anche se i due, per caratteristiche, s’incontrano poco. Il più grande è già affermato specialista delle brevi corse a tappe come pregiato finisseur e poi si divide con la pista. Leo è visto come un ottimo prospetto per i grandi giri, ma bisogna lavorarci sopra lentamente. Già, lentamente, una parola che nel ciclismo attuale non è molto apprezzata, figurarsi per un giovane che vuole tutto e subito. L’anno si chiude con 30 giorni di gara e buone indicazioni alla Settimana Coppi e Bartali, ma lì la sua stagione s’interrompe per 4 mesi e già qualche campanello d’allarme inizia a suonare.

L’anno dopo, corre da gennaio a maggio, ma che sia in Australia o in Europa, è sempre nel fondo del gruppo. Pallida copia di quel che si era visto solo due anni prima. Non è problema di gambe o di condizione, non è il fisico che non risponde. A giugno, prima dei campionati britannici, Leo annuncia che mette in pausa la propria carriera (attenzione a questa frase…) per curarsi da una forte depressione che lo attanaglia sin da quando ha fatto il salto di categoria. La squadra gli è sempre stata vicino, ma si è resa conto di non avere più un proprio effettivo perché da tempo Leo non è più un corridore. Servono tempo, cure, terapie per riprendersi. Il ciclismo non è più un fattore primario, almeno non “quel” ciclismo.

Il britannico, già fermo per mesi nel 2023, ha staccato a metà stagione 2024 per entrare in cura
Il britannico, già fermo per mesi nel 2023, ha staccato a metà stagione 2024 per entrare in cura

La fatica per alzarsi dal letto

«Pensavo che fosse colpa mia – racconta Leo in un suo post sui social, che da sempre sono per lui una sorta di diario di bordo – che mi mancassero le motivazioni. Non c’era sintonia tra mente e fisico. Credevo che sarebbe passato, invece non è così. A maggio 2023 ero completamente bloccato, non riuscivo a lasciare il mio appartamento ad Andorra, a fatica mi alzavo dal letto. Il team ha fatto di tutto, mi ha sottoposto a una valutazione che ha dato il responso temuto: depressione. Mi sono preso una pausa, ho iniziato a prendere dei farmaci, ho iniziato un cammino lungo, molto più lungo di qualsiasi competizione ciclistica. E più duro….

«Sono tornato a fine stagione, al Tour of Guangxi in Cina, sembrava che il ciclismo tornasse a sorridermi, che la voglia riemergesse. L’inverno è andato bene ma non appena sono tornato ad allenarmi, sono tornate le stesse percezioni e gli stessi pensieri negativi, lo stesso panico, la stessa fatica ad alzarmi, ad affrontare la vita. Mi vergognavo di non essere al livello che volevo. Non dormivo, non mi allenavo, mi chiudevo sempre più in me stesso, isolato dal mondo. E mi sfogavo sul cibo».

La ripresa di Hayter è stata lenta, con la bici ritrovata senza pressioni. La Ineos gli è sempre stata vicino
La ripresa di Hayter è stata lenta, con la bici ritrovata senza pressioni. La Ineos gli è sempre stata vicino

Le piccole scosse elettriche dell’ansia

Nel suo articolato racconto, Leo spiega anche la coesistenza con l’ansia, qualcosa che è comune a tante persone: quella macchina che ti sorpassa all’improvviso, quei piccoli normalissimi eventi che su di lui come su altri hanno l’effetto di una scossa elettrica che ti blocca per lunghi istanti. Qualcosa di difficile da sopportare nella vita quotidiana, figuriamoci per un ciclista professionista. Leo ha spiegato nei particolari anche le cause di questo stato.

«Questa pressione viene sempre da me stesso, una pressione interna per essere il migliore, ossessionato dalla perfezione, che nello sport non è qualcosa di realistico o realizzabile giorno per giorno. Le piccole battute d’arresto fanno parte dello sport, ma io non riesco a gestirle in modo positivo. Quando l’anno scorso ho fatto un passo indietro, i miei livelli di testosterone sono aumentati notevolmente, dormivo meglio, ero più socievole e non mi abbuffavo, non ho mai perso peso così rapidamente. Ho sempre ottenuto buoni risultati quando non c’è pressione su di me e mi sento tranquillo. Tutte le mie prestazioni più importanti sono arrivate in questo modo».

Nel suo cammino di rinascita Leo ha riassaporato antichi valori e piaceri come la famiglia (foto Instagram)
Nel suo cammino di rinascita Leo ha riassaporato antichi valori e piaceri come la famiglia (foto Instagram)

La lenta scalata verso la luce

Da allora, Leo è scomparso dall’ambiente, ma a ben guardare proprio in quelle parole c’erano i prodromi della soluzione. Il britannico si è dedicato completamente a se stesso, affrontando un lungo lavoro psicologico che sembra avergli restituito innanzitutto la voglia di correre, di rimettersi in gioco senza chiedere troppo a se stesso. Leo ha detto, sempre sui social, di voler ricominciare e per farlo vuole partire non più dall’alto, ma trovare (con l’aiuto dell’Ineos) un team continental per riprendere l’attività.

«Sono passati 426 giorni dall’ultima volta che ho indossato un numero di gara, ma molti di più da quando ho partecipato a una competizione con desiderio di farlo. Mi “alleno” da pochi mesi e questo è già un grande risultato, frutto di tanta terapia, frequenti telefonate, lavoro su me stesso, nuova mentalità e ritrovata motivazione. Ora sono sicuro di voler essere un ciclista, ma non è tutto ciò che sono. Per molto tempo le prestazioni scadenti e l’aspetto fisico hanno definito la mia immagine di me stesso. Non volevo allenarmi con i miei amici, né tantomeno vederli, per paura che avessero la stessa opinione degradante che avevo di me stesso».

Hayter con l’allenatore John, il preparatore atletico Chris e Nora, la sua ragazza che gli è sempre stata accanto (foto Instagram)
Hayter con l’allenatore John, il preparatore atletico Chris e Nora, la sua ragazza che gli è sempre stata accanto (foto Instagram)

15 chili in più, ma tanta voglia di tornare

Hayter ha già gareggiato al campionato catalano a cronometro: «Peso 15 chili più del mio peso forma, eppure è stata una delle mie migliori prestazioni (…) Per la prima volta dopo tanto tempo sono ottimista per il futuro. Voglio tornare al ciclismo professionistico nel 2025, intanto mi sono posto come obiettivo la Chrono des Nations del prossimo ottobre, voglio salire sul podio, ma per gareggiare devo far parte di una squadra continental. C’è qualche team che è interessato?».

Se raggiungerà quel podio lo sapremo solo con il tempo, ma già il fatto di aver trovato la voglia di esserci è una grande vittoria e un esempio per chi è nelle sue condizioni. Tanti ciclisti ci sono passati, alcuni sconfinando nella tragedia, altri come ad esempio Dumoulin piegandosi al destino. Leo ha combattuto la sua battaglia e anche se non si può dire se abbia vinto, almeno ha lanciato un grande segnale di ottimismo.

Dal trionfo alla depressione: cosa ci insegna il caso Hayter?

07.09.2024
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La storia di Leo Hayter che si ferma e racconta tutto il brutto che gli passa per la testa ha continuato a risuonarci nelle orecchie. Il britannico non è il solo giovane corridore sottoposto costantemente a sollecitazioni da primo della classe, ma forse senza volerlo è diventato l’anello debole della catena e anche il più famoso. Altri smettono, ma non hanno gran nome e nessuno se ne accorge.

E’ difficile capire se la ragione sia solo nello sport o in un conteso più ampio. Per questo abbiamo chiesto alla dottoressa Manuella Crini di leggere le sue parole, cercando di capire cosa potrebbe esserci dietro. La psicologa di Alessandria ha collaborato con il Comitato regionale piemontese per una serie di tematiche fra cui l’ansia negli atleti più giovani e difficilmente riconduce tutto al ristretto ambito dello sport di elite, seppure da lì possa scoccare la scintilla che fa partire l’incendio.

Manuella Crini, psicologa
Manuella Crini, psicologa
Lo sport è il punto di partenza?

Indubbiamente ci devono essere dei trigger, il grilletto che viene tirato affinché una patologia diventi manifesta. Indubbiamente la richiesta di prestazioni molto elevate può essere uno di questi. Quasi tutte le psicopatologie hanno una base familiare, una base genetica. Qualcosa che trasmettiamo, sia come immersione nell’ambiente relazionale primario, ma anche il modo di affrontare il dolore, di affrontare le sfide e le sconfitte. Dall’altro lato, per ciascuno di noi è una storia di vita individuale che ha comunque un peso. Hayter ha un fratello corridore, ma non è detto che due fratelli vivano la stessa esperienza familiare.

Che cosa vuol dire?

Anche due gemelli omozigoti crescono in modo diverso. Se io occupo la piastrella A, mio fratello non può occuparla quindi andrà sulla B, per cui vedrà già il mondo in modo diverso, anche se da soli 10 centimetri di distanza.

Esiste un’età nella quale sei pronto a sostenere certi stimoli legati alla richiesta di prestazioni elevate? Esiste una progressività nello stimolo dell’atleta oppure, col fatto che sono forti fisicamente, si suppone che siano fortissimi anche mentalmente?

Esisteva, una volta esisteva e dovrebbe ancora esistere. Però si è abbassata di molto e in tanti altri sport si è avvicinata a quella che nel calcio è sempre stata una soglia molto bassa. Nel calcio a otto anni o sei dentro o fuori. Si dovrebbe aspettare quantomeno la fine della pubertà (periodo che va dai 9 ai 14 anni, ndr) e l’inizio dell’adolescenza, ma ormai non si aspetta neanche quella. La competizione dovrebbe essere introdotta in adolescenza, sapendo che poi serve l’educazione per affrontarla. Fino alla pubertà in realtà, che tu vinca o perda, hai il tuo premio di partecipazione uguale per tutti. In seguito si inizia ad avere una distinzione, ma in ogni caso devi essere educato alla vittoria e alla sconfitta, che tu arrivi sul podio oppure ultimo. E come puoi reggere una pressione tanto elevata con un cervello in pieno cambiamento?

Leo Hayter e suo fratello maggiore Ethan: il piccolo è da sempre il fan numero uno del più grande (foto Instagram)
Leo Hayter e suo fratello maggiore Ethan: il piccolo è da sempre il fan numero uno del più grande (foto Instagram)
Come?

E’ un bombardamento di cortisolo (un ormone la cui produzione aumenta in condizioni di stress psico-fisico severo, per esempio dopo esercizi fisici estremamente intensi e prolungati, ndr). Puoi viverla da incosciente oppure, se rifletti su quello che stai vivendo e senti la pressione del non essere riuscito, rischi di bloccarti. Ci sono ragazzi molto forti che arrivano davanti al test più severo e si bloccano, come lo studente davanti all’esame che dà più volte e non riesce a superarlo. Si allenano, sentono di essere forti, arrivano al giorno della gara, falliscono e si convincono che nessuna squadra li vorrà mai. Spesso dietro ci sono storie di vita, famiglie disintegrate e altri aspetti personali. E le famiglie spesso sono causa di problemi, tanto che parte del mio lavoro è formare gli istruttori e i tecnici su come gestire le famiglie. Perché spesso la famiglia è invasiva con le sue richieste. Il genitore che magari si improvvisa allenatore per avere anche qualche vantaggio economico, ma non sa nulla di quel mondo.

Hayter ha vinto il Giro d’Italia e nei due anni successivi ha iniziato ad avere questi problemi, smettendo di vincere. Prima hai parlato di educazione alla sconfitta…

Il valore della sconfitta, se viene legato al sentirsi un perdente, è tremendo perché diventa un fatto personale, soprattutto per il tardo adolescente che ancora non è nel mondo adulto al 100 per cento. Se non te lo hanno insegnato, non riesci a scollegare le cose. Ho vissuto una sconfitta e ci sono due possibilità. Se la sconfitta è là, fuori di me, allora l’approccio è giusto. Ma se la sconfitta è dentro di me, mi sento un perdente. E se io sono un perdente, devo ricoprire il ruolo che ho addosso. Mi comporto da perdente in maniera incoscia, inconsapevole, comunque non volontaria. E se mi sento perdente, non riesco più a gestire nulla. Forse allora con questi ragazzini e in chi lavora con loro, la cultura della sconfitta diventa fondamentale.

Vincendo la tappa di Pinzolo, Leo Hayter mette l’ipoteca finale sul Giro U23 del 2022
Vincendo la tappa di Pinzolo, Leo Hayter mette l’ipoteca finale sul Giro U23 del 2022
Anche per guidarli nell’eventuale ripresa?

Certo, non basta ributtarli nella mischia e dirgli di andare: il lavoro deve iniziare da prima. Non dico che devi essere contento di essere sconfitto, ma devi saperti gestire. C’è stata polemica dopo la gara di Benedetta Pilato nel nuoto alle Olimpiadi. Mi è piaciuta molto, è arrivata a quarta invece l’hanno messa in croce perché era contenta di esserci riuscita. Però questa è la cultura, vorrei dire italiana ma credo dell’essere umano, per cui non c’è niente da festeggiare se non hai preso una medaglia. Invece poteva essere veramente una lezione di vita pazzesca. Ha festeggiato perché ha raggiunto un obiettivo che per lei era elevato, anche perché il primo posto è uno e non possiamo occuparlo tutti. 

Una volta una rivista titolò, rivolgendosi a un atleta: se non vinci, non sei nessuno…

Il mondo dello sport secondo me è cresciuto per anni con gli atleti trattati come bestie. E se uno che ce l’ha fatta a suon di botte, ripropone lo stesso modello ritenendolo unico, la catena non si spezza. C’è una fetta di atleti che ha raggiunto degli obiettivi attraverso la mortificazione e quindi applica lo stesso modello, convinto che sia comunque valido perché in tanti casi ha funzionato. Ma se un modello funziona con me, non è per forza universalmente valido. Magari mi è solo andata bene. E poi siamo sicuri che abbia funzionato? Ha fatto di te un atleta migliore, ma vogliamo parlare della persona che sei diventato? Il successo non può essere ridotto solo alla vittoria della gara, c’è anche il successo della vita. E torniamo sempre al fatto che ci dimentichiamo che dietro l’atleta c’è un essere umano.

Benedetta PIlato e la sua esultanza a Parigi per il quarto posto nei 100 rana a un centesimo dal bronzo (foto coni.it)
Benedetta PIlato e la sua esultanza a Parigi per il quarto posto nei 100 rana a un centesimo dal bronzo (foto coni.it)
Cosa faresti se Leo Hayter fosse un tuo paziente?

Intanto, come hanno già fatto, lo bloccherei per un po’ dalle gare, anche dal fargliele vedere. Cercherei di capire, non darei tutto il peso della malattia allo sport, perché credo sia sbagliato. Dietro questo ragazzo c’è un mondo, quindi mi focalizzerei più sulla persona da un punto di vista prettamente terapeutico, psicologico. E poi da un punto di vista più psicoeducativo, lavorerei molto sul significato della sconfitta, su quello che per lui la sconfitta può veramente voler dire, quindi sui suoi nuclei centrali. La tratterei come una depressione normale, nel senso che non darei neanche tutto questo peso allo sport. E poi se ad un certo punto non sarà in grado di tornare a correre, farà altro. Non cercherei di aiutarlo ad uscirne solo per poter fare sport, che invece mi sembra una delle cose su cui tutti puntano.

Racconta di essersi sentito in colpa mentre era in tribuna a vedere il fratello alle Olimpiadi.

Non andarci a vedere le gare, stanne un po’ lontano, disintossicati da quello che evidentemente ti fa star male! Vediamo come va. Poi, piano piano, si potrebbe procedere con una desensibilizzazione, perché non c’è solo la componente depressiva, ma anche una componente ansiosa non da poco, che è controllante. Perché devo andare a vedere le gare se sono fuori? Veramente sto facendo harakiri. Quindi forse lo terrei un po’ lontano e lavorerei, come davanti a una depressione qualsiasi, in maniera farmacologica e in maniera poi terapeutica sui significati.

Leo Hayter ha avuto un’adolescenza di successi e riconoscimenti, sfociati nel passaggio al professionismo
Leo Hayter ha avuto un’adolescenza di successi e riconoscimenti, sfociati nel passaggio al professionismo
Quindi prima l’uomo e poi l’atleta?

Smetterei di trattarla come una malattia dello sport, perché non lo è. Poteva diventare depresso per colpa di qualcos’altro. Se nella vita invece che fare il ciclista avesse fatto il caporeparto al Bennet, chi mi dice che la pressione del lavoro non lo avrebbe destabilizzato comunque? Diciamo che lo sport di altissimo livello ha fatto da cassa di risonanza. Le aspettative nello sport indubbiamente sono un trigger più potente. Ci sono tante patologie di questo tipo, guardate gli attori, i cantanti… Dove c’è un’aspettativa molto alta e senti che non puoi fallire, allora è più facile che tu fallisca. Poi in generale c’è stato un aumento di disturbi d’ansia in tutti i ragazzini e anche negli adulti. Abbiamo tutti lo Xanax nella borsa, perché ormai non riusciamo più a tollerare di poter stare in ansia. L’ansia di fronte a eventi importanti della vita è una condizione normale, invece l’abbiamo patologizzata. E quindi ora c’è più probabilità di sviluppare delle patologie nei giovani, che sono meno attrezzati per fronteggiare tante cose. Non sono più capaci di lasciar andare, ogni ostacolo diventa insormontabile e alla fine crollano. E se leggete bene le sue parole, è quello che sta vivendo questo ragazzo.

Il passo indietro di Leo Hayter apre la porta nascosta

17.08.2024
10 min
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Nei giorni delle Olimpiadi in cui era a Parigi a tifare per suo fratello Ethan, argento nel quartetto, Leo Hayther, vincitore della Liegi e del Giro Giovani U23 del 2022 ha scritto un lungo racconto. Un testo doloroso e crudo, con il quale annuncia che di qui al prossimo anno non lo vedremo più in corsa con la maglia della Ineos. Non lo vedremo e basta.

A 23 anni, compiuti il 10 agosto, il giovane britannico deve fermarsi per una depressione, diagnosticata dallo staff medico della squadra britannica (già dai tempi in cui si chiamava Sky, il team aveva in organico uno psichiatra). Ha provato a ripartire, ma ogni volta è stato peggio. Si è isolato dal mondo. Ha chiuso con gli amici. Il giudizio degli altri lo schiaccia.

Giro d’Italia U23, a Pinzolo la prima vittoria di Hayter che, commosso, viene raggiunto dai compagni
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Un velo da sollevare

Quanto volte si è letto che il ragazzo fosse destinato a un grandissimo futuro? Leo imputa tutto alla pressione che mette su se stesso nel nome della ricerca della perfezione e della magrezza. Eppure, ricollegando la sua storia alle riflessioni di corridori più grandi, ad esempio Trentin, pensiamo che tutto ciò apra una finestra sull’estremizzazione della pressione sugli atleti. Può anche dipendere da lui, ma è innegabile che un ragazzo di 18 anni non abbia la struttura psicologica per sostenere le attese e le pressioni dello sport di vertice. E’ la gradualità cui oggi si sono voltate le spalle. Speriamo che allo stesso modo in cui le parole di Jani Brajkovic ruppero il silenzio sui disturbi alimentari, questo racconto di Hayter faccia capire agli altri ragazzi che vivono la stessa situazione che non sono soli.

«E’ un ciclismo che corre velocedisse Trentin a dicembre – a volte secondo me anche troppo. Nella mia ex squadra c’è il pienone di ragazzini. Ho sentito che a qualcuno del Devo Team hanno fatto il contratto per sette anni, forse si sta correndo un po’ troppo in questa direzione. Cosa ne sai di quel che può accadere fra così tanto tempo? Io credo che questi ragazzi fra non molti anni avranno bisogno di supporto psicologico, perché tante pressioni non le reggi se non sei un po’ adulto e magari rischi di cadere in brutte abitudini per farti forza. Si continua a sovraccaricarli di attese».

Quello che segue è il racconto di Leo Hayter nella sua interezza. Lo abbiamo suddiviso per capitoli per agevolarne la lettura.

Dopo la vittoria al Giro Giovani 2022, tanti indicarono in Hayter il futuro britannico nei Giri, il dopo Froome
Dopo la vittoria al Giro Giovani 2022, tanti indicarono in Hayter il futuro britannico nei Giri, il dopo Froome

Il racconto di Leo Hayter

Ciao a tutti, sono scomparso da un po’ di tempo, sento che ora è il momento giusto per raccontare la mia storia.

Ho avuto problemi mentali negli ultimi 5 anni. E’ qualcosa che per molto tempo ho semplicemente “affrontato”. Ho pensato di essere solo pigro, di non avere motivazione. Questo doveva essere un racconto breve, ma è semplicemente impossibile ridurlo senza avere la sensazione di perdermi dettagli importanti.

Lo scorso maggio ho toccato il fondo. Ero completamente bloccato. Non potevo lasciare il mio appartamento ad Andorra, riuscivo a malapena ad alzarmi dal letto. Il mio team di supporto INEOS mi ha riportato a casa e mi ha fatto una valutazione professionale, dove mi è stata diagnosticata la depressione.

Ho preso una pausa dal ciclismo, ho iniziato a prendere farmaci e mi è stato detto che per l’anno scorso non avrei più dovuto gareggiare, ma mi sono sentito subito meglio.

Al Tour of Guangxi 2023, per Leo un finale di stagione che aveva fatto sperare
Al Tour of Guangxi 2023, per Leo un finale di stagione che aveva fatto sperare

Ritorno a Guangxi

Sono tornato al Tour of Guanxi alla fine della stagione, tutto sembrava a posto. Mentalmente e fisicamente, ero nel miglior posto in cui fossi stato per molto tempo. Ho avuto una buona off season, ma non appena sono tornato ad allenarmi, quelle stesse percezioni e pensieri negativi sono tornati.

Prima del ritiro di dicembre sono andato in modalità panico totale, non riuscivo quasi ad alzarmi dal letto. Ero imbarazzato perché non sarei stato al livello che volevo. Non ho dormito molto in quei giorni, non mi sono nemmeno allenato. Mi sono chiuso nella mia bolla, non ho risposto a nessuno e ho tenuto per tutto il tempo il telefono in modalità silenziosa. Era come se sentissi di deludere le persone e di non riuscire nemmeno a controllare le mie azioni.

Rifugio nel cibo

Quando sono in questi stati di forte ansia, il metodo di difesa a cui ho sempre fatto ricorso è il cibo. Ovviamente, come atleta professionista, non è l’ideale, ma per me è incontrollabile. Mangio in modo compulsivo tutto ciò che mi capita davanti e molto spesso mi sento male. Poi mi sento in colpa per essermi abbuffato. Mi faccio morire di fame, prima di sentirmi completamente vuoto e di mangiare di nuovo un sacco di cibo. Ovviamente, questo mi porta ad aumentare di peso, quando il mio obiettivo è l’opposto, causando ancora ansia e continuando nello stesso circolo vizioso.

Sono arrivato al ritiro di dicembre. La prima settimana è andata bene, nella seconda settimana ero a letto con la febbre. Quando sono tornato a casa, ho attraversato la stessa situazione di prima del ritiro. Ero nervoso per il Tour Down Under, non ancora pronto e fuori forma. Ho avuto costantemente “shock” di ansia, in certi momenti tutto il mio corpo si bloccava: questo perché il sistema nervoso era in modalità “combatti o fuggi”.

Settimana Coppi e Bartali 2023, prime corse da pro’ e Leo è subito battagliero
Settimana Coppi e Bartali 2023, prime corse da pro’ e Leo è subito battagliero

Un’enorme montagna

E’ difficile spiegare quello che mi accade. La mia ansia è solo aumentata. Cose che di solito non mi darebbero fastidio, come un’auto che mi sorpassa su una strada, mi bloccano e rendono l’uscita poco piacevole.

Eppure in Australia ho vissuto dei bei momenti, ma quando sono tornato è successa la stessa cosa. Al UAE Tour sentivo di non essere dove avrei voluto. Negli ultimi anni non mi sono mai sentito dove volevo essere, ho sempre avuto la sensazione che ci fosse un’enorme montagna da scalare per raggiungere il livello a cui “dovrei” essere. Questo ciclo continuo di nessun progresso finisce per essere molto estenuante.

Ho trascorso la prima metà di questa stagione a combattere davvero contro questo. Sapevo che era la mia “ultima possibilità”. Stavo facendo di tutto, compresi ritiri in quota organizzati e pagati da me. Nessuno dei due ha avuto successo.

Ossessionato dalla perfezione

Le mie difficoltà mentali hanno enormi effetti fisici su di me. Dormo a malapena. Non riesco a recuperare. L’ansia porta a un assorbimento di cortisolo. Quando l’anno scorso ho fatto un passo indietro, i miei livelli di testosterone sono aumentati in modo significativo. Dormivo meglio, ero più socievole e non ho mai perso peso così rapidamente. Ho ottenuto i risultati migliori quando non c’era pressione su di me e mi sentivo calmo. Tutte le mie più grandi prestazioni sono arrivate in questo modo.

Per essere chiari, questa pressione viene sempre da me stesso. Una pressione interna per essere il migliore, ossessionato dalla perfezione, che nello sport non è qualcosa di realistico o realizzabile giorno dopo giorno. I piccoli contrattempi fanno parte dello sport, ma non riesco proprio a gestirli in modo positivo. Una brutta prestazione o un giorno storto e vado nel panico, al punto di perdere il controllo della situazione.

Ancora Giro d’Italia Giovani 2022, Leo con il suo diesse Axel Merckx che ha garantito sul suo essere pronto per passare pro’
Giro d’Italia 2022, Leo con il diesse Axel Merckx che ha garantito sul suo essere pronto per passare pro’

Nessun progresso

Ho raggiunto il punto di rottura prima del Tour de Hongrie di quest’anno. Durante tutto il viaggio ho avuto ripetutamente attacchi di panico. Non riuscivo a concentrarmi su nulla. All’aeroporto mi hanno detto che non avevo bisogno di correre, ma ero determinato. Ho messo una faccia da poker, sono partito e ho pedalato bene. Al ritorno però ero esausto.

Sapevo che non potevo continuare così, ma sapevo anche che se mi fossi fermato per fare un passo indietro, realisticamente la mia carriera sarebbe stata in pericolo. Ho trascorso giorni, settimane completamente bloccato. Alla fine ora sono in una posizione simile a quella di qualche mese fa. Ho fatto un’altra valutazione medica, in cui era chiaro che i miei sintomi depressivi non stavano migliorando, anzi forse stavano peggiorando. Ciò mi ha rassicurato sul fatto che non dipendesse solo da me.

Non è qualcosa che può essere cambiata da un giorno all’altro. Sto seguendo una terapia in questo momento, ma è un processo. Ho già fatto alcune sedute con uno psicoterapeuta che non hanno funzionato, quindi è stato come tornare al punto di partenza. Sono molto fortunato ad avere accesso ai migliori psicologi del mondo tramite il team, per cui prossimamente lavorerò a stretto contatto con loro.

Un anno di stop

E’ improbabile che quest’anno correrò di nuovo. C’è ancora tempo e potrei farlo, ma a posteriori non è stata una buona scelta tornare neanche l’anno scorso.

Ho sempre avuto la convinzione che diventare più in forma e più magro mi rendesse felice, ma nasconde solo il vero problema. Non appena mi fermo, i miei pensieri negativi tornano. Raggiungere la forma migliore è come mettere un cerotto su una ferita che invece ha bisogno di punti di sutura.

Al momento anche il mio futuro nel ciclismo non è chiaro. Per ora è irrealistico continuare come ciclista professionista, quindi non correrò per INEOS l’anno prossimo. Quando riesco a mettermi nella giusta disposizione mentale, non c’è niente che mi piaccia di più. E’ come una dipendenza. Ecco perché non poterlo fare è così doloroso. Ho tutto quello che ho sempre desiderato, ma non sono felice.

Qualunque cosa accada, la mia carriera ciclistica non è finita. E’ solo in pausa. Lo devo a me stesso e a tutti coloro che hanno lavorato così duramente per me negli ultimi 10 anni per portarmi dove sono.

Così sul podio della crono U23 di Wollongong nel 2022: un bronzo in cui non credeva
Così sul podio della crono U23 di Wollongong nel 2022: un bronzo in cui non credeva

Il bronzo di Wollongong

So che se riesco a cambiare i miei comportamenti, la mia costanza arriverà e sarò a un livello che non sono mai stato in grado di mostrare prima. Negli ultimi 4 anni non credo di aver avuto più di una manciata di periodi in cui mi sono allenato costantemente per alcuni mesi. Quando ci sono riuscito, ho ottenuto vittorie come la Liegi-Bastogne-Liegi o il Giro U23, ma le singole prestazioni non sono ciò che rende grande un corridore.

Ricordo che prima del mondiale di Wollongong nel 2022 il mio agente dovette venire a casa mia per convincermi ad andare. Ero in lacrime. Non potevo immaginare niente di peggio. Ero convinto che avrei fallito. Ero grasso, non ero abbastanza forte per correre. Avevo trascorso una settimana a letto, la mia bici era rotta e io ero completamente bloccato. Sono arrivato e ho ottenuto una medaglia di bronzo nella cronometro.

Il giudizio degli altri

Vorrei anche aggiungere che mi sembra incredibilmente sbagliato scrivere questo. Ho pensato per mesi che farlo fosse una buona idea. Mi sono seduto ogni giorno per farlo e mi ritrovavo a fare qualcos’altro, ma questa attesa è durata troppo a lungo. Al momento non esco di casa, per quasi niente. Ho paura. Anche scrivendo questo ora riesco a percepire quanto sia stupido in realtà, ma non cambia il fatto che è come mi sento.

Mi sono sempre preoccupato della percezione che le persone hanno di me. Ora sono a un punto in cui questo finisce solo per debilitarmi. E se esco e vedo qualcuno che conosco? E se mi chiedono dove sono stato? E se pensano che ho messo su peso? E se pensano che sono pigro? Questo è il genere di cose che mi passano per la testa, in ogni situazione.

E’ il motivo per cui prendo le distanze da tutti. Ho perso tanti grandi amici negli ultimi anni. Non perché abbiamo litigato, ma semplicemente perché mi sono allontanato da loro quando ero in difficoltà. Le persone mi mandano messaggi per chiedermi come sto e io non riesco proprio a rispondere. Cosa dovrei dire? Fino a che punto ho detto cose brutte o stronzate? Mi considereranno meno se sono in difficoltà?

Leo Hayter ha scritto il suo racconto nei giorni di Parigi in cui ha seguito suo fratello Ethan, argento nel quartetto
Leo Hayter ha scritto il suo racconto nei giorni di Parigi in cui ha seguito suo fratello Ethan, argento nel quartetto

A Parigi in tribuna

E’ anche una delle cose che mi tiene lontano dalla bici. Vorrei essere più sano, più in forma e più vicino al mio peso forma. Mi piace andare in bici all’aperto, ma cosa succede se qualcuno mi vede e mi chiede come sto? Vede che sono chiaramente sovrappeso per un ciclista professionista? Penseranno che sono pigro e che faccio perdere tempo alla squadra? Rideranno di me per il mio aspetto?

Mentre scrivo questo, sono a Parigi a guardare mio fratello alle Olimpiadi. Anche questo non mi sembra giusto, mi sento a disagio solo a essere qui. Vedere e confrontarsi con amici e familiari è difficile, ma ancora di più mi sembra sbagliato poter godere di qualcosa. Se non sto nemmeno facendo il mio lavoro in questo momento, merito di divertirmi?

Voglia di tornare

E’ come se non ci fosse una situazione che non mi spaventi. Se non fosse stato per la mia ragazza, non credo che avrei avuto alcun contatto umano negli ultimi 3 mesi. Per questo sarò sempre grato. Anche nei giorni peggiori riesco a vederla e a dimenticarmene per un po’.

Vorrei anche dire un enorme grazie e scusarmi al mio team di supporto di INEOS e oltre. Non posso fare a meno di sentirmi come se vi avessi delusi tutti, ma ci sto provando. Davvero. Il mio allenatore Dajo, gli psicologi Tim e Robbie e il mio agente Jamie mi hanno sostenuto negli ultimi anni, ma non sono riuscito a ripagare quella fiducia e quella convinzione come vorrei.

Spero che scrivere questo e renderlo pubblico renderà più facile contattare i miei amici, vedere persone, fare cose normali. Non ho pedalato negli ultimi mesi, ma non ho nemmeno vissuto. Spero di potervi aggiornare tutti nel prossimo futuro con qualcosa di più positivo. Tornerò a gareggiare di nuovo ai massimi livelli del ciclismo, non so ancora quando. Ma quando lo farò, sarò pronto.

Leo

Leo Hayter, a piccoli passi nel mondo dei pro’

24.03.2023
6 min
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RICCIONE – Le strade della Coppi e Bartali non sono una novità per Leo Hayter. Il 21enne talento della Ineos Grenadiers era già stato alla breve corsa a tappe emiliano-romagnola nel 2021, quando era una promessa del Devo Team DSM. All’epoca dovette ritirarsi all’ultima tappa. Quest’anno invece, e ce lo aspettavamo, le cose stanno andando diversamente. Attualmente è undicesimo nella generale a poco più di un minuto da Schmid.

Già perché nel frattempo Hayter è diventato grande, non solo anagraficamente. L’anno scorso sulle colline forlivesi al Città di Meldola aveva ottenuto un secondo posto come trampolino di lancio al Giro d’Italia U23, poi dominato grazie a condizione e impresa favolose. In pratica le due stesse gare, Giro U23 e Coppi e Bartali appunto, in cui il fratello maggiore (e compagno di squadra) Ethan è stato a sua volta protagonista. Tuttavia il giovane Leo sorride davanti a certe coincidenze senza farci troppo caso e tiene sott’occhio la sua crescita.

Finora sulle salite della Coppi e Bartali, Leo è sempre stato col gruppo dei migliori
Finora sulle salite della Coppi e Bartali, Leo è sempre stato col gruppo dei migliori

Vita da pro’

Dopo il finale di 2022 come stagista alla Ineos, lo scalatore londinese ha iniziato la sua carriera da pro’ a tutto tondo ad inizio stagione. Come stanno andando questi mesi? E che differenze ha incontrato finora rispetto al passato? Leo risponde con estrema serenità.

«Forse non è andata come speravo – esordisce Hayter, alto 1,78 metri per 65 chilogrammi di peso – è stato un percorso un po’ dritto e un po’ accidentato. Al momento però sta andando sempre meglio, di settimana in settimana. Le ultime gare sono state buone e per ora posso ritenermi soddisfatto.

«Ad essere onesti non ho notato particolari diversità dall’anno scorso. Stessi tipi di gare, solo un po’ più dure. Stessi allenamenti, solo un po’ più lunghi. Non è stato un passo così ampio come si poteva pensare quando già correvo in un team continental U23 di alto livello (la Hagens Berman Axeon di Axel Merckx, ndr). Si fanno le stesse cose, ma in quantità maggiore».

Quotidianità. Riunione e podio firma sono due dei tanti momenti che un corridore vive in una gara
Quotidianità. Riunione e podio firma sono due dei tanti momenti che un corridore vive in una gara

Ambiente giusto

Per un corridore inglese può essere scontato l’ingaggio nella Ineos. Anche se Hayter junior fa parte di una nidiata di giovani dalla classe innata, l’inserimento di un neopro’ deve sempre prevedere diversi passaggi.

«Mio fratello Ethan è stato certamente la prima persona a cui ho chiesto consigli – prosegue Leo –quando ho saputo che sarei arrivato in questa categoria. Però ho anche altri riferimenti in squadra per mia fortuna. Qua alla Coppi e Bartali ho davvero compagni molto gentili e disponibili, che mi guidano giorno per giorno durante la tappa e anche fuori dalla corsa. Ad esempio uno di questi è Luke (Rowe, ndr) che è un corridore molto esperto ed ha un ruolo importante. Lui finora mi ha sempre detto dove stare in gruppo. E’ un piacere avere compagni così. D’altronde la Ineos è una formazione che ha un ottimo mix. Noi giovani possiamo imparare meglio ed alzare il nostro livello grazie a compagni esperti, specie nelle gare al Nord».

Alla scoperta di sé

Leo Hayter è passato pro’ con le stimmate del campione, ma bisogna restare cauti nel pretendere subito gli stessi risultati che arrivavano da U23. Lui sa che c’è tempo per maturare e centrare gli obiettivi più importanti.

«Per il momento – spiega – non penso a vincere o fare particolari piazzamenti degni di nota. Mi sto concentrando di più sulla mia progressione da corridore giorno per giorno, curando specialmente il mio stile di vita. E’ tutta esperienza e mi sono già accorto che ho fatto miglioramenti nell’ultimo mese».

«E’ ancora troppo presto – conclude Hayter – per dire se mi sto scoprendo un corridore diverso dal passato. Ho lottato finora nelle stesse situazioni di gara in cui sono bravo, ma il mio ruolo ancora non so esattamente quale sia. In carriera ho vinto gare in pochi modi diversi usando alcune mie abilità. Sono uno scalatore, ma devo anche cercare di acquisire una maggiore consistenza e differenti modi di correre. Quando inizierò a farlo, saprò cosa sarò in grado di fare

Visto da Cioni

«Ha iniziato bene Leo – racconta il diesse tosco-inglese della Ineos – partendo dall’Australia col Tour Down Under e poi con un po’ di corse qua in Europa. Ha fatto un primo periodo di ambientamento al salto di categoria anche se qualche esperienza l’aveva già fatta l’anno scorso. Sta imparando e naturalmente alla sua età si hanno sempre margini di miglioramento»

Leo Hayter ha iniziato il 2023 al Down Under. In aprile dovrebbe correre sulle Ardenne
Leo Hayter ha iniziato il 2023 al Down Under. In aprile dovrebbe correre sulle Ardenne

«Alla fine del 2022 – continua l’analisi Cioni – ha dimostrato di andare forte a crono facendo terzo al mondiale U23. Per vincere il Giro U23 era andato forte in salita e penso che sia un corridore abbastanza completo. Da lì ad essere competitivo nelle grandi corse a tappe tra i pro’ ce n’è ancora di strada, ma comunque ha molte qualità. Rispetto a suo fratello è un corridore diverso, anche caratterialmente. Ethan è sicuramente più veloce, mentre Leo è più scalatore. Hanno in comune che entrambi vanno forte a crono.

«La nostra idea – termina – è che Leo faccia un mix tra le corse WorldTour e altre come la Coppi e Bartali. In questo periodo siamo impegnati su tre calendari. In alcune gare Leo può lavorare per capitani affermati, mentre nelle altre partiamo sempre con ruoli un po’ più aperti, specie nelle prime tappe. Quindi in questo tipo di gare può essere un leader strada facendo».

Barale macina chilometri in Spagna e fissa gli obiettivi

06.12.2022
6 min
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Dai Pirenei alla Costa Blanca, è la rotta verso sud e verso il 2023 di Francesca Barale. La 19enne scalatrice del Team DSM ha trascorso le settimane scorse ad Andorra e in queste ore si è trasferita a Calpe in attesa di iniziare il primo training camp della prossima stagione.

Di chilometri ne ha fatti Barale in questo scorcio di autunno, adesso che può farli con continuità. Non ha avuto alcun problema a superare l’esame di maturità e nemmeno quello del primo anno elite. Sfruttiamo quindi un suo momento di relax di metà pomeriggio per sapere come potrebbe essere la prossima stagione.

Selfie rosa: Francesca assieme al fidanzato Leo Hayter, vincitore del Giro U23 nel 2022
Selfie rosa: Francesca assieme al fidanzato Leo Hayter, vincitore del Giro U23 nel 2022
Francesca raccontaci la tua campagna in terra iberica.

Sta andando bene. Dopo un periodo di vacanza sono venuta ad Andorra, a casa del mio fidanzato (Leo Hayter della Ineos Grenadiers, ndr) per allenarmi con lui. Anche se qui siamo a 1.200 metri di altitudine, abbiamo sempre avuto un clima molto mite. Qua la vallata è molto più aperta e soleggiata rispetto a quella in cui abito in Italia. Ho fatto quasi un mese con Leo ma, siccome ad Andorra iniziava a fare più freddo, adesso sono a Calpe con una compagna di squadra. Fino al 12 dicembre saremo solo in due, poi arriva tutta la squadra e staremo assieme fino al 20.

Com’è stata questa convivenza in altura con Leo tra allenamenti e tutto il resto?

Buona, perché ci siamo motivati a vicenda quando il meteo non era dei migliori. Tranne in qualche caso in cui usavamo l’auto, solitamente partivamo da casa in bici, scendevamo a valle, facevamo i nostri lavori e rientravamo. Praticamente ogni giorno un arrivo in salita visto che andavamo oltre La Vella, la capitale. Per la verità però abbiamo fatto pochi allenamenti assieme dall’inizio alla fine, perché spesso avevamo tabelle diverse. E poi perché quando lui va via normale, io sono quasi a tutta (ride, ndr). In ogni caso ci siamo scambiati consigli, Leo me ne dà molti e tendo ad ascoltarlo. Fatica invece ad applicarsi con l’italiano. Sono meglio io con l’inglese.

Podio WorldTour: con il Team DSM Francesca ha ottenuto il terzo posto nella cronosquadre di Vargarda in Svezia (foto Vos)
Podio WorldTour: con il Team DSM Francesca ha ottenuto il 3° posto nella cronosquadre di Vargarda (foto Vos)
L’ultima volta che ci siamo sentiti stavi per finire la stagione. Come sono andate le ultime gare?

Molto bene. Ho chiuso in crescendo, proprio come facevo le stagioni precedenti da junior. La Vuelta mi è piaciuta tanto, per come è stata disegnata. E’ andato bene anche il Tour de Romandie. Ma è nel mezzo, in Francia alla Binche che sono andata proprio forte. Anzi, ci voleva un pizzico di fortuna in più…

Spiegaci pure…

Ho seguito la tattica del nostro diesse e sono andata in fuga. Eravamo in sei, ognuna di una squadra diversa. Il finale era mosso e sono rimasta con una ragazza della Plantur-Pura e una del Team Coop-Hitec. Ci hanno ripreso a 700 metri dal traguardo. Da dietro alcune squadre avevano iniziato a tirare per chiudere. Quando ci hanno messo nel mirino anche la DSM ha iniziato a lavorare. Per fortuna che ha vinto Lorena (Wiebes, ndr) così ha sistemato tutto. Io alla peggio avrei fatto terza, che non mi sarebbe affatto dispiaciuto, ma sono contenta lo stesso. Mi sono sentita protagonista.

Francesca Barale è nata il 29 aprile 2003 ed è originaria di Domodossola
Francesca Barale è nata il 29 aprile 2003 ed è originaria di Domodossola
Che effetto ti ha fatto essere nel vivo della corsa da debuttante nella massima categoria?

Dopo l’arrivo ero stanca e consapevole di poter non solo finire bene le gare, ma aiutare la squadra come si deve. Nel finale di stagione ho capito di essere cresciuta tanto.

A proposito di Wiebes, com’è stato il tuo rapporto con lei e com’è avere una compagna così?

Nella seconda parte dell’anno abbiamo corso tanto assieme, nonostante le diverse caratteristiche fra di noi. Ci siamo conosciute molto meglio. Correre con una come lei ti dà leggerezza. In gara ti fai il mazzo ma sai che Lorena è una certezza, che vince. Quest’anno per noi è sempre stato così. Ora che è andata alla SD Worx, il suo posto è stato preso da Charlotte (Kool, ndr), che era la sua ultima ruota. E’ molto forte, può vincere tante gare, anche contro Lorena.

Barale con la coetanea Uijen. Nel 2023 il Team DSM avrà una età media di quasi 21 anni (foto instagram)
Barale con la coetanea Uijen. Nel 2023 il Team DSM avrà una età media di quasi 21 anni (foto instagram)
Quante possibilità ci sono di vederti nei grandi giri a tappe?

Non c’è nulla di ufficiale, visto che dobbiamo ancora parlare dei programmi, ma uno tra Giro Donne e Tour Femmes lo farò. Però bisogna stare con i piedi per terra, perché nelle elite ci vuole tanta esperienza, specie in queste gare.

Ci sono altri appuntamenti a cui guardi con interesse?

Ce ne sono alcuni con la nazionale. Al mondiale non ci penso perché sarà per ruote veloci. Invece vorrei guadagnarmi la convocazione per gli europei U23. Si correranno in Olanda attorno al Vam-berg (o Col du Vam, ndr). Il circuito potrebbe essere adatto alle mie caratteristiche, anche se su quella collina artificiale ci vuole esplosività. Infatti io vorrei disputare la crono dove potrei sentirmi più portata. Poi, sempre con la maglia azzurra, mi piacerebbe correre la prima edizione del Tour de l’Avenir Feminin (in programma dal 29 agosto al 2 settembre, ndr), quasi in contemporanea con quello maschile. Mentre con la DSM ad inizio stagione vorrei riscattarmi a Cittiglio. Quest’anno ero abbacchiata (sorride, ndr) e ho dovuto ritirarmi. Non mi è andata giù questa cosa.

Francesca nel 2022 ha disputato 34 giorni di gara: i due terzi dopo la maturità
Francesca nel 2022 ha disputato 34 giorni di gara: i due terzi dopo la maturità
Francesca Barale come si presenta ai blocchi di partenza del 2023?

Sicuramente con qualche certezza in più. Adesso so cosa mi aspetta. Ho visto che lavorando sodo posso starci lì in mezzo al gruppo. Infatti mi sto allenando a fondo perché voglio essere pronta, fin dai primi ritiri. Spero di potermi giocare qualche carta in più. Siamo una squadra molto giovane, dove tutte avranno la propria possibilità. Cercherò di crearmele durante l’anno. Tuttavia so che devo avere molta pazienza perché devo migliorare in tante cose. Come sulla potenza o allo sprint. In allenamento Leo mi fa da riferimento nelle volate. Un po’ come ha fatto Elisa con Jacopo (ride mentre allude alla sua conterranea Longo Borghini col fidanzato Mosca, ndr).

Giro U23 e Avenir. Doppietta sul tavolo per Leo Hayter

20.08.2022
4 min
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Appena l’altro ieri è iniziato il Tour de l’Avenir. Al via tutti, o quasi, i più forti del panorama internazionale under 23. Tra loro anche Leo Hayter (in apertura foto Instagram – Gary Main), il formidabile ragazzo inglese che abbiamo conosciuto sulle strade del Giro d’Italia U23.

Giro che Leo ha vinto alla grande. A conti fatti ha rischiato un solo giorno, e tra l’altro non in salita. Il brivido per lui e la sua Hagen Bermans Axeon c’è stato verso Peveragno quando la Groupama-Fdj gli preparò un’imboscata. Per il resto la maglia rosa è sempre stata saldamente sua.

Adesso all’Avenir ha l’opportunità di ripetersi, ma forse per lui le cose saranno più complicate. Infatti, se al via del Giro poteva essere una “sorpresa”, in Francia sarà marcatissimo. Tuttavia può riuscire in ciò in cui anche Ayuso o Tobias Johannessen, che però ci è andato vicinissimo, e altri illustri predecessori hanno fallito: fare la doppietta.

Per ora dopo le prime due tappe è lì, insieme a tutti i favoriti.

Leo Hayter festeggia sull’arrivo di Pinerolo, il Giro d’Italia U23 2022 è suo
Leo Hayter festeggia sull’arrivo di Pinerolo, il Giro d’Italia U23 2022 è suo
Leo, come arrivi a questo Tour de l’Avenir? La preparazione è andata come volevi?

Bene. Dopo il mio stacco estivo sono andato in quota ad Andorra con la Ineos-Grenadiers (la sua prossima squadra, ndr) per prepararmi a l’Avenir. Della preparazione faceva parte anche il Tour d’Alsace e lì ho faticato un po’, ma penso che fosse solo un po’ di stanchezza per il lavoro fatto. Ho avuto ancora qualche settimana per recuperare un po’ prima di questa gara e quindi sono fiducioso di poter essere  in buona forma.

Perciò era previsto che non facessi il Valle d’Aosta?

Sì, in realtà ho deciso abbastanza presto che non avrei preso parte al Valle d’Aosta. Venivo da un periodo intenso con il blocco in Italia e a seguire i campionati nazionali. E così mi ero preso la piccola pausa estiva.

Giro U23 e Tour d l’Avenir: pensi a questa doppietta? E questo ti mette pressione o adrenalina?

No, a dire il vero non ci ho pensato per niente! A differenza della tappa di Santa Caterina del Giro, ci sono meno tappe che si adattano davvero alle mie caratteristiche qui in Francia. All’inizio non potrò lottare per le vittorie di tappa (come avvenne a Pinzolo, ndr), quindi vedremo come sarà la mia forma da scalatore negli ultimi giorni. Piuttosto è un peccato che non ci una cronometro individuale!

L’inglese oltre che fortissimo in salita è anche un ottimo cronoman: ha rivinto il titolo nazionale a giugno (foto Instagram)
L’inglese oltre che fortissimo in salita è anche un ottimo cronoman: ha rivinto il titolo nazionale a giugno (foto Instagram)
Giusto, sei anche campione nazionale contro il tempo! Quanto è cambiato il corridore Leo dopo aver vinto il Giro U23?

No, no: non sono cambiato! Ho continuato ad allenarmi e a pedalare come ho sempre fatto. Non ho cambiato il mio stile di corridore. Quella vittoria però mi ha dato una buona opportunità per migliorare la mia forma fisica prima di questo l’Avenir. Forse l’anno prossimo cercherò di diventare più uno specialista della salita. Se perderò peso diventerò ovviamente più scalatore, ma immagino anche che il mio motore e le mie capacità di cronoman potrebbero diminuire a causa di questo. Al momento sono felice di come sono e sento di poter vincere una gara in molti modi diversi.

Ti sei allenato anche con la Ineos Grenadiers: pensi che questo ti abbia dato qualcosa in più? Hai lavorato per la salita?

E’ più facile allenarsi bene quando tutto è pronto per te in un training camp. Non ho concentrato più tempo sulla salita. Penso di essere un ciclista completo al momento, il che è tanto positivo quanto negativo.

Hai lavorato anche sulla cronometro?

No in realtà non l’ho fatto! Almeno non di recente. Ma ho sempre guidato la mia bici da cronometro e sono abituato a stare in posizione. Mi concentrerò maggiormente su questa specialità dopo l’Avenir, poiché il mio prossimo obiettivo sarà la prova contro il tempo al mondiale in Australia.

Una vecchia foto di Leo Hayter con la maglia della Gran Bretagna, con la quale sta correndo l’Avenir
Una vecchia foto di Leo Hayter con la maglia della Gran Bretagna, con la quale sta correndo l’Avenir
Che gara ti aspetti all’Avenir?

Non ho ancora guardato troppo da vicino le tappe di montagna, meglio affrontarle giorno per giorno qui. Per me non c’è troppo bisogno di preoccuparsi del finale o di guardare troppo avanti, quando puoi perdere la classifica generale già all’inizio, magari in uno sprint disordinato all’inizio nelle prime tappe.

E chi sono i favoriti?

Penso che siano i nomi ovvi che tutti ci aspettiamo a partire dai due ragazzi che sono saliti con me me sul podio al Giro (Lennert Van Eetvelt e Lenny Martinez, ndr). C’è poi Cian Uijtdebroeks così come i danesi e i norvegesi, che stanno già correndo a livello professionistico.

Hai fatto qualche ricognizioni per questo Avenir?

No, non ne abbiamo fatte, ma mi sarebbe piaciuto farne. Possiamo comunque sfruttare al meglio strumenti come VeloViewer, con i quali possiamo vedere i percorsi in dettaglio ogni giorno.

Puccio ci accompagna nella Ineos del futuro

05.08.2022
5 min
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L’impegno al Giro di Polonia è quasi alle spalle. Salvatore Puccio ne ha approfittato non solo per svolgere i suoi abituali compiti in seno alla Ineos Grenadiers, ma anche per vivere qualche giorno a temperature più miti: «Prima di venire qui ero a casa a Montecarlo e ci si cuoceva. Avevo anche rinunciato al ritiro ad Andorra, ma chi c’è andato mi ha detto che faceva tanto caldo anche lì…».

Puccio è per la Ineos una colonna. Dal 2012, anno del suo ingresso fra i professionisti, non ha mai cambiato casacca, ha già in tasca il contratto per la prossima stagione e ha vissuto sulla sua pelle tutte le trasformazioni del team.

Non solo nel nome da Sky a Ineos, ma anche nella stessa essenza della squadra, passata dai periodi del dominio assoluto, soprattutto nei grandi Giri, a quelli della lotta all’arma bianca anche solo per un posto sul podio.

Puccio Ineos 2022
Puccio è nato il 31 agosto 1989. E’ alla sua 11ª stagione alla Ineos
Puccio Ineos 2022
Puccio è nato il 31 agosto 1989. E’ alla sua 11ª stagione alla Ineos

Che forza i fratelli Hayter

La squadra, reduce dalla terza piazza al Tour di Thomas che come Puccio è uno dei decani della squadra, sta preparando la sua ennesima rivoluzione. Il corridore di Menfi non si scompone e la sua analisi parte dall’ultimo acquisto, il giovane Leo Hayter.

«Non è uno sconosciuto per noi, intanto perché da noi c’è suo fratello Ethan che già va fortissimo ed è una delle nostre punte, poi perché aveva già fatto con noi il ritiro a Mallorca a inizio stagione. I suoi risultati non ci hanno stupito, è un vero talento, altrimenti non vinci la Liegi U23 come ha fatto lo scorso anno e soprattutto fai quello che ha fatto al Giro d’Italia di categoria, con la concorrenza che c’era».

Pidcock Yates 2022
Pidcock e Adam Yates: nel 2023 la Ineos avrà una maggior presenza di inglesi anche per esigenze di sponsor
Pidcock Yates 2022
Pidcock e Adam Yates: nel 2023 la Ineos avrà una maggior presenza di inglesi anche per esigenze di sponsor
La sensazione è che la Ineos stia tornando all’antico: la scelta di avere al fianco dello zoccolo duro inglese un altro gruppo a trazione sudamericana viene quasi rinnegata con la rinuncia a Carapaz e con l’arrivo dei giovani talenti britannici come Leo Hayter…

La squadra ha sempre avuto un forte spirito inglese, con un pizzico di nazionalismo forse più pronunciato che per altre squadre del WorldTour. Prima con Sky c’era uno sponsor multinazionale, ora è più rivolto al mercato interno. Ma non è nulla di nuovo. Anche le squadre italiane d’inizio secolo erano così. Questo non significa che non si guardi anche oltre i confini. Io ne sono la prova, poi in base al valore e a quello che sai fare trovi la tua collocazione.

Quando sei passato professionista c’era ancora una forte componente di squadre italiane?

I tempi stavano già cambiando. C’erano ancora Liquigas e Lampre che poi è diventata il nucleo dell’attuale UAE Team Emirates, ma già il vento stava cambiando. A noi una squadra nel WT manca davvero tanto, ma per averla servono budget enormi non solo per i corridori e l’attività, ma soprattutto per garantire prodotti e strutture all’avanguardia. Qui mi ricollego al discorso di prima: Filippo Ganna è fortissimo e ha a disposizione davvero il top in termini tecnici per ottenere il meglio. Se non resti aggiornato e non investi sull’aerodinamica, non emergi in questo mondo.

In base alla tua esperienza, come verranno accolti i nuovi?

Penso che saranno introdotti nel team in maniera graduale, attraverso un calendario apposito, evitando inizialmente i grandi appuntamenti come i tre Giri. Ma attenzione: quando si parla di calendario secondario si commette un errore, perché ormai di gare secondarie non ne abbiamo più, si va sempre a tutta. Io per esempio quest’anno ho fatto per la prima volta la Coppi e Bartali, ma si andava fortissimo…

Leo Hayter 2019
Leo Hayter, qui agli europei 2019, passerà pro’ alla Ineos ritrovando il fratello Ethan
Leo Hayter 2019
Leo Hayter, qui agli europei 2019, passerà pro’ alla Ineos ritrovando il fratello Ethan
C’è ancora una sorta di “protezione” nei confronti dei più giovani?

Non direi, vengono gettati nella mischia in base a quel che sanno fare. Guardate Sheffield, il nostro americano, a vent’anni ha già vinto una classica in Belgio e si è fatto vedere più volte. Se vali, i modi per farti vedere ci sono eccome…

Pidcock è un esempio?

Tom è talento puro, non vinci le Olimpiadi per caso. Io sono stato con lui alla Vuelta dello scorso anno, veniva da Tokyo e dalla mtb, all’inizio era un po’ frastornato, ma nell’ultima settimana andava forte. Quest’anno al Tour ha dato un saggio delle sue capacità, ma non dimentichiamo quel che aveva fatto prima. E’ un vincente nato.

Tu sei già andato ben oltre i 50 giorni di gara…

Sono sempre quello che alla fine ha più giorni di gara, tra i 70 e gli 80. Non è stata una stagione facile, all’inizio ho avuto il Covid, poi la caduta alla Strade Bianche, fino al Tour of the Alps proprio non andavo. Poi la condizione è arrivata e credo di aver fatto un buon Giro, lavorando molto per Carapaz.

Puccio Swift 2022
Puccio con l’ex campione britannico Ben Swift. La forte componente inglese è sempre stata insita nella Ineos
Puccio Swift 2022
Puccio con l’ex campione britannico Ben Swift. La forte componente inglese è sempre stata insita nella Ineos
In squadra come stanno vivendo questa stagione? Al di là della bella prova di Thomas al Tour, quel marchio impresso sulla corsa non si è visto più.

Credo che i vertici siano soddisfatti. Alle classiche non siamo mai andati così bene, al Giro e al Tour abbiamo comunque preso il podio. Certo, tanti si erano abituati alle vittorie in serie, ma fa parte dei cicli. Magari qualche “batostina” fa anche bene, sarà così più bello tornare a vincere e credo che l’investimento sul futuro sia teso proprio a questo.

Che programmi hai?

Aspetto di sapere se sarò convocato per la Vuelta e magari, andando in Spagna, potrò guadagnarmi una maglia per i mondiali. E’ sempre bello vestire la maglia azzurra ma puoi farlo solo se stai davvero bene, con la gamba tonica come si deve. Manca un mese e mezzo e a questi ritmi, con il covid sempre in agguato, è davvero difficile fare previsioni…

Leo Hayter è pronto per il passaggio, parola di Axel Merckx

04.08.2022
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Chissà perché quando è uscita la notizia di Leo Hayter  alla Ineos-Grenadiers non siamo rimasti così sorpresi! Lui inglese, vincente, con il fratello Ethan già nella corazzata di Sir Brailsford… tutto è sembrato quasi naturale.

Faccia da “angioletto”, modi gentili, ma in corsa una grinta non comune e una tenacia incredibile, oltre che tanta forza.. Abbiamo imparato a conoscerlo nei giorni del Giro d’Italia U23. Giro che ha vinto con pieno merito.

«Sono davvero orgoglioso ed entusiasta di unirmi alla Ineos Grenadiers dal prossimo anno – ha detto Leo – correrò al più alto livello di questo sport e lo farò in una squadra britannica. Una squadra alla quale mi sono ispirato da quando ho iniziato a gareggiare. Avendo partecipato ad alcuni training camp con loro, mi sento già davvero a casa qui e ora non vedo l’ora di iniziare».

Il pianto liberatorio di Leo dopo il trionfo di Pinzolo. Ancora non immaginava che avrebbe tenuto la maglia rosa fino alla fine
Il pianto liberatorio di Leo dopo il trionfo di Pinzolo. Ancora non immaginava di vincere il Giro U23

Cinque giorni cruciali

Dal pianto liberatorio e se vogliamo incredulo di Pinzolo alla maglia rosa vestita in cima al Colle della Fauniera. In quei cinque giorni Leo è cresciuto come non mai. In quei cinque giorni abbiamo assistito ad un crescendo di consapevolezza incredibile. E si è vista lungo le rampe della lunga scalata piemontese, come ha gestito lo sforzo, già il giorno a Pinerolo quando prima dell’erta finale si è sfilato e per tagliare il traguardo lontano dai rischi e per godersi quell’ultimo chilometro in maglia rosa del Giro U23.

E sicurezza, gestione della persona ancora prima che dell’atleta è quel che serve quando si passa “di là”, tra i grandi e tanto più in uno squadrone come la Ineos-Grenadiers.

Axel Merckx ha saputo toccare i tasti giusti con lui e in questa estate ne ha fatto un uomo. Se lo ero preso quest’inverno alla Hagen Bermans Axeon, quando Leo era rimasto a piedi nonostante avesse vinto la Liegi U23.

«Abbiamo visto un corridore molto forte – spiega Axel – sia di gambe, che di testa. Poi con quel vantaggio, quasi 5′, era anche “facile” gestirsi. Come vi dissi già a Pinerolo, doveva non fare fuori giri fino ai -5 dalla vetta e poi fare una crono. E così ha fatto.

«No, no… è forte. E’ rimasto tranquillo per tutto il Giro, forse anche troppo in certe occasioni! Ma si è fidato della squadra e ha svolto un ottimo lavoro nel complesso».

Una foto che ritrae Leo Hayter (in maglia nera) in allenamento con la Ineos-Grenadiers (immagine Instagram)
Una foto che ritrae Leo Hayter (in maglia nera) in allenamento con la Ineos-Grenadiers (immagine Instagram)

Ineos come casa

Merckx sapeva che Leo Hayter sarebbe passato nel WorldTour, ma neanche lui aveva la certezza con quale team lo avrebbe fatto.

«Ma immaginavo – dice Axel – che sarebbe passato con loro. Lì c’è già suo fratello, lui è inglese, la squadra è inglese e trova un ambiente che gli è familiare.

«Per me Leo è pronto al passaggio. Un ragazzo così che vince il Giro U23 non puoi tenerlo ancora un anno. Sarà all’altezza, poi è chiaro che dovrà migliorare alcuni aspetti, quello più importante riguarda la discesa. Nelle curve veloci e nelle discese tecniche qualche problemino ce l’ha e si è visto anche al Giro».

Corse a tappe

Intanto Leo dopo alcuni giorni passati in Italia con la sua ragazza, l’italiana Francesca Barale, dopo il Giro U23, è tornato a darci sotto in quel di Andorra e lo ha fatto proprio con i ragazzi della sua futura squadra. Hayter sarà uno stagista da qui a fine stagione e un corridore Ineos a tutti gli effetti dal primo gennaio 2023. Il contratto lo lega a questa squadra fino al 2025, si tratta quindi di un triennale.

Ma cosa potremmo attenderci da lui? Che corridore troveremo tra i grandi? Spesso chi va forte tra gli U23 su un terreno non è detto che faccia la stessa cosa anche tra i pro’. Simone Consonni, per esempio, vinse un italiano U23 alquanto impegnativo, e tra i pro’ è un velocista.

Leo ha anche vinto il titolo nazionale. In salita va forte. E in volata non è fermo. Che corridore sarà, dunque?

«Per me – riprende Merckx – Hayter è uno forte e che ha motore. Va forte a crono e in salita, anche se non è uno scalatore puro chiaramente. Va forte in salita, perché, come ho detto ha motore. E lo si è visto nel giorno della sua seconda vittoria, quando verso Santa Caterina Valfurva ha staccato tutti nell’ultima ora. Dopo 5.000 metri di dislivello lui non è calato.

«Se vincerà una Liegi anche tra i pro’? Non è impossibile, ma io lo vedo più per le corse a tappe. Magari le corse di un giorno devono essere dure come un Lombardia. Potrà poi sfruttare le fughe.

«Sono convinto, soprattutto all’inizio, che sorprenderà più di qualcuno. Se Leo entrerà in qualche fuga lui arriva fino in fondo, perché tiene bene, è resistente. Torniamo al discorso di prima dell’ultima ora di corsa».

L’impresa di Santa Caterina. Staccato sul Mortirolo, Leo ha poi demolito gli avversari senza perdere un solo watt nel finale (foto Extra Giro)
Leo Hayter correrà nella Ineos-Grenadiers. Per Axel Merckx un passaggio naturale. L'inglese è pronto e saprà ben comportarsi sin da subito
L’impresa di Santa Caterina. Staccato sul Mortirolo, Leo ha poi demolito gli avversari (foto Extra Giro)

La parola

E chi lo deve accogliere cosa dice?

Dario David Cioni già ci aveva accennato alla loro linea verde. Ogni anno inseriscono almeno un “super” giovane. E’ stato così con molti ragazzi. Pensiamo a Carlos Rodriguez o proprio il fratello di Leo, Ethan.

«Leo lo seguivamo già da qualche anno – ci dice Cioni – anche perché avevamo in squadra suo fratello. Per noi non era uno sconosciuto. Vedevamo quel che combinava e sapevamo alcune cose da Ethan. In più aveva già fatto degli stage con la nostra squadra. Adesso lo avremo definitivamente dal prossimo anno, ma da ottobre sarà con noi».

«L’ultimo stage con noi lo ha fatto ad Andorra qualche giorno fa. Era lì con 14 corridori e devo dire di aver notato un ragazzo già molto professionale. Rispetto al fratello mi sembra più scalatore. E’ meno veloce, ma va meglio sulle salite lunghe. Quindi sì, sono d’accordo con Axel quando dice che è adatto per le corse a tappe».