Il Giro di Norvegia è una gara Pro che, per forza di cose, non propone grandi salite, infatti colpisce un po’ questa nouvelle vague norvegese piena di scalatori, un po’ come avvenne anni fa quando ci si stupì dell’ondata di campioni di sci alpino. Anche nel Giro di casa, gli scandinavi hanno fatto il diavolo a quattro, ma lì c’era una squadra, la Ineos Grenadiers, che ha portato alcuni suoi campioni non presenti alla Vuelta per portare a casa il trofeo. La particolarità è che la formazione britannica ha fatto leva sui reduci di Tokyo, della pista di Izu e si è visto quanto volavano…
In particolare Ethan Hayter, vincitore di due tappe e della classifica finale, ma anche Filippo Ganna ha riassaggiato la strada dopo la sbornia d’oro del quartetto e nella prima tappa, quella con più salita, ha chiuso sesto (nella foto di apertura scambia due chiacchiere con il danese Vingegaard secondo al Tour). Con loro c’era Leonardo Basso, che ha fatto un po’ da raccordo: «Non era una gara facile, eravamo 6 per squadra e con numeri simili è difficile controllare la corsa, anche perché tutti attaccavano noi, ma alla fine abbiamo chiuso con il massimo possibile».
Partiamo nella disamina proprio dall’inglese: conoscendo le sue caratteristiche di velocista, non si sarebbe portati a pensare a Hayter come vincitore di una corsa a tappe…
Invece è proprio così. Io lo conosco bene, non è un velocista comune, ha dalla sua una grande resistenza che lo porta a emergere anche in salita, almeno in quelle non troppo lunghe e pronunciate e quindi a giocarsi le sue carte in corse a tappe brevi. Se avete buona memoria, ricorderete che già a maggio, al Giro di Andalucia era andato forte, era al comando e nella tappa decisiva ha venduto cara la pelle, Miguel Angel Lopez dovette davvero sudare sette camicie per staccarlo. A ciò si aggiunga l’effetto Tokyo…
Ossia?
Chi è venuto dalle gare su pista aveva una gamba straordinaria, lo abbiamo visto subito sia per lui che per Ganna, la condizione era davvero super, si vedeva la pedalata agile e al contempo potente. Chiaramente bisogna riadattarsi alla strada e credo che per entrambi il Giro di Norvegia sia stato ideale per questo.
Hayter veniva da un’Olimpiade a due facce: la debacle completa del quartetto sul quale gli inglesi contavano molto e l’argento nella Madison con Matthew Walls, il corridore della Bora Hansgrohe già vincitore dell’omnium e che in Norvegia ha vinto la classifica a punti: com’era il suo umore?
L’argento lo ha rivitalizzato, la vittoria in Norvegia è figlia anche della botta di adrenalina che la gara finale di Tokyo gli ha dato. Era davvero supermotivato.
E Filippo?
L’ho visto davvero bene, la tappa iniziale era la dimostrazione chiara che la condizione è ottimale, serve solo mantenimento per puntare ai suoi prossimi obiettivi. Durante la corsa ha lavorato molto, come me, per favorire Ethan, è stata sicuramente una gara molto utile per lui.
Facile immaginare nel suo caso uno spirito molto alto…
Certamente, parlandoci si sente che non è minimamente appagato, ha ancora tanto da dire in questa stagione e poi gli serviva soprattutto trascorrere ore in sella alla bici da strada, respirare l’aria della competizione giorno dopo giorno. E poi, ripeto, è il colpo di pedale che ti dice subito che la condizione è quella giusta.
Parliamo anche di Leonardo, però: come sei arrivato all’appuntamento scandinavo?
Per me è stato quasi una liberazione, venivo da due mesi senza gare, l’ultima era stata Lugano con la vittoria di Moscon. Ho fatto due ritiri in altura, mi sono preparato con cura per il finale di stagione e in Norvegia ho avuto sensazioni molto positive.
Ora che sei ripartito che cosa ti aspetta?
Innanzitutto il Benelux Tour, dove ci sarà proprio Moscon e forse anche Geraint Thomas per puntare alla classifica. Poi tirerò avanti verso le gare italiane, sicuramente fino a metà ottobre ci sarà da lavorare, e tanto…
E il prossimo anno? Ti rivedremo in maglia Ineos?
E’ periodo di ciclomercato, se ne sta parlando, staremo a vedere. Diciamo solo che sono abbastanza tranquillo…