Elisa Valtulini, la junior che corre “da sola”

10.06.2021
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Le storie del ciclismo non hanno per protagonisti solo i grandi campioni. Una storia appassionante può essere anche quella di una ragazza che decide di correre da sola. Ed Elisa Valtulini ha fatto proprio così. La sua squadra, la Bike Cadorago ha dismesso il team juniores e in attesa di passare alla futura Canturino femminile ha preso “per la giacchetta” il papà per farsi portare alle corse.

La Bike Cadorago quest’anno ha chiuso la squadra juniores
La Bike Cadorago quest’anno ha chiuso la squadra juniores

Quella promessa mantenuta

«Da secondo anno allieva sono passata dalla Villongo alla Cadorago perché avevano le juniores – dice Elisa – Mi ero trovata molto bene, specialmente con Pino Sala (uno dei dirigenti, ndr), sempre pronto ad aiutarmi quando le cose non andavano bene e a complimentarsi quando invece filavano per il verso giusto. Lui mi fece una promessa dicendomi che in qualche modo dopo un anno avrebbe rifatto il team juniores e così ho deciso di continuare da sola. Sono stata tentata di andare in qualche squadra se non altro per avere delle compagne, ma poi ho deciso così».

Sala ha lasciato viva l’affiliazione, così che Elisa potesse avere una regolare tessere Fci, ma di fatto ha eliminato team e struttura sul campo.

Grinta e passione non mancano in questa giovane bergamasca (foto e foto apertura, Flaviano Ossola)
Grinta e passione non mancano in questa giovane bergamasca (foto e foto apertura, Flaviano Ossola)

In gara coi maschi

Elisa si è rimboccata le maniche. Con l’aiuto di suo padre e dello stesso Sala ha continuato a correre, spesso sobbarcandosi lunghe trasferte in tre: lei, il papà e la bici.

«Questa scelta però – spiega la Valtulini – ha anche dei risvolti positivi e cioè che posso correre per me e basta e non devo stare a tirare per la juniores di secondo anno di turno. In più ho fatto parecchie gare con gli allievi maschi, visto che le corse non sono tantissime.

«E non sempre è stato facile, perché negli allievi i maschi iniziano a sviluppare e i ritmi sono molto alti. Fino all’anno scorso i maschi con cui correvo erano gli esordienti ed era più facile. Non è tanto una questione di velocità medie, quelle sono molto simili anche con le gare open femminili che ho fatto, ma se con le donne si va sempre a 38-42 all’ora, i maschi fanno molti più scatti».

Elisa (classe 2004) con papà Roberto in una delle trasferte fatte insieme
Elisa (classe 2004) con papà Roberto in una delle trasferte fatte insieme

In viaggio con papà

Ma Elisa non è del tutto sola. Con lei c’è anche suo fratello Matteo, di un paio di anni più piccolo. I due si allenano insieme e quasi sempre nelle uscite si aggrega con il Velo Club Sarnico in cui corre il fratello appunto.

«Ho fatto anche parecchie gare con le donne – dice la giovane Valtulini – la prima è stata a Cittiglio: lì eravamo solo juniores. Poi sono stata a Corridonia, nelle Marche, con mio papà Roberto. Ero agitata perché era la mia prima gara open, però l’ho finita e questo mi ha dato delle conferme: ero al livello delle altre ragazze. Ho fatto un’altra trasferta a Sant’Urbano, Padova, ma la gara è stata interrotta a 30 chilometri dalla fine perché il medico è dovuto andare via con una ragazza che si era fatta male. Sono tornata nelle Marche con papà per un’altra corsa open e lì ho fatto undicesima. E’ stata una vera iniezione di fiducia. Una svolta. Mi sono detta: okay, ci sono. So che posso fare bene. E infatti mi sono ripetuta qualche giorno dopo sempre in Veneto».

I fratelli Valtulini in allenamento: Elisa davanti e Matteo a ruota
I fratelli Valtulini in allenamento: Elisa davanti e Matteo a ruota

Le sfide con Matteo

Adesso Elisa aspetta con ansia il campionato italiano, che per le juniores si terrà il 4 luglio a Darfo Boario Terme, tra l’altro non lontano da casa sua.

«Vivo a Bolgare, in provincia di Bergamo, ma vado a scuola a Bergamo. Frequento il terzo anno del liceo linguistico: studio inglese, tedesco e spagnolo. Esco in bici tutti i giorni, tranne il lunedì. Mercoledì e sabato faccio scarico, il venerdì vado in pista e gli altri giorni mi alleno con mio fratello o con la sua sua squadra».

E Matteo gioca un ruolo non secondario nel ciclismo di Elisa. In qualche modo è stato lui a farla iniziare. E anche a lottare…

«Ha iniziato lui da G2. Io ho detto subito che mai e poi mai avrei corso in bici. Poi un giorno lo accompagnai ad un allenamento. Ero curiosa. Mi venne voglia di provare ed eccomi… Sono salita in sella da G4, ma le prime gare le ho fatte da G5. E’ stata una vera scoperta».

C’è anche un altro fratello che pedala, Fabio, ma è più piccolo. Le vere sfide sono con Matteo. E che sfide.

«Eh – dice Elisa con un tono che è tutto un programma – tra marzo e aprile Matteo ha iniziato a sviluppare e ha iniziato ad andare più forte di me. Questa cosa non l’accetto! Dico davvero. Mi ha mandato in crisi. Ci ho anche pianto. L’ho detto a Pino e lui stesso aveva capito che mi dava fastidio. E infatti mi ha detto: Elisa, va bene l’agonismo, ma devi essere razionale. Adesso ci rido e questa cosa la dovrò digerire… – fa una pausa – Ma se Matteo ha una giornata un po’ così cerco sempre di batterlo!».

Elisa ha un fisico da scalatrice, ma da qualche tempo è migliorata anche in pianura
Elisa un ha fisico da scalatrice, ma da qualche tempo è migliorata anche in pianura

Scalatrice ma non troppo

Elisa Valtulini ha una tenacia tutta sua e siamo già curiosi di vederla l’anno prossimo quando vestirà i colori della sua nuova squadra, tra l’altro già prestigiosa come quella del C.C. Canturino 1902, e magari la vedremo vincere in salita.

«Cosa mi sento? Fino all’anno scorso avrei detto scalatrice. Due anni fa ho perso molto peso e andavo molto bene quando la strada saliva. Adesso ho recuperato qualche chilo e sento che sì, forse ho perso qualcosa in salita, ma ho guadagnato molto in pianura. E questa cosa mi piace. Almeno per adesso va bene. In fin dei conti non abbiamo gare con salite di 10 chilometri. Sarebbe inutile essere delle scalatrici pure. Per questo livello di gare meglio essere così: un po’ più complete».

Ecco Svrcek, junior volante dal paese di Sagan

15.05.2021
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Dovremmo imparare a pronunciare il suo nome e non è facile! Il ragazzo di cui parliamo si chiama Martin Svrcek, è uno juniores e corre nella fila della Franco Ballerini, diretta da Andrea Bardelli. E’ arrivato in Italia quest’anno e ha praticamente sbaragliato la concorrenza con otto podi in nove gare. Con Alberto Bruttomesso e Dario Igor Belletta si sta spartendo il bottino della categoria.

La squadra si è messa volentieri al suo servizio (Martin ha la mantellina in bocca)
La squadra si è messa volentieri al suo servizio (Martin ha la mantellina in bocca)

Alla Strade Bianche

L’altroieri il giovane corridore era a provare la Strade Bianche. Domani andrà in scena la prima edizione per gli juniores, da Siena a Montalcino, e potrebbe quasi essere una micro anticipazione di quel che succederà pochi giorni dopo con i pro’ del Giro d’Italia.

«E’ un percorso che mi piace e mi sembra molto duro – ci dice Svrcek di ritorno dal sopralluogo –  è davvero un bel tracciato con panorami bellissimi ma penso che sia il più difficile su cui abbia mai corso. Ci sono molte salite su strade sterrate, ma credo che anche che il vento giocherà un ruolo importante.

«A me piacciono le salite, ma se mi chiedete se sono uno scalatore rispondo che non sono sicuro di cosa sia. Credo che nella categoria junior devi essere tutto».

Poche parole ma sicure quelle dello slovacco, che sembra già sapere cosa vuole.

Svrcek è nato il 17 febbraio del 2003
Svrcek è nato il 17 febbraio del 2003

Dall’hockey alla bici 

La sua storia con il ciclismo inizia per caso. Durante un’estate la bici è piombata nella sua vita in quanto mezzo di preparazione a quello che all’epoca era il suo sport, l’hockey. 

«Giocavo ad hockey sul ghiaccio, durante un’estate stavo andando in bicicletta per allenarmi, ma ho capito che forse mi piaceva anche più dell’hockey. Per due anni ho conciliato tutte e due gli sport e quando avevo 13 anni ho ha deciso di praticare solo ciclismo».

Hockey su ghiaccio, quindi pattinaggio, quindi grande equilibrio. Di sicuro Martin ha sviluppato grandi doti propriocettive, un po’ come se fosse andato in Mtb e si potrebbe quasi azzardare un paragone con il passato di Roglic.

Il connazionale Peter Sagan è l’idolo di Svrcek
Peter Sagan è l’idolo di Svrcek

Sulle tracce di Sagan

Martin viene da Zilina, il paese di un certo Peter Sagan. E quando ha iniziato a correre lo ha fatto proprio con l’Academy del tre volte campione del mondo.

«Chiaramente Peter è il mio idolo, è slovacco come me ed è il miglior ciclista del mondo! L’ho conosciuto quando ero nella sua Academy. Non ho una foto qui sullo smarthopne, ma ce l’ho a casa».

Tutto sembra facile per Martin. Una grande potenza, facilità d’azione e risultati che arrivano. Anche se nella prima gara qualche difficoltà l’ha avuta. Secondo Bardelli perché il nostro modo di correre era un po’ diverso. «Un po’ troppo da professionisti e forse non è un bene – commenta il diesse toscano – ma è così. Svrcek invece era abituato a correre in modo più garibaldino». 

«Vero – replica lui – ma niente di importante. Solo che tutti mi stavano guardando e quando attaccavo, mi hanno inseguito. Quando invece attaccavano gli altri, non li seguiva nessuno. Poi però ho capito meglio». E infatti dalle gare successive la squadra si è messa a lavorare per lui.

I compagni lo apprezzano, anche perché Martin nonostante parli ancora poco italiano cerca di sforzarsi, di stare insieme, di condividere. E’ conviviale. Per esempio spartisce i premi che si conquistano alle corse anche se il finalizzatore è lui.

«Mi sento davvero alla grande in Italia, tutto è perfetto. Mi piace anche la pizza, ma per me la cosa migliore sono il caffè e il gelato, soprattutto quello al pistacchio».

La Franco Ballerini a Roma prima del Gp Liberazione
La Franco Ballerini a Roma prima del Gp Liberazione

Parola al ds Bardelli

Già ma come ci è arrivato Martin in Italia? Ce lo spiega Bardelli.

«Ero su internet a curiosare tra gli ordini d’arrivo all’estero – dice il tecnico – una cosa che faccio spesso. E avevo notato questo ragazzo che già da allievo andava bene. Da quelle parti le gare di allievi sono già di buon livello e così tramite Stojnic (il pro’ della Vini Zabù, team vicino alla Ballerini, ndr), slovacco anche lui, abbiamo avviato i contatti. Era intorno al 10 di novembre e praticamente in 5-6 ore abbiamo fatto tutto. Aveva trovato un accordo con un’altra squadra ma quando gli si è proposto di venire in Italia, ha cambiato subito idea».

Adesso Svrcek vive a Rufina, in un appartamento che gli ha preso la squadra, sta con Alessandro Iacchi altro pro’ alla corte di Luca Scinto. I due escono praticamente sempre insieme e si aiutano anche per fare il dietro motore: una volta guida uno e una volta tocca all’altro.

«E’ un bello sforzo per noi della Franco Ballerini – spiega Bardelli – ma anche il Comune di Rufina ci dà una mano. Ne vale la pena però. Oltre che molto forte – io uno così non l’ho mai avuto – è anche un ragazzo d’oro. Non si lamenta mai, sa adeguarsi, s’impegna molto. Se qualche procuratore non gli girerà troppo intorno e non si brucia, potrà fare molto bene. Guardate come è andata con il nostro Ponomar che adesso è al Giro».

C’è un altro Milan che va forte. Si chiama Matteo…

10.05.2021
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Vincere una corsa con un attacco nel finale, ma al tempo stesso lontano dal traguardo. Farlo come un vero campione anche se sei uno juniores, scattando da solo, controllando e avendo tutto il tempo di alzare le braccia al cielo sull’arrivo. E’ quel che ha fatto il 2 maggio scorso Matteo Milan.

Quando ci risponde al telefono il friulano è a scuola. O meglio, è in Dad, la famosa didattica a distanza che tanto ha fatto impazzire i genitori degli alunni più piccoli. Per fortuna Matteo è sì giovane, ma non è così piccolo! 

«Ho un’ora di buco, possiamo sentirci adesso», ci dice. Matteo è nipote, figlio e fratello d’arte. Suo nonno Eligio andava in bici e per un paio di anni ha anche corso, suo papà Flavio fu professionista per qualche stagione negli anni ’90 e suo fratello Jonathan che conosciamo bene in quanto pro’ della Bahrain Victorious e uno dei vagoni del quartetto delle meraviglie di Marco Villa.

Matteo (a destra) con il fratello Jonathan, ancora in maglia CTF
Matteo (a destra) con il fratello Jonathan, ancora in maglia CTF
Matteo, “sei a scuola” dunque, cosa studi?

Vado allo Stringher di Udine e studio enogastronomia. Ho da sempre la passione per la cucina e volevo specializzarmi in questo ambito.

Cucina e ciclismo possono non andare d’accordo o al contrario legare moltissimo se si sa come fare…

Saper cucinare aiuta, so quello che serve, ma non sempre ho tempo per mettermi ai fornelli. A volte dò qualche dritta a mia mamma per qualche abbinamento e magari le dico cosa cucinare prima di questo allenamento o di quella gara. Le dico le dosi tra carboidrati, proteine… e lei si regola di conseguenza.

Ma a tavola chi è più serio, tu o tuo fratello?

Io! Jonathan mangia di tutto, io sto più attento. Non che lui si alimenti male, ma diciamo che io sono più sensibile a quello che mangio.

Come abbiamo accennato, la tua è una famiglia di ciclisti. Per te è stato naturale salire in bici o ti ci hanno messo i tuoi?

Ho seguito le orme di papà. Prima però avevo provato a fare anche altri sport, judo, tennis. Però il ciclismo mi appassionava di più. Riusciva a tirarmi fuori quella grinta che avevo dentro come nessun altro sport. In casa è stato nonno Eligio a portare il ciclismo. Io ho iniziato da G0, con le garette a Buja e in zona. Avevo sei anni, quindi sono già 12 anni che corro. 

Che cosa ricordi della prima gara?

Non è un ricordo della prima gara, ma mi piaceva il tifo del pubblico. Correvo ancora in Mtb e quando si passava davanti alla gente che ci incitava io spingevo di più.

Matteo (18 anni) è alto 1,84 metri. Da allievo è stato campione regionale
Matteo (18 anni) è alto 1,84 metri. Da allievo è stato campione regionale
Uscite mai insieme tu e tuo fratello?

Non tante volte, perché lui è spesso fuori e ha i suoi lavori da fare. Ma soprattutto perché ha proprio altri ritmi e fa più ore. Però se fa la sgambata ci vado. Anzi è lui che me lo chiede.

Beh, andare dietro a Jonathan non deve essere facile però sai che allenamenti… E’ come fare dietro motore!

Eh sì, magari se fa allenamenti lunghi faccio il finale con lui, ma se fa dei lavori sono “brutte esperienze”! Quando spinge forte fai fatica a stargli a ruota. E’ capitato anche di fare 3 ore a 40 all’ora. E io non ho questo passo.

Corri tra gli juniores (Matteo veste la maglia del Danieli 1914 Cycling Team, ndr): i tuoi compagni e avversari ti avranno di certo fatto qualche battuta sul fatto che sei “avvantaggiato” perché ti alleni con tuo fratello, un professionista del WorldTour…

Sì, è capitato qualche volta, ma io rispondo che ognuno si allena per conto suo. Le trenate di Jonathan servono per la valutare la condizione. Se fa una ripetuta forte e io riesco a stare a ruota allora significa che sto bene.

A casa parlate di mai di ciclismo?

Quando siamo in preparazione sì. E lo stesso se c’è una gara da fare. Jonathan mi dà qualche consiglio sulla tattica, sul percorso soprattutto se sono corse che ha fatto anche lui. Poi però capita anche che in gara le cose vadano diversamente o che non abbia la gamba per mettere in pratica quei consigli.

Matteo Milan con il suo diesse, Marco Floreani, dopo la vittoria di Reda (foto Instagram)
Milan con il suo diesse, Marco Floreani, dopo la vittoria di Reda (foto Instagram)
Qualche giorno fa hai vinto a Reda, ci racconti come è andata?

Mi sentivo molto bene già in partenza. Durante la gara sono rimasto tranquillo perché c’era un nostro compagno in fuga, quindi non avevamo la preoccupazione di dover recuperare. Così ho aspettato fino all’ultimo. Quando la fuga è stata ripresa, sono partito in discesa. C’erano da fare 8 giri e sono scattato al penultimo, quando mancavano 25 chilometri.

Beh, una bella distanza per stare fuori da soli. E come ti sei gestito? Hai controllato anche i nervi?

Sull’ultima salita credevo mi riprendessero e invece non è stato così. Mi davano il distacco e avevo ancora margine. Io ho cercato di mantenere sempre un ritmo alto, ma al tempo stesso di risparmiare qualcosina pensando alla volata nel caso mi avessero ripreso. Poi invece è subentrata l’adrenalina. Agli ultimi cinque chilometri mi hanno detto che avevo 35” di vantaggio e a quel punto ho detto: provo ad andare all’arrivo e ho spinto più che potevo. Era tutta pianura.

Che caratteristiche hai?

Non credo di essere un passistone come mio fratello. Sono alto un metro e 84 centimetri, quindi 10 centimetri più basso di lui. Tengo sulle salite corte e sono abbastanza veloce in volata. Ma sinceramente devo ancora scoprirmi.

Merida Granpremio Liberazione Juniores

Merida partner importante del Liberazione

24.04.2021
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Merida è sponsor della settantaquattresima edizione del Gran Premio Liberazione, uno degli eventi ciclistici under 23 più importanti, storici e prestigiosi dell’intero calendario mondiale.

Title sponsor della gara Juniores

Ma l’impegno marketing di Merida Italy, la filiale commerciale diretta per il nostro paese del colosso taiwanese, non si ferma qui. Il gruppo di lavoro coordinato da Paolo Fornaciari con Gianluca Bonanomi responsabile commerciale e Dario Acquaroli nuovo capo del marketing, ha raddoppiato lo sforzo di comunicazione con il comitato organizzatore del Liberazione. Ed è così che la gara che anticiperà quella degli under 23, ovvero quella riservata alla categoria Juniores ha preso il nome di Merida Liberazione Juniores.

Merida nuovi mezzi
Merida metterà in campo anche i suoi nuovi mezzi
Merida nuovi mezzi
Merida sarà presente e metterà in campo anche i suoi nuovi mezzi

Ci sono anche gli allievi

Il Gran Premio Liberazione si prospetta dunque come una grande giornata per tutto il mondo del ciclismo. A poco meno di 24 ore dal via, il nuovo comitato organizzatore della corsa, il Team Bike Terenzi, è difatti impegnato ad anticipare lo svolgimento del Mondiale di Primavera under 23 da ben due nuove corse. Una per gli allievi (che si svolgerà grazie anche alla preziosa collaborazione dell’ASD Romano Scotti) ed un’altra per gli juniores. Tutte e tre le manifestazioni si svolgeranno come di consueto lungo lo storico circuito ricavato attorno alle Terme di Caracalla.

Spazio ai giovani

«L’obiettivo del Gran Premio Liberazione – ha dichiarato Claudio Terenzi, il Presidente del nuovo Comitato Organizzatore – è quello di dare spazio a molte delle principali categorie giovanili. Ed è proprio per questo motivo che la scelta di allargare la manifestazione anche alle categorie allievi e juniores ha rappresentato per noi un’opzione naturale, soprattutto in considerazione di quanto la nostra società sportiva sia particolarmente attenta alla formazione giovanile. E per questo ringraziamo tantissimo Merida per tutto il supporto che ci ha fornito. Questi ragazzi avranno la possibilità di gareggiare sul medesimo percorso, nel cuore di Roma, riservato agli under 23, con la speranza che un giorno possano correre anche loro in questa categoria… un sogno».

Nuova Reacto Bahrain Victorious
La nuova Merida Reacto del Team Bahrain Victorious
Nuova Reacto Bahrain Victorious
La nuova Merida Reacto del Team Bahrain Victorious

Portare Merida in alto

«Essere partner importanti del Gran Premio Liberazione – ha commentato Dario Acquaroli, responsabile marketing di Merida Italy – rappresenta per noi sia un onore quanto un opportunità: l’onore lo collego alla incredibile storicità di questa manifestazione, l’opportunità invece ci è fornita dal poter assecondare, e rafforzare in chiave comunicativa, il nostro processo di crescita commerciale in Italia. Al Liberazione inaugureremo i nostri nuovi mezzi che ci caratterizzeranno in occasione dei prossimi eventi. Abbiamo davvero tantissime cose da fare per portare Merida in Italia al livello di leadership che lo stesso brand merita, ed il nostro entusiasmo per poter raggiungere questo obiettivo è travolgente».

meridaitaly.it

In viaggio con Biz nel mondo del Caneva

17.04.2021
4 min
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C’era una volta la Record Cucine Caneva, con la maglia gialla, nera e bianca. Correvano con quei colori corridori come Lombardi, Piepoli, Colombo e Contri, Cerioli e Villa, Conte e Tomi, Galati e Di Lorenzo, Di Luca, Perez Cuapio, Spezialetti, Valjavec… Li guidavano Ezio Piccoli, detto “Stecca, unico al mondo” e Gianni Biz. Il primo sull’ammiraglia con la sua storia di gelataio in Germania. Il secondo dalla sua panetteria di Caneva, ancora di proprietà della famiglia. Li incontravi alle corse e mettevano soggezione come oggi la Ineos.

«Mi racconta l’avvocato Celestino Salami – sorride Michele Biz – che in quegli anni era dilettante in Veneto, che quando arrivava il Caneva e scendevano dai furgoni, i rivali erano subito in soggezione. Questa cosa, facendo le dovute proporzioni, è la stessa che capita oggi ai nostri ragazzi quando arrivano altre squadre più vittoriose. I nostri tecnici non si capacitano, come probabilmente non si capacitavano gli altri direttori in quegli anni. Però ci sono molti ex che pubblicano sui social le loro foto di quegli anni. Un po’ per nostalgia e un po’ per senso di appartenenza a una squadra che aveva dei numeri importanti in un ciclismo diverso e in un mondo diverso».

Stefano Benedet, ha mostrato buona condizione al Giro Primavera
Stefano Benedet, ha mostrato buona condizione al Giro Primavera

Nuovo corso

Quel mondo iniziò a sgretolarsi. Prima quando venne meno il supporto della Record Cucine, poi nel 2012 con la morte di Gianni Biz ad appena 69 anni, mentre fu nel 2017 quando se ne andò anche Piccoli che svanì l’ultimo sprazzo di memoria. Oggi la Gottardo Giochi Caneva è una società che opera con allievi e juniores e dall’anno scorso ha rivolto lo sguardo ai giovanissimi: non ancora con finalità agonistiche, ma per il gusto di mettere in bici anche i più piccoli.

Al timone dell’antico vascello è salito Michele Biz, figlio di Gianni. Perché nel ciclismo nulla è mai per caso.

Come va, Michele?

Siamo ripartiti. Vista la penuria di gare, ci siamo rimboccati le maniche e assieme ad altre cinque società abbiamo cominciato a organizzarne noi, badando all’essenziale. Quindi rimanendo nei confini comunali, in modo da ottenere facilmente tutti i permessi. Bisogna che la Federazione capisca come è cambiata la categoria juniores. Erano 10 anni che non organizzavamo qualcosa, ma c’era un valido motivo. Abbiamo riproposto il percorso che facevamo in notturna con i dilettanti a Stevenà. Quasi mille metri di dislivello, temevo fosse troppo, ma è piaciuta e magari la riproporremo.

Nove juniores affidati a Stefano Lessi e 11 allievi per Nunzio Cucinotta
Nove juniores affidati a Lessi e 11 allievi per Cucinotta
Bisogna che la Federazione capisca come è cambiata la categoria juniores…

E’ evidente che gli juniores stiano acquistando peso. La categoria U23 ormai è appannaggio delle continental e sempre più ragazzi approdano al professionismo senza neanche passarci. All’estero alcune squadre WorldTour non si limitano ad avere la squadra U23, ma rivolgono lo sguardo ai più giovani. Da noi ci sono i problemi di tesseramento e un calendario che non permette di lavorare bene, basti pensare che abbiamo due internazionali a maggio-giugno che creano problemi a chi va a scuola. I 17-18 anni sono un’età particolare.

Pensi ci sia la volontà di metterci mano?

Ho parlato con Roberto Amadio, che è a capo della Struttura tecnica. Si è messo a studiare ed è venuto alle nostre corse per vedere e ascoltarci e questo è molto positivo. Anche quando era nella Liquigas, è sempre stato attento ai giovani e poi ha fatto con noi tutta la carriera giovanile. La sua scelta probabilmente fa capire che c’è dietro un disegno. Tanto per occupare un posto, ne avrebbero avuti di nomi…

Foto di azione per Perin, uno dei nove juniores
Foto di azione per Perin, uno dei nove juniores
Come va il ciclismo a Caneva?

Stiamo vivendo anni di carestia. Nelle ultime cinque stagioni abbiamo avuto poche vittorie, ma di qualità. Se una squadra riesce a fissare e centrare gli obiettivi che sono alla sua portata, vuol dire che è consapevole dei suoi mezzi. E noi lo siamo. Abbiamo un bel gruppo di allievi che renderà in prospettiva e negli juniores abbiamo dei ragazzi che altrove non si sono espressi e che vogliamo far crescere come uomini.

Chi li guida?

Con gli allievi c’è Nunzio, il papà di Claudio Cucinotta, che ha l’esperienza e l’età giuste. Con gli juniores abbiamo Stefano Lessi, che ha 31 anni, ha fatto il corridore e per come ragiona sembra anche più maturo.

I ragazzi hanno la consapevolezza del grande passato della società?

Non troppo, li vedo più presi ad ammirare i ragazzi della Borgo Molino, come un tempo altri ammiravano il Caneva. Ma noi andiamo avanti a costruire. Abbiamo degli amici come i nostri sponsor che credono nel progetto e senza i quali non si potrebbe fare molto. E speriamo di esser bravi a ricostruire quella grandezza, perché domani anche i ragazzi di oggi abbiamo il senso di appartenenza dei ragazzi di ieri.

Partiti anche gli juniores: che stagione ci aspetta?

30.03.2021
3 min
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Ha ragione De Candido, cittì azzurro, quando dice che l’anno scorso è sembrato che degli juniores non importasse poi molto a nessuno. Via dai mondiali, quasi tutte le corse cancellate, l’attività ridotta all’osso e ugualmente al passaggio fra gli under 23 tanti di quei ragazzi sono finiti subito a correre tra i professionisti. Milesi e De Pretto, fra gli altri, come pure Germani e Garofoli, con una maturazione che non è stata per forza di cose completa e quella voglia di spaccare il mondo che a 19 anni è benzina e paradossalmente anche una trappola.

Al Giro delle Conche juniores, in luce anche il giovanissimo Di Bernardo (foto Scanferla)
Al Giro delle Conche, in luce Di Bernardo (foto Scanferla)
Così non va, Rino?

Gli avrei dato più tempo per adattarsi, tenuto conto che l’anno scorso hanno gareggiato a dire tanto per tre mesi. Penso che bisognerebbe avere più pazienza, non tutti sono Evenepoel o Pogacar. E’ come andare a un gran premio di Formula Uno con una bella auto di serie.

E cosa succede?

Succede che ti staccano subito e impari poco, oppure per restare agganciato fondi il motore. Fanno degli sforzi immensi, perché la testa glielo permette, ma non sono abbastanza solidi per sostenerli. Sono ancora juniores. Questo almeno penso io, se poi hanno ragione loro, alzo le mani.

Al trofeo Abmol juniores di Ancarano, vince Belletta su Mosca e Severa
Al trofeo Abmol di Ancarano, vince Belletta su Mosca e Severa
Che stagione ci aspetta fra gli juniores?

Se continua così, meglio dello scorso anno. Almeno abbiamo iniziato. Piano piano la sensazione è che con i vaccini il Covid allenterà la presa e vedo che anche alcune autorità locali stanno concedendo più facilmente le autorizzazioni agli organizzatori.

Pensi che l’anno di quasi abbandono abbia sfaldato il movimento?

Direi di no. Fra le squadre c’è entusiasmo, per cui ora serve soltanto avere qualche certezza in più sui calendari. Ad esempio la Roubaix si dovrebbe fare l’11, nello stesso giorno dei pro’, ma come sono incerti loro, così lo siamo anche noi. Poi ci sono le prove di Coppa del mondo in Francia, Germania e Olanda. Il Giro della Basilicata a fine giugno, che vorrei fare con la nazionale. E gli europei di Trento, prima del mondiale in Belgio. Si tratta solo di ripartire con grinta e puntare a obiettivi sicuri.

Alla Coppa Città di Tavo juniores, vince Marco Andreaus (foto Scanferla)
Alla Coppa Città di Tavo, vince Andreaus (foto Scanferla)
Sono passati fra gli under 23 dei bei corridori…

Dei bei ragazzini, concordo, ma ne sono rimasti di altrettanto buoni. Penso a Romele della Trevigliese. Al gruppo della Ormelle, con Scalco, Bruttomesso e Di Bernardo. C’è Pinarello (nella foto di apertura, vittorioso al Giro delle Conche, ndr) e c’è anche Belletta che ha vinto domenica scorsa. I ragazzi li abbiamo, ma servono le corse perché possano esprimersi.

Farete ancora qualche raduno per metterli un po’ alla prova?

Ce ne sarà uno a Donoratico dal 12 al 16 di aprile, in modo da proseguire il lavoro di valutazione fatto nei mesi scorsi a Montichiari. Noi siamo pronti, i ragazzi non sono da meno.

Lorenzo Masciarelli, Coppa del mondo, Tabor 2020

Juniores del cross, poche gare all’estero: e adesso?

13.02.2021
3 min
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La stagione del ciclocross sta andando in archivio nel segno di quello che alla lunga potrebbe essere un problema: la mancanza di attività internazionale per gli juniores. Un’intera generazione di praticanti è stata privata dei confronti internazionali dalla pandemia, i massimi organi sportivi hanno scelto di privilegiare le altre categorie a scapito dei più giovani. Questo potrebbe pesare a lungo andare sulla loro maturazione, soprattutto non sapendo come sarà il futuro, se nel prossimo autunno-inverno si potrà avere un’attività completa. D’altronde abbiamo visto nella scorsa estate, nel pieno della diffusione del contagio, come sia su strada che nella Mtb si sia cercato per quanto possibile di garantire un’attività completa. Nel primo caso si sono svolti gli europei e non i mondiali (organizzati in brevissimo tempo a Imola e quindi riservati solo agli elite), nel secondo con programma intero in entrambe le occasioni.

Bryan Olivo, campionati italiani juniores Lecce 2020
Bryan Olivo è il campione italiano juniores, a capo di un calendario prevalentemente italiano
Bryan Olivo, campionati italiani juniores Lecce 2020
Bryan Olivo è il campione italiano juniores

Soltanto Tabor

Nel ciclocross c’è stata una sola occasione di confronto internazionale, la prova di Coppa del mondo a Tabor (in apertura, Lorenzo Masciarelli giunto secondo) dove però non tutte le Nazioni hanno gareggiato, soprattutto non c’erano belgi e olandesi. Questo potrebbe pesare nella evoluzione dei ragazzi, sia tecnicamente che come maturazione?

La risposta a chi ha vissuto da vicino l’esperienza, l’ex Ct Claudio Vettorel che portò ai massimi livelli Davide Malacarne, ultimo vincitore italiano del mondiale proprio da junior.

«I ragazzi sono a quell’età – dice – qualcosa di diverso dalle altre categorie. Il loro livello è molto più equilibrato, difficilmente si vede qualcuno emergere in via continuativa. Quando Malacarne vinse, c’erano altri atleti al suo livello, anche in Italia. Molto dipende dalla maturità del singolo atleta, dalle sue aspettative, dalle sue ambizioni. Ricordo ad esempio che non avevamo molti fondi per le trasferte internazionali e quindi privilegiavo coloro che anche mentalmente si sentivano pronti per competere per il massimo risultato. Puntare a un 20° posto ha senso, ma non poteva giustificare un’attività internazionale continuativa. La maturazione deve venire prima di tutto mentalmente, correndo sempre per puntare in alto».

Podio donne junior, coppa del mondo Tabor, 2020, Backstedt, Lucia Bramati
Podio donne junior nella Coppa del mondo a Tabor: terza Lucia Bramati
Podio donne junior, coppa del mondo Tabor, 2020, Backstedt, Lucia Bramati
Lucia Bramati, tricolore juniores, a Tabor è salita sul podio
In Italia però l’attività c’è stata, quasi completa soprattutto considerando Giro d’Italia e tricolori, all’estero no. Questo influisce sull’equilibrio di cui sopra?

Non credo, perché dobbiamo considerare che anche chi non ha avuto la possibilità di gareggiare si è comunque allenato, ha guardato tutte le gare principali della stagione, insomma ha imparato. Probabilmente gli italiani avrebbero avuto qualcosa in più, a Tabor si era intuito. Secondo Masciarelli, terza Bramati, quarto Siffredi, ma si tratta di sfumature. Ora sarà molto importante il prosieguo dell’anno, che cosa faranno nelle altre discipline.

A tal proposito, alcuni faranno la strada come Masciarelli, altri la Mtb come Siffredi. Arriveranno in maniera diversa alla ripresa del ciclocross

Dipende. Chi fa Mtb durante l’anno si allena anche su strada, chi fa strada però praticamente non cambia bici e quindi può compensare. L’aspetto importante è un altro: chi punta al ciclocross non deve dimenticarlo, mettendolo in soffitta. Significa che durante la stagione deve continuare a fare lavori specifici, che possono essere qualche uscita a piedi, qualche esercizio di ginnastica e altro. D’altro canto si è sempre detto che anche il ciclocross è propedeutico per la strada, soprattutto per la guida e anche la forza. Il podismo stesso non è che danneggi chi pedala, i muscoli utilizzati sono gli stessi… Io durante l’anno facevo sempre due sedute di palestra a settimana, oppure esercizi di training autogeno. Non bisogna lasciare nulla al caso se si vuole fare il ciclocross seriamente, considerando anche che potrebbe essere una possibilità di lauti guadagni e anche questo conta…

Extragiro juniores

Allarme De Candido: «Troppi ragazzi senza squadra»

18.12.2020
4 min
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Si tiene in forma correndo Rino De Candido. Il cittì della nazionale juniores a quanto pare ha iniziato la preparazione per il 2021! Tra una corsa a piedi e lavoro al computer è già al lavoro. Tanto più che secondo il tecnico azzurro questa ripartirà normalmente.

Verso i primi test

«Immagino – dice De Candido – che ci sarà un calendario nomale. Le società che hanno organizzato gare quest’anno ormai sanno come fare, hanno il protocollo e mi auguro si possa correre con sempre meno limitazioni. Io il mio programma di gare, di coppe e di corse d’interesse nazionale l’ho tirato giù.

«Nella seconda metà di gennaio faremo dei test a Montichiari. Qualche ragazzino buono ce lo abbiamo, ma conosceremo anche quelli che arrivano dagli allievi. Ci sarà anche Marco Villa».

Ritorna così l’attività della nazionale junior, lo scorso anno di fatto quasi mai esistita anche in virtù del fatto che non si sono tenuti i mondiali. E non sarà facile per il tecnico valutare una categoria che vedrà molti “terzo anno” in pista. Coloro cioè che potranno gareggiare ancora tra gli junior perché hanno meno di 10 punti Fci. 

Rino De Candido
Rino De Candido, cittì degli juniores
Rino De Candido
Rino De Candido, cittì degli juniores

Allarme rosso

A questa notazione De Candido lancia l’allarme: «Ci sono troppi ragazzi che non riescono a trovare squadra tra gli U23. I team prendono solo chi ha vinto. Non so se sono 250 come come si dice, ma so che molti smetteranno. Si parla sempre dei professionisti, ma se non c’è più il settore giovanile i pro’ chi saranno un domani? Il nostro movimento ne sta soffrendo, anche più di quello che potessi immaginare.

«I “terzo anno” è il “metterci una toppa”, non la soluzione. Quante squadre juniores potranno avere 15 ragazzi? Anche queste si tengono i più forti e i più giovani e gli altri che magari maturano più lentamente devono arrangiarsi, andare a correre da soli. O smettere.

«Tutto si sta specializzando, tutto sta cambiando troppo velocemente. Preparazione, alimentazione… sì, oggi sono più maturi, ma nessuno tiene conto della mentalità del ragazzo. E’ pronto a tutto ciò?».

Tutto e subito

Rino insiste molto sulle tempistiche della crescita. Della maturazione mentale che deve (o dovrebbe) andare di pari passo con quella fisica.

«Creiamo delle macchine, ma siamo sicuri che la “centralina” sia pronta a manager, preparatori, nutrizionisti, mental coach…? Quanti giovani passano e poi si perdono? Mi colpì una cosa che mi disse Ganna quando era arrivato nell’allora Sky: “Ci sono dei personaggio dello staff che non conosco”.

«Oggi i procuratori vengono, vedono uno junior bravo, gli dicono: ti appoggio in questa squadra Continental o U23 e l’anno prossimo ti faccio passare. Ditemi voi che interesse ha quel team di transito a far andare “piano” il ragazzo? A non spremerlo? A non farlo vincere prima di crescere? Purtroppo siamo nell’era del tutto e subito. Non c’è pazienza e il ragazzo si deve adeguare. L’anno scorso due ragazzi che fino a pochi mesi prima erano juniores li hanno portati al Laigueglia. Ma come, dico io: subito 200 chilometri?».

juniores
La Franco Ballerini in testa al gruppo
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La Franco Ballerini in testa al gruppo

Tre passaggi

E allora come si potrebbe fare? Secondo De Candido il modello da seguire è quello straniero. E cioè che le squadre WorldTour dovrebbero avere anche la Continental e la squadra juniores.

«Due vivai, Continental e juniores, così da avere tre passaggi. E tutto deve essere gestito o comunque fare capo alla squadra madre. Il salto di categoria deve essere graduale, il ragazzo anche se non è forte deve poter correre senza l’assillo di dove vincere per poter continuare. Deve sapere che poi può crescere e imparare stando in quel settore. A sua volta la squadra madre avrebbe il vantaggio di coltivare in casa dei possibili campioni, dei buoni corridori, che quando approdano nel WT sanno che lì devono e possono iniziare. Perché è da lì che s’inizia. In questo modo i ragazzi sono abituati all’ambiente, hanno avuto rapporti costanti con il team maggiore. Quante ce ne sono di realtà così in Italia? Zero. All’estero c’è la Sunweb (ora Team DSM), la Groupama-Fdj, la Bora Hansgrohe… Se poi non si riesce a fare il team diretto, si dovrebbero fare dei team satellite con le varie squadre».

Trainini un modello?

Bruno Reverberi ha dichiarato che poiché li vanno a cercare sempre più giovani lui ha voluto anticipare i tempi e ha preso questo ragazzo dalla Colpack. La Bardiani CSF è una Professional e può garantire a Tomas Trainini sia il calendario italiano (che è molto simile a quello della Colpack) sia le trasferte all’estero nelle corse meno grandi, ma che comunque sarebbero esperienze importanti.

«Se così fosse non sarebbe sbagliato – commenta De Candido – è più sbagliato che le squadre Continental non prendano gli juniores, se non quelli forti, forti…».

Uc Casano, tra pista e… ritorno del Lunigiana

11.11.2020
3 min
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Multidisciplinarietà è il segno distintivo dell’Uc Casano, del direttore sportivo Giuseppe Di Fresco. La squadra spezzina è stata protagonista di una stagione molto lunga. E sì, perché rispetto ad altri team per loro l’attività sul campo è ripresa un po’ prima. Almeno per alcuni ragazzi.

Foto di gruppo all’inizio del 2020
Foto di gruppo all’inizio del 2020

Pista che scoperta

«Siamo partiti un po’ prima – dice il ds Di Fresco – perché appena hanno riaperto le regioni andavamo due volte a settimana in pista a Montichiari a girare sotto gli occhi del tecnico azzurro, Marco Villa. Devo dire che anche per me, nonostante il passato da corridore e gli anni in ammiraglia è stata un’esperienza nuova. E molto appagante».

Villa ha detto a tutte le società che c’era la possibilità di fare provare la pista ai ragazzi. Ognuno poteva portarli e man mano li avrebbe visionati. Alla fine sotto i suoi occhi ne sono passati circa 600 e questo ha dato a lui una grande base di lavoro. Il velodromo e il tecnico stesso fornivano le bici, Pinarello, a tutti i ragazzi. Cosa che si è verificata anche ai campionati italiani.

«Io gli ho segnalato Lorenzo Tedeschi. La prima volta che ha girato sull’anello era talmente spaventato che neanche superava la riga nera (quella del limite inferiore della pista, ndr). Dopo un mese ha vinto il campionato toscano nell’Inseguimento. I tempi erano validi e Villa lo ha portato in una gara di Coppa del mondo in Svizzera. I risultati poi si sono visti anche su strada: ha vinto due corse».

Non solo ma ad inizio anno i ragazzi di Di Fresco e del team manager Christian Castagna avevano anche fatto delle gare di ciclocross.

Lorenzo Tedeschi, quest’anno ha vinto due gare
Lorenzo Tedeschi, quest’anno ha vinto due gare

La forza del gruppo

«Sì, strada, ciclocross, pista… abbiamo cercato di fare più attività possibile e di differenziarci coinvolgendo sempre i ragazzi. Anche durante la quarantena siamo riusciti a tenerli “insieme” con le simulazioni virtuali sui rulli, magari anche con delle piccole gare, con gli appuntamenti online per fare gli esercizi a corpo libero…».

Un gruppo che anche per il 2021 sarà forte di 13 atleti: 6 di primo anno e 7 di secondo. «Speriamo solo – commenta Di Fresco – che non ci saranno le stesse limitazioni viste quest’anno. In alcune gare si potevano schierare addirittura solo 4  corridori. In questo caso farne girare 13 non sarà facile. E’ un periodo difficile. Se pensiamo che Tedeschi, azzurro su pista e su strada, ha avuto difficoltà a trovare squadra tra gli U23. Per questo dico che la cosa migliore era quella di congelare le categorie per un anno. Solo così si sarebbe aiutato i ragazzi veramente. In tanti resteranno a piedi».

Torna il Lunigiana

Tra i progetti 2021 c’è anche quello più che prestigioso del Giro della Lunigiana. L’Uc Casano, infatti, organizza questa importantissima gara a tappe internazionale. Una sorta di Tour de France degli juniores.

«Quest’anno – conclude Di Fresco – eravamo pronti, ma il Covid ci ha fermato. Avevamo budget e permessi per tornare a correre sulle tradizionali cinque tappe. Per adesso tutto è ri-confermato, anche con i Comuni. Abbiamo molte richieste di team e di nazionali straniere, ben 16. Speriamo davvero di ripartire».