Quello di Lucia Bramati è in chiave femminile il risultato più fulgido della giornata azzurra Tabor. Il suo podio finale ha un sapore dolcissimo. Non è solo la conferma del suo valore, ma ha anche un sapore di rivalsa verso chi non ha condiviso alcune sue scelte. O per meglio dire le scelte del suo papà Luca, che guida anche la sua squadra e che finora ha preferito farle svolgere maggiore attività all’estero, con una sola apparizione al Giro d’Italia Ciclocross. Nell’occasione di Coppa però il cittì Scotti l’ha chiamata in nazionale e la lombarda ha risposto da par suo, con un terzo posto di grande valore.
Il tempo per crescere
Un terzo posto mai in discussione, anzi a metà gara la minaccia maggiore veniva da un’altra azzurra, Beatrice Fontana, primo anno di categoria, poi leggermente in calo, ma alla fine comunque settima. Davanti la vittoria era affare privato di un’altra figlia d’arte, Zoe Backstedt, figlia di quel Magnus trionfatore a sorpresa della Parigi-Roubaix 2004. Proprio in quell’anno nasceva Zoe, che ha la nazionalità britannica e non svedese come il padre, che si era spostato per motivi lavorativi nella terra albionica. La Backstedt ha chiuso con 11” sulla lussemburghese Marie Schreiber. La Bramati le ha perse di vista solo nella fase finale finendo a 1’05”, ma tenendo a debita distanza le francesi Olivia Onesti e Line Burquier, considerate alla vigilia più forti della nostra. Mancavano belghe e olandesi, ma questo è un discorso che Luca non vuol sentire.
«Lucia le conosce bene, quelle che l’hanno preceduta, sono due fuoriclasse che ha già incontrato in Belgio e le altre, anche le olandesi, arrivano dietro. A Lucia manca… lo sviluppo legato all’età. Hanno fisici più formati e guadagnano su asfalto e dove conta spingere. Anche oggi è stato così, ma è normale per ora».
Masciarelli, quasi…
Si ha un bel dire che la prima di Coppa del mondo a Tabor (Cze) aveva nelle categorie giovanili un senso relativo, per l’assenza di Belgio e Olanda. Quando i risultati arrivano, è un’iniezione di fiducia per tutti. D’altronde Lorenzo Masciarelli (in apertura nella foto di Carla Garofalo) belgi e olandesi li conosce bene, ci corre praticamente ogni settimana. Il fatto che a Tabor sia arrivato secondo fra gli junior, a 7” dal padrone di casa Matej Stransky, ha un grande valore.
«Lorenzo poteva anche vincere, è partito indietro – riprende Luca Bramati – inizialmente è rimasto nel gruppo di testa, poi dopo metà gara la spinta del danese Gustav Wang, che faceva un po’ da pilota, si è esaurita e l’azzurro è rimasto sempre a tiro di Stransky, trovatosi da solo in testa. Io dico che lo poteva prendere…».
Profumo d’azzurro
La giornata azzurra fra gli junior poteva essere ancora più… azzurra, ma onestamente a Matteo Siffredi non si può rimproverare nulla, se non la pessima partenza. L’azzurro, che concilia al meglio ciclocross e Mtb, ha raggiunto e superato Wang nel penultimo giro e ha chiuso ai piedi del podio a 27”. Ottima prova anche per Flippo Agostinacchio, ultimo entrato nella squadra azzurra, 8° a 51”. E’ vero, belgi e olandesi non c’erano, ma per il resto erano tutti presenti, britannici e francesi, tutti battuti dagli azzurri, pronti a ripetersi anche nella prossima occasione: sarà il 20 dicembre a Namur (BEL) e allora sì che se ne vedranno delle belle…