Roglic re di Roma, con la benedizione di Mattarella

28.05.2023
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ROMA – Quando Roglic arriva a raccontarsi, fuori il sole è sceso sui Fori Imperiali e il Campidoglio strizza l’occhio al tramonto. Quello che non è cambiato è il sorriso che da ieri accompagna il campione sloveno fasciato di rosa. E’ come se dall’incidente della Vuelta, Primoz avesse scoperto una nuova dimensione dello stare al mondo, mentre la vittoria di ieri ha scacciato il malocchio da un campione che più di una volta si è sentito bersagliato dalla cattiva sorte. Il Tour 2020 perso nella crono finale. Le cadute francesi: quella del 2021 e poi quella dello scorso anno mentre aiutava Vingegaard. Infine l’ncidente ben più rovinoso della Vuelta.

Quando a novembre ci accolsero nella sede della Jumbo Visma, la sua risposta ci lasciò di sasso: «Il mio obiettivo – disse – sarà essere pronto per il primo ritiro». Era ancora sofferente, ma nonostante tutto, già allora ci parve di ottimo umore e il suo essere radioso di allora è coinvolgente anche oggi. Iniziano le domande, arrivano le risposte.

Un campione tutto rosa: Primoz Roglic ha affrontato l’ultima tappa con gli evidenti segni del primato
Un campione tutto rosa: Primoz Roglic ha affrontato l’ultima tappa con gli evidenti segni del primato
Che cosa significa ora aver vinto il Giro?

Non bastano poche parole, con così tante emozioni in ballo, specialmente dopo ieri. Non si può descrivere davvero con le parole un momento che ricorderò per tutta la vita.

Dicesti di voler essere pronto per il primo ritiro, ora sembrano giorni lontanissimi…

E’ stato bello darsi quell’obiettivo e l’ho raggiunto. Quando ho partecipato al primo training camp, eravamo super felici. Poi è arrivato un secondo bambino e da quel momento sono entrato nel vivo dei preparativi per la nuova stagione. Quello che mi è successo è stato davvero incredibile e anche divertente.

Sveliamo il mistero di quel tipo che ieri ti ha spinto quando ti è saltata la catena?

Non ho parlato di lui, perché ovviamente ero troppo concentrato per poterlo vedere. Ho rimesso la catena e ho guardato in basso. Hanno iniziato a spingermi e non facevo altro che urlare di farlo più forte, perché da solo non ce l’avrei fatta. Sono ripartito e poi ho visto le immagini. Quel ragazzo è un ottimo amico per me. Si chiama Mitia ed è stato il mio compagno di stanza quando ancora saltavo con gli sci. E’ uno dei quattro ragazzi con cui siamo stati campioni del mondo juniores nel 2007. E si è trovato proprio in quel punto, lo trovo davvero incredibile.

Già nel tratto verso Ostia, l’ammiraglia della Jumbo Visma ha passato a Roglic un flute con cui brindare
Già nel tratto verso Ostia, l’ammiraglia della Jumbo Visma ha passato a Roglic un flute con cui brindare
Abbiamo pensato tutti che vincere la cronoscalata del Monte Lussari sia stato pareggiare il destino di quel Tour del 2020.

L’ho pensato anche io, ma ogni situazione è nuova. La vita ti porta sempre nuove sfide e questa volta c’è stato un lieto fine. Sono però certo che tutti abbiamo imparato qualcosa dal 2020 e questa volta è andato tutto bene.

Hai avuto paura di non poter tornare al tuo livello dopo la caduta della Vuelta?

Non è mai stata quella la mia preoccupazione. Non ho mai dato troppo peso al salire o scendere di livello. Quello che mi interessava era poter essere ancora parte di questo mondo, che mi piace tanto. Così come ero certo che, restando un corridore, avrei lavorato per crescere. Perché è quello che mi piace fare.

C’è stato qualcosa di nuovo che l’essere più maturo ti ha dato nella tua preparazione per questo Giro?

Potrei dire che invecchiando si ottiene sempre nuova esperienza e si diventa in qualche modo più saggi. Quindi sì, diciamo che la mia vita mi ha già regalato molte emozioni, sia in negativo, sia in positivo nel farmi apprezzare le persone che ho intorno. Tutti i miei compagni di squadra sanno o sentono quanto io abbia apprezzato il loro lavoro, questo è certo. Vedremo cosa succederà domani, ma posso dire che senza il loro aiuto non sarei riuscito a ottenere tutto questo di cui ancora non mi rendo conto.

Andrai al Tour?

Sarebbe bello, ma non credo, se devo essere onesto. Sappiamo tutti cosa manchi ancora nel mio palmares, ma d’altra parte dico che ogni prossima vittoria per me sarà un bonus bello da ottenere ma non uno stress, quindi vedremo. Prima di tutto voglio davvero godermi la vittoria, poi parleremo del futuro.

Eri mai stato a Roma prima di oggi?

No, è stata la prima volta e sono felice di far parte di questa storia, soprattutto dalla posizione in cui mi trovo. Devo dire grazie a tutti quelli che mi hanno supportato e hanno reso possibile questa passerella.

Quest’anno hai corso e vinto tre corse: Tirreno, Catalunya e Giro. Sei diventato imbattibile?

E’ pazzesco, è vero. Forse allora è meglio smettere di gareggiare oggi, così sarò davvero imbattibile (si mette a ridere, ndr).

Il podio del Giro, cui avevamo ormai fatto l’occhio: vince Roglic su Thomas e Almeida
Il podio del Giro, cui avevamo ormai fatto l’occhio: vince Roglic su Thomas e Almeida
Ti abbiamo visto parlare a ungo con Thomas durante la corsa, cosa vi siete detti?

Siamo amici e battendolo ho provato una sensazione agrodolce. Ma prima o poi dovevamo ricominciare a parlarci (sorride, ndr) e adesso che lo abbiamo fatto, magari andremo di nuovo a bere una birra insieme e divertirci. E’ stato un piacere lottare con un ragazzo come lui, credo che ci siamo divertiti entrambi. Ma alla fine vince uno solo e non credo che questo danneggi la nostra amicizia. Non vedo l’ora di uscire nuovamente con lui.

Quando Roglic esce dalla sala stampa, seguito dall’addetto stampa Ard Bierens che porta il Trofeo Senza Fine e un meccanico che fa scorrere la Cervélo rosa, i giornalisti del Giro d’Italia gli tributano un applauso che raramente si è sentito in passato. La sua vittoria ha convinto. E allora Roglic si ferma, si volta e applaude verso la sala. E’ stato un viaggio molto bello ed è stato un piacere averlo condiviso con tutti voi.

Pogacar gigante all’Amstel, ma i rivali “veri” dove sono?

16.04.2023
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Chissà che cosa avranno pensato i corridori della Alpecin-Deceuninck sentendo che a Pogacar il punto dell’attacco per vincere l’Amstel Gold Race l’ha suggerito il loro capitano Mathieu Van der Poel. L’olandese oggi non c’era, perché dopo la vittoria alla Roubaix si è preso un turno di riposo, ma ha trovato il modo un paio di giorni fa di mandare un messaggio allo sloveno, che evidentemente a suo giudizio avrebbe avuto bisogno di aiuto per piegare i rivali anche nella corsa dei mastri birrai.

«Mathieu Van der Poel mi ha detto di accelerare sul Keutenberg – racconta Pogacar dopo l’arrivo – quella era davvero la salita più dura e mi si addiceva di più. Quando me l’ha detto? Tre giorni fa, mi ha mandato un messaggio. Lo ringrazierò per il consiglio».

La foto ai fotografi che immortalano il gruppo davanti al mulino a vento, ma intanto la UAE Emirates fa la corsa
La foto ai fotografi che imortalano il gruppo davanti al mulino a vento, ma intanto la UAE Emirates fa la corsa

Una gomma a terra

Dopo il Fiandre, Pogacar centra in Olanda l’undicesima vittoria stagionale, applicando alla lettera quel che Van der Poel gli ha suggerito e aggiungendo del suo alla ricetta vincente. La fuga che ha deciso la corsa infatti è andata via a 90 chilometri dall’arrivo, seguendo una logica cui ormai dovremmo esserci abituati e che ogni volta invece ci lascia di sasso. Poi, quando di chilometri ne mancavano 39, lo sloveno si è ritrovato con una gomma a terra. Ha maledetto l’assenza dell’ammiraglia, restata intrappolata nelle retrovie. Il cambio bici e il ritorno sui primi sono stati tuttavia l’anticamera dell’attacco decisivo.

«Non mi aspettavo che saremmo andati in fuga così presto – commenta – e sono andato avanti con una gomma bucata per molti chilometri. Per fortuna la ruota perdeva pressione molto lentamente, ma lo stesso ho dubitato che sarei stato in grado di arrivare al traguardo. Alla fine ce l’ho fatta. E’ stato frustrante non aver avuto accanto l’ammiraglia per così tanto tempo, ma fortunatamente siamo riusciti a cambiare la bici appena in tempo, prima delle salite finali».

L’Astana ha fatto arrivare Lutsenko, fresco della vittoria in Sicilia. Il kazako qui vinse il mondiale U23 del 2012
L’Astana ha fatto arrivare Lutsenko, fresco della vittoria in Sicilia. Il kazako qui vinse il mondiale U23 del 2012

Solo Remco

Alla vigilia la domanda che circolava fra gli addetti ai lavori riguardava la Jumbo Visma e altri squadroni. Come mai la squadra di Van Aert ha scelto di non portare né RoglicVingegaard, che stanno vivendo un ottimo momento e sono fra i pochi che in passato siano riusciti a opporsi a Pogacar? La riposta fornita dal team olandese è che il primo sta preparando il Giro, mentre il secondo non ha una grande esperienza nelle classiche.

Dato che volenterosi rivali come Cosnefroy, Gaudu e Benoot si sono arresi al primo attacco (quindi a 90 chilometri dall’arrivo), in attesa di saggiare la condizione di altri come ad esempio Mas, Higuita e Vlasov, bisognerà capire chi nei prossimi giorni sarà in grado di opporsi a Pogacar: forse Evenepoel. Anche Remco infatti sta preparando il Giro, ma non rinuncerà alla Liegi. In questo modo diventa evidente lo scontro fra due scuole. Quella più moderna (sul piano delle metodiche) di coloro che puntano sulla specializzazione. E poi quella più spregiudicata di campioni che accettano le sfide senza nascondersi dietro troppi calcoli, forse perché consapevoli di margini più ampi.

Giro d’Onore

Pogacar ha sferrato l’attacco finale a 36 chilometri dall’arrivo sull’Eyserbosweg, la salita delle Antenne, da cui solitamente la corsa prendeva il largo nel ciclismo di ieri. Healy si è gestito bene e ha proseguito col suo ritmo. Pidcock ha provato invece a opporsi, ma è durato 50 metri in più e poi ha dovuto fare i conti con le gambe più pesanti. Salvare il podio dal ritorno di Lutsenko e Kroon non è stato così semplice.

Da quel momento l’Amstel Gold Race si è trasformata in un giro d’onore, come altri già visti in questa primavera. E se il vantaggio su Healy alla fine è stato solo di 38 secondi, è perché Pogacar ha affrontato l’ultima scalata del Cauberg senza andare a fondo nella fatica, pensando magari a salvare le forze per la Freccia Vallone e la Liegi.

L’Amstel non è un monumento, ma vale parecchio. Per Pogacar è la undicesima vittoria stagionale
L’Amstel non è un monumento, ma vale parecchio. Per Pogacar è la undicesima vittoria stagionale

«In questa stagione – dice andando via dall’Amstel con il suo addetto stampa Luke McGuire – sto vivendo un sogno. Non so se sia stato più forte di quando ho vinto il Fiandre, perché è stata una corsa completamente diversa, ma di certo mi sono sentito bene. Stamattina ero piuttosto congelato con il brutto tempo, ma poi ho scoperto di avere delle buone gambe. Ora si va verso Freccia e Liegi. Mi hanno detto che se vincessi anche la Liegi entrerei nella storia, ma credo che sia presto. Ne parleremo semmai mercoledì o domenica».

La foratura che piega Van Aert e rovina la festa

09.04.2023
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Stavolta Wout Van Aert è deluso. Se potesse spaccherebbe anche la sedia che si fa passare per le interviste in zona mista. Ma lui, si sa, è sempre molto gentile e disponibile. Però ti stai giocando una  Parigi-Roubaix e la perdi nel momento clou, quello che tutti aspettavano, tu per primo, e vedi il tuo avversario di sempre andare via.

E’ così. E’ la corsa delle pietre. O la ami o la odio. Un attimo sei con le ali sotto le ruote, un attimo dopo sei fermo a bordo strada. Ma oggi qualcosa su cui riflettere non ce l’ha solo Van Aert, bensì un po’ tutta la squadra.

Per Van Aert (classe 1994) un sorriso di circostanza sul podio della Roubaix. Il belga è deluso

Troppe forature

Lo squadrone olandese oggi ha sbagliato qualcosa in termini di pressioni oppure è stato parecchio sfortunato. Il che può anche starci. Anche la Soudal-Quick Step, che quassù è padrona incontrastata, oggi ha avuto le sue belle forature. La Jumbo-Visma monta le stesse coperture della Alpecin-Elegant, le Vittoria, ma hanno forato molto di più. Due volte Van Aert, due volte Laporte, una Van Hooydonck. Almeno quelle note.

Questo, oltre che far riflettere dal punto di vista tecnico, ha influito non poco sull’andamento della corsa. Al netto della caduta di Van Baarle, campione uscente, la Jumbo-Visma ne avrebbe potuti avere davanti tre come la Alpecin. E che atleti…

Proprio Laporte e Van Hooydonck hanno dimostrato di averne. E tanta. Ad un certo punto rimontavano sui super big di testa. E questo avrebbe scompaginato l’andamento della gara. Van der Poel avrebbe dovuto rispondere agli attacchi e utilizzare diversamente i suoi uomini.

L’azione che ha spaccato la corsa sulla Foresta di Arenberg è stata la sua…
L’azione che ha spaccato la corsa sulla Foresta di Arenberg è stata la sua…

Wout di rimessa

E poi c’è Wout. La scorsa settimana vi avevamo parlato di “guerra di nervi”. In effetti oggi il suo atteggiamento in corsa è stato differente. Marcava stretto Van der Poel, quando le cose solitamente sono al contrario. Un paio di fiammate e poi a ruota. Urgeva cambiare tattica Wout e lo ha fatto.

«Che dire – racconta sconsolato Van Aert – io stavo molto bene oggi. Anche se non sono arrivato al  meglio a questo giorno (e indica il ginocchio ferito al Fiandre, ndr), ma il dolore non mi ha infastidito più di tanto. Contro la sfortuna non puoi farci nulla.

«In generale per me è stata una giornata difficile. Ho forato due volte, una poco prima della Foresta di Arenberg. Ad un certo punto sono rimasto senza compagni. Ma ho cercato di rimanere calmo e sono rientrato. Prima della Foresta mi sentivo bene e su quel tratto ho forzato».

Carrefour de l’Arbre, la gomma di Van Aert si affloscia e Van der Poel scappa. Wout non può far altro che vederlo andare via
Carrefour de l’Arbre, la gomma di Van Aert si affloscia e Van der Poel scappa. Wout non può far altro che vederlo andare via

Finito tutto

Poi il racconto della corsa di Wout arriva inevitabilmente al momento del problema meccanico clou. Qualche istante prima che Wout si stacchi, si nota che piega la testa. Guarda in basso, verso la ruota posteriore.

«Ho già avuto diverse forature in carriera, ma a questo punto della gara è amaro, fa male. L’Inferno per me resta maledetto, almeno per ora. La Roubaix finisce solo quando arrivi al velodromo. In quel cambio di ruota ho pensato che avrei perso 20-25 secondi e con un Mathieu in quella forma non puoi rimediare. Sai subito che è finita.

«Anche lì ho cercato di restare calmo. Appena sono entrato nel settore – riferendosi al Carrefour de l’Arbre – ho spinto forte, ma quando mi sono avvicinato alla curva, ho sentito di aver forato. Ho avvertito la squadra. C’era uno dei nostri all’uscita del settore. E’ stato un cambio veloce ma in quel momento della gara è comunque troppo tempo».

Continua la cabala negativa del belga con la Roubaix… Ma sempre grande stile per lui
Continua la cabala negativa del belga con la Roubaix… Ma sempre grande stile per lui

A testa alta

«Alla fine però sono soddisfatto della mia prestazione e delle mie gambe – prosegue l’asso di Herentals – E’ un altro podio che si aggiunge in questa primavera di classiche. Purtroppo una vittoria di quelle grandi non si è concretizzata, ma è così. Se ci riproverò? Certo che ci riproverò. Ora però ho bisogno di recuperare». 

Si chiude qui, dunque, la prima parte di stagione di Van Aert che, ricordiamo, “tira la carretta” da questo inverno con la stagione del ciclocross. Il suo prossimo impegno, salvo cambiamenti, dovrebbe essere il Giro di Svizzera a metà giugno.

Roglic fa il bis alla Tirreno: tante gambe e un po’ di fortuna

12.03.2023
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Nel giorno dello sprint vincente di Jasper Philipsen a San Benedetto del Tronto, Primoz Roglic completa il suo recupero e porta a casa la corsa a tappe italiana per la seconda volta dopo il 2019.

«Tornare forte dopo un incidente – dice sorridendo – dipende da tante cose, ma soprattutto dal fatto che io sia felice e libero mentalmente. In questi giorni sono stato spesso completamente a bloc, a partire dalla cronometro, perché dovevo soprattutto ritrovare il ritmo. Il giorno di Sassotetto è stato difficile, mi ha fatto stringere i denti. Quello della Tirreno è uno dei trofei più belli, adesso ne ho due e magari i miei figli potranno giocarci insieme senza litigare.

«Ho passato un inverno duro, non starò a dire se sia stato il mio periodo peggiore, ma non ce l’avrei fatta se non avessi avuto accanto la mia famiglia e persone che credevano in me. Ora si tratta di migliorare ancora un po’ in salita per essere all’altezza delle sfide che mi aspettano. Il bello del ciclismo è proprio questo, il fatto che ogni giorno ci spingiamo oltre i nostri limiti…».

Sorpresa Roglic

Sono giorni che sentiamo Roglic stupirsi per la grande condizione che gli ha permesso di vincere la Tirreno-Adriatico. La sua presenza nella Jumbo Visma non era prevista e la convocazione è arrivata inattesa, quando il suo allenatore ha dato via libera.

Non è la prima volta che lo sloveno debutti nella stagione con una vittoria. Nel 2021 aveva cominciato alla Parigi-Nizza e l’aveva vinta sbalordendo tutti per la sua autorità. Al punto che chiedemmo a Mathieu Heijboer, che lo preparava, in che modo avesse lavorato per essere così brillante. Niente di cui stupirsi, insomma, se non fosse che a rendere meno prevedibile l’exploit ci fosse in questo caso il gravissimo infortunio alla spalla per la caduta della Vuelta a Monasterio de Tentuda. Quando lo incontrammo nel quartier generale della squadra in Olanda, il suo obiettivo era tornare in sella per il ritiro. Il resto era molto nebuloso…

Arthur Van Dongen, classe 1968, è alla Jumbo Visma da quattro stagioni
Arthur Van Dongen, classe 1968, è alla Jumbo Visma da quattro stagioni

Perciò stamattina abbiamo incontrato Arthur Van Dongen, 54 anni e 1,95 di altezza, direttore sportivo della squadra olandese nella corsa italiana, con la curiosità di sapere in che modo abbiano accolto Roglic e se si aspettassero che andasse già così forte.

Primoz si dice ogni giorno sorpreso per la sua condizione: ha stupito anche voi?

Sapevamo che fosse pronto per correre e non ci ha sorpreso nemmeno il fatto che fosse già in ottima forma. L’unica accortezza che ci ha detto in anticipo il suo allenatore Marc Lambert è che era pronto per le brevi salite, meno per quelle più lunghe. Invece è riuscito a sopravvivere sul Sassotetto e quel giorno siamo stati un po’ fortunati, perché c’erano più 2 chilometri di scalata in meno e anche un forte vento contrario. Penso che ci sia andata bene, ma sapevamo che fosse già in buona forma.

Prima che arrivasse lui avevate immaginato una squadra con altri leader?

Avevamo in programma di utilizzare Wilco Kelderman e Tiesj Benoot per la classifica generale. E poi Wout Van Aert avrebbe lottato per le tappe, soprattutto per la quarta: quella di Tortoreto. Probabilmente era il migliore su quel tipo di percorso, ma è caduto e anche questo purtroppo fa parte del ciclismo.

Avete dovuto spiegare al resto della squadra che con l’arrivo di Roglic sarebbero cambiati gli equilibri, oppure l’hanno presa bene?

Lo abbiamo fatto prima, non se lo sono ritrovato senza essere al corrente. Il nostro capo, Merijn Zeeman ha fatto una chiamata e a quel punto abbiamo parlato con i ragazzi per cambiare i piani. Roglic è il leader di questa squadra da molti anni, uno che ci ha abituati alle sue vittorie.  Ci piace vincere insieme e poi quando riesci a vincere tre tappe, alla fine sono tutti d’accordo.

In quale delle tre tappe ti ha sorpreso di più?

Forse la prima che ha vinto, a Tortoreto. Perché era indietro sull’ultima salita e di colpo è salito. Mi ero accorto che avesse Alaphilippe alla sua ruota, ma non è riuscito a passarlo. E allora ho pensato: «Wow, è già in ottima forma». 

Come giornalisti lo vediamo molto più sorridente e lui ha spiegato che anche dai periodi più duri si impara qualcosa. E’ più sorridente anche con voi?

E’ vero, sorride molto anche nel team, ma è sempre molto professionale e questo fa la differenza. E’ tornato a essere un corridore ad altissimo livello, ma sorride molto più di prima. Non è che i suoi rapporti in squadra siano cambiati. Questo è il mio quarto anno nel team e secondo me ha sempre un’ottima relazione con gli altri ragazzi. Per la squadra, la gentilezza di Primoz non è mai stata motivo di discussione o di dubbio.

Jumbo Visma: indecisi a Siena, spietati al Nord

05.03.2023
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Chiusa la Strade Bianche con la vittoria di Pidcock e le incomprensioni fra Benoot e Attila Valter, torniamo per un attimo allo scorso fine settimana. Infatti in Belgio si è aperta la stagione delle Classiche del Nord, tra pietre, muri, stradine e ventagli. E questa volta, a farla da padrona è stata la Jumbo Visma, con la vittoria di Van Baarle nella Omloop Het Nieuwsblad e quella di Tiesj Benoot a Kuurne.

Corse di casa

Nelle fila del team olandese c’era anche il nostro Edoardo Affini. E proprio dalla sua voce ci facciamo raccontare questo esordio di fuoco della Jumbo. 

«Come esordio – dice con una risata – quel fine settimana è andato molto bene, soprattutto se consideriamo che eravamo sette corridori su otto all’esordio stagionale. Tra le due formazioni è cambiato un solo uomo: Tim van Dijke alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne è stato sostituito da Per Strand Hagenes (campione del mondo juniores 2021, ora nel team development di cui ci aveva parlato Mattio, ndr). Siamo arrivati direttamente dal Teide, sul quale avevamo finito un bel blocco di lavoro. Dire che abbiamo lavorato bene sembra quasi superfluo ma è davvero così. La cosa bella di queste due corse è che abbiamo corso nel modo che ci eravamo prefissati nel meeting pre-gara».

I ventagli della Jumbo hanno spaccato il gruppo ed acceso la Omloop Het Nieuwsblad
I ventagli della Jumbo hanno spaccato il gruppo ed acceso la Omloop Het Nieuwsblad

Due modi di correre

Omloop sabato e domenica la Kuurne-Brussel-Kuurne, due corse diverse ma comunque dominate dalla Jumbo Visma. 

«L’idea – prosegue Affiniera quella di fare la corsa a modo nostro, in Belgio non è mai semplice serve anche fortuna. Basta una foratura o una scivolata nel momento sbagliato e tutto va in fumo. Io stesso sono riuscito a lavorare bene in entrambe le corse, anche la squadra era molto soddisfatta. Alla Omloop il team aveva intenzione di prendersi subito la responsabilità della corsa. Appena partita la fuga ci siamo messi a controllare, io avevo il compito di inseguire nella prima parte. Poi, nel momento in cui il percorso ce lo ha permesso, ho dato il via al ventaglio che ha condizionato la gara. Ci siamo messi a girare bene e siamo riusciti a rompere il gruppo».

«Alla Kuurne – spiega nuovamente – avevamo deciso di muoverci in maniera differente, viste anche le differenze tra i due percorsi. Non avevamo un velocista di riferimento, così abbiamo lasciato il pallino dell’inseguimento alle altre formazioni. Poi, nel momento in cui le condizioni del vento sono diventate favorevoli, ci siamo messi in azione. A meno 80 chilometri dall’arrivo, sul Le Bourliquet, tre miei compagni hanno dato il via all’azione decisiva. Si è formato il quintetto che è arrivato fino all’arrivo».

Gli uomini della Jumbo alla Kuurne si sono messi all’opera dopo attaccando a 80 chilometri dall’arrivo
Gli uomini della Jumbo alla Kuurne si sono messi all’opera dopo attaccando a 80 chilometri dall’arrivo

Rinforzi e obiettivi

Uno dei nomi nuovi della Jumbo Visma è quello di Dylan Van Baarle, il vincitore dell’ultima Parigi-Roubaix. Un innesto che fa capire l’intento della squadra: vincere. 

«La squadra era già forte – dice Affini – è innegabile, ma la Jumbo vuole vincere una monumento, questo è quello che manca (unendo i puntini si potrebbero definire “profetiche” le parole di Tom Boonen, ndr). Van Baarle è un acquisto volto a ciò, e direi che si è presentato nel migliore dei modi. Ora, capire quali saranno i focus sulle prossime corse nel Nord è difficile. Prima ci sono altre corse da fare e la prima Monumento della stagione: la Sanremo. Io alla partenza di Abbiategrasso dovrei esserci, così come alla Parigi-Nizza (iniziata oggi da La Verrière, ndr)».

«E’ chiaro – spiega riagganciandosi – che le punte per le Classiche come Fiandre e Roubaix saranno Van Aert, Van Baarle, Benoot e Laporte. Il rinforzo di Dylan ha anche un senso tattico, perché potremmo trovarci in superiorità numerica in alcune situazioni. Starà poi a loro e alla squadra capire come gestire quelle situazioni. Una cosa è certa: in quelle corse meglio avere un vantaggio numerico».

Mattio e i primi mesi nell’universo Jumbo-Visma

23.02.2023
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Pietro Mattio ha la voce di chi ha appena visto un trucco di magia e ancora deve spiegarsi bene cosa sia successo. Il ragazzino piemontese è passato dalla Vigor Cycling al team development della Jumbo-Visma. Un primo ma importante passo nella sua crescita da corridore e anche da uomo. Non è l’unico italiano del team, oltre a lui c’è Dario Igor Belletta

«Sono stati mesi completamente diversi dal solito – esordisce il cuneese – arrivavo da una piccola squadra di paese dove conoscevo tutti. Ora sono in un team enorme dove tutto è curato nei minimi particolari ed il mio unico pensiero è andare in bici».

Da junior Mattio ha corso al Team Cycling Vigor: qui alla Roubaix in maglia azzurra (foto Instagram)
Da junior Mattio ha corso al Team Cycling Vigor: qui alla Roubaix in maglia azzurra (foto Instagram)

Primi mesi diversi

E’ con curiosità che guardiamo insieme a Mattio alla sua nuova avventura. Le cose sono cambiate molto, ma gradualmente, così da permettere ai nuovi arrivati come lui di trovare il proprio ritmo. 

«La prima volta che sono venuto in Olanda – spiega – è stato ad ottobre ed ho iniziato a conoscere tutto lo staff. Avevo già incrociato alcuni di loro al mio stage di luglio in Slovenia, un primo e piccolo assaggio di quello che avrei fatto. Gli allenamenti, in questi primi mesi, sono stati differenti: più blandi e con poca bici».

Il piemontese ha avuto modo di partecipare ad un ritiro della Jumbo Visma development nel luglio del 2022
Il piemontese ha avuto modo di partecipare ad un ritiro del team olandese nel luglio del 2022
Vi siete incontrati anche successivamente?

Abbiamo fatto un secondo ritiro, quello di gennaio in Spagna, insieme a noi c’erano anche i corridori del team WorldTour. Alloggiavamo nello stesso hotel, ma li abbiamo visti poco, gli ultimi giorni alcuni sono partiti per le prime corse mentre altri sono rimasti con noi. E’ stato bello, perché con meno stress erano più liberi ed abbiamo parlato tanto, ho visto cosa vuol dire avere un progetto di crescita. I ragazzi che erano rimasti con noi sono passati dal team development, ho avuto la sensazione di continuità.

Quando avete iniziato a spingere un po’ di più?

Nel secondo ritiro, a febbraio dove eravamo solo noi ragazzi del team development. 

Il modo di lavorare è cambiato tanto?

Sì, senza dubbio. Ho messo nelle gambe allenamenti completamente diversi, con tanti chilometri, cosa che prima non avevo mai fatto. L’organizzazione è impressionante, ogni mattina arrivava una mail con il programma da svolgere, è tutto perfetto. 

Per Mattio l’ambientamento nella nuova squadra non è stato complicato (foto Jumbo Visma)
Per Mattio l’ambientamento nella nuova squadra non è stato complicato (foto Jumbo Visma)
Che metodi differenti hai trovato?

Si esce e si fanno tanti lavori specifici, in Italia ho sempre svolto molti allenamenti al medio, qui pochissimi. Si curano più la soglia ed il VO2Max. Il passaggio a questo nuovo modo di allenarmi è stato graduale. 

Quanti giorni siete rimasti nel ritiro a febbraio?

Una decina, c’è stato abbastanza tempo per provare un po’ tutto, anche se i ragazzi più grandi hanno già distanze superiori nelle gambe. Gli allenamenti spaziavano tanto: dalle volate, alle simulazioni gara e abbiamo preso anche la bici da cronometro. 

Che effetto ti ha fatto avere accanto compagni da tutto il mondo, o quasi?

Mi ha dato un senso di internazionalità incredibile. All’inizio ho fatto fatica a comunicare con loro perché l’inglese lo parlo poco. Pian piano sono migliorato, anche grazie alla presenza di Dario (Belletta, ndr) che è più bravo di me. 

Siete tutti allo stesso livello?

Non saprei. Sicuramente posso dire che loro vanno davvero forte, c’è da lavorare tanto per raggiungere quel livello. Domani (oggi, ndr) tre dei nostri compagni sono al Gran Camino: Boven, Staune-Mittet e Van Belle. Chiederò loro com’è il professionismo, faranno da talpe e spieranno il mondo dei grandi. 

Nuovi compagni e rapporti da costruire, il ritiro di gennaio è servito anche per conoscersi (foto Jumbo Visma)
Nuovi compagni e rapporti da costruire, il ritiro di gennaio è servito anche per conoscersi (foto Jumbo Visma)
Per la bici nuova come vi siete organizzati?

All’inizio ci hanno lasciato le misure che avevamo sulle bici vecchie. Poi con l’arrivo delle nuove scarpe abbiamo fatto un bike fit ed aggiornato la posizione, trovandone una migliore (in apertura il bike fitting, foto Jumbo Visma). Lo stesso con la bici da crono. 

L’avevi già usata in precedenza?

Davvero poco, ho fatto solo due gare a cronometro e la posizione era un po’ così, alla buona. Ora la sto usando tanto, anche in ritiro l’ho già presa quattro o cinque volte e dal prossimo mese me la spediranno a casa. 

Com’è allenarsi a cronometro?

Una bella novità. E’ molto differente, è una gara diversa dove non hai molta tattica, solo il fiatone a scandire i ritmi. 

Nuovi metodi di allenamento, più qualità e meno quantità (foto Jumbo Visma)
Nuovi metodi di allenamento, più qualità e meno quantità (foto Jumbo Visma)
E con i rapporti liberi?

Avevo già iniziato ad usarli l’anno scorso per adattarmi alla nuova categoria. Anche se, devo essere sincero, ho fatto un po’ di fatica a tirare i rapporti lunghi, soprattutto i primi giorni. 

Il calendario lo avete già stabilito?

Correrò la prima gara in Croazia, l’uno marzo: l’Umag Trophy. Poi il cinque marzo, sempre in Croazia il Porac Trophy. 

E l’esordio in Italia?

A fine settembre al Giro del Friuli. La squadra aveva pensato di farmi correre il Recioto ed il Belvedere, ma alla fine hanno preferito farmi fare più corse a tappe. Ne correrò tre da marzo a giugno e poi sotto con la maturità.

La Jumbo Visma 2023 in diretta (esclusiva) su bici.PRO

22.12.2022
3 min
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La squadra dei record alza il velo sulle formazioni per il 2023 e lo fa presso il Move di Amsterdam. Un luogo di riferimento per la città, progettato nel 1931 dall’architetto Jan Wils che aveva già disegnato lo Stadio Olimpico in cui i Giochi approdarono nel 1928. Centro da paese dei balocchi, che oggi funge da punto di esposizione del Gruppo PON (che detiene marchi come Skoda, Cupra e Cervélo), il Move è collegato allo Stadionplein della città olandese e ospita ristoranti, esposizioni di auto, esposizioni di bici, mostre ed eventi esclusivi concentrati prevalentemente sulla mobilità. Per la Jumbo Visma squadra numero uno al mondo del 2022 non poteva esserci miglior location.

Tour de France 2022, Wout Van Aert a Parigi con la famiglia e la maglia verde
Tour de France 2022, Wout Van Aert a Parigi con la famiglia e la maglia verde

Numeri uno al mondo

La Jumbo Visma è il team che nel 2022 ha vinto 48 corse con gli uomini del WorldTour e 12 con le donne. Trofei come quello del Tour de France, Parigi-Nizza e Delfinato. Tra le sue file, nomi come Wout Van Aert, Jonas Vingegaarg, Primoz Roglic, Christophe Laporte, il nostro Edoardo Affini, Marianne Vos e per la prima volta due italiani anche nel team continental: Belletta e Mattio.

Oggi si alza il velo sugli organici e le novità della prossima stagione, che in qualche modo bici.PRO ha già avuto modo di vedere in esclusiva durante la recente visita al quartier generale del team a s’Hertogenbosh. Lo show verrà condotto da Orla Chennaoui (giornalista televisiva nordirlandese ed ex campionessa nazionale di salto triplo) e da Sander Kleikers (presentatore televisivo olandese di Eurosport).

Vingegaard e il suo Tour sono il prodotto dell’organizzazione del team olandese (foto Jumbo visma)
Vingegaard e il suo Tour sono il prodotto dell’organizzazione del team olandese (foto Jumbo visma)

Sessanta corridori

Non tutti i corridori saranno presenti e fra gli assenti si contano Marianne Vos, Steven Kruijswijk e Christophe Laporte. In compenso, sul palco del Move Amsterdam saliranno Van Aert, Vingegaard, Roglic, Affini, Van Baarle e gli altri che compongono l’organico complessivo di 60 corridori.

La squadra è stata in ritiro fino a due giorni fa nelle campagne spagnole di Denia ed è pronta a ripartire per la nuova stagione, rinforzata dall’arrivo di corridori come Dylan Van Baarle che quest’anno ha vinto la Roubaix e Attila Valter, promessa ungherese per le corse a tappe che ha anche indossato la maglia rosa del Giro d’Italia.

La presentazione della Jumbo Visma 2023 viene trasmessa in streaming su sette piattaforme specializzate, fra cui bici.PRO.

EDITORIALE / I ritiri di dicembre e le foto segrete

19.12.2022
5 min
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Una foto segreta, camuffata, sfocata di proposito. L’altro giorno nell’hotel che ospita la Jumbo Visma fra le campagne di Denia, un tipo di origine imprecisata, forse in meccanico, ci ha redarguito in modo molto energico perché stavamo per scattare delle foto a Roglic che si accingeva a uscire per l’allenamento. Era chiaro che il motivo fossero le nuove dotazioni tecniche di scarpe e gruppi, che non possono essere mostrate fino al primo gennaio e a nulla è valso spiegargli che avremmo utilizzato le immagini solo nel 2023. Nel parcheggio dello stesso hotel, ragazzi della Cofidis che si stavano preparando per uscire, hanno lasciato scattare le foto e fare interviste, chiedendo con garbo di pubblicarle nel nuovo anno.

Stessa cosa alla Trek-Segafredo e al UAE Team Emirates di Tadej Pogacar. Qui un manager si è accorto che un corridore nuovo si stava facendo intervistare con un video, usando i nuovi materiali e ha chiesto subito all’addetto stampa di farglielo presente, ma il corridore ha proseguito, avendo forse una liberatoria. Il problema non sono le squadre, ma le regole.

Ci si allena vestiti con i capi 2023 perché è la prima occasione per avere riscontri: non sempre sono ammesse le foto
Ci si allena vestiti con i capi 2023 perché è la prima occasione per avere riscontri

Calendari sovrapposti

Poco prima, parlando con un atleta azzurro, il discorso era finito sul calendario 2023 di coloro che fanno strada e pista. La sua osservazione non era peregrina.

«Si spinge tanto – diceva – verso la multidisciplina e poi scopri che le Coppe del mondo di pista le fanno durante le classiche del Nord, mentre fare i mondiali tutti insieme a Glasgow finirà col penalizzare proprio gli atleti polivalenti. Quelli che dovranno scegliere oppure proveranno ugualmente il doppio impegno fra strada, pista o mountain bike e rischieranno di non riuscire a recuperare bene».

Campioni e pista

Terzo spunto di osservazione: la Track Champions League, carosello organizzato dall’UCI in prima persona, cercando di sintetizzare lo spettacolo delle Sei Giorni con i valori tecnici dei mondiali su pista. Il risultato della seconda edizione è stato quasi un flop, con Eurosport che l’ha trasmessa essendo coinvolta direttamente nell’organizzazione, ma poco pubblico, pochissima attenzione da parte dei media e un campo partenti mutilato dal fatto che i più forti fossero in vacanza dopo la stagione su strada e i mondiali su pista.

In proporzione e in barba al nome, c’erano più campioni nelle Sei Giorni di Gand e di Rotterdam di quelli impegnati nel circo messo in piedi dall’UCI.

La Champions League si è da poco conclusa, con tiepido ritorno d’immagine per il ciclismo
La Champions League si è da poco conclusa, con tiepido ritorno d’immagine per il ciclismo

Il paradosso dei contratti

C’è qualche conto che non torna e a farne le spese è come al solito il movimento nel suo complesso. La scadenza dei contratti al 31 dicembre è un controsenso dal momento in cui a dicembre nei primi ritiri, gli atleti hanno il diritto/dovere di provare i nuovi materiali. Possono utilizzare, ma non pubblicare, grazie a una deroga agli stessi contratti, tenendo dunque lontani i media (laddove necessario) affinché non realizzino le immagini di corridori che stanno usando materiale… illegale.

Il paradosso è che con quel materiale i corridori si allenano per tutto il giorno, per cui basta che qualcuno li riprenda lungo la strada e condivida foto o video su un social, perché le immagini diventino pubbliche e il segreto di Pulcinella venga svelato, come puntualmente accade. Non sarebbe più logico e funzionale che i contratti iniziassero e scadessero il 31 ottobre, dando modo agli atleti di terminare la stagione, iniziando da novembre con la nuova squadra?

Alla Trek-Segafredo nuovi corridori fra uomini e donne e nuovi materiali da non mostrare nelle foto
Alla Trek-Segafredo nuovi corridori fra uomini e donne e nuovi materiali da non mostrare nelle foto

Confusione UCI

Altro punto: i calendari troppo fitti. Infarcirli a questo modo ha una sola finalità, che è quella di incrementare le entrate di chi dagli eventi trae ricchezza: l’UCI. Per cui avendo una struttura imponente da mantenere, gli amici svizzeri cospargono di tasse gli eventi e di eventi il calendario.

Per come era strutturata un tempo, l’attività aveva un senso anche sul piano tecnico. Ora invece si pensa poco alle esigenze dei corridori e delle squadre. Per cui le nazionali sono costrette a schierare alcuni atleti per inseguire la qualificazione, sapendo già che non li porteranno ai mondiali o alle Olimpiadi, dove torneranno sulla scena i protagonisti. Il risultato è che agli ultimi mondiali Viviani non ha potuto correre la corsa a punti perché, non avendo partecipato alle varie qualificazioni, non aveva i punti necessari. Si può essere d’accordo o anche no, è un lavoro sporco e qualcuno deve pur farlo, ma è impossibile pretendere che corridori come Milan, Ganna e Consonni corrano la Roubaix e poi salgano su un aereo per andare a correre in Canada dopo sei giorni la Coppa di Milton.

Il quartetto iridato di St Quentin en Yvelines parteciperà alle qualificazioni olimpiche? Molto difficile che accada
Il quartetto iridato di St Quentin en Yvelines parteciperà alle qualificazioni? Molto difficile che accada

Eccezioni alla regola

L’UCI ha deciso di decidere non per il bene del ciclismo, ma sempre in favore del tornaconto. Non hanno mosso un dito per aiutare i ragazzi della Gazprom-RusVelo, ma hanno agevolato il passaggio di Dylan Teuns alla Israel-Premier Tech nel cuore dell’estate, trovando una via d’uscita per la conta dei punti che, stando alla versione ufficiale, impediva di far accasare i corridori del team russo.

L’Unione che dovrebbe essere la casa madre del ciclismo appare invero piuttosto fuori fase. Al suo interno si susseguono avvicendamenti e si annunciano dimissioni, in una dimensione confusa ottimamente rappresentata dal sito istituzionale. Assai difficile da consultare e fatto apposta perché sia (quasi) impossibile districarsi nei suoi meandri.

Van Empel e Pieterse: i nuovi talenti del ciclocross in rosa

08.12.2022
5 min
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Hulst, 27 novembre: prima Pieterse e seconda Van Empel. Anversa, 4 dicembre: prima Van Empel e seconda Pieterse. Nel ciclocross la Coppa del Mondo al femminile non esce da questo entusiasmante dualismo che ha completamente sovvertito le gerarchie consolidate negli anni. Se la nazione guida non cambia essendo entrambe olandesi, stiamo assistendo a un profondo rinnovamento, in maniera repentina come solitamente nel mondo femminile offroad non capita spesso.

Siamo di fronte a due ragazze giovanissime, ancora U23, profondamente diverse e per certi versi anche contrapposte. Sembra che fra loro stia sviluppandosi quella rivalità in gara sulla quale il ciclismo olandese ha costruito le sue recenti fortune (ma anche qualche disgrazia…) nel mondo della strada. Sono due personaggi tutti da scoprire (nella foto d’apertura l’arrivo di Flamanville nel gennaio 2022, da sinistra Van Empel e Pieterse), una, la Van Empel profondamente concentrata sul suo mestiere, tanto che qualcuno la considera alla stregua di un robot. L’altra, la Pieterse, molto più naif.

Tra ciclocross e mtb

A tal proposito curioso un aneddoto raccontato tempo fa dal coach della nazionale offroad Gerben De Knegt: «Nel 2019 a marzo avevo già annunciato a Puck che a ottobre sarebbe stata parte della spedizione olandese ai mondiali di mtb in Canada. Lei mi guarda quasi incredula e dice: “No, coach, in quei giorni ho già prenotato una settimana di vacanza a Texel con le mie amiche…”. Naturalmente è venuta in Canada ed è finita settima».

Quello della mtb è un altro dei punti in comune fra le due ragazze: entrambe sono figlie della nuova generazione ciclistica che quasi non tollera più la specializzazione, ma vive della multidisciplinarietà. Entrambe svettano nel ciclocross, entrambe lo fanno anche nella mountain bike (la Van Empel iridata di categoria 2022, la Pieterse argento nel 2021), entrambe vogliono andare a Parigi 2024 e non solo per fare presenza e assaggiare le crepes… Con la differenza che la Van Empel vuole dire la sua anche su strada.

La Van Empel sta emergendo anche su strada: qui è bronzo in linea agli europei 2022 (a destra)
La Van Empel sta emergendo anche su strada: qui è bronzo in linea agli europei 2022 (a destra)

Alla corte di Marianne

Per questo nel 2023 seguirà la grande Marianne Vos nel team di riferimento del ciclismo olandese, la Jumbo Visma, puntando a far bene già nelle classiche di primavera. Molti la paragonano a Van Der Poel, invece ci sono riferimenti che l’assimilano a Evenepoel: come l’iridato belga, anche la Van Empel ha iniziato tardi ad andare in bici. Prima si dedicava al calcio, nell’RKSV Nuenen e ci sapeva anche fare, tanto che gli osservatori della sezione femminile del Bayern Monaco l’avevano già segnalata. Utilizzando la bici d’inverno per tenersi in forma, Fem si è però appassionata e ha scelto di cambiare, trovando nei genitori pieno sostegno.

Ecco un altro fattore che unisce le storie delle due ragazze: la passione di famiglia. In casa Van Empel suo padre Jean Paul è una vera guardia del corpo. Per Fem la gara inizia molto prima dello start, quando mette le cuffie alle orecchie e sale sui rulli per il riscaldamento. Lo sguardo è fisso e il padre provvede che non venga disturbata. D’altronde anche lui correva in bici come lo zio Micky, anzi l’allenatore di quest’ultimo, Aschmin Van Oorschot è quello che ora allena Fem e non esita a mettere un freno alla sua protetta.

Puck con i genitori Pieterse, che non la lasciano mai nelle sue trasferte
Puck con i genitori Pieterse, che non la lasciano mai nelle sue trasferte

La presenza dei genitori

«Dopo che ha vinto le sue prime due gare di Coppa nel 2021 – raccontava all’inizio della stagione – ho deciso di cambiare la sua impostazione di allenamento, puntando più sulla resistenza anche a scapito dell’esplosività perché sapevo che in Fem la resistenza è una dote innata che va coltivata. Deve crescere con calma, per non fare la fine di Ceylin Del Carmen Alvarado che dopo l’iride del 2020 è andata in calando. Fe può scattare, osa mettere le mani sul fondo del manubrio, può variare il ritmo e pedalare da sola. Le altre non sono così versatili».

Anche i genitori di Puck sono sempre presenti, anzi. A Fayetteville, quando ha vinto il titolo mondiale under 23, suo padre Joost era ai box a lavare le bici a ogni giro, sua madre Ella gli consegnava la bici pulita. Anche la sorellina Isa va in bici, ma per sapere se sarà alla sua altezza bisognerà attendere, ha solo 4 anni… Intanto pedala con i genitori nelle loro escursioni nei boschi. Genitori che sostengono Puck in tutto e per tutto, come anche i suoi insegnanti al Municipal Gymnasium Johan Van Oldenbarneveld: più successi otteneva, più gli insegnanti avevano capito perché certe volte non finiva i compiti…

Prima vittoria per la Van Empel in Coppa, a Vermiglio 2021. Si ripeterà il 18 dicembre?
Prima vittoria per la Van Empel in Coppa, a Vermiglio 2021. Si ripeterà il 18 dicembre?

Imparare a perdere…

A inizio stagione la bilancia pendeva fortemente a favore della Van Empel, ora c’è più equilibrio ma, come detto, la rivalità fra le due cresce. A Hulst se n’è avuta la dimostrazione: la Van Empel era in testa, ma al terzo giro una caduta le ha storto il manubrio e manomesso il deragliatore che non tornava più indietro. Così Fem ha perso concentrazione e Puck l’ha sorpassata in tromba. All’arrivo era fuori di sé rifiutando inizialmente il contatto con i media con cui ha poca dimestichezza. Cosa che non è sfuggita al suo allenatore: «Deve imparare a perdere prima di vincere…».