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Martinez leader, Evenepoel nella morsa Jumbo-Visma

01.09.2023
4 min
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Un vero terremoto. Chi si aspettava che i big avrebbero lottato per la vittoria all’Observatorio Astrofísico de Javalambre, sarà rimasto male. Eppure la tappa di ieri alla Vuelta è stata ad alto tasso di spettacolo. E se pure Evenepoel aveva progettato di perdere la maglia, sperava indubbiamente di tenere il passo di Roglic. Invece lo sloveno si è portato dietro Vingegaard e gli ha rifilato la bellezza di 32 secondi.

La fuga è andata e si è portata via la maglia di leader, ma davanti ai big sono finiti alcuni corridori di ottimo nome, a cominciare dal vincitore Sepp Kuss, passando per Lenny Martinez, Landa, Soler, Rubio e Buitrago. Nella classifica generale, Evenepoel è il primo dei migliori con 2’47” da Lenny Martinez e dietro di lui ci sono Mas, Vingegaard, Roglic e tutta la nobiltà della Vuelta. Ma qualcosa ieri ha scricchiolato, anche se la storia è ancora tutta da scrivere.

Eroe per un giorno

Il vincitore di tappa Sepp Kuss è euforico, dato che sta affrontando il terzo grande Giro di stagione. E se in Italia e poi in Francia non ha avuto altro spazio se non quello di lavorare per Roglic e Vingegaard, questa volta ha avuto la libertà per vincere una tappa. La lunga fuga infatti è stata premiata dal giusto attacco

«E’ stata una giornata molto impegnativa – ha detto – volevamo entrare in fuga per mettere alla prova la Soudal-Quick Step, che era l’obiettivo principale. Sapevamo che sarebbe stata dura. Ero davanti con Van Baarle, Attila Valter e Tratnik e hanno pedalato tutti alla grande. Devo ringraziarli per il lavoro che hanno svolto. Mi sentivo molto bene, stavo solo pensando a dove avrei attaccato per fare la differenza. Durante tutta la salita l’ambiente intorno è stato speciale, la Vuelta per me è magica. Tappa e secondo posto in classifica, ma non sono qui per la classifica generale. Vincere una tappa è già fantastico, prendo la Vuelta giorno per giorno».

Martinez è al comando della Vuelta: ha 20 anni, è professionista dal 2023
Martinez è al comando della Vuelta: ha 20 anni, è professionista dal 2023

Rosso di Francia

Nello stesso giorno in cui La Spezia ha salutato la partenza del Giro della Lunigiana, che vinse due anni fa, Lenny Martinez è stato il primo degli inseguitori di Kuss e con il secondo posto di tappa ha conquistato la testa della classifica. Il piccolo francese, figlio di Miguel campione olimpico della mountain bike e al debutto nel WorldTour, dall’alto del podio si è guardato intorno incuriosito. Anche se lavori ogni santo giorno per arrivare in alto, quando ti avvicini alla vetta, è normale che ti venga il batticuore.

«E’ incredibile – ha detto – e prendere questa maglia è il sogno di ogni corridore. Tutta la squadra si è sacrificata. Molard e Storer hanno corso in modo fantastico e speravo davvero di dare loro qualcosa in cambio. Ci siamo riusciti con questa maglia rossa. Per ogni chilometro di questa fuga, ho pensato che sarebbe stato bello prendere la maglia rossa. Era un gruppo molto bello con ottimi corridori e in una fase del genere devi seguire il tuo istinto ed è quello che ho fatto. La famiglia sarà felice e orgogliosa. Ovviamente ora difenderemo la maglia, anche se mi sento molto imbarazzato e anche un po’ in ansia».

Evenepoel ha lasciato andare la maglia, ma ha subito un passivo inatteso
Evenepoel ha lasciato andare la maglia, ma ha subito un passivo inatteso

Evenepoel cede

I titoli sulla prestazione di Evenepoel sono stati mediamente allarmanti sui media di tutta Europa e il belga infatti ha ammesso di non aver avuto le gambe per opporsi all’attacco di Roglic.

«Non potevo andare oltre il mio limite – ha detto – a volte hai dei giorni così e oggi è stato il mio. Non è che sia scoppiato del tutto, ma sono rimasto un po’ bloccato. Non sono riuscito a dare il massimo, ho cercato di fare il mio ritmo e negli ultimi due chilometri ho potuto improvvisamente accelerare di nuovo. E’ stato un po’ strano. Fortunatamente i danni sono ancora abbastanza limitati. Ovviamente avrei preferito che ciò non accadesse, ma se questa è stata la mia giornata storta, va comunque bene».

Nimbl entra a far parte della grande famiglia Pon.Bike

30.08.2023
3 min
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La notizia era nell’aria già da qualche settimana, ma solamente in questi ultimi giorni è arrivata l’ufficialità. Pon.Bike, realtà aziendale leader mondiale per quanto riguarda la produzione di biciclette e componenti per il ciclismo, ha acquisito il prestigioso marchio italiano di calzature Nimbl.

Con sede a Porto Sant’Elpidio (Macerata), nel pieno cuore del distretto della calzatura artigianale di qualità, Nimbl è stata fondata appena nel 2020, e da allora ha fortemente esteso la propria attività espandendosi su scala internazionale nel segmento scarpe “high-end” per ciclismo su strada e pista, con clienti che si riconoscono dagli appassionati di ciclismo fino ai campioni del mondo e ai vincitori dei Grandi Giri. Tutte le scarpe Nimbl vengono realizzate a mano all’interno dello stabilimento di Porto Sant’Elpidio. 

Nimbl ha accompagnato Jonas Vingegaard alla conquista del suo secondo Tour de France
Nimbl ha accompagnato Jonas Vingegaard alla conquista del suo secondo Tour de France

Create per i campioni 

Nimbl produce scarpe che vengono indossate da numerosi ciclisti professionisti durante le maggiori competizioni mondiali. Competizioni che molto spesso “impegnano” le stesse calzature nelle condizioni più estreme. Oggi, circa 125 ciclisti professionisti gareggiano con Nimbl ai piedi. E uno di questi non è altro che il vincitore del Tour de France Jonas Vingegaard del team Jumbo-Visma. Ma queste scarpe ad altissime prestazioni sono state scelte anche da diversi vincitori del recente campionato del mondo di ciclismo su pista: come Jeffrey Hoogland, iridato a Glasgow nel chilometro. 

Le calzature Nimbl sono disponibili in tutto il mondo, la vendita avviene sia online che attraverso una selezionata rete di rivenditori. E oggi, grazie a questa acquisizione, il brand avrà la possibilità di ampliare ulteriormente la propria distribuzione sia negli Stati Uniti quanto in Europa

Ecco un modello celebrativo per la vittoria alla Grande Boucle
Ecco un modello celebrativo per la vittoria alla Grande Boucle

Obiettivo crescita internazionale

Pon Holdings è una multinazionale di riferimento, ancora a conduzione familiare, con sede nei Paesi Bassi e un fatturato annuale di oltre 10 miliardi di euro. La società conta 15.700 dipendenti, in 34 Paesi e in tutti e sei i continenti. Pon Holdings controlla ben 110 aziende, tutte realtà che operano su quattro linee distinte: Automotive, Pon.Bike, Equipment & Power Systems e Agricultural Products & Services. L’obiettivo ultimo di Pon Holdings è quello di continuare a garantire la mobilità di persone, città e settori in maniera efficiente e sostenibile. Nei Paesi Bassi, Pon rappresenta il principale gruppo dedicato alla mobilità, poiché è in grado di offrire a milioni di persone biciclette, automobili e servizi di mobilità innovativi, quali il noleggio di biciclette e la condivisione di auto e monopattini.

Nimbl a Glasglow è salita sul podio iridato grazie al secondo posto di Wout Van Aert
Nimbl a Glasglow è salita sul podio iridato grazie al secondo posto di Wout Van Aert

Quella di Nimbl rappresenta un’aggiunta logica per la famiglia Pon.Bike, gruppo che include oltre 20 prestigiosi e storici brand del mondo del ciclismo come Cannondale, Cervélo, BBB Cycling, Gazelle, Focus, Santa Cruz, Kalkhoff, Swapfiets, Veloretti, GT, Schwinn, Mongoose, Caloi e Urban Arrow. 

Nimbl

EDITORIALE / I tre messaggi di Vingegaard a Pogacar

12.06.2023
5 min
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Il duello fra Evenepoel e Pogacar c’è rimasto in gola. E mentre lo sloveno si va riprendendo dalla frattura dello scafoide, un infallibile mantra ha eliminato il belga dal Giro d’Italia, quasi a fargli pagare la Liegi vinta senza il rivale più atteso. Adesso però l’attenzione si sposta sul Tour, dove il duello fra Pogacar e Vingegaard promette scintille. Chi dei due è più forte?

Vingegaard ha vinto il tappone con arrivo a La Croix de Fer, consolidando il suo primato
Vingegaard ha vinto il tappone con arrivo a La Croix de Fer, consolidando il suo primato

Primo messaggio a Pogacar

Sembra quasi di essersi spostati nella boxe dei vecchi tempi, quando un paio di volte all’anno si combatteva per il titolo mondiale di diverse sigle o categorie e al centro del ring si ritrovavano campioni eccezionali, provenienti da diversi percorsi di allenamento.

Ieri Vingegaard ha vinto il Delfinato e sul traguardo di La Bastille, conquistato da Giulio Ciccone, dal frigo della Jumbo Visma sono saltate fuori delle birre ghiacciate, con cui quasi tutti hanno brindato alla presenza delle famiglie. Da oggi infatti la squadra olandese sarà in ritiro a Tignes e la rifinitura verso la Grande Boucle non ammetterà distrazioni.

«Sono molto, molto felice di aver vinto – ha spiegato il vincitore del Tour 2022, accompagnato dalla moglie Trine e dalla figlia Frida – e anche molto orgoglioso. Sono un po’ sorpreso dai distacchi (Vingegaard ha chiuso con 2’23” su Adam Yates, ndr), anche se so di essere in buona condizione. Non so niente di quello che fa Tadej, mi concentro solo su di me. Ho ancora del lavoro in programma e penso di poter fare meglio. In ogni caso lo spero».

Nei giorni del Delfinato, Pogacar era a Sierra Nevada: qui sul Pico Veleta a 3.300 metri (foto Instagram)
Nei giorni del Delfinato, Pogacar era a Sierra Nevada: qui sul Pico Veleta a 3.300 metri (foto Instagram)

Corse e ritiri

Si corre il giusto per tirare fuori il meglio. Lo schema ormai è collaudato e ad esso tutti si attengono: anche il cocciuto Van der Poel si è piegato alla programmazione. E’ un percorso senza ritorno, qualunque sia la fonte del guadagno. C’è chi inventa e chi subito copia e le ricette raramente rimangono esclusive. E a questo punto, non puoi fare di testa tua e inseguire il risultato su tutti i fronti, quando i tuoi rivali diretti si concentrano per essere inattaccabili nell’evento più importante.

Gli unici che ancora resistono alla regola sono forse Pogacar ed Evenepoel. Il primo si è concesso due corse a tappe e la fantastica scorribanda al Nord. Il secondo avrebbe buttato via la primavera se avesse rinunciato alla Liegi, preparando il Giro.

La Jumbo Visma ha dato una prova di grande forza e mancano ancora Keldermann, Kuss e Van Aert
La Jumbo Visma ha dato una prova di grande forza e mancano ancora Keldermann, Kuss e Van Aert

Secondo messaggio a Pogacar

Vingegaard arriverà al Tour a capo di quattro gare a tappe: tre vinte (O Gran Camino, Paesi Baschi e il Delfinato) e una chiusa al terzo posto (la Parigi-Nizza, dietro Pogacar e Gaudu).

«Va sempre bene vincere il Delfinato – ha commentato il suo gregario Tjesi Benoot dopo la vittoria – serve per guadagnare fiducia al Tour. A questa squadra devono ancora unirsi i migliori scalatori e tutti sembrano essere in buona forma, Jonas in particolare. Non so se Pogacar abbia seguito la corsa, non so quanto guardi le gare. Ma la voce deve essergli arrivata di sicuro…».

Perso Steven Kruijswijk per caduta nel secondo giorno del Delfinato, la Jumbo Visma inserirà al suo posto Wilco Keldermann, poi Sepp Kuss in arrivo dal Giro e un certo Van Aert, che sta scaldando i motori al Giro di Svizzera.

Al Delfinato, Majka ha lavorato per Yates, secondo sul podio. Entrambi al Tour lavoreranno per Pogacar
Majka ha scortato Yates al secondo posto del Delfinato. Entrambi al Tour lavoreranno per Pogacar

Terzo messaggio a Pogacar

Pogacar invece è in altura che si allena e non si sa se per questo bisognerà averne più paura: ci sono squadre che nei ritiri riescono a cambiare marcia e la UAE Emirates è una di queste, al pari della Jumbo Visma. Ma lo sport è fatto di messaggi e dal Delfinato allo sloveno ne sono arrivati a raffica.

«E’ vero – ha detto Merijn Zeeman, uno dei direttori sportivi di Vingegaard, a L’Equipe – questa vittoria in un certo senso manda un messaggio. Qui al Delfinato c’era una concorrenza molto forte, ma tutti sanno che Pogacar è ancora su un altro livello. Sarei stato più preoccupato se Jonas non fosse riuscito a battere i suoi avversari, perché avrebbe significato che non è abbastanza forte per battere Pogacar. Entrambi questi ragazzi sono così forti che a volte sembrano un livello superiore agli altri».

Un mare di squali

Pogacar continua a sorridere, chiuso nella sua determinazione. In questa fase nuotano tutti sul fondo dell’Oceano, nessuno li vede: riemergeranno semmai per i campionati nazionali. Tutto intorno a loro il mondo tuttavia non è fermo. L’elenco degli iscritti si va componendo e fra i più attesi spiccano i nomi di Hindley, Landa, Uran e Carapaz, Pidcock e Bernal, Pinot e Gaudu e anche quello di Enric Mas. Nel ciclismo dei grandi duelli, alle spalle dei fenomeni ci sono sempre stati dei grandi corridori. E chissà che quest’anno uno di loro non trovi la crepa gusta per spaccarne la corazza.

Roglic e Meznar, l’amico ritrovato sul ciglio della strada

30.05.2023
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«Che dici, Matevz, andiamo a vedere Rogla?». E’ mattina presto a casa di Mitja Meznar e l’idea ha fatto capolino appena sveglio. Chiama il suo amico Matevz Sparovec e gli suggerisce di fare quel tratto di strada, lungo ma neanche poi tanto, per andare a vedere Primoz Roglic, nel suo assalto alla maglia rosa sull’aspra salita del Monte Lussari.

Mitja è un tifoso di Roglic, ma non come gli altri. Perché lui lo conosce, lo conosce bene. Erano nella stessa squadra nazionale junior di salto con gli sci, quella che proprio poco lontano da Tarvisio, sede della penultima tappa del Giro d’Italia, conquistò il titolo mondiale di categoria. Era il 2007 (foto di apertura).

Al bar, il Tour aspetta…

Roglic, non andò oltre quel trionfo: prima l’infortunio, poi le sirene del ciclismo. Mitja no, lui ha continuato: è approdato nella nazionale maggiore, è andato alle Olimpiadi di Vancouver nel 2010 e ha chiuso quinto a squadre e 29° nell’individuale. Ma le loro strade si erano forzatamente divise.

Eppure erano amici, addirittura compagni di stanza. «Primoz era un saltatore molto determinato – ricorda Meznar – ma lo faceva quasi come un dovere. Non era quella la sua passione. Quand’eravamo in ritiro estivo per preparare la stagione, al pomeriggio mi trascinava fuori dalla camera, prendevamo le bici e cercavamo il bar più vicino perché doveva guardare il Tour de France. E mentre eravamo lì, ecco che tirava giù esempi, regole, tattiche, vita di gruppo. Era un fiume in piena, un fiume di passione».

Il ricordo del 2020

Poi la vita li aveva un po’ separati. Solo un po’, perché i contatti non si sono mai persi: troppe esperienze condivise. L’occasione di ritrovarlo, anche se solo per il breve battito di ciglia del suo passaggio sulla strada, era troppo ghiotta. Qualche ora di macchina e poi via a cercare un posto buono, per sé e per Matevz.

I due si separano, un paio di centinaia di metri, ognuno cerca la prospettiva migliore per scattare le foto con il proprio smartphone. Primoz arriva, le prime notizie dicono che sta già recuperando quei 26” di ritardo da Thomas. Si avvicina, si avvicina sempre più. Poi si ferma, scende di bici e comincia a smanettare: «No – grida Mitja – non un’altra volta». Il pensiero è a quella maledetta cronometro del Tour 2020, quella che ha lasciato fantasmi nell’animo di Primoz non del tutto dissolti neanche dalla conquista di ben tre Vuelta consecutive.

Mitja comincia a correre e vede che nel frattempo un meccanico è sceso dalla moto e ha riassestato la bici dello sloveno della Jumbo Visma. Lo spinge, ma non ha poi gran vigoria. L’amico di un tempo si mette dietro e cambia marcia. Non c’è bisogno di parole, Mitja ha un fisico possente, che risalta ancor di più in televisione per l’abbigliamento rosso e nero. Roglic riprende velocità e il suo amico gli grida dietro: «Vaiiii!».

Meznar in azione. Due volte oro mondiale junior, è stato alle Olimpiadi 2010
Meznar in azione. Due volte oro mondiale junior, è stato alle Olimpiadi 2010

Una fortunata coincidenza

Il tamtam dei social impazzisce e procede ancora più veloce di Roglic e della sua cavalcata ricominciata, di quel divario con Thomas che progressivamente si riduce fino a invertirsi. Ci vogliono pochissimi minuti per identificarlo: «Non ci credo, è come vincere cinque volte la lotteria – sentenzia Jens Voigt, commentatore di Eurosport – neanche a volerlo si poteva scrivere una sceneggiatura migliore».

Il gesto di Mitja assume contorni epici proprio perché sembra quel prezzo che il destino paga per compensare i tormenti francesi di tre anni prima. Tutti si riversano sul suo profilo Facebook, richieste su richieste. Ma lui si schermisce.

«Avrebbe vinto lo stesso – dice – non ho fatto nulla di trascendentale. In quel momento non sono stato tanto a pensare, ho fatto quel che sentivo e che so avrebbe fatto anche lui, perché lo conosco bene.

Roglic davanti ai Fori Imperiali. Il Trofeo senza Fine finalmente è suo
Roglic davanti ai Fori Imperiali. Il Trofeo senza Fine finalmente è suo

Una birra per riparlarne

«Se mi ha riconosciuto? Non penso proprio – ammette Meznar, anche se Roglic lo ha riconosciuto e ne ha parlato dopo la tappa di Roma – in quel momento l’ho guardato negli occhi ed era in trance agonistica, completamente concentrato su quel che doveva fare. Primoz se ne sarà accorto molto dopo, gli avranno fatto rivedere le immagini e magari un giorno ne rideremo insieme davanti a una birra».

Ne hanno parlato e ne hanno riso, Mitja e Matevz tornando a casa, oltreconfine: «Avrei voluto esserci il giorno della sua incoronazione a Roma ma avevo altri impegni. Quel che conta è che Rogla l’ha fatto, ora quella brutta pagina è finalmente nella storia e non ci si pensa più».

Resta però l’incredibile storia di un incontro lontano da casa, di due strade che si tornano a incrociare nel momento più importante. Certe volte si diventa semplici strumenti del fato e Mitja lo è stato, per pochi, interminabili secondi.

Roglic re di Roma, con la benedizione di Mattarella

28.05.2023
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ROMA – Quando Roglic arriva a raccontarsi, fuori il sole è sceso sui Fori Imperiali e il Campidoglio strizza l’occhio al tramonto. Quello che non è cambiato è il sorriso che da ieri accompagna il campione sloveno fasciato di rosa. E’ come se dall’incidente della Vuelta, Primoz avesse scoperto una nuova dimensione dello stare al mondo, mentre la vittoria di ieri ha scacciato il malocchio da un campione che più di una volta si è sentito bersagliato dalla cattiva sorte. Il Tour 2020 perso nella crono finale. Le cadute francesi: quella del 2021 e poi quella dello scorso anno mentre aiutava Vingegaard. Infine l’ncidente ben più rovinoso della Vuelta.

Quando a novembre ci accolsero nella sede della Jumbo Visma, la sua risposta ci lasciò di sasso: «Il mio obiettivo – disse – sarà essere pronto per il primo ritiro». Era ancora sofferente, ma nonostante tutto, già allora ci parve di ottimo umore e il suo essere radioso di allora è coinvolgente anche oggi. Iniziano le domande, arrivano le risposte.

Un campione tutto rosa: Primoz Roglic ha affrontato l’ultima tappa con gli evidenti segni del primato
Un campione tutto rosa: Primoz Roglic ha affrontato l’ultima tappa con gli evidenti segni del primato
Che cosa significa ora aver vinto il Giro?

Non bastano poche parole, con così tante emozioni in ballo, specialmente dopo ieri. Non si può descrivere davvero con le parole un momento che ricorderò per tutta la vita.

Dicesti di voler essere pronto per il primo ritiro, ora sembrano giorni lontanissimi…

E’ stato bello darsi quell’obiettivo e l’ho raggiunto. Quando ho partecipato al primo training camp, eravamo super felici. Poi è arrivato un secondo bambino e da quel momento sono entrato nel vivo dei preparativi per la nuova stagione. Quello che mi è successo è stato davvero incredibile e anche divertente.

Sveliamo il mistero di quel tipo che ieri ti ha spinto quando ti è saltata la catena?

Non ho parlato di lui, perché ovviamente ero troppo concentrato per poterlo vedere. Ho rimesso la catena e ho guardato in basso. Hanno iniziato a spingermi e non facevo altro che urlare di farlo più forte, perché da solo non ce l’avrei fatta. Sono ripartito e poi ho visto le immagini. Quel ragazzo è un ottimo amico per me. Si chiama Mitia ed è stato il mio compagno di stanza quando ancora saltavo con gli sci. E’ uno dei quattro ragazzi con cui siamo stati campioni del mondo juniores nel 2007. E si è trovato proprio in quel punto, lo trovo davvero incredibile.

Già nel tratto verso Ostia, l’ammiraglia della Jumbo Visma ha passato a Roglic un flute con cui brindare
Già nel tratto verso Ostia, l’ammiraglia della Jumbo Visma ha passato a Roglic un flute con cui brindare
Abbiamo pensato tutti che vincere la cronoscalata del Monte Lussari sia stato pareggiare il destino di quel Tour del 2020.

L’ho pensato anche io, ma ogni situazione è nuova. La vita ti porta sempre nuove sfide e questa volta c’è stato un lieto fine. Sono però certo che tutti abbiamo imparato qualcosa dal 2020 e questa volta è andato tutto bene.

Hai avuto paura di non poter tornare al tuo livello dopo la caduta della Vuelta?

Non è mai stata quella la mia preoccupazione. Non ho mai dato troppo peso al salire o scendere di livello. Quello che mi interessava era poter essere ancora parte di questo mondo, che mi piace tanto. Così come ero certo che, restando un corridore, avrei lavorato per crescere. Perché è quello che mi piace fare.

C’è stato qualcosa di nuovo che l’essere più maturo ti ha dato nella tua preparazione per questo Giro?

Potrei dire che invecchiando si ottiene sempre nuova esperienza e si diventa in qualche modo più saggi. Quindi sì, diciamo che la mia vita mi ha già regalato molte emozioni, sia in negativo, sia in positivo nel farmi apprezzare le persone che ho intorno. Tutti i miei compagni di squadra sanno o sentono quanto io abbia apprezzato il loro lavoro, questo è certo. Vedremo cosa succederà domani, ma posso dire che senza il loro aiuto non sarei riuscito a ottenere tutto questo di cui ancora non mi rendo conto.

Andrai al Tour?

Sarebbe bello, ma non credo, se devo essere onesto. Sappiamo tutti cosa manchi ancora nel mio palmares, ma d’altra parte dico che ogni prossima vittoria per me sarà un bonus bello da ottenere ma non uno stress, quindi vedremo. Prima di tutto voglio davvero godermi la vittoria, poi parleremo del futuro.

Eri mai stato a Roma prima di oggi?

No, è stata la prima volta e sono felice di far parte di questa storia, soprattutto dalla posizione in cui mi trovo. Devo dire grazie a tutti quelli che mi hanno supportato e hanno reso possibile questa passerella.

Quest’anno hai corso e vinto tre corse: Tirreno, Catalunya e Giro. Sei diventato imbattibile?

E’ pazzesco, è vero. Forse allora è meglio smettere di gareggiare oggi, così sarò davvero imbattibile (si mette a ridere, ndr).

Il podio del Giro, cui avevamo ormai fatto l’occhio: vince Roglic su Thomas e Almeida
Il podio del Giro, cui avevamo ormai fatto l’occhio: vince Roglic su Thomas e Almeida
Ti abbiamo visto parlare a ungo con Thomas durante la corsa, cosa vi siete detti?

Siamo amici e battendolo ho provato una sensazione agrodolce. Ma prima o poi dovevamo ricominciare a parlarci (sorride, ndr) e adesso che lo abbiamo fatto, magari andremo di nuovo a bere una birra insieme e divertirci. E’ stato un piacere lottare con un ragazzo come lui, credo che ci siamo divertiti entrambi. Ma alla fine vince uno solo e non credo che questo danneggi la nostra amicizia. Non vedo l’ora di uscire nuovamente con lui.

Quando Roglic esce dalla sala stampa, seguito dall’addetto stampa Ard Bierens che porta il Trofeo Senza Fine e un meccanico che fa scorrere la Cervélo rosa, i giornalisti del Giro d’Italia gli tributano un applauso che raramente si è sentito in passato. La sua vittoria ha convinto. E allora Roglic si ferma, si volta e applaude verso la sala. E’ stato un viaggio molto bello ed è stato un piacere averlo condiviso con tutti voi.

Pogacar gigante all’Amstel, ma i rivali “veri” dove sono?

16.04.2023
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Chissà che cosa avranno pensato i corridori della Alpecin-Deceuninck sentendo che a Pogacar il punto dell’attacco per vincere l’Amstel Gold Race l’ha suggerito il loro capitano Mathieu Van der Poel. L’olandese oggi non c’era, perché dopo la vittoria alla Roubaix si è preso un turno di riposo, ma ha trovato il modo un paio di giorni fa di mandare un messaggio allo sloveno, che evidentemente a suo giudizio avrebbe avuto bisogno di aiuto per piegare i rivali anche nella corsa dei mastri birrai.

«Mathieu Van der Poel mi ha detto di accelerare sul Keutenberg – racconta Pogacar dopo l’arrivo – quella era davvero la salita più dura e mi si addiceva di più. Quando me l’ha detto? Tre giorni fa, mi ha mandato un messaggio. Lo ringrazierò per il consiglio».

La foto ai fotografi che immortalano il gruppo davanti al mulino a vento, ma intanto la UAE Emirates fa la corsa
La foto ai fotografi che imortalano il gruppo davanti al mulino a vento, ma intanto la UAE Emirates fa la corsa

Una gomma a terra

Dopo il Fiandre, Pogacar centra in Olanda l’undicesima vittoria stagionale, applicando alla lettera quel che Van der Poel gli ha suggerito e aggiungendo del suo alla ricetta vincente. La fuga che ha deciso la corsa infatti è andata via a 90 chilometri dall’arrivo, seguendo una logica cui ormai dovremmo esserci abituati e che ogni volta invece ci lascia di sasso. Poi, quando di chilometri ne mancavano 39, lo sloveno si è ritrovato con una gomma a terra. Ha maledetto l’assenza dell’ammiraglia, restata intrappolata nelle retrovie. Il cambio bici e il ritorno sui primi sono stati tuttavia l’anticamera dell’attacco decisivo.

«Non mi aspettavo che saremmo andati in fuga così presto – commenta – e sono andato avanti con una gomma bucata per molti chilometri. Per fortuna la ruota perdeva pressione molto lentamente, ma lo stesso ho dubitato che sarei stato in grado di arrivare al traguardo. Alla fine ce l’ho fatta. E’ stato frustrante non aver avuto accanto l’ammiraglia per così tanto tempo, ma fortunatamente siamo riusciti a cambiare la bici appena in tempo, prima delle salite finali».

L’Astana ha fatto arrivare Lutsenko, fresco della vittoria in Sicilia. Il kazako qui vinse il mondiale U23 del 2012
L’Astana ha fatto arrivare Lutsenko, fresco della vittoria in Sicilia. Il kazako qui vinse il mondiale U23 del 2012

Solo Remco

Alla vigilia la domanda che circolava fra gli addetti ai lavori riguardava la Jumbo Visma e altri squadroni. Come mai la squadra di Van Aert ha scelto di non portare né RoglicVingegaard, che stanno vivendo un ottimo momento e sono fra i pochi che in passato siano riusciti a opporsi a Pogacar? La riposta fornita dal team olandese è che il primo sta preparando il Giro, mentre il secondo non ha una grande esperienza nelle classiche.

Dato che volenterosi rivali come Cosnefroy, Gaudu e Benoot si sono arresi al primo attacco (quindi a 90 chilometri dall’arrivo), in attesa di saggiare la condizione di altri come ad esempio Mas, Higuita e Vlasov, bisognerà capire chi nei prossimi giorni sarà in grado di opporsi a Pogacar: forse Evenepoel. Anche Remco infatti sta preparando il Giro, ma non rinuncerà alla Liegi. In questo modo diventa evidente lo scontro fra due scuole. Quella più moderna (sul piano delle metodiche) di coloro che puntano sulla specializzazione. E poi quella più spregiudicata di campioni che accettano le sfide senza nascondersi dietro troppi calcoli, forse perché consapevoli di margini più ampi.

Giro d’Onore

Pogacar ha sferrato l’attacco finale a 36 chilometri dall’arrivo sull’Eyserbosweg, la salita delle Antenne, da cui solitamente la corsa prendeva il largo nel ciclismo di ieri. Healy si è gestito bene e ha proseguito col suo ritmo. Pidcock ha provato invece a opporsi, ma è durato 50 metri in più e poi ha dovuto fare i conti con le gambe più pesanti. Salvare il podio dal ritorno di Lutsenko e Kroon non è stato così semplice.

Da quel momento l’Amstel Gold Race si è trasformata in un giro d’onore, come altri già visti in questa primavera. E se il vantaggio su Healy alla fine è stato solo di 38 secondi, è perché Pogacar ha affrontato l’ultima scalata del Cauberg senza andare a fondo nella fatica, pensando magari a salvare le forze per la Freccia Vallone e la Liegi.

L’Amstel non è un monumento, ma vale parecchio. Per Pogacar è la undicesima vittoria stagionale
L’Amstel non è un monumento, ma vale parecchio. Per Pogacar è la undicesima vittoria stagionale

«In questa stagione – dice andando via dall’Amstel con il suo addetto stampa Luke McGuire – sto vivendo un sogno. Non so se sia stato più forte di quando ho vinto il Fiandre, perché è stata una corsa completamente diversa, ma di certo mi sono sentito bene. Stamattina ero piuttosto congelato con il brutto tempo, ma poi ho scoperto di avere delle buone gambe. Ora si va verso Freccia e Liegi. Mi hanno detto che se vincessi anche la Liegi entrerei nella storia, ma credo che sia presto. Ne parleremo semmai mercoledì o domenica».

La foratura che piega Van Aert e rovina la festa

09.04.2023
4 min
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Stavolta Wout Van Aert è deluso. Se potesse spaccherebbe anche la sedia che si fa passare per le interviste in zona mista. Ma lui, si sa, è sempre molto gentile e disponibile. Però ti stai giocando una  Parigi-Roubaix e la perdi nel momento clou, quello che tutti aspettavano, tu per primo, e vedi il tuo avversario di sempre andare via.

E’ così. E’ la corsa delle pietre. O la ami o la odio. Un attimo sei con le ali sotto le ruote, un attimo dopo sei fermo a bordo strada. Ma oggi qualcosa su cui riflettere non ce l’ha solo Van Aert, bensì un po’ tutta la squadra.

Per Van Aert (classe 1994) un sorriso di circostanza sul podio della Roubaix. Il belga è deluso

Troppe forature

Lo squadrone olandese oggi ha sbagliato qualcosa in termini di pressioni oppure è stato parecchio sfortunato. Il che può anche starci. Anche la Soudal-Quick Step, che quassù è padrona incontrastata, oggi ha avuto le sue belle forature. La Jumbo-Visma monta le stesse coperture della Alpecin-Elegant, le Vittoria, ma hanno forato molto di più. Due volte Van Aert, due volte Laporte, una Van Hooydonck. Almeno quelle note.

Questo, oltre che far riflettere dal punto di vista tecnico, ha influito non poco sull’andamento della corsa. Al netto della caduta di Van Baarle, campione uscente, la Jumbo-Visma ne avrebbe potuti avere davanti tre come la Alpecin. E che atleti…

Proprio Laporte e Van Hooydonck hanno dimostrato di averne. E tanta. Ad un certo punto rimontavano sui super big di testa. E questo avrebbe scompaginato l’andamento della gara. Van der Poel avrebbe dovuto rispondere agli attacchi e utilizzare diversamente i suoi uomini.

L’azione che ha spaccato la corsa sulla Foresta di Arenberg è stata la sua…
L’azione che ha spaccato la corsa sulla Foresta di Arenberg è stata la sua…

Wout di rimessa

E poi c’è Wout. La scorsa settimana vi avevamo parlato di “guerra di nervi”. In effetti oggi il suo atteggiamento in corsa è stato differente. Marcava stretto Van der Poel, quando le cose solitamente sono al contrario. Un paio di fiammate e poi a ruota. Urgeva cambiare tattica Wout e lo ha fatto.

«Che dire – racconta sconsolato Van Aert – io stavo molto bene oggi. Anche se non sono arrivato al  meglio a questo giorno (e indica il ginocchio ferito al Fiandre, ndr), ma il dolore non mi ha infastidito più di tanto. Contro la sfortuna non puoi farci nulla.

«In generale per me è stata una giornata difficile. Ho forato due volte, una poco prima della Foresta di Arenberg. Ad un certo punto sono rimasto senza compagni. Ma ho cercato di rimanere calmo e sono rientrato. Prima della Foresta mi sentivo bene e su quel tratto ho forzato».

Carrefour de l’Arbre, la gomma di Van Aert si affloscia e Van der Poel scappa. Wout non può far altro che vederlo andare via
Carrefour de l’Arbre, la gomma di Van Aert si affloscia e Van der Poel scappa. Wout non può far altro che vederlo andare via

Finito tutto

Poi il racconto della corsa di Wout arriva inevitabilmente al momento del problema meccanico clou. Qualche istante prima che Wout si stacchi, si nota che piega la testa. Guarda in basso, verso la ruota posteriore.

«Ho già avuto diverse forature in carriera, ma a questo punto della gara è amaro, fa male. L’Inferno per me resta maledetto, almeno per ora. La Roubaix finisce solo quando arrivi al velodromo. In quel cambio di ruota ho pensato che avrei perso 20-25 secondi e con un Mathieu in quella forma non puoi rimediare. Sai subito che è finita.

«Anche lì ho cercato di restare calmo. Appena sono entrato nel settore – riferendosi al Carrefour de l’Arbre – ho spinto forte, ma quando mi sono avvicinato alla curva, ho sentito di aver forato. Ho avvertito la squadra. C’era uno dei nostri all’uscita del settore. E’ stato un cambio veloce ma in quel momento della gara è comunque troppo tempo».

Continua la cabala negativa del belga con la Roubaix… Ma sempre grande stile per lui
Continua la cabala negativa del belga con la Roubaix… Ma sempre grande stile per lui

A testa alta

«Alla fine però sono soddisfatto della mia prestazione e delle mie gambe – prosegue l’asso di Herentals – E’ un altro podio che si aggiunge in questa primavera di classiche. Purtroppo una vittoria di quelle grandi non si è concretizzata, ma è così. Se ci riproverò? Certo che ci riproverò. Ora però ho bisogno di recuperare». 

Si chiude qui, dunque, la prima parte di stagione di Van Aert che, ricordiamo, “tira la carretta” da questo inverno con la stagione del ciclocross. Il suo prossimo impegno, salvo cambiamenti, dovrebbe essere il Giro di Svizzera a metà giugno.

Roglic fa il bis alla Tirreno: tante gambe e un po’ di fortuna

12.03.2023
5 min
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Nel giorno dello sprint vincente di Jasper Philipsen a San Benedetto del Tronto, Primoz Roglic completa il suo recupero e porta a casa la corsa a tappe italiana per la seconda volta dopo il 2019.

«Tornare forte dopo un incidente – dice sorridendo – dipende da tante cose, ma soprattutto dal fatto che io sia felice e libero mentalmente. In questi giorni sono stato spesso completamente a bloc, a partire dalla cronometro, perché dovevo soprattutto ritrovare il ritmo. Il giorno di Sassotetto è stato difficile, mi ha fatto stringere i denti. Quello della Tirreno è uno dei trofei più belli, adesso ne ho due e magari i miei figli potranno giocarci insieme senza litigare.

«Ho passato un inverno duro, non starò a dire se sia stato il mio periodo peggiore, ma non ce l’avrei fatta se non avessi avuto accanto la mia famiglia e persone che credevano in me. Ora si tratta di migliorare ancora un po’ in salita per essere all’altezza delle sfide che mi aspettano. Il bello del ciclismo è proprio questo, il fatto che ogni giorno ci spingiamo oltre i nostri limiti…».

Sorpresa Roglic

Sono giorni che sentiamo Roglic stupirsi per la grande condizione che gli ha permesso di vincere la Tirreno-Adriatico. La sua presenza nella Jumbo Visma non era prevista e la convocazione è arrivata inattesa, quando il suo allenatore ha dato via libera.

Non è la prima volta che lo sloveno debutti nella stagione con una vittoria. Nel 2021 aveva cominciato alla Parigi-Nizza e l’aveva vinta sbalordendo tutti per la sua autorità. Al punto che chiedemmo a Mathieu Heijboer, che lo preparava, in che modo avesse lavorato per essere così brillante. Niente di cui stupirsi, insomma, se non fosse che a rendere meno prevedibile l’exploit ci fosse in questo caso il gravissimo infortunio alla spalla per la caduta della Vuelta a Monasterio de Tentuda. Quando lo incontrammo nel quartier generale della squadra in Olanda, il suo obiettivo era tornare in sella per il ritiro. Il resto era molto nebuloso…

Arthur Van Dongen, classe 1968, è alla Jumbo Visma da quattro stagioni
Arthur Van Dongen, classe 1968, è alla Jumbo Visma da quattro stagioni

Perciò stamattina abbiamo incontrato Arthur Van Dongen, 54 anni e 1,95 di altezza, direttore sportivo della squadra olandese nella corsa italiana, con la curiosità di sapere in che modo abbiano accolto Roglic e se si aspettassero che andasse già così forte.

Primoz si dice ogni giorno sorpreso per la sua condizione: ha stupito anche voi?

Sapevamo che fosse pronto per correre e non ci ha sorpreso nemmeno il fatto che fosse già in ottima forma. L’unica accortezza che ci ha detto in anticipo il suo allenatore Marc Lambert è che era pronto per le brevi salite, meno per quelle più lunghe. Invece è riuscito a sopravvivere sul Sassotetto e quel giorno siamo stati un po’ fortunati, perché c’erano più 2 chilometri di scalata in meno e anche un forte vento contrario. Penso che ci sia andata bene, ma sapevamo che fosse già in buona forma.

Prima che arrivasse lui avevate immaginato una squadra con altri leader?

Avevamo in programma di utilizzare Wilco Kelderman e Tiesj Benoot per la classifica generale. E poi Wout Van Aert avrebbe lottato per le tappe, soprattutto per la quarta: quella di Tortoreto. Probabilmente era il migliore su quel tipo di percorso, ma è caduto e anche questo purtroppo fa parte del ciclismo.

Avete dovuto spiegare al resto della squadra che con l’arrivo di Roglic sarebbero cambiati gli equilibri, oppure l’hanno presa bene?

Lo abbiamo fatto prima, non se lo sono ritrovato senza essere al corrente. Il nostro capo, Merijn Zeeman ha fatto una chiamata e a quel punto abbiamo parlato con i ragazzi per cambiare i piani. Roglic è il leader di questa squadra da molti anni, uno che ci ha abituati alle sue vittorie.  Ci piace vincere insieme e poi quando riesci a vincere tre tappe, alla fine sono tutti d’accordo.

In quale delle tre tappe ti ha sorpreso di più?

Forse la prima che ha vinto, a Tortoreto. Perché era indietro sull’ultima salita e di colpo è salito. Mi ero accorto che avesse Alaphilippe alla sua ruota, ma non è riuscito a passarlo. E allora ho pensato: «Wow, è già in ottima forma». 

Come giornalisti lo vediamo molto più sorridente e lui ha spiegato che anche dai periodi più duri si impara qualcosa. E’ più sorridente anche con voi?

E’ vero, sorride molto anche nel team, ma è sempre molto professionale e questo fa la differenza. E’ tornato a essere un corridore ad altissimo livello, ma sorride molto più di prima. Non è che i suoi rapporti in squadra siano cambiati. Questo è il mio quarto anno nel team e secondo me ha sempre un’ottima relazione con gli altri ragazzi. Per la squadra, la gentilezza di Primoz non è mai stata motivo di discussione o di dubbio.

Jumbo Visma: indecisi a Siena, spietati al Nord

05.03.2023
4 min
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Chiusa la Strade Bianche con la vittoria di Pidcock e le incomprensioni fra Benoot e Attila Valter, torniamo per un attimo allo scorso fine settimana. Infatti in Belgio si è aperta la stagione delle Classiche del Nord, tra pietre, muri, stradine e ventagli. E questa volta, a farla da padrona è stata la Jumbo Visma, con la vittoria di Van Baarle nella Omloop Het Nieuwsblad e quella di Tiesj Benoot a Kuurne.

Corse di casa

Nelle fila del team olandese c’era anche il nostro Edoardo Affini. E proprio dalla sua voce ci facciamo raccontare questo esordio di fuoco della Jumbo. 

«Come esordio – dice con una risata – quel fine settimana è andato molto bene, soprattutto se consideriamo che eravamo sette corridori su otto all’esordio stagionale. Tra le due formazioni è cambiato un solo uomo: Tim van Dijke alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne è stato sostituito da Per Strand Hagenes (campione del mondo juniores 2021, ora nel team development di cui ci aveva parlato Mattio, ndr). Siamo arrivati direttamente dal Teide, sul quale avevamo finito un bel blocco di lavoro. Dire che abbiamo lavorato bene sembra quasi superfluo ma è davvero così. La cosa bella di queste due corse è che abbiamo corso nel modo che ci eravamo prefissati nel meeting pre-gara».

I ventagli della Jumbo hanno spaccato il gruppo ed acceso la Omloop Het Nieuwsblad
I ventagli della Jumbo hanno spaccato il gruppo ed acceso la Omloop Het Nieuwsblad

Due modi di correre

Omloop sabato e domenica la Kuurne-Brussel-Kuurne, due corse diverse ma comunque dominate dalla Jumbo Visma. 

«L’idea – prosegue Affiniera quella di fare la corsa a modo nostro, in Belgio non è mai semplice serve anche fortuna. Basta una foratura o una scivolata nel momento sbagliato e tutto va in fumo. Io stesso sono riuscito a lavorare bene in entrambe le corse, anche la squadra era molto soddisfatta. Alla Omloop il team aveva intenzione di prendersi subito la responsabilità della corsa. Appena partita la fuga ci siamo messi a controllare, io avevo il compito di inseguire nella prima parte. Poi, nel momento in cui il percorso ce lo ha permesso, ho dato il via al ventaglio che ha condizionato la gara. Ci siamo messi a girare bene e siamo riusciti a rompere il gruppo».

«Alla Kuurne – spiega nuovamente – avevamo deciso di muoverci in maniera differente, viste anche le differenze tra i due percorsi. Non avevamo un velocista di riferimento, così abbiamo lasciato il pallino dell’inseguimento alle altre formazioni. Poi, nel momento in cui le condizioni del vento sono diventate favorevoli, ci siamo messi in azione. A meno 80 chilometri dall’arrivo, sul Le Bourliquet, tre miei compagni hanno dato il via all’azione decisiva. Si è formato il quintetto che è arrivato fino all’arrivo».

Gli uomini della Jumbo alla Kuurne si sono messi all’opera dopo attaccando a 80 chilometri dall’arrivo
Gli uomini della Jumbo alla Kuurne si sono messi all’opera dopo attaccando a 80 chilometri dall’arrivo

Rinforzi e obiettivi

Uno dei nomi nuovi della Jumbo Visma è quello di Dylan Van Baarle, il vincitore dell’ultima Parigi-Roubaix. Un innesto che fa capire l’intento della squadra: vincere. 

«La squadra era già forte – dice Affini – è innegabile, ma la Jumbo vuole vincere una monumento, questo è quello che manca (unendo i puntini si potrebbero definire “profetiche” le parole di Tom Boonen, ndr). Van Baarle è un acquisto volto a ciò, e direi che si è presentato nel migliore dei modi. Ora, capire quali saranno i focus sulle prossime corse nel Nord è difficile. Prima ci sono altre corse da fare e la prima Monumento della stagione: la Sanremo. Io alla partenza di Abbiategrasso dovrei esserci, così come alla Parigi-Nizza (iniziata oggi da La Verrière, ndr)».

«E’ chiaro – spiega riagganciandosi – che le punte per le Classiche come Fiandre e Roubaix saranno Van Aert, Van Baarle, Benoot e Laporte. Il rinforzo di Dylan ha anche un senso tattico, perché potremmo trovarci in superiorità numerica in alcune situazioni. Starà poi a loro e alla squadra capire come gestire quelle situazioni. Una cosa è certa: in quelle corse meglio avere un vantaggio numerico».