EDITORIALE / Il caso Uijtdebroeks ha spaccato il gruppo

11.12.2023
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«Mi chiedo come sia possibile – scrive Brent Copeland su Twitter a proposito del caso Uijtdebroeks – che qualcosa del genere possa accadere ai nostri giorni, alla nostra epoca e al livello del nostro sport, eppure ci troviamo ad affrontare esattamente qualcosa del genere. E’ avidità? Disperazione? O semplicemente non sono consapevoli del futuro degli atleti e di chi sia la persona che effettivamente paga le conseguenze di una scelta poco felice! Imbarazzante è un eufemismo».

Brent Copeland, manager della Jayco-AlUla, qui con Groenewegen: la sua posizione è parsa molto critica
Brent Copeland, manager della Jayco-AlUla, qui con Groenewegen: la sua posizione è parsa molto critica

Team manager contro

Sono le 8,58 di sabato mattina, quando il team manager del Team Jayco-AlUla posta questo commento, ispirato a un articolo di Cyclingnews. Sul sito britannico, si riassume la vicenda legata all’annunciato passaggio del belga Cian Uijtdebroeks dalla Bora-Hansgrohe alla Jumbo-Visma.

La sintesi vuole prima l’annuncio del team olandese: il belga sarà con loro dal 1° gennaio. Poi la frenata del team tedesco, secondo cui il corridore è sotto contratto per un anno ancora. Quindi c’è la presa di posizione dei suoi agenti tramite Alex Carera, secondo cui c’è in corso una procedura per l’interruzione del contratto.

«L’accordo tra Cian Uijtdebroeks e Bora-Hansgrohe – si legge – è terminato il 1° dicembre 2023. Cian ha già avviato un procedimento legale e l’UCI è a conoscenza della risoluzione dell’accordo. Cian è fiducioso sull’esito della procedura pendente e per il momento si asterrà da ulteriori commenti (…)».

Cian Uijtdebroeks compirà 21 anni il prossimo 28 febbraio. E’ pro’ dal 2022 (foto matthispaul)
Cian Uijtdebroeks compirà 21 anni il prossimo 28 febbraio. E’ pro’ dal 2022 (foto matthispaul)

Levata di scudi

Eppure il passaggio non lascia indifferente il mondo del ciclismo. Sullo stesso social (che si fa fatica a chiamare con il nuovo nome X), si pronunciano John Lelangue e Patrick Lefevere.

«E’ uno sport professionistico – scrive l’attuale direttore del Tour Pologne in risposta al post di Copeland – è anche business, ma il ciclismo ha bisogno di UNITA’ tra tutti i soggetti interessati e ancor di più tra le squadre che sono concorrenti ma anche attori della stessa storia. L’unità e il rispetto reciproco sono la chiave per rendere più forti il nostro sport e le nostre squadre».

«Secondo me – scrive il manager della Soudal-Quick StepCian Uijtdebroeks ha un accordo fino alla fine del 2024. Ha preso per agente Alex Carera che conosceva la situazione. L’UCI deve far rispettare le proprie regole. Solo se le tre parti sono d’accordo, ci può essere un trasferimento con l’autorizzazione dell’UCI».

Roglic ha lasciato la Jumbo-Visma un anno prima della scadenza del contratto, dopo 94 vittorie
Roglic ha lasciato la Jumbo-Visma un anno prima della scadenza del contratto, dopo 94 vittorie

Fra Roglic e Uijtdebroeks

Intanto da Wielerfits trapela che, a fronte della volontà del corridore di andarsene, la Bora avrebbe chiesto un milione di euro alla Jumbo allo stesso modo in cui ha dovuto a sua volta pagare per prendere Roglic. Sono casi paragonabili?

Lo sloveno che lascia la Jumbo-Visma a ottobre è un corridore di 34 anni, che con la squadra olandese ha vinto tre Vuelta e un Giro (94 in tutto le sue vittorie con quella maglia). L’investimento è stato ampiamente ripagato.

Quando a partire invece è Uijtdebroeks, che ha vent’anni e ha vinto “solo” il Tour de l’Avenir, si capisce che sia meno facile lasciarlo andare. La squadra lo ha preso giovanissimo, ha investito su di lui. E proprio nel momento in cui potrebbe cominciare a ripagarla, lui chiede di risolvere il contratto e per giunta a dicembre.

Qualche dissapore a fine stagione c’è stato. La polemica della Vuelta per essere stato sopravanzato in classifica dal leader Vlasov. E dopo la Crono della Nazioni, per la bici di scorta non al livello della prima. Ci sono sotto questioni più gravi, come lascerebbe intendere l’azione legale citata da Carera, per chiedere la rescissione del contratto?

Lorenzo Milesi (classe 2002) in maglia roja in avvio della Vuelta. La DSM lo ha preso ancora da U23
Lorenzo Milesi (classe 2002) in maglia roja in avvio della Vuelta. La DSM lo ha preso ancora da U23

Contratti da rispettare

Sembra di rivedere in parte quel che sta accadendo a Lorenzo Milesi, campione del mondo U23 della crono e contratto fino al 2025 con il Team DSM. Al momento di partire per le vacanze, è stato accostato alla Ineos Grenadiers. Il suo agente Giuseppe Acquadro pareva sul punto di stringere, poi qualcosa non ha funzionato e la trattativa è naufragata. A quel punto si è iniziato a dire che fosse in atto il tentativo di portarlo alla Bora-Hansgrohe, dove stava per liberarsi il posto di Uijtdebroeks, ma anche su questo fronte è calato un velo di silenzio.

Così, mentre si sussurra che il bergamasco vista la situazione abbia cambiato agente, ci è venuto un dubbio. La squadra che lo ha fatto passare, portandolo dal devo team alla WorldTour, sarà contenta di sapere che sta facendo di tutto per andarsene? Se dovesse infine rimanere lì, quali sarebbero i rapporti? Non sarebbe forse il caso di rispettare i contratti, a meno di clamorose inadempienze da parte delle squadre?

Uijtdebroeks andrà sicuramente alla Visma-Lease a Bike (denominazione dal 2024 dell’attuale Jumbo-Visma) e il tutto si risolverà in una questione di soldi. Finirà come con Van Aert preso… con la forza dalla Verandas Willems-Crelan. Richard Plugge sa fare i suoi affari, anche se i suoi metodi non piacciono a tutti.

La morale però è che i contratti rischiano di diventare carta straccia e che di questo passo il fairplay fra squadre andrà a farsi benedire. Se tre team manager si espongono in modo così esplicito, è evidente che qualche regola non scritta sia stata violata. Ma soprattutto sarebbe opportuno, in questo mettere in mezzo ragazzi di vent’anni, pensare a loro e con una prospettiva più lunga. A quello che hanno ancora da imparare e quello che da tutto questo riceveranno in cambio. E non parliamo di soldi.

E Van Aert fa muro: in Italia per le tappe

09.12.2023
4 min
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Probabilmente non avrà fatto in tempo a leggere i consigli di Bettini, più probabilmente gli sarà arrivata eco dei commenti di Johan Museeuw. In ogni caso Wout Van Aert parrebbe aver allontanato da sé il calice della classifica generale del Giro, sgombrando il campo da ogni possibile volo pindarico. Se poi si troverà davanti, sarà pronto per giocarsela. Ma la maglia rosa finale non è il suo obiettivo di partenza.

Van Aert si è raccontato in un passaggio nel podcast De Rode Lantaarn in Olanda
Van Aert si è raccontato in un passaggio nel podcast De Rode Lantaarn in Olanda

Un podcast in diretta

Lo ha detto abbastanza chiaramente lo stesso campione belga nel podcast olandese De Rode Lantaarn, la lanterna rossa. Van Aert ha analizzato i suoi piani per il 2024, a partire dal nuovo programma stilato assieme al suo nuovo allenatore Mathieu Heijboer.

«Da tempo – ha detto il belga – accarezzavo l’idea di optare per una struttura più tranquilla per questo inverno, quindi con meno ciclocross. Ne ho parlato con Mathieu (Heijboer, ndr) e anche lui è stato d’accordo. Gli allenamenti potranno essere confrontati con quelli degli anni scorsi, perché ogni allenatore della nostra squadra ha più o meno la stessa filosofia a riguardo, ma sarà un inverno un po’ più tranquillo».

Nel 2021, Van Aert in questi giorni vinceva a Vermiglio: ora il debutto è rinviato
Nel 2021, Van Aert in questi giorni vinceva a Vermiglio: ora il debutto è rinviato

Al Giro per le tappe

La sensazione, già trapelata attraverso le parole di Heijboer, è che Van Aert voglia puntare a una primavera più concreta e vincente. Quello che lo scorso anno ha iniziato a fare Van der Poel, insomma, raccogliendo la Sanremo e la Roubaix.

«Non posso confermarlo ufficialmente – ha sorriso Van Aert, il cui programma di gare sarà annunciato fra due settimane in Olanda – ma supponiamo che vada al Giro. Allora preferirei andare per le tappe. Non sono molto interessato a superare i miei limiti, perché correre per la classifica non può essere combinato con le altre corse a cui punto.

«Non vorrei sacrificare troppo per ottenere un buon risultato. Non mi fa impazzire l’idea di arrivare quinto al Giro e di annoiarmi per il resto dell’anno. Come non mi attira l’idea di fare 100 allenamenti in altura e perdere altri due chili. Ora posso fare molte cose diverse e penso che sia bello cercare di farle tutte nello stesso anno».

Roglic e Van Aert a marzo sul Teide, preparando le classiche: la coppia dal 2024 sarà divisa
Roglic e Van Aert a marzo sul Teide, preparando le classiche: la coppia dal 2024 sarà divisa

Obiettivo 77 chili

E’ evidente che di vantaggi ne abbiano parlato: in una squadra come l’attuale Jumbo-Visma certi tentativi non potrebbero certo essere frutto di un’improvvisazione.

«Per vincere davvero una classifica generale – chiarisce Van Aert – il peso giocherebbe un ruolo decisivo e questo sarebbe un peccato. Dovrei arrivare al Giro con 77 chili (il peso forma è di 78, ndr), so da me che su certe pendenze non sarei certo avvantaggiato. Spero di arrivare a quel peso più o meno dopo le classiche, ma confermo che preferirei andare per puntare alle tappe».

Con Van der Poel alla Roubaix 2022: Van Aert sta per bucare, l’olandese avrà via libera
Con Van der Poel alla Roubaix 2022: Van Aert sta per bucare, l’olandese avrà via libera

La sfortuna di Roubaix

Dopo aver parlato dell’infortunio successivo alla caduta del Tour 2019 e i giorni terribili in cui non aveva sensibilità alla gamba, Van Aert ha parlato anche dell’ultima Parigi-Roubaix. Un’altra beffa subita per mano del solito Van der Poel e non crediamo che Van Aert non voglia scrollarsi di dosso una simile maledizione.

«A dire il vero – dice – quando ho iniziato il Carrefour de l’Arbre, pensavo di essermene andato. Raramente ci sono arrivato così fresco. Avevo programmato di attaccare dopo la curva ad angolo retto. Di solito si allunga partendo praticamente da fermo e questo di solito fa male. Qualche secondo prima, con la coda dell’occhio avevo visto Degenkolb cadere e non sapevo se fossero caduti anche Van der Poel e Philipsen. Ho pensato che avrei attaccato basandomi sulle sensazioni. Invece quando sono uscito dalla curva, ho sentito la gomma rotolare male e ho capito di aver bucato».

La popolarità del campione di Herentals non ha limiti: ora manca qualche risultato
La popolarità del campione di Herentals non ha limiti: ora manca qualche risultato

Quante sono le occasioni in cui Van Aert ha dovuto chinare il capo davanti alla sfortuna e soprattutto davanti a Van der Poel? Ormai troppe. Ed è per questo che prima di fuggire dalla sfida per misurarsi in un Giro, che ad ora è ben lontano dalle sue possibilità, crediamo voglia tornare a riprendersi quel che aveva costruito e che il grande avversario, ma spesso anche la sfortuna gli hanno portato via.

Un olandese in casa nostra. Il curioso caso di Daan Hoeks

21.10.2023
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Nel calendario under 23 che si è appena concluso, il suo nome compare spesso, le sue Top 10 sono molteplici ed è così dallo scorso anno. Il fatto è che Daan Hoeks, portacolori della Maltinti Lampadari è olandese e viene spontaneo chiedersi che cosa ci faccia qui, considerando che ormai il suo Paese, tra Jumbo Visma e Van der Poel è diventato il crocevia del ciclismo internazionale.

Hoeks si è ben ambientato dalle nostre parti, ha anche imparato la nostra lingua anche se quando si tratta di interviste o argomenti delicati preferisce ancora rifugiarsi nel più sicuro inglese. Non si è mai pentito della sua scelta, che viene da lontano, quasi instillata da suo padre: «Lo chiamavano il “ciclista del bel tempo”. Da noi il sole non compare così spesso e quando avveniva, mio padre ne approfittava subito per prendere la bici e uscire. La portava sempre con sé in vacanza, per forza di cose mi ha ispirato. Quando avevo dieci anni, ho provato a seguirlo mi sono davvero divertito».

L’Amsterdam Racing Academy, primo suo approdo fra gli juniores (foto LC)
L’Amsterdam Racing Team, primo suo approdo fra gli juniores (foto LC)
Come sei finito in Italia e quanto è importante per te correre qui?

Dopo il mio periodo da junior, correvo per l’Amsterdam Racing Academy. E con quella squadra abbiamo corso in Italia. Abbiamo fatto tutte le gare under 23. Poi nel 2021 Flavio Zappi stava cercando un corridore ospite e il mio team manager conosceva Flavio, così gli ho scritto più volte perché mi sarebbe piaciuto venire a correre qui. Così sono finito alla Mg.K Vis, contemporaneamente stavo facendo domanda per l’università a Bologna e tutto è andato per il verso giusto. Quindi è una bella storia.

Dalla Mg.K Vis alla Maltinti. Che cosa è cambiato da un team all’altro?

La mia esperienza alla Mg è stata segnata dalla mononucleosi. Ero molto motivato a fare bene, ma purtroppo non è stato così. Fondamentalmente, l’anno scorso ho avuto performance inferiori e le cose non sono andate come volevo. Poi quest’anno, quando ho scoperto che stavo diventando sempre più forte e tornavo al mio livello, ho ritrovato entusiasmo e spero di poter ripartire da qui.

Il team Holdsworth, una delle opportunità offerte da Flavio Zappi (foto Instagram)
Il team Holdsworth, una delle opportunità offerte da Flavio Zappi (foto Instagram)
Quali sono le gare dove ti trovi meglio?

Personalmente mi piacciono le gare con salite brevi e incisive, soprattutto se affrontate a gran ritmo. Ad esempio, come al GP Del Rosso. E quando si tratta dello sprint di un piccolo gruppo, spesso sono uno di quelli più veloci.

Rispetto al ciclismo olandese, che differenze hai trovato qui in Italia?

Beh, prima di tutto, ricordo che quando stavo facendo le mie prime gare qui in Italia, gli italiani scalavano molto più velocemente dei ciclisti olandesi. Sono un po’ più piccoli, pesano meno, magari un po’ meno veloci nello sprint. In Olanda infatti sono considerato uno dei più forti in salita. Da noi i ragazzi sono solo un po’ più grandi, più forti sul piano e vanno più veloci. È un modo diverso di correre.

Il podio del Trofeo Torresi con Hoeks fra Boschi e Niccoli del Gragnano Sporting Team (foto organizzatori)
Il podio del Trofeo Torresi con Hoeks fra Boschi e Niccoli del Gragnano Sporting Team (foto organizzatori)
Un team del tuo Paese, la Jumbo-Visma ha vinto tutte le corse più importanti di quest’anno, ma con corridori stranieri. Un olandese come te come lo vive, le sentite come vittorie nazionali o no?

Penso che i corridori olandesi debbano ancora diventare più forti perché Jimbo Visma ha iniziato con il loro team di sviluppo solo pochi anni fa. I talenti che avevano e hanno nella squadra stanno lentamente iniziando a vincere le gare. Ad esempio, Olaf Kooij. È un progetto a lungo termine, credo, perché prima in Olanda non c’erano buoni team di sviluppo per il livello del WorldTour quindi sta influenzando un po’ tutto il nostro movimento.

Hai contatti per passare professionista?

L’anno prossimo correrò di nuovo per Maltinti e spero di continuare dove mi sono fermato quest’anno. Quindi spero di vincere alcune gare a livello nazionale e di essere costante facendo qualche altro passo avanti.

Oltre al Trofeo Torresi (nella foto Rodella), Hoeks ha vinto anche il Trofeo Zanchi a Castiglion Fibocchi
Oltre al Trofeo Torresi (nella foto Rodella), Hoeks ha vinto anche il Trofeo Zanchi a Castiglion Fibocchi
Quali sono le gare che preferisci, corse in linea o a tappe?

Diciamo che mi riesco a concentrare di più e a tirare fuori il meglio nelle gare di un giorno, ma allo stesso tempo posso divertirmi davvero anche con le gare a tappe, perché secondo me è così che impari di più sulla tattica e anche sulle reazioni del tuo corpo. Questo è il modo giusto per diventare un ciclista migliore.

Qual è la vittoria più bella che hai ottenuto quest’anno, quella che ti ha emozionato di più?

Credo che sia stata la prima, a Montegranaro perché da quel momento ho iniziato a fare meglio e ho avuto la conferma che c’è ancora molto da fare.

Alla Mg.K Vis Colors of Peace l’olandese ha corso poco a causa della mononucleosi (foto Instagram)
Alla Mg.K Vis Colors of Peace l’olandese ha corso poco a causa della mononucleosi
Come ti trovi in Italia, che cosa ti piace di più e di meno?

Beh, ovviamente il clima è un grande vantaggio rispetto ai Paesi Bassi, la cultura è molto più familiare e le persone sono davvero gentili. Il cibo ovviamente è buono. Ma anche quando torno in Olanda mi piace il contrasto. Posso davvero godermelo.

Pensi che il fatto di correre in Italia ti tolga attenzione da parte dei team e dei media olandesi?

Sì e no. Direi di sì perché sanno che ci sono ciclisti che corrono all’estero e hanno già corso in quegli eventi. Quindi alcune persone mi conoscono e in qualche modo vogliono vedere come sta andando. E no, perché sono un po’ più lontani. Quindi spero di vincere alcune gare l’anno prossimo in più e più importanti, il che ovviamente spero che catalizzi un po’ più su di me i fari dell’attenzione.

La mentalità prima dei risultati. La filosofia di Cancellara

09.10.2023
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COMO – Quando lo incontri, Fabian Cancellara trasmette sempre vibrazioni eteree. Il giorno prima del Lombardia – durante le operazioni preliminari della gara – stava chiacchierando con Jan Ullrich e la gente davanti al piazzale di Palazzo Terragni non sapeva a chi chiedere prima autografo o selfie.

La mattina successiva i mezzi della Tudor Pro Cycling avevano appena parcheggiato accanto allo stadio Sinigaglia e c’erano già decine di persone ad aspettare che “Spartacus” scendesse per il solito rituale dell’appassionato.

Davanti al bus del suo team, lo svizzero ne ha dette di cose interessanti, come sempre del resto. Ed è evidente come sia una guida per tutto il suo gruppo. Un Cancellara che prima di guardare al risultato in qualità di proprietario del team, parla di filosofia. La sua Tudor ha fatto una bella campagna acquisti per il 2024 ma lui si concentra sulla mentalità da seguire

Fabian possiamo già tracciare un bilancio della stagione?

Mancano ancora poche corse alla fine. Con le vittorie (finora undici, ndr) che abbiamo raccolto siamo contenti ma non è solo quello che conta. Abbiamo fatto certe gare dove abbiamo mostrato dei limiti. La maniera in cui corriamo è quello che conta, perché così facendo possiamo creare una cultura. Lo dico sempre ai ragazzi che correndo dietro non si può vincere. Noi partiamo per fare la corsa, non per essere alla corsa. Sono due cose importanti e diverse. La nostra mentalità è questa e andiamo avanti così.

E’ un discorso che si fa per una squadra nata praticamente quest’anno?

La struttura, la mentalità e i corridori, tutto amalgamato, penso che siano queste le vittorie che fanno la differenza. Anzi, vi dirò che la crescita della struttura e il perdere le corse sono due aspetti fondamentali per noi. Certo, le vittorie servono per il morale e per vedere quello su cui abbiamo investito, riguardante il tempo, quello che facciamo e la direzione verso cui dobbiamo andare. Sono cose che contano su un progetto a lungo termine come quello della Tudor.

Crescita senza “fretta”…

Faccio sempre l’esempio della costruzione di una casa. Quanti piani avremo non lo so, ma più sono profonde e larghe le fondamenta, ovvero la nostra organizzazione, più potremo resistere ad eventuali terremoti. Che saranno quei momenti difficili nei quali dovremo essere pronti. Per farvi capire meglio, l’anno scorso andavamo alle corse senza il bus o il camion delle bici, oggi invece abbiamo corso l’ultima Monumento come le altre squadre.

E’ innegabile che il tuo carisma sia un punto importante per la squadra.

Non sono solo io a fare la squadra o a stimolare i ragazzi. Lo facciamo tutti. Alla Tudor non esiste un io, esiste un noi. Lo staff, i direttori e tutte le persone che sono dentro all’organizzazione. Certo, qualcuno dice che Cancellara conta e ha un peso. Ebbene, io voglio esserci non quando si vince ma quando si perde perché è quello il bello del lavoro. Io so cosa significhi vincere e ci sono volte in cui mi godo il momento, però voglio che i miei ragazzi, ed il resto dello staff, se lo godano di più. Tanta gente non conosce queste situazioni o emozioni. E’ per questo che io sono molto fiero di come stanno andando le cose. Stiamo comunque continuando a lavorare perché siamo solo all’inizio.

Avete anche un bel progetto giovani con cui avete conquistato il terzo posto finale al Giro NextGen. Come sta procedendo?

Al Lombardia abbiamo proprio portato Hannes (Wilksch, terzo alla corsa rosa U23, ndr) che ha fatto recentemente anche il Langkawi ed è passato in prima squadra ad inizio agosto. Ma c’è anche Mathys Rondel che invece ha corso il Gran Piemonte ed ha fatto buone cose. La formazione U23 è la nostra base e sta andando molto bene. E’ bello perché lavoriamo molto con i corridori svizzeri. C’è un gran bel gruppo, anche già formato per l’anno prossimo. Stiamo proseguendo un certo tipo di lavoro, con la fortuna di avere un team professional e quindi poter interscambiare i nostri corridori con più facilità. Poi abbiamo anche qualche sorpresa per il 2024…

Si parla di due italiani, Juan David Sierra e Simone Gualdi. Sono forse loro queste sorprese?

Questo lo dite voi (sorride, ndr) però non nascondo che arrivino degli italiani. Comunque ci sarà tempo per dare comunicazioni ufficiali.

Cancellara è una guida per tutta la Tudor. Per lui imparare a perdere e la crescita della struttura sono punti basilari
Cancellara è una guida per tutta la Tudor. Per lui imparare a perdere e la crescita della struttura sono punti basilari
A proposito dei terremoti cui facevi riferimento prima, Fabian Cancellara come giudica la presunta e chiacchierata fusione tra Soudal e Jumbo?

Alla fine non so se questa vicenda era solo piena di “balle” (sorride, ndr) perché nessuno sapeva veramente cosa stesse succedendo. Ciò che è avvenuto nelle ultime settimane non è buono per nessuno e per il ciclismo. Però ti mostra la difficoltà dell’economia in generale. Se due tra i più grandi team professionistici devono mettersi insieme, allora vuol dire che per i piccoli team si mette male. Una fusione del genere non aiuta il movimento.

Chiaro…

Spero in ogni caso che tutto si risolva per il meglio, visto che hanno anche tanta storia alle spalle. Poi si lascerebbero a casa tante persone. In senso più ampio, spero che situazioni simili volgano sempre al meglio per il bene dello sport. Per me è lo sport che conta. Più facciamo del bene allo sport, più aiuta a far crescere bene i bambini o le nuove generazioni nello sport a casa o a scuola. I giovani sono il nostro futuro. Loro devono stare attenti al nostro sport e noi attenti a loro.

Emilia, derby sloveno a Roglic. Che saluta la Jumbo…

01.10.2023
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SAN LUCA – Le terribili rampe che dall’Arco del Meloncello conducono alla Basilica di San Luca sono come quelle delle scale di casa sua per Primoz Roglic. Le conosce a memoria e non sbaglia mai, o quasi. Il capitano della Jumbo-Visma vince il Giro dell’Emilia per la terza volta (su quattro partecipazioni) ed anche il derby sloveno, anticipando Tadej Pogacar poco prima del traguardo, mentre terzo arriva Simon Yates.

Con il successo numero 15 in quella che è già la sua migliore annata in termini di risultati, Roglic ha aperto il trittico di sfide al suo connazionale della UAE Emirates (rivincite martedì alla Tre Valli Varesine e sabato prossimo al Lombardia) e ha iniziato a chiudere i conti con la sua attuale formazione. Il vincitore del Giro di quest’anno, per sua stessa ammissione prima del via, lascerà la Jumbo-Visma dopo otto stagioni e vuole farlo nel migliore dei modi.

Terzo Emilia per Roglic dopo i trionfi del 2019 e 2021. Quindicesima vittoria stagionale, ottantesima in carriera
Terzo Emilia per Roglic dopo i trionfi del 2019 e 2021. Quindicesima vittoria stagionale, ottantesima in carriera

Testa a testa emiliano

La ristretta zona dietro al palco delle premiazioni è un porto di mare. Chiunque si infila oltre le transenne per strappare un autografo o un selfie con i primi classificati. C’è anche una ragazzina emiliana che nella notte ha fatto un cartellone in sloveno per il suo idolo Roglic. D’altronde con due campioni come lui e Pogacar diventa praticamente impossibile arginare questa ondata di persone con buona pace di massaggiatori, stampa e chaperon. Il botta e risposta a distanza lo inizia Pogacar che scende le scale del podio con in braccio la classica mega-mortadella ed un’espressione che tradisce delusione. L’impressione è che Tadej dal Tour in poi non riesca o non sappia come battere i Jumbo. Forse è più questo stato d’animo che lo affligge piuttosto che il secondo posto in sè.

«Ho provato ad attaccare – spiega Pogacar in mezzo alla folla – ma non è stato sufficiente. Avrei dovuto affrontare il pezzo più duro ad una velocità molto più alta, ma non sono ci sono riuscito. Alla fine eravamo tutti stanchi all’ultimo giro. Sapevo che si sarebbe deciso negli ultimi 400 metri perché eravamo in tanti. Però ci ho provato lo stesso e Roglic ci ha infilati nel finale. Sì, è stato un bell’uno-due sloveno ma preferivo a posizioni invertite».

Pogacar si avvia verso il podio-premiazioni con un pizzico di amarezza. Ma la gamba è migliore di quella dell’anno scorso
Pogacar si avvia verso il podio-premiazioni con un pizzico di amarezza. Ma la gamba è migliore di quella dell’anno scorso

«Vincere sul San Luca – racconta Roglic con un sorriso disteso mentre è anche lui circondato dalla gente – è sempre una sensazione incredibile. Amo tantissimo questa gara, credo che lo possiate capire. Questa salita è ricca di storia e rende la gara iconica, ecco perché mi piace. Il finale è stato comunque molto duro, San Luca è doloroso. Quindi se sei in grado di soffrire puoi vincere qua in cima. Quando ho sentito di stare bene, ho deciso di dare il massimo nell’ultimo chilometro. Se non ci provi non puoi mai saperlo. Così sono partito, ho visto che avevo preso margine ed ho tirato dritto. E poi sono felice di aver vinto anche per il tifo, che è sempre incredibile».

Rivincite lombarde

I due sloveni sanno che ci sono ancora il secondo e terzo atto del loro personale derby, e che non sono corse semplici. Se Roglic ha vinto tre volte l’Emilia e Pogacar ha raccolto solo due secondi posti, è anche vero che Tadej ha conquistato due Lombardia mentre Primoz non è mai andato a podio. Ecco perché anche quest’anno la classica delle foglie morte sarà la portata principale con la Tre Valli Varesine (vinta da Pogacar nel 2022) a fare da gustoso antipasto.

Il cartello con dedica di una ragazzina emiliana scritto appositamente in sloveno per il suo idolo Roglic
Il cartello con dedica di una ragazzina emiliana scritto appositamente in sloveno per il suo idolo Roglic

«Sicuramente partirò per le corse lombarde – aggiunge Roglic – con più serenità sapendo di aver vinto una bella gara come l’Emilia. Però non posso rilassarmi più di tanto perché al Lombardia non sono mai stato altrettanto bravo come qua o come volevo (miglior piazzamento un quarto posto nel 2021, ndr). Adesso ho una buona condizione e stavolta ci terrei a fare una grande gara».

«Ogni anno al Giro dell’Emilia miglioro sempre un po’ di più – analizza Pogacar – ma non abbastanza per vincere. Anche se non è arrivato il risultato pieno la squadra ha dimostrato di andare forte facendo un gran lavoro, quindi sarà importante fare la stessa cosa anche prossima settimana. Tuttavia vedremo come andrà ora il finale di stagione. Chi arriva in forma quassù significa che sarà davanti anche alle corse lombarde. L’anno scorso sono arrivato stanco al finale di stagione. Quest’anno mi sento un po’ meglio ma sarà tutto da vedere».

Adam Yates e la UAE hanno lavorato molto per Pogacar, ma lo sloveno non è riuscito a fare la differenza
Adam Yates e la UAE hanno lavorato molto per Pogacar, ma lo sloveno non è riuscito a fare la differenza

Toto-squadra per Primoz

Forse non è un caso che Roglic abbia scelto il Giro dell’Emilia per annunciare che nel 2024 correrà per un’altra squadra. E’ la gara di fine stagione che preferisce di più e svelando questa notizia probabilmente è come se si fosse liberato di un piccolo peso. Ovvero, attirare le attenzioni su di sé con questa novità per nascondere eventualmente un cattivo risultato. Ed invece il leader della Jumbo-Visma è stato ben nascosto in corsa lasciandone il peso alla UAE per poi colpire come sa fare lui. Mentre lo accompagnano all’antidoping, ne approfittiamo per le ultime considerazioni sul suo futuro. I rumors lo hanno avvicinato a Ineos Grenadiers, Lidl-Trek, Bahrain, Jayco e negli ultimi giorni anche a Movistar. Tutti lo vogliono – e ci mancherebbe pure – ma lui glissa divertito.

«Quante squadre – conclude il 33enne sloveno arrivato ad 80 vittorie in carriera – che sento dire! Al momento posso solo dirvi due cose. La prima è che era giunto il momento di cambiare squadra. Lo abbiamo deciso assieme con i manager. Sono pronto per nuove sfide. La seconda cosa invece è che comunque davanti a me ci sono ancora due obiettivi importanti come Tre Valli e Lombardia. Voglio provare a centrarli per onorare fino in fondo un team come la Jumbo-Visma in cui ho trascorso un periodo fantastico. Dopo di che la stagione sarà finita e penseremo al resto».

Roglic è scattato nel finale alla sua maniera dopo che ci avevano provato Vlasov, Pogacar e Carapaz.
Roglic è scattato nel finale alla sua maniera dopo che ci avevano provato Vlasov, Pogacar e Carapaz.

«Primoz sarà sempre nel mio cuore come un nostro re – ha dichiarato il general manager Richard Plugge – gli siamo molto grati per aver trovato insieme la strada verso il trionfo. A livello personale lo ammirerò sempre. Sappiamo tuttavia che arriva sempre un momento in cui è meglio separarsi. Lui recentemente aveva chiesto il trasferimento. Abbiamo capito la sua richiesta e siccome abbiamo troppo rispetto l’uno per l’altro per ostacolarci a vicenda, gli abbiamo dato il via libera».

Martinez leader, Evenepoel nella morsa Jumbo-Visma

01.09.2023
4 min
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Un vero terremoto. Chi si aspettava che i big avrebbero lottato per la vittoria all’Observatorio Astrofísico de Javalambre, sarà rimasto male. Eppure la tappa di ieri alla Vuelta è stata ad alto tasso di spettacolo. E se pure Evenepoel aveva progettato di perdere la maglia, sperava indubbiamente di tenere il passo di Roglic. Invece lo sloveno si è portato dietro Vingegaard e gli ha rifilato la bellezza di 32 secondi.

La fuga è andata e si è portata via la maglia di leader, ma davanti ai big sono finiti alcuni corridori di ottimo nome, a cominciare dal vincitore Sepp Kuss, passando per Lenny Martinez, Landa, Soler, Rubio e Buitrago. Nella classifica generale, Evenepoel è il primo dei migliori con 2’47” da Lenny Martinez e dietro di lui ci sono Mas, Vingegaard, Roglic e tutta la nobiltà della Vuelta. Ma qualcosa ieri ha scricchiolato, anche se la storia è ancora tutta da scrivere.

Eroe per un giorno

Il vincitore di tappa Sepp Kuss è euforico, dato che sta affrontando il terzo grande Giro di stagione. E se in Italia e poi in Francia non ha avuto altro spazio se non quello di lavorare per Roglic e Vingegaard, questa volta ha avuto la libertà per vincere una tappa. La lunga fuga infatti è stata premiata dal giusto attacco

«E’ stata una giornata molto impegnativa – ha detto – volevamo entrare in fuga per mettere alla prova la Soudal-Quick Step, che era l’obiettivo principale. Sapevamo che sarebbe stata dura. Ero davanti con Van Baarle, Attila Valter e Tratnik e hanno pedalato tutti alla grande. Devo ringraziarli per il lavoro che hanno svolto. Mi sentivo molto bene, stavo solo pensando a dove avrei attaccato per fare la differenza. Durante tutta la salita l’ambiente intorno è stato speciale, la Vuelta per me è magica. Tappa e secondo posto in classifica, ma non sono qui per la classifica generale. Vincere una tappa è già fantastico, prendo la Vuelta giorno per giorno».

Martinez è al comando della Vuelta: ha 20 anni, è professionista dal 2023
Martinez è al comando della Vuelta: ha 20 anni, è professionista dal 2023

Rosso di Francia

Nello stesso giorno in cui La Spezia ha salutato la partenza del Giro della Lunigiana, che vinse due anni fa, Lenny Martinez è stato il primo degli inseguitori di Kuss e con il secondo posto di tappa ha conquistato la testa della classifica. Il piccolo francese, figlio di Miguel campione olimpico della mountain bike e al debutto nel WorldTour, dall’alto del podio si è guardato intorno incuriosito. Anche se lavori ogni santo giorno per arrivare in alto, quando ti avvicini alla vetta, è normale che ti venga il batticuore.

«E’ incredibile – ha detto – e prendere questa maglia è il sogno di ogni corridore. Tutta la squadra si è sacrificata. Molard e Storer hanno corso in modo fantastico e speravo davvero di dare loro qualcosa in cambio. Ci siamo riusciti con questa maglia rossa. Per ogni chilometro di questa fuga, ho pensato che sarebbe stato bello prendere la maglia rossa. Era un gruppo molto bello con ottimi corridori e in una fase del genere devi seguire il tuo istinto ed è quello che ho fatto. La famiglia sarà felice e orgogliosa. Ovviamente ora difenderemo la maglia, anche se mi sento molto imbarazzato e anche un po’ in ansia».

Evenepoel ha lasciato andare la maglia, ma ha subito un passivo inatteso
Evenepoel ha lasciato andare la maglia, ma ha subito un passivo inatteso

Evenepoel cede

I titoli sulla prestazione di Evenepoel sono stati mediamente allarmanti sui media di tutta Europa e il belga infatti ha ammesso di non aver avuto le gambe per opporsi all’attacco di Roglic.

«Non potevo andare oltre il mio limite – ha detto – a volte hai dei giorni così e oggi è stato il mio. Non è che sia scoppiato del tutto, ma sono rimasto un po’ bloccato. Non sono riuscito a dare il massimo, ho cercato di fare il mio ritmo e negli ultimi due chilometri ho potuto improvvisamente accelerare di nuovo. E’ stato un po’ strano. Fortunatamente i danni sono ancora abbastanza limitati. Ovviamente avrei preferito che ciò non accadesse, ma se questa è stata la mia giornata storta, va comunque bene».

Nimbl entra a far parte della grande famiglia Pon.Bike

30.08.2023
3 min
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La notizia era nell’aria già da qualche settimana, ma solamente in questi ultimi giorni è arrivata l’ufficialità. Pon.Bike, realtà aziendale leader mondiale per quanto riguarda la produzione di biciclette e componenti per il ciclismo, ha acquisito il prestigioso marchio italiano di calzature Nimbl.

Con sede a Porto Sant’Elpidio (Macerata), nel pieno cuore del distretto della calzatura artigianale di qualità, Nimbl è stata fondata appena nel 2020, e da allora ha fortemente esteso la propria attività espandendosi su scala internazionale nel segmento scarpe “high-end” per ciclismo su strada e pista, con clienti che si riconoscono dagli appassionati di ciclismo fino ai campioni del mondo e ai vincitori dei Grandi Giri. Tutte le scarpe Nimbl vengono realizzate a mano all’interno dello stabilimento di Porto Sant’Elpidio. 

Nimbl ha accompagnato Jonas Vingegaard alla conquista del suo secondo Tour de France
Nimbl ha accompagnato Jonas Vingegaard alla conquista del suo secondo Tour de France

Create per i campioni 

Nimbl produce scarpe che vengono indossate da numerosi ciclisti professionisti durante le maggiori competizioni mondiali. Competizioni che molto spesso “impegnano” le stesse calzature nelle condizioni più estreme. Oggi, circa 125 ciclisti professionisti gareggiano con Nimbl ai piedi. E uno di questi non è altro che il vincitore del Tour de France Jonas Vingegaard del team Jumbo-Visma. Ma queste scarpe ad altissime prestazioni sono state scelte anche da diversi vincitori del recente campionato del mondo di ciclismo su pista: come Jeffrey Hoogland, iridato a Glasgow nel chilometro. 

Le calzature Nimbl sono disponibili in tutto il mondo, la vendita avviene sia online che attraverso una selezionata rete di rivenditori. E oggi, grazie a questa acquisizione, il brand avrà la possibilità di ampliare ulteriormente la propria distribuzione sia negli Stati Uniti quanto in Europa

Ecco un modello celebrativo per la vittoria alla Grande Boucle
Ecco un modello celebrativo per la vittoria alla Grande Boucle

Obiettivo crescita internazionale

Pon Holdings è una multinazionale di riferimento, ancora a conduzione familiare, con sede nei Paesi Bassi e un fatturato annuale di oltre 10 miliardi di euro. La società conta 15.700 dipendenti, in 34 Paesi e in tutti e sei i continenti. Pon Holdings controlla ben 110 aziende, tutte realtà che operano su quattro linee distinte: Automotive, Pon.Bike, Equipment & Power Systems e Agricultural Products & Services. L’obiettivo ultimo di Pon Holdings è quello di continuare a garantire la mobilità di persone, città e settori in maniera efficiente e sostenibile. Nei Paesi Bassi, Pon rappresenta il principale gruppo dedicato alla mobilità, poiché è in grado di offrire a milioni di persone biciclette, automobili e servizi di mobilità innovativi, quali il noleggio di biciclette e la condivisione di auto e monopattini.

Nimbl a Glasglow è salita sul podio iridato grazie al secondo posto di Wout Van Aert
Nimbl a Glasglow è salita sul podio iridato grazie al secondo posto di Wout Van Aert

Quella di Nimbl rappresenta un’aggiunta logica per la famiglia Pon.Bike, gruppo che include oltre 20 prestigiosi e storici brand del mondo del ciclismo come Cannondale, Cervélo, BBB Cycling, Gazelle, Focus, Santa Cruz, Kalkhoff, Swapfiets, Veloretti, GT, Schwinn, Mongoose, Caloi e Urban Arrow. 

Nimbl

EDITORIALE / I tre messaggi di Vingegaard a Pogacar

12.06.2023
5 min
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Il duello fra Evenepoel e Pogacar c’è rimasto in gola. E mentre lo sloveno si va riprendendo dalla frattura dello scafoide, un infallibile mantra ha eliminato il belga dal Giro d’Italia, quasi a fargli pagare la Liegi vinta senza il rivale più atteso. Adesso però l’attenzione si sposta sul Tour, dove il duello fra Pogacar e Vingegaard promette scintille. Chi dei due è più forte?

Vingegaard ha vinto il tappone con arrivo a La Croix de Fer, consolidando il suo primato
Vingegaard ha vinto il tappone con arrivo a La Croix de Fer, consolidando il suo primato

Primo messaggio a Pogacar

Sembra quasi di essersi spostati nella boxe dei vecchi tempi, quando un paio di volte all’anno si combatteva per il titolo mondiale di diverse sigle o categorie e al centro del ring si ritrovavano campioni eccezionali, provenienti da diversi percorsi di allenamento.

Ieri Vingegaard ha vinto il Delfinato e sul traguardo di La Bastille, conquistato da Giulio Ciccone, dal frigo della Jumbo Visma sono saltate fuori delle birre ghiacciate, con cui quasi tutti hanno brindato alla presenza delle famiglie. Da oggi infatti la squadra olandese sarà in ritiro a Tignes e la rifinitura verso la Grande Boucle non ammetterà distrazioni.

«Sono molto, molto felice di aver vinto – ha spiegato il vincitore del Tour 2022, accompagnato dalla moglie Trine e dalla figlia Frida – e anche molto orgoglioso. Sono un po’ sorpreso dai distacchi (Vingegaard ha chiuso con 2’23” su Adam Yates, ndr), anche se so di essere in buona condizione. Non so niente di quello che fa Tadej, mi concentro solo su di me. Ho ancora del lavoro in programma e penso di poter fare meglio. In ogni caso lo spero».

Nei giorni del Delfinato, Pogacar era a Sierra Nevada: qui sul Pico Veleta a 3.300 metri (foto Instagram)
Nei giorni del Delfinato, Pogacar era a Sierra Nevada: qui sul Pico Veleta a 3.300 metri (foto Instagram)

Corse e ritiri

Si corre il giusto per tirare fuori il meglio. Lo schema ormai è collaudato e ad esso tutti si attengono: anche il cocciuto Van der Poel si è piegato alla programmazione. E’ un percorso senza ritorno, qualunque sia la fonte del guadagno. C’è chi inventa e chi subito copia e le ricette raramente rimangono esclusive. E a questo punto, non puoi fare di testa tua e inseguire il risultato su tutti i fronti, quando i tuoi rivali diretti si concentrano per essere inattaccabili nell’evento più importante.

Gli unici che ancora resistono alla regola sono forse Pogacar ed Evenepoel. Il primo si è concesso due corse a tappe e la fantastica scorribanda al Nord. Il secondo avrebbe buttato via la primavera se avesse rinunciato alla Liegi, preparando il Giro.

La Jumbo Visma ha dato una prova di grande forza e mancano ancora Keldermann, Kuss e Van Aert
La Jumbo Visma ha dato una prova di grande forza e mancano ancora Keldermann, Kuss e Van Aert

Secondo messaggio a Pogacar

Vingegaard arriverà al Tour a capo di quattro gare a tappe: tre vinte (O Gran Camino, Paesi Baschi e il Delfinato) e una chiusa al terzo posto (la Parigi-Nizza, dietro Pogacar e Gaudu).

«Va sempre bene vincere il Delfinato – ha commentato il suo gregario Tjesi Benoot dopo la vittoria – serve per guadagnare fiducia al Tour. A questa squadra devono ancora unirsi i migliori scalatori e tutti sembrano essere in buona forma, Jonas in particolare. Non so se Pogacar abbia seguito la corsa, non so quanto guardi le gare. Ma la voce deve essergli arrivata di sicuro…».

Perso Steven Kruijswijk per caduta nel secondo giorno del Delfinato, la Jumbo Visma inserirà al suo posto Wilco Keldermann, poi Sepp Kuss in arrivo dal Giro e un certo Van Aert, che sta scaldando i motori al Giro di Svizzera.

Al Delfinato, Majka ha lavorato per Yates, secondo sul podio. Entrambi al Tour lavoreranno per Pogacar
Majka ha scortato Yates al secondo posto del Delfinato. Entrambi al Tour lavoreranno per Pogacar

Terzo messaggio a Pogacar

Pogacar invece è in altura che si allena e non si sa se per questo bisognerà averne più paura: ci sono squadre che nei ritiri riescono a cambiare marcia e la UAE Emirates è una di queste, al pari della Jumbo Visma. Ma lo sport è fatto di messaggi e dal Delfinato allo sloveno ne sono arrivati a raffica.

«E’ vero – ha detto Merijn Zeeman, uno dei direttori sportivi di Vingegaard, a L’Equipe – questa vittoria in un certo senso manda un messaggio. Qui al Delfinato c’era una concorrenza molto forte, ma tutti sanno che Pogacar è ancora su un altro livello. Sarei stato più preoccupato se Jonas non fosse riuscito a battere i suoi avversari, perché avrebbe significato che non è abbastanza forte per battere Pogacar. Entrambi questi ragazzi sono così forti che a volte sembrano un livello superiore agli altri».

Un mare di squali

Pogacar continua a sorridere, chiuso nella sua determinazione. In questa fase nuotano tutti sul fondo dell’Oceano, nessuno li vede: riemergeranno semmai per i campionati nazionali. Tutto intorno a loro il mondo tuttavia non è fermo. L’elenco degli iscritti si va componendo e fra i più attesi spiccano i nomi di Hindley, Landa, Uran e Carapaz, Pidcock e Bernal, Pinot e Gaudu e anche quello di Enric Mas. Nel ciclismo dei grandi duelli, alle spalle dei fenomeni ci sono sempre stati dei grandi corridori. E chissà che quest’anno uno di loro non trovi la crepa gusta per spaccarne la corazza.

Roglic e Meznar, l’amico ritrovato sul ciglio della strada

30.05.2023
5 min
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«Che dici, Matevz, andiamo a vedere Rogla?». E’ mattina presto a casa di Mitja Meznar e l’idea ha fatto capolino appena sveglio. Chiama il suo amico Matevz Sparovec e gli suggerisce di fare quel tratto di strada, lungo ma neanche poi tanto, per andare a vedere Primoz Roglic, nel suo assalto alla maglia rosa sull’aspra salita del Monte Lussari.

Mitja è un tifoso di Roglic, ma non come gli altri. Perché lui lo conosce, lo conosce bene. Erano nella stessa squadra nazionale junior di salto con gli sci, quella che proprio poco lontano da Tarvisio, sede della penultima tappa del Giro d’Italia, conquistò il titolo mondiale di categoria. Era il 2007 (foto di apertura).

Al bar, il Tour aspetta…

Roglic, non andò oltre quel trionfo: prima l’infortunio, poi le sirene del ciclismo. Mitja no, lui ha continuato: è approdato nella nazionale maggiore, è andato alle Olimpiadi di Vancouver nel 2010 e ha chiuso quinto a squadre e 29° nell’individuale. Ma le loro strade si erano forzatamente divise.

Eppure erano amici, addirittura compagni di stanza. «Primoz era un saltatore molto determinato – ricorda Meznar – ma lo faceva quasi come un dovere. Non era quella la sua passione. Quand’eravamo in ritiro estivo per preparare la stagione, al pomeriggio mi trascinava fuori dalla camera, prendevamo le bici e cercavamo il bar più vicino perché doveva guardare il Tour de France. E mentre eravamo lì, ecco che tirava giù esempi, regole, tattiche, vita di gruppo. Era un fiume in piena, un fiume di passione».

Il ricordo del 2020

Poi la vita li aveva un po’ separati. Solo un po’, perché i contatti non si sono mai persi: troppe esperienze condivise. L’occasione di ritrovarlo, anche se solo per il breve battito di ciglia del suo passaggio sulla strada, era troppo ghiotta. Qualche ora di macchina e poi via a cercare un posto buono, per sé e per Matevz.

I due si separano, un paio di centinaia di metri, ognuno cerca la prospettiva migliore per scattare le foto con il proprio smartphone. Primoz arriva, le prime notizie dicono che sta già recuperando quei 26” di ritardo da Thomas. Si avvicina, si avvicina sempre più. Poi si ferma, scende di bici e comincia a smanettare: «No – grida Mitja – non un’altra volta». Il pensiero è a quella maledetta cronometro del Tour 2020, quella che ha lasciato fantasmi nell’animo di Primoz non del tutto dissolti neanche dalla conquista di ben tre Vuelta consecutive.

Mitja comincia a correre e vede che nel frattempo un meccanico è sceso dalla moto e ha riassestato la bici dello sloveno della Jumbo Visma. Lo spinge, ma non ha poi gran vigoria. L’amico di un tempo si mette dietro e cambia marcia. Non c’è bisogno di parole, Mitja ha un fisico possente, che risalta ancor di più in televisione per l’abbigliamento rosso e nero. Roglic riprende velocità e il suo amico gli grida dietro: «Vaiiii!».

Meznar in azione. Due volte oro mondiale junior, è stato alle Olimpiadi 2010
Meznar in azione. Due volte oro mondiale junior, è stato alle Olimpiadi 2010

Una fortunata coincidenza

Il tamtam dei social impazzisce e procede ancora più veloce di Roglic e della sua cavalcata ricominciata, di quel divario con Thomas che progressivamente si riduce fino a invertirsi. Ci vogliono pochissimi minuti per identificarlo: «Non ci credo, è come vincere cinque volte la lotteria – sentenzia Jens Voigt, commentatore di Eurosport – neanche a volerlo si poteva scrivere una sceneggiatura migliore».

Il gesto di Mitja assume contorni epici proprio perché sembra quel prezzo che il destino paga per compensare i tormenti francesi di tre anni prima. Tutti si riversano sul suo profilo Facebook, richieste su richieste. Ma lui si schermisce.

«Avrebbe vinto lo stesso – dice – non ho fatto nulla di trascendentale. In quel momento non sono stato tanto a pensare, ho fatto quel che sentivo e che so avrebbe fatto anche lui, perché lo conosco bene.

Roglic davanti ai Fori Imperiali. Il Trofeo senza Fine finalmente è suo
Roglic davanti ai Fori Imperiali. Il Trofeo senza Fine finalmente è suo

Una birra per riparlarne

«Se mi ha riconosciuto? Non penso proprio – ammette Meznar, anche se Roglic lo ha riconosciuto e ne ha parlato dopo la tappa di Roma – in quel momento l’ho guardato negli occhi ed era in trance agonistica, completamente concentrato su quel che doveva fare. Primoz se ne sarà accorto molto dopo, gli avranno fatto rivedere le immagini e magari un giorno ne rideremo insieme davanti a una birra».

Ne hanno parlato e ne hanno riso, Mitja e Matevz tornando a casa, oltreconfine: «Avrei voluto esserci il giorno della sua incoronazione a Roma ma avevo altri impegni. Quel che conta è che Rogla l’ha fatto, ora quella brutta pagina è finalmente nella storia e non ci si pensa più».

Resta però l’incredibile storia di un incontro lontano da casa, di due strade che si tornano a incrociare nel momento più importante. Certe volte si diventa semplici strumenti del fato e Mitja lo è stato, per pochi, interminabili secondi.