Francia, l’autunno dei libri e la guerra dei chetoni

06.12.2021
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In Francia è l’autunno dei libri, per Demare e Alaphilippe. “Une annèe dans ma roue”, un anno alla mia ruota: è questo il titolo del libro scritto da Arnaud Demare con Mathieu Coureau, giornalista francese di Ouest-France. Una sorta di diario di bordo del velocista della Groupama-Fdj, per scoprire il dietro le quinte, le corse, gli obiettivi, la pressione, i pericoli, i momenti di gioia, i dubbi. E proprio i suoi dubbi hanno innescato qualche dibattito in Francia.

«Non tutti hanno le stesse restrizioni su alcuni prodotti come i chetoni – ha detto Demare, in apertura ai mondiali di Leuven vinti da Alaphilippe – faccio parte di una squadra che ha preso degli impegni, come altre. Ma il gruppo non è tutto come noi. Trovare qualcuno più forte fa parte del gioco. Ma in questa stagione, dalla Parigi–Nizza in poi, ho visto che stavamo correndo ad un ritmo davvero alto. In un solo anno le prestazioni hanno avuto una forte accelerata».

Mpcc e chetoni

Sembra di rileggere le dichiarazioni del suo team manager Marc Madiot negli anni in cui il ciclismo veniva scosso da problemi ben più gravi. Ma siccome è innegabile che da un paio d’anni a questa parte si vada davvero fortissimo e che i corridori abbiano dei regimi di allenamento e di vita atti a guadagnare ovunque si possa, il discorso merita di essere seguito. Soprattutto sul fronte dei chetoni, di cui abbiamo già scritto, l’Uci ha chiesto espressamente di non farne più uso.

Era stato proprio l’MPCC, il Movimento per il ciclismo credibile, a spingere per un pronunciamento. E alla fine, dopo aver aperto un’inchiesta, l’UCI ha spiegato che al momento non ci sono prove che i chetoni possano alterare le prestazioni, ma allo stesso tempo ha chiesto a scopo precauzionale ai corridori di non farne uso, almeno fino a quando le indagini non saranno concluse. Ciò che ha provocato l’indignazione del movimento francese è che alcune squadre, che in passato non hanno nascosto di servirsene, fra queste la Jumbo Visma, hanno annunciato che continueranno a farlo.

Dumoulin, qui durante il Tour de Dumoulin organizzato a ottobre, si è allontanato dall’Mpcc
Dumoulin, qui durante il Tour de Dumoulin organizzato a ottobre, si è allontanato dall’Mpcc

L’uscita di Dumoulin

Proprio la questione dei chetoni, ma anche lo svolgimento della Parigi-Nizza 2020 all’inizio della pandemia, aveva spinto Tom Dumoulin a lasciare il movimento in cui era entrato quando ancora correva con il Team Sunweb.

«Il dovere del movimento – aveva dichiarato all’olandese Wielerfits – è quello di proteggere la salute degli aderenti, ma la corsa si è comunque svolta durante la pandemia e questo non è stato un segno di coerenza con i principi stabiliti. Poi hanno inventato la storia secondo cui l’uso dei chetoni è molto pericoloso. Per cui, dato che il nostro team usa i chetoni, sarebbe ipocrita per me essere ancora un membro del MPCC. Queste due cose insieme mi hanno spinto a uscirne».

La risposta di Alaphilippe

Sul tema si è espresso anche Julian Alaphilippe, la cui Deceuninck-Quick Step non fa parte dell’MPCC al pari di altre 10 squadre WorldTour, e che ha a sua volta mandato nelle librerie un libro dal titolo “Julian Alaphilippe, il mio anno da campione del mondo” curato dal Jean Luc Gatellier, firma storica de L’Equipe .

«Ho visto che Arnaud ha pubblicato un libro – ha dichiarato – non l’ho letto, ma spero di farlo. I suoi dubbi? Certo, ci sono corridori nel gruppo che possono esprimerne, anche il pubblico in generale può averne. Ma finché sai cosa stai facendo, se sei tranquillo, problemi non ne hai. Io non ne ho. Anche se ci sono corridori più forti di me, che dominano, dal momento in cui inizi ad avere dubbi e pensi cose del genere, è inutile andare ad allenarsi…».

Loulou vuole Fiandre, Liegi e Lombardia. Si può fare Malaguti?

28.11.2021
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Julian Alaphilippe ha detto che ci sono tre corse che vorrebbe vincere più di altre: il Giro delle Fiandre, la Liegi-Bastogne-Liegi e il Giro di Lombardia. Tre monumenti che su carta sono alla portata del campione del mondo. Tuttavia se per la Liegi e il Lombardia non dovrebbero esserci problemi (ci è già andato vicino), nel ciclismo sempre più specializzato di oggi la corsa fiamminga potrebbe restargli un po’ fuori dai radar. Ultimamente infatti a vincerla sono corridori dal peso mediamente più elevato. Un dubbio simile non potevamo lasciarlo in sospeso e così abbiamo chiesto ad Alessandro Malaguti, preparatore giovane, che ha corso fino a pochi anni fa e che oggi ha un suo centro, Relab, a Forlì.

Fiandre, Liegi, Lombardia: una tripletta che è già stata compiuta. L’ultimo a riuscirci è stato Philippe Gilbert (e tanto è cambiato da allora) e prima ancora un certo Michele Bartoli. Cosa dovrebbe fare quindi l’asso della Deceuninck-Quick Step per realizzare questa impresa? Ma soprattutto: si può ancora fare?

Alessandro Malaguti, oggi è un preparatore atletico e lavora nel centro Relab, di cui è socio fondatore
Alessandro Malaguti, oggi è un preparatore atletico e lavora nel centro Relab, di cui è socio fondatore

Impresa possibile

Parola quindi a Malaguti: «Si può fare tutto! Abbiamo visto Wiggins, un pistard, vincere il Tour… Di sicuro è più facile che Alaphilippe possa vincere il Fiandre. Valverde la prima volta che l’ha fatto a 39 anni è entrato nei primi dieci, segno che se hai certe caratteristiche è una corsa che puoi conquistare.

«Corridori del genere sono “totali” e per certi aspetti è quasi facile allenarli, ma certo vanno gestiti. Alaphilippe può farcela: è veloce, ha il cambio di ritmo, è abbastanza forte a crono e sa guidare bene la bici. L’unico limite potrebbe essere il peso, perché in effetti è un po’ leggerino».

L’incredibile volata tra Alaphilippe e Pogacar all’ultima Liegi. La corsa andò allo sloveno chiaramente
L’incredibile volata tra Alaphilippe e Pogacar all’ultima Liegi. La corsa andò allo sloveno chiaramente

Guai a snaturarlo

Ed è qui che volevamo arrivare con Malaguti. Tra un Asgreen e un Alaphilippe ci sono 13 chili di differenza: 75 per il danese e 62 per il francese: non sono pochi. Oggi la specializzazione conta parecchio e anche se sei un fenomeno come “Loulou” poi devi fare i conti con i numeri.

«Vero – dice Malaguti –  la differenza di peso è reale, però Alaphilippe ha dimostrato di saper andare bene su queste corse. Oggi il livello è alto ma è anche molto equiparato. Dopo i 200 chilometri sono ancora 50-60 corridori che possono vincere la corsa. E in un Fiandre a 20 chilometri ce ne sono ancora 30. Questo per dire che sì serve essere specializzati, ma neanche andrei troppo a sconvolgere un atleta che è forte. Snaturare le sue caratteristiche sarebbe un errore.

«Detto questo, qualcosa di più specifico glielo farei fare, a cominciare dalla forza. Gli farei fare più forza pura, più palestra. Lavorerei sui massimali: grandi carichi con poche ripetizioni. E anche in bici più picchi di breve durata.

«Ma torniamo al discorso di prima: sono qualità che Alaphilippe già possiede. Pensiamo al mondiale: quando è scattato lui gli altri sembravano fermi. E anche il lavoro sul passo è buono. A Leuven nel finale andava via di 53×12 a 52-53 all’ora dopo aver superato il muro dei 250 chilometri».

Al Lombardia di quest’anno Julian è rimasto “incastrato” nella tattica di squadra con Masnada davanti…
Al Lombardia di quest’anno Julian è rimasto “incastrato” nella tattica di squadra con Masnada davanti…

Verso un lavoro di fino

Però un gap di una dozzina di chili rispetto agli specialisti non è poco. La differenza di watt si fa sentire e anche i rimbalzi sul pavè saranno di più presumibilmente.

«Un po’ mi viene da ridere quando sento parlare di watt puri – continua Malaguti – Vi faccio un esempio. Quando ero ancora pro’, fino al 2016, toccavo i 1.200 watt di picco. Adesso che ho smesso di correre ne ho fatti anche 1.300, solo che peso 15 chili di più! All’epoca ero molto più potente. E’ il rapporto potenza/peso che conta e quello di Alaphilippe è ottimo.

«Sì due chili in più potrebbero aiutarlo sul pavè ma poi c’è la Liegi dietro l’angolo… e lì pesano».

Loulou in ricognizione sul pavè del Fiandre. Anche ogni dettaglio tecnico per lui che è al limite col peso potrebbe fare la differenza
Loulou in ricognizione sul pavè del Fiandre. Anche ogni dettaglio tecnico per lui che è al limite col peso potrebbe fare la differenza

Attenzione alla forza

«Se invece Alaphilippe – conclude Malaguti – questa sua tripletta vuole realizzarla in anni differenti, allora quei due chili ci stanno bene. Gli farebbero comodo soprattutto pensando al lavoro in palestra. Io gli farei fare un lavoro per fargli mettere massa, massa magra… alzandogli così i picchi di forza. Ma, ripeto, se lo allenassi io non lo stravolgerei».

«Proverei a fare qualcosa per il pavé. Magari cercherei qualche soluzione tecnica ulteriore con l’aiuto di Specialized, rivedrei qualche posizione, ipotizzerei qualche gara di ciclocross o mtb, più che altro per prendere confidenza con gli altri terreni, perché saper dove e come mettere le ruote in quelle corse significa risparmiare tante energie. E poi non dimentichiamo che è nella squadra ideale per poter tentare questa sfida.

«Se mi aveste chiesto della Roubaix sarei stato più incerto, perché lì in effetti il peso è davvero importante».

Alé sogni di gloria: europeo, mondiale e Roubaix in 21 giorni

16.10.2021
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Prima Colbrelli, a Trento con l’europeo. Poi è toccato a Julian Alaphilippe a Leuven conquistare per la seconda volta consecutiva l’iride mondiale. La settimana successiva sulle pietre e nel fango di Roubaix ci ha pensato ancora Sonny Colbrelli a chiudere tre settimane (sì, tutto in appena tre settimane!) davvero esaltanti per Alé.

Il brand d’abbigliamento veronese specializzato nella produzione di capi specifici per il ciclismo ha così “raccolto” in appena 21 giorni un’impressionante sequenza di vittorie prestigiose. E l’occasione è stata propizia per mettere letteralmente sotto i riflettori le valenze ed i dettagli della collezione top di gamma PR-S…

Alé veste la nazionale francese dal 2014, con loro i transalpini hanno conquistato due mondiali pro’ su strada, entrambi con Alaphilippe
Alé veste la nazionale francese dal 2014

Dai pro’, per tutti

Abbiamo colto l’occasione di scambiare qualche battuta con Alessia Piccolo, che di Alé è il direttore generale, così da approfondire ulteriormente il significato di queste vittorie. La chiacchierata ci è stata utile anche per capire meglio quanto e come il rapporto con alcuni dei corridori professionisti di vertice possa poi rappresentare un vero e proprio “capitale” da trasferire ai capi e alle collezioni riservate al mondo degli amatori.

Allora Alessia, partiamo dal rapporto con la Federazione francese…

Un legame del quale siamo davvero felici ed orgogliosi! Siamo dal 2014 il fornitore ufficiale dell’abbigliamento per tutte le nazionali transalpine: dalla strada alla pista, dal cross alla Mtb. E lo saremo ancora a lungo, considerando che il nostro contratto scadrà nell’anno olimpico 2024. Tra l’altro le Olimpiadi che si svolgeranno a Parigi…

Alé continuerà a vestire la nazionale francese fino alla prossima Olimpiade, quella di Parigi 2024
Alé continuerà a vestire la nazionale francese fino alla prossima Olimpiade, quella di Parigi 2024
Com’è gestire un partner dello spessore di una Federazione? E non certo una qualsiasi…

La collaborazione con la FFC (Fédération Francaise de Cyclisme) ci aiuta tantissimo. In modo particolare lavoriamo tantissimo per quanto riguarda lo sviluppo dei body, per la pista ma non solo. Il nostro è un lavoro principalmente focalizzato sullo sviluppo dei materiali e sull’aerodinamica. E da questo punto di vista non vi nascondo che la Federazione Francese è davvero molto, molto avanti.

A Leuven il bis di Alaphilippe

«Per la Francia in generale e per Alaphilippe in particolare – prosegue Piccolo – vi confesso che abbiamo sempre avuto un debole. Julian ha corso i due mondiali, quello di Imola 2020 e quello di quest’anno, indossando il nostro completo top di gamma della collezione PR-S (Pro Race System). Gli stessi identici capi che qualsiasi amatore può vestire ed utilizzare sulla propria bici e questo è per noi un passaggio fondamentale. La stessa qualità che offriamo ai pro la vogliamo riservare ai nostri clienti: senza nessun compromesso!».

La proverbiale vestibilità della gamma deriva da un approfondito studio della posizione del ciclista in corsa. Grazie al body mapping è possibile studiare approfonditamente molti dettagli: l’analisi dell’aerodinamica, quella del comfort, della ventilazione.

«Con l’adozione di tagli ridotti all’essenziale ricorrendo poi a cuciture piatte – spiega – possiamo offrire a chiunque una maglia e un pantaloncino curato in ogni minimo dettaglio. Non a caso la nostra maglia Alé x l’Equipe de France è disponibile in versione replica presso i migliori e-tailer e negozi di ciclismo».

Alé veste la Bahrain Victorius del campione europeo Sonny Colbrelli, che ha conquistato anche la Parigi-Roubaix
Alé veste la Bahrain Victorius di Sonny Colbrelli, che ha conquistato anche la Roubaix

Dopo il mondiale, ancora Colbrelli

Dopo 22 anni un italiano è tornato a trionfare sulle pietre dell’Inferno del Nord e lo ha fatto vestito da Alè. «In teoria con una tripla maglia – sorride orgogliosa Piccolo – quella di campione italiano, quella di campione europeo e poi quella di club: il team Bahrain-Victorious del quale siamo partner. Sonny, che alla Roubaix oltre alla linea PR-S ha esaltato la nostra collezione Klimatik, ideale per i primi freddi, ma al tempo stesso altamente traspirante, è arrivato sul traguardo interamente coperto di fango con un unico logo visibile: quello Alé presente sul palmo dei guantini alzati in segno di vittoria!».

Alé Cycling

Lombardia, finale inedito con Masnada… al volante

07.10.2021
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La 115ª edizione del Giro di Lombardia vivrà una delle sue fasi calde nello scenario delle mura veneziane di Bergamo Alta, che dal 9 luglio 2017 sono Patrimonio Unesco e che per la prima volta dalla nomina tornano protagoniste di una corsa. Qui, sullo strappo di 1,6 chilometri che terminerà ai 3,5 dall’arrivo, chi avrà gambe, coraggio e astuzia potrà tentare il colpo di mano.

Strettoia e ciotoli

La salita inizia dalla strettoia che sfiora la chiesa parrocchiale del quartiere Valverde (omonimia da sottolineare, chissà…) nella quale bisognerà passare in buona posizione, se il gruppo sarà ancora folto. Pochi metri, ma importanti. Così come restare davanti nel tratto centrale di acciottolato, di 200 metri, per assicurarsi il corridoio di destra, lastricato, senza sconnessioni. Poi la “esse” che porta nel drizzone della Boccola (la via che porta nel cuore del centro storico), che è tutto un crescendo di pendenza, fino al sottopasso che sbuca in Colle Aperto.

Trampolino e picchiata

Si respira 50 metri, poi il tranello. Un trampolino di 100 metri che sembra tuffarsi nella città bassa e sull’aeroporto di Orio al Serio, da cui potrebbe decollare chi avrà un briciolo di freschezza, rilanciando e gettandosi giù dalle Mura. Picchiata velocissima fino al traguardo di via Roma: c’è solo da “pinzare” secco per passare da Porta di S.Agostino, a 1.800 metri dall’arrivo.

Ultimo arrivo così: 15ª tappa del Giro 2017, vinse Bob Jungels in volata ristretta. Quando il Giro o il Lombardia affronta questo finale, nessuno è mai riuscito a staccare tutti, ma quest’anno si arriva con 4.500 metri di dislivello nelle gambe e 239 chilometro di acido lattico schiumante. Perché dopo la mitica ascesa del Ghisallo e una cinquantina di chilometri di relax, ci saranno da scalare cinque salite bergamasche in 115 chilometri: Roncola, Berbenno, Dossena, Passo Zambla e Passo Ganda.

A casa di Masnada

Salite di cui Fausto Masnada conosce ogni metro e ogni buca, lui che è di Laxolo, frazione di Val Brembilla a due passi dal Berbenno.

«Passerò davanti alla porta di casa – spiega il corridore della Deceuninck-Quick Step – sono strade che farei a occhi chiusi».

La Roncola è una salita dura, ma lontana dall’arrivo. Il Berbenno si fa in scioltezza, a Dossena qualcuno potrebbe tentare un attacco da lontano, mentre l’arrivo a Zambla è più panoramico che complicato.

«La gara si farà sul Passo Ganda – rivela Masnada – una salita vera. Anche le altre lo sono, ma quella è vicina al traguardo ed è la più dura».

Sono 9,2 chilometri al 7,3 per cento che faranno male. Dopo i primi chilometri secchi, la salita diventa pedalabile, ma è negli ultimi due chilometri che si affrontano le pendenze più severe. Ma non è finita.

«Bisognerà stare attenti nel tratto tra il passo e l’inizio della discesa di Selvino – spiega Masnada – c’è un saliscendi dove se lasci una decina di secondi, poi fai fatica a cucire il buco».

Il Lombardia del 2020 fu vinto da Fuglsang su Bennett e Vlasov
Il Lombardia del 2020 fu vinto da Fuglsang su Bennett e Vlasov

Tutti contro Alaphilippe

Anche perché la discesa di Selvino si snoda in 19 tornanti tutti da “rilanciare”. Dal termine della discesa all’inizio dello strappo di Bergamo Alta c’è una decina di chilometri con pendenza favorevole.

«E’ un percorso selettivo – chiude Masnada – e tutti correranno contro di noi che abbiamo Alaphilippe (i due sono insieme nella foto di apertura alla Milano-Torino, ndr). Io sto bene, spero di avere la gamba buona e sento già l’emozione di correre in casa: quando c’è un tifo come quello della Boccola, non senti nemmeno la fatica». 

Da quando le mura veneziane che cingono Città Alta (come i bergamaschi chiamano quello che si può definire il vero centro storico della città) sono state nominate Patrimonio Unesco – era il 9 luglio 2017 – nessuna corsa ciclistica è più passata da qui.

Un altro anno con l’iride in casa: Tegner, come si gestisce?

04.10.2021
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Che cosa significa per una squadra, la Deceuninck-Quick Step in questo caso, aver avuto in casa il campione del mondo? E che cosa significa averlo di nuovo? In questo mondo fuori dal mondo, in cui i team non percepiscono diritti televisivi o ricavi da biglietti e gli sponsor investono cifre importanti senza alcun ritorno certificabile, fare un tuffo nel marketing di una squadra può offrire spunti nuovi. E se il responsabile di queste strategie è per giunta un amico, Alessandro Tegner, conosciuto vent’anni fa quando curava la comunicazione della Mapei e ora titolare anche di AT Communication, il viaggio finisce col trasformarsi in una lunga immersione.

«Quando hai il campione del mondo – dice Tegner, in apertura con Davide Bramati – la percezione della squadra è diversa, perché quella maglia catalizza l’attenzione. In più Julian (Alaphilippe, ndr) è un generoso e questo piace alla gente. Ma è anche un campione che deve restare concentrato, per cui cerchiamo di stressarlo il meno possibile. Pochi eventi, tre cose importanti all’anno perché possa fare bene il suo lavoro. E tutto intorno c’è invece il nostro…».

Tour 2019, Alaphilippe ancora in maglia gialla. Lefevere con lui in conferenza stampa
Tour 2019, Alaphilippe ancora in maglia gialla. Lefevere con lui in conferenza stampa
Ecco, bravo… Che lavoro fai?

Bella domanda, me lo chiedo anche io. Tanto marketing, supervisione della comunicazione e relazione con gli sponsor. E’ tutto interconnesso. I partner sono interessati alle attivazioni possibili, per cui si cerca di creare contatto fra lo sponsor e l’attività di marketing. Poi c’è Wolfpack, che è iniziato come una cosa fra noi e invece sta diventano un marchio che ci rende riconoscibili.

In Belgio il ciclismo è super popolare. E’ anche ambito dalle aziende?

Le aziende scelgono e usano la squadra per le loro campagne. Ma alle spalle, c’è un lavoro di preparazione da parte nostra perché la squadra possa diventare un traino per chi ci investe. C’è un marketing rivolto agli sponsor con asset realizzati su misura e poi c’è il marketing della squadra.

Ti ha aiutato aver lavorato prima a contatto con la stampa?

Quelli della mia età nelle squadre hanno acquisito un’infarinatura totale. Abbiamo vissuto il passaggio da analogico a digitale e la trasformazione dei team in aziende. Dal 2006 al 2014 seguivo anche le pubbliche relazioni per gli sponsor alle corse, creando campagne per valorizzare la squadra. Così ho capito come funzionava il meccansimo.

Tegner è passato dal ruolo di addetto stampa a quello di responsabile marketing
Tegner è passato dal ruolo di addetto stampa a quello di responsabile marketing
Ti intendi bene con Patrick Lefevere?

Come tutti i leader di carisma, lascia molta autonomia, ma in cambio ovviamente pretende risultati. Ci sentiamo quotidianamente. Quando arrivai in questo gruppo con Bettini, Guercilena, Bramati e pochi altri, non scommettevo che sarei durato sei mesi. Era una sfida. Invece fra poco festeggerò i 20 anni. L’esperienza Mapei e quegli anni di sperimentazione di come si potesse inquadrare una squadra come un’azienda, si sono rivelati preziosissimi.

E intanto hai persino imparato a parlare il fiammingo…

Mi piacciono le lingue. In squadra usiamo l’inglese, perché Patrick ha sempre voluto mantenere un tasso di internazionalità. Con lui parlo sempre in italiano. Ma capire una conversazione in fiammingo, con il meccanico o con lo sponsor, è un modo importante per entrare nel loro tessuto sociale. Creare sintonie e sinergie è da sempre il mio credo.

Belgio e Italia.

Belgio e Veneto. Trovo affinità fra le due culture del lavoro. Il tessuto economico della Silicon Valley del Belgio – fra Gand, Courtrai e Bruges – fa pensare a quello dell’area di Conegliano e Montebelluna, dove vivo. Dove la cultura del lavoro è ancora importante.

Lefevere è molto attivo nella cura degli sponsor e nelle fasi di rappresentanza. Qui è con Zdenek Bakala, proprietario del team
Lefevere qui con Zdenek Bakala, proprietario del team
Torniamo al campione del mondo.

Quest’anno ha vinto quattro corse. Una tappa alla Tirreno. La Freccia Vallone. La prima tappa del Tour con la maglia gialla. Il mondiale. Però si piazzato anche 14 volte nei primi cinque. Lo abbiamo lasciato correre libero, sapendo quanto pesi quella maglia e l’anno prossimo sarà lo stesso. Gli sponsor capiscono. Faremo le nostre sessioni di foto a gennaio e febbraio e poi lo lasceremo in pace.

Basta davvero così?

Cerchiamo di razionalizzare la promozione che lo riguarda. In più, tolti gli spazi fissi, gli chiediamo delle finestre in cui poter eventualmente fare qualcosa. A dicembre si fanno i programmi delle corse e quelli delle attività collaterali. Dopo la Liegi ad esempio facemmo due attività di marketing importantissime con Lidl e a casa di Julian con installazioni dei nostri sponsor. E poi altre due durante l’anno.

Julian si presta sempre?

Lui è come lo vedete. E’ così legato a questa squadra, che quando tagliò il traguardo della tappa del Tour, andò da Patrick e gli chiese se fosse contento.

Con la vittoria di Leuven, inizia il secondo ano da iridato di Alaphilippe
Con la vittoria di Leuven, inizia il secondo ano da iridato di Alaphilippe
La squadra ha lasciato andare parecchi corridori allettati da offerte superiori. C’è mai stato il rischio di perdere Alaphilippe?

Nel ciclismo di oggi, chi ha Pogacar, Roglic, Van der Poel, Van Aert e Alaphilippe difficilmente se li lascia scappare. Lui in più è anche personaggio, sa coinvolgere, viene facile tenerselo legato. E’ una grande ispirazione per gli sponsor, non si scelgono i corridori solo per il numero delle vittorie. Ha con tutti noi e con lo stesso Lefevere un rapporto bellissimo.

Hai la tua agenzia, sei un pezzo importante della squadra, cosa manca ad Alessandro Tegner?

Se devo dirvi la verità, mi manca il rapporto coi giornalisti, che negli anni mi ha permesso di avere con alcuni di loro delle relazioni umane importanti. Ma faccio un lavoro bellissimo. Sono fiero della mia AT Communication e dei miei collaboratori. Ci vediamo sabato al Lombardia. La stagione non è ancora finita e già quasi si pensa a come ricominciare.

Alaphilippe a Leuven, Specialized dalla testa ai piedi

01.10.2021
3 min
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Un vecchio detto pronunciava “a buon cavallo non manca il cavaliere”. A domare la Tarmac SL7 a dir la verità c’era più un moschettiere, il suo nome Julian Alphilippe. Una doppietta centrata in simbiosi con Specialized ed il suo modello di punta che anche quest’anno ha supportato il francese nella sua prestigiosa vittoria. Sulle strade belghe di Leuven, esclusivamente per la gara, Loulou ha abbandonato l’iride sia nel vestiario sia nei colori della bici che lo hanno accompagnato per un anno. Completamente nera la sua Sl7 era li pronta a sostenere il campione nei suoi attacchi violenti all’insegna dei watt. Un bianco e nero durato per 6 ore, fino a quando il transalpino non ha deciso che fosse il momento di rimettere i colori dell’arcobaleno indosso e sul proprio gioiello a due ruote a suon di scatti e colpi di pedale. 

In controtendenza, Alaphilippe ha usato a Leuven copertoncini Turbo Cotton da 26mm
In controtendenza, Alaphilippe ha usato a Leuven copertoncini Turbo Cotton da 26mm

Tarmac SL7

Difficile trovare un modello più vincente di questo, se poi la vittoria al mondiale è consecutiva di certo non si può affidare al caso. La casa californiana con la Sl7 ha realizzato il modello più veloce e reattivo di sempre di sua produzione. Con un profilo aero e un peso ai limiti del regolamento è riuscita a creare un prodotto che rasenta la perfezione sotto ogni aspetto. Una bici senza compromessi che ottimizza le performance su ogni ambito, salita o discesa che sia. Un vero e proprio missile con una guidabilità definibile telepatica, così reattiva da sembrare che legga la mente. Caratteristiche che messe al servizio del campione del mondo non hanno lasciato speranze agli avversari. 

Le vittorie di Specialized 

Specialized rivendica un’altra piccola vittoria parallela a quella di Alaphilippe, cioè l’utilizzo dei copertoncini Turbo Cotton da 26 mm. Dimostrando che nell’era recente dove il tubolare la fa da padrona gli pneumatici lanciati dalla casa americana sono i più veloci al mondo per la gara. Un altro vanto sono le ruote Roval Rapide in carbonio, veloci rapide e resistenti combinate con i copertoncini contengono di molto il peso e sono garanzia di reattività e scorrevolezza. 

La bici ha mostrato grande guidabilità e precisione anche nei rilanci sul percorso di Leuven
La bici ha mostrato grande guidabilità e precisione anche nei rilanci sul percorso di Leuven

Ergononomia assoluta 

Ad accompagnare la conquista dell’iride, oltre al casco S-works Evade, Julian si è affidato all’attrezzatura Body Geometry. La sella S-Works Romin EVO la più performante della gamma, ideata per proteggere le parti vitali e la pressione sui tessuti molli, da indolenzimento e problemi posturali. Le scarpe S-Works Ares in grado di supportare la massima potenza espressa e trasferirla sulla trasmissione. Il tutto a creare un mix perfetto tra tecnologia, innovazione e performance firmato Specialized che ha permesso il bis mondiale a Julian Alaphilippe. 

Alaphilippe, il giorno dopo: il figlio e la morte del padre

29.09.2021
5 min
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«Farei vacanze più lunghe – diceva Alaphilippe – mi piace accontentare tutti, ma questa volta vorrei più tempo per me, perché ti rendi conto che un anno passa in fretta. Soprattutto, vorrei essere come prima. Ma quando hai la maglia, non è facile. Il telefono squilla sempre. Fin dal primo ritiro le richieste sono tante. Eppure, con questa pandemia, molti obblighi sono caduti nel dimenticatoio. Quello che mi ha reso più orgoglioso è aver dato felicità alle persone, ma questo mi ha tolto molta energia. Quindi se Van Aert o qualcun altro vince, gli dirò: divertiti! Divertiti!».

Al via del mondiale da Anversa, parlava già al passato come se avesse perso la maglia
Al via del mondiale da Anversa, parlava già al passato come se avesse perso la maglia

Ancora incredulo

Con queste parole alla vigilia del mondiale, Julian Alaphilippe rispondeva alla domanda su cosa avrebbe fatto qualora avesse rivinto il mondiale. E ora che la profezia si è avverata e che tutto ricomincia da capo, dal telefono che squilla alle richieste di media e sponsor, che cosa sta facendo il campione del mondo?

«Ancora non me ne rendo conto – ha detto a L’Equipeho letto i giornali il lunedì mattina ho pianto. La fatica, l’emozione. Questo sogno l’ho tenuto nella parte posteriore della mia testa, ero quasi sollevato di lasciare la maglia. Questo è molto strano…».

Maledizione ed errori

Che la maglia iridata sia un peso lo aveva detto subito, nella conferenza stampa dopo la vittoria. Eppure rendersi conto che perderla sarebbe stato quasi un sollievo lo ha sconcertato. Quasi avesse a suo modo dato una definizione della celebre maledizione della maglia iridata.

«Ho fatto di tutto – dice – per vincere. Per me e per i miei compagni, ma se l’avessi persa sarebbe stato più un sollievo che una delusione. Per un anno sono stato così desideroso di onorarla in ogni gara, che ho aggiunto pressione a me stesso, inconsciamente. E questo mi ha fatto commettere piccoli errori. Sono convinto che quella stessa tappa del Tour of Britain (persa da Van Aert a Great Orme, ndr) senza la maglia l’avrei sicuramente vinta. Ci ho pensato, ho analizzato i miei errori, le mie sconfitte».

Van Aert scricchiolava

E intanto, come nel frullare dei pensieri, la ricostruzione della corsa si intreccia con la nuova quotidianità. E il pensiero torna a quel primo scatto, seguito subito da Colbrelli, ma non da Van Aert.

«Mi ero accorto che Van Aert non sembrava brillantissimo – dice – ma non ho voluto crederci subito. Voleva fare lui il ritmo, voleva attutire gli attacchi e sul primo scatto non è rientrato così facilmente. In quel momento tutti avevano le gambe doloranti, ma io dovevo attaccare. E mi sono davvero divertito, ho corso d’istinto come quando non indossavo la maglia iridata. Non ho corso come se fosse un mondiale, dove aspetti fino all’ultimo momento. Non era il mio ruolo, volevo attaccare, provare, renderlo più duro possibile in modo che Senechal arrivasse bene allo sprint. Ma quando ho visto che eravamo agli ultimi due giri, ci ho creduto sempre di più».

Il limite del dolore

Che cosa passa per la testa di un uomo che si spinge oltre il limite del dolore? E quelle smorfie in favore di telecamera sono l’insegnamento di Voeckler (celebre per le sue facce) oppure il segno del limite alle porte?

«In quel momento ero vicino al punto di rottura, è terribile, ma è così che costruiamo le grandi vittorie. Avevo già attaccato più volte, ma nell’ultima ho messo tutto. Ho affrontato le curve il più velocemente possibile, ho cercato di prendere velocità ad ogni ripartenza, ero concentrato per essere il più efficiente, ma mi facevano male le gambe. Queste sono gare in cui deve piacere farti del male, devi essere un po’ masochista. Ho avuto dubbi fino agli ultimi due chilometri, sapevo che non erano lontani. Ma non mi sono fatto domande, ero concentrato sul mio sforzo. Ho pensato molto al mio bambino, mi ha dato molta forza ed è stato un grande momento. E’ stata un’emozione completamente diversa dall’anno scorso».

Il figlio Nino è nato il 14 giugno ed è diventato la sua ispirazione (foto Instagram)
Il figlio Nino è nato il 14 giugno ed è diventato la sua ispirazione (foto Instagram)

Le prove della vita

Il discorso si fa intimo. Questa volta la nascita del figlio, l’anno scorso la morte del padre dopo una lunga malattia. Quasi che la vita si diverta a metterlo alla prova e lui risponda ogni volta con la bici: il suo vero modo di comunicare.

«Io sono così, non mi piace parlare della mia vita privata – ammette – ma ha spesso scandito la mia carriera, con tanti alti e bassi. Ho sempre saputo riprendermi, mi sono temprato, ho sempre avuto questa rabbia dentro. Farmi male sulla bici per dare il meglio di me. La rabbia l’anno scorso l’ho presa dalla tristezza e forse quest’anno l’ho presa dalla gioia. Devi saper usare tutto questo. Avevo fame, ero motivato, ero pronto».

Sorpresa? Non tanto, il profumo del bis era nell’aria

27.09.2021
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E’ notte fonda quando il telefono squilla e Davide Bramati riemerge da una cena con gli altri tecnici della Deceuninck-Quick Step. Erano anche loro a Leuven e hanno brindato alla vittoria iridata di Alaphilippe (in apertura con la compagna Marion Rousse) e alle prestazioni più che soddisfacenti del resto dei corridori. La squadra belga aveva il record dei convocati al mondiale, con 13 elementi. Al punto che nel gruppo che si è giocato la corsa, trasversalmente alle varie nazionali ma con lo stesso casco e le stesse bici, si riconoscevano Evenepoel, Bagioli, Senechal, Alaphilippe e Stybar. Ma il focus questa volta è soltanto sul francese che si è portato a casa il bis iridato in due anni.

Bis iridato: sul traguardo ha avuto la ricompensa per i tanti piazzamenti del 2021
Bis iridato: sul traguardo ha avuto la ricompensa per i tanti piazzamenti del 2021
Davide, pensavi avesse questa condizione?

Di sicuro al Tour of Britain aveva fatto vedere di avere una grande condizione, trovando però un Van Aert stellare che l’ha battuto in due scontri diretti. Secondo me però si trattava solo di trovare serenità, perché come ha detto anche lui quella maglia è un bel peso da portare.

Magari non è per caso che ha vinto indossandone un’altra…

E’ stato un grandissimo mondiale. Bello per il pubblico e bello per le medie subito alte. E lui ci ha messo sopra il tocco di classe. La Francia lo voleva e ha corso per prenderlo.

Pensavi che Julian potesse fare un numero del genere?

Visto il percorso e conoscendo le sue caratteristiche, una mezza idea mi era venuta. Magari non pensavo che si facesse fuori un giro e mezzo. Nella mia testa lo avrei visto fare come Baroncini, con un attacco sul penultimo muro. Ma Julian sa valutare gli avversari e deve essersi reso conto che erano in pochi davanti. E per evitare che lo anticipassero, è partito da solo.

Quasi un milione e mezzo di spettatori lungo il percorso di Leuven
Quasi un milione e mezzo di spettatori lungo il percorso di Leuven
Pesa più la vittoria di Leuven o quella di Imola 2020?

L’anno scorso fece un grande numero. Quest’anno dopo il campionato italiano l’ho detto ai ragazzi, avendo seguito la corsa dietro Masnada, praticamente lungo lo stesso percorso. Rivedendo le strade mi sono reso conto dell’impresa. Ma anche questa volta è stato da incorniciare, due grandissime azioni.

Credi che davvero la maglia iridata gli sia pesata?

Lo hanno sempre detto tutti. Pesa, tutti la vogliono e tutti vogliono batterti. Lui ha continuato a cercare le vittorie nel solito modo e sono venute una grandissima Freccia Vallone e il numero e la maglia gialla del Tour. Però ha speso di più e magari in alcune occasioni ha trovato qualcuno più fresco. Così, più che le vittorie ha contato i secondi posti. Bè, credo che questa volta si sia ripagato alla grande.

Dici che rischiava di sviluppare il complesso di Van Aert e Van der Poel che lo hanno spesso messo in mezzo?

Non credo. Ha vinto tre grandi corse e magari ne sarebbero bastate altre tre per avere una stagione eccezionale. Invece è arrivato per circa 25 volte fra i primi dieci. Con sei successi all’attivo, adesso parleremmo di altro.

Sul traguardo di Great Orme al Tour of Britain, era stato battuto da un super Van Aert
Sul traguardo di Great Orme al Tour of Britain, era stato battuto da un super Van Aert
Cassani lo ha paragonato al miglior Bettini…

Vero, me lo ha ricordato. Ha cercato sin da subito di fare la selezione nel tratto in pavé, poi ha attaccato sullo strappo in asfalto. Credo che a vederlo si siano divertiti davvero tutti, come succedeva con Paolo. E anche il Betto fece il bis di mondiali.

Due parole per altri tuoi ragazzi: Remco, ad esempio…

Ha fatto una bellissima corsa, stando al vento dal chilometro 20 fino al 250. Penso che chiunque nei giorni scorsi abbia detto che avrebbe corso per sé, dopo il mondiale avrà un’altra idea. Non è da tutti riuscire a fare il grande lavoro fatto da Evenepoel.

E Bagioli?

Anche Andrea ha fatto un grandissimo mondiale, dopo aver fatto un bell’europeo a Trento, sempre tirando. E’ entrato in un’azione importante, credo che ne sentiremo parlare a lungo. Anche lui ha appena 22 anni…

Nizzolo Gran Bretagna 2021

Nizzolo: «Attento Sonny, ho visto i tuoi rivali…»

18.09.2021
4 min
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Facciamo un salto indietro: mentre a Trento ci si giocava il titolo europeo, molti altri big erano a battagliare al Giro di Gran Bretagna, compreso il campione uscente Giacomo Nizzolo. I due eventi sono paralleli non solo dal punto di vista temporale, perché entrambi erano chiamati a dare indicazioni anche per gli imminenti Mondiali di Leuven. E se dalle nostre parti si festeggiava per l’impresa di Sonny Colbrelli, in terra albionica i segnali arrivati in chiave mondiale sono molto netti.

Considerando il percorso trentino, Giacomo Nizzolo aveva scelto, d’accordo con il cittì Davide Cassani di non difendere la propria maglia di campione europeo e andare in Gran Bretagna per affinare la gamba in vista del Mondiale, con un percorso a lui più adatto e dove potrà essere un’ottima scelta tattica alternativa. Nella gara di ben 8 tappe, il portacolori della Qhubeka ha potuto anche misurare lo stato di forma di altri favoriti per la gara di Leuven, coloro che a Trento non c’erano, per avere un quadro più completo della situazione.

Nizzolo Warrington 2021
La volata della tappa di Warrington con Hayter che beffa Nizzolo. Per lui un 2° posto soddisfacente
Nizzolo Warrington 2021
La volata della tappa di Warrington con Hayter che beffa Nizzolo. Per lui un 2° posto soddisfacente
Come ti sei trovato in quella settimana?

Molto bene, a conti fatti è stata la scelta giusta, ho potuto allenarmi per migliorare ancora la mia condizione, anche se non ho vinto non sono deluso, anzi dopo la seconda piazza a Warrington abbiamo deciso insieme con la squadra di non gareggiare nelle ultime due tappe per poter preparare la successiva trasferta in Belgio nelle corse di preparazione al Mondiale.

Che tipo di gara era?

Una corsa a tappe davvero impegnativa, con pendenze importanti, molte salite, percorsi sempre mossi tanto è vero che di volate vere e proprie ce n’è stata una sola. Era l’ideale per far fatica, nel vero senso della parola. Noi sulla carta dovevamo correre per Simon Clarke e consentirgli di far classifica, ma la caduta nella cronosquadre del terzo giorno ha compromesso tutto. Una gara molto bella, ho potuto apprezzare anche il suo disegno, fuori dalle grandi città, sempre in spazi ampi, su stradine strette, in mezzo alla natura.

Giro Bretagna 2021
Il podio finale del Giro di Gran Bretagna, vinto da Van Aert davanti a Hayter (a sinistra) e Alaphilippe
Giro Bretagna 2021
Il Giro di Gran Bretagna è andato a Van Aert, terzo Alaphilippe: ora sfida diretta a Leuven
Considerando che nella corsa britannica c’erano tutti i grandi assenti di Trento, hai avuto un palcoscenico privilegiato per capire chi ci troveremo di fronte. Partiamo dal grande favorito di Leuven, Wout Van Aert…

Arriva alla gara di casa nella forma migliore, questo è sicuro e ha soprattutto una fame pazzesca. In Gran Bretagna ha ribaltato la situazione nel weekend finale, si è dimostrato una spanna sopra gli altri, sempre in controllo. Chi pensava che si sarebbe nascosto è stato smentito dai fatti, ha voluto dimostrare apertamente che in Belgio bisognerà fare i conti con lui e che è stanco dei secondi posti. Per me sarà difficile batterlo.

Il campione uscente Alaphilippe come lo hai visto?

Ha chiuso terzo a 27”, è certamente molto brillante e arriva anche lui alla gara iridata nella forma che voleva, anche se lo vedo un gradino sotto a Van Aert proprio dal punto di vista della condizione fisica. D’altronde Julian è molto conosciuto per essere una sorta di variabile impazzita, sa come Van Aert vorrà che vada la corsa e farà di tutto per scombinargli i piani.

Nizzolo Barbero 2021
Nizzolo con Carlos Barbero saluta nell’ultima gara con indosso la maglia di campione europeo
Nizzolo Barbero 2021
Nizzolo con Carlos Barbero saluta nell’ultima gara con indosso la maglia di campione europeo
La Gran Bretagna ha detto di avere Pidcock come capitano, eppure c’è Ethan Hayter che continua a mostrare una condizione straordinaria di ritorno da Tokyo, ha rischiato di vincere un’altra corsa a tappe…

Non è una sorpresa, chi lo considera solo un velocista sbaglia. Hayter è uno che sugli strappi brevi va forte, tiene i ritmi degli specialisti, ma considerando le caratteristiche dei due e soprattutto quelle del percorso credo che i tecnici britannici bene abbiano fatto a puntare su Pidcock, anche se sicuramente Hayter è un outsider da tenere in dovuta considerazione.

E Nizzolo come arriva al Mondiale?

Nella forma giusta per affrontare una bella sfida e svolgere i compiti che mi verranno dati. Io dovrò rimanere nel gruppo principale, se la corsa si metterà in un certo modo per una volata abbastanza affollata io dovrò esserci, certamente non starà a me andare in fuga. L’importante è che arrivo a Leuven come volevo io.