Guarnieri e Demare in Polonia. Intanto Kooij scappa

30.07.2022
6 min
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Il Tour de Pologne rappresenta la prima corsa dove si ricompone il duo, ormai indissolubile, della Groupama FDJ: Jacopo Guarnieri e Arnaud Demare. Rispettivamente ultimo uomo e velocista del team francese. I due guardano ai prossimi impegni con curiosità ma rivolgono anche uno sguardo a quanto successo al Tour de France. Per Jacopo si tratta della prima gara dopo le fatiche del Giro d’Italia, Demare, invece ha corso la Route d’Occitanie e il campionato nazionale francese. Cosa hanno fatto i due in queste settimane di pausa dalle corse?

«Arnaud è andato al mare – dice ridendo Jacopo – è andato ad allenarsi a Nizza, ha fatto un viaggetto con la moglie. Io, invece, sono andato a Livigno, non sono un grande amante del caldo e sono scappato in montagna. Sono sfuggito all’afa di questo periodo, perché obiettivamente con 40 gradi era difficile allenarsi a lungo».

Olaf Kooij coglie la sua prima vittoria nel WordlTour. Ecco un altro gioiello nato e cresciuto in casa Jumbo Visma
Olaf Kooij coglie la sua prima vittoria nel WordlTour. Ecco un altro gioiello nato e cresciuto in casa Jumbo Visma

Il ritorno in gara

Alla prima corsa dopo tanti mesi i punti di domanda sono molti, i primi chilometri servono per capire a che livello di condizione si è arrivati. Il Tour de Pologne rappresenta una bella occasione, tante volate e sette tappe, senza dislivelli troppo impegnativi.

Oggi, per esempio, c’è stata la prima da Kielce a Lublino, vinta dal giovane olandese, classe 2001, Olav Kooij del team Jumbo Visma che ha trovato così il primo successo in una corsa WorldTour ed il sesto stagionale. Alle sue spalle sono finiti Bauhaus e Meeus. L’arrivo di Lublino aveva uno strappo di 400 metri con punte al 7 per cento, forse un po’ troppo per Demare, che con il grande carico di lavoro fatto è ancora alla ricerca dello spunto che solo la gara ti può dare.

«Chiaramente la gamba è un’incognita – ci aveva detto questa mattina Guarnieri – so di aver lavorato bene, diciamo che abbiamo più di mille chilometri per capire a che livello di preparazione siamo arrivati. Non ci nascondiamo, nonostante non si corra da un po’ siamo venuti qui per vincere. Ci sono tanti velocisti, a parte quei 4-5 che erano al Tour ci sono tutti».

Ieri alla presentazione li avevamo passati in rassegna un po’ tutti: Viviani, Bennet, Ackermann, Cavendish e lo stesso Kooij, che lo scorso anno fu terzo al mondiale U23.

Un occhio al Tour

Guarnieri, in questi giorni di allenamento, non ha perso l’occasione per “studiare” la concorrenza e ha guardato con interesse al Tour, dove tanti velocisti si sono dati battaglia. Anche se la maglia verde l’ha portata a casa un certo Van Aert, che ha dominato su tutti i terreni.

«Dei velocisti direi che Philipsen – analizza insieme a noi Jacopo – è quello uscito meglio, tant’è che ha vinto lo sprint sui Campi Elisi. Ho visto tanto mal di gambe, diciamo pure che si è trattata di una delle poche volte in cui non ero invidioso di chi c’era (dice con un simpatico sorriso sul volto, ndr). Sapevamo che Van Aert avrebbe dominato, non ha fatto niente di nuovo, ce lo si aspettava, lui può fare quello che vuole».

«Per un po’ di anni i velocisti la maglia verde se la possono scordare (nel frattempo accanto a noi passa Demare e Jacopo lo guarda, ndr). Secondo me, se un velocista vince tre sprint la maglia verde passa anche in secondo piano».

Il velocista francese è stato uno dei corridori più ricercati dalla stampa alla vigilia del Tour de Pologne
Il velocista francese è stato uno dei corridori più ricercati dalla stampa alla vigilia del Tour de Pologne

Il “caso” Morkov

La Quick Step-Alpaha Vinyl, nella tappa numero 15 ha lasciato Morkov, ultimo uomo di Jakobsen, da solo. Così lui, abbandonato al suo destino, è finito fuori tempo massimo. L’impressione, vedendo le ultime due volate, era che a Jakobsen mancasse l’uomo che lo portasse agli ultimi 200 metri. Jacopo analizza con freddezza e lucidità anche questo episodio che lo riguarda da vicino, essendo anche lui ultimo uomo.

«Mah, abbandonato – ci dice – Jakobsen le occasioni di vincere le ha anche se non c’è Morkov, è giusto aspettare il leader. Gli altri uomini sono tutti importanti ma nessuno è indispensabile, nelle ultime due volate a me Jakobsen sembrava avere meno gamba. Direi che non c’è stato nulla di strano.

«Faccio l’esempio su me stesso, se dovessi rimanere indietro sarebbe giusto lasciarmi da solo. Il velocista va protetto, gli altri è un “si salvi chi può” l’ultimo uomo è fondamentale ma non vitale, riduci le possibilità di vittoria ma le mantieni. Se, al contrario fermi qualcuno ad aspettare l’ultimo uomo rischi di perderne due, non ha senso.

Caldo e salite

E’ stato un Tour de France dove il caldo ha fatto da padrone e da giudice, anche più delle salite forse. I velocisti si sono salvati, alcuni come Jakobsen sul filo dei secondi, altri con margine.

«Non mi sembrava un Tour impossibile – ci confida – ma poi la corsa va fatta, a guardare dalle mappe sembrava fattibile. A mio modo di vedere la settimana più dura era la seconda, con la tripletta sulle Alpi che ha davvero ammazzato le gambe. La terza un po’ meno, ma il caldo dei Pirenei lo si sentiva anche guardando la televisione.

«Per chiudere il discorso – dice Jacopo – Jakobsen ad una tappa è arrivato a 15 secondi dal tempo massimo e non aveva nessuno dei suoi compagni intorno. Sono scelte di squadra, mi ricordo che al Giro 2017 in quattro, tre più Arnaud siamo andati a casa e tutti ci hanno criticato, non ci si salva dal giudizio delle persone».

Intanto c’è la corsa polacca che incombe. Ua prima chance è andata per il treno della Groupama-Fdj. Se oggi i super specialisti dello sprint avevano una “mezza scusa” per non arrivare davanti, domani verso Zamosc non avranno alibi. Oltre 200 chilometri “piatti” come un biliardo o quasi. Nessuno strappo nel finale. Diciamo che oggi è stata tolta la ruggine dopo il lungo digiuno dalle corse.

Distacchi, tattiche, percorso: cause della volata mancata

26.05.2022
5 min
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Qualche polemica se la porterà dietro la Borgo Valsugana – Treviso. Quella che sulla carta doveva essere l’ultima chance per i velocisti è sfumata. Ha visto arrivare la fuga. Niente volata dunque per Cavendish, Demare e tutti gli altri.

E una volata, dopo tante salite, il pubblico l’avrebbe vista volentieri. Sono sempre belle “fiammate di adrenalina”. Senza nulla togliere ai quattro ragazzi della fuga, sia chiaro.

Da quel che si è visto, e parlando con i protagonisti nel dopo tappa, emergono tre questioni: chi doveva tirare, un presunto errore del cronometraggio e la genesi dei percorsi. 

In questi casi è un po’ come nella politica. Si cerca di scaricare il barile sul prossimo. La realtà è che è regnato il caos in gruppo e che i quattro fuggitivi hanno giocato molto bene le loro carte. 

Gaviria (a destra) discute con Dainese. Il padovano, quinto, ha vinto la volata del gruppo
Gaviria (a destra) discute con Dainese. Il padovano, quinto, ha vinto la volata del gruppo

Esplode la discussione

Dopo l’arrivo i velocisti avevano il dente avvelenato. Gaviria discuteva animatamente con Dainese. Mentre tornavano ai bus gli chiedeva perché anche lui non avesse messo più uomini a tirare. 

I Cofidis, che dovevano fare la volata con Cimolai, si sono persi sotto la strappata di Ca’ del Poggio. Chi si poteva aspettare un aiuto dalla Alpecin Fenix per uno sprint di Van der Poel, chiaramente è rimasto deluso in quanto davanti c’era De Bondt, che poi ha vinto.

Insomma una situazione che sembrava scontata, con la fuga destinata a perdersi, all’improvviso non lo è stata più. E poi i quattro davanti, lo ripetiamo, oltre che forti sono stati furbi.

Prima delle colline di Valdobbiadene non avevano spinto a tutta. Loro rallentavano e il gruppo anche. Erano tenuti a tiro. Questo gli ha consentito di preservare le energie per fare l’imboscata proprio laddove i velocisti avrebbero sofferto di più e le loro squadre non avrebbero potuto spingere a fondo.

Cavendish deluso dopo l’arrivo di Treviso
Cavendish deluso dopo l’arrivo di Treviso

Distacchi giusti?

Così sono usciti dal tratto ondulato con un bel vantaggio. E anche qui la questione è aperta. C’è una querelle sulla questione dei distacchi. Una querelle che ha imposto la brusca accelerata costata cara a Lopez, ma che ha fatto saltare i progetti delle squadre dei velocisti: prima forte, poi piano, poi fortissimo. E qualcuno si è perso.

«In cinque chilometri – dice Bramati, diesse della Quick Step – Alpha Vinyl di Cavendish – siamo passati da un minuto e venti secondi a due minuti, due minuti e mezzo, tre minuti. Stavamo tenendo tutto sotto controllo, ma a quel punto abbiamo dovuto spingere al massimo e siamo andati a tutta dopo Ca’ del Poggio.

«Poi okay l’errore, ma servivano le gambe. E i fuggitivi sono stati fortissimi». 

Dsm, Quick Step e Groupama nelle prime posizioni a tirare per ricucire sulla fuga
Dsm, Quick Step e Groupama nelle prime posizioni a tirare per ricucire sulla fuga

Le tattiche dei team

«Ognuno – riprende Bramati – fa la sua corsa. Se mi aspettavo di vedere più uomini di altre squadre? Io ho messo a tirare tutti gli uomini che potevano. Che gli altri si prendano le loro responsabilità, io mi sono preso le mie.

«Di certo, avrei preferito prenderli. Avrei preferito vedere una vera volata. E che vincesse il migliore. Spiace perché era l’ultima chance». 

Scotson alle prese con i suoi guai meccanici su Ca’ del Poggio
Scotson alle prese con i suoi guai meccanici su Ca’ del Poggio

Parola a Guarnieri

Un piccolo disguido sul distacco c’è stato effettivamente.

«Dopo Ca’ del Poggio – ammette Jacopo Guarnieri, compagno di squadra di Demare – all’improvviso ci hanno detto che i quattro avevano 3’30”, però è durato poco. Dopo un po’ ci hanno detto che il distacco era di 2’30”. Per me il problema non è stato questo.

«Per quel che riguarda le squadre, chi tirava e chi no – riprende il corridore della Groupama Fdj – credo si sia visto alla tv che mi sono incavolato sul ritmo non proprio alto di Rui Costa. Sicuramente qualche squadra poteva tirare di più. Noi comunque abbiamo già vinto tre tappe e abbiamo la maglia ciclamino».

«In discesa abbiamo perso sia Sinkeldam, rimasto dietro quando si è spezzato il gruppo, che Scotson, per un problema meccanico. Del nostro treno quindi ero rimasto solo io. Abbiamo fatto tirare Konovalovas (come a dire che da solo non poteva fare più di tanto, ndr).

«In più Cavendish si è voluto conservare sia Ballerini che Van Lerbeghe. La UAE Emirates dava fiammate di tanto in tanto, così come i Cofidis».

«Sono scelte, non discuto sulle tattiche delle altre squadre, ma la caccia della fuga non poteva essere solo sulle nostre spalle. Abbiamo tirato, ma neanche potevamo portare tutto il gruppo in carrozza all’arrivo. Ripeto, sono scelte: se a qualcuno andava bene così… contenti loro. Di sicuro noi siamo contenti di quel che abbiamo fatto in questo Giro». 

Jacopo Guarnieri con il campione lituano e compagno di squadra, Ignatas Konovalovas
Jacopo Guarnieri con il campione lituano e compagno di squadra, Ignatas Konovalovas

Percorsi e velocisti

Ma prima di chiudere Jacopo Guarnieri, fa una disamina interessante: «Semmai la vera critica riguarda il percorso. Ci si lamenta che i velocisti vanno a casa durante il Giro. Che lo lasciano dopo dieci giorni o poco più. Però oggi, l’unica volata della settimana, era complicata da guadagnare».

«Con il muro di Ca’ del Poggio non potevamo permetterci di essere troppo vicini alla fuga perché non volevamo farci attaccare da altri. E il circuito era pericoloso e con tante curve. Si poteva fare di meglio… se davvero si voleva una frazione per velocisti. La volata non è arrivata… chapeau alla fuga».

Alla fine Paperino s’è inchinato a Demare. Maestri, ci riprovi?

20.05.2022
6 min
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«E’ stato un giorno da Paperino – dice Maestri – oggi è una di quelle giornate mie. A un certo punto non mi stupisco neanche più. Però come Paperino sono testardo e questo non mi farà mollare».

Dopo l’arrivo, s’è accasciato sul manubrio, scosso da singhiozzi di rabbia e fatica. Adesso che è passata mezz’ora, ha il volto sorridente e ha trovato il motivo per sdrammatizzare.

La partenza da Sanremo era vicina alla casa di Monaco, ma oggi Rosa è arrivato nella sua Cuneo
La partenza da Sanremo era vicina alla casa di Monaco, ma oggi Rosa è arrivato nella sua Cuneo

Rispetto francese

Arnaud Demare ha vinto la tappa di Cuneo nel giorno in cui Bardet ha lasciato il Giro, ma stavolta i velocisti hanno rischiato di non farcela. La fuga partita sul Colle di Nava infatti è arrivata fino ai 600 metri dal traguardo e questo significa che qualcosa là dietro non è andato come avrebbe dovuto.

«A un certo punto – ha detto il vincitore – ho cominciato a dubitare delle possibilità di riprendere la fuga perché alcuni miei compagni di squadra avevano già dato tutto. Anche io credevo di essere un po’ cotto in realtà. Solo a 10 chilometri dall’arrivo ho iniziato a crederci, ma ero davvero al limite. E’ splendido vincere di nuovo, tre vittorie sono un bel bottino. Ho saputo durante la tappa del ritiro di Romain e credo che sia un peccato. Era in grande forma, aveva fatto molti sacrifici».

Mancati 300 metri

Un corpo a corpo, niente di diverso. E mentre davanti giravano di buon accordo, dietro a un certo punto hanno iniziato a capire che non sarebbe stato un gioco.

«Sono un combattente – dice Maestri, in questa sorta di rimbalzo fra chi ha vinto e chi ha perso – vado speso in fuga. Quest’anno con la squadra abbiamo cercato di mettere i puntini, di non correre alla garibaldina e di essere concentrati nei momenti chiave. Arriva sempre il momento che ci credi. Se non ci credessi, non saresti lì a combattere. La squadra ha fatto un gran lavoro. Sapevamo che oggi poteva essere una bellissima giornata. Ci siamo andati vicino, non ci siamo sbagliati di molto. Ci sono mancati 300 metri. Si sapeva che per il gruppo poteva essere difficile venirci a prendere e si è visto».

Dopo l’antidoping, Maestri ha ritrovato il suo proverbiale spirito
Dopo l’antidoping, Maestri ha ritrovato il suo proverbiale spirito

Gaviria stoppato

A pochi metri da lui, Jacopo Guarnieri ansimava vistosamente, con il body sudato come dopo una tappa del Tour. Il caldo oggi è stato uno dei fattori fra la Liguria e il Piemonte.

«Non è stato facile tornare sui ragazzi davanti – raccontava l’ultimo uomo della Groupama-FDJabbiamo spinto come all’inferno. Poi una volta arrivati in testa, è stato tutto più lineare. Sappiamo cosa serve per essere lì.

«Le cose per me – diceva ricordando che nella tappa di Messina si era staccato su Portella Mandrazzi mentre qui ha resistito al Colle di Nava – stanno andando meglio giorno dopo giorno. Oggi era diverso da Messina, un altro ritmo. Due settimane di corse nelle gambe fanno sì che più o meno tutti abbiano lo stesso livello, la differenza la fai col posizionamento e la scelta di tempo. Ma riprenderli non è stato per niente facile. Hanno tirato tutti tranne Sinkeldam ed io. Ma ho un mal di gambe terribile… E’ stato duro inseguire e lo era anche l’arrivo. Arnaud è stato bravo, ha tenuto la corda e non ha lasciato spazio a Gaviria per uscire».

Gruppo in affanno

All’ultimo chilometro, quando è stato chiaro che stavano per mangiarli, Maestri ha mollato la presa e ha lasciato intendere di aver ormai rinunciato. Poi di colpo si è inarcato sulla bici ed ha attaccato con il gruppo a pochi metri. Nel raccontarlo sorride.

«Ho voluto fare il furbo – ammette – mi è già capitato nel 2019 che ho strafatto e l’ho persa. Questa volta ho voluto rischiare di perderla e ho lasciato fare più lavoro agli altri. Stavo bene. Sapevo che lo spunto veloce c’era, infatti quando sono partito ho preso subito metri sui miei compagni di fuga. Era solo una questione di arrivare il più vicino possibile all’arrivo. L’ho rischiata, il gruppo veniva forte. Bastavano 5 secondi. Se avessi avuto il gap giusto, si poteva andare all’arrivo. Sono quei due chilometri di tentennamenti in gruppo che a volte fanno arrivare la fuga, invece non li hanno avuti. Sono arrivati giusti anche loro. E se ti riduci così all’ultimo vuol dire che qualcosa è andato storto. La condizione c’è, ci riprovo di sicuro».

Bardet si è ritirato. Ha iniziato a stare male ieri sera e non c’è stato moto di continuare. Era 4° nella generale
Bardet si è ritirato. Ha iniziato a stare male ieri sera e non c’è stato moto di continuare. Era 4° nella generale

Bardet, che peccato…

Il gruppo lo ha lasciato lì a cullare il suo sogno infranto, ma è bastato poco per riaccendere lo sguardo di Maestri. Non così per Bardet. Al tramonto arrivano infatti le parole sconsolate del francese e del medico del Team DSM.

«Durante la tappa di ieri – dice Anko Boelens – Romain ha iniziato ad avere disturbi allo stomaco. Abbiamo cercato di gestire la situazione durante la gara per fargli passare la giornata sperando che potesse riposarsi un po’ la sera, ma sfortunatamente abbiamo visto pochi miglioramenti durante la notte. Stamattina abbiamo provato tutto il possibile per portarlo all’arrivo, ma continuava ad avere dolore e a non poter mangiare. Con così poca energia in corpo, non è stato più possibile per lui continuare».

E mentre il Giro d’Italia perde un sicuro protagonista, per domani si annuncia una giornata tremenda. Con questo caldo e con il dislivello della tappa di Torino, in gruppo si parla già di ribaltoni.

Tanto così! Un millimetro e Demare fa il bis. Parola a Guarnieri

12.05.2022
5 min
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Un millimetro separa i due sprinter. I 196 chilometri della tappa sono racchiusi tutti lì. E se la Palmi-Scalea non resterà negli annali per la sua verve, di certo resterà nella memoria di Arnaud Demare e Jacopo Guarnieri. Il brivido è tutto lì.

Tappa noiosa, diciamolo pure. Sarà che si aspetta la tripletta del weekend, sarà che era lunga, piatta e persino con vento contro, ma la sesta frazione del Giro d’Italia finisce col sole che volge al tramonto sul Mar Tirreno. E se non fosse stato per Diego Rosa, martire di giornata, probabilmente si sarebbe conclusa ancora più tardi.

Ma il ciclismo è anche questo. E quando si dice che la corsa la fanno i corridori è anche in questo senso.

Un millimetro

Però la volata è sempre una bella iniezione di adrenalina. Dicevamo di quel millimetro che è un’eternità, che è la sintesi di una volata tumultuosa. Senza un treno che dominava. Forse perché andando piano in tanti ci sono arrivati col pieno di energie. C’erano almeno sei team con almeno quattro uomini ciascuno.

«Vero – dice Guarnieri – eravamo in tanti, ma noi siamo stati vicini e da quel punto di vista siamo stati bravi. Ma siamo andati a “due all’ora” per 200 chilometri e fino ai 10 chilometri non è successo niente, anche perché con quel vento a ruota si stava parecchio bene.

«Quindi tutti avevano energie, ma noi l’abbiamo gestita al meglio. Perché poi quando ti spostavi e prendevi aria c’era un bel “muro”. E Demare è stato bravo ad uscire da dietro».

Arnaud Demare e Jacopo Guarnieri fanno festa. I due sono ormai un duo imprescindibile
Arnaud Demare e Jacopo Guarnieri fanno festa. I due sono ormai un duo imprescindibile

Parola a Guarnieri

Guarnieri parla quindi molto del vento e di come questo abbia caratterizzato sia la tappa che la volata.

Il racconto dello sprint di Guarnieri però è un compendio di tecnica.

«Oggi, ai 500 metri ho deciso di partire – spiega Guarnieri – poiché la velocità stava calando un po’ e con queste condizioni e dopo una tappa così lenta era meglio una volata meno lunga. Ho preso la testa e poi anche Morkov si stava muovendo. Ho rischiato un po’ nella curva finale (il rettilineo tendeva un po’ a girare, ndr) perché per un attimo ho pensato che Arnaud mi passasse a destra e invece poi ha scelto la sinistra. Ho tentennato un paio di secondi. Però, dai è andata bene».

In quei frangenti, quando si vola e si spinge in modo spasmodico, non è facile decidere dove mettersi per far passare il proprio capitano, il proprio velocista. Ma anche in questo caso Guarnieri fa chiarezza.

«Ci si deve fidare – dice il lombardo – Il capitano si deve fidare del suo apripista. La miglior situazione in un rettilineo ideale è quella di battezzare un lato, di mettersi alle transenne, ma lasciando lo spazio affinché il proprio velocista abbia lo spazio per passare. In questo modo poi è lui che può decidere dove infilarsi. E solitamente passa tra l’apripista e la transenna. Anche perché il rivale che è alla sua ruota a quel punto per uscire deve comunque aspettare di superare l’apripista.

«Non è una manovra scorretta, assolutamente, ma neanche che gli si stende il tappeto rosso!».

Demare, in ciclamino, batte Ewan per un soffio. Al photofinish si è parlato di millimetri
Demare, in ciclamino, batte Ewan per un soffio. Al photofinish si è parlato di millimetri

Occhi su Ewan e “Cav”

Per Guarnieri oggi i più temuti erano proprio Cavendish ed Ewan.

«E infatti il maggior lavoro ce lo siamo sobbarcato noi tre rispettivi team – riprende Guarnieri – Una tappa così piatta era più complessa per Demare che è sì un velocista, ma non è super puro. Lui tiene, attacca. Oggi invece era volata secca perfetta per quei due».

«Tanto che, e lo dico col sorriso, quasi, quasi Demare ha vinto alla Ewan. Saltandolo negli ultimi 50 metri. Ma perché? Perché è stato molto bravo, oggi non ha commesso errori».

Al colpo di reni. Con questo successo, il settimo, Demare diventa il francese plurivittorioso al Giro
Al colpo di reni. Con questo successo, il settimo, Demare diventa il francese plurivittorioso al Giro

Tra errori e fiducia

Errori. Guarnieri tocca un tasto che può sembrare assurdo far emergere nel giorno di una vittoria. I Groupama-Fdj, sembrano non essere perfetti come due anni fa, quando si mangiavano rettilinei ed avversari. Anche ieri nel loro treno, per esempio, mancava proprio Guarnieri. Cosa non funziona dunque come due anni fa? Chiaro, parliamo di dettagli…

«Ma non è che due anni fa non commettessimo errori – spiega Guarnieri – ci sono anche altri 150 corridori che vogliono fare la volata. Oggi però Arnaud ha corso con la “confiance” (la fiducia, ci dice in francese, ndr). Nella prima tappa che ha vinto Cav, lui è uscito subito senza sfruttare la scia. Troppa foga, troppa voglia di vincere. Ieri invece si è riscattato e oggi ha corso con quella sicurezza addosso che ti dà la vittoria. E la chiave sta nel fatto che ha aspettato quel tantino per uscire di scia ad Ewan».

Freddezza, insomma. E lo ha battuto sulla linea d’arrivo per un millimetro o forse due. Tutto merito della testa e della vittoria di ieri. E di Guarnieri!

Guarnieri ha la febbre, Demare si allena. E con Pogacar come si fa?

17.03.2022
4 min
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Demare sta bene. Il francese (foto di apertura) è arrivato secondo nella tappa di Terni della Tirreno e chi pedalava accanto a lui lo ha visto tenere anche sulle medie salite che ricordavano la Cipressa e il Poggio. Il francese la Sanremo l’ha vinta nel 2016: circondato da qualche dubbio, ma l’ha vinta. E siccome tra i velocisti è uno di quelli che meglio tiene sulle salite, sentire cosa faccia e come se la passi potrebbe tornare utile. Anche perché Demare si è fermato in Italia a casa di Guarnieri, suo ultimo uomo e guardia scelta. Anche se le cose non sono andate come entrambi si aspettavano…

«Tutta la fatica della scorsa settimana – dice Arnaud – è stata per la Sanremo e per le tappe pià adatte a me. La Sanremo è il grande obiettivo, ma lo sono anche tutte le corse per velocisti. Voglio vincerle con la stessa determinazione. La forma è buona e l’Italia risveglia bei ricordi, dalla Sanremo al Giro d’Italia».

A Terni Demare secondo dietro Ewan e prima di Kooij, olandese classe 2001
A Terni Demare secondo dietro Ewan e prima di Kooij, olandese classe 2001

Scongiuri Guarnieri

Guarnieri invece sta male. Il piacentino non è riuscito a schivare la bronchite che ha colpito mezzo gruppo alla Tirreno e non correrà la Sanremo. Così sta vivendo la vigilia rinchiuso in casa, mentre il compagno francese, suo ospite, si allena nei dintorni.

«Ho avuto la febbre dopo la tappa di Fermo – dice – ma fortunatamente mi sono svegliato il giorno dopo e non ce l’avevo più, quindi sono partito. C’era questa bronchite che girava in gruppo e temo di essermela presa anche io, ma in forma leggera. Sono riuscito a finire la corsa e poi il corpo è crollato. Di sicuro Arnaud sta bene e questa è la cosa più importante. Per la Sanremo si può considerare tra i favoriti, perché in salita sta andando molto forte, quindi come squadra siamo abbastanza tranquilli».

Neanche tutta la scaramanzia del caso ha salvato Guarnieri dalla bronchite: addio Sanremo
Neanche tutta la scaramanzia del caso ha salvato Guarnieri dalla bronchite: addio Sanremo
Secondo Nizzolo, non è più una corsa per velocisti…

Bisogna sapersi difendere in salita. Quando Demare sta bene, è molto forte e noi dobbiamo essere bravi a supportarlo. Ci sono state delle corse più dure, come magari la tappa di Matera al Giro del 2020, in cui abbiamo vinto con Arnaud e ci siamo scambiati di posizione con Konovalovas. Quando la corsa è dura, ci sono meno corridori che possano fargli paura. Quindi il mio ruolo rimane quello. Essere più veloce possibile come ultimo uomo. Anche se questa volta lo guarderò in televisione…

La Tirreno al servizio della Sanremo?

Non del tutto, come ha detto Arnaud, corriamo per vincere. Gli allenamenti li facciamo a casa.

Come mai non avete fatto la Milano-Torino?

Perché nei piani iniziali non c’era. Dovevamo fare tutti l’Oman e UAE Tour, poi invece vuoi il Covid e un po’ di altri problemi, non tutti siamo andati e lo stesso siamo rimasti col programma che avevamo prima.

Demare al traguardo di Carpegna. L’indomani ha chiuso al 9° posto sul traguardo di San Benedetto
Demare al traguardo di Carpegna. L’indomani ha chiuso al 9° posto sul traguardo di San Benedetto
Come è andata questa strana settimana di vigilia?

Arnaud è a casa mia da domenica, è venuto lo stesso. Ormai lo avevo invitato, non potevo lasciarlo in strada. Si è allenato tranquillamente per tre giorni e oggi ha fatto un piccolo richiamo, come avremmo fatto insieme, visto che comunque la Tirreno è stata molto impegnativa. La cosa principale è recuperare. Non aveva senso fare più di quattro ore, anche se la Sanremo è lunga 300 chilometri e sono comunque 7 ore. Ha fatto quel che serve, non c’è bisogno di inventarsi delle cose turche.

Quali scenari ti aspetti per sabato?

Sarà interessante, perché ci sono squadre come la UAE Emirates che verranno solo con gli scalatori, quindi sicuramente cercheranno di fare del casino. Poi è chiaro che non è solo questione di forza in salita, perché su quello sono sicuramente meglio dotati dei velocisti. Bisogna anche trovarsi davanti e la corsa si fa dopo sei ore, quindi non è detto che avere una squadra di soli scalatori possa automaticamente garantire dei risultati.

Verso il via della tappa di Carpegna, per Guarnieri il giorno più duro della Tirreno
Verso il via della tappa di Carpegna, per Guarnieri il giorno più duro della Tirreno
Anche se parliamo di Pogacar?

Pogacar sicuramente è un po’ lo spauracchio di tutti, perché visto il livello che ha rispetto agli altri, fa paura. Secondo me se parte in cima al Poggio, non riuscirà a fare questa grande differenza. Ma col motore che ha, potrebbe anche azzardarsi a partire dal basso e lì allora farebbe davvero male.

Guarnieri, Demare e quei 30 secondi a tutta per il Giro

30.01.2022
7 min
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Jacopo Guarnieri e Arnaud Demare: tutti abbiamo ancora negli occhi le volate del Giro 2020. Con loro anche le tappe di pianura erano diventate uno show. Non vedevi una maglia Groupama-FDJ fino a cinque chilometri dall’arrivo.

Poi “Jacopone da Castell’Arquato“ richiamava tutti all’appello ed ecco che si formava il treno che lanciava il francese. Lui scaricava la sua enorme potenza a terra e alzava le braccia. Poi, venti posizioni dietro, mentre sfilava il resto del gruppo, Guarnieri faceva la stessa cosa.

Adesso ci risiamo. Li vedremo di nuovo al Giro d’Italia.

Jacopo, come vi state preparando?

In effetti è stata una preparazione bella lunga, che poi è quello che più ci è mancato l’anno scorso. La passata stagione è finita davvero tardi e il 3 febbraio avevamo già ripreso a gareggiare. Quest’anno invece abbiamo chiuso a fine settembre e di fatto abbiamo avuto un mese in più, senza contare che anche il meteo è stato più clemente.

Qualcosa si è inceppato per voi del treno. Demare è entrato in condizione a fine stagione vincendo la Parigi-Tour (in fuga)

Abbiamo iniziato bene, siamo andati presto in condizione, poi sono iniziati dei lunghi alti e bassi. E credo che se abbiamo perso questa regolarità e perché ci è una mancata la base fatta l’inverno. Insomma, se l’anno scorso all’inizio dell’anno avevamo qualche dubbio sulla preparazione, quest’anno ne abbiamo molti meno.

Abbiamo visto che ci state dando sotto. Qualche giorno fa avete fatto un allenamento molto impegnativo, con delle volate fino ad uno scollinamento…

Sì, si trattava di 30” a tutta. Un lavoro molto intenso, che “fa male”: puro acido lattico ma che dà grandi risultati. Questa è la base del velocità e con Arnaud è un lavoro che facciamo spesso. Come ho detto, è uno specifico terribile perché stai molto più tempo in acido rispetto ad una volata in corsa. Dopo 15” sei in acido totale e fare altri 15” è lunga!

Come funziona questo allenamento? Abbiamo visto che c’era un cono giallo in cima: fate avanti e indietro per caso?

Solitamente cerchiamo un circuito con uno strappo e sullo strappo facciamo questi 30”. In base alla lunghezza del circuito il recupero è più o meno lungo. Può essere un anello di 5′ o di 15′, come in questo caso. Se si recupera più a lungo, si fa un maggior numero di ripetizioni.

Jacopo Guarnieri, Giro d'Italia 2020
Per ora il treno della Groupama-FDJ non sarà toccato. Oltre a Guarnieri (in foto) di solito ne fanno parte anche Scotson e Sinkeldam
Jacopo Guarnieri, Giro d'Italia 2020
Oltre a Guarnieri (in foto) del treno Groupama-FDJ fanno parte anche Scotson e Sinkeldam
Nel 2020 ci siamo lasciati con Demare dominatore: cosa dobbiamo aspettarci quest’anno?

Più che cosa aspettarci, io direi cosa vogliamo fare. L’ambizione è quella di ripetere il 2020. Anche se non è ufficiale io seguirò il programma di Arnaud ed è un programma che prevede molta Italia. Abbiamo lavorato bene e quando lavori bene ti metti in condizione di cogliere i risultati. Poi vediamo anche dove sono gli altri. Intanto partiamo con la coscienza pulita!

Avete dato un’occhiata al percorso?

Io sì. Se non altro perché da italiano voglio vedere dove passa il Giro. Ho visto che c’è qualche richiamo al 2020, come la tappa di Catania, c’è una tappa verso Reggio Emilia ed una che parte non lontano da casa mia. Di questa ho fatto praticamente la ricognizione, il passo del Bocco e le altre salite. Poi non ho visto il finale perché con il traffico aperto sarebbe stato inutile. Ho notato che nel resto del Giro ci sono salite dure, come il Fedaia. Infatti ho detto ragazzi: preparatevi che lì c’è da stringere il di dietro!

Però se parli di Fedaia che è alla penultima tappa e il giorno dopo c’è la crono, significa che questo Giro lo volete finire? Che l’eventuale maglia ciclamino volete portarla a casa?

In questa squadra non c’è mai stata l’idea di tornare prima a casa, neanche per il velocista, sia che si lotti per la maglia che non ci si lotti. Poi però vi dico anche che mi piacerebbe molto che il Giro tornasse a proporre una tappa piatta, una passerella per i velocisti nel finale. Di certo è un modo per invogliare gli sprinter a restare in corsa fino alla fine. E credo anche che ne guadagnerebbe lo spettacolo. Anche perché, 2020 a parte, raramente la crono finale è stata decisiva.

Tra Denia e Calpe duri allenamenti per tutto il team (foto Instagram Groupama-FDJ)
Tra Denia e Calpe duri allenamenti per tutto il team (foto Instagram Groupama-FDJ)
Prima, Jacopo, hai accennato al calendario, ci sono novità per voi?

Qualche novità c’è ed è un bel calendario. In pratica faremo quasi tutte gare RCS, già dal UAE Tour, ma inizieremo prima in Oman. Tornerò alla Tirreno-Adriatico, corsa dalla quale manco da un bel po’. Ho sempre fatto la Parigi-Nizza e questo approccio diverso mi fa e ci fa bene. Cambiare dopo tanti anni è un bello stimolo.

Riguardo al treno avete delle new entry?

C’è un nuovo acquisto, Bram Welten dall’Arkea-Samsic, però al momento non farà parte del treno. In qualche occasione sarà al mio fianco, ma più nella seconda parte di stagione. Nella prima non ci saranno cambiamenti.

Squadra che vince non si cambia, insomma! Sul fronte tecnico invece ci sono novità?

Grosse news non ci sono. Abbiamo cambiato bici lo scorso anno, abbiamo il nuovo Shimano Dura Ace a 12 velocità. Noi lavoriamo da anni con Shimano e abbiamo già i gruppi. Una delle novità riguarda le ruote, sempre Shimano, anche se esteticamente sembrano identiche.

Dicono abbiano mozzi scorrevolissimi…

Per il momento le ho usate davvero poco, ci ho fatto giusto un paio di uscite nei giorni di scarico, ma la sensazione è che siano abbastanza rigide. Arnaud invece è molto contento. Anche se poi i veri test si fanno in corsa dove le velocità sono decisamente più alte. È lì che vedi le vere differenze. Per esempio proprio il nuovo acquisto, Welten, mi ha detto che non sentiva grosse differenze fra le due bici, ma io gli ho detto di aspettare le gare perché le differenze ci sono eccome.

Jacopo, ma invece pensi mai ad una tua vittoria personale?

Sinceramente no, sono ampiamente contento di quello che sto facendo. E poi una volata per me ormai sarebbe davvero improbabile. Servirebbe un arrivo con molte curve e qualcuno che mi facesse il buco perché su una volata pura, lineare ormai è difficile che possa vincere. Potrei ottenere un piazzamento. Ma a cosa servirebbe?

Guarnieri, classe 1987, è alla sesta stagione consecutiva con la squadra francese (foto Instragram Groupama-FDJ)
Guarnieri, classe 1987, è alla sesta stagione consecutiva con la squadra francese (foto Instragram Groupama-FDJ)
Noi pensavamo magari ad una fuga, ad un arrivo su un piccolo strappo. In fin dei conti i “cavalli” a te proprio non mancano…

Sì, però io ormai ho l’approccio da velocista e sinceramente se c’è una fuga perché dovrei buttare via energie, quando magari il giorno dopo c’è una volata? Alla fine, anche noi sprinter corriamo come gli uomini di classifica, ma al contrario! Cerchiamo di finalizzare le energie per gli obiettivi alla nostra portata. Ohi, poi vediamo: magari ci sarà una possibilità per me. Ma comunque non è un pensiero che mi fascia la testa.

Tu sei contento di venire al Giro, ma Demare come l’ha presa?

Chiaramente da italiano io sceglierei il Giro e lui da francese il Tour. Dopo una situazione iniziale in cui l’ha presa con pizzico di “delusione”, adesso Arnaud è contento. Infatti nel secondo ritiro l’ho trovato super carico. Alla fine per lui meglio avere tutta la squadra per sé al Giro, piuttosto che averne mezza al Tour. E conoscendolo sceglierebbe sicuramente la soluzione del Giro.

Che poi Demare è amato in Italia, probabilmente anche per merito tuo che sei italiano e di fatto orchestri le sue vittorie…

E vi posso dire che lui si rende conto di questa cosa. Essere apprezzato da francese in Italia non capita sempre! E poi diciamolo, il Giro è bello! Adesso vado che devo raggiungere i compagni. Siamo separati. Loro dormono nell’hotel con la camera iperbarica (che simula l’alta quota, ndr), io da italiano non posso usarla e sono da un’altra parte.

Guarnieri, il ciclismo è come la vita: nessuno si salva da solo

29.11.2021
4 min
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C’è un tempo per fuggire e uno per restare, nella vita come nel ciclismo. E’ un istante, che in una tappa dura un millesimo di secondo a consentirti di vincere o perdere una corsa e in una carriera può essere un giorno, un episodio, una scelta sbagliata. Per Jacopo Guarnieri, 34enne della Groupama-Fdj, la scelta di smettere di fuggire e iniziare a restare è sopraggiunta in due momenti. Agli esordi da pro’, quando ha provato ad inserirsi in due fughe ma si è sentito «come Fantozzi alla Coppa Cobram». Poi quando ha provato a vestire i panni di velocista di punta di una squadra, ma ha capito che non avrebbe potuto primeggiare. E così, ha scelto di restare, accanto al proprio capitano, che da quattro anni si chiama Arnaud Demare.

Assieme a Marangoni

La sua trasformazione l’ha raccontata in una serata al Bikefellas di Bergamo dal titolo “L’insostenibile leggerezza della fuga” introdotto dalla redazione di Bidon che ha presentato il suo ultimo libro “Vie di fuga”. In una sorta di cronometro a coppie, con l’imprevedibile ex pro’ Alan Marangoni come spalla, Guarnieri ha raccontato dei suoi tentativi di fuga.

«La prima volta a De Panne. Correvo nella Liquigas – ha detto – e in fuga mi ci ero ritrovato, così dall’ammiraglia mi hanno preso a male parole, ordinandomi di tornare in gruppo per aiutare il nostro velocista, Chicchi. L’ho fatto, ma nel tirargli la volata ho tamponato Cavendish e abbattuto Leif Hoste, idolo di casa.

«Mi ero detto che in fuga non ci sarei più andato e invece l’ho rifatto qualche anno dopo, sempre in Belgio. Fu una fuga composta da corridori “pazzi” e infatti il gruppo ci riprese a 100 chilometri dall’arrivo. Lì, mi sono detto che il mio posto era rimanere in quel ventre materno che è il gruppo».

Fra Demare e Guarnieri c’è ormai un grandissimo rapporto di stima iniziato nel 2017 (foto Instagram)
Fra Demare e Guarnieri c’è ormai un grandissimo rapporto di stima iniziato nel 2017 (foto Instagram)

Aiutare chi è più forte

Giusto qualche volata in proprio per capire poi una cosa: «Il mio posto nel mondo – spiega – era aiutare chi era più forte di me. Arriva un punto nella carriera che devi decidere chi essere e cosa fare, serve grande onestà con se stessi. Ora, io rimpiango di non aver preso prima quella decisione, perché provo una grande emozione nell’aiutare Demare. Sono privilegiato perché sono il suo ultimo uomo, quello che lo vede più da vicino quando alza le braccia al cielo al traguardo e il primo a poterlo abbracciare». 

La tensione del gregario

Lo sguardo e la voce di Guarnieri, a questo punto, si incrinano, quasi commosso abbandona la goliardia che lo contraddistingue e che ha reso la serata frizzante come una volatona di gruppo, e veste i panni del gregario modello, quale è.

Guarnieri e Marangoni sono amici dagli anni assieme alla Liquigas
Guarnieri e Marangoni sono amici dagli anni assieme alla Liquigas

«Il gregario è il simbolo del ciclismo – osserva – al di là di ogni retorica. Gregario lo sei dal primo all’ultimo chilometro, ci sono momenti della corsa che dalla tv sembrano noiosi, ma in gruppo bisogna sempre sgomitare, la tensione è altissima. Penso a quando bisogna portare le borracce. In gruppo c’è una legge non scritta che quando si risale dalle ammiraglie dal rifornimento, si grida “service” e si ottiene una corsia preferenziale ai lati, ma mica sempre ti fanno passare. E se stai prendendo una salita e non riesci a servire il tuo capitano, hai perso».

Nessuno si salva da solo

Ma fare il gregario è molto di più, è anche convivere col proprio capitano fuori dalle corse, conoscersi, capire le difficoltà da uomo e da corridore e fare di tutto per porvi rimedio. Guarnieri è gregario anche sul divanetto del Bikefellas quando preferisce esaltare le doti umane di Demare, evidenziando come sia uno che ringrazia sempre e che si prende tutte le colpe quando le cose non vanno al meglio.

Sono passati 10 anni esatti, dal 31 marzo 2011, dall’ultima vittoria di Guarnieri a La Panne
Sono passati 10 anni esatti, dal 31 marzo 2011, dall’ultima vittoria di Guarnieri a La Panne

Oppure raccontando della sua ultima vittoria, quando fu proprio Marangoni – compagno di squadra alla Liquigas – ad aiutarlo più che nel sostenerlo in gara e raccogliergli «i copriscarpe che avevo deciso di togliermi in una giornata tremenda» standogli vicino in un periodo in cui i rapporti col team erano naufragati.

«Questo è lo spirito del gregario, questo è il ciclismo», che ci piace tanto perché è metafora della vita: nessuno si salva da solo.

Lapierre Xelius Sl leggera ma anche aero. E se lo dice Guarnieri…

15.07.2021
6 min
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Spesso si dice, erroneamente: «Le bici sono tutte uguali». Dando per scontato criteri di ricerca e sviluppo e sulla realizzazione dei vari modelli. In realtà più ci addentriamo nel mondo del professionismo e più scopriamo che non è così. Di certo non lo è per Lapierre e la nuova Xelius Sl.

Già lo scorso anno quando ci trovammo di fronte alla nuova Aircode (la bici aero del brand francese) capimmo che non si trattava di una bici “banale”. Oltre alla presentazione, che avvenne al Italian Bike Festival in cui venivano spiegati i processi di sviluppo di questa bici, ad occhio nudo si potevano capire la cura per certi dettagli e il perché di certe soluzioni.

Sulla Xelius Sl i simboli di Lapierre e Groupama-Fdj
Sulla Xelius Sl i simboli di Lapierre e Groupama-Fdj

Xelius dal 2010…

Ebbene per il progetto Xelius si è andati oltre. O meglio, si è continuato su quel metodo, ma di fatto si è creata una bici senza compromessi. Xelius resta infatti il modello leggero, quello per gli scalatori, ma inevitabilmente ci sono state influenze aero. Come ormai si ha in tutti i settori del ciclismo.

La prima Lapierre Xelius è del 2010 e in questi undici anni ha raccolto successi in tutti e tre i grandi Giri, il Giro di Lombardia e diversi titoli nazionali. E così dopo tre anni dall’ultimo restyling ecco arrivare la Xelius Sl, lanciata in anteprima al Tour de France con i corridori della Groupama-FDJ. Anche se capitan Gaudu l’aveva già sfoggiata al Delfinato.

Leggera, aero, aggressiva

Come accennato: nonostante il peso leggero sia il dogma di questa bici, l’integrazione e l’aerodinamica sono i punti sui quali in Lapierre ci si è concentrati di più. Attacco e manubrio sono integrati fra loro. O meglio: a vista sembra un integrato totale, poi se si va a vedere la piega (flat) può ruotare all’interno dell’attacco. Una buona possibilità che supera il limite del manubrio integrato totale, pur mantenendo i vantaggi aero. A questo set si lega il passaggio dei cavi totalmente interno al manubrio, appunto, e al telaio. Un qualcosa che va anche a vantaggio della pulizia estetica.

Grazie all’utilizzo di una nuova fibra di carbonio, la Uhm (Ultra High Modulus), non solo diminuisce il peso, ma si è potuto variare un po’ le geometrie (che però Lapierre non fornisce) e le forme dei tubi senza compromettere la rigidità e la reattività. Anzi, queste sono state migliorate. Per esempio i tubi dei foderi alti (carro posteriore) sono adesso dritti, mentre nella precedente versione erano leggermente arcuati verso l’alto. Tubi dritti però fanno pensare ad una maggiore scomodità, in realtà, come scopriremo con Guarnieri, non è così. In più, le sezioni di: orizzontale, piantone, obliquo e appunto foderi alti sono tutte un po’ più grandi. Quindi più materiale, ma meno peso: pensate che carbonio!

Si è poi lavorato molto sull’avantreno. La forcella ha steli dritti e con forme (impercettibilmente) affusolate “a goccia”. In modo tale da far defluire meglio l’aria e ridurre le turbolenze. Nella nuova Xelius Sl si rivede molto dell’Aircode Drs. 

Guarnieri sulle Alpi con la Xelius Sl
Guarnieri sulle Alpi con la Xelius Sl

La vera prova su strada di Guarnieri

«Su tutte le bici – spiega Jacopo Guarnieri – c’è il nostro zampino. A noi davvero arrivano tre prototipi con tre carbonio diversi ciascuno. Da lì poi ecco che nel tempo subentrano nuove migliorie. Noi diamo agli ingegneri i nostri feedback e ogni volta arriva il prototipo successivo modificato. L’anno scorso Lapierre aveva presentato la bici aero, la Aircode Drs, mancava all’appello quella per gli scalatori, appunto la Xelius Sl.

«Una bici per scalatori che però è stata resa anche molto aero. Io che faccio parte dei velocisti e che uso molto l’Aircode Sl, posso dire che alle altissime velocità senti la differenza aerodinamica, altrimenti no. In salita la Xelius Sl è una signora bici, è molto leggera e si sente, ma devo dire che nonostante io non sia un peso leggero mi ha stupito la sua reattività. 

«E va molto bene anche in discesa. L’Aircode è veloce e stabile quando si scende forte, la Xelius però grazie alle sue geometrie più snelle è sicuramente più veloce nelle discese tecniche e guidate in quanto è più rapida nei cambi di direzione. E soprattutto ti perdona anche qualche errore di troppo. Ha un avantreno eccezionale.

«Nelle tappe alpine del Tour l’ho usata con le ruote Shimano Dura Ace C60 ed era davvero rigida».

E sulla comodità? Guarnieri  che è molto alto fa un’osservazione non banale.

«I miei compagni sentono molto la differenza di comodità rispetto all’Aircode, loro trovano la Xelius molto più comoda. Io invece l’avverto di meno. Sarà che con le Shimano C60 mi trovo molto bene…».

Il modus operandi di Lapierre

Ma se queste sono le specifiche tecniche, merita (e non poco) ascoltare le parole di Jacopo Guarnieri per quel che vi dicevamo in quanto a sviluppo e ricerca. E scoprire la bellezza della nascita di una bici Lapierre… e non solo della Xelius.

Guarnieri spiega come in linea di massima i velocisti e i passistoni abbiano contribuito allo sviluppo della Aircode mentre gli scalatori a quello della Xelius.

«Tanto per dire quanto siano importanti i nostri feedback e quanto ci tengano in Lapierre – conclude Guarnieri – Stefan Kung per la bici da crono ha provato tre prototipi solo per il portaborracce. E per ognuno ha svolto dei test in galleria del vento. Sviluppiamo le nostre bici soprattutto durante i training camp invernali. Demare in una settimana ha provato tre bici quest’anno. Avere la possibilità di essere parte attiva nello sviluppo non è poco per noi corridori. E alla fine tu corridore dici: ho una bici come voglio io e va “da Dio”. Quando ci consegnarono le Aircode Sl definitive inviai un messaggio di complimenti ai tecnici Lapierre».

La tregenda di Guarnieri e Demare verso Tignes

07.07.2021
5 min
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Il Tour de France oggi torna ad affrontare le grandi salite, nello specifico il Mont Ventoux, eppure sono ancora freschi i responsi della frazione di Tignes. O’Connor che vola, Pogacar che domina e i velocisti che fanno la lotta disperata per restare nel tempo massimo. Tra questi c’è chi ne ha pagato le conseguenze, anche in modo molto grave. Arnaud Demare e il suo apripista, e amico, Jacopo Guarnieri infatti non ce l’hanno fatta e sono dovuti tornare a casa.

Dlamini ha fatto tutta la tappa in ultima posizione con il carro scopa e il fine corsa alle spalle
Dlamini ha fatto tutta la tappa in ultima posizione con il carro scopa e il fine corsa alle spalle

Finita sul Roselend

Molti sprinter temevano quella frazione: forse perché un po’ corta e molto dura, forse perché sapevano del ritmo che avrebbero imposto i leader. Fatto sta che Cavendish sull’arrivo ha gioito come se avesse vinto per essere riuscito a centrare il limite orario. Dlamini, il sudafricano della Qhubeka-Assos, caduto nei primi chilometri, è arrivato a Tignes un’ora e 24′ dopo O’ Connor. E poi il freddo, la pioggia… Il limite era appena inferiore ai 38′ di ritardo. Demare è arrivato a 41′ e Guarnieri che aveva tirato in precedenza a 52′.

«Abbiamo cercato di finirla in ogni modo – racconta proprio Guarnieri – ma con le cadute dei giorni precedenti e il freddo… avevamo qualcosa in meno nelle gambe. Sono cose succedono, stavolta è toccato a noi. Siamo rimasti con il gruppo di Cavendish fino a 5 chilometri dalla penultima salita, il Cormet de Roselend. A quel punto, causa freddo, ci siamo staccati e di fatto è finita lì».

L’incitamento a Demare, per lui sempre tanti tifosi a bordo strada
L’incitamento a Demare, per lui sempre tanti tifosi a bordo strada

Pericolo fiutato

«Sono un po’ infastidito nei confronti dell’organizzazione. Al mattino, tramite il Cpa avevamo chiesto di allungare il tempo massimo. Il limite in teoria lo decide l’Uci, in pratica lo fa il Tour. Ma ci avevano detto di stare tranquilli perché visto il meteo ci avrebbero ripescato. Invece non è stato così. Al Giro certe cose non succedono, avrebbero dato almeno 15′ in più e alla lunga ne avrebbe guadagnato lo spettacolo nei giorni successivi perché ci sarebbero stati più sprinter in gara. Per me è stato un bell’autogoal da parte del Tour. 

«E noi, sia chiaro, non è che siamo usciti perché siamo andati piano. Io ho fatto tra i miei valori migliori di sempre. Su cinque ore di gara ho passato il 97% del tempo al massimo. Quando sei nel gruppetto tieni una certa velocità, ma in due… cosa vuoi fare? E’ un Tour il cui livello è altissimo e sarebbe stata difficile anche se fossimo stati al 100%, così il rischio era totale e il 100% non è stato sufficiente».

Le ferite di Guarnieri, caduto nelle prime tappe (foto Instagram)
Le ferite di Guarnieri, caduto nelle prime tappe (foto Instagram)

Con la tagliola nella testa

Guarnieri è tornato in Italia il lunedì dopo la tappa di Tignes. Il morale non era dei più alti, ma lui stesso ammette di non aver rimpianti. Sa che con Demare hanno dato tutto. In più Jacopo ha corso con dei fortissimi dolori al costato dovuti ad una caduta che gli aveva procurato dei problemi anche nei giorni precedenti: faceva fatica ad alzarsi sui pedali.

«Siamo rimasti soli per 45 chilometri – riprende Guarnieri – e tutto sommato nella vallata prima della scalata finale eravamo a 2′ dal gruppetto di Cav. Abbiamo speso moltissimo là sotto. Ci informavano sui distacchi e sul limite di tanto in tanto – correre con una tagliola simile nella testa non è facile – e ai piedi della salita verso Tignes avevamo 29′ di ritardo. Per stare dentro avremmo dovuto perdere in 22 chilometri di salita solo 8′ dalla testa della corsa (alla fine Demare ne ha persi “solo” 13, ndr). Non era una scalata impossibile, ma come facciamo noi che siamo di 80 chili contro gente che non arriva a 65 a perdere così poco?

«Se abbiamo parlato? Non molto, con Arnaud ci siamo scambiati giusto qualche parola d’incitamento ogni tanto. Poi nel finale quando io ho mollato, sfinito, gli ho dato una voce un po’ più grande. Ma credetemi il freddo ci ha davvero bloccato. Forse perché non eravamo al massimo, non so… Ma di certo non era il meteo né la temperatura che mi sarei immaginato di trovare al Tour.

«Ripeto, non ho, anzi non abbiamo, rimpianti. Ammetto che sull’arrivo una lacrimuccia mi è scappata quando abbiamo visto che non ce l’avevamo fatta dopo che avevamo dato tutto. Con Demare siamo in camera insieme, ci siamo abbracciati, sappiamo di aver fatto il massimo e siamo stati anche un po’ sfortunati che O’Connor abbia fatto una prestazione simile. Ci sono tante cose che hanno inciso».

Demare arriva a Tignes 41’38” dopo O’Connor. Subito cerca il cronometro con lo sguardo
Demare arriva a Tignes 41’38” dopo O’Connor. Subito cerca il cronometro con lo sguardo

La riflessione di Guarnieri

Spesso si guarda solo alla lotta davanti, in realtà una grande fetta della corsa è anche dietro. Spesso si dice che per vedere un pro’ andare davvero forte in discesa bisogna guardare il gruppetto come scende nelle tappe di montagna. Ci sono regole non scritte che vanno avanti da decenni: quando mollare, quando spingere, quando stare insieme… E a proposito di regole, Guarnieri, che non è mai banale nei suoi giudizi, solleva una questione interessante sul tempo massimo. 

«Ma ha davvero senso il tempo massimo? E non lo dico per opportunismo – riprende il corridore della Groupama-Fdj – Per me serve solo perché non puoi chiudere una strada per 24 ore, ma siamo professionisti, non ce la prenderemmo “a ridere” se il limite non ci fosse. Dicono: c’è sempre stato il tempo massimo. Ma spesso anche gli addetti ai lavori e il pubblico non lo percepiscono bene. Vi faccio un esempio.

«Tour 2018, situazione simile a quella di Tignes. Io e Demare restiamo nel tempo massimo, mentre Greipel, Cavendish, Gaviria, Groenewegen, Kittel e altri vanno a casa. Dopo la tappa di Pau si arriva in volata, vince Demare e cosa dice l’opinione pubblica? Arnaud ha vinto perché tanto era solo. Non c’erano più velocisti in gara. Ma come? Allora non ha valore l’aver tenuto duro quel giorno? Stessa cosa qualche tempo fa quando in una cronosquadre tre corridori della Garmin caddero all’inizio e finirono fuori tempo massimo. Se solo fori in uno di quei momenti sei fritto. Ma tanto come sempre la nostra voce in capitolo è ridicola».