Lazzaro-Borgato: 12 domande sul 2024 delle donne

27.01.2024
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Il Tour Down Under e le tre nuove gare di Mallorca della settimana scorsa sono state l’antipasto di un ciclismo femminile che quest’anno si preannuncia particolarmente appetitoso. Come ci hanno detto sia il cittì Sangalli che Marta Cavalli, sarà la prima stagione del dopo Van Vleuten, una cannibale che condizionava volente o nolente le tattiche della maggior parte delle gare.

Prendendo spunto dal 2023 e buttando uno sguardo a ciò che avverrà nei prossimi mesi, abbiamo coinvolto Ilenia Lazzaro e Giada Borgato ad una dozzina di domande per conoscere le loro opinioni. Le commentatrici rispettivamente di Eurosport e Rai Sport conoscono molto bene il movimento di cui hanno fatto parte e la loro proverbiale eloquenza ha espresso diversi punti di vista e tanti spunti di interesse. Prendete nota, non manca nulla per seguire al meglio le protagoniste del 2024.

Vollering, Kopecky e Wiebes: quarantacinque vittorie in tre nel 2023. Sono loro le donne da battere in gare a tappe, classiche e volate
Vollering, Kopecky e Wiebes: quarantacinque vittorie in tre nel 2023. Sono loro le donne da battere in gare a tappe, classiche e volate
In un ciclismo femminile che cambia velocemente, qual è l’aspetto che ti piace di più e quello di meno?

LAZZARO: «Mi piace che nonostante tutto, è rimasto un ciclismo imprevedibile. Chi avrebbe mai detto che una come Kopecky sarebbe arrivata seconda al Tour? Le gare sono appassionanti e sono belle anche per chi le vede per la prima volta. Poi certo, la maggiore professionalità è un bene per il movimento. Non mi piace invece che stia crescendo troppo in fretta. Ci sono tante corse e non abbastanza atlete, tant’è che in certe gare alcune squadre partono sotto numero a causa di un calendario molto fitto. Se si andrà avanti così si rischiano di perdere tante formazioni continental e il possibile avvento dei ProTeam non è un bene».

BORGATO: «Il lato positivo è che ora tutto è più professionale. Le ragazze hanno una possibilità di diventare grandi campionesse e avere uno stipendio giusto. Mi spaventa invece, e quindi non mi piace, che tutto ciò non possa durare a lungo. Adesso nel WorldTour a livello economico ci sono i rubinetti aperti. Ci sono tante squadre, ma ci sono poche atlete, magari alcune di esse non di alta qualità. Quindi, se non dovessero arrivare i risultati che uno sponsor giustamente chiede per poter rientrare dall’investimento, quanto si andrà avanti in questo modo? Staremo a vedere».

A Giada Borgato piace la maggior professionalità del ciclismo femminile, ma la preoccupa la tenuta economica del sistema
A Giada Borgato piace la maggior professionalità del ciclismo femminile, ma la preoccupa la tenuta economica del sistema
La SD Worx ha dominato il 2023. Quale potrebbe essere la formazione che potrebbe impensierirla con maggior continuità e perché?

LAZZARO: «Io dico due formazioni su tutte. Lidl-Trek che ha fatto una bella campagna acquisti in ottica futura e con atlete multidisciplinari. Inoltre ha atlete rodate. L’altra è la Canyon//Sram per il cambio di mentalità portato da Magnus Backstedt in ammiraglia. Tra l’altro queste tre squadre sono legate a marchi di bici che puntano a strada e fuori strada».

BORGATO: «Per me la squadra più attrezzata per contrastare la corazzata olandese è la Lidl-Trek. A parte le italiane, tutte forti, hanno un bel mix di atlete esperte e giovani che sono competitive in ogni tipologia di corsa. In seconda battuta metto la Fdj-Suez, soprattutto per le gare a tappe, infine la DSM Firmenich-PostNL perché è una formazione giovane e ben assortita».

Capitolo velociste. Oltre a Balsamo, Kool potrebbe essere la vera rivale di Wiebes oppure ci sono altre atlete da tenere in considerazione?

LAZZARO: «Bisogna dire che il ciclismo femminile attuale sta premiando velociste non pure. Anche Kool sta provando a diventare come Wiebes, che a sua volta l’anno scorso ha modificato un po’ le sue caratteristiche. Il nome nuovo per me potrebbe essere quello dell’australiana Wollaston, giovane molto interessante che ha già vinto al Down Under. Discorso a parte invece per Consonni e Martina Fidanza che potrebbero sacrificare un po’ di strada per preparare le Olimpiadi in pista».

BORGATO: «Partendo dal presupposto che bisogna vedere i finali di corsa, Kool è senza dubbio la velocista più pura delle tre e personalmente la vedo come prima rivale di Wiebes, ma Balsamo è un’atleta fantastica che ha dimostrato di batterle spesso. In questa lista però inserisco anche Consonni, che non ha nulla da invidiare a loro tre in volata. Un’altra veloce, in alternativa a Chiara, è la sua compagna Gasparrini. Infine dico anche Norsgaard».

Kool regola Wiebes e Balsamo in volata. Oltre a loro, ci sono tante velociste pronte ad inserirsi nella lotta
Kool regola Wiebes e Balsamo in volata. Oltre a loro, ci sono tante velociste pronte ad inserirsi nella lotta
Capitolo classiche. Su alcuni percorsi Kopecky resta la donna battere. Chi può essere la sua prima antagonista?

LAZZARO: «Anche per Lotte vale il discorso di Parigi, dove punterà a vincere sia su strada che in pista. Detto questo, per me lei potrebbe avere la concorrenza interna alla SD-Worx. Wiebes e Vollering in primis. Tuttavia le avversarie dovranno essere brave a sfruttare questa rivalità e Persico può essere una che può approfittarne».

BORGATO: «Lotte è la numero uno per questo tipo di gare. Bisognerà capire cosa vorranno fare le sue compagne quando c’è anche lei. E penso a Vollering e Reusser, che possono vincere tranquillamente un Fiandre. Anche in questo caso ci sono tante altre atlete che possono dare fastidio a Kopecky. Brand, Deignan, Van Anrooij, Longo Borghini, la stessa Balsamo, Persico o Sierra. Personalmente credo molto in Guazzini in qualche classica del Nord, anche solo per esorcizzare le cadute sulle pietre».

Capitolo gare a tappe. Vollering è stata la plurivincitrice del 2023 e appare la più accreditata per i grandi giri. Chi possono essere le atlete in grado di batterla?

LAZZARO: «A mio avviso la prima rivale è Niewiadoma, che con la vittoria del mondiale gravel, dove c’erano tutte le big, ha trovato quella consapevolezza che le mancava per fare il salto di qualità mentale. Le altre che possono impensierire Vollering sono Longo Borghini, atleta sempre molto solida e completa, Cavalli e Realini».

BORGATO: «La concorrenza è alta anche in questo caso e i primi due nomi che faccio sono italiani. Spero che Cavalli si ritrovi definitivamente e che Longo Borghini faccia molto bene. Entrambe devono riscattare un 2023 sfortunato. Dietro di loro metto Realini, Ludwig e Niewiadoma, per la quale concordo in pieno con Ilenia nel giudizio».

Secondo Lazzaro, Niewiadoma grazie al mondiale gravel ha preso più consapevolezza e può battere Vollering nelle gare a tappe
Secondo Lazzaro, Niewiadoma grazie al mondiale gravel ha preso più consapevolezza e può battere Vollering nelle gare a tappe
Quest’anno chi saranno le cosiddette “scommesse” o sorprese? Due italiane e due straniere

LAZZARO: «Ripeto il nome di Wollaston come sorpresa, assieme ad Ava Holmgren, anche se non so ancora che programmi avrà questa diciottenne che mi piace tantissimo. Tra le italiane dico Gasparrini, che merita di fare il grande salto col talento che ha, e Vigilia, che è andata in una formazione di alto livello».

BORGATO: «Parto da due straniere giovanissime che mi hanno subito colpito in questo avvio di 2024. Gigante che ha vinto a Willunga Hill e la generale del Down Under con un grande numero facendo saltare Ludwig. Vallieres invece ha vinto a Palma di Maiorca di prepotenza resistendo al ritorno di atlete più navigate di lei. Tra le italiane dico Bertizzolo perché la aspetto da anni. La bella vittoria di tappa al Romandia dell’anno scorso le ha ricordato che è una grande atleta, capace di grandi prestazioni e risultati. Per me al Nord andrà forte. Infine come scommessa dico Venturelli. E’ vero che sarà nel devo team della UAE e spero che la gestiscano bene, però ha numeri e fisico pazzeschi per farsi notare».

Due giovani italiane e due straniere che quest’anno si metteranno più in mostra

LAZZARO: «Inizio dalle straniere indicando Van Empel, soprattutto per le gare a tappe, e Schreiber, entrambe ciclocrossiste. Mentre tra le italiane punto su Tonetti e Venturelli, che hanno tutto per fare bene».

BORGATO: «Difficile rispondere perché c’è l’imbarazzo della scelta. Barale ha iniziato forte la stagione e secondo me arriverà davanti spesso. Poi dico Tonetti anch’io, perché è cresciuta molto grazie a Rigato. Tra le straniere faccio i nomi di due ragazze del 2005. La francese Bego della Cofidis, iridata all’ultimo mondiale, e la belga Moors della Lidl-Trek, terza a Glasgow e prima all’europeo».

Per Ilenia Lazzaro il bello del ciclismo femminile è l’imprevedibilità, ma per lei il WorldTour sta crescendo troppo in fretta
Per Ilenia Lazzaro il bello del ciclismo femminile è l’imprevedibilità, ma per lei il WorldTour sta crescendo troppo in fretta
Olimpiade, mondiale ed europeo. L’Olanda sarà la solita nazionale di riferimento?

LAZZARO: «Credo proprio di sì, però l’Italia è l’unica nazionale che può dare filo da torcere alle olandesi o addirittura batterle».

BORGATO: «Sì certo, anche per me l’Italia è l’unica che può essere considerata alla pari. La nostra nazionale al completo, col solito spirito collettivo, sa mettere in difficoltà o battere le olandesi. All’Olimpiade sarà un mezzo macello perché è una gara strana dove si corre solo con quattro atlete, ma saranno loro i due fari della gara. Uguale anche per mondiale ed europeo».

Che giudizio dai di Sangalli come tecnico azzurro?

LAZZARO: «Non può che essere buono il giudizio. Ha sempre ottenuto il miglior risultato possibile con quello che aveva a disposizione. Penso all’anno scorso senza Balsamo e Longo Borghini o comunque non al top della forma. E’ stato sempre bravo a gestire l’ampio roster di ragazze e a farle correre tutte».

BORGATO: «Per me Paolo sta facendo bene e vuole il bene delle ragazze. Tra ritiri e gare sta dando l’opportunità a tante atlete di assaporare la maglia azzurra. Ovvio che poi debba fare delle scelte in base ai risultati e a come si muovono in corsa. Per fortuna ha problemi di abbondanza, ma vi garantisco che non è facile prendere decisioni. Un altro dei suoi meriti è il lavoro con le junior. Le sta facendo crescere tantissimo a livello internazionale».

Per Borgato, Realini potrebbe essere una seria candidata alla vittoria del Giro Women
Per Borgato, Realini potrebbe essere una seria candidata alla vittoria del Giro Women
Vigilia (Fdj-Suez), Zanardi (Human), Masetti (AG Insurance), Vettorello (Roland), Arzuffi e M.Fidanza (Ceratizit) saranno al primo anno nel WorldTour. Chi di loro farà meglio o subirà di meno l’impatto nella nuova categoria?

LAZZARO: «Secondo me sono tutte all’altezza del WorldTour, però spendo una parola per Masetti. E’ ragazza sveglia, che qualche anno fa si è proposta alla AG Insurance in prima persona, guadagnandosi la stima di Jolien D’Hoore, la sua diesse».

BORGATO: «Arzuffi è esperta e assieme a Fidanza erano già in un team attrezzato come Ceratizit. Masetti la volevo inserire tra le giovani da seguire della domanda di prima. Quindi fra tutte queste, penso che Vigilia e Zanardi trarranno il meglio dalla nuova categoria, mentre Vettorello sarà da scoprire meglio».

Longo Borghini, Realini, Cavalli, Persico: quale di loro può vincere un grande Giro?

LAZZARO: «Rispondo in maniera secca. Longo Borghini per quello che dicevo prima. Va forte in salita, in discesa e non ha paura delle responsabilità. Anche le altre possono vincere un grande Giro, a parte Persico che secondo me per un po’ non curerà la generale».

BORGATO: «Se rispondo col cuore dico Cavalli per il lungo termine e Longo Borghini sul breve termine, però se faccio un certo ragionamento dico Realini. Gaia quest’anno potrebbe davvero vincere il Giro Women o arrivarci vicino perché potrà concentrarsi solo su quello. A differenza delle big straniere o delle sue connazionali, non farà l’Olimpiade e non dovrebbe essere prima punta al mondiale. Quindi potrebbe arrivare al Giro al top della forma mentre invece le altre potrebbero correre in preparazione di Parigi. Persico al momento è più orientata su classiche e tappe nonostante abbia fatto classifica negli ultimi due anni».

Più duro il Giro con il doppio Blockhaus o il Tour con l’Alpe d’Huez?

LAZZARO: «Sono frazioni che si somigliano, ma per me il Giro Women è più duro. E lo sarà anche per le atlete al via. Secondo me molte verranno a correrlo in preparazione per Parigi e quindi potremmo vedere un livello alto ad ogni tappa».

BORGATO: «Il disegno di entrambe le tappe sono simili. Al Tour Femmes hanno un uno-due finale da urlo con gli arrivi a Le Grand Bornand e Alpe d’Huez, ma credo pure io che il Giro Women sia più duro. Ogni giornata ha una difficoltà maggiore».

Sotto lo sguardo di Borgato: tre top e tre flop del Giro Donne

12.07.2023
6 min
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Lo ha seguito, lo ha commentato, lo ha vissuto: con Giada Borgato (nella foto di apertura) torniamo sul Giro d’Italia Donne. Una sorta di resoconto che ci porta ad analizzare i tre top e i tre flop della corsa rosa al femminile.

Grosse sorprese non ce ne sono, ma è interessante conoscere il perché dei giudizi elargiti dalla padovana. Giudizi sempre tecnici e mai banali, tipici di chi ha corso fino a pochi anni fa.

Van Vleuten versione Cannibale: tre tappe, maglia rosa, maglia della classifica a punti e quella dei Gpm
Van Vleuten versione Cannibale: tre tappe, maglia rosa, maglia della classifica a punti e quella dei Gpm

Van Vleuten famelica

Partiamo dai top, dalle ragazze che si sono ben distinte. E in pole position Borgato mette Annemiek Van Vleuten. 

«Una Annemiek prendi-tutto, una cannibale – spiega Giada – si è dimostrata di un altro livello con prestazioni top grazie alle quali lasciava sul posto tutte le altre. Lo ha mostrato sin dalla seconda tappa. Ha preso la maglia rosa, non l’ha più mollata e ogni volta che ha avuto la possibilità di dimostrare di essere la più forte lo ha fatto: nessun regalo a nessuna».

Il cannibalismo dell’atleta della Movistar è per Borgato forse l’unico aspetto negativo di questa formidabile atleta. Giada sostiene che almeno nella tappa di Alassio, Annemiek poteva lasciare andare.

«Aveva già un grande margine sulla seconda, poteva restare con le altre – magari riaccendendo un filo di souspence, aggiungiamo noi – e lasciare quel traguardo parziale. Poteva far vedere che stava facendo un pizzico di fatica anche lei.

«Okay che decide di vincere in maglia rosa sul Santuario di Madonna della Guardia, ma per il resto… Ma lei è sempre stata così, per di più è all’ultimo anno di carriera e voleva lasciare un segno forte. Di un’altra categoria».

Gaia Realini ha mostrato sangue freddo quando si è ritrovata leader
Gaia Realini ha mostrato sangue freddo quando si è ritrovata leader

Brava Gaia

L’altra promossa, e non poteva non essere così, è Gaia Realini. Borgato non si limita ad inquadrarla in questo Giro Donne. La sua escalation l’abruzzese l’ha mostrata sin dall’inizio della stagione.

«Ha vinto quest’inverno all’UAE Tour, si è ripetuta alla Vuelta. Oltre al podio, mi è piaciuto il suo atteggiamento: sempre propositiva, sempre attiva… anche per la squadra. Un podio al Giro Donne a 22 anni è un successo. In più ha conquistato la maglia di miglior giovane e quella di migliore italiana. Credo che neanche lei se lo immaginava prima di partire».

Borgato esalta anche un altro aspetto di Realini, vale a dire la tenuta psicologica. Di fatto Gaia si è trovata ad essere leader, ma ha tenuto bene.

«Si è ben comportata in questo ruolo, doveva lavorare per Elisa Longo Borghini e si è ritrovata capitana, che è tutt’altra cosa. Altre pressioni e non era in una squadretta.

«E’ anche vero che le ragazze sono state compatte. La Deignan, esperta, era la sua ombra. Nella Lidl-Trek, mi diceva anche Slongo, c’era tanto affiatamento, ma si vedeva anche da fuori, si percepiva. Davvero un bel salto di qualità per questa ragazza, che ha ancora grandi margini di crescita».

Borgato ha esaltato la crescita del movimento. Una crescita che si riscontra nelle prestazioni e anche fisicamente con strutture più corpose
Borgato ha esaltato la crescita del movimento. Una crescita che si riscontra nelle prestazioni e anche fisicamente con strutture più corpose

Ciclismo femminile: si vola

Il terzo top Borgato lo assegna, con un certo piacere, non ad un’atleta ma… al movimento ciclistico femminile. 

«Ogni volta – dice Borgato – resto stupita di quanto sia cresciuto. Cammino nelle aree dei parcheggi e vedo bus, ammiraglie, motorhome dei meccanici. Oggi gli organizzatori quando devono preparare un evento devono sedersi bene ad un tavolo. Una volta bastava un piccolo parcheggio, arrivavano qualche auto e qualche furgone ed era fatta. Ora servono spazi ampi davvero».

«Anche gli staff sono cresciuti. Alcune squadre arrivavano a venti persone fra diesse, massaggiatori, meccanici… Venti persone per sette ragazze. E tutto questo porta ad un incremento delle prestazioni. Adesso per le cicliste è un lavoro vero. Tutte hanno fatto dalle due alle tre settimane di altura prima del Giro Donne. Ai miei tempi se ci andavi, salivi una settimana l’anno e a tue spese.

«Sono felicissima di questo aspetto e ammetto che provo anche un pizzico d’invidia! Ma ben venga questo livello».

Marta Cavalli ha chiuso il Giro Donne in 14ª piazza. «Eppure – ha detto Borgato – a giugno aveva dato segnali di ripresa»
Marta Cavalli ha chiuso il Giro Donne in 14ª piazza. «Eppure – ha detto Borgato – a giugno aveva dato segnali di ripresa»

Forza Marta

Passiamo invece a chi in questo Giro Donne è stato “bocciato”. Tra i flop, Giada parte da Marta Cavalli… Tutti ci aspettavamo tanto dalla “Marta nazionale”, ma sappiamo le difficoltà che sta vivendo in questa stagione.

«Marta è la prima che mi viene in mente – dice Borgato – Nulla di preoccupante, ci siamo anche parlate. Veniva da un super 2022: una campagna del Nord ottima, il Giro Donne… Però questa stagione non è partita con il piede giusto per lei. Ha sempre avuto qualche problema e non è mai riuscita a prendere un buon ritmo, anche se dopo i risultati di giugno un po’ ci ha fatto sperare che la rotta fosse cambiata. E’ stata una delusione per lei stessa, in primis, e poi anche per i suoi tifosi».

«In questo Giro è anche caduta e avvertiva dei dolori al bacino. Mi ha raccontato che anche in virtù di questa caduta, per restare attaccata al gruppo in certi frangenti ha dovuto fare dei fuorigiri che poi ha pagato. Di fatto, poverina, non si è mai vista».

La grinta non manca a Mavi Garcia, ma tatticamente sono riemerse le solite lacune
La grinta non manca a Mavi Garcia, ma tatticamente sono riemerse le solite lacune

Garcia indomabile

Bollino rosso anche per Mavi Garcia. Passano le stagioni ma certi errori, a quanto pare, sono gli stessi.

«Attacca e si stacca. Lo scorso anno è stata terza, quest’anno settima: c’è qualcosa da rivedere. Per Garcia il discorso va oltre la “giornata no”, per me si è gestita male. Se non sei super è inutile che attacchi. A quel punto meglio stare tranquilla, non saltare e magari riuscire a fare quinta».

«In una tappa ha provato a rientrare su Van Vleuten e Longo Borghini, ha speso l’ira di Dio, gli è arrivata a 100 metri, non ha chiuso e si è piantata. Idem verso il Santuario di Madonna della Guardia, quando ha attaccato sulla salita (velocissima, ndr) precedente. Okay che è arrivata tardi al ciclismo, ma ormai è esperta. Mi dicevano i suoi tecnici che lei è così. Anche Giorgia (Bronzini, la sua diesse, ndr) mi ha detto che non è facile da gestire».

Marianne Vos (a destra) e Fem Van Empel… in questo Giro non hanno reso come ci si aspettava
Marianne Vos in questo Giro non ha reso come ci si aspettava da una leonessa qual è

Vos e Jumbo, pollice verso

L’ultimo pollice verso Giada lo indirizza a Marianne Vos e alla sua Jumbo-Visma.

«Partiamo da Marianne. Ha commesso degli errori quasi da principiante. Okay, nella prima volata Wiebes l’ha battuta, ha trovato chi era più forte, ma nella seconda su un arrivo che tirava e quindi perfetto per lei, è partita lunghissima e alla fine si è letteralmente piantata. Ha fatto un gestaccio, ma se la doveva prendere solo con sé stessa. O al massimo con la sua squadra che l’ha lasciata sola. Si è dovuta arrangiare, cosa che sa anche fare bene, ma ha sprecato energie e forse non era lucida. E poi oggi conoscono gli arrivi per filo e per segno. Fanno le riunioni, hanno strumentazioni specifiche… non è come una volta che lo scoprivi quando ci arrivavi».

«Parlando della Jumbo-Visma invece è mancata nella generale. Qualcosa dovranno analizzare. Hanno ottenuto un piazzamento (undicesima, ndr) con Fem Van Empel, ma in generale per uno squadrone come il loro c’è da rivedere la campagna acquisti. Puntavano su Marianne okay, ma anche Vos non può portare sempre tutto il peso del team».

Giro alle spalle, ora le ricognizioni del Tour con la voce di Giada

Giada Gambino
11.06.2023
6 min
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Giada Borgato, reduce della sua esperienza in moto cronaca al Giro d’Italia (foto Mirror Media in apertura), è a casa e si sta preparando per affrontare un’altra bella ed impegnativa esperienza: le ricognizioni del Tour de France. Il ciclismo ha sempre fatto parte della sua vita, le ha regalato grandi emozioni ed importanti vittorie ma, oggi, ci racconta cosa significa non stare più in gruppo su una bici, ma farlo dalla sella di una moto… 

Cosa ti manca di più dello stare in gruppo? 

L’adrenalina principalmente. L’adrenalina della corsa in generale, ma soprattutto quella dei finali di corsa del ciclismo agonistico. Mi mancano quelle forti emozioni che solo una competizione come quella ciclistica ti può dare.

Il nuovo capitolo da commentatrice?

E’ nato un po’ per caso. Ho smesso di correre nel 2014 e a fine stagione, per annunciare il mio ritiro, venne Piergiorgio Severini, un giornalista della Rai a farmi un’intervista. Era un servizio riassuntivo di tutto ciò che riguardava la mia carriera. Alla fine, facendo una battuta, gli dissi che se mai avesse avuto bisogno di una mano, da quel momento ero in cerca di lavoro: ero disoccupata (ride, ndr). L’estate dopo mi chiamò dicendomi che mancava il commentatore tecnico. Se volevo, aggiunse, avrei potuto provare a commentare con lui. Così, ho iniziato a fare il commento tecnico per le donne e poi, piano piano, mi sono inserita anche nel ciclismo maschile.

Piergiorgio Severini, Lizzie Armitstead, Giada Borgato, Giro donne 2016
Giada Borgato con il suo mentore Piergiorgio Severini e Lizzie Armitstead al Giro donne 2016
Piergiorgio Severini, Lizzie Armitstead, Giada Borgato, Giro donne 2016
Giada Borgato con il suo mentore Piergiorgio Severini e Lizzie Armitstead al Giro donne 2016
Come hai vissuto la prima esperienza da commentatrice?

Fatica! Non pensavo, perché dovevo dire cose che fondamentalmente sapevo. Mentre ero lì mi resi conto invece che stare davanti alla telecamera piuttosto che ad un microfono non è per nulla semplice. Tanta gente ti ascolta e giudica se fai un errore grammaticale o se sbagli una virgola. Adesso magari faccio una frase che dura un minuto, prima la facevo da 10 secondi perché mi mancavano le parole. A volte mi ripetevo nella testa «Giada, devi dire quello che sai!». Piano piano, però, sono riuscita a sciogliermi. 

Adesso qual è la tua strategia?

Cerco di essere sempre più preparata possibile, che sia una corsa maschile o femminile, che sia il Giro d’Italia o che sia la gara del circuito del campanile come si suol dire (sorride, ndr). Mi preparo sempre alla stessa maniera. Spero di azzeccare le cose giuste, ovviamente non mi azzardo a dire cose che non ci sono, cerco di raccontare quello che vedo. Bisogna avere tante conoscenze, studiare, leggere e rimanere aggiornati ad esempio da siti come il vostro (sorride di nuovo, ndr).

Giada aveva fatto una prima prova generale di corsa sulla moto alla Sanremo
Giada aveva fatto una prima prova generale di corsa sulla moto alla Sanremo
Fare questo lavoro ti fa sentire quasi in gruppo?

Sì, assolutamente. Di fatto ho la fortuna che da una parte si è chiusa una porta e dall’altra si è aperto un portone. Mi è capitato di pensare di aver smesso di correre troppo presto, però probabilmente se non fosse andata a quel modo, non avrei intrapreso questa strada. Mi sento molto fortunata di essere ancora nel mio ambiente, nel mio mondo, di fare qualcosa che amo.

Commentare una corsa alla quale si è preso parte più volte, come il Giro Rosa… 

Sapete, adesso è cambiato tanto il ciclismo rispetto agli anni in cui correvo io. Ci sono anche tante cose nuove che devo raccontare. Anche se continuo sempre a pedalare, ci sono aspetti tecnici, moderni, nuovi del ciclismo femminile che bisogna prendere in considerazione. Ormai il mondo delle donne è molto vicino al ciclismo maschile.

Giada Borgato e Stefano Rizzato hanno raccontato il Giro dalle moto Rai dall’interno della corsa
Giada Borgato e Stefano Rizzato hanno raccontato il Giro dalle moto Rai dall’interno della corsa
Il Giro d’Italia in moto?

Una bella esperienza. In precedenza avevo fatto solo la Sanremo ed è completamente differente rispetto a una gara a tappe. Il Giro anche per noi della Rai è l’elemento più importante. Siamo in tanti: due moto cronaca, tre commentatori in cabina, tutti gli ospiti che devono avere la linea. Quando venivo chiamata io, inizialmente non sapevo esattamente quanto intervenire e in che modo, dovevo prendere un po’ le misure. Mi ci sono voluti un po’ di giorni e poi quando ho capito come funzionava, ho imparato a prendere il ritmo anche con gli altri e da lì ho iniziato a divertirmi. Certo, abbiamo preso tanta acqua, ma ripartirei anche domani.

Ti sentivi parte della corsa?

Sei fra loro, vivi tutto da dentro. Riesci a sentire proprio i rumori e a vedere da vicino anche i colori del Giro. Vedi le sofferenze dei corridori. Il più delle volte sei dietro e i primi che si staccano sono quelli che fanno più fatica, vederli soffrire così da vicino faceva quasi impressione. Li guardi, sotto la pioggia, sofferenti sulla salita e sai che dovranno affrontarne anche un’altra. Quando ti trovi davanti con qualcuno che può andare a vincere la corsa, è tutt’altra sensazione. Quindi vedi gli estremi: chi dietro lotta per arrivare a fine tappa sano e salvo e chi davanti lotta per la vittoria. In più ci sono tutte le sfumature: il corridore che va a prendere l’acqua, il momento di calma, un momento più concitato, i direttori sportivi, tutto quello che succede nelle ammiraglie dove c’è tanto stress.

«Acqua ne abbiamo presa tanta», sorride Giada Borgato: il Giro non ha dato scampo
«Acqua ne abbiamo presa tanta», sorride Giada Borgato: il Giro non ha dato scampo
Un momento del Giro, che noi da casa non abbiamo potuto vedere, che ti è rimasto impresso?

E’ bello vedere i corridori che sono più indietro. Vengono avvicinati dall’ammiraglia, incitati e confortati. Oppure, è stato molto bello seguire Buitrago sulle Tre Cime di Lavaredo, che è stato affiancato più e più volte da Pellizotti, tanto che si è preso un po’ di parole dalla Giuria. Gli andava vicino, lo spronava, lo incitava e poi il colombiano ha vinto la tappa. Franco ha corso per tanto tempo, in quei momenti lì sicuramente sente l’adrenalina che aveva da corridore. 

Tra le giovani cicliste che stanno crescendo, chi promette?

E’ stato bello cosa ha fatto quest’anno la Realini (Gaia, atleta della Trek-Segafredo, ndr). L’anno scorso aveva fatto vedere buone cose, ma fare un exploit così tra le elite, è qualcosa che promette davvero bene.

Crono di Monte Lussari: non si segue in moto, Giada la racconta dal punto del cambio bici
Crono di Monte Lussari: non si segue in moto, Giada la racconta dal punto del cambio bici
Continuare nel mondo Rai, è qualcosa che vorresti?

Lo spero, lo sport è il mio mondo, se riesco a continuare a lavorare per la Rai e raccontare il ciclismo sarebbe un sogno. Appello a Rai Sport: tenetemi il più possibile (ride, ndr)!

L’aspetto che più ti piace di questo lavoro?

Il contatto con la gente. Il ciclismo ti porta in giro per il mondo e conoscere persone con culture diverse ti lascia qualcosa in più, ti apre la mente.

Lago Laceno: Evenepoel solo tra gli squadroni

09.05.2023
6 min
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Due corse in una ma con un elemento comune: la maglia rosa. La frazione di Lago Laceno ha visto il trionfo di Aurelien Paret-Peintre e il passaggio del simbolo del primato dalle spalle di Remco Evenepoel al norvegese Andreas Leknessund.

«Aurelien sta bene. E’ qui per fare bene e per la classifica», ci aveva detto il suo compagno Andrea Vendrame alla vigilia della crono della Costa dei Trabocchi. E il corridore della Ag2R-Citroen se l’è giocata bene.

Sgambettava da scalatore, agile. Ha colto l’occasione del compagno di fuga in cerca della maglia rosa, più generoso nel tirare, e si è portato a casa il successo più importante della sua carriera.

Soudal scricchiola

Ma Lago Laceno ci ha detto soprattutto una cosa: Remco Evenepoel c’è, la sua squadra un po’ meno. E’ vero che c’era pioggia. E’ vero che all’inizio la tappa è stata incredibilmente dura e incerta, ma sta di fatto che nel finale (e non solo) il campione del mondo è rimasto da solo.

Ad uno ad uno i suoi compagni si sono staccati: alcuni prima dell’ultima salita, il che era anche lecito perché avevano tirato parecchio, altri in precedenza.

«E’ stata una giornata durissima – ci racconta Giada Borgato che ha seguito la corsa in moto per la Rai – hanno fatto due ore “pancia a terra”. La prima parte era tutta un su e giù. Ho visto facce che non vi dico.

«Mi auguro che crescano i ragazzi della Soudal – va avanti Borgato – ma ho seri dubbi. Già sulla prima salita Van Wilder ed altri compagni erano in difficoltà. Ballerini è stato tra i primissimi corridori a saltare. Faceva fatica vera. Probabilmente ha pagato le due tappe precedenti, che comunque per loro sono state stressanti. Ma per assurdo ci sta che lui, più velocista, si stacchi presto anche se è strano. Magari era in giornata no. Il problema è che si sono staccati subito gli altri.

«Si è staccata gente come Cerny, Serry, Hirt e poi anche Van Wilder che dovrebbe essere l’ultimo uomo di Remco in salita e che, da quel che ho visto, lo avevano anche preservato. Fortuna per loro che è andata via la fuga, hanno rallentato e sono rientrati dopo il primo Gpm».

La Soudal schierata. Dopo che la fuga è partita, la squadra di Evenepoel si è ricompattata, ma nel finale si è sfaldata di nuovo
La Soudal schierata. Dopo che la fuga è partita, la squadra di Evenepoel si è ricompattata, ma nel finale si è sfaldata di nuovo

Serrare i ranghi

Il problema è che queste non sono ancora salite dure. Cosa accadrà quando ci saranno le scalate vere? Cosa succederà già fra tre giorni a Campo Imperatore? I dubbi di Lago Laceno sono ampi. E tutto sommato alimentano l’incertezza del Giro d’Italia.

Viene da pensare a Davide Bramati, diesse della Soudal-Quick Step, a quel che dirà questa sera ai suoi ragazzi nel “giro delle camere”. A come mantenere la calma. 

“Brama” ha parlato di una giornata no da parte dei suoi. Nulla è perduto sia chiaro. Anche perché se c’è un corridore forte e tranquillo in gruppo quello è proprio Evenepoel. Ma qualcosa va fatto.

Bisogna serrare i ranghi. Correre compatti e nascosti. In casa Soudal-Quick Step devono prendere atto della situazione. Cosa che hanno fatto le altre squadre. Hanno visto che qualcosa si può fare. Che Remco può restare solo. 

«Penso – va avanti Giada – che Brama abbia poco da dire ai suoi ragazzi. Alla fine hanno fatto il loro. Seppur faticando, hanno controllato la corsa nella prima parte. Hanno fatto andare via la fuga giusta. Poi sono le gambe che contano e se non ne hanno, non ne hanno…. 

«Brama era tranquillo. E lui lo conosciamo com’è quando è nervoso! Ma sa bene che corridori ha in mano. Per me oggi ha fatto bene a perdere la maglia».

E questo ormai è appurato. Il rischio è che a Campo Imperatore la maglia rosa gli ricaschi addosso, ma intanto è così. E un po’ di stress in meno non fa male.

Inoltre non va dimenticato – e questo lo ha saggiamente ribadito anche Borgato stessa in diretta tv – che la Soudal-Quick Step è storicamente una squadra per le classiche. Solo da un paio di stagioni sta virando sui grandi Giri. Ci vuole tempo per questa metamorfosi. Pensiamo solo alla UAE Emirates di Pogacar due anni fa…

Giada Borgato (ex professionista) commenta il Giro d’Italia dalla moto per la Rai (foto Mirror Media)
Giada Borgato (ex professionista) commenta il Giro d’Italia dalla moto per la Rai (foto Mirror Media)

Remco sereno

In tutto ciò viene da chiedersi come sta Evenepoel. Lui ci è sembrato rilassato. Attento. Prima del Gpm finale si è chiuso la maglia con la semplicità di chi non era a tutta.

«Remco è tranquillissimo – prosegue Borgato – aveva il viso disteso ed era bello in faccia. L’ho visto sereno, anche quando è venuto indietro alla macchina per cambiare le ruote e fare la pipì. Ha fatto tutto con i suoi tempi, con calma. Non aveva gli occhi sbarrati di chi stava perdendo tempo. E lo stesso quando è rientrato. Lo ha fatto senza stress. Sarebbe potuto rientrare da solo

«Remco parla in gruppo, scherza con gli altri. Anche oggi, quando era venuto dietro all’ammiraglia, ha scambiato due battute col mio pilota che è belga. Gli ha detto qualcosa del tipo: “Mamma mia che tappa”. Un po’ come Caruso: “Finito il trasferimento? Quando parte la fuga?».

La Venosa-Lago Laceno è stata dura anche per le condizioni del meteo
La Venosa-Lago Laceno è stata dura anche per le condizioni del meteo

Ineos più forte

Lago Laceno ci ha anche detto che la Ineos-Grenadiers è la squadra più forte. Oltre ai due capitani, Thomas e Geoghegan Hart, nella scalata finale c’erano tre gregari e un altro si era staccato solo a 4 chilometri dalla vetta. Mentre Puccio e Ganna si erano spostati ai piedi dell’ascesa e solo dopo aver concluso il loro lavoro.

Stando alle parole di Giada – Remco è rimasto solo già dopo la prima salita – viene da chiedersi perché non lo abbiano attaccato. Che sia stata un’occasione persa?

«Non lo hanno attaccato per più motivi secondo me – spiega Borgato – primo perché si era lontani dal traguardo. E poi anche la Jumbo-Visma traballa. Ma per loro il discorso è un po’ diverso. Hanno perso gente come Gesink e Foss per Covid, Tratink per incidente alla vigilia del Giro. Oggi ho visto benino Kuss, ma Oomen è rimasto attaccato per un pelo. Magari loro, che sono stati chiamati all’ultimo e sono scalatori, potranno crescere strada facendo.

«E non lo hanno attaccato perché siamo ad inizio Giro e per me fare certi sforzi può essere rischioso».

Con la Soudal in queste condizioni se corridori come Sam Oomen (in foto) troveranno una buona gamba sarà un doppio colpo per Roglic
Con la Soudal in queste condizioni se corridori come Oomen (in foto) troveranno una buona gamba sarà un doppio colpo per Roglic

Assalto sfumato?

In effetti per un colpo “alla Torino 2022” servivano squadre forti e compatte e al di fuori della Ineos sembra non ce ne siano in gruppo per ora. La stessa Bora-Hansgrohe, che tutto sommato si è mostrata in buona condizione, per fare un attacco del genere avrebbe dovuto sacrificare il suo secondo leader, Kamna. 

«Konrad va bene, ma cerchi di preservarlo. Mentre Jungles l’ho visto spesso in difficoltà. Denz come arriva una salita si stacca e anche Benedetti è più per la pianura. E ancora: le salite di oggi erano pedalabili, salivano fortissimo. Credo serva qualcosa di più per staccare Remco».

Il 2022 secondo Eros Capecchi… il vivaista

06.12.2022
7 min
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Per la prima volta dopo 17 anni Eros Capecchi si è goduto il ciclismo come uno spettatore normale, ammesso che normale sia un aggettivo calzante per chi è stato al vertice di questo sport per tanto tempo. Capecchi è stato tra i primissimi, se non il primo, a passare giovanissimo. Aveva 19 anni.

Dal Giro dell’Emilia 2005, fatto come stagista con la Liquigas, dove avrebbe iniziato la sua avventura ufficialmente l’anno successivo, alla Bretagne Classic 2021: nel mezzo tante gioie al fianco di altrettanti campioni e tre vittorie, su tutte quella di San Pellegrino al Giro d’Italia 2011.

Eros e la sua compagna Giada Borgato (ex professionista e oggi commentatrice Rai)
Eros e la sua compagna Giada Borgato (ex professionista e oggi commentatrice Rai)
Emozioni, senso critico, passione: Eros, come ha vissuto questi primi 12 mesi da ex corridore?

Partiamo dal presupposto che ho smesso di correre con la massima serenità. Ho detto basta quando voglia e stimoli non erano più gli stessi. E’ stato qualcosa di mio, come mio era il vivaio che mi attendeva. E forse questo mi ha aiutato a smettere… bene. Che poi è il problema di molti. Si chiedono: «E adesso cosa faccio?». Quindi, questa stagione da fuori me la sono goduta.

Hai seguito le corse insomma…

Sì e poi con Giada (Borgato, ndr) che commentava alla tv, tante volte mi divertivo più a sentire lei che a vedere la corsa. In più mi hanno coinvolto per una tappa del Giro-E e ho i ragazzi dell’Umbria. Insomma sono rimasto nell’ambiente. Tutti gli anni quando si ripartiva mi mettevano in camera con i giovani, gli stavo vicino, gli davo consigli. E quindi il ruolo di commissario tecnico del Comitato regionale dell’Umbria mi è venuto naturale.

Eros, se dovessi scegliere tre momenti di questa stagione vissuta “dal vivaio” quali diresti?

I primi che mi vengono in mente sono i duelli e le azioni dei due fuoriclasse: Van der Poel e Van Aert. Belli da vedere, imprevedibili… Li ho anche vissuti in prima persona e quando sei in corsa con loro sai che ti diverti, che può succedere qualcosa da un momento all’altro. 

Nella discesa dal Col de Spandelles, la scivolata di Pogacar. Poco dopo Vingegaard lo aspetterà (immagine Tv)
Nella discesa dal Col de Spandelles, la scivolata di Pogacar. Poco dopo Vingegaard lo aspetterà (immagine Tv
E poi?

Direi Poagacar, una super conferma, e Vingegaard: in particolare la caduta in discesa al Tour. Il danese mi ha colpito non tanto perché è andato forte, quello si sapeva, ma per i suoi valori morali e il suo comportamento quando è caduto Pogacar. Quel giorno ero con Giada a vedere la tappa e le dissi: «Ora lo aspetta». Giada la pensava diversamente.

E tu?

Io me lo sentivo. Pogacar non lo avrebbe aspettato, ma non perché è cattivo o scorretto, ma perché era lui che lo stava attaccando in discesa. E quando fai certi attacchi metti in conto anche che il tuo rivale possa avere problemi simili. Vingegaard invece ha mostrato un’altra mentalità. Ha dimostrato che le corse si vincono con onestà e con le gambe. Tra l’altro il discorso dell’onestà e dell’educazione lo ripeto spesso anche ai miei ragazzi. Se sento mezza parola fuori posto, una lamentela su un organizzatore o un albergatore, quel corridore va a casa. Anche se ha vinto 10 corse.

Manca il terzo momento o personaggio…

Remco. Sono stato contentissimo per lui. Sono stato in squadra con Evenepoel alla Quick Step. Ho ancora i messaggi scambiati con lui. Dopo il primo anno mi scrisse: “Ti vorrei nel mio gruppo”. Io gli risposi che avevo il contratto in Bahrain…  Remco è un bravo ragazzo, anche se qualche volta può risultare antipatico. Ma parliamo di un atleta che a 18 anni si è ritrovato a quel livello. Per di più in Belgio dove sono scattati subito i paragoni con Merckx, le pressioni sono tante. Mi ricordo del mio ultimo anno in Quick. Ero uscito bene dal Giro. Così mi portarono al Giro del Belgio. C’era anche Sabatini. Facemmo un grande lavoro per Remco. Tirammo per tutta la settimana e lo portammo alla vittoria. A fine corsa c’erano lui, sua mamma e suo papà ad abbracciarmi e a ringraziarmi per averlo aiutato. 

Dopo la Vuelta, Evenepoel conquista anche il mondiale di Wollongong. Capecchi è legato al belga ed è stato contento dei suoi successi
Dopo la Vuelta, Evenepoel conquista anche il mondiale di Wollongong. Capecchi è legato al belga ed è stato contento dei suoi successi
Ha chiuso i battenti, un campione con cui hai condiviso parecchio, Vincenzo Nibali… 

E anche “Don Alejandro”! Valverde… Due grandi. Valverde è stato più competitivo di Vincenzo fino alla fine. I tifosi vorrebbero sempre che certi corridori fossero al top. E mi spiace che certe volte si sia criticato Nibali. Ma che carriera ha fatto? Quattro grandi Giri, Sanremo, due Lombardia, Tirreno, Plouay… Serviranno 100 anni per ritrovarne uno così.

Vi siete scambiati dei messaggi con lui e con Valverde?

Non sono un tipo da messaggi. Se capita, preferisco gli incontri dal vivo. Quest’anno sono venuto da spettatore alla Strade Bianche. Ero nel viale tra foglio firma e bus e in quei frangenti certi corridori non si fermano, altrimenti vengono assaliti dalla gente. Invece Valverde mi ha visto e si è fermato. La stessa cosa Alaphilippe al Giro dell’Emilia. Stavamo scendendo dal San Luca con Giada. Lo vedo passare e lo chiamo: «Loulou!». Si volta, mi vede, frena e mi dice: «Eros! Passa al bus che ci prendiamo una birra». Quando sono arrivato mi ha bussato dal vetro, c’era tanta gente, tanti francesi, magari non voleva scendere. Invece lo ha fatto lo stesso. Sono queste cose che mi fanno piacere… più dei messaggi.

Prima hai detto che Pogacar è stata una conferma. Ma perché c’è il rischio che non torni ai suoi livelli super?

Con i tanti corridori giovani che arrivano “da sotto”, sicuramente oggi confermarsi per tanto tempo è più difficile. Prima passavi e ti servivano due anni per trovare il preparatore, tre per per prendere le misure con l’ambiente e per capire quali corse erano più adatte a te. Adesso invece sono pronti. Hanno forza ed entusiasmo. E prendono gente come Pogacar a riferimento. Ma Pogacar chi vede? Per lui è impossibile trovare un riferimento. Allenarsi, migliorare è difficile per Tadej. E una volta al suo livello basta che sbaglia mezza corsa, si apre una piccola crepa e subito diventa uno squarcio.

Capecchi e Nibali: dopo gli anni della Liquigas si ritrovarono insieme nel 2016, anno del secondo Giro dello Squalo
Capecchi e Nibali: dopo gli anni della Liquigas si ritrovarono insieme nel 2016, anno del secondo Giro dello Squalo
E’ la condanna del super campione…

Io all’ultimo anno da pro’ andavo più forte che al primo. Ma 17 anni fa se eri all’80% arrivavi tra i primi, adesso se sei al 107% ti staccano in 50. Tutto è al limite, ma anche in altri sport. Se pensiamo che Marcel Jacobs fa dietro motore a piedi! E comunque non è che Pogacar debba dimostrare di tornare o che ci siano dubbi. Dopo il Tour ha vinto in Canada, ha vinto il Lombardia.

Tra le squadre invece chi ti ha colpito?

A me piace molto la Jumbo-Visma. E tra l’altro Vingegaard lo ha battuto grazie anche alla squadra. La Jumbo, dicevo, mi piace tantissimo. Conosco bene il loro nutrizionista, che era con noi ai tempi della Quick Step e so che credono molto nell’alimentazione. In più hanno una forza economica importante, comprano i corridori buoni, ma hanno il merito di saperli fare andare d’accordo. Roglic, Kuss, Vingegaard… e poi Van Aert, incontenibile, Laporte. Ecco il francese, ma che acquisto è stato? Lo hanno messo nelle condizioni di vincere e lui ci è riuscito. 

Metodi di lavoro, rapporti tra gli atleti, cura dell’alimentazione, campioni: la Jumbo-Visma è la squadra che più piace ad Eros Capecchi
Metodi di lavoro, rapporti tra gli atleti, cura dell’alimentazione, campioni: la Jumbo-Visma è la squadra che più piace ad Eros Capecchi
Vero, il loro preparatore ci parlava proprio di questo…

E sono meriti. La Ineos-Grenadiers ha ancora più soldi, ma in questo momento non rende allo stesso modo. Vuoi perché molti corridori ce li hanno da tanti anni, sono più vecchi… Stanno però lavorando bene con i giovani. Ma, immagino, gli ci vorrà un po’. Poi magari il prossimo anno gli vengono fuori i due Hayter e saranno loro a mettere in crisi Pogacar. Perché poi in questo ciclismo è un attimo. Evoluzione fisica, materiali, alimentazione… vanno forte subito. Anche per questo mi sento di dire che il doping nel ciclismo non c’è più. Ci sono stato dentro al ciclismo e so quanto contino certe cose e il lavoro nel suo insieme. Le preparazioni sono quelle, ciò che è cambiato tanto davvero è l’alimentazione: di differenza ne fa tanta.

Un’ultima domanda Eros, Rebellin. Ti senti di dargli un saluto?

Ero in macchina quando mi è arrivato un messaggio: “Morto Rebellin”. Pensavo fosse una fake news. Così chiamo Giada e le dico di verificare. Lei mi risponde che è tutto vero. Che dire: in 17 anni non l’ho mai visto avere una discussione in gruppo. Una volta eravamo a Montecarlo e ci fermammo a parlare non ricordo con chi. Intervenne Davide e disse: «Questo è un bravo ragazzo, nei Giri può fare bene». Io rimasi colpito. “Ma come, io? E allora tu?”, pensavo tra me e me. Rebellin era l’emblema della serietà, dell’abnegazione e della gentilezza. Mi spiace che non si sia potuto godere la vita oltre la bici.

Con l’Umbria al Lunigiana, sulle spalle di Capecchi

28.08.2022
6 min
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Eros Capecchi usa i social il minimo indispensabile. Per questo pochi si sono accorti dell’impegno che sta riversando nei settori giovanili della sua regione, praticamente dal momento in cui ha annunciato il ritiro. Questi sono giorni caldi per gli juniores italiani. Ieri la corsa di Vertova, oggi il Trofeo Paganessi. E poi il Giro della Lunigiana a partire da giovedì. Di conseguenza anche Capecchi, che guiderà la formazione regionale, viaggia da settimane col gas aperto.

Tenere insieme tutti i pezzi del ciclismo regionale, sia pure in una realtà così piccola, non si sta rivelando una passeggiata. A ciò si aggiunga il fatto che già prima di ritirarsi, Eros è entrato a tempo pieno nel vivaio di famiglia. Eppure le cose si stanno muovendo. E questo vale un approfondimento. Anche perché fra le brave persone conosciute in anni e anni di ciclismo, Capecchi occupa di diritto un posto sul podio (in apertura è con la compagna Giada Borgato e il cane Stiby).

Quando è nato il progetto di nominarti tecnico regionale?

Diedi l’annuncio che smettevo e dopo un paio di giorni mi contattò Enzo Amantini, un giudice di gara delle nostre parti, facendomi la proposta. Ho accettato dopo 30 secondi, chiedendo però di lavorare in modo più completo.

Cioè?

Ho sempre cercato di fare le cose al massimo o comunque in modo molto serio. Il ruolo, per com’era, era abbastanza leggero. Io invece sto cercando di trasmettere quello che ho appreso in 17 stagioni di professionismo e negli anni precedenti. Quantomeno propongo le mie idee con la massima umiltà e noto che tutti vogliono fare bene. Ho trovato disponibilità nel presidente regionale Alunni e nei direttori sportivi di quasi tutte le società.

Che cosa cerchi di trasmettere?

Seguo le corse. Ho fatto un ritiro a Livigno proprio per il Lunigiana. Cerco di consigliarli sull’alimentazione e ho visto che si è creato un bel clima.

Come una vera squadra…

E’ stato utile. Ho chiamato l’Alpen Village, che mi ha sempre trattato bene sin da quando correvo. Poi abbiamo corso in preparazione al Trofeo Emozione e a Loria, facendo anche qualche piazzamento. E adesso Vertova e Trofeo Paganessi. Corse importanti, di cui il cittì Salvoldi tiene conto. Invece stasera, anziché tornare a casa, ci spostiamo direttamente in Versilia con corridori e massaggiatore, per vedere le tappe del Lunigiana.

La collaborazione delle società è mediamente buona, con qualche inevitabile ostacolo
La collaborazione delle società è mediamente buona, con qualche inevitabile ostacolo
Che effetto fa mettere mano sugli juniores?

Si fa fatica a capire l’indirizzo giusto. Ho fatto il corso da diesse e ho sentito varie correnti di pensiero. In Emilia Romagna dicono di far crescere i ragazzi senza pressione. In Toscana non sono allineati e spingono di più. Ne ho parlato in giro. Per il lato romantico del nostro ciclismo, va bene l’approccio morbido, ma allora non ha nemmeno senso parlare di power meter. 

Tu cosa pensi?

Il ciclismo non è più quello di 20 anni fa, corre veloce. Si comincia a capire che non ci saranno carriere lunghe come ad esempio la mia, ma bisogna adeguarsi. Alla luce di questo si può leggere il fatto che qui in Umbria vengano fuori meno corridori. Non è che non nascono, solo va sviluppata una diversa attitudine verso lo sport. Gli juniores sono una categoria importante, perché da un lato ci sono poche squadre U23 e dall’altro ormai sono la categoria di accesso al professionismo.

Belletta Cherasco 2022
Il podio finale dei tricolori di Cherasco, con Belletta davanti all’umbro Burani e Milesi (foto Ossola)
Belletta Cherasco 2022
Il podio finale dei tricolori di Cherasco, con Belletta davanti all’umbro Burani (foto Ossola)
Quindi il movimento umbro fa ben sperare?

Abbiamo un bel numero di ragazzi, in rapporto alla qualità. E ancora meglio va fra esordienti e allievi. Bisogna solo allargare la ricerca. Di recente la Forno Pioppi, la squadra che a suo tempo aprì le porte a Bernal, ha preso un ragazzo argentino con la fame addosso. Spero che avere a che fare con lui sia di stimolo per gli altri. Io mi sono formato nel ciclismo toscano, dove la mentalità è diversa. Qui invece si cresce più tranquilli, meno esasperati.

Quindi basterebbe poco per crescere di livello?

Abbiamo fatto dei ritiri e i ragazzi hanno visto subito i miglioramenti, senza aver fatto chissà cosa. Già basterebbe curare bene l’alimentazione per fare passi da gigante. Si parla tanto dell’incremento delle prestazioni fra i pro’, io credo che alla base di tutto ci siano gli studi sul cibo e il ricorso ai nutrizionisti. Poi ci sono i materiali e tutto il resto. E qui abbiamo tutto…

Tutto cosa?

I ragazzi hanno intorno persone perbene che li aiutano. Non mancano strade né strutture. Ci sono tecnici preparati. Uno come Massimiliano Gentili sa capirti al volo. Manca solo il fatto di crederci. Ai campionati italiani siamo arrivati secondi perché Belletta ci è scappato, sennò si poteva vincere con Burani che è arrivato secondo.

Capecchi è diventato tecnico regionale dell’Umbria pochi giorni dopo il ritiro. Qui con Burani dopo i campionati italiani
Capecchi è tecnico regionale dell’Umbria. Qui con Burani dopo i campionati italiani
Che cosa ti aspetti dal Lunigiana?

Ci sono stranieri che hanno già fatto 3-4 corse a tappe. Fra i limiti che abbiamo in Italia, questo è quello che toglierei per primo, perché le corse a tappe fanno crescere. Per questo stiamo cercando di organizzare un Giro dell’Umbria Juniores per il prossimo anno. Mentre non sono a favore dell’apertura ai rapporti più lunghi. Ci sono dei ragazzini che farebbero fatica a tirare il 52×11 figurarsi il 53 o il 54. All’estero ne hanno sofferto di meno perché ci sono anche meno corridori e corrono tutti insieme.

Come si inserisce tutto questo nella tua giornata tipo?

Mi sveglio alle 5,30 e alle 6 sono in vivaio. Lavoro per sei ore e quando serve vado alle corse, di solito la domenica. I miei sono elastici, mi permettono di avere il tempo che serve. Coi ragazzi sto bene, la bici non mi manca. Da quando ho smesso l’avrò presa a dire tanto per sei volte…

Giada Borgato, Francesco Pancani 2020

Giada Borgato, due passi da Imola alla Liegi

03.01.2021
5 min
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Era di sabato, Anna Van der Breggen aveva appena vinto anche il mondiale in linea e Giada Borgato era contenta per aver portato a casa la diretta Rai. La chiamata per le gare delle donne a Imola era arrivata già come un exploit inatteso, per il quale si sentiva tuttavia sufficientemente serena, avendo corso fino al 2014 con quelle ragazze e avendone poi raccontato il Giro e altre prove dal 2016.

Si va in Belgio

«E mentre sono lì che rifletto – racconta e sorride Borgato, in apertura con Pancani (foto Monguzzi) – mi chiama Fabretti (responsabile del ciclismo di Rai Sport, ndr) e mi propone di andare a fare l’opinionista tecnica accanto a Pancani alle classiche del Nord. Bennati infatti non sarebbe più andato e avrebbe fatto il Giro, mentre a me… A me per poco non viene un colpo. Era sabato, la Freccia Vallone ci sarebbe stata il mercoledì e questo significava che avrei avuto solo tre giorni per prepararmi. Ma non era neanche questo il punto. Erano davvero sicuri di mandare una ragazza? Che cosa avrebbe detto il pubblico del ciclismo? Ero agitatissima. Però sia Pancani sia Fabretti mi hanno risposto che se fossi stata preparata, non ci sarebbero stati problemi. E così ho accettato. Certo che ho accettato. E tutto sommato è andata anche bene».

Silvia Valsecchi, Giada Borgato, Marta Bastianelli, campionato italiano 2012
Tricolore 2012 a Pergine Valsugana, Giada Borgato batte Silvia Valsecchi e Marta Bastianelli
Silvia Valsecchi, Giada Borgato, Marta Bastianelli, campionato italiano 2012
Tricolore 2012, Borgato su Valsecchi e Bastianelli

L’idea di Severini

Giada viene da Padova, è figlia di corridore e dal 2008 al 2014 è stata anche lei un’elite, vincendo nel 2012 il campionato italiano con la maglia della Diadora-Pasta Zara di Maurizio Fabretto.

Il WorldTour delle donne non c’era ancora. Alle corse, anche in Belgio, si andava due giorni prima sul furgone. Le gambe in alto per 10 ore. Poi la gara, la doccia e via di nuovo a bordo per tutta la notte. Che quando arrivavi a casa, ti servivano tre giorni per recuperare davvero e riprendere ad allenarti.

Lo sguardo vivace e il sorriso dolce, Giada racconta che il primo gancio per arrivare a un microfono della Rai è Piergiorgio Severini, che a quel tempo seguiva il ciclismo femminile assieme a Gigi Sgarbozza. Nel 2014 il giornalista marchigiano va da lei, che ha appena annunciato il ritiro, per girare un video di saluto. E Giada, scherzando, si offre di dargli una mano. Fortuna o intuito, succede che nel 2015 Sgarbozza non può commentare la gara di Plouay. Severini si ricorda e le propone di provare. Lei accetta ed evidentemente piace, se è vero che dall’anno successivo diventa la voce tecnica del ciclismo femminile.

Secondo Pancani

Pancani di lei dice che è «veramente educata, sorridente e vispa. Basta dirle una cosa e la recepisce. Ha voglia di imparare e questo le dà autorevolezza. In certi momenti era così precisa che mi sembrava di avere accanto Martinello. E’ stato bravo Fabretti ad averci creduto».

Sulla crono ai mondiali delle donne, il toscano sottolinea l’episodio della caduta di Chloe Dygert, quando fu Giada per prima ad accorgersi che l’americana nell’affrontare la curva non aveva staccato le mani dalle protesi. E’ stato anche grazie a quella sicurezza che Fabretti ha deciso di provare.

E così è arrivata la Freccia Vallone…

Ci ho messo un po’ a ingranare, ma Francesco è stato un vero maestro e mi ha messo nelle condizioni di capire. Non lo conoscevo prima dei mondiali, lo avevo visto una sola volta alla Sanremo dell’anno precedente. Mi ha detto come fare, quali nozioni avrei dovuto avere. E poi ha una parlata che tranquillizza.

Che cosa hai studiato in quei tre giorni?

Le squadre e i singoli. Il ciclismo maschile lo seguo da sempre, ma dovevo imparare che cosa avessero fatto i corridori in carriera e nella settimana precedente. Per cui appena è venuto fuori l’elenco degli iscritti mi sono messa al lavoro per farmi le schede. Solo che a un certo punto Francesco mi ha detto che in una diretta lunga non avrei potuto snocciolare solo dati dei corridori e mi ha suggerito di studiare la storia delle corse.

Il Giro U23 con Rizzato le classiche con Pancani…

Hanno due caratteri completamente differenti. Con Stefano il rapporto è più amichevole, ma devo dire che con Pancani ci siamo ritrovati a Liegi e sembrava ci conoscessimo da una vita. Rizzato è super organizzato, una macchina da guerra, Francesco è più tradizionale, ma da entrambi si impara tanto.

Hai mai riascoltato i tuoi commenti?

E’ capitato. Mi accorgo subito se faccio un errore e ho sempre paura che sia evidentissimo. In realtà anche Rizzato mi ha fatto notare che quando poi lo riascolti, quasi non si sente. Me la sono cavata, quello che mi ha fatto piacere è stato ricevere i complimenti di ex professionisti, persone che ne sanno parecchio. Certo poi sui siti c’è chi continua a chiedersi come io possa commentare il Fiandre se non l’ho mai corso oppure la Liegi. In realtà il Fiandre l’ho pure fatto, ma non è questo il punto. Quello del ciclismo è un mondo ancora piuttosto tradizionalista, ma credo che lavorando ci sia la possibilità di fare bene.

Ci farai compagnia anche il prossimo anno?

Non si sa ancora, i calendari devono arrivare. Ci spero, poi che vada come deve andare.

L’ultima domanda la dedichiamo a Eros: ti ha aiutato in qualche modo?

A lui ho chiesto qualcosa, ma non più di tanto. Stare con un corridore aiuta, perché ti ritrovi immersa in quel mondo, sei aggiornata su tutto. E mi ha aiutato nei contatti. Avevo bisogno di un’informazione tecnica e mi ha girato al volo il numero di Ronny Baron. Se mi serve un aggancio, grazie a lui è più facile.

Il dettaglio lo abbiamo lasciato volutamente alla fine. Come probabilmente si sa, Giada è la compagna di Eros Capecchi, ma non c’è nulla di quel che sta diventando che non venga dalle sue abilità e dalla sua capacità di rischiare. Per questo è piaciuta, perché si è rimboccata le maniche e non ha vivacchiato sul bell’aspetto e le conoscenze. Per la gente del ciclismo che detesta raccomandazioni e scorciatoie, questo conferisce un’autorevolezza anche maggiore.