Search

Il 2022 secondo Eros Capecchi… il vivaista

06.12.2022
7 min
Salva

Per la prima volta dopo 17 anni Eros Capecchi si è goduto il ciclismo come uno spettatore normale, ammesso che normale sia un aggettivo calzante per chi è stato al vertice di questo sport per tanto tempo. Capecchi è stato tra i primissimi, se non il primo, a passare giovanissimo. Aveva 19 anni.

Dal Giro dell’Emilia 2005, fatto come stagista con la Liquigas, dove avrebbe iniziato la sua avventura ufficialmente l’anno successivo, alla Bretagne Classic 2021: nel mezzo tante gioie al fianco di altrettanti campioni e tre vittorie, su tutte quella di San Pellegrino al Giro d’Italia 2011.

Eros e la sua compagna Giada Borgato (ex professionista e oggi commentatrice Rai)
Eros e la sua compagna Giada Borgato (ex professionista e oggi commentatrice Rai)
Emozioni, senso critico, passione: Eros, come ha vissuto questi primi 12 mesi da ex corridore?

Partiamo dal presupposto che ho smesso di correre con la massima serenità. Ho detto basta quando voglia e stimoli non erano più gli stessi. E’ stato qualcosa di mio, come mio era il vivaio che mi attendeva. E forse questo mi ha aiutato a smettere… bene. Che poi è il problema di molti. Si chiedono: «E adesso cosa faccio?». Quindi, questa stagione da fuori me la sono goduta.

Hai seguito le corse insomma…

Sì e poi con Giada (Borgato, ndr) che commentava alla tv, tante volte mi divertivo più a sentire lei che a vedere la corsa. In più mi hanno coinvolto per una tappa del Giro-E e ho i ragazzi dell’Umbria. Insomma sono rimasto nell’ambiente. Tutti gli anni quando si ripartiva mi mettevano in camera con i giovani, gli stavo vicino, gli davo consigli. E quindi il ruolo di commissario tecnico del Comitato regionale dell’Umbria mi è venuto naturale.

Eros, se dovessi scegliere tre momenti di questa stagione vissuta “dal vivaio” quali diresti?

I primi che mi vengono in mente sono i duelli e le azioni dei due fuoriclasse: Van der Poel e Van Aert. Belli da vedere, imprevedibili… Li ho anche vissuti in prima persona e quando sei in corsa con loro sai che ti diverti, che può succedere qualcosa da un momento all’altro. 

Nella discesa dal Col de Spandelles, la scivolata di Pogacar. Poco dopo Vingegaard lo aspetterà (immagine Tv)
Nella discesa dal Col de Spandelles, la scivolata di Pogacar. Poco dopo Vingegaard lo aspetterà (immagine Tv
E poi?

Direi Poagacar, una super conferma, e Vingegaard: in particolare la caduta in discesa al Tour. Il danese mi ha colpito non tanto perché è andato forte, quello si sapeva, ma per i suoi valori morali e il suo comportamento quando è caduto Pogacar. Quel giorno ero con Giada a vedere la tappa e le dissi: «Ora lo aspetta». Giada la pensava diversamente.

E tu?

Io me lo sentivo. Pogacar non lo avrebbe aspettato, ma non perché è cattivo o scorretto, ma perché era lui che lo stava attaccando in discesa. E quando fai certi attacchi metti in conto anche che il tuo rivale possa avere problemi simili. Vingegaard invece ha mostrato un’altra mentalità. Ha dimostrato che le corse si vincono con onestà e con le gambe. Tra l’altro il discorso dell’onestà e dell’educazione lo ripeto spesso anche ai miei ragazzi. Se sento mezza parola fuori posto, una lamentela su un organizzatore o un albergatore, quel corridore va a casa. Anche se ha vinto 10 corse.

Manca il terzo momento o personaggio…

Remco. Sono stato contentissimo per lui. Sono stato in squadra con Evenepoel alla Quick Step. Ho ancora i messaggi scambiati con lui. Dopo il primo anno mi scrisse: “Ti vorrei nel mio gruppo”. Io gli risposi che avevo il contratto in Bahrain…  Remco è un bravo ragazzo, anche se qualche volta può risultare antipatico. Ma parliamo di un atleta che a 18 anni si è ritrovato a quel livello. Per di più in Belgio dove sono scattati subito i paragoni con Merckx, le pressioni sono tante. Mi ricordo del mio ultimo anno in Quick. Ero uscito bene dal Giro. Così mi portarono al Giro del Belgio. C’era anche Sabatini. Facemmo un grande lavoro per Remco. Tirammo per tutta la settimana e lo portammo alla vittoria. A fine corsa c’erano lui, sua mamma e suo papà ad abbracciarmi e a ringraziarmi per averlo aiutato. 

Dopo la Vuelta, Evenepoel conquista anche il mondiale di Wollongong. Capecchi è legato al belga ed è stato contento dei suoi successi
Dopo la Vuelta, Evenepoel conquista anche il mondiale di Wollongong. Capecchi è legato al belga ed è stato contento dei suoi successi
Ha chiuso i battenti, un campione con cui hai condiviso parecchio, Vincenzo Nibali… 

E anche “Don Alejandro”! Valverde… Due grandi. Valverde è stato più competitivo di Vincenzo fino alla fine. I tifosi vorrebbero sempre che certi corridori fossero al top. E mi spiace che certe volte si sia criticato Nibali. Ma che carriera ha fatto? Quattro grandi Giri, Sanremo, due Lombardia, Tirreno, Plouay… Serviranno 100 anni per ritrovarne uno così.

Vi siete scambiati dei messaggi con lui e con Valverde?

Non sono un tipo da messaggi. Se capita, preferisco gli incontri dal vivo. Quest’anno sono venuto da spettatore alla Strade Bianche. Ero nel viale tra foglio firma e bus e in quei frangenti certi corridori non si fermano, altrimenti vengono assaliti dalla gente. Invece Valverde mi ha visto e si è fermato. La stessa cosa Alaphilippe al Giro dell’Emilia. Stavamo scendendo dal San Luca con Giada. Lo vedo passare e lo chiamo: «Loulou!». Si volta, mi vede, frena e mi dice: «Eros! Passa al bus che ci prendiamo una birra». Quando sono arrivato mi ha bussato dal vetro, c’era tanta gente, tanti francesi, magari non voleva scendere. Invece lo ha fatto lo stesso. Sono queste cose che mi fanno piacere… più dei messaggi.

Prima hai detto che Pogacar è stata una conferma. Ma perché c’è il rischio che non torni ai suoi livelli super?

Con i tanti corridori giovani che arrivano “da sotto”, sicuramente oggi confermarsi per tanto tempo è più difficile. Prima passavi e ti servivano due anni per trovare il preparatore, tre per per prendere le misure con l’ambiente e per capire quali corse erano più adatte a te. Adesso invece sono pronti. Hanno forza ed entusiasmo. E prendono gente come Pogacar a riferimento. Ma Pogacar chi vede? Per lui è impossibile trovare un riferimento. Allenarsi, migliorare è difficile per Tadej. E una volta al suo livello basta che sbaglia mezza corsa, si apre una piccola crepa e subito diventa uno squarcio.

Capecchi e Nibali: dopo gli anni della Liquigas si ritrovarono insieme nel 2016, anno del secondo Giro dello Squalo
Capecchi e Nibali: dopo gli anni della Liquigas si ritrovarono insieme nel 2016, anno del secondo Giro dello Squalo
E’ la condanna del super campione…

Io all’ultimo anno da pro’ andavo più forte che al primo. Ma 17 anni fa se eri all’80% arrivavi tra i primi, adesso se sei al 107% ti staccano in 50. Tutto è al limite, ma anche in altri sport. Se pensiamo che Marcel Jacobs fa dietro motore a piedi! E comunque non è che Pogacar debba dimostrare di tornare o che ci siano dubbi. Dopo il Tour ha vinto in Canada, ha vinto il Lombardia.

Tra le squadre invece chi ti ha colpito?

A me piace molto la Jumbo-Visma. E tra l’altro Vingegaard lo ha battuto grazie anche alla squadra. La Jumbo, dicevo, mi piace tantissimo. Conosco bene il loro nutrizionista, che era con noi ai tempi della Quick Step e so che credono molto nell’alimentazione. In più hanno una forza economica importante, comprano i corridori buoni, ma hanno il merito di saperli fare andare d’accordo. Roglic, Kuss, Vingegaard… e poi Van Aert, incontenibile, Laporte. Ecco il francese, ma che acquisto è stato? Lo hanno messo nelle condizioni di vincere e lui ci è riuscito. 

Metodi di lavoro, rapporti tra gli atleti, cura dell’alimentazione, campioni: la Jumbo-Visma è la squadra che più piace ad Eros Capecchi
Metodi di lavoro, rapporti tra gli atleti, cura dell’alimentazione, campioni: la Jumbo-Visma è la squadra che più piace ad Eros Capecchi
Vero, il loro preparatore ci parlava proprio di questo…

E sono meriti. La Ineos-Grenadiers ha ancora più soldi, ma in questo momento non rende allo stesso modo. Vuoi perché molti corridori ce li hanno da tanti anni, sono più vecchi… Stanno però lavorando bene con i giovani. Ma, immagino, gli ci vorrà un po’. Poi magari il prossimo anno gli vengono fuori i due Hayter e saranno loro a mettere in crisi Pogacar. Perché poi in questo ciclismo è un attimo. Evoluzione fisica, materiali, alimentazione… vanno forte subito. Anche per questo mi sento di dire che il doping nel ciclismo non c’è più. Ci sono stato dentro al ciclismo e so quanto contino certe cose e il lavoro nel suo insieme. Le preparazioni sono quelle, ciò che è cambiato tanto davvero è l’alimentazione: di differenza ne fa tanta.

Un’ultima domanda Eros, Rebellin. Ti senti di dargli un saluto?

Ero in macchina quando mi è arrivato un messaggio: “Morto Rebellin”. Pensavo fosse una fake news. Così chiamo Giada e le dico di verificare. Lei mi risponde che è tutto vero. Che dire: in 17 anni non l’ho mai visto avere una discussione in gruppo. Una volta eravamo a Montecarlo e ci fermammo a parlare non ricordo con chi. Intervenne Davide e disse: «Questo è un bravo ragazzo, nei Giri può fare bene». Io rimasi colpito. “Ma come, io? E allora tu?”, pensavo tra me e me. Rebellin era l’emblema della serietà, dell’abnegazione e della gentilezza. Mi spiace che non si sia potuto godere la vita oltre la bici.

Con l’Umbria al Lunigiana, sulle spalle di Capecchi

28.08.2022
6 min
Salva

Eros Capecchi usa i social il minimo indispensabile. Per questo pochi si sono accorti dell’impegno che sta riversando nei settori giovanili della sua regione, praticamente dal momento in cui ha annunciato il ritiro. Questi sono giorni caldi per gli juniores italiani. Ieri la corsa di Vertova, oggi il Trofeo Paganessi. E poi il Giro della Lunigiana a partire da giovedì. Di conseguenza anche Capecchi, che guiderà la formazione regionale, viaggia da settimane col gas aperto.

Tenere insieme tutti i pezzi del ciclismo regionale, sia pure in una realtà così piccola, non si sta rivelando una passeggiata. A ciò si aggiunga il fatto che già prima di ritirarsi, Eros è entrato a tempo pieno nel vivaio di famiglia. Eppure le cose si stanno muovendo. E questo vale un approfondimento. Anche perché fra le brave persone conosciute in anni e anni di ciclismo, Capecchi occupa di diritto un posto sul podio (in apertura è con la compagna Giada Borgato e il cane Stiby).

Quando è nato il progetto di nominarti tecnico regionale?

Diedi l’annuncio che smettevo e dopo un paio di giorni mi contattò Enzo Amantini, un giudice di gara delle nostre parti, facendomi la proposta. Ho accettato dopo 30 secondi, chiedendo però di lavorare in modo più completo.

Cioè?

Ho sempre cercato di fare le cose al massimo o comunque in modo molto serio. Il ruolo, per com’era, era abbastanza leggero. Io invece sto cercando di trasmettere quello che ho appreso in 17 stagioni di professionismo e negli anni precedenti. Quantomeno propongo le mie idee con la massima umiltà e noto che tutti vogliono fare bene. Ho trovato disponibilità nel presidente regionale Alunni e nei direttori sportivi di quasi tutte le società.

Che cosa cerchi di trasmettere?

Seguo le corse. Ho fatto un ritiro a Livigno proprio per il Lunigiana. Cerco di consigliarli sull’alimentazione e ho visto che si è creato un bel clima.

Come una vera squadra…

E’ stato utile. Ho chiamato l’Alpen Village, che mi ha sempre trattato bene sin da quando correvo. Poi abbiamo corso in preparazione al Trofeo Emozione e a Loria, facendo anche qualche piazzamento. E adesso Vertova e Trofeo Paganessi. Corse importanti, di cui il cittì Salvoldi tiene conto. Invece stasera, anziché tornare a casa, ci spostiamo direttamente in Versilia con corridori e massaggiatore, per vedere le tappe del Lunigiana.

La collaborazione delle società è mediamente buona, con qualche inevitabile ostacolo
La collaborazione delle società è mediamente buona, con qualche inevitabile ostacolo
Che effetto fa mettere mano sugli juniores?

Si fa fatica a capire l’indirizzo giusto. Ho fatto il corso da diesse e ho sentito varie correnti di pensiero. In Emilia Romagna dicono di far crescere i ragazzi senza pressione. In Toscana non sono allineati e spingono di più. Ne ho parlato in giro. Per il lato romantico del nostro ciclismo, va bene l’approccio morbido, ma allora non ha nemmeno senso parlare di power meter. 

Tu cosa pensi?

Il ciclismo non è più quello di 20 anni fa, corre veloce. Si comincia a capire che non ci saranno carriere lunghe come ad esempio la mia, ma bisogna adeguarsi. Alla luce di questo si può leggere il fatto che qui in Umbria vengano fuori meno corridori. Non è che non nascono, solo va sviluppata una diversa attitudine verso lo sport. Gli juniores sono una categoria importante, perché da un lato ci sono poche squadre U23 e dall’altro ormai sono la categoria di accesso al professionismo.

Belletta Cherasco 2022
Il podio finale dei tricolori di Cherasco, con Belletta davanti all’umbro Burani e Milesi (foto Ossola)
Belletta Cherasco 2022
Il podio finale dei tricolori di Cherasco, con Belletta davanti all’umbro Burani (foto Ossola)
Quindi il movimento umbro fa ben sperare?

Abbiamo un bel numero di ragazzi, in rapporto alla qualità. E ancora meglio va fra esordienti e allievi. Bisogna solo allargare la ricerca. Di recente la Forno Pioppi, la squadra che a suo tempo aprì le porte a Bernal, ha preso un ragazzo argentino con la fame addosso. Spero che avere a che fare con lui sia di stimolo per gli altri. Io mi sono formato nel ciclismo toscano, dove la mentalità è diversa. Qui invece si cresce più tranquilli, meno esasperati.

Quindi basterebbe poco per crescere di livello?

Abbiamo fatto dei ritiri e i ragazzi hanno visto subito i miglioramenti, senza aver fatto chissà cosa. Già basterebbe curare bene l’alimentazione per fare passi da gigante. Si parla tanto dell’incremento delle prestazioni fra i pro’, io credo che alla base di tutto ci siano gli studi sul cibo e il ricorso ai nutrizionisti. Poi ci sono i materiali e tutto il resto. E qui abbiamo tutto…

Tutto cosa?

I ragazzi hanno intorno persone perbene che li aiutano. Non mancano strade né strutture. Ci sono tecnici preparati. Uno come Massimiliano Gentili sa capirti al volo. Manca solo il fatto di crederci. Ai campionati italiani siamo arrivati secondi perché Belletta ci è scappato, sennò si poteva vincere con Burani che è arrivato secondo.

Capecchi è diventato tecnico regionale dell’Umbria pochi giorni dopo il ritiro. Qui con Burani dopo i campionati italiani
Capecchi è tecnico regionale dell’Umbria. Qui con Burani dopo i campionati italiani
Che cosa ti aspetti dal Lunigiana?

Ci sono stranieri che hanno già fatto 3-4 corse a tappe. Fra i limiti che abbiamo in Italia, questo è quello che toglierei per primo, perché le corse a tappe fanno crescere. Per questo stiamo cercando di organizzare un Giro dell’Umbria Juniores per il prossimo anno. Mentre non sono a favore dell’apertura ai rapporti più lunghi. Ci sono dei ragazzini che farebbero fatica a tirare il 52×11 figurarsi il 53 o il 54. All’estero ne hanno sofferto di meno perché ci sono anche meno corridori e corrono tutti insieme.

Come si inserisce tutto questo nella tua giornata tipo?

Mi sveglio alle 5,30 e alle 6 sono in vivaio. Lavoro per sei ore e quando serve vado alle corse, di solito la domenica. I miei sono elastici, mi permettono di avere il tempo che serve. Coi ragazzi sto bene, la bici non mi manca. Da quando ho smesso l’avrò presa a dire tanto per sei volte…

Giada Borgato, Francesco Pancani 2020

Giada Borgato, due passi da Imola alla Liegi

03.01.2021
5 min
Salva

Era di sabato, Anna Van der Breggen aveva appena vinto anche il mondiale in linea e Giada Borgato era contenta per aver portato a casa la diretta Rai. La chiamata per le gare delle donne a Imola era arrivata già come un exploit inatteso, per il quale si sentiva tuttavia sufficientemente serena, avendo corso fino al 2014 con quelle ragazze e avendone poi raccontato il Giro e altre prove dal 2016.

Si va in Belgio

«E mentre sono lì che rifletto – racconta e sorride Borgato, in apertura con Pancani (foto Monguzzi) – mi chiama Fabretti (responsabile del ciclismo di Rai Sport, ndr) e mi propone di andare a fare l’opinionista tecnica accanto a Pancani alle classiche del Nord. Bennati infatti non sarebbe più andato e avrebbe fatto il Giro, mentre a me… A me per poco non viene un colpo. Era sabato, la Freccia Vallone ci sarebbe stata il mercoledì e questo significava che avrei avuto solo tre giorni per prepararmi. Ma non era neanche questo il punto. Erano davvero sicuri di mandare una ragazza? Che cosa avrebbe detto il pubblico del ciclismo? Ero agitatissima. Però sia Pancani sia Fabretti mi hanno risposto che se fossi stata preparata, non ci sarebbero stati problemi. E così ho accettato. Certo che ho accettato. E tutto sommato è andata anche bene».

Silvia Valsecchi, Giada Borgato, Marta Bastianelli, campionato italiano 2012
Tricolore 2012 a Pergine Valsugana, Giada Borgato batte Silvia Valsecchi e Marta Bastianelli
Silvia Valsecchi, Giada Borgato, Marta Bastianelli, campionato italiano 2012
Tricolore 2012, Borgato su Valsecchi e Bastianelli

L’idea di Severini

Giada viene da Padova, è figlia di corridore e dal 2008 al 2014 è stata anche lei un’elite, vincendo nel 2012 il campionato italiano con la maglia della Diadora-Pasta Zara di Maurizio Fabretto.

Il WorldTour delle donne non c’era ancora. Alle corse, anche in Belgio, si andava due giorni prima sul furgone. Le gambe in alto per 10 ore. Poi la gara, la doccia e via di nuovo a bordo per tutta la notte. Che quando arrivavi a casa, ti servivano tre giorni per recuperare davvero e riprendere ad allenarti.

Lo sguardo vivace e il sorriso dolce, Giada racconta che il primo gancio per arrivare a un microfono della Rai è Piergiorgio Severini, che a quel tempo seguiva il ciclismo femminile assieme a Gigi Sgarbozza. Nel 2014 il giornalista marchigiano va da lei, che ha appena annunciato il ritiro, per girare un video di saluto. E Giada, scherzando, si offre di dargli una mano. Fortuna o intuito, succede che nel 2015 Sgarbozza non può commentare la gara di Plouay. Severini si ricorda e le propone di provare. Lei accetta ed evidentemente piace, se è vero che dall’anno successivo diventa la voce tecnica del ciclismo femminile.

Secondo Pancani

Pancani di lei dice che è «veramente educata, sorridente e vispa. Basta dirle una cosa e la recepisce. Ha voglia di imparare e questo le dà autorevolezza. In certi momenti era così precisa che mi sembrava di avere accanto Martinello. E’ stato bravo Fabretti ad averci creduto».

Sulla crono ai mondiali delle donne, il toscano sottolinea l’episodio della caduta di Chloe Dygert, quando fu Giada per prima ad accorgersi che l’americana nell’affrontare la curva non aveva staccato le mani dalle protesi. E’ stato anche grazie a quella sicurezza che Fabretti ha deciso di provare.

E così è arrivata la Freccia Vallone…

Ci ho messo un po’ a ingranare, ma Francesco è stato un vero maestro e mi ha messo nelle condizioni di capire. Non lo conoscevo prima dei mondiali, lo avevo visto una sola volta alla Sanremo dell’anno precedente. Mi ha detto come fare, quali nozioni avrei dovuto avere. E poi ha una parlata che tranquillizza.

Che cosa hai studiato in quei tre giorni?

Le squadre e i singoli. Il ciclismo maschile lo seguo da sempre, ma dovevo imparare che cosa avessero fatto i corridori in carriera e nella settimana precedente. Per cui appena è venuto fuori l’elenco degli iscritti mi sono messa al lavoro per farmi le schede. Solo che a un certo punto Francesco mi ha detto che in una diretta lunga non avrei potuto snocciolare solo dati dei corridori e mi ha suggerito di studiare la storia delle corse.

Il Giro U23 con Rizzato le classiche con Pancani…

Hanno due caratteri completamente differenti. Con Stefano il rapporto è più amichevole, ma devo dire che con Pancani ci siamo ritrovati a Liegi e sembrava ci conoscessimo da una vita. Rizzato è super organizzato, una macchina da guerra, Francesco è più tradizionale, ma da entrambi si impara tanto.

Hai mai riascoltato i tuoi commenti?

E’ capitato. Mi accorgo subito se faccio un errore e ho sempre paura che sia evidentissimo. In realtà anche Rizzato mi ha fatto notare che quando poi lo riascolti, quasi non si sente. Me la sono cavata, quello che mi ha fatto piacere è stato ricevere i complimenti di ex professionisti, persone che ne sanno parecchio. Certo poi sui siti c’è chi continua a chiedersi come io possa commentare il Fiandre se non l’ho mai corso oppure la Liegi. In realtà il Fiandre l’ho pure fatto, ma non è questo il punto. Quello del ciclismo è un mondo ancora piuttosto tradizionalista, ma credo che lavorando ci sia la possibilità di fare bene.

Ci farai compagnia anche il prossimo anno?

Non si sa ancora, i calendari devono arrivare. Ci spero, poi che vada come deve andare.

L’ultima domanda la dedichiamo a Eros: ti ha aiutato in qualche modo?

A lui ho chiesto qualcosa, ma non più di tanto. Stare con un corridore aiuta, perché ti ritrovi immersa in quel mondo, sei aggiornata su tutto. E mi ha aiutato nei contatti. Avevo bisogno di un’informazione tecnica e mi ha girato al volo il numero di Ronny Baron. Se mi serve un aggancio, grazie a lui è più facile.

Il dettaglio lo abbiamo lasciato volutamente alla fine. Come probabilmente si sa, Giada è la compagna di Eros Capecchi, ma non c’è nulla di quel che sta diventando che non venga dalle sue abilità e dalla sua capacità di rischiare. Per questo è piaciuta, perché si è rimboccata le maniche e non ha vivacchiato sul bell’aspetto e le conoscenze. Per la gente del ciclismo che detesta raccomandazioni e scorciatoie, questo conferisce un’autorevolezza anche maggiore.