Ha solo 22 anni, lo scorso anno si era messo in mostra sorprendendo tutti al Giro del Lussemburgo, portando a casa tappa e classifica finale. Quest’anno è partito alla grande, con vittorie all’Etoile de Besseges e al Tour des Alpes Maritimes e il podio alla Faun-Ardeche Classic di sabato dietro Alaphilippe e Gaudu, ma soprattutto con una condotta di gara sempre all’attacco, giorno dopo giorno, com’è solito fare un certo Tadej Pogacar. Il suo nome è Mattias Skjelmose e sul suo conto c’è molto da dire.
E’ alla Trek Segafredo dal 2020, nel team è entrato in piena era Covid, è stata una scommessa che lo squadrone americano ha voluto fare a tutti i costi seguendo da tempo questo ragazzo, sin da quando era ragazzino.
«Era stato Kim Andersen a portarlo in squadra – ricorda Dario Cataldo – lo teneva d’occhio sin dalle categorie giovanili. I suoi risultati e soprattutto il suo comportamento in gara dimostrano che aveva colto nel segno».


Tu sei uno dei più esperti in carovana, che cosa ti ha colpito di lui?
Ha una straordinaria determinazione e voglia di emergere, è difficile vedere uno così giovane tanto attento a ogni aspetto della nostra professione: l’allenamento, l’alimentazione, la cura della bici. Non molla mai la concentrazione e s’impegna sempre al massimo, ha una maturazione soprattutto mentale inconsueta per la sua età.
C’è qualcosa da cui si desume che è così giovane?
Beh, in gara in certi frangenti è ancora un po’ acerbo, soprattutto nella lettura della corsa, ma sarebbe strano il contrario considerando i suoi 22 anni. Un esempio si è visto lo scorso anno al Giro: era partito motivatissimo, voleva spaccare il mondo e puntava apertamente alla maglia bianca, ma poi ha capito che una corsa di tre settimane è qualcosa di molto diverso da come se la aspettava. Ma è stata un’esperienza utile, ha imparato.


Che corridore è Mattias?
Uno scalatore, ma di quelli di nuovo stampo, con un buon spunto veloce. Anzi è proprio su questo punto che deve lavorare, perché spesso da giovani si hanno punte di velocità che poi si perdono nel corso della carriera, lui deve lavorare per mantenerlo pur progredendo in salita. Io dico che ha un gran motore, è quasi un ibrido, di quelli che possono far bene sia nelle classiche che nei grandi Giri, deve solo maturare tatticamente.
E’ un giovane che ascolta?
Tantissimo, è molto attento, rispettoso, accetta i consigli. E’ chiaro che un po’ dell’esuberanza tipica della sua età c’è, qualche piccolo peccato di presunzione può anche capitare, ma è uno che accetta le critiche, analizza che cosa ha sbagliato insieme ai tecnici e ai più anziani, recepisce e applica. E’ consapevole che per crescere bisogna anche saper ascoltare.


In questo momento qual è la sua dimensione ideale?
Quella delle brevi corse a tappe, come si è visto anche in questo avvio di stagione. La cosa importante è che faccia di queste corse non un fine, ma un mezzo. Spesso gli faccio l’esempio di Richie Porte, grandissimo corridore, forse il miglior interprete nelle corse a tappe brevi per un buon periodo di tempo, ma nei grandi Giri ha sempre faticato, trovando il podio solo a fine carriera. Lui deve usarle per maturare, per affinare la sua resistenza.
In queste due stagioni ti sei trovato con lui in gara, a gestirlo, accompagnarlo in salita?
Beh, in salita ormai, per tenere il passo dei più forti devi essere anche tu uno scalatore. Nelle salite importanti, nei frangenti importanti ci sono anche altri deputati a sostenerlo, ma capita nel corso della gara di affiancarci, guidarlo, indirizzarlo. Io cerco di portarlo nelle migliori condizioni all’attacco delle salite. Lui segue molto, ma non per imposizione. E’ capace anche di prendere le sue iniziative, di muoversi nel gruppo anche se è stressante e qualche volta si vede che morde un po’ il freno.


Per emergere nelle corse a tappe serve affinare le sue doti a cronometro. Come se la cava?
Non è uno specialista, quindi ci deve lavorare, non ha neanche avuto molte occasioni per cimentarvisi. E’ però molto attento, guarda alla posizione in bici e a tutti quei piccoli ma fondamentali aspetti che servono a limare secondi. Ci si sta dedicando, per questo attende con molta curiosità le occasioni contro il tempo che verranno.
E fuori gara com’è?
Molto socievole, con tanti interessi, ci si sta bene insieme, si è integrato con tutti. Soprattutto è di carattere, non posso dimenticare un episodio dello scorso anno. In discesa era caduto da un dirupo, davvero brutta roba: quando è tornato su era pieno di lividi ed escoriazioni, dall’ammiraglia volevano controllare le ferite, lui invece smaniava per avere la bici e ripartire. E’ fatto così…