Fizik Aliante Adaptive, si va verso la sella su misura

12.06.2024
6 min
Salva

Il 12 giugno alle 17, cioè oggi, nel preciso istante in cui questo articolo viene pubblicato, scade l’embargo che teneva coperta la nuova sella Aliante Adaptive di Fizik. Pensate la sorpresa nello scoprire che l’unico corridore al mondo ad averla usata è Dylan Van Baarle della Visma-Lease a Bike, vincitore di una Roubaix, che giusto ieri ha lasciato l’ospedale. La caduta al Delfinato gli costerà la partecipazione al Tour de France. Comprensibile che non abbia troppa voglia di parlarne.

Ma non sarà certo questo a fermarci. E così prima di raccontare questa nuova sella di Fizik e per avere comunque un piccolo feedback dal team olandese, siamo partiti dal loro responsabile dei materiali: Jenko Drost.

« Dylan – ci ha detto – è davvero molto soddisfatto riguardo alla sella. In precedenza ha usato a lungo la Aliante normale, poi è passato alla versione Adaptive per fare dei test. Gli piace molto il comfort migliorato, pur mantenendo appoggio e supporto. L’ha ricevuta all’inizio di maggio nel training camp in altura, quindi l’ha usata per un mese abbondante. I riscontri che ci ha dato sono di un grip molto buono. E si è trovato molto bene anche col fatto di mantenere una posizione piuttosto fissa.  Dylan è un corridore molto stabile sulla bici, quindi questa caratteristica gli si adatta bene. La sua posizione si può definire perfetta, di conseguenza non ha la necessità di spostarsi troppo».

Posizione più precisa

Il lancio di Jenco Drost è perfetto per inquadrare una delle caratteristiche principali della nuova Aliante Adaptive, sella che si inserisce nell’offerta di Fizik di selle stampate in 3D. Proposta in due modelli di diverse misure, la sua caratteristica è un profilo ondulato che si abbassa nella parte centrale e poi risale, diventando sempre più affusolato verso la punta della sella stessa. E’ intuitivo ed è forse la caratteristica principale della Adaptive il fatto che il ciclista avrà un appoggio più ampio per le ossa ichiatiche e riuscirà a distribuire meglio il peso, risultando però praticamente fermo sulla sella. Spostandosi, la sagomatura della stessa risulterebbe fastidiosa per parti anatomiche di diversa forma. 

«A differenza di Antares e Argo – spiega Nicolò Ildos, Sport Marketing Consultant di Fizik – la Aliante Adaptive ti vincola di più. In aggiunta è più larga, quindi comoda. Per capirci, la vecchia Aliante che c’era prima di Argo, era per i corridori più grandi, gli specialisti, che non dovevano muoversi più di tanto sulla sella, e in qualche modo la nuova ne ricalca la caratteristica. Diciamo che si tratta di una sella per chi ha la posizione giusta sulla bici e non per chi fa fatica a starci comodo. Se ti muovi infatti, diventa scomoda. L’altra particolarità è l’imbottitura, con la quale puoi essere più preciso».

La variazione suggerita da Van Baarle verteva sul troppo grip della copertura stampata
La variazione suggerita da Van Baarle verteva sul troppo grip della copertura stampata

Imbottitura differenziata

L’evoluzione della stampa 3D digitale ha permesso alla casa veneta di sviluppare una nuova sella senza i vincoli o le limitazioni imposte dai metodi e dai materiali di produzione tradizionali. L’imbottitura è realizzata da Carbon® ricorrendo alla tecnologia Digital Light SynthesisTM. Si tratta, per semplificare, di un processo di produzione additivo che utilizza la proiezione digitale della luce ultravioletta e ottiche permeabili all’ossigeno. Il materiale impiegato è un liquido a base di resine per produrre componenti con le proprietà meccaniche necessarie e la finitura superficiale che si vuole. Per fare un esempio, è possibile intervenire sulla capacità di assorbimento e di flessione delle singole porzioni della sella, caratterizzandole separatamente per specifiche proprietà meccaniche.

Ognuna di queste zone è progettata per un’ammortizzazione e una risposta meccanica distinte, unite tuttavia progressivamente e senza soluzione di continuità nella stessa imbottitura. Il risultato è la riduzione del 60% della pressione di picco, ossia concentrata in uno stesso punto, grazie a una migliore distribuzione del peso. Ne deriva maggiore comfort su tutta la superficie.

La sella su misura

A questo punto però la curiosità esplode: stando così le cose in quanto tempo si arriverà alla sella personalizzata, magari per gli atleti di punta? Il discorso regge e veniamo a sapere che con Van Baarle si stava facendo proprio questo. 

«Quando è arrivato alla Visma – racconta Ildos – Dylan usciva dall’esperienza Ineos in cui aveva una sella fuori catalogo. Per cui quando nel primo training camp dello scorso anno è venuta fuori l’ipotesi di lavorare singolarmente, ci siamo dedicati a lui e ai pochi che avevano qualche problema, lasciando da parte al momento quelli che si trovavano bene. Abbiamo iniziato un lavoro sui punti di pressione, ottimizzando i parametri di stampa tridimensionale per ogni atleta. Gli abbiamo dato la nuova sella a gennaio, ma non si è trovato subito bene a causa del troppo grip della copertura. A quel punto, invece di aspettare la nuova sella, ha ripreso quella che aveva portato via dalla Ineos. Finché a maggio gli abbiamo dato quella definitiva, che ha usato anche al Delfinato prima di cadere».

Specifiche e prezzi

La R1 nasce dalla combinazione di un guscio in nylon, rinforzato con carbonio, e un telaio, ugualmente in carbonio 7×9 ad elevata rigidità. Il binario consente anche un risparmio di peso. La R3 invece, mantenendo l’abbinamento di nylon e carbonio per lo scafo, ha il rail cavo in Kium.

Entrambi i modelli nascono da una personalizzazione delle sezioni e degli spessori dell’imbottitura. Per questo non avrebbe senso, spostandosi sulla sella, andare a poggiare le ossa ischiatiche nella parte più avanzata della sella: si andrebbe incontro a evidenti problemi di discomfort.

Il profilo a onda fa sì che l’appoggio sia “imposto” dalla sella stessa
Il profilo a onda fa sì che l’appoggio sia “imposto” dalla sella stessa

Entrambe hanno due diverse misure di larghezza: 145 e 155. La lunghezza è invece di 275 mm per entrambe.

La R1 da 145 mm è lunga 141 mm dal naso al punto di larghezza di 75 mm, dove l’altezza è di 45 mm. Una misura che scende a 137 mm per la R1 in taglia 155 mm. La prima pesa 196 grammi, la seconda sale a 201.

La R3 taglia 145 è lunga 139 mm dal naso alla larghezza 75 mm, dove l’altezza è di 46 mm, e pesa 235 grammi. La R2 taglia 150 misura 137 mm dal naso alla sezione larga 75 mm dove l’altezza è di 46 mm. Il peso sarà invece di 240 grammi.

Per quanto riguarda i prezzi, la R1 costa 299 euro, mentre la R3 scenda a 259 euro.

Fizik

Van Aert rialza la testa e apre la pagina sulla Roubaix

06.04.2023
4 min
Salva

«Domenica ci riprovo». A margine di una di quelle delusioni che lasciano il segno, Van Aert si è lasciato andare a pochi commenti. Il belga ha una grande capacità di metabolizzare le sconfitte e forse il fatto che a vincere il Fiandre sia stato Pogacar e non l’eterno rivale Van der Poel ha reso meno amaro il quarto posto di Oudenaarde.

Al via del Fiandre a Bruges, la folla è esplosa quando Van Aert è sceso dal bus: era il più atteso di tutti
Al via del Fiandre a Bruges, la folla è esplosa quando Van Aert è sceso dal bus: era il più atteso di tutti

Pogacar non c’è

L’assenza dello sloveno alla Roubaix è stata già salutata con una punta di ironia da Van der Poel dopo il Fiandre, ma è tema di ragionamento anche fra gli altri corridori.

«Abbiamo ancora molta fiducia – fa sapere Nathan Van Hooydonck, che domenica è stato in fuga con Trentin e Pedersen – perché comunque Wout ha sprintato per il terzo posto e Pogacar domenica non ci sarà. Abbiamo grandi possibilità di vincere, si tratta di recuperare e spostare il focus sulla Roubaix in cui rientrerà Van Baarle (l’olandese è caduto e si è ritirato alla E3 Saxo Classic, ndr), che l’ha vinta l’anno scorso e potrà essere utilissimo».

Van Hooydonck è servito da appoggio per Van Aert, ma non come avrebbero voluto
Van Hooydonck è servito da appoggio per Van Aert, ma non come avrebbero voluto

Torna Van Baarle

E’ ancora una volta il diesse Van Dongen, che avevamo già sentito alla Tirreno a proposito di Roglic, a tirare le fila della squadra che al Fiandre ha mostrato una fragilità tattica cui non eravamo più abituati. O forse il rendimento al di sotto delle attese di Van Aert e Laporte ha reso meno incisivo il blocco Jumbo-Visma.

«Se avessimo avuto Van Baarle in quel gruppo di testa – ha detto il tecnico dopo il Fiandre – la corsa sarebbe potuta andare in modo completamente diverso. Domenica però sarà un’altra storia. Dylan si è allenato bene a Monaco e per la Roubaix sarà pronto e decisivo. Non dobbiamo rimanere bloccati sul Fiandre. Abbiamo perso contro uno più forte e ora dobbiamo prenderci la rivincita. Mio padre diceva sempre: non saltare troppo in alto quando le cose vanno bene e non andare troppo in profondità quando le cose non vanno come previsto».

Domenica alla Roubaix torna in gruppo Van Baarle, a sinistra, il vincitore della scorsa edizione. Con lui Van der Hoorn
Domenica alla Roubaix torna in gruppo Van Baarle, il vincitore della scorsa edizione

Zero salita

Sarebbe bastato che Van Aert avesse la gamba dei giorni migliori. Non si sarebbe staccato dagli altri due o quantomeno sarebbe rimasto accanto a Van der Poel nella rincorsa a Pogacar, che a quel punto sarebbe stata più complicata. Il Fiandre ha confermato quanto si era visto anche nella E3 Saxo Classic: in questo momento Wout è inferiore agli altri in salita, mentre è la solita… moto in pianura. E sul pavé l’esplosività di Van der Poel potrebbe fare meno male che sui Muri fiamminghi.

«Nella Roubaix non c’è salita – ha detto ancora Van Dongen – e anche il fattore fortuna gioca un ruolo importante. Il percorso va bene per Wout, che proprio al Fiandre ha dimostrato di sapersi gestire nei tratti in cui c’era da fare velocità».

Van Aert è rimasto coinvolto nella grande caduta: c’è da capire se la botta lo abbia condizionato
Van Aert è rimasto coinvolto nella grande caduta: c’è da capire se la botta lo abbia condizionato

Maestro di reazioni

Nessuno nel team giallonero mette in dubbio la capacità di reazione di Van Aert, che ha sempre saputo rialzarsi molto bene dalle sconfitte. E’ capace di dargli subito una collocazione e poi di servirsene come di una motivazione supplementare. E’ indubbio che domenica nel pullman della squadra fosse parecchio giù, ma i compagni e il suo entourage scommettono che già da martedì fosse con la testa sull’impegno successivo.

«Non penserò alla Roubaix fino a lunedì – ha detto il capitano dopo l’arrivo – ma di certo non ho intenzione di strisciare in un angolo. Mi sembra di non avere avuto nulla da perdere a causa della caduta. La ferita è stata curata e a prima vista non sembra esserci più alcun problema. Non c’era niente che non andasse nemmeno nella mia condizione a causa di questo. Domenica ci sarà un’altra occasione da cogliere e poi tireremo un po’ il fiato».

Jumbo Visma: indecisi a Siena, spietati al Nord

05.03.2023
4 min
Salva

Chiusa la Strade Bianche con la vittoria di Pidcock e le incomprensioni fra Benoot e Attila Valter, torniamo per un attimo allo scorso fine settimana. Infatti in Belgio si è aperta la stagione delle Classiche del Nord, tra pietre, muri, stradine e ventagli. E questa volta, a farla da padrona è stata la Jumbo Visma, con la vittoria di Van Baarle nella Omloop Het Nieuwsblad e quella di Tiesj Benoot a Kuurne.

Corse di casa

Nelle fila del team olandese c’era anche il nostro Edoardo Affini. E proprio dalla sua voce ci facciamo raccontare questo esordio di fuoco della Jumbo. 

«Come esordio – dice con una risata – quel fine settimana è andato molto bene, soprattutto se consideriamo che eravamo sette corridori su otto all’esordio stagionale. Tra le due formazioni è cambiato un solo uomo: Tim van Dijke alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne è stato sostituito da Per Strand Hagenes (campione del mondo juniores 2021, ora nel team development di cui ci aveva parlato Mattio, ndr). Siamo arrivati direttamente dal Teide, sul quale avevamo finito un bel blocco di lavoro. Dire che abbiamo lavorato bene sembra quasi superfluo ma è davvero così. La cosa bella di queste due corse è che abbiamo corso nel modo che ci eravamo prefissati nel meeting pre-gara».

I ventagli della Jumbo hanno spaccato il gruppo ed acceso la Omloop Het Nieuwsblad
I ventagli della Jumbo hanno spaccato il gruppo ed acceso la Omloop Het Nieuwsblad

Due modi di correre

Omloop sabato e domenica la Kuurne-Brussel-Kuurne, due corse diverse ma comunque dominate dalla Jumbo Visma. 

«L’idea – prosegue Affiniera quella di fare la corsa a modo nostro, in Belgio non è mai semplice serve anche fortuna. Basta una foratura o una scivolata nel momento sbagliato e tutto va in fumo. Io stesso sono riuscito a lavorare bene in entrambe le corse, anche la squadra era molto soddisfatta. Alla Omloop il team aveva intenzione di prendersi subito la responsabilità della corsa. Appena partita la fuga ci siamo messi a controllare, io avevo il compito di inseguire nella prima parte. Poi, nel momento in cui il percorso ce lo ha permesso, ho dato il via al ventaglio che ha condizionato la gara. Ci siamo messi a girare bene e siamo riusciti a rompere il gruppo».

«Alla Kuurne – spiega nuovamente – avevamo deciso di muoverci in maniera differente, viste anche le differenze tra i due percorsi. Non avevamo un velocista di riferimento, così abbiamo lasciato il pallino dell’inseguimento alle altre formazioni. Poi, nel momento in cui le condizioni del vento sono diventate favorevoli, ci siamo messi in azione. A meno 80 chilometri dall’arrivo, sul Le Bourliquet, tre miei compagni hanno dato il via all’azione decisiva. Si è formato il quintetto che è arrivato fino all’arrivo».

Gli uomini della Jumbo alla Kuurne si sono messi all’opera dopo attaccando a 80 chilometri dall’arrivo
Gli uomini della Jumbo alla Kuurne si sono messi all’opera dopo attaccando a 80 chilometri dall’arrivo

Rinforzi e obiettivi

Uno dei nomi nuovi della Jumbo Visma è quello di Dylan Van Baarle, il vincitore dell’ultima Parigi-Roubaix. Un innesto che fa capire l’intento della squadra: vincere. 

«La squadra era già forte – dice Affini – è innegabile, ma la Jumbo vuole vincere una monumento, questo è quello che manca (unendo i puntini si potrebbero definire “profetiche” le parole di Tom Boonen, ndr). Van Baarle è un acquisto volto a ciò, e direi che si è presentato nel migliore dei modi. Ora, capire quali saranno i focus sulle prossime corse nel Nord è difficile. Prima ci sono altre corse da fare e la prima Monumento della stagione: la Sanremo. Io alla partenza di Abbiategrasso dovrei esserci, così come alla Parigi-Nizza (iniziata oggi da La Verrière, ndr)».

«E’ chiaro – spiega riagganciandosi – che le punte per le Classiche come Fiandre e Roubaix saranno Van Aert, Van Baarle, Benoot e Laporte. Il rinforzo di Dylan ha anche un senso tattico, perché potremmo trovarci in superiorità numerica in alcune situazioni. Starà poi a loro e alla squadra capire come gestire quelle situazioni. Una cosa è certa: in quelle corse meglio avere un vantaggio numerico».

Dal 2023 Shimano Italia distribuirà la gamma Continental

15.06.2022
3 min
Salva

A decorrere dal prossimo 1° gennaio 2023, Shimano Italia distribuirà i prodotti del brand tedesco Continental relativi alla bicicletta. Tutti i rivenditori specializzati del nostro paese avranno dunque così la facoltà di ordinare direttamente dal catalogo Shimano Italia gli pneumatici da corsa, quelli riservati alla Mtb, ma anche i prodotti che Continental dedica al gravel e urban. 

La Dogma F di Van Baarle vittoriosa alla Roubaix montava coperture Continental Grand Prix 5000 S
La Dogma F di Van Baarle vittoriosa alla Roubaix montava coperture Continental Grand Prix 5000 S

Superato il test Roubaix

Parlando più strettamente di prodotto, la gamma Continental Bicycle Tyres include l’apprezzato pneumatico per ciclismo su strada Grand Prix 5000. Quello che ha “accompagnato” Van Baarle e la sua Pinarello Dogma F al successo in occasione dell’ultima Parigi-Roubaix. Ci sono anche le coperture specifiche per il gravel della linea Terra e gli pneumatici specifici per “l’offroad” sviluppati utilizzando la tecnologia Gripology (la scienza dell’aderenza), sviluppata in strettissima collaborazione con alcuni dei migliori atleti professionisti in circolazione. Inoltre, non va dimenticato che in tema di sostenibilità, lo pneumatico Urban TaraxagumTM di Continental, creato mediante l’impiego di gomma di tarassaco, continua a ricevere riconoscimenti internazionali proprio per il suo approccio pionieristico al tema “green”. 

La nuova sede di Shimano Italia a Rho, Milano
La nuova sede di Shimano Italia a Rho, Milano

150 anni di esperienza

«Poter aggiungere la gamma di pneumatici per ciclismo Continental al nostro portfolio di brand in distribuzione commerciale – ha dichiarato Eduardo Roldan, il Managing Director di Shimano Italia – rappresenta per noi una grandissima opportunità, di cui siamo realmente orgogliosi. I prodotti Continental sono sempre stati sinonimo di alta qualità e non c’è alcun dubbio che si adattano perfettamente alla nostra offerta. Non vediamo l’ora di incominciare a lavorare insieme per il rafforzamento del marchio Continental sul nostro mercato. L’obiettivo sarà di rendere gli stessi prodotti ampiamente disponibili sia per i rivenditori sia, conseguentemente, per i consumatori. I nostri rappresentanti sono già a disposizione dei rivenditori per qualsiasi necessaria informazione».

Marco Cittadini (PR, Communication & Sport Marketing Coordinator Shimano Italy)
Marco Cittadini (PR, Communication & Sport Marketing Coordinator Shimano Italy)

«Siamo orgogliosi di aver affidato la distribuzione dei nostri prodotti ad un partner riconosciuto come Shimano Italia» ha ribattuto Felix Bremer, Head of Sales EMEA di Continental Bicycle Tyres. «La fiducia che la stessa Shimano Italia ripone in noi rappresenta il segnale che siamo sulla strada giusta nello sviluppare i nostri prodotti. Questo è una bella motivazione per sviluppare ulteriormente tutta la gamma di alta qualità».

Continental è un brand di riferimento mondiale per la produzione di pneumatici per biciclette, settore nel quale “conta” ben con 150 anni di esperienza. Tutti gli pneumatici Continental nascono nel centro di sviluppo a Korbach in Germania, e molti degli stessi sono completamente “Handmade in Germany”. 

Shimano

Continental

Marangoni: «Attesa, lavoro, umiltà: così è esploso Van Baarle»

01.05.2022
5 min
Salva

Alan Marangoni è stato compagno di squadra di Dylan Van Baarle per due stagioni al Team Cannondale. Dopo la sua vittoria alla Parigi-Roubaix l’ex pro’, ora in forza a GCN, aveva scritto che non era stupito del fatto che l’olandese avesse vinto. “Dylan ha avuto bisogno di tempo. Si è messo sotto e alla fine ci è arrivato. Non tutti sono Pogacar ed Evenepoel”.

E ancora: “Mi riempie di gioia – si leggeva sulla pagina Instagram di Marangoni – vedere un corridore che, resosi conto di non essere un fenomeno nonostante le pressioni, ha saputo aspettare lavorando sodo”. Parole non banali e che in qualche modo si legano anche all’articolo di ieri con i diesse degli U23. 

Alan marangoni (classe 1984) è oggi una delle voci e dei volti di GCN
Alan marangoni (classe 1984) è oggi una delle voci e dei volti di GCN
Alan, qual è il tuo primo ricordo di Van Baarle?

La percezione che si aveva di lui quando arrivò in squadra. Era preso molto in considerazione dai tecnici. Quando lo conobbi aveva 21 anni. Se ne parlava un gran bene. Aveva vinto subito il Giro di Gran Bretagna alla Garmin da neoprofessionista.

E lui?

Nonostante fosse iper-pompato è sempre rimasto con i piedi per terra. Non è mai stato arrogante, sempre sorridente. Un ragazzo rispettoso. Sempre pronto a dire grazie.

Qual era il vostro rapporto?

Si era legato parecchio a me. Diceva che si divertiva. Lo scorso autunno, nell’evento BeKing di Montecarlo, quando ci siamo visti mi ha fatto una gran festa. La realtà è che si rischia di perdere dei talenti. Si mettono subito pressioni e se un ragazzo è debole mentalmente il rischio è quello di perderlo. Ci possono essere delle fragilità in quel periodo della carriera e non tutti sono già formati. E poi c’è una cosa che mi fa un po’ rabbia.

Cosa?

Oltre al fatto che in questo momento non ci sono italiani forti, è il vedere certi commenti sui social. Commenti spesso cattivi e infondati che non capisco. Ma di chi è la colpa se un corridore non va? Perché ce l’hanno con un ragazzo che non va forte? Perché se la prendono con il sistema? Okay, allora iniziassero a mettere su una squadra di giovanissimi. Noto che sta crescendo una dialettica calcistica.

Van Baarle ha corso alla Cannondale nel biennio 2015-2016. Da notare la sua massa muscolare
Van Baarle ha corso alla Cannondale nel biennio 2015-2016. Da notare la sua massa muscolare
Com’era Van Baarle in corsa?

Preciso. Ho avuto modo di correre con lui nel Fiandre del 2016 in cui arrivò sesto. Di quel Fiandre ricordo bene che Klier, il diesse, fece una precisa tattica a tavolino. E gli disse: prima di questo punto – mi sembra il secondo passaggio sul Kwaremont, adesso di preciso non ricordo – devi attaccare forte. Vedrai che i big si controlleranno e non ti seguiranno. Però quando esploderà la bagarre tu già sarai davanti“. Ebbene Dylan eseguì quell’ordine al dettaglio. Quindi, soprattutto se ha la gamba, è molto preciso, non sbaglia nulla. Un computer. E infatti in Ineos-Grenadiers non hai mai sbagliato. Ci sta bene: con la testa e con le gambe.

Hai detto che è un ragazzo rispettoso: queste sue qualità sono emerse subito?

Quando andavamo alle classiche del Nord lui e Langeveld erano due colossi. Stavano sempre insieme. Langeveld era il più esperto, Dylan il più giovane. Ma Langeveld era più sbruffoncello, più saccente e spesso quando un giovane è affiancato ad un capitano così tende a prendere l’atteggiamento del leader. Non Van Baarle. Lui è rimasto sulla sua linea.

C’è un qualcosa che ti ha colpito di Van Baarle?

Come si presentò al primo ritiro del 2016. Rispetto all’ultima corsa del 2015 era un’altra persona. Era diventato molto più magro, aveva perso peso. Il corridore massiccio e potente non c’era più. Tuttavia in quel ritiro andava piano. E lo stesso nei primi mesi dell’anno. Forse doveva adattarsi al suo “nuovo” fisico. Quel sesto posto al Fiandre fu un po’ una sorpresa. 

E in allenamento? Era uno che si staccava o un coriaceo?

Era preciso, seguiva le sue tabelle. Ma in realtà poi in allenamento l’ho visto poco perché noi di ritiri ne facevamo pochissimi in Cannondale: 7-8 giorni a gennaio e stop. Magari ci organizzavamo noi in autonomia. Andavamo sullo Stelvio con Formolo, Bettiol, Moser

L’olandese, oggi più filiforme, è un buon gregario anche per la salita
L’olandese, oggi più filiforme, è un buon gregario anche per la salita
Il motore quindi ce lo ha sempre avuto Van Baarle?

E alla grande direi! Vinse molto da junior e fu un ottimo under 23 tanto che passò nella continental della Rabobank. Di certo da giovane era più esplosivo, più veloce, proprio perché ancora non aveva perso peso. Ricordo che vinse una piccola corsa tappe in cui c’erano quasi tutti arrivi in volata. Però dopo quella trasformazione si è messo giù, con calma e tanto lavoro e alla fine è arrivato in alto. Non avrei mai pensato però che sarebbe potuto diventare un “gregarione” anche per i tapponi dei grandi Giri.

Alan, come mai secondo te Dylan ci ha messo un po’ di più ad esplodere nonostante il motore grande?

Spesso non si considera che quando un corridore passa non è per forza pronto. O che se passa e vince subito sia scontato che poi vinca sempre di più. No, non è matematica. Ogni anno ha le sue dinamiche. Per me Dylan ha sofferto il momento del passaggio alla Cannondale. Lì era il “Dio” e nonostante tutto ha fatto bene. Però aveva delle pressioni. Poi cambiando squadra si è dovuto mettere al servizio degli altri e non ha avuto più certe pressioni. Doveva lavorare da A a B, pressioni da gregario. Nel frattempo ha fatto esperienza, è maturato e quando ha avuto i suoi spazi è riuscito a vincere.

Aveva bisogno dei suoi tempi insomma…

Come ho scritto anche nel mio post: lui non è un fenomeno. Quelli si contano sulla dita di una mano. Dylan è un ottimo corridore che è maturato più lentamente. Ripeto, il fatto di vincere subito, non significa che poi crescendo si continui a vincere a valanga come Merckx.

Sidi Wire 2: una settimana indimenticabile tra Amstel e Roubaix

19.04.2022
3 min
Salva

Anche la Parigi-Roubaix 2022 è stata vinta da un atleta con ai piedi le scarpe Sidi Wire 2. Dopo il trionfo di Colbrelli dello scorso anno tra fango e pioggia, questa volta ci ha pensato Van Baarle a portare a casa la pietra più pesante del mondo. Quella vinta dal corridore olandese è stata una Roubaix dove polvere e vento hanno caratterizzato la corsa. Questi ultimi successi sono la dimostrazione di come le scarpe Sidi siano in grado di performare al meglio in ogni situazione. 

Con Sidi la Ineos è riuscita ad imporsi su tutti i terreni, a dimostrazione della versatilità del modello Wire 2
Con Sidi la Ineos è riuscita ad imporsi su tutti i terreni, a dimostrazione della versatilità del modello Wire 2

Una settimana magica

Quella di Sidi è stata una settimana di corse davvero intensa e ricca di emozioni. Infatti, prima di conquistare per il secondo anno di fila il velodromo di Roubaix, era arrivata anche la vittoria all’Amstel Gold Race. A trionfare sul traguardo di Valkenburg, con un gran colpo di reni, è stato Michal Kwiatkowski. La particolarità? Anche il corridore polacco ha vinto con addosso le Sidi Wire 2. 

Un delicato equilibrio

Le Sidi Wire 2 sono delle scarpe estremamente tecniche. Studiate e sviluppate per avere un equilibrio che favorisce la migliore prestazione su tutti i terreni. Una delle sue particolarità è nel sistema di chiusura, che, con il suo meccanismo centrale, permette un’equa distribuzione della tensione sul collo del piede. E’ stato aggiunto anche un innovativo pulsante che, se schiacciato, fa alzare una levetta per avere una miglior regolazione in corsa. Potrebbe essere stato anche questo uno dei segreti che hanno permesso a Van Baarle di vincere domenica.

Micro regolazioni 

Il tallone è uno dei punti più delicati da far calzare all’interno della scarpa. Sidi ha ideato un sistema di regolazione che rinforza lo spoiler e migliora la calzata, permettendo di stringere il tallone in modo che non scalzi durante gli sforzi della pedalata.

Ogni lato del tallone può essere regolato in modo indipendente, per una calzata perfetta. Per una regolazione personalizzata, girare la vite verso il segno (più) per stringere il meccanismo e verso il segno (meno) per allentarlo.

Sidi

EDITORIALE / Bene tutto, ma servono le gambe

18.04.2022
4 min
Salva

Alla fine servono le gambe, i garun per ricordare Alfredo Binda che ancora oggi avrebbe tanto da dire. Mohoric probabilmente avrebbe vinto la Sanremo anche senza il reggisella telescopico e Van Baarle ha conquistato la Roubaix su una Pinarello priva di accorgimenti particolari: la stessa con cui fra pochi giorni la squadra correrà la Freccia Vallone, poi la Liegi e a seguire Giro e Tour. L’olandese della Ineos Grenadiers ha tuttavia riconosciuto che essersi dedicati nell’inverno a un vero setup da classiche gli ha permesso di avere a disposizione una bici performante e sicura. Ruote, gomme giuste alla giusta pressione (foto di apertura), ricognizioni, nastro, rapporti, il guida-catena per la guarnitura, il giusto abbigliamento e pedalare.

Il Team DSM non ha usato la regolazione di pressione in gara: Degenkolb ha avuto già abbastanza da fare…
Il Team DSM non ha usato la regolazione di pressione in gara: Degenkolb ha avuto già abbastanza da fare…

Il sistema DSM

Nella settimana che conduceva alla Roubaix, complice anche la licenza rilasciata dall’Uci per un sistema di regolazione della pressione, si sono scatenati quasi tutti a caccia del dispositivo di Scope Cycling che avrebbe permesso di aumentare e ridurre la pressione delle gomme in funzione del tipo di terreno. Più dure su asfalto e più morbide sul pavé. Lo avrebbe usato il Team DSM. Dopo il reggisella di Mohoric, eravamo tutti pronti a un’altra spallata. Invece…

Invece si trattava di una trovata di marketing, la stessa che non è riuscita nel caso di Mohoric, perché lo sloveno si è arrangiato da solo e nessuno ne sapeva niente.

La Cervélo di Van Aert e la Lapierre di Kung: bici top, senza troppe stranezze
La Cervélo di Van Aert e la Lapierre di Kung: bici top, senza troppe stranezze

Era credibile, tornando alla DSM, che in quell’inferno di polvere e pietre, un corridore si mettesse anche a variare la pressione delle gomme?

L’auricolare nelle orecchie. Il computer da guardare. La necessità di ricordarsi di mangiare. La guida su quel fondo dissestato. Gli spettatori che si sporgono. Le traiettorie imprevedibili. No, non era credibile! Non per ora, almeno…

Rinviato al Tour

«Dal 2020 – si legge nel comunicato della squadra – il Team DSM e Scope stanno lavorando a un sistema di gestione della pressione degli pneumatici che consente ai ciclisti di gonfiare e sgonfiare le gomme mentre sono in bicicletta, di cui l’UCI ha approvato l’uso all’inizio di aprile. Questa settimana sul pavé ha confermato che possiamo essere fiduciosi nel sistema e nel nostro setup generale, ma abbiamo deciso di fare il nostro debutto al TDF dove lo utilizzeremo nella tappa sul pavé.

Le squadre Specialized avevano il modello Roubaix, dotato di doppia ammortizzazione
Le squadre Specialized avevano il modello Roubaix, dotato di doppia ammortizzazione

«La Parigi-Roubaix – prosegue il comunicato – è una delle gare più caotiche del calendario e richiede la completa concentrazione dei corridori sull’intera lunghezza di 259 chilometri. Per questo motivo, i ciclisti devono essere completamente tutt’uno con la propria bici e controllare tutti i componenti in modo intuitivo. Non vediamo l’ora di dedicare altro tempo alla guida con questo sistema ed essere parte di quello che siamo fiduciosi sarà un grande cambiamento in questo sport».

Gambe e coraggio

Vedremo se al Tour de France lo utilizzeranno davvero. Forse lo affideranno a qualcuno fuori classifica o senza particolari velleità di risultato.

Sarà per caso, ma le tre bici sul podio della Roubaix non avevano particolari ammortizzazioni al di fuori delle ruote e dei fattori precedentemente citati. E mentre in sala stampa ci si meravigliava per la media molto alta della corsa, ci siamo messi a fare di conto, andando a ripescare chilometri e tempo della Roubaix del 1964, vinta da Peter Post (olandese della Flandria Romeo) in 5 ore 52’19” alla media di 45,129, distanza di 265 chilometri.

Nel 1964 Peter Post vinse la Roubaix a una media poco inferiore a quella di ieri e con una bici “nuda”
Nel 1964 Peter Post vinse la Roubaix a una media poco inferiore a quella di ieri e con una bici “nuda”

Ben 58 anni dopo, sulla distanza di 257,2 chilometri e con telai e ruote da fantascienza (leggere per conferma l’approfondimento con Fabio Baldato), Dylan Van Baarle ha vinto a 45,792 di media.

Guardate la foto dell’arrivo di Post. Guardate la sua bici. Saremo sempre pronti ad approfondire e raccontarvi delle bici e delle trovate più geniali, convinti che la tecnica sia parte fondante del nostro mondo e che le aziende di settore spacchino il capello in quattro per consegnare ai corridori i mezzi più performanti. Ma diteci – guardando quella foto in bianco e nero – se non è vero che alla fine le corse si vincono con gambe e coraggio.

All’Inferno con bici speciali: il nostro taccuino tecnico

18.04.2022
8 min
Salva

Quest’anno, purtroppo non ci sono corridori italiani sul podio, ma la vittoria di Van Baarle porta una Pinarello sul gradino più alto, una bici diametralmente opposta a quella vittoriosa tra le donne. La Parigi-Roubaix, l’Inferno del Nord, è anche molta tecnica legata alle biciclette, ai componenti e alle scelte fatte dai team. Abbiamo fatto una selezione e ci sono anche delle curiosità molto interessanti.

La Roubaix di Pinarello

Una Dogma F per il vincitore, con pneumatici tubeless, manubrio full carbon integrato (il Most di Pinarello) e una sella Fizik che ad oggi non compare sul catalogo. Ha il design della Vento Argo (quella short nose) ed ha i rails in lega d’alluminio, ma non è una Vento Argo. Prima della partenza le biciclette esterne, erano di Rowe, Turner e proprio Van Baarle, quella di Ganna era al centro del tetto dell’ammiraglia. Un segno questo che va ad identificare il capitano/capitani designati dal team.

Tubolari e tubeless per la BikeExchange

Giant TCR Advanced SL per tutti i corridori del team australiano, con un paio di Propel (modello aero) sulle ammiraglie. Fin qui nulla di strano. Ma come ci aveva anticipato Fausto Oppici, meccanico del team, i corridori avevano libertà di scelta tra i tubeless e i tubolari. Le bici in effetti avevano tutte le medesime ruote Cadex con profilo da 42 millimetri, ma con predisposizione differente. Gli pneumatici erano palesemente Vittoria, ma con il logo ed il modello non visibili.

Sezioni differenziate Movistar

Solo Ivan Cortina ha utilizzato la CF SLX, mentre gli altri corridori hanno usato la Aeroad, diciamo lo stesso modello usato da MVDP (ma con allestimento differente). Curiosa la scelta riferita agli pneumatici, tutti tubeless Continental GP5000 S TR e montati sulle Zipp. I corridori del team iberico hanno usato un 28 anteriore, 30 oppure 32 per la ruota posteriore.

Le Cube di Kristoff e Pasqualon

La Cube Litening TE rimane davvero impattante in fatto estetico, aggressiva e muscolosa. Le immagini televisive spengono nettamente la livrea di frame e forcella, mentre “dal vivo” compare la trama del carbonio, sotto un trasparente blu lucido. Le scelte tecniche però, sono quelle che devono trovare menzione.

Andrea Pasqualon ha montato le ruote con profilo da 42 e tubeless da 32. Kristoff invece ha optato per due profili da 65, tubeless Continental da 25 con dicitura hookless. Il design è perfettamente identico a quelli standard TR. “Il range delle pressioni varia tra le 2,5 e 4,5 bar, in base alle preferenze del corridore e alla scelta tecnica della gomma”, queste le poche parole dello staff.

Due power meter sulle Cannondale EF

Una SuperSix Evo per tutti, con ruote Vision e doppio misuratore di potenza. Due power meter? Evidente il pedale SpeedPlay che integra il power meter sviluppato in collaborazione con Wahoo, ma le guarniture hanno lo spider P2M. I pedali potrebbero essere quelli dedicati al misuratore, ma senza il power meter al loro interno. Ottima la scelta, in termini di efficienza (oltre al colore anodizzato), quella di usare il braccetto del cambio posteriore con una sorta di aletta per evitare di far cadere la catena all’esterno del telaio.

Corima tubeless per le Wilier

Wilier Zero SLR per il Team Astana, con le ruote Corima e una scelta degli pneumatici tra tubolari e tubeless. I tubeless Vittoria Control da 30 millimetri di sezione, sulle ruote Corima non è una cosa scontata. Inoltre sulla bicicletta di Boaro compare una sella Prologo Proxim PAS, con rails TiRox, modello dedicato agli utilizzatori di e-bike. Il suo design è paragonabile a quello della Scratch M5, ma ha un’imbottitura maggiorata.

Cervélo con Vittoria Dugast

Van Aert e compagni erano equipaggiati, tutti, con i tubolari da 30 millimetri di sezione, montati sulle ruote Dura-Ace da 60 millimetri. La particolarità è negli pneumatici con il logo Dugast ben visibile. Se è vero che Dugast fa parte del gruppo Vittoria, è pur vero che la novità c’è, per un brand maggiormente conosciuto per le produzioni legate al ciclocross di altissima gamma. Tutti gli pneumatici Dugast sono fatti a mano.

Scott e Dare

Nessuno dei corridori del Team DSM, con bici Scott, ha utilizzato il mozzo Atmoz di Scoope Cycling, per quella che ci è parsa, prima di tutto, un’operazione di marketing. Lo strumento non è stato utilizzato neppure in ambito femminile. Gli atleti hanno utilizzato le ruote Shimano Dura Ace in versione tubolare. Dare è il marchio di biciclette del team norvegese UnoX, praticamente sconosciuto nell’Europa latina. Telai corti e molto compatti, muscolosi e voluminosi, considerando anche le taglie piuttosto grandi. Ruote DT Swiss ARC, quelle con mozzi 240 e tubeless Schwalbe Pro One.

Specialized

Gli atleti Bora-Hansgrohe e Total Energies hanno utilizzato le Specialized Roubaix S-Works, con ruote Roval e tubeless S-Works. Buona parte degli atleti aveva dei setting “comodi”, in particolare per l’avantreno (gli spessori sotto l’attacco manubrio sono l’elemento ammortizzante anteriore). Stem allungati e molti spessori tra attacco manubrio e cap del sistema ammortizzante in dotazione alla bicicletta. Jonas Koch (Bora) ha montato anche la GoPro.

La nuova Ineos d’assalto che piace tanto al capo Brailsford

18.04.2022
5 min
Salva

Si cominciava a pensare che fossero passati di moda, con Uae Team Emirates e Jumbo Visma che si stavano facendo largo con milioni e campioni e la Ineos Grenadiers verso la fine di un ciclo. L’incidente di Bernal è piombato sulla squadra come una maledizione. Non avere un potenziale vincitore di Tour dopo averne portati a casa 7 in 10 anni pareva il segno della resa. Invece i corridori di sir David Brailsford hanno cambiato passo e registro. E con aprile sono venute le vittorie di Martinez e Rodriguez ai Paesi Baschi, poi l’Amstel di Kwiatkowski, la Freccia del Brabante con Sheffield e ieri infine la Parigi-Roubaix di Van Baarle.

Da un olandese all’altro: il diesse Knaven primo a Roubaix nel 2001 e ieri Van Baarle
Da un olandese all’altro: il diesse Knaven primo a Roubaix nel 2001 e ieri Van Baarle

Ellingworth decisivo

Per questo ieri il capo è stato il primo ad andare incontro all’olandese, abbracciandolo come fece con i suoi campioni della maglia gialla. Se ne è stato per un po’ al centro del prato rimirando da lontano il podio, poi non poteva più fingere di non vedere i gesti e ci ha raggiunto alla transenna. 

«Io penso che ci siamo focalizzati sui Grandi Giri per tanto tempo – ha detto – ma ci sono due grandi corse in questo sport: il Tour de France e la Parigi-Roubaix. Abbiamo vinto il Tour un po’ di volte, ma non ci eravamo mai organizzati per domare il pavé. Perciò questo è come un sogno diventato realtà. Va dato grande merito a Rod Ellingworth (l’head coach dai capelli rossi passato per un anno al Team Bahrain, poi tornato alla base, ndr). Gli abbiamo dato tanta fiducia, lui è tornato nel team e sta lavorando davvero duramente. Per vincere qui eravamo consapevoli del fatto che si devono prendere dei rischi. Ebbene, non sono sorpreso, soprattutto dai giovani. Ad esempio Ben Turner ha fatto appena un paio di classiche sul pavé quest’anno ed è alla prima stagione: lo avete visto che grinta?».

Dopo 7 Tour negli ultimi 10 anni, Brailsford raggiante per la prima Roubaix
Dopo 7 Tour negli ultimi 10 anni, Brailsford raggiante per la prima Roubaix
Hai temuto che l’incidente di Bernal sarebbe stato un colpo fatale per voi?

E’ un grande danno, questo è certo. Questo sport si muove velocemente, non devi lamentarti e bisogna adattarsi velocemente. Spero che Egan torni presto nel team, ma nel frattempo mi godo i corridori che si prendono le proprie responsabilità, che si divertono alle gare. Devo dare merito a questo gruppo di ragazzi, perché hanno portato altro brio, il desiderio e il divertimento all’interno della squadra e tutti ne beneficiano. 

Ti aspettavi che Van Baarle potesse vincere la Roubaix?

Dylan era già stato vicino a vincere un paio di volte in modo importante. Un mondiale e il Fiandre. Corre bene ed è interessante osservare che per vincere questo tipo di gare serve gente con esperienza. Penso anche alle due settimane tra il Fiandre e la Roubaix. Penso che in questi giorni lui abbia capito come fare. E’ un ottimo corridore se mantiene la sua freschezza e credo che possa avere grosse possibilità. E’ sempre concentrato, ha imparato lungo la via. I suoi 10 anni di esperienza hanno dato frutto tutto in una volta, per un giorno speciale.

Ganna guida l’attacco della Ineos: Brailsford conquistato da tanta grinta
Ganna guida l’attacco della Ineos: Brailsford conquistato da tanta grinta
Ma intanto la Ineos… ingessata del Tour sta cambiando pelle…

Abbiamo parlato molto questo inverno a proposito del nostro modo di correre. Da quando abbiamo vinto il Giro con Tao (Geoghegan Hart, ndr) gareggiamo in maniera molto diversa. Dopo il 2020 ci siamo detti che sta bene a tutti se riusciamo ad essere un pochino più incisivi e aggressivi. Correre sempre tra i primi, assumerci più rischi. E piano piano questa mentalità sta arrivando nella squadra. La dinamica è cambiata.

Come mai?

Il merito è molto legato ai giovani che si sono scrollati di dosso i vecchi schemi. Hanno dato un forte impatto. Tom Pidcock è uno che vuole sempre attaccare. Ragazzi che prendono rischi e si fanno avanti quando vedono un’opportunità. Devo dire che Castroviejo e Thomas sono cresciuti con un’altra mentalità, ma non si tirano indietro. Devo dare merito a Geraint per la scelta di rimanere. Ha vinto il Tour, ha vinto le Olimpiadi, è uno tra i corridori più esperti nel gruppo eppure sta ancora imparando.

Wiggins distrutto dopo la Roubaix in moto con Eurosport, ha provato per anni a vincerla in bici
Wiggins distrutto dopo la Roubaix in moto con Eurosport, ha provato per anni a vincerla in bici
E’ finito il tempo del Team Sky tutto attorno a un solo capitano?

Sono passati dieci anni, credo che stiamo correndo con il collettivo. Oggi (ieri alla Roubaix, ndr) abbiamo creato il gap e poi lo abbiamo gestito vincendo la corsa. Questi ragazzi gareggiano più come gruppo unito con l’attitudine di correre rischi. Abbiamo passato gli ultimi 10 anni a organizzarci per vincere il Tour e oggi abbiamo bussato ad una porta che era chiusa fino all’anno scorso. Ero convinto che l’avremmo vinta nel 2021 con Gianni Moscon. Quando raggiungi un traguardo così, è bello poter dire che ogni singolo membro della squadra ha contribuito al successo.