Evenepoel in Costiera: scatta l’operazione Giro

01.12.2022
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Evenepoel in giro per il Sud a provare le tappe del Giro. Il viaggio che doveva rimanere segreto è stato invece sfruttato per annunciare che nel 2023 il campione del mondo correrà per la maglia rosa, con un video da Amalfi. Da quelle parti il ciclismo è soprattutto Raffaele Illiano, ex corridore e animatore di mille attività, che ringraziamo per il racconto e per le foto, cui qualche settimana fa si rivolse Bramati che già aveva in mente di portare Remco in ricognizione su alcuni percorsi in Campania. E a lui ci siamo rivolti per scoprire uno spicchio del viaggio di Evenepoel lungo le strade della Costiera Amalfitana e alla vigilia del probabile sopralluogo di oggi sugli arrivi di Lago Laceno e di Salerno.

Foto ricordo con Illiano dopo una ventina di chilometri insieme
Foto ricordo con Illiano dopo una ventina di chilometri insieme
Racconta, Lello…

Bramati mi aveva chiamato un po’ di tempo fa, dicendo che voleva portare un corridore a vedere le tappe di qua. Ma io tra il lavoro e il resto avevo quasi dimenticato. Mi richiama martedì e dice che è al negozio, io però ero a Caserta a fare delle posizioni e da lì ho quasi 50 chilometri per andare a casa. Così ci accordiamo che ci si trova all’aeroporto e poi che semmai ci mangiamo una pizza, visto che comunque quel corridore avrebbe dovuto comunque cenare…

Poi cosa è successo?

Mi richiama e mi dice che l’aereo ha un’ora di ritardo. Dice di lasciar stare la pizza e che ci saremmo sentiti ieri mattina. Io gli sarei andato incontro in bici, perché prima lui avrebbe dovuto fare un video e poi avrei potuto fare qualche chilometro con quel corridore.

Il Giro 2023 percorrerà la Costiera Amalfitana e il Chiunzi nella 6ª tappa
Il Giro 2023 percorrerà la Costiera Amalfitana e il Chiunzi nella 6ª tappa
Tutto rimandato?

In teoria sì, ma mi era venuta curiosità di sapere chi fosse. Così ho chiamato Belli, per sapere chi potesse essere secondo lui. «Chi vuoi che sia, è Remco!». E allora mi sono fermato. Ho chiesto a Wladimir da dove arrivasse e lui mi ha detto che si stava allenando a Calpe. Così ho pensato che il volo arrivasse per forza da Valencia. Sono entrato in aeroporto, ho controllato e il volo arrivava a Napoli alle 9,10. Anzi, era già atterrato.

Bramati non c’era ancora?

No, così aspetto e dopo 20 minuti arriva questo ragazzo, prende la bicicletta e mi passa davanti. Io mi faccio la foto, lo saluto e gli dico chi sono. E poi gli dico: «Guarda che il Brama ancora deve arrivare, aspetta che arriva». Lui non si aspettava che qualcuno lo riconoscesse, così lo sento che chiama Bramati e gli dice che un ex corridore ha fatto la foto con lui e gli ha detto di aspettare. E così Bramati mi chiama.

Remco ha pedalato sulle strade della Costiera Amalfitana, forzando solo sul Chiunzi
Remco ha pedalato sulle strade della Costiera Amalfitana, forzando solo sul Chiunzi
Cosa ti dice?

Mi fa: «Illi, ma tu sei l’aeroporto?». Io gli dico di sì e lui dice che aveva sbagliato con l’orario. Gli dico che se me lo diceva, ci organizzavamo e glielo portavo io in hotel, ma comunque alla fine è arrivato.

Quindi era davvero Remco, venuto giù a provare i percorsi del Giro…

Esatto, ma Bramati mi dice che non si deve sapere niente finché non esce il video che faranno. «Ma cosa pensi – gli dico – che se mi chiedi di stare zitto, io lo vado a raccontare in giro?». Comunque ieri mattina si sono fatti la tappa di Napoli. Io li ho presi sulla Costiera e ho fatto un pezzo con loro, perché giustamente questo cammina, non è che gli puoi stare dietro se non sei allenato.

Illiano ha pedalato con Evenepoel per una ventina di chilometri in Costiera
Illiano ha pedalato con Evenepoel per una ventina di chilometri in Costiera
Quanto sei stato con loro?

Mi sono fatto una ventina di chilometri con lui, ho fatto qualche altra foto e poi mi ha chiesto se potevo seguirli anche oggi a vedere un altro paio di tappe. Purtroppo è morto il padre del meccanico che era con loro ed è dovuto rientrare. Per cui siamo rimasti di sentirci per organizzarci.

Come l’hai visto Remco?

Sul Chiunzi, ha provato anche a spingere. Poi è sceso dall’altro lato, ha fatto tutta la Costiera dentro Sorrento. Dietro c’era Brama con il GPS che guardava i watt, il percorso e tutte queste cose qui.

Per Remco e Illiano, breve sosta ad Amalfi che il Giro attraverserà al 60° chilometro, scendendo dal Chiunzi
Per Remco e Illiano, breve sosta ad Amalfi che il Giro attraverserà al 60° chilometro, scendendo dal Chiunzi
Ti è parsa una ricognizione o una vera prova?

Andava a spasso, guardava il misuratore di potenza. Comunque per quello che ho visto, viaggiava in scioltezza su un rapporto di 4 watt/kg, proprio sciolto, sciolto. Si vede che ha un motore eccezionale, queste cose ormai le riconosco. In cima alla salita del Chiunzi ha spinto forte e andava sul serio. In più secondo me è già magro, potrà essere due chili sopra il peso forma. Piuttosto mi ha stupito in discesa…

Cioè?

Andava giù fortissimo, nonostante il bagnato. Non sapeva che qua è Sorrento e non il Belgio e che rischiava troppo? E poi vai a raccontare che sei caduto per provare una discesa? E’ sceso come se fosse in corsa. Forse le fa forte in allenamento. In un tratto, ha fatto passare davanti un amico che era con noi e si è messo a 10 metri. Una cosa che notavo è che guida con il computerino che segnala il percorso. Io quella funzione l’ho disattivata, perché se il gps arriva in ritardo, finisci contro un muro.

Dopo aver provato i tratti di Costiera, Bramati ed Evenepoel hanno visionato il finale di Melfi
Dopo aver provato i tratti di Costiera, Bramati ed Evenepoel hanno visionato il finale di Melfi
Quali programmi hanno oggi?

Ieri sono andati a vedere gli ultimi 30 chilometri della tappa di Melfi. Oggi vanno a Lago Laceno, poi tornano indietro e vanno a vederne un’altra. Forse la tappa di Salerno. Alla fine, vanno a fare la doccia e a mangiare in hotel. A gennaio porto un gruppo di cicloturisti a Calpe nello stesso hotel e negli stessi giorni della Quick Step-Alpha Vinyl, ma Remco non ci sarà. Mi ha detto Bramati che lui comincia da San Juan…

Dieci anni dopo, Oppici torna da Bramati e Lefevere

12.11.2022
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Fausto Oppici, che fu un buon dilettante e negli ultimi 10 anni è stato il capo dei meccanici al Team Bike Exchange-Jayco, lavorerà dal prossimo alla Quick Step, da cui era uscito nel 2012 per aiutare a creare il team australiano.

Il mercato degli uomini dello staff è meno frizzante di quello dei corridori e probabilmente fa meno notizia, però i direttori sportivi e i team manager sanno che gli uomini giusti nelle posizioni chiave permettono alla squadra di girare meglio. Perciò se con la chiusura della Drone Hopper-Androni la Bardiani si è presa tutto il suo staff della performance, il ritorno di Oppici sull’ammiraglia italiana di Bramati darà al tecnico bergamasco una sicurezza in più. Soprattutto alla vigilia di un anno in cui in Italia potrebbe arrivare in modo più massiccio baby Evenepoel.

E’ il 2004, Bettini non ha ancora vinto le Olimpiadi: qui siamo alla Tirreno
E’ il 2004, Bettini non ha ancora vinto le Olimpiadi: qui siamo alla Tirreno

Costruire un team

Fausto Oppici, classe 1970, vincitore di una Coppa Caduti Nervianesi e secondo alla Coppa San Geo del 1992, è stato una delle colonne portanti della Quick Step di Boonen. Per cui pensare al team belga ha sempre portato ottimi ricordi.

«Era un po’ che Bramati e Lefevere mi chiedevano di tornare – sorride –  e alla fine ho detto: ci provo. Volevo trovare altri stimoli dopo 10 anni qui alla Bike Exchange. Torno in un posto che conosco già. La struttura è rimasta quella, una parte del personale è la stessa. Ero venuto via per seguire il progetto di Alvaro Crespi e Shayne Bannan. Mi avevano offerto il posto di responsabile di tutta la parte legata alla meccanica e ho accettato, per provare anche la nuova sfida. Però adesso, dopo 10 anni, sono cambiate tante cose. Ci sono tante più incombenze e mi sono detto che forse è tornato il momento di fare nuovamente il meccanico. Quando torno da una corsa, ho bisogno di stare a casa…».

Mondiali 2010, lo staff dei meccanici azzurri: c’è anche il mitico Franco Vita
Mondiali 2010, lo staff dei meccanici azzurri: c’è anche il mitico Franco Vita
Invece negli ultimi anni?

Rientravo da una corsa e andavo in magazzino a lavorare. Non ci sono solo le biciclette. C’è da fare il programma, ci sono le macchine, i camion, ci sono tante cose da vedere e da fare. Magari vai per pensare solo alle biciclette, poi arrivi e trovi il tuo collega che lavora quasi solo in magazzino. Magari è lì che guarda i mezzi, quindi lo aiuti. Lo accompagni, perché sai che deve portarli in officina. Ogni volta che ci sono dei cambiamenti di programma, se per esempio arriva una nuova corsa da fare, devi organizzare gli spostamenti di tutti gli altri. Non sei da solo, ma ti metti lì col direttore sportivo. Erano le cose che di solito facevo con Vittorio Algeri o con Gene Bates. Ci mettevamo lì a vedere se c’era la possibilità di incastrare tutto.

E’ stata un’esperienza positiva?

Mi sono sempre trovato bene, mi è piaciuto, mi sono divertito. Mi sono tolto delle belle soddisfazioni. Non ho niente da recriminare. Ho voluto provare la nuova esperienza di una squadra nuova che nasceva completamente da zero. Ma erano già diversi anni che “Brama” mi chiamava e con Lefevere sono sempre rimasto in contatto. Non ho mai avuto problemi con lui. Quando mi vedeva, ci siamo sempre salutati, abbiamo sempre parlato. Anche solo per gli auguri di Natale o cose del genere. E così quest’anno ho detto di sì ed è stato come tornare a casa.

Cosa ricordi di quella Quick Step?

L’ultimo anno con loro fu il 2011. C’era Boonen e c’era Chavanel. Quell’anno arrivò Trentin, che venne a fare il Tour of Beijing da stagista. Poi l’anno dopo passò professionista con loro, ma io ero già andato. Però me lo sono ritrovato nel 2018 alla Mitchelton. Avevamo bici Specialized. Negli anni abbiamo cambiato un po’. All’inizio avevamo Time. Poi siamo passati a Merckx e dopo a Specialized.

Bramati è una delle colonne della Deceuninck. Qui con Tegner, responsabile marketing e comunicazione
Bramati è una delle colonne della Deceuninck. Qui con Tegner, responsabile marketing e comunicazione
Com’è fare il meccanico in una squadra così?

Fare il meccanico alla Quick Step, per quello che il ciclismo rappresenta in Belgio, è come essere alla Juventus. Nel mio piccolo, essere ancora ricercato da una squadra così importante vuol dire che, a parte l’amicizia, qualcosa posso dargli. Sennò certamente non avrebbero avuto bisogno di me. Con tutte le virgolette, forse qualcosa valgo anch’io.

Tanto onore e tanta responsabilità?

Non piccola. Più si alzano gli obiettivi, più si alza il valore dei corridori e più ce l’hai sulle spalle. Perché se poi qualcosa non funziona, tocca sempre a te. Durante la corsa hai sempre il timore che possa succedere qualcosa alla bicicletta che hai preparato. E poi quando magari qualcosa succede davvero, anche la più piccola, cominci a pensare a cosa possa essere successo. Ti fai venire mille paturnie.

Sai già che programma farai?

Bene o male, so il numero dei giorni. Se ne discute, nel senso che c’è il responsabile che farà il calendario. Però al momento di farlo, ti chiede se Ie corse che ha pensato vanno bene. Se hai qualche problema in un giorno particolare, in cui hai bisogno di stare a casa o cose del genere. Io ovviamente sarò orientato sulle corse in Italia. L’orientamento delle squadre è non far viaggiare troppo lo staff, se non è necessario. Sarebbe stupido che io andassi a fare le corse in Belgio, se lassù ci sono i meccanici belgi.

Oppici è stato per 19 anni meccanico della nazionale. Ha fatto anche 4 Olimpiadi: 2 con l’Italia e 2 con l’Australia
Oppici è stato per 19 anni meccanico della nazionale. Ha fatto anche 4 Olimpiadi: 2 con l’Italia e 2 con l’Australia
Solo Italia, dunque, per Oppici?

Magari capiterà di andare al Nord o altrove. Ad esempio Bramati in Belgio ci va di sicuro, ma è altrettanto sicuro che le corse italiane toccano a lui. Si cerca di dividere i compiti, anche se di italiani nella squadra non ce ne sono tanti. Siamo in quattro. Bramati, Tegner che però è un dirigente, un massaggiatore (Yankee Germano, ndr) ed io.

Sei già andato in magazzino?

Non sono ancora stato su, anche perché fino al 31 dicembre sono stipendiato dalla Bike Exchange. In realtà ho parlato con Copeland e loro mi hanno dato la disponibilità, qualora ne avessi bisogno, di dare una mano di là. Allo stesso modo in cui gli ho detto che posso ancora aiutarli. Però al momento non sono ancora andato. Se posso dire la mia opinione, aspettare il 31 dicembre è una gran stupidata. A dicembre le squadre vanno già in ritiro e i corridori iniziano a usare i nuovi materiali. I contratti dovrebbero finire il 31 ottobre. 

Quanto è dura per i giovani italiani? Discorsi con Bramati

14.10.2022
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Nell’ultimo editoriale avevamo fatto una riflessione secondo la quale molti giovani stando spesso al servizio dei capitani non hanno attitudine con i finali di corsa. Non hanno quello spunto tattico che gli consente di vincere o semplicemente di non sbagliare. Per fare un esempio, Pogacar al Fiandre commette un pasticcio in volata, al Lombardia si ritrova in una situazione simile, ma grazie anche a quell’esperienza non si fa cogliere in castagna.

Ma in generale, i giovani che militano nel WorldTour sono spesso adombrati dai campioni e poiché non ci sono squadre totalmente italiane tutto ciò riguarda di più i “nostri” ragazzi. 

Davide Bramati (classe 1968) ha corso fino al 2006 ed è subito salito in ammiraglia
Davide Bramati (classe 1968) ha corso fino al 2006 ed è subito salito in ammiraglia

Parla Bramati

Ne abbiamo parlato con Davide Bramati, direttore sportivo di stampo moderno, che è alla guida di uno dei team più titolati, la Quick Step-Alpha Vinyl. Nella sua squadra per esempio ci sono due dei talenti italiani più forti, vale a dire Davide Ballerini e ancora di più , vista la sua età, Andrea Bagioli. 

«Io – spiega Bramati – credo che le opportunità alla fine ci siano per tutti. Poi bisogna analizzare stagione per stagione. Parlando di Ballerini e Bagioli quest’anno non sono mai stati al 100%, hanno avuto parecchia sfortuna tra cadute, Covid e quest’ultima influenza che li ha debilitati non poco. Per esempio Ballerini aveva vinto ad inizio stagione, poi aveva ritrovato il successo in estate e quando iniziava a stare bene è caduto a Burgos non arrivando al meglio al mondiale. Ha iniziato a stare bene quando la stagione era finita.

«Facendo un discorso generale, nelle squadre più grosse ci sono grandi campioni e chiaramente c’è più possibilità che i giovani debbano mettersi a disposizione. Un giovane che passa deve sapere che può fare il gregario, ma deve mantenere quello spirito, quella voglia di vincere che aveva da dilettante. Poi ripeto, alla fine le possibilità vengono date a tutti».

Bramati insiste molto sul fatto che negli ultimi anni il Covid abbia condizionato moltissimo la situazione. Racconta che loro, che sono una squadra votata alle classiche, specie quelle del Nord, spesso hanno avuto difficoltà a mettere insieme sei corridori anche per il pavé. Una situazione simile non avvantaggia nessuno, men che meno i giovani.

Giro 2021: Ganna tira per Bernal… Molti reclamarono: la maglia rosa avrebbe meritato più rispetto
Giro 2021: Ganna tira per Bernal… Molti reclamarono: la maglia rosa avrebbe meritato più rispetto

Come Ganna

In apertura abbia parlato del fatto che i ragazzi italiani possano pagare più dazio rispetto ad altri. Facciamo un discorso generale, non relativo solo alla Quick Step-Alpha Vinyl. Oltre a Bagioli e Ballerini, pensiamo a Oldani, Conca (in apertura mentre tira per la Lotto Soudal), Aleotti, Tiberi, Covi… Ecco, Alessandro nonostante abbia già ottenuto buoni risultati, quando ci sono Pogacar o Almeida, deve mettersi a disposizione.

Rota e Pasqualon si sono salvati un po’ meglio perché corrono in un team in cui il loro peso specifico è maggiore.

Ma in generale tutti questi corridori (e altri) quanta fatica hanno fatto per trovare il loro turno? Di certo in un team del tutto italiano avrebbero qualche difficoltà in meno. Quantomeno sarebbero più tutelati. Ricordiamoci quando Ganna in maglia rosa e campione mondiale a crono dovette mettersi a disposizione di Bernal.

E’ anche vero che il ciclismo è cambiato e spesso anche i super campioni lavorano per i compagni, però da lì a fermare una maglia rosa italiana al Giro… ce ne vuole.

E quanti giovani che magari non hanno il “mega motore” di Ganna, o non sono cronoman che possono mostrare il loro valore individualmente, rischiano di restare nascosti? Passa una stagione, ne passano due ed ecco che un potenziale campione rischia di non fiorire del tutto.

Andrea Bagioli, al lavoro per Alaphilippe. Andrea è tra i giovani più promettenti del nostro ciclismo
Andrea Bagioli, al lavoro per iAlaphilippe. Andrea è tra i giovani più promettenti del nostro ciclismo

Se fatica Bettini…

Lo stesso Paolo Bettini, per esempio, forte di due mondiali e correndo alla Quick Step, non potè mai del tutto puntare al Giro delle Fiandre in quanto chiuso dell’enfant du pays, Tom Boonen. C’era sì, ma non con tutta la fiducia del team. Bramati all’epoca era un corridore di quella corazzata.

«Però – racconta Bramati – se è vero che c’era gente come Boonen, è anche vero che Bettini viste anche le sue caratteristiche puntava forte sulle Ardenne. E arrivare al top dalle classiche del pavé alle Ardenne è lunga. E comunque l’anno che vinse la Sanremo ci ha provato.

«E poi c’è un’altra cosa da dire. Se vuoi provare a vincere un Fiandre, prima devi fare altre corse sul pavé. E fare quelle corse significa per forza di cose rinunciare ad altre gare. Magari se punti alle Ardenne vai al Paesi Baschi: strappi, salite, ritmo, maltempo…».

A inizio stagione Covi ha avuto spazio. Al Giro fino quando c’è stato Almeida ha aiutato. Poi ha sfruttato al massimo le sue possibilità
A inizio stagione Covi ha avuto spazio. Al Giro fino quando c’è stato Almeida ha aiutato. Poi ha sfruttato al massimo le sue possibilità

Ragazzi pronti

Prima Bramati ha detto una cosa importante: mantenere lo spirito vincente che si ha da U23.

«Bisogna mantenerlo – ripete – perché come ho detto la tua occasione arriva. Noi qualche anno fa vincemmo con ben 19 corridori. Lo spirito non lo devi perdere perché può capitare che ti ritrovi davanti in un finale di corsa, perché puoi ritrovarti in una situazione favorevole».

Vero, ci si può ritrovare davanti, ma se hai poca esperienza perché hai sempre aiutato cosa ti inventi? È normale che non si abbia la freddezza necessaria, che ci sia il batticuore.

«Un campione è campione perché sa quando e come muoversi – dice Bramati – è anche una questione di carattere. Poi certo l’esperienza serve in certi casi, ma se su dieci finali di corsa ne perdi la metà, l’altra la devi azzeccare. E se non lo fai c’è qualcosa che non funziona. E ugualmente non è detto che non sia un campione. Se si ritrovano in un finale Van Aert, Alaphilippe e Van der Poel, chi vince? E chi perde non è un campione?

«E’ difficile dire se sia più facile o difficile affermarsi oggi per un ragazzo. Il ciclismo è diverso, il calendario è diverso, il gruppo è diverso. Prima oltre agli europei c’erano un colombiano e un australiano. Adesso ce ne sono dieci di colombiani. E oltre a loro tanti altri. Adesso il giovane che passa, passa perché è pronto. Può e vuole vincere subito… E anche in questo caso non è detto che se non vince subito non possa essere un campione».

Raccani, la Quick Step e lo stage finito all’ospedale

21.08.2022
5 min
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Lo stage di Simone Raccani con la Quick Step-Alpha Vinyl, la Vuelta a Burgos (foto Instagram in apertura), si è concluso durante la terza tappa contro una parete rocciosa e poi all’ospedale della città della Castilla y Leon. Da lì il vicentino è volato a Herentals per un intervento al polso e ora è a casa in attesa di poter ripartire. Il malumore, dice, è durato anche poco. A fargli compagnia resta la consapevolezza delle buone cose fatte vedere e l’interessamento della squadra belga. Simone alla Quick Step non c’è arrivato per la magia di qualche procuratore, ma per una chiamata di Bramati e del loro talent scout. E questo a 21 anni è un bel pensiero da coltivare.

«Sto guarendo – dice con voce serena – inizio a muovere la mano. Poteva andarmi peggio. La settimana prossima comincerò a fare qualcosa, sperando di poter riprendere ad allenarmi per settembre. Mi piacerebbe fare una corsa per ottobre, giusto per non dover rincorrere tutto l’inverno e rientrare a febbraio dopo sei mesi senza gare».

Raccani si è affacciato sul 2022 forte di due successi 2021, fra cui Capodarco su Piccolo e Tolio
Raccani si è affacciato sul 2022 forte di due successi 2021, fra cui Capodarco su Piccolo e Tolio

Dopo i due successi del 2021, fra cui il Gp Capodarco, la sua stagione, in sintesi, parla di due vittorie (Trofeo MP Filtri a Pessano con Bornago e Memorial Trocchianesi a Monte Urano), un Giro d’Italia sotto le attese e due terzi di tappa al Giro della Valle d’Aosta che hanno portato anche al terzo in classifica finale.

Torniamo a momenti più felici, come è nato lo stage con la Quick Step?

E’ successo che Bramati si è messo in contatto con il mio direttore sportivo Gianni Faresin e poi su Instagram mi ha scritto Johan Molly, un loro talent scout, e hanno curato tutta l’organizzazione. Quando l’ho saputo è stata una notizia bellissima. E’ una delle squadre che ho sempre seguito, ero molto contento. Al momento non so se passerò con loro, ma c’è interesse.

Peccato che lo stage sia durato poco…

Troppo poco. Il terzo giorno sono caduto ed è finita la stagione.

Raccani è rimasto in corsa per tre tappe della Vuelta Burgos, ma nella terza è caduto (foto Instagram)
Raccani è rimasto in corsa per tre tappe della Vuelta Burgos, ma nella terza è caduto (foto Instagram)
Che effetto fa andare alle corse sul pullman della Quick Step?

E’ bello. C’è un ambiente molto professionale, la sensazione di essere in una grande squadra. Mi hanno dato tutto tranne le scarpe. Ho portato la Pinarello e hanno fatto il copia e incolla delle misure sulla loro Specialized. Ho tenuto la mia bici come scorta, casomai ci fossero dei problemi, ma non ce ne sono stati.

Hai cominciato subito in una corsa WorldTour.

Ho scoperto che almeno nelle prime fasi era molto controllata, non c’era la confusione delle nostre corse U23, che sono ingestibili. Poi nel finale si andava veramente a tutta.

Che voto possiamo dare a questa stagione?

Avevo l’obiettivo di portare in alto la maglia della Zalf Desirée Fior. L’avvicinamento al Giro d’Italia U23 è andato bene fino a due settimane prima. Terzo alla Strade Bianche di Romagna. Sesto al Recioto e al De Gasperi, ero sulla strada giusta. Invece appena è partito il Giro, non sono riuscito a trovare la condizione e l’ho finito 15° senza mai aver dato un segnale. Così sono andato al Val d’Aosta per puntare a qualche tappa ed è venuto fuori un terzo posto inaspettato. Ma è anche vero che se punti alle tappe di salita, di solito viene anche la classifica.

Ricordi la caduta?

C’era una curva che in uscita stringeva. Davanti c’è stato uno sbandamento. Io ero tutto all’esterno, mi sono toccato con un altro e sono finito su una parete rocciosa. Mi sono rialzato, ero pieno di abrasioni. Poi ho guardato il polso e ho visto che era gonfio e storto.

Così sei finito all’ospedale.

Prima quello di Burgos, dove mi hanno dato 15 punti per le ferite aperte, al braccio sinistro e al palmo della mano destra. Poi sono andato in Belgio, nella clinica di Herentals cui fa riferimento la squadra. E lì mi hanno operato, perché la frattura era pluriframmentaria e molto instabile. C’era l’osso aperto e così hanno riattaccato le parti inserendo una placca che resterà lì. E’ ancora un po’ gonfio, ma almeno ora muovo le dita.

La Quick Step-Alpha Vinyl ha continuato a seguirti?

Fino all’ospedale e poi nei giorni successivi, Bramati ha continuato a chiamarmi tutti i giorni. Di qui a qualche settimana parleremo, pare che mi faranno una proposta. Credo e spero di aver fatto una buona impressione.

Un tutore e magnetoterapia, sarà così fino alla ripresa degli allenamenti
Un tutore e magnetoterapia, sarà così fino alla ripresa degli allenamenti
Com’era il tuo umore dopo l’incidente?

Ero tranquillo. L’unico pensiero era di andare in mano a persone esperte per l’intervento. Ma quando ho saputo che era lo stesso chiururgo che ha operato Alaphilippe alla mano e Remco (Evenepoel, ndr) dopo il Lombardia, mi sono tranquillizzato. La mano è perfetta.

Hai un tutore?

Un tutore che tolgo per fare magnetoterapia. Sono fermo da 15 giorni in attesa che l’osso si saldi e che si chiudano bene tutti i tagli. E poi ci vorrebbe davvero una corsetta. Questo sarebbe il mio prossimo obiettivo.

Svrcek ai box. La sfortuna rallenta il passaggio alla Quick Step

07.06.2022
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Nella ormai annosa diatriba di vedere passare professionisti troppo presto tanti giovani, a metà del guado c’è anche Martin Svrcek (in apertura, foto facebook Biesse-Carrera) che l’anno scorso ha dominato la categoria juniores in Italia col Team Franco Ballerini. Per lui si erano spalancate subito le porte dei big con un rapido passaggio intermedio tra gli U23.

Lo slovacco classe 2003 ha già in tasca un contratto con la Quick Step-Alpha Vinyl fino al 2024 e dal prossimo 1° luglio dovrebbe passare con la formazione belga e finora ha corso con la Biesse-Carrera, la squadra in cui è stato “parcheggiato”. Non un’operazione però come quella del Team UAE Emirates con Ayuso alla Colpack-Ballan l’anno scorso. A differenza dello spagnolo, per Svrcek oltretutto non è stato un periodo semplice, specie se di mezzo ci si mette anche la malasorte.

Caduta e clavicola rotta

Nemmeno il tempo di festeggiare l’unico squillo messo a segno lo scorso 14 maggio a Cerreto Guidi – un incoraggiante terzo posto ne “La Medicea” dietro Parisini del Team Qhubeka e Busatto della General Store – che una settimana dopo, al termine della prima prova della Due Giorni Marchigiana (vinta dal suo compagno Belleri), si rompe la clavicola cadendo mentre stava raggiungendo l’hotel.

Infortunio a parte, sulla prima parte di stagione del talento nativo di Neslusa c’erano diverse aspettative e noi abbiamo voluto sentire Marco Milesi, il suo diesse ed uno che ha le idee ben chiare sul come far crescere i giovani.

Marco, partiamo dalla fine. Come sta Martin?

E’ stato operato, aveva una frattura scomposta. Tutto l’intervento è stato seguito dallo staff medico della Quick Step, che ha portato il ragazzo in Belgio. Ora dovrà fare 4 settimane di recupero anche se si sta già allenando sui rulli. E’ stata una caduta stupida, a traffico ancora chiuso, dovuta ad una sua distrazione. Peccato perché stava iniziando a far intravedere le sue qualità.

Com’era andato fino ad ora?

Ha risentito del salto di categoria. Anche lui aveva la maturità però con qualche difficoltà in più perché è iscritto in un liceo in Slovacchia e praticamente sosteneva corsi e verifiche on line, attraverso le piattaforme attuali. Sin dai primi nostri ritiri in Spagna a gennaio, doveva studiare e collegarsi. Dal punto di vista mentale non era libero completamente, ma ci sta. Ne ho visti tanti, i primi anni vanno aspettati anche se arrivano con l’etichetta del campione.

In cosa deve migliorare e in cosa è già pronto?

Martin è un corridore forte, dotato di una grande fisicità ed esplosività. Ha caratteristiche da uomo da classiche perché è decisamente veloce e tiene bene su strappi e salite corte. E’ ancora ben strutturato, ma sono certo che con lo sviluppo fra qualche anno perderà qualche chilo e si definirà, magari puntando a gare più dure. Gli manca l’esperienza, chiaramente, in questi 5 mesi non siamo riusciti a capire pregi e difetti. Non lo abbiamo inquadrato del tutto…

Come mai?

Perché a dire il vero è stato prevalentemente seguito dai tecnici della Quick Step. Con noi ha fatto periodi corti e in pratica veniva solo a correre, mettendosi a disposizione dei compagni.

Certo che così diventa difficile far crescere un ragazzo…

Un po’ sì. Infatti anche a Bramati, che mi chiede sempre un parere su di lui, rispondo che posso dargli pochi riscontri. Anzi, forse sono loro che ne devono dare a noi (sorride, ndr). A parte questo, ci piacerebbe se potesse rimanere alla Biesse Carrera fino alla fine della stagione. Però so che ci sono equilibri contrattuali e non che devono essere rispettati. Vedremo quando rientrerà dall’infortunio.

Martin Svrcek impegnato al Giro di Sicilia, corsa a tappe in cui si è confrontato con i professionisti (foto instagram)
Martin Svrcek impegnato al Giro di Sicilia, corsa a tappe in cui si è confrontato con i professionisti (foto instagram)
Secondo te è una forzatura voler far passare tutti questi giovani?

Onestamente sì. Ritengo che ogni ragazzo abbia la sua crescita graduale, come ha detto Alfio Locatelli, che ho avuto come corridore alla Trevigiani, nella sua intervista di qualche giorno fa. Per me almeno tre anni nei dilettanti vanno fatti e poi puoi vedere cosa si ha in mano. Gente come Sagan, Pogacar ed Evenepoel sono eccezioni. Ci vuole un passaggio progressivo, come è stato per Colleoni, Cattaneo, Ballerini o Almeida. Tutti ragazzi che ho allenato, che avevano grande talento ma ciascuno con la sua maturazione. Ed ora sono grandi corridori.

C’è il rischio che queste generazioni corrano poco e in modo troppo intenso?

Per me sì. Dico da un po’ che i ragazzi di adesso difficilmente avranno carriere da 15 anni nei professionisti come ho fatto io o i miei ex compagni. Io avevo fatto 4 anni da dilettante passando a 24, con un bagaglio di esperienza piuttosto completo. Invece ora sono sotto stress da allievi, corrono troppo. Figuriamoci poi da junior e U23. Arrivano pro’ che sono già sfiniti o quasi. Questa è una tendenza pericolosa anche sotto il punto di vista psicologico. D’accordo volere il campione, ma saremmo contenti di avere tanti corridori che magari smettono a 28 anni? Non so, spero di sbagliarmi ma dobbiamo fare attenzione.

Distacchi, tattiche, percorso: cause della volata mancata

26.05.2022
5 min
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Qualche polemica se la porterà dietro la Borgo Valsugana – Treviso. Quella che sulla carta doveva essere l’ultima chance per i velocisti è sfumata. Ha visto arrivare la fuga. Niente volata dunque per Cavendish, Demare e tutti gli altri.

E una volata, dopo tante salite, il pubblico l’avrebbe vista volentieri. Sono sempre belle “fiammate di adrenalina”. Senza nulla togliere ai quattro ragazzi della fuga, sia chiaro.

Da quel che si è visto, e parlando con i protagonisti nel dopo tappa, emergono tre questioni: chi doveva tirare, un presunto errore del cronometraggio e la genesi dei percorsi. 

In questi casi è un po’ come nella politica. Si cerca di scaricare il barile sul prossimo. La realtà è che è regnato il caos in gruppo e che i quattro fuggitivi hanno giocato molto bene le loro carte. 

Gaviria (a destra) discute con Dainese. Il padovano, quinto, ha vinto la volata del gruppo
Gaviria (a destra) discute con Dainese. Il padovano, quinto, ha vinto la volata del gruppo

Esplode la discussione

Dopo l’arrivo i velocisti avevano il dente avvelenato. Gaviria discuteva animatamente con Dainese. Mentre tornavano ai bus gli chiedeva perché anche lui non avesse messo più uomini a tirare. 

I Cofidis, che dovevano fare la volata con Cimolai, si sono persi sotto la strappata di Ca’ del Poggio. Chi si poteva aspettare un aiuto dalla Alpecin Fenix per uno sprint di Van der Poel, chiaramente è rimasto deluso in quanto davanti c’era De Bondt, che poi ha vinto.

Insomma una situazione che sembrava scontata, con la fuga destinata a perdersi, all’improvviso non lo è stata più. E poi i quattro davanti, lo ripetiamo, oltre che forti sono stati furbi.

Prima delle colline di Valdobbiadene non avevano spinto a tutta. Loro rallentavano e il gruppo anche. Erano tenuti a tiro. Questo gli ha consentito di preservare le energie per fare l’imboscata proprio laddove i velocisti avrebbero sofferto di più e le loro squadre non avrebbero potuto spingere a fondo.

Cavendish deluso dopo l’arrivo di Treviso
Cavendish deluso dopo l’arrivo di Treviso

Distacchi giusti?

Così sono usciti dal tratto ondulato con un bel vantaggio. E anche qui la questione è aperta. C’è una querelle sulla questione dei distacchi. Una querelle che ha imposto la brusca accelerata costata cara a Lopez, ma che ha fatto saltare i progetti delle squadre dei velocisti: prima forte, poi piano, poi fortissimo. E qualcuno si è perso.

«In cinque chilometri – dice Bramati, diesse della Quick Step – Alpha Vinyl di Cavendish – siamo passati da un minuto e venti secondi a due minuti, due minuti e mezzo, tre minuti. Stavamo tenendo tutto sotto controllo, ma a quel punto abbiamo dovuto spingere al massimo e siamo andati a tutta dopo Ca’ del Poggio.

«Poi okay l’errore, ma servivano le gambe. E i fuggitivi sono stati fortissimi». 

Dsm, Quick Step e Groupama nelle prime posizioni a tirare per ricucire sulla fuga
Dsm, Quick Step e Groupama nelle prime posizioni a tirare per ricucire sulla fuga

Le tattiche dei team

«Ognuno – riprende Bramati – fa la sua corsa. Se mi aspettavo di vedere più uomini di altre squadre? Io ho messo a tirare tutti gli uomini che potevano. Che gli altri si prendano le loro responsabilità, io mi sono preso le mie.

«Di certo, avrei preferito prenderli. Avrei preferito vedere una vera volata. E che vincesse il migliore. Spiace perché era l’ultima chance». 

Scotson alle prese con i suoi guai meccanici su Ca’ del Poggio
Scotson alle prese con i suoi guai meccanici su Ca’ del Poggio

Parola a Guarnieri

Un piccolo disguido sul distacco c’è stato effettivamente.

«Dopo Ca’ del Poggio – ammette Jacopo Guarnieri, compagno di squadra di Demare – all’improvviso ci hanno detto che i quattro avevano 3’30”, però è durato poco. Dopo un po’ ci hanno detto che il distacco era di 2’30”. Per me il problema non è stato questo.

«Per quel che riguarda le squadre, chi tirava e chi no – riprende il corridore della Groupama Fdj – credo si sia visto alla tv che mi sono incavolato sul ritmo non proprio alto di Rui Costa. Sicuramente qualche squadra poteva tirare di più. Noi comunque abbiamo già vinto tre tappe e abbiamo la maglia ciclamino».

«In discesa abbiamo perso sia Sinkeldam, rimasto dietro quando si è spezzato il gruppo, che Scotson, per un problema meccanico. Del nostro treno quindi ero rimasto solo io. Abbiamo fatto tirare Konovalovas (come a dire che da solo non poteva fare più di tanto, ndr).

«In più Cavendish si è voluto conservare sia Ballerini che Van Lerbeghe. La UAE Emirates dava fiammate di tanto in tanto, così come i Cofidis».

«Sono scelte, non discuto sulle tattiche delle altre squadre, ma la caccia della fuga non poteva essere solo sulle nostre spalle. Abbiamo tirato, ma neanche potevamo portare tutto il gruppo in carrozza all’arrivo. Ripeto, sono scelte: se a qualcuno andava bene così… contenti loro. Di sicuro noi siamo contenti di quel che abbiamo fatto in questo Giro». 

Jacopo Guarnieri con il campione lituano e compagno di squadra, Ignatas Konovalovas
Jacopo Guarnieri con il campione lituano e compagno di squadra, Ignatas Konovalovas

Percorsi e velocisti

Ma prima di chiudere Jacopo Guarnieri, fa una disamina interessante: «Semmai la vera critica riguarda il percorso. Ci si lamenta che i velocisti vanno a casa durante il Giro. Che lo lasciano dopo dieci giorni o poco più. Però oggi, l’unica volata della settimana, era complicata da guadagnare».

«Con il muro di Ca’ del Poggio non potevamo permetterci di essere troppo vicini alla fuga perché non volevamo farci attaccare da altri. E il circuito era pericoloso e con tante curve. Si poteva fare di meglio… se davvero si voleva una frazione per velocisti. La volata non è arrivata… chapeau alla fuga».

Cavendish sotto scorta… anche nei tapponi

19.05.2022
4 min
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Non solo ieri in pianura, non solo nel vento, Mark Cavendish è supportato dai compagni anche nelle tappe di salita. E questo supporto ha anche una grande valenza psicologica. Il velocista sente la fiducia della squadra.

Ma in questa circostanza non vogliamo tanto parlare della fiducia, quanto del supporto tecnico e se vogliamo fisico, che la Quick Step – Alpha Vinyl offre al suo leader. Ne parliamo direttamente con Davide Bramati, diesse ormai storico alla corte di Lefevere.

Scherzando, si potrebbe dire che Cav sia scortato anche sul palco del foglio firma!
Scherzando, si potrebbe dire che Cav sia scortato anche sul palco del foglio firma!

Due uomini per Cav

Anche l’altro giorno, sull’arrivo del Blockhaus, Cav ha tagliato il traguardo scortato da due compagni. Sono arrivati proprio appaiati. Nessun altro team è stato così compatto nel vero senso della parola.

«Studio queste situazioni nelle quali Mark va in difficoltà o può andare in difficoltà – spiega Bramati – ma per fortuna negli ultimi giorni si è visto che il gruppetto è molto grande e questo semplifica le cose. Di certo Mark non può restare solo. Per questo gli metto sempre a disposizione almeno due uomini. Per adesso sono stati Bert Van Lerberghe e Pieter Serry (nella foto di apertura con l’inglese, ndr), doveva esserci anche Morkov ma lo abbiamo perso da qualche tappa. Ma in generale direi che la squadra si sta muovendo bene».

Verso il Blockhaus velocisti “tranquilli”: erano tanti, tutti insieme e con un ampio tempo massimo a disposizione
Verso il Blockhaus velocisti “tranquilli”: erano tanti, tutti insieme e con un ampio tempo massimo a disposizione

Se c’è subito salita

Portare un velocista all’arrivo in un tappone di montagna non è mai facile, soprattutto se in partenza c’è una salita, come è stata quella del Macerone domenica scorsa. Dare tutto per tenere è pericoloso, si rischia di andare subito in acido lattico e di accumulare minuti su minuti. 

«Cerchiamo di gestirci in base al percorso – spiega Bramati – per esempio, l’altro giorno sul Macerone sapevamo quanto potevamo perdere perché poi ci sarebbe stato dello spazio per rientrare. La squadra si è ben regolata senza spendere poi troppo».

«Ma come ho detto – continua – la fortuna è che non è stato il solo Mark a rimanere indietro. Oltre a lui c’erano anche Nizzolo, Ewan, Demare… tutti con i rispettivi gregari. Era un bel drappello e anche se il gruppo non si fosse “fermato” subito, ma più avanti, come nella tappa di Potenza, quando la fuga ha impiegato 75 chilometri per andare via, ci sarebbe stato tempo per rientrare prima del Passo Lanciano».

«E poi potrà sembrare un paradosso, ma in salita il velocista in linea di massima cerca di risparmiarsi. Anche io quando ero corridore, ricordo che si andava regolari in salita e poi si spingeva forte in discesa e in pianura. In questo modo si restava tutti insieme. E più il gruppetto è grande e più c’è poi la possibilità di fare velocità, girando tutti insieme e restando così nel tempo massimo».

«A proposito… Nelle prime frazioni di montagna – continua Davide – eravamo abbastanza tranquilli visto che era ampio: 45′ una volta e quasi un’ora la seconda. Ci si stava dentro “bene”. Sul Blockhaus potevamo anche andare più piano (quel giorno lo hanno rispettato per 13′, nonostante Cavendish e compagni abbiano incassato 42′, ndr). 

«E poi tutto è sempre sotto controllo. Le nostre macchine che sono a bordo strada prendono i distacchi e noi di continuo facciamo i nostri calcoli. Questo ci consente di regolarci sul ritmo».

L’inglese in verde, scortato da tanti compagni sulle montagne del Tour 2021: operazione riuscita
L’inglese in verde, scortato da tanti compagni sulle montagne del Tour 2021: operazione riuscita

Maglia ciclamino?

Durante l’ultimo Tour de France avevamo visto la Quick Step fare quadrato attorno a Cavendish. In quel caso c’era da portare a Parigi la maglia verde della classifica a punti. Un onore, ma anche un “fardello” in più.

«Adesso arrivano tante tappe dure – continua Bramati – il caldo penso si farà sentire e se sarà così anche sulle salite lunghe sarà tosta per tutti. Specie se le temperature, come sembra, dovessero aumentare ancora.

«Per la maglia a punti il gap è ancora ampio. Noi per adesso pensiamo alle tappe che ci possono vedere protagonisti e non ci guardiamo. Mark può vincere ancora. Alla seconda vittoria di Demare c’è stato uno sbandamento nelle posizioni di testa e questo non ha consentito a Bert di fare il suo lavoro e Morkov è dovuto rimontare da dietro. Nonostante ciò Mark ha fatto terzo. Cavendish però, maglia ciclamino o no, è qui per arrivare arrivare a Verona».

E Bramati e la Quick Step Alpha Vinyl faranno di tutto per portarlo nell’Arena.

La Liegi dall’ammiraglia: Bramati e i suoi pensieri

30.04.2022
6 min
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La settimana scorsa a quest’ora, nella testa di Evenepoel l’idea di attaccare sulla Redoute aveva già preso probabilmente forma. La ricognizione del venerdì e le corse prima avevano ribadito la sua ottima condizione. E anche se il capitano designato sarebbe stato Alaphilippe, nella squadra belga sapevano che il ragazzino non sarebbe passato inosservato. Bramati racconta (la foto di apertura è ripresa da Facebook Quick Step-Alpha Vinyl/Getty Images). Le ore che mancano alla partenza per il Giro sono piene di cose da fare, compreso un trasloco, ma tutto sommato il bergamasco si accomoda volentieri nel ricordo della Liegi di domenica scorsa.

«Già dai Baschi – dice – si era visto che Remco fosse in condizione, pur essendo andato a lavorare per Julian. Secondo nella crono, terzo il quinto giorno dietro Martinez e Rodriguez. Alla Freccia del Brabante aveva dimostrato di stare bene e alla Freccia Vallone ha fatto la sua parte per Alaphilippe. Abbiamo visto qualche edizione della Liegi, sappiamo come si possono mettere le cose. Abbiamo corso come quando la vinse Jungels, anche se il finale era diverso. Si sapeva che dietro potevano riorganizzarsi, ma non l’hanno fatto…».

La caduta di Alaphilippe

Il giorno della Liegi sembrava perfetto per la vittoria del campione del mondo. Alaphilippe e la sua maglia iridata fendevano il gruppo con la predestinazione dei giorni migliori nello sguardo. Per questo, quando il gruppo si è accartocciato su se stesso nel tratto di collegamento fra la Cote de Haute Levée e la Rosier, c’è voluto un po’ per convincersi che con la schiena contro l’albero, in fondo alla scarpata, ci fosse proprio lui.

«Non si è ancora capito bene che cosa sia successo – va avanti Bramati – ma di certo sono momenti non belli, perché la corsa deve andare avanti. I minuti dopo la caduta sono stati traumatici, ma certe cose fanno parte del nostro lavoro, per cui quando abbiamo visto che Julian era con i medici siamo andati via. La cosa incredibile, la beffa è che il venerdì eravamo partiti da lì con la ricognizione, nella zona dopo Stockeu e Haute Levée dove cominciano gli spartitraffico e dove c’è sempre un po’ di nervosismo…».

Farina del suo sacco

Senza più Alaphilippe da guardare, la Quick Step-Alpha Vinyl ha resettato la tattica. Gli attacchi di Landa, pur violenti, non sarebbero andati da nessuna parte, vista la velocità del gruppo. Anche lo squadrone belga aveva pensato di mandare via qualcuno per anticipare la Redoute, ma si andava troppo forte.

«Anche se erano larghi sulla strada – dice Bramati – sono andati fortissimo. Mauri Vansevenant ha fatto un lavorone a tenere davanti Remco e poi Vervacke lo ha portato a prendere la Redoute nelle prime dieci posizioni. Sono stati bravissimi, nonostante fossero rimasti soltanto in tre. Ma credo che quando è partito, Remco abbia improvvisato. Avevamo pensato che il punto giusto fosse la curva a destra in cima alla Redoute, alla fine del rettilineo dopo lo scollinamento. Quello scatto è stato farina del suo sacco».

Tutta la Quick Step-Alpha Vinyl ha fatto un gran lavoro. Qui il gigantesco e prezioso Declercq
Tutta la Quick Step-Alpha Vinyl ha fatto un gran lavoro. Qui il gigantesco e prezioso Declercq

Una lunga crono

Scherzando, ma neanche troppo, nella conferenza stampa dicemmo a Remco che era parso di vedergli la stessa disinvoltura di quando attaccava e vinceva fra gli juniores.

«Lo abbiamo visto in questi anni – prosegue l’analisi di Bramati – che ha grandi capacità di andare forte a cronometro. Dopo la Roche aux Faucons c’era vento contrario, ma ha scollinato bene e continuato a guadagnare. Sapevamo che chi avesse avuto la gamba per fare lì l’azione, sarebbe stato ben lanciato. E Remco ha preso il suo ritmo. Ha recuperato Armirail e non gli ha chiesto un solo cambio. Ci accusano che non si lasciano più andare le fughe. Ci credo… Guardate proprio il corridore della Groupama! Lo abbiamo ripreso praticamente sulla Roche aux Faucons. Non si possono prendere le fughe sotto gamba, perché non sai mai chi lasci davanti. Per questo Remco ha tirato dritto e ha fatto un numero, con le squadre a lavorare dietro».

Un nuovo inizio

Evenepoel solo al comando, 29 chilometri al traguardo. Anche Frank Vandebroucke vinse la sua Liegi del 1999 attaccando da lontano, ma fu ripreso e trovò poi la forza per staccare nuovamente tutti. Evenepoel non ha concesso repliche.

«E’ stato bravo – dice Bramati – dopo la Roche ha scollinato bene. Ha tenuto il suo passo, mentre dietro l’ammiraglia lo ha incoraggiato, perché piace a tutti essere motivati. Credo abbia fatto un numero di cui si parlerà a lungo. Non sono ancora quattro anni che è professionista e ha già vinto 26 corse, adesso anche una Monumento. C’erano state un po’ di polemiche per averlo portato al Giro l’anno scorso dopo 10 mesi che non correva, ma non è stata una situazione facile. Con calma è tornato quello di prima e lui è uno di quelli che corre per entusiasmare. Vincere la Liegi a 22 anni dopo quell’incidente fa pensare che anche Julian, dopo essersi ripreso, tornerà in corsa con una determinazione superiore. Ora però è importante che Remco stia tranquillo. La sera abbiamo cenato insieme e fatto un brindisi. Contiamo tutti che questa Liegi sia un inizio, qualcosa che lo gasi. Sfido chiunque a non sentirsi gasato dopo 29 chilometri a quel modo…».

Alaphilippe vince, Evenepoel lo lancia e Bramati gongola

06.04.2022
4 min
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Non è facile mandare la squadra alle corse. Si sarà pure usciti dallo stato d’emergenza, ma il Covid continua a circolare, portando con sé una serie di effetti collaterali difficili da decifrare. Anche la Quick Step-Alpha Vinyl ha avuto le sue gatte da pelare. E se al Nord i corridori guidati da Peeters e Steels fanno fatica a spiccare, per motivi di salute e poca fortuna (vedi il problema meccanico occorso ad Asgreen al Fiandre nel momento della selezione), il bel segnale arrivato ieri al Giro dei Paesi Baschi ha riportato il sorriso. Soprattutto l’intesa tra Alaphilippe ed Evenepoel, entrambi a braccia alzate sul traguardo di Viana (foto di apertura), racconta di una complicità che potrebbe rivelarsi la chiave per le classiche delle Ardenne. Per questo Bramati si frega le mani.

La Jumbo Visma controlla la corsa per Roglic: come dice Bramati, la neve non manca…
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Un freddo cane

Oggi la tappa sarà molto più nervosa. E in attesa di salire sul pullman per andare alla partenza (che sarà data a Llodio alle 12,57), Bramati ci racconta di ieri e del momento dello squadrone belga.

«Fa un freddo cane – dice il tecnico bergamasco – sulle salite c’è tanta neve, ma per fortuna dovrebbe migliorare e soprattutto non piove. Non siamo gli unici ad aver avuto dei contrattempi, tante squadre sono state costrette a rinunciare o rimescolare gli uomini. Anche Julian ha dovuto saltare la Sanremo che aveva già vinto, ma adesso parrebbe aver recuperato e ieri è venuta una bella vittoria».

Alaphilippe all’ammiraglia: guida Lodewick, nel sedile accanto c’è Bramati
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Freccia e Liegi

I suoi giorni stanno per arrivare. La Freccia Vallone del 20 aprile e la Liegi del 24 chiamano il campione del mondo, che le ha sempre dichiarate come i primi obiettivi della stagione.

«Si avvicinano le sue corse – ragiona Bramati – per cui mai come adesso, l’importante è non ammalarsi. Giusto stamattina stavo guardando il Corriere della Sera e quando sono arrivato a leggere della variante XE, ho chiuso il sito. Non si riesce a stargli appresso. Aver vinto ieri è un bel segnale per lui e per tutta la squadra. Julian è il campione del mondo, non era partito bene, ora speriamo di aver preso la strada giusta. All’inizio era dispiaciuto per tutti i contrattempi, però resta tranquillo perché conosce le sue potenzialità».

Evenepoel lo ha lasciato ai 200 metri: Alaphilippe può lanciare la sua volata in leggera salita
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Non è la Play Station

Quel che più ha colpito sono stati gli abbracci di Evenepoel dopo aver lanciato il compagno. Il giovane belga ha effettivamente fatto un capolavoro nel pilotare lo sprint del francese, mettendoselo a ruota nell’ultima rotonda e lasciandolo ai 200 metri.

«Non eravamo i soli a voler entrare davanti in quella rotonda – sorride Bramati – e ci rendevamo conto di non avere gli uomini per fare un treno di quattro corridori. Però ci siamo parlati prima della corsa, sapendo dopo la crono del giorno prima che Remco fosse comunque in grande condizione. Non è la Play Station, ci sono anche momenti difficili, ma sai anche che quando hai un corridore come lui, le belle cose si possono fare ugualmente. E in quel finale si è verificato lo scenario perfetto, identico a come lo avevamo immaginato. Julian si è fidato e alla fine eravamo tutti super contenti».

Il tocco del Brama

C’è tanto del “Brama” nel rapporto che si sta creando fra il campione del mondo e il belga che sta diventando grande.

«Sono rapporti che costruisci – ammette Bramati – con il concorso di tutte le parti. Un po’ l’ammiraglia, un po’ loro e un po’ la fortuna che tutto vada bene. Ci vedo un po’ della relazione che a suo tempo si creò tra lo stesso Alaphilippe e Gilbert. Avete visto come hanno corso alla Tirreno nella tappa di Carpegna? Julian sapeva di poter andare in fuga, ma anche che se non fosse stato davanti per vincere e ce ne fosse stato bisogno, avrebbe dovuto aiutare Remco. Se vi ricordate, a un certo punto si rialzò dalla fuga e aspettò il compagno. Ieri Remco in qualche modo si è sdebitato e forse per questo era così contento».