Da Contador a oggi, viaggio nella magia del vulcano

10.05.2022
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La prima volta fu nel 2006 alla stazione di Siracusa. Paolo Alberati e Giampaolo Caruso: procuratore e atleta. Il primo che ancora viveva in Umbria, il secondo ad Avola. Stavano progettando di andare sul Teide e intanto in lontananza l’Etna imbiancato riempiva l’orizzonte.

Alberati ricorda di averlo chiesto per pura curiosità. Quanto è alto? Tremila, rispose Caruso. Ci sarà un albergo in cima? Questo Caruso non lo sapeva. Per cui qualche giorno dopo andò in cima con la compagna di allora e scoprì che c’erano due alberghi. Fu così che prima a marzo e poi a giugno, l’allora corridore della Liberty Seguros salì sul vulcano siciliano per la preparazione in altura.

Tornanti nella lava, questo è l’Etna già dai primi chilometri…
Tornanti nella lava, questo è l’Etna già dai primi chilometri…

Il Parco Ciclistico dell’Etna

Alberati è stato corridore. E se anche non lo fa più di mestiere, non ha mai spesso di esserlo. In uno di quei viaggi in avanscoperta, lasciò il biglietto da visita a una ragazza che lavorava nel Rifugio Sapienza e di lì a due anni la sposò. Poi nel 2011 comprò casa a Pedara e oggi vive fra Catania e il continente, con il suo lavoro di allenatore e procuratore accanto a Maurizio Fondriest.

Non potevamo che partire da lui per raccontare la fortuna dell’Etna, che negli ultimi anni è diventato il riferimento di corridori e cicloturisti e proprio oggi è il teatro della quarta tappa del Giro d’Italia. Prima l’amatore medio catanese puntava verso il mare, arrivare in cima era un’impresa per pochi. E’ una salita dove fa freddo. Finché un giorno a Nicolosi nacque l’Associazione Pedale nel Cuore, che regalava una borraccia a chiunque fosse arrivato in bici al Rifugio Sapienza e qualcuno cominciò a salire. Poi nacque il Brevetto “Parco ciclistico dell’Etna”. E soprattutto è nato il Parco Ciclistico dell’Etna, che nel rifugio in cima ha fissato la sede.

Alberati assieme a Simone Ravanelli, scalando il vulcano
Alberati assieme a Simone Ravanelli, scalando il vulcano

«Sembra brutto dirlo – racconta Alberati – ma la pandemia sotto questo punto di vista è stata una manna. Approfittando del tesserino da giornalista, mappai i sei versanti dell’Etna e rendemmo possibile la scalata su piattaforma virtuale. Finché nell’estate del 2020 arrivammo al picco di 68 persone arrivate in cima in un solo giorno. E nel frattempo è saltato fuori il settimo versante, dedicato a Marco Pantani con il consenso di mamma Tonina…».

La svolta ci fu col Giro nel 2011?

Bisogna dire grazie a Paolo Tiralongo. Fu lui ad andare dal sindaco di Nicolosi, convincendolo perché si rivolgesse a Mauro Vegni. Paolo non correva ancora con Contador, ma quella prima volta fu Alberto a vincere. Da allora si accesero i riflettori. E gli stessi versanti dedicati ai singoli campioni si devono al Giro. Contador. Dumoulin. Coppi e Bartali. Michele Scarponi e #salvaciclisti. Vincenzo Nibali. Marco Pantani…

Ogni versante ha la sua stele.

E vicino alla stele c’è la fontana per prendere acqua. Abbiamo potuto mettere i cartelli per sensibilizzare sulla presenza dei ciclisti. Abbiamo avuto tutte le autorizzazioni ma non i soldi, così abbiamo fatto ricorso a sponsor privati. Il Rifugio Sapienza è diventato la sede del Parco Ciclistico e il proprietario mi dice che nelle stagioni buone, ci sono 100 ciclisti al giorno che arrivano lassù. Ma c’è anche l’Hotel Corsaro, che però non è aperto tutto l’anno, in cui va Pozzovivo e in cui andavano Michele Scarponi e la Lampre, perché li portava su Orlando Maini.

La presenza dei pro’ fa da richiamo?

Il Parco Ciclistico dell’Etna parte dai paesini etnei. Le strade sono state riasfaltate, sembra un’enclave a parte. E lentamente questo sistema è diventato un segmento importante per l’economia turistica. I corridori portano visibilità sui social e il cicloturista chiede di andare ad allenarsi dove fino a pochi giorni prima pedalava Damiano Caruso.

Perché è bello allenarsi lassù?

Il vantaggio del vulcano è che non serve adattamento prima e neanche dopo. Me lo dice ogni volta proprio Damiano. A Livigno fai tutto in altura, perciò ti serve stare su qualche giorno prima per abituarti alla quota e poi serve del tempo quando scendi, anche perché in pianura trovi anche temperature più elevate. Sull’Etna e sui vulcani in genere, dormi in alto, ma ti alleni in basso. Alcuni per ottenere gli stessi vantaggi vanno in Spagna e dormono nella camera iperbarica. Di recente è venuto Demare. I velocisti non vanno quasi mai in altura, perché i lavori di forza non vengono bene se c’è carenza di ossigeno. Qui ha potuto lavorare bene. E poi c’è un’altra cosa…

Nel 2011, Scarponi andò sull’Etna per allenarsi assieme a Petacchi
Nel 2011, Scarponi andò sull’Etna per allenarsi assieme a Petacchi
Quale?

Sul Teide sei fuori dal mondo, qui sei a Catania, hai una città facile da raggiungere. Quindi chi viene torna sempre. I pro’ si vedono soprattutto a febbraio e marzo, quando non puoi andare sulle Alpi. E anche ad agosto, perché se anche sotto è molto caldo, sopra ci sono 25 gradi.

Nel frattempo il Rifugio Sapienza è stato ristrutturato…

Nel 2013 morì il vecchio proprietario e la famiglia ha ceduto l’attività a Salvatore Caruso e Domenico Moschetto, due ragazzi in gamba e perbene.

I cartelli che invitano a rispettare i ciclisti sono stati pagati con contributi privati
I cartelli che invitano a rispettare i ciclisti sono stati pagati con contributi privati
C’è attesa per l’arrivo del Giro?

Tanta. Non come in Toscana, ma tanta. Si dice che il ciclismo muoia sotto Napoli, ma in Sicilia rifiorisce. Una volta Alfredo Martini, durante una delle nostre chiacchierate, mi disse che avrei potuto fare tanto per i ragazzi siciliani. Mi raccontava anche di una tappa che dall’Etna arrivava a Caltagirone. Partenza in discesa e lui andò in fuga. Quelle sue parole mi suonano nelle orecchie e forse anche per questo mi sono buttato tanto nel Parco Ciclistico. Su quattro steli alla partenza dei versanti c’è il nome della mia società. In un modo o nell’altro, anche questo è un modo per essere utile, come disse Martini.