In viaggio da Parigi a Roubaix: due debuttanti sul pavé

19.04.2025
6 min
Salva

La prima Parigi-Roubaix è come il primo amore, non si scorda mai. L’emozione dell’esordio, la presentazione delle squadre il giorno prima, la ricognizione del percorso, i momenti concitati in gara e, ovviamente, i tratti di pavé. L’inferno del Nord è una corsa unica, come ognuna delle cinque Classiche Monumento, ed esordire non è affatto banale. Sia per i meriti sportivi che per il significato che questa corsa riesce ad avere nei cuori degli spettatori e dei ciclisti stessi. 

Tra i giovani italiani che hanno solcato per la prima volta le pietre della Parigi-Roubaix ci sono Daniel Skerl e Andrea Raccagni Noviero. I due sono arrivati nel velodromo tra gli ultimi, rispettivamente 114­° e 115° ma non per questo la loro cavalcata assume un valore differente. A qualche giorno di distanza andiamo da loro per farci raccontare questo incontro ravvicinato con l’Inferno

SKERL: «Tutto a posto. Poco alla volta io e la mia schiena abbiamo recuperato. Il giorno dopo mi faceva davvero male, anche le gambe ma a quello sono abituato (ride, ndr). Lunedì ho riposato, mentre martedì ho fatto un’uscita di un’oretta».

RACCAGNI: «Ho avuto per qualche giorno dolore al soprasella e alle gambe. Per il resto tutto bene. Mi sono preso un paio di giorni per recuperare, anche se ieri (mercoledì, ndr) sono salito in bici e avevo ancora un po’ di dolore».

Andrea Raccagni Noviero è arrivato sfinito a Roubaix, l’ultima ora e mezza è stata una sofferenza (foto Instagram)
Andrea Raccagni Noviero è arrivato sfinito a Roubaix, l’ultima ora e mezza è stata una sofferenza (foto Instagram)
Com’è andato l’esordio?

SKERL: «La mattina della gara avevo un po’ di ansia perché c’era l’incognita del meteo. Andando alla partenza avevo visto che alcuni tratti erano pieni di fango, non proprio il massimo. Con l’andare delle ore e delle gare che ci hanno preceduto (juniores e U23, ndr) la situazione è migliorata. 

RACCAGNI: «E’ la gara più dura a cui ho preso parte. Si tratta di uno sforzo diverso, non intenso ma a sfinimento. Poi è lunghissima, l’ultima ora e mezza ero devastato. Non so come ho fatto ad arrivare a Roubaix».

Che ruolo avevi in corsa?

SKERL: «Dovevo stare accanto a Fred Wright. All’inizio ho preso i tratti di pavé anche in posizioni decenti, poi mi sono staccato poco prima della Foresta di Arenberg. All’uscita di quel settore mi sono trovato da solo con Declercq, in quel momento ho capito che raggiungere il traguardo sarebbe stato difficile. Per fortuna da dietro è rientrata gente e insieme siamo andati all’arrivo

RACCAGNI: «Fino alla Foresta di Arenberg ero a supporto di Tim Merlier. Siamo entrati un po’ dietro e mi sono dovuto spostare sulla sinistra perché era pieno di corridori fermi a bordo strada. Nello spostarmi ho bucato e lì ho perso una marea di tempo. Sono uscito insieme ad altri quattro corridori, mancavano novanta chilometri all’arrivo e c’era sempre vento contro o laterale. A un certo punto ci ha raggiunto un gruppo grande, ma prendeva i settori a tutta e mi sono staccato. Ho fatto gli ultimi venticinque chilometri da solo. 

Uno dei pochi accorgimenti tecnici della Bahrain Victorious è stato montare copertoni da 35 millimetri
Uno dei pochi accorgimenti tecnici della Bahrain Victorious è stato montare copertoni da 35 millimetri
Emozioni particolari?

SKERL: «Quando ho saputo della convocazione, mi sono detto che sarebbe stata una gara come un’altra. Poi nella settimana prima mi è salita un po’ di tensione, inizi a pensare che sono 270 chilometri, che si corre a 47 di media, nella ricognizione vedi cosa vuol dire pedalare sul pavé. Poi il primo tratto di pietre lo prendi a 160 chilometri dall’arrivo, tra l’altro quei quattro settori all’inizio li ho fatti a ruota di Van Aert. Ammetto che mi ha dato un po’ di energia in più. La cosa impressionante è che mi staccava sui tratti d’asfalto, lima in maniera incredibile. In due pedalate risaliva cinque o sei posizioni. 

RACCAGNI: «In squadra si parlava da un po’ di farmi fare questa corsa. Le carte si erano un attimo rimescolate, poi il mercoledì prima del Fiandre mi hanno detto che sarei andato alla Roubaix. Così quella domenica mi sono fatto un bel lungo di 230 chilometri per prepararmi. L’emozione più grande, oltre ai settori di pavé, l’ho vissuta durante la presentazione delle squadre il giorno prima. Non avevo mai visto così tanta gente». 

Qual è il settore che più ti ha impressionato?

SKERL: «Il Carrefour de l’Arbre. Lì il pubblico è qualcosa di incredibile. A bordo strada era colmo di gente, tutti che urlano e ti incitano, anche a me che sono passato un quarto d’ora dopo i primi. Ero sfinito ma il calore del pubblico ti spinge avanti».

RACCAGNI: «La Foresta di Arenberg. Un po’ perché è la cosa che guardi in tv da bambino e poi perché quando esci realizzi che ti mancano ancora diciotto settori di pavé e sei disperso nelle retrovie che pedali a tutta. Quando ho bucato per fortuna non è andata giù subito la pressione ma è rimasta a un bar, un bar e mezzo. Nel momento in cui entri la corsa esplode, trovi corridori con le ruote distrutte e poi il pubblico batte le mani contro le barriere di plastica e fa un frastuono infernale».

Il sostegno del pubblico è per tutti…

SKERL: «Ti vedono un po’ come un eroe. Nonostante fossi tra gli ultimi il tifo era ugualmente caloroso. C’è una passione così grande per il ciclismo che ti senti parte di qualcosa di grande. Quando ero a ruota di Van Aert sentivi proprio l’amore del pubblico per un campione del suo calibro». 

RACCAGNI: «Tutti quelli che erano lungo la strada urlavano e ti sostenevano. Comunque tra Van der Poel e me saranno passati più di quindici minuti, avrebbero potuto guardare la corsa sul telefono o andare via. Invece erano lì, a bordo strada, ad aspettare gli ultimi e dare loro supporto».

Quando hai capito di aver compiuto la tua impresa personale?

SKERL: «Nel viale alberato di Roubaix. Mancava l’ultimo settore (200 metri proprio in quel viale, ndr) poi sono arrivato nel velodromo. Pensavo che quel giro e mezzo fosse più corto, devo ammetterlo. Con il suono della campana ho capito di aver terminato la mia prima Classica Monumento. Un giorno da non dimenticare, anche perché sono partito alle 11 del mattino da Compiègne e sono arrivato alle 17 a Roubaix». 

RACCAGNI: «Nel velodromo, lì ho pensato a tutta la fatica che ho fatto per finire la gara. Non so con quali forze sono andavo avanti. Ho anche pianto, più per la fatica fatta in bici, non sentivo più nulla. Un’altra cosa che mi ha impressionato è la dimensione del velodromo. E’ piccolo, sembra una pista che abbiamo anche noi vicino a Genova. Dalla tv sembra grande il doppio».

Il sostegno del pubblico è uguale dall’inizio alla fine, anche per l’ultimo del gruppo (foto Instagram)
Il sostegno del pubblico è uguale dall’inizio alla fine, anche per l’ultimo del gruppo (foto Instagram)
Scelte tecniche particolari?

SKERL: «L’unica novità sono stati i copertoni, abbiamo usato quelli da 35 millimetri. Quando sono salito in bici durante la ricognizione mi sembravano quasi ridicoli, invece mi hanno salvato perché sul pavé mi hanno dato una grandissima mano». 

RACCAGNI: «Nessuna. Avevamo gli stessi materiali che utilizziamo nelle altre corse. I copertoni erano da 32 millimetri gonfiati a 3,5 e 3,6 bar».

Ti sei concesso un premio per la tua prima Monumento? 

SKERL: «Nulla di particolare. La cosa che mi ha sorpreso sono stati i messaggi ricevuti a fine gara da amici e conoscenti. Questo è stato il mio regalo più grande, aver dato a tutti quelli che mi vogliono bene un motivo per essere orgogliosi di me mi ha reso felice». 

RACCAGNI: «Festeggiare nel nord delle Francia non è semplice. C’era la mia famiglia, è venuta anche la mia ragazza dalla Repubblica Ceca. La sera ci siamo presi una pizza e l’abbiamo mangiata in hotel. Comunque una cena premio me la sono meritata».

Costruiamo il velocista con Fusaz: potenza, endurance e testa

08.02.2025
6 min
Salva

La vittoria allo sprint di Davide Stella al Tour of Sharjah, primo successo azzurro del 2025, è stata una delle prime sorprese positive della stagione. Il velocista del UAE Team Emirates Gen Z è appena passato under 23 e ha già trovato modo di mettersi alle spalle corridori più esperti. Non di certo un parterre di primi della classe ma in pochi, forse nemmeno lo stesso Stella, avrebbe immaginato di iniziare così la sua avventura nel devo team emiratino. 

Parlando con Giacomo Notari, preparatore dei ragazzi alla UAE Gen Z, è emerso che Stella nel ritiro di dicembre già dava del filo da torcere a velocisti del calibro di Molano. Lo stesso coach non si era detto troppo sorpreso, sottolineando però come il processo di crescita fosse ancora lungo. 

Davide Stella e la volata al Tour of Sharjah che gli è valsa la prima vittoria con la UAE Team Emirates Gen Z (foto Tour of Sharjah)
Davide Stella e la volata al Tour of Sharjah che gli è valsa la prima vittoria con la UAE Team Emirates Gen Z (foto Tour of Sharjah)

Resistenza

Abbandonando le gesta sportive dello sprinter e del pistard azzurro ci siamo interrogati più ad ampio raggio. La domanda che ci frullava per la testa era: “come si costruisce un velocista?”. Siamo così andati a parlare con Andrea Fusaz, allenatore della Bahrain Victorious, per allargare il discorso e capire come si lavora per far emergere le qualità di un grande sprinter. 

«Vero – ci dice subito – un ragazzo di 18 anni può competere nello sprint secco contro un velocista più maturo. Se ha raggiunto una maturità fisica e già lavora bene sia in bici che in palestra il picco di potenza ce l’ha. La cosa difficile è farlo arrivare fresco dopo gare da 180, 200 o 250 chilometri. Oppure deve riuscire a fare una volata anche dopo una settimana di gara. Il primo passo è quindi inserire dei lavori di resistenza, che nel tempo però rischiano di far abbassare il picco di potenza massima».

L’endurance si migliora in allenamento e in gara, accumulando ore in bici
L’endurance si migliora in allenamento e in gara, accumulando ore in bici
Bisogna trovare il giusto equilibrio tra potenza e resistenza…

La vera sfida è riuscire a portare quel picco di potenza e di forza che di solito hanno dopo 120 chilometri a quando ne percorrono 250. 

Il picco di potenza quindi anche da giovani può essere importante?

Tendenzialmente sì, vi faccio un esempio: un corridore come Skerl a 20 anni aveva un picco di potenza di 1.800 watt. Il lavoro che si può fare, da questo punto di vista, è quello di metterli nelle condizioni di mantenere quei valori per più tempo, magari 12 secondi invece che 8 secondi. Si tratta di allungare la durata dello sprint e di creare resistenza, ma entra in gioco anche la durability

Ovvero?

La capacità di riuscire a performare, quindi a fare i tuoi numeri migliori, nonostante si siano consumate tante energie prima. Il primo sintomo che tende a farci fermare nel momento in cui andiamo a cercare di aumentare la resistenza di un atleta è il fatto che comincia a perdere potenza. 

La durability invece incrementa con il passare delle stagioni e degli anni
La durability invece incrementa con il passare delle stagioni e degli anni
Come si può compensare questa perdita di potenza?

Con le sedute in bici si va ad allenare la componente aerobica, a quel punto è naturale che si perda leggermente quel picco di forza, che va compensato con la palestra ed esercizi in bici. 

Tutti i ragazzi riescono a fare questo passo, ovvero aumentare la resistenza in maniera importante mantenendo comunque lo spunto veloce?

Ci sono vari esempi: alcuni atleti riescono a mantenere comunque il loro picco nonostante comincino a inserire tanto lavoro aerobico. Altri, invece, migliorano abbastanza sul passo, ma poi non sono più in grado di fare quei numeri che gli permettevano di vincere. E’ un equilibrio abbastanza leggero, si parla di uno sport che comunque è di endurance, quindi se il corridore spende troppo la prima parte non sarà in grado di farti lo sprint dopo.

Cosa intendi con tante ore di endurance?

L’endurance alla fine sono ore in bici, quindi cominci con allenamenti da quattro a cinque ore. Tendenzialmente un velocista non fa 30 ore alla settimana, si ferma a volumi molto minori. Il “problema” è riuscire a fare in modo che l’atleta sia in grado di sostenere un consumo di chilojoule elevato e che poi riesca a sprintare. 

In che modo si riesce a vedere se un atleta sta perdendo il picco di potenza?

Dall’allenamento. In una seduta di solito si mettono degli sprint all’inizio e alla fine. In questo modo si ha un doppio riferimento: da freschi pieni di energie e con tanto zucchero nel sangue e poi alla fine quando il fisico ha consumato 2.000-3.000 kcal. Se analizzando i dati si vede una grande differenza di valori vuol dire che ci si sta concentrando troppo sull’endurance. In quel caso si riducono le ore.

Quanto contano le caratteristiche fisiche? Tu hai parlato di Skerl che pesa 77 chili ed è alto 177 centimetri, ma hai allenato anche Milan che pesa 85 chili ed è alto 193 centimetri…

Milan è un velocista atipico. L’ho allenato da quando era junior e si è sempre visto come fosse in grado di fare numeri ottimi. Per la sua dimensione e la sua stazza forse Greipel faceva meglio. Però Milan arriva alla volata con una forza che nessuno riesce a mantenere. Per fare un altro esempio: Cavendish per i numeri che aveva riusciva a tenere e poi fare una volata alla fine di un Grande Giro e vincerla. Lui è stato veramente un velocista fenomeno con i numeri che aveva. Ma c’è un altro dettaglio che conta.

Quale?

La testa. A mio modo di vedere i velocisti che sono riusciti a primeggiare veramente sono quelli che hanno imparato dalle loro volate. Tutti gli sprinter arrivano all’ultimo chilometro, ma solo uno vince e tutto si gioca in secondi. C’è una componente di lucidità e di serenità che non può essere messa in secondo piano. 

Bruttomesso (sullo sfondo) dopo un anno nel WT si sta avvicinando ai velocisti più forti del gruppo
Bruttomesso (sullo sfondo) dopo un anno nel WT si sta avvicinando ai velocisti più forti del gruppo
Un altro ragazzo giovane con il quale state lavorando è Bruttomesso…

Lui sta crescendo un sacco. Sia lui che Skerl sono giovani di primo o secondo anno e il loro percorso è appena iniziato. Stanno facendo i passi giusti, l’endurance e la durability migliorano invecchiando. Con il passare delle stagioni riesci a percorrere quei 200 chilometri consumando sempre meno. Migliora la resistenza e l’ossidazione lipidica, ma allo stesso tempo rimane alta la capacità di produrre acido lattico e quindi potenza nel breve tempo. 

Quanto è importante far correre gli atleti su percorsi misti, anche da under 23?

Tanto. Tornando al discorso durability di prima: una corsa ondulata porta ad avere 150 variazioni di ritmo e 150 punti in cui si producono otto picchi di potenza per brevi tratti. Il velocista deve riuscire a sprintare dopo tutti questi sforzi, sia a livello metabolico che a livello muscolare e neuro muscolare. Poi se si parla di ciclismo moderno dobbiamo dire che la palestra ha un ruolo cruciale per lo sviluppo della forza esplosiva. Così com’è importante l’alimentazione, quindi la quantità di carboidrati che mangiano durante la gara o l’allenamento.

Skerl: l’esperienza in Australia e un grazie al CTF

02.02.2025
5 min
Salva

L’esordio di Daniel Skerl con la maglia del team Bahrain Victorious è avvenuto al Santos Tour Down Under, dal quale è rientrato martedì. Un viaggio lungo per la sua prima gara da professionista, un’esperienza che gli ha permesso di aprire gli occhi e capire cosa vuol dire correre nel WorldTour. Anche se prima c’è da smaltire la trasferta. 

«Sto recuperando dal jet lag – racconta mentre si trova a casa – a dire il vero non è stato così pesante, mi sarei aspettato di peggio. Era la prima volta che andavo a correre tanto lontano da casa, la trasferta più lunga in passato era stata in Belgio (dice con una risata, ndr)».

Daniel Skerl ha fatto il suo esordio nel WorldTour al Santos Tour Down Under
Daniel Skerl ha fatto il suo esordio nel WorldTour al Santos Tour Down Under

Gamba ancora da costruire

Partire con il Santos Tour Down Under a gennaio è sempre impegnativo, per due motivi: il primo è la preparazione accelerata. Infatti i corridori devono forzare già la mano nel ritiro di dicembre e ogni minimo intoppo si sente doppiamente. A seguire, a rendere difficile arrivare pronti all’appuntamento australiano sono la trasferta e l’ambientamento.

«L’esperienza in sé – dice ancora Skerl – è stata molto bella e abbiamo fatto una cosa molto buona, ovvero arrivare dieci giorni prima della corsa. Non mi era mai capitato di stare così tanto in un Paese nel quale avrei corso, questo mi ha dato modo di visitare un qualcosa. Di solito quando si corre non si ha modo di alzare la testa dalla lingua di asfalto sulla quale scorrono le ruote. Un giorno siamo stati in un Parco Nazionale nel quale abbiamo visto tutti gli animali autoctoni in libertà. In gara sono arrivato senza la migliore delle preparazioni».

Skerl e i compagni della Bahrain Victorious sono stati dieci giorni in Australia prima della corsa, un modo per scoprire il luogo
Skerl e i compagni della Bahrain Victorious sono stati dieci giorni in Australia prima della corsa, un modo per scoprire il luogo
Come mai?

A dicembre ho avuto due settimane di dolore al ginocchio, niente di grave però ho dovuto rallentare la preparazione. Non ero al meglio. Per la squadra alla fine è stata una trasferta positiva nella quale abbiamo avuto un po’ di sfortuna nelle prime due tappe, ma poi siamo riusciti a trovare due bei piazzamenti con Bauhaus. 

Per te invece che esordio è stato?

Era la prima gara con la Bahrain e inoltre era di categoria WorldTour. In sé le tappe non erano durissime, anche se nel momento in cui il gruppo apriva il gas la fatica si faceva sentire. In questo, il passaggio da una formazione continental a una WorldTour si sente.

Prima di partire la visita di un parco nazionale, con il tempo di farsi un nuovo amico
Prima di partire la visita di un parco nazionale, con il tempo di farsi un nuovo amico
Cosa intendi con “aprire il gas”?

L’intensità che si mette nei momenti cruciali e come lo si fa. Approcciare le volate era molto impegnativo, gli ultimi venti chilometri si facevano a manetta, con la parte finale sopra i sessanta chilometri orari di media. Si faceva fatica anche a stare in gruppo. 

I percorsi com’erano?

Penso di aver fatto gare più impegnative nelle mie esperienze precedenti tra i professionisti con il CTF. In Australia la tappa con maggiore difficoltà è stata la terza, nella quale c’era una salita nei primi chilometri, che abbiamo fatto a tutta perché la fuga non era ancora andata via. Poi è calato il ritmo e siamo andati del nostro passo. Nel finale ho fatto gruppetto con i velocisti, c’era anche Welsford. 

Al Tour Down Under, la Bahrain Victorious aveva in Bauhaus il suo velocista di punta
Al Tour Down Under, la Bahrain Victorious aveva in Bauhaus il suo velocista di punta
Ti sei trovato subito bene in corsa?

Rispetto alle gare under 23 la gara si svolge in maniera più tranquilla e lineare, in gruppo non c’è mai quella lotta tutti contro tutti. Correre con accanto certa gente come Geraint Thomas o Kwiatkowski fa un certo effetto, ma una volta che attacchi il numero passa in secondo piano.

Che ruolo avevi per questa tua prima uscita?

Aiutare Bauhaus a trovare il posizionamento per le volate, il suo ultimo uomo era Arndt che lo accompagna da tanti anni. Per me è stato meglio agire lontano dal traguardo così ho avuto modo di capire come si approcciano le volate nei professionisti.

Le tappe australiane non erano impegnative ma nelle fasi salienti il ritmo si alzava vertiginosamente, bisogna prendere le misure
Le tappe australiane non erano impegnative ma nelle fasi salienti il ritmo si alzava vertiginosamente, bisogna prendere le misure
E come si fa?

Per quello che ho visto al Tour Down Under c’è un treno che comanda, in quei giorni era la Red Bull-BORA- hansgrohe di Welsford. Dietro si crea la bagarre per prendere le ruote e la cosa più importante da fare è imparare a limare. La cosa più difficile è fare gli ultimi cinque o sei chilometri a velocità folli e poi riuscire a lanciare la volata. 

Dopo tanti anni un corridore di Trieste torna nel professionismo.

E’ una cosa che mi rende orgoglioso, in Friuli ci sono tanti atleti di livello ed entrare in questo circolo mi fa piacere. Speriamo di essere un esempio per i giovani ad andare in bici. Essere qui mi fa sentire di aver realizzato un sogno, ed avere l’occasione di fare il ciclista come lavoro mi dà la spinta per lavorare al massimo ogni giorno. Un grande grazie lo devo al CTF perché ho corso dieci anni con loro e mi hanno fatto crescere parecchio, senza mai lasciarmi andare. Quando ho firmato con il Bahrain devo ammettere che ho pensato anche a loro.

Skerl: il cammino al CTF è finito, ora è tempo di WorldTour

22.10.2024
5 min
Salva

Il rapporto tra il CTF Victorious e la Bahrain Victorious ha creato un canale di collaborazione e lavoro reciproco sempre più forte negli anni. Tanti ragazzi sono passati dal team continental friulano alla formazione WorldTour. Nel 2023 sono due quelli arrivati nel professionismo grazie a questo binomio: Alberto Bruttomesso e Nicolò Buratti, mentre l’anno precedente era toccato a Fran Miholjevic. A fine 2024 saranno tre i corridori che arriveranno nel mondo dei grandi: Daniel Skerl, Max Van Der Meulen e Zak Erzen. 

Daniel Skerl dopo tre anni saluta il CTF e passerà professionista (photors.it)
Daniel Skerl dopo tre anni saluta il CTF e passerà professionista (photors.it)

Al lavoro per il futuro

Daniel Skerl, velocista triestino dalle origini multietniche, si è guadagnato questa occasione con la fatica e l’impegno messo nei tre anni corsi alla corte di Renzo Boscolo. Un segno di grande fiducia nelle sue potenzialità e qualità. Skerl continuerà il cammino iniziato al CTF Friuli nel 2022 (in apertura la vittoria al GP Misano 100, foto ufficio stampa CTF). Con lui ha lavorato a stretto contatto Andrea Fusaz, preparatore del team friulano, che se lo ritroverà anche alla Bahrain Victorious

«Skerl – spiega Fusaz – ha raccolto più nel 2023 che in questa stagione, a livello di risultati. Quest’anno ha avuto diversi intoppi che gli hanno impedito di essere al meglio. Ha iniziato con un problema al ginocchio, mentre in primavera alcuni malanni lo hanno rallentato. Poi, come abbiamo fatto spesso con i ragazzi che sapevamo sarebbero passati professionisti l’anno dopo, lo abbiamo fatto correre in gare differenti da quelle nelle sue corde. Un modo per abituarlo a ciò che troverà nel mondo dei professionisti. Nel 2023 abbiamo fatto lo stesso con Alberto Bruttomesso. Questi ragazzi hanno corso in appuntamenti diversi per aumentare la loro cilindrata e i giri del motore».

Qui alla Ronde de l’Oise nella quale ha vinto una tappa e la classifica di miglior giovane
Qui alla Ronde de l’Oise nella quale ha vinto una tappa e la classifica di miglior giovane
Skerl nei suoi tre anni non ha ottenuto risultati di grande rilievo…

Anche da junior ha vinto meno del previsto, ma da under 23 ha fatto una crescita a livello di numeri molto importante ma costante. Nel 2024 sapevamo che avremmo dovuto lavorare di più sul piano mentale e fisico. Skerl dovrà crescere ancora, soprattutto negli sforzi prolungati e lo farà sicuramente. Penso che potrà dire la sua negli sprint, ha le caratteristiche giuste. 

Quindi i suoi dati vi hanno spinto a fare questo salto?

A numeri non deve invidiare nessuno, poi l’atleta si vede anche nei momenti di gara, come gestisce la pressione e la vita fuori dalla bici. Il ragazzo ha 21 anni, dovrà trovare il suo equilibrio per avere la giusta serenità e confidenza nei propri mezzi. Poi c’è da dire una cosa. 

Skerl nel 2024 si è messo alla prova su terreni diversi e più impegnativi, una antipasto di quanto troverà nel WT (foto Nicolas Mabyle/DirectVelo)
Skerl nel 2024 si è messo alla prova su terreni diversi e più impegnativi, una antipasto di quanto troverà nel WT (foto Nicolas Mabyle/DirectVelo)
Quale?

Che il salto di categoria è sempre un passo al buio. Tanto dipende dalla personalità del corridore e se sente o meno la pressione. Nel momento in cui si entra in una nuova dimensione non è facile. Lo stesso si può dire per Milan: al secondo anno da professionista si vedeva potesse fare ciò che ha fatto quest’anno. Solo che oltre al fisico e alla forza serve una maturazione mentale e psicologica. Le risposte dall’atleta devono arrivare anche dalla testa oltre che dalle gambe. 

Sappiamo che al CTF difficilmente si lavora con i quarti anni, questo ha influito sul passaggio di Skerl?

Abbiamo ritenuto il ragazzo pronto per passare con i professionisti. Il nostro percorso di crescita prevede che dopo due anni di lavoro si hanno due opzioni: o hai capito e assimilato il nostro metodo oppure no. Ci sono dei valori e dei principi che vogliamo trasmettere e se non riusciamo, o non vengono assimilati, è inutile insistere. Poi ci riserviamo di attendere un anno in più perché ci possono essere complicazioni o rallentamenti. Ma diciamo che tre anni, di default, vanno bene.

Dopo quasi 70 anni Trieste ritrova un corridore nel professionismo, Skerl può essere d’ispirazione per tanti giovani
Dopo quasi 70 anni Trieste ritrova un corridore nel professionismo, Skerl può essere d’ispirazione per tanti giovani
Quindi era impensabile lasciare Skerl un anno in più negli U23?

Sì, perché il rischio è di avere ridondanza nel sistema di allenamento e di crescita. Noi nel 90 per cento dei casi tiriamo fuori il massimo dall’atleta in tre anni. Considerando che Skerl ha fatto un percorso lineare con noi, abbiamo pensato fosse giunto al termine. 

Meglio quindi farlo passare e proporgli un cammino come quello di Bruttomesso?

Sì. Crediamo sia meglio entrare con i giusti passi nella categoria superiore, dove non ci sono livelli al di sopra. I ragazzi arrivano nel professionismo e fanno le gare che servono loro per crescere. Questo permette loro di fare la giusta crescita fisica e mentale: acquisiscono dimestichezza, fiducia e i movimenti da fare in gruppo.

Menghini vince a Empoli e lancia la sfida a Skerl

29.02.2024
5 min
Salva

Alla Coppa San Geo Bryan Olivo metteva subito la sua firma sulla stagione tenendo fede alle promesse della vigilia. Intanto alla Firenze-Empoli, l’altra contemporanea classica nazionale di apertura della stagione U23, a svettare era Alessio Menghini. Un successo in volata, quello del portacolori della General Store, ma dietro c’è stata una corsa dai mille volti. Una vittoria che a un certo punto sembrava utopistica visto come si era messa la corsa. Un successo che per lui vuol dire molto, considerando il fatto che nel primo anno nella categoria gli era sempre sfuggita.

La vittoria nasce da lontano, da una preparazione invernale senza intoppi e impostata per andare subito forte: «Ho lavorato moltissimo perché volevo migliorare non solo la mia base, ma anche la mia tenuta sui percorsi duri. Avevo capito nello scorso anno che per emergere dovevo fare un salto di qualità nel mio rendimento. Un percorso come quello toscano è adatto alle mie caratteristiche, per questo tenevo a presentarmi pronto. Il ritiro che abbiamo fatto in Spagna è stato utilissimo in tal senso, anche perché abbiamo costruito subito una grande intesa fra noi compagni».

Menghini trionfa alla Firenze-Empoli. Baseggio, saltato sul rettilineo, è secondo (photors.it)
Menghini trionfa alla Firenze-Empoli. Baseggio, saltato sul rettilineo, è secondo (photors.it)
Tu hai cambiato squadra quest’anno, perché?

Innanzitutto ci tengo a dire che con la Solme Olmo non ho avuto alcun tipo di problema, mi hanno dato buone opportunità e ho ottenuto piazzamenti di rilievo nello scorso anno. Alla General Store mi hanno però fatto una buona offerta e proposto un calendario più adatto alle mie caratteristiche. Ho l’opportunità di crescere anche come concorrenza da affrontare, ad esempio potendo anche correre all’estero.

Veniamo alla gara, vissuta prevalentemente sulla fuga di Viviani e Novak, il corridore boemo nato tra l’altro il tuo stesso giorno. Hai temuto che la loro azione andasse in porto?

A un certo punto sì, soprattutto conoscendo le grandi qualità di Novak. Quando all’ultimo giro attraverso la radio mi hanno detto che avevano ancora un minuto e mezzo di vantaggio ho pensato che la gara fosse andata. Poi però le principali squadre, soprattutto Trevigiani, Biesse e Zalf si sono messe a tirare di brutto e il vantaggio si è progressivamente ridotto.

Il podio della classica toscana con Menghini fra Baseggio e Dati (photors.it)
Il podio della classica toscana con Menghini fra Baseggio e Dati (photors.it)
Voi avete contribuito all’inseguimento?

Abbiamo cercato di rimanere nascosti, per risparmiare energie per la volata finale visto che la corsa si stava mettendo bene per noi. Gli altri team stavano lavorando bene, l’andatura era molto forte, ma sapevamo che non si poteva tentare alcuna azione e dovevamo compattarci per lo sprint.

Come hai costruito la tua volata vincente?

Dopo che abbiamo ripreso la fuga, abbiamo provato a organizzarci. Dalla fine della discesa si è messo davanti a me Cirlincione, mentre Palomba mi teneva coperta la ruota. Così fino all’ultima curva quando ho agganciato la ruota di Baseggio saltandolo a 80 metri dal traguardo.

Con Menghini a Firenze erano Dal Cappello, Berasi, Cirlincione, Palomba e Pozza (Photors)
Con Menghini a Firenze erano Dal Cappello, Berasi, Cirlincione, Palomba e Pozza (Photors)
Primo anno senza successi, inizia la seconda stagione e sali subito sul primo gradino del podio. Che cosa è cambiato nel frattempo?

Il primo anno non è stato negativo, ma avevo molto da imparare. Mi sono accorto nel corso della stagione che andavo sempre più migliorando, me lo dicevano i numeri. E pian piano stavo maturando. Io credo che i miei risultati fossero nell’ordine delle cose, in attesa del salto di qualità che spero essere arrivato. Stavolta ero pronto, sentivo le gambe che giravano bene.

Ti ritieni un velocista puro?

Non proprio. E’ vero che ho un buon picco e che anche nelle volate di gruppo mi riesco a districare e far vedere, ma preferisco i finali più frastagliati, dove c’è selezione e si arriva con un gruppo più ristretto. Quella di Empoli è stata proprio la corsa ideale, con un gruppo scremato ma comunque con il nostro team pronto per favorirmi.

Il friulano Menghini ha buoni numeri da sprinter, ma vuole spiccare anche in salita (foto Instagram)
Il friulano Menghini ha buoni numeri da sprinter, ma vuole spiccare anche in salita (foto Instagram)
Le tue capacità allo sprint ti contrappongono idealmente a un altro velocista della categoria come Daniel Skerl, che tra l’altro ti ha risposto vincendo domenica il GP Misano 100. Credi che possa nascere una rivalità fra voi?

Non lo so, rispetto molto Skerl, domenica non ci siamo potuti confrontare per colpa di una caduta che mi ha tolto dalla corsa. Lui credo sia più un velocista puro, quindi nelle volate di gruppo lo vedo più forte. Sarà comunque divertente affrontarlo e una sportiva rivalità penso che possa far bene a entrambi. Staremo a vedere.

C’è qualche corridore al quale ti ispiri?

Non credo di discostarmi da quello che dice la maggioranza dei giovani. Siamo un po’ tutti intrigati dai campioni del momento, quelli da classiche come Van Aert e Van Der Poel. Io vorrei essere proprio come il campione del mondo. E’ un modello di riferimento per il suo modo di correre, anche se io ho un fisico un po’ diverso, sono alto 1,82 per 70 chili, non troppo pesante, per questo voglio diventare più forte negli strappi brevi.

Per Menghini un 2023 con 9 Top 10, anche al Giro Next Gen ma senza vittorie (foto Instagram)
Per Menghini un 2023 con 9 Top 10, anche al Giro Next Gen ma senza vittorie (foto Instagram)
I prossimi impegni?

Intanto le classiche di marzo in Italia come le due prove di San Pietro in Gu e la Popolarissima e poi la trasferta in Slovenia, su percorsi vallonati come piacciono a me. Saranno quelle gare il mio vero obiettivo, dove portare a casa il risultato.

Skerl è ambizioso: «Voglio conquistare un contratto da pro’»

22.02.2024
5 min
Salva

Nella stagione Under 23 che parte proprio in questo fine settimana molti sono i prospetti italiani tenuti sotto osservazione e uno di questi è certamente Daniel Skerl. Il ventenne friulano è considerato uno degli elementi maggiormente in ascesa, tanto che non sarebbe una sorpresa vederlo a fine stagione approdare nel ciclismo che conta anche perché, militando nel Cycling Team Friuli devo team della Bahrain Victorious, ha già una strada privilegiata a sua disposizione.

Il friulano è nel taccuino di più squadre pro’, non solo della Bahrain
Il friulano è nel taccuino di più squadre pro’, non solo della Bahrain

I contratti però arrivano solo per chi se li merita a suon di risultati e questo Skerl lo sa bene. Ha lavorato duro durante tutto l’inverno e non vede l’ora d’iniziare, proprio da quella San Geo dove lo scorso anno una caduta sembrava aver gettato una fosca nube su tutta la sua stagione.

«Poi per fortuna non fu nulla di grave, anzi subito dopo infilai una serie di tre vittorie consecutive in 7 giorni. Nel complesso la stagione è stata positiva, sono arrivate anche due vittorie in Francia e Romania, oltre a tanti piazzamenti. Ho avuto un livello alto per tutta la stagione. Sicuramente militare in un team di prestigio come il CTF aiuta, è come stare in una piccola squadra WT, gli input per far bene ci sono tutti, ma poi la risposta è sempre affidata alle gambe…».

Skerl, con la maglia della nuova stagione, punta a una primavera ricca con i fuochi d’artificio (foto Nicola Blasi)
Skerl, con la maglia della nuova stagione, punta a una primavera ricca con i fuochi d’artificio (foto Nicola Blasi)
Sai bene che questa stagione sarà molto importante, quindi al di là delle prove di categoria saranno fondamentali anche i confronti con i pro’. Ne hai in programma?

Penso proprio di sì, d’altronde ho già avuto modo di confrontarmi con corridori molto più maturi negli anni scorsi all’Adriatica Jonica Race o in Slovacchia, ottenendo anche qualche risultato importante. Quando gareggi in quelle prove ti accorgi di come le cose cambiano, di quanto ottenere un risultato in quel contesto vale più di una vittoria nella tua categoria. Nel 2023 ho centrato un paio di Top 5, spero quest’anno di fare ancora meglio, vorrei alzare l’asticella.

Guardandoti, quali sono i tuoi punti forti e dove invece devi migliorare?

Sicuramente la volata è il mio marchio di fabbrica, posso ormai definirmi un velocista puro. Ma questo non basta, perché si vede ben come nel ciclismo attuale per emergere bisogna anche saper tenere in salita: tutti i migliori velocisti riescono a tenere il passo sugli strappi, corse perfettamente pianeggianti non ne esistono quasi più. Devo migliorare la mia resistenza in salita se voglio competere a livelli più alti e allargare il range delle corse a me adatte.

Lo scorso anno il friulano è emerso in volata anche al Tour de l’Alsace (foto organizzatori)
Lo scorso anno il friulano è emerso in volata anche al Tour de l’Alsace (foto organizzatori)
Quando si parla di velocisti, si parla anche di treni per la volata. Voi al CTF come siete messi?

Dipende molto dal tipo di corsa. In una prova a tappe si gareggia in pochi e se hai qualcuno che bada alla classifica (come a noi capita quasi sempre) è difficile sacrificare la squadra per la volata. Devo dire però che con i compagni si lavora bene e spesso comunque uno o due compagni mi aiutano nel trovare la posizione. E’ importante il feeling che si crea nel team, tanto è vero che in ritiro abbiamo anche provato in alcune occasioni il lavoro per gli sprint, per impostare il treno soprattutto nel periodo di preparazione in Spagna.

Ma quando il treno a disposizione non c’è, riesci a cavartela, a gestirti in una volata?

Nel ciclismo attuale è difficile emergere se non hai compagni che ti pilotano, ma il discorso è corretto, è importante anche sapersela cavare da soli. In questo mi aiuta molto il mio passato nella mountain bike. Bisogna saper leggere bene quel che succede in pochissimi attimi, avere la freddezza di fare le scelte giuste pur avendo l’adrenalina a mille. Quando è capitato me la sono sempre cavata bene portando comunque a casa risultati importanti.

Inizio marzo 2023: tre vittorie in una settimana. Qui a San Pietro in Gu (Photors)
Inizio marzo 2023: tre vittorie in una settimana. Qui a San Pietro in Gu (Photors)
Il fatto che molti pronosticano un tuo prossimo approdo fra i professionisti ti mette pressione?

Non particolarmente, so che sta a me, alla mia capacità di portare risultati. Io non posso far altro che cercare di dare il massimo in qualsiasi occasione e come dice sempre mia madre “se son rose, fioriranno”. Sono altri quelli che devono decidere per me, io posso solo dare loro materiale per farlo.

Ma sai che è una stagione fondamentale…

Sì, è una sorta di spartiacque per capire quale potrà essere il mio futuro, dovrò dare più del 100 per cento. A me comunque non pesa, anzi mi fa essere ancora più determinato. Se sarò abbastanza bravo spero di guadagnarmi anche qualche chance per correre con la squadra maggiore nella seconda parte di stagione, sarebbe già quello un bel segnale, un bel passo avanti.

Importante per la sua crescita saranno i confronti con team professionistici, previsti in Belgio e Croazia
Importante per la sua crescita saranno i confronti con team professionistici, previsti in Belgio e Croazia
Farai anche gare all’estero?

Penso proprio di sì, dal programma che ci hanno dato andremo a correre anche in Belgio e per me questa sarà una prima assoluta. Sono quelle gare che guardavo sempre in televisione iniziando a sognare, sono molto curioso di vedere come mi troverò in quella che reputo l’università del ciclismo.

Bressan, il bilancio del CTF e un dubbio sulla categoria U23

14.12.2023
5 min
Salva

Se inizialmente qualcuno fu contrario al fatto che il Cycling Team Friuli diventasse team di sviluppo per la Bahrain Victorious, quello fu sicuramente Roberto Bressan. Poi, vista la convinzione dei suoi collaboratori, anche il grande capo fece un passo indietro, accettò la novità e si mise a studiare la situazione.

La sua squadra non è un vero e proprio “devo team”, perché per esserlo dovrebbe avere la stessa amministrazione e gli stessi finanziatori. Nonostante ciò, il rapporto che si è creato è strettissimo e simbiotico. Gli stessi materiali e un kit con grafiche comuni. Andrea Fusaz è passato dall’essere preparatore dei ragazzi della continental a lavorare in pianta stabile per la WorldTour. Per sostituirlo, ex corridori del CTF si sono laureati in Scienze Motorie e ora sono entrati nell’organico come tecnici. La filiera funziona. Così siamo tornati dal manager di Udine, per farci raccontare se nel frattempo abbia cambiato opinione.

Jonathan Milan, Roberto Bressan, Rod Ellingworth, Giro d'Italia 2020, Udinea
Giro 2020, quello del Covid a ottobre: Milan e Bressan incontrano Ellingworth, al tempo manager alla Bahrain
Jonathan Milan, Roberto Bressan, Rod Ellingworth, Giro d'Italia 2020, Udinea
Giro 2020, quello di ottobre: Milan e Bressan incontrano Ellingworth, al tempo manager alla Bahrain

«Proverei ad ampliare il discorso – dice – parlando prima di tutto del senso delle devo team. Oggi ne hanno uno ben preciso, perché il ciclismo cambia continuamente. E se adesso vuoi fare ciclismo ad alto livello, devi diventare una devo team. La Colpack è l’eccezione che riesce ancora a fare le cose da sé, ma probabilmente hanno una forza economica che altri non hanno. Io non riuscirei a fare quello che faccio senza la Bahrain».

Fino a due anni fa ci riuscivi, cosa è cambiato?

Non girano abbastanza soldi. D’altronde lo vedete quali sono le squadre più forti. La Jumbo, la Quick Step, la Lotto. Hanno tutto il meglio, anche quello delle devo team è diventato un piccolo WorldTour. Sono di un altro mondo e i corridori più forti fanno la fila per essere con loro.

Quindi alla fine hai cambiato idea?

Una volta che entri nell’ordine delle idee, non puoi farne a meno. Noi non siamo una devo, lo siamo per metà. Io sono titolare della mia società, loro mi sponsorizzano e abbiamo le stesse bici. Non ci vedono più come una squadra dilettantistica, c’è un rapporto strettissimo. Se abbiamo bisogno di parlare con un loro preparatore, ci mettiamo in contatto. Mi danno i corridori che vogliono, però alla fine la società resta mia.

Andrea Fusaz è cresciuto come preparatore al CTF Lab, ora è una delle colonne della Bahrain Victorious
Andrea Fusaz è cresciuto come preparatore al CTF Lab, ora è una delle colonne della Bahrain Victorious
Qual è il vantaggio?

Siamo cresciuti. Stiamo allargando la base dei preparatori, dei massaggiatori, dei corridori che acquisiscono una mentalità diversa. Sanno che hanno delle possibilità, quindi sono anche più stimolati. Siamo CTF, ma alla fine siamo come una WorldTour, quindi il progetto funziona. Io avevo le mie perplessità all’inizio, ma se non l’avessi provato, non ci sarei mai arrivato.

Che cosa servirebbe per migliorare ancora?

Se avessi più soldi, farei un’attività ancora più importante e terrei più corridori. Ho una schiera di friulani che vorrei prendere, ma non posso per budget e per politica. Il ragionamento del Bahrain è condivisibile: vogliono una base più ampia e internazionale. La mia è più una mentalità italiana, ma quando ti ritrovi dei corridori così forti in Friuli, non puoi non prenderli. 

Daniel Skerl ha vinto quattro corse nel 2023. Qui il Trofeo Alessandro Bolis a marzo
Daniel Skerl ha vinto quattro corse nel 2023. Qui il Trofeo Alessandro Bolis a marzo
E chi li prende? Può essere il ruolo delle piccole squadre U23 che non sono continental?

Per come la vedo io, le squadre dilettantistiche italiane non agganciate a nessuno sono spacciate. Per come è strutturato il ciclismo internazionale, in questo momento non ha nemmeno più senso che esista la categoria under 23. Sarebbe meglio allungare di un anno la categoria juniores e poi passare direttamente alla continental. Ormai chi può fare bene nelle gare internazionali? Solo una squadra strutturata, per cui le squadre più piccole come quelle toscane che attività possono fare?

E allora chi li prende questi corridori friulani?

Due sono andati alla Fior, mentre i 3-4 più importanti hanno già i procuratori. Se ne chiamo uno e gli chiedo di darmi un suo corridore friulano, lui in cambio mi chiede due anni nella continental e poi il contratto WorldTour. Ma come è possibile far firmare un contratto WorldTour, se ancora non si è visto di che corridore parliamo? Secondo me è esagerato quello che attualmente chiedono i procuratori. Bruttomesso è migliorato tanto, finisce le corse a tappe, ma probabilmente neanche lui è pronto per la WorldTour.

Bruttomesso passa alla Bahrain Victorious dal 2024, per Bressan deve crescere ancora molto (photors.it)
Bruttomesso passa alla Bahrain Victorious dal 2024, per Bressan deve crescere ancora molto (photors.it)
Come è andato il 2023?

Abbiamo avuto parecchi problemi, ma è vero che fare il confronto con la squadra di tre anni fa sarebbe difficile. Jonathan Milan faceva la differenza, anche Aleotti. Abbiamo vinto un sacco di gare, però nel 2023 mi sarei aspettato qualcosa di più. Per contro abbiamo trovato Skerl che diventerà un corridore di peso. Il prossimo anno si ricomincia un ciclo. A parte Brian Olivo, Andreaus e Skerl, avremo tutti primi anni.

L’obiettivo è ancora vincere oppure, avendo dietro la WorldTour, si può correre con meno pressione?

E’ cambiato il modo di pensare, perché la Bahrain non ti dà la pressione immensa che prima dovevi mettere ai corridori. Vedono che se fanno qualcosa di buono, hanno lo spiraglio. Nessuno parla di De Cassan, ma correndo con noi, si è ricavato la possibilità di passare professionista, anche se non al Bahrain. Non gli abbiamo mai dato pressione, è arrivato bene nelle gare giuste e ha trovato il suo posto. L’importante è lavorare come Dio comanda, solo facendo così si tirano fuori dei corridori.

Skerl: con Boscolo e Fusaz scopriamo il nuovo talento del CTF

16.03.2023
5 min
Salva

Daniel Skerl in pochi giorni sale a quota tre successi stagionali, il 2023 del ragazzone di Opicina è iniziato con il botto. Il velocista multietnico conferma di essere uno dei profili più interessanti del CTF Friuli. La parabola di Skerl con la squadra friulana parte da molto lontano, con Renzo Boscolo scopriamo tutte le qualità e la storia del velocista diciannovenne

Skerl, a sinistra, ha mosso i primi passi in bici su una mountain bike
Skerl, a sinistra, ha mosso i primi passi in bici su una mountain bike

Neroarancio fin da piccolo

Lo stesso Skerl ci aveva raccontato come fosse entrato nell’orbita del CTF fin da piccolo. Uno dei pochi corridori ad aver fatto tutta la trafila con la squadra di casa. 

«Vero – conferma Boscolo – ha iniziato con noi da esordiente, però correva in mountain bike. Poi solamente da allievo di primo anno abbiamo deciso di fargli provare il ciclismo su strada. Per essere il suo primo anno ha iniziato bene, arrivando a vincere due o tre gare, ma è l’anno successivo che si è davvero consacrato, per quanto sia possibile farlo al secondo anno allievi. Ha vinto ben sette corse, con alcuni arrivi in salita abbastanza impegnativi.

«Da junior è andato al Pordenone, noi del CTF non copriamo la categoria, in quegli anni ha fatto fatica. Una spiegazione che mi sono dato è che ha subito il passaggio di categoria e il fatto di correre in una squadra nuova. Lui appartiene all’ultima generazione che ha corso con il blocco dei rapporti, cosa che potrebbe aver limitato tutta la sua forza. Skerl è un ragazzo molto sensibile ed estremamente intelligente, così anche dopo una parentesi non felice tra gli juniores abbiamo deciso di fargli proseguire il cammino con noi. Anche perché i test continuavano a far vedere grandi cose».

In ordine da sinistra: Daniel Skerl, Manlio Moro e Alberto Bruttomesso prima della Coppa San Geo
In ordine da sinistra: Daniel Skerl, Manlio Moro e Alberto Bruttomesso prima della Coppa San Geo

Primo anno under 23

La scorsa stagione è stata per Skerl la prima da under 23, un salto che ha sentito meno, forse per la serenità che gli dà correre con la maglia del CTF, una seconda pelle per lui. 

«Com’è giusto che sia – riprende Boscolo – il primo anno da under 23, Skerl lo ha corso con l’obiettivo di fare esperienza. Lui sulla carta è un velocista puro, aver corso in appoggio ai compagni più grandi tirando loro le volate gli ha insegnato molto. Devi vedere le dinamiche di corsa in prima persona, così poi quando sarai tu ad essere il capitano saprai esattamente cosa chiedere. Dico che è un velocista puro sulla carta, perché in corsa ha dimostrato di essere polivalente.

«Nel 2022 al Giro di Slovacchia, ha ottenuto due top 10, si tratta di una corsa 2.1. Non di certo una banalità per un ragazzo appena maggiorenne, bisogna dare un peso specifico ai risultati. Le tre vittorie ottenute quest’anno fanno morale, ma per dimostrarsi forte Skerl deve vincere in corse di ben altro livello. Per questo i due piazzamenti al Giro di Slovacchia o quelli al Szeklerland Tour fanno più eco».

Davanti all’hotel di Noto durante il ritiro della nazionale in compagnia sempre di Moro, a sinistra, e Olivo a destra
Davanti all’hotel di Noto durante il ritiro della nazionale in compagnia sempre di Moro, a sinistra, e Olivo a destra

Multidisciplina

Daniel Skerl, come raccontato da Renzo Boscolo, ha iniziato con la mtb, poi è passato alla strada. E’ cosa recente, però, la sua partecipazione al ritiro della nazionale di pista a Noto, quest’inverno.

«Lui – spiega il diesse – ha iniziato a fare pista giovanissimo, ma non gli piaceva. Una volta arrivato da noi lo abbiamo convinto a riprovare ed è stato segnalato a Villa, insieme ad un altro nostro atleta: Olivo. Entrambi hanno partecipato al ritiro di Noto e possono essere due ragazzi di grande futuro in quella specialità. Lo stesso Skerl ha provato a fare anche qualche gara di ciclocross, ha una grande capacità di guida del mezzo e questo fa un’enorme differenza».

«Skerl – aggiunge Fusaz, suo preparatore al CTF – è un velocista puro. Forse gli manca quel picco di potenza massima, ma su sprint da un minuto o due ha una potenza impressionante. Fa una certa fatica ad esprimere al meglio la propria esplosività a breve termine, ma quando deve ripartire da fermo è una forza della natura. Nello sprint va più “duro” degli altri riuscendo ad esprimere una grande velocità con frequenze minori: lui fa a 110 rpm quello che gli altri fanno a 120».

Pista e mtb

A Noto Skerl ha lavorato con i ragazzi della pista, l’ovale per lui è una discreta novità, anche se già con il CTF ha fatto esperienza in qualche gara, come la Sei giorni di Pordenone.

«L’abbiamo segnalato a Bragato – dice Fusaz – e guardando ai suoi valori posso affermare che potrebbe dire la sua nel quartetto, magari come primo uomo. La sua specialità sono le discipline di media durata, ma che richiedono una grande potenza. Ha provato a misurarsi con il chilometro, ma non è esattamente la sua prova, visto che gli manca lo spunto massimo di potenza. Lavoro con lui da quando ha 15 anni, lo allenavo in palestra insieme ai suoi coetanei. Skerl era in grado, con una gamba, di fare esercizi che gli altri non riuscivano a fare con due.

«Con atleti del genere la genetica gioca sicuramente un ruolo importante. Anche l’aver corso in mtb gli ha dato una mano, grazie a questo Daniel è abituato a fare esercizi di durata minore ad un’alta intensità. Nel suo percorso da atleta dovremo essere bravi a trovare il giusto equilibrio tra endurance e sprint, un obiettivo delicato, ma che se ben curato può aiutare a creare un grande corridore».

Skerl: cresciuto tra Colombia, Italia e Slovenia

17.08.2022
5 min
Salva

Al Tour of Szeklerland, in Romania, nella prima delle cinque tappe previste, alle spalle di Dalla Valle, si è piazzato Daniel Skerl. Si tratta di uno dei ragazzi del Cycling Team Friuli, la squadra gestita da Renzo Boscolo fucina di tanti giovani molto promettenti. Daniel è al suo primo anno da under 23, ma è al CTF da ormai tantissimi anni. Nato in territorio di confine, a soli 3 chilometri dalla Slovenia, è un mix di tante culture, a partire dalla sua famiglia: madre colombiana e padre «austro ungarico», come lo definisce lui

Al Tour of Szeklerland Skerl ha indossato la maglia di miglior giovane al termine della prima tappa
Al Tour of Szeklerland Skerl ha indossato la maglia di miglior giovane al termine della prima tappa
Daniel, già nella tua famiglia c’è un bel mix di tante culture!

Già – dice con una risata – con mia mamma colombiana e mio papà italiano per pochi chilometri ho avuto a che fare con diverse culture. Anche se devo ammettere che non è una cosa a cui ho fatto particolarmente caso, anche perché dove vivo io è normale. Certo, con mia mamma colombiana qualche differenza rispetto agli altri c’è, la più grande è nel cibo: mangio tantissimo riso, nei piatti colombiani è ovunque!

Ci ha detto il tuo diesse Boscolo che parli quattro lingue…

Sì, italiano, inglese, spagnolo e sloveno. Lo spagnolo l’ho imparato da mia mamma, mentre l’italiano è la mia lingua madre. Lo sloveno, invece, lo parla la mia famiglia dalla parte di mio padre. Come potrete immaginare il mio cognome (Skerl, ndr) non è italiano, diciamo che dove abito io, a Opicina, è diventata Italia un po’ tardi e di conseguenza metà della mia famiglia è austro-ungarica

Maglia poi passata al compagno Andrea Debiasi che l’ha portata fino al termine della corsa
Maglia poi passata al compagno Andrea Debiasi che l’ha portata fino al termine della corsa
Com’è vivere così vicino ad un altro Paese?

Per me normale, mi alleno spesso in Slovenia, mi piacciono parecchio le strade e la loro pace e tranquillità. Sono molto meno trafficate e ricche di sali e scendi, molto utili per spingere tanto e migliorare nella resistenza. Non ci penso mai al discorso del confine, per me è come se non ci fosse, mi sembra di essere sempre all’interno della stessa Nazione. 

Che scuole hai frequentato?

Fino alle medie ho fatto scuole bilingue, Ora sto facendo l’istituto tecnico e meccatronico a Trieste.

Che città è Trieste?

Differisce dalle normali città italiane, è molto diversa anche rispetto alle altre città vicine come Verona per esempio. Nell’architettura ha lo stile del Nord-Est europeo, è davvero la definizione di multiculturalità, è la sua caratteristica più affascinante.

Ecco Daniel (a sinistra) sul podio della prima tappa
Ecco Daniel (a sinistra) sul podio della prima tappa
Da quanto tempo sei al CTF?

Ho iniziato a correre con loro da G5, poi ho fatto due anni (2014 e 2015, ndr) all’UC Pordenone. Dal 2016 sono fisso con loro e con il CTF Lab, mi hanno sempre seguito bene, sono davvero soddisfatto di come sono andate le cose. Alla fine, anche nei due anni all’UC Pordenone mi hanno sempre monitorato ed osservato

Come hai fatto ad arrivare così presto?

Dovete sapere che il Cycling Team Friuli ha tutte le categorie. Io correvo in una piccola squadra delle mie parti che poi ha chiuso. Renzo Boscolo conosceva il diesse di questo team e così mi ha portato da lui. 

Entrare così giovane in una squadra come il CTF ti aiuta a crescere meglio, magari ponendoti degli obiettivi?

Avere un riferimento è importante e molto bello. Posso dire di aver conosciuto ed aver pedalato con i ragazzi che sono usciti dal CTF e che ora sono tra i professionisti, come Aleotti e i fratelli Bais. Guardare a loro mi ha sempre spronato a fare meglio, ti alleni pensando che sei in una squadra che ti permette di poter entrare nel mondo dei professionisti, ne hai gli esempi concreti davanti ai tuoi occhi.

Che cosa pensi del tuo primo anno tra gli under 23?

Sono contento, pensavo di avere qualche difficoltà in più, invece sono riuscito ad ottenere buoni piazzamenti. Prima alla Vicenza-Bionde e poi anche in Romania, una corsa 2.2, quindi con un livello un po’ più alto.  

Hai corso anche alla Adriatica Ionica Race, che differenze hai trovato rispetto alla Romania?

L’AIR è dura, ma ho capito molto del ciclismo dei grandi e mi ha aiutato a capire cosa mi aspetta in futuro. Arrivavano corridori appena usciti dal Giro d’Italia e la differenza nelle gambe si vedeva eccome. Ecco, una corsa come l’AIR ti permette di crescere e capire il ciclismo dei grandi, invece, il Tour of Szeklerland è una gara perfetta per aumentare di consapevolezza.

Skerl è entrato in pianta stabile al CTF dal 2016, per lui un lungo percorso di crescita e maturazione
Skerl è entrato in pianta stabile al CTF dal 2016, per lui un lungo percorso di crescita e maturazione
Spiegaci bene…

Fare gare come questa in Romania ti permette di crescere e maturare dal punto di vista della gestione della corsa. Il livello non è troppo elevato, essendo una 2.2, di conseguenza squadre come la nostra riescono a prendere in mano la corsa ed impongono il proprio ritmo. Nelle gare come l’AIR sei in balia di quello che succede, sono due tipi di crescita differenti.

Che tipo di corridore sei?

Penso di essere un corridore abbastanza veloce, con una buona resistenza in salita. Ma su quest’ultimo punto devo e voglio migliorare, anche per ampliare il bacino di gare alle quali posso ambire. Sono alto un metro e 77 per  74 chili, quindi abbastanza piazzato, non ho paura di fare a spallate in volata.