Aleotti, raccontaci del Sibiu Tour e della Romania

10.07.2022
5 min
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Mentre sulle strade del Tour de France, tra un colpo di fioretto ed uno di spada, si chiudeva una prima settimana infuocata, il mondo del ciclismo non si è fermato. A 2.000 chilometri da Parigi, in Romania, nella regione di Sibiu è andata in scena l’omonima corsa a tappe: il Sibiu Tour. Vinto, per il secondo anno di fila da Giovanni Aleotti (foto di apertura di Tiberiu Hila). 

Per il corridore della Bora-Hansgrohe si trattava del ritorno alle corse dopo i campionati italiani, mentre subito prima aveva partecipato al Giro d’Italia vinto dal suo capitano Jai Hindley. Da Giovanni ci facciamo raccontare qualcosa di questa corsa, di cui tutti parlano bene, ma che conosciamo poco…

Giovanni Aleotti in azione nel prologo di apertura del Sibiu Tour (foto Max Schuz)
Giovanni Aleotti in azione nel prologo di apertura del Sibiu Tour (foto Max Schuz)

Storia breve ma intensa

Il Sibiu Cycling Tour esiste da 12 anni e nonostante la sua giovane età vanta un palmares invidiabile. Sul gradino più alto del podio della città di Sibiu, nella regione della Transilvania, sono saliti ben 5 volte dei corridori italiani (Marchetti, Rebellin, Finetto e due volte Aleotti). Inframezzati dalla doppietta colombiana con Bernal nel 2017 e Sosa nel 2018.

«E’ una corsa in crescita, davvero molto in crescita – racconta Aleotti – basta vedere anche la posizione che occupa nel calendario. E’ nello stesso periodo del Tour de France, ma essendo l’unica alternativa, per forza di cose le squadre WorldTour mandano qui i propri corridori, per non farli rimanere fermi. Il Sibiu Tour è una corsa organizzata molto bene, lo era anche quando ho vinto lo scorso anno, anche se devo riconoscere che il livello era un pochino più basso».

Si sale e non poco

Il Sibiu Tour è una corsa a tappe breve, sono 3 giorni di corsa con 4 tappe, l’ultimo giorno si affrontano due frazioni: una cronoscalata ed una tappa breve. Nel guardare il profilo delle tappe si nota che in questa regione le salite, non mancano, anzi…

«Rispetto al 2021 – riprende a raccontare Giovanni pescando nella memoria – le strade erano più o meno quelle, la salita finale della seconda tappa (Balea Lac, ndr) l’avevamo fatta anche lo scorso anno. E’ la loro salita di riferimento, come se fossero le nostre Dolomiti, anche se ben diversa. Innanzitutto si parte da molto più in basso, e di conseguenza è una salita lunga, ben 23 chilometri e si arriva a quota 2000 metri. La pendenza è molto regolare, adatta alle mie caratteristiche, infatti l’anno scorso ero arrivato secondo, mentre quest’anno ho vinto.

«Nella prima parte si passa in un bosco molto fitto con la strada che fa poche curve. Nella seconda la vegetazione si dirada e iniziano i tornanti, più o meno a 6 chilometri dalla vetta. Lì la pendenza un po’ rinforza. Ammetto che mi ricordavo questa cosa e l’ho usata a mio favore per sferrare l’attacco giusto (conclude con una risata maliziosa il giovane corridore emiliano, ndr). La strada è particolare, sempre larga e molto bella».

Il pubblico ha accolto calorosamente i corridori nonostante si sia corso in settimana (foto Max Schuz)
Il pubblico ha accolto calorosamente i corridori nonostante si sia corso in settimana (foto Max Schuz)

Un bel pubblico

La risposta del pubblico è sempre un sintomo di quanto una corsa sia sentita, basti vedere la cornice che ha accompagnato la Grande Boucle nei giorni in Danimarca e non solo.

«Devo ammettere che la corsa era davvero seguita – dice Giovanni – il pubblico sulle strade era numeroso, nonostante corressimo in settimana. Poi, quando tornavamo negli hotel il personale aveva seguito la gara in televisione e ci faceva i complimenti e capitava di scambiarci qualche battuta. Anche dal punto di vista degli alloggi l’organizzazione ha fatto un lavoro eccellente. Alla Bora, ma come anche altre squadre, nelle gare importanti abbiamo sempre dietro il camion cucina, questa volta non lo avevamo. Però l’organizzazione ha fatto trovare a tutti gli hotel una lista degli alimenti da comprare. Così avevamo tutto il necessario: pasta, riso, pollo, pesce, verdure».

Sibiu è stata fondata nel 1190 da coloni di origine tedesca, per questo la sua architettura ricorda quella tedesca (foto Tiberiu Hila)
Sibiu è stata fondata nel 1190 da coloni di origine tedesca, per questo la sua architettura ricorda quella tedesca (foto Tiberiu Hila)

Un felice ritorno

Dopo un anno Aleotti è tornato dove ha ottenuto la sua prima vittoria da professionista. Ritornare su quelle strade ha significato fare un passo indietro nella memoria con lo sguardo però rivolto in avanti.

«Devo ammettere – racconta infine – che quando mi hanno detto che sarei tornato al Sibiu Tour mi ha fatto piacere. Ero contento perché sono legato a questo luogo, dove ho il ricordo della mia prima vittoria tra i professionisti. Ma anche la città di Sibiu mi è rimasta impressa nella memoria. Il centro della città è bellissimo, ricorda in parte l’architettura tedesca, in più le zone intorno, dove si svolge la corsa, sono bellissime, sono ricche di montagne, di salite e di grandi distese verdi».