Finita la stagione agonistica, per i team professionistici è tempo di fare bilanci. Ma non solo. E’ proprio in questo periodo, con la chiusura del serratissimo programma di gare, che le squadre possono concedersi del tempo da dedicare ai propri sponsor. Come recentemente accaduto al team Androni GiocattoliSidermecche – al gran completo – ha visitato la sede di Bottecchia.
Cinque anni di grande collaborazione
Per l’Androni Giocattoli, anche il 2021, come d’altronde anche le stagioni precedenti, è andato in archivio caratterizzandosi come un anno ricco di soddisfazioni dal punto di vista dei risultati sportivi. E proprio in occasione di questa visita, il team ha consegnato all’azienda veneta (che fornisce le biciclette) le maglie simbolo dei successi di questa annata prolifica.
Alexander Cepeda ha così avuto modo di consegnare personalmente a Diego Turato, l’Amministratore Delegato di Bottecchia, la maglia di campione nazionale dell’Ecuador. Mentre Marco Turato, responsabile commerciale Italia, direttamente da Gianni Savio e Marco Bellini, ha ricevuto lamaglia di campione nazionale dell’Ucraina, conquistata quest’anno dal giovane talento Andrii Ponomar.
Alla scoperta del Reparto Corse
«Con Bottecchia – ha affermato Gianni Savio – è sempre esistito un rapporto ottimale, una relazione che trascende il professionale ed entra nel personale. E’ un’amicizia nata e continuata con Diego Turato, Marco Turato e Marco Sguotti. Abbiamo ottenuto grandi soddisfazioni in questi cinque anni: abbiamo vinto classiche in Italia e all’estero. E poi anche tappe del Giro d’Italia, indossando fieramente sul petto lo scudetto tricolore che ci ha riconosciuto come Campioni d’Italia a squadre».
L’incontro ha inoltre fornito alla squadra l’occasione ideale per visitare il cuore dell’azienda, il Reparto Corse. Luogo dove nascono e vengono sviluppate le Emme4Squadra e le Aerospace. Bici che negli ultimi anni hanno accompagnato la squadra alla vittoria di classiche, tappe al Giro d’Italia ed alla conquista dello scudetto tricolore di Campioni d’Italia. Senza dimenticare atleti quali Ballerini, Vendrame, Masnada, Cattaneo, Sosa e Bernal. Corridori transitati dall’Androni Giocattoli, su bici Bottecchia, e oggi protagonisti sulla scena del ciclismo mondiale.
Umba è un altro esponente della nuova guardia che graffia. Neanche 19 anni e già ha vinto tra i pro'. Chi è ce lo raccontano Bisolti, Ravanelli, Bais (ed Elena)
Per il decollo nel 2022 della nuova Drone Hopper manca poco. Serve l’ok dalla torre di controllo dell’Uci per il rilascio definitivo della licenza, dopo di che la flotta del “comandante” Gianni Savio sarà pronta a volare nella nuova stagione.
«Si tratta di questioni burocratiche-amministrative – ci spiega al telefono il general manager piemontese col suo solito modo preciso di esporre la situazione – che regolarizzeremo in questi giorni. E’ un proforma dato che il nostro nuovo title sponsor è una start-up e quindi partendo adesso non ha bilanci precedenti da mostrare agli organi competenti dell’Unione Ciclistica Internazionale. Lo avevamo già segnalato quando avevamo firmato il contratto pluriennale, ma abbiamo prodotto l’ulteriore documentazione necessaria. Servirà un po’ più di tempo ma siamo fiduciosi».
L’azienda spagnola (con sede a Leganes, città dell’area metropolitana di Madrid) si è legata con la società di Savio fino al 2025. La squadra si chiamerà Drone Hopper-Androni Giocattoli, con Sidermec che resterà come terzo marchio.
Gianni, timore che non arrivino buone notizie?
No, siamo tranquilli. Abbiamo in mano un contratto di quattro stagioni con questa società che per il 2022 ha commesse lavorative già fissate per 80 milioni di euro. Hanno costruito uno stabilimento da zero nell’hinterland di Madrid presso cui siamo stati in estate per definire l’accordo. Considerate che la loro vera attività inizia con noi. E la sensazione mia è che faremo molto bene.
L’ambizione è sempre quella di arrivare al WorldTour o nel frattempo è cambiato qualcosa nell’accordo con loro?
No, restano i programmi iniziali. Ovvero un investimento adeguato per un team professional come il nostro per le prime due stagioni. Poi nel 2024 e 2025 potrebbe esserci la possibilità di aumentare il budget fino ad arrivare alla categoria più alta, anche in base ai risultati. Il loro progetto è quello del WorldTour ma, contrariamente ad uno sponsor che “vola”, io resto con i piedi per terra, come sempre. Lo dico per esperienza, soprattutto dopo il caso col Governo del Venezuela. Il ciclismo ora come ora è in continua evoluzione, inutile sbilanciarsi troppo.
Con l’ingresso di questo nuovo sponsor spagnolo avete nuovi obiettivi? Ad esempio, dopo un primo di assestamento, potreste avere la wild card per fare la Vuelta nel 2023?
Sostanzialmente non cambia nulla per noi. Saremo coerenti con la nostra solita filosofia, cercando di mettere in mostra i nostri migliori talenti. Oltre che andare a caccia di vittorie. Innanzitutto speriamo di essere invitati al prossimo Giro d’Italia. Poi non credo che verremo mai invitati alla Vuelta fra due anni, anche perché attualmente non abbiamo una squadra che possa supportare l’impegno che richiedono due grandi Giri in una annata.
A proposito di Giro, siete arrivati secondi nella Ciclismo Cup dietro la UAE Team Emirates e davanti alla Trek-Segafredo, due team WorldTour. E’ un buon segnale per ricevere la wild card.
Sì, ma non basta. Se fosse rimasto il vecchio regolamento avremmo avuto la partecipazione alla prossima corsa rosa di diritto. Da cinque anni a questa parte siamo sempre stati la prima professional in questa challenge. Siamo fiduciosi comunque di disputare il Giro 2022.
E’ stata una buona stagione quella appena conclusa. Dodici vittorie e tanti ragazzi che si sono fatti conoscere meglio.
Sono molto soddisfatto del 2021. E tenete conto che stavamo finendo l’annata con otto corridori indisponibili, che poi sono diventati dieci con gli incidenti di Chirico e Ravanelli, investiti in allenamento da un automobilista prima della Veneto Classic. Per fortuna stanno bene. Rinnovo quindi i complimenti a tutta la squadra per i risultati ottenuti. E ringrazio anche tutti i nostri sponsor.
Ad oggi, ufficialmente, il roster per l’anno prossimo conta solo dodici corridori, compresi i nuovi arrivi di Grosu, Marengo e del neoprof Gabriele Benedetti (campione italiano U23, ndr). Manca qualcuno, giusto?
Assolutamente sì. Saremo una ventina. Arriveranno due giovani colombiani interessanti che annunceremo a breve. Abbiamo rinnovato Bais, Ravanelli, Sepulveda, Munoz, Bisolti e Chirico, che probabilmente non sono nella lista che avete in mano voi. Gli altri confermati sono Ponomar, Umba, Marchiori, Cepeda, Restrepo, Vigo, Tagliani e Tesfatsion. Abbiamo invece rescisso da poco il contratto con Jerman. Potremmo aggiungere ancora un paio di tessere nel nostro mosaico.
Umba (di spalle) ringrazia Ravanelli dopo la vittoria a la Planche des Belles Filles
Mattia Bais interpete di due stagioni (2020-2021) facendo esperienza
Ponomar è uno dei giovani su cui rifondare la squadra dopo un bel Giro
Il trionfo di Cepeda sul Galibier, ad oltre 2.600 metri di quota
Chi saranno i protagonisti del vostro 2022?
Beh, spero tutti naturalmente. Ci sono tanti nostri ragazzi che potranno fare bene, anzi meglio. Se proprio devo fare due nomi faccio quelli di Andrii Ponomar e Santiago Umba. Entrambi, ricordiamolo, sono del 2002 e sono stati sfortunati al Tour de l’Avenir, dove sono caduti. Quest’anno il primo ha terminato il Giro d’Italia a metà della generale, sapendosi ben gestire. Il secondo invece, che ha vinto due gare in Francia, di cui una in cima a La Planche des Belles Filles (al Tour de Alsace, ndr), si metterà alla prova, se dovessimo farlo, nella corsa rosa. Tutti e due fanno un ulteriore salto di qualità.
Gianni, quando inizierà quindi la nuova era della Drone Hopper-Androni Giocattoli?
A novembre faremo il raduno in Italia, stiamo decidendo fra tre località. Avremo una nuova maglia, disegnata sempre da Rosti. Salice ci fornirà sempre casco e occhiali. Invece cambieremo le bici. Dopo cinque anni assieme a Bottecchia, abbiamo deciso di comune accordo di non proseguire. restando comunque in ottimi rapporti
Ravanelli è stato il miglior italiano al Tour of the Alps. In crescita di condizione, spera in una convocazione al Giro. E intanto fa il punto sugli italiani "desaparecido"
Non è facile farsi sei ore di bici con la febbre. Specialmente se arrivi da un buon momento di forma e dalla tua prima vittoria da professionista.
Leonardo Marchiori infatti l’ha centrata lo scorso 24 settembre nella quinta tappa del Tour de Bretagne e quando lo chiamiamo per saperne di più, il ventitreenne della Androni Giocattoli-Sidermec ha finito da poco la prima frazione di 237 km della Cro Race (gara a tappe croata dal 28 settembre al 3 ottobre) con qualche difficoltà. «Oggi è stata dura perché ho qualche linea di febbre. Ho dovuto portare la bici all’arrivo ma sono riuscito a stare in gruppo e spero di recuperare energie in fretta per fare qualcosa prima della fine».
Ad inizio 2021 attorno al velocista veneziano c’era curiosità per il suo passaggio tra i big dopo aver fatto un buonissimo apprendistato tra i dilettanti e nel resto delle categorie giovanili: due vittorie l’anno scorso con la Ntt Continental U23, sei totali con la Zalf nei precedenti due, undici nelle due stagioni da junior nella Borgo Molino Rinascita Ormelle e ancora una ventina tra allievi ed esordienti.
E così mentre Marchiori è sul pullman della squadra, torniamo sul suo successo in Francia (nella foto d’apertura) cercando anche di farci raccontare qualcosa di lui.
Leonardo Marchiori è nato a Mirano (VE) il 13 giugno 1998. Dalle categorie giovanili a oggi ha totalizzato una quarantina di successiLeonardo Marchiori è nato a Mirano (VE) il 13 giugno 1998. Dalle categorie giovanili a oggi ha totalizzato una quarantina di successi
Leonardo che effetto fa vincere tra i professionisti?
É davvero una gran bella sensazione. Ho realizzato un altro sogno. Il primo era quello di correre in questa categoria. Il secondo era vincere. Viste le ultime sventure personali, mi sono preso una piccola rivincita.
Questa vittoria è stata oscurata dalla settimana iridata
Lo so ma l’importante era vincere. Spero di ottenerne un’altra prendendomi un po’ più di visibilità.
Ce la racconti? Com’è andata?
In Bretagna come sapete anche voi non esiste pianura. Si corre su stradine strette, tutti su e giù, con salite brevi ma dure. Alla fine c’è sempre tanto dislivello. Durante le prime quattro tappe era sempre arrivata la fuga e quel giorno (si disputava la Chateaubriant-Boisgervilly di 217 km, ndr) ci ho provato anch’io ad andarci con altri venti corridori. Ma non c’era collaborazione, dopo poco ci hanno ripreso ed è subito ripartita una nuova fuga di altri venti. Sono arrivati fino a 5′ di vantaggio, mi sono messo a ruota col cuore in pace sapendo che i due giorni successivi non sarebbero stati adatti a me.
Nel 2020 Marchiori si è guadagnato l’azzurro agli Europei U23, ma si è dovuto ritirareNel 2020 Marchiori si è guadagnato l’azzurro agli Europei U23, ma si è dovuto ritirare
Invece?
Si è messa a tirare la Riwal Cycling Team che aveva il suo leader attardato (l’olandese Nick Van der Lijke poi quinto nella generale, ndr). Hanno ricucito il gap e a 5 km dal traguardo mi sono detto «sono stato a ruota tutto il giorno, non posso farmi sfuggire l’occasione».
Lo sprint come lo hai affrontato?
Mi ha fatto il treno Cristian Rocchetta (stagista della General Store, ndr) che ha le mie stesse caratteristiche, però è partito forte Aron Gate (della Black Spoke, ndr) che è un grande pistard neozelandese con medaglie olimpiche e mondiali e che sa come si lancia una volata. Ho preso la sua scia e sono riuscito a passarlo prima della linea.
Anche in corse minori non è facile vincere
No, assolutamente. Il livello si è alzato tantissimo. Molte squadre Professional come la nostra fanno un calendario dove ci sono tanti team Continental U23 delle World Tour nelle quali corrono tanti giovani che magari sulle gambe hanno 15/20 giorni di corsa in gare fatte con la prima squadra. La differenza si vede in alcuni casi.
Quest’anno tu hai corso piuttosto poco. Perché?
Praticamente ho avuto a che fare col covid prima lo scorso autunno e poi questa primavera durante il Giro di Ungheria. I miei programmi si sono complicati ulteriormente quando sono rientrato ad agosto e sono caduto al Tour de Poitou-Charentes. Un paio di costole rotte. Mi sono ritirato dopo quattro tappe. Altri dieci giorni di riposo assoluto. Ora spero di non avere altri intoppi.
Anche il prossimo anno Marchiori resterà all’Androni puntando a crescere ancora non solo come sprinter da volate di gruppoAnche il prossimo anno Marchiori resterà all’Androni puntando a crescere ancora non solo come sprinter da volate di gruppo
Il tuo finale di stagione che cosa prevede?
Finirò questa gara in Croazia, poi Gran Piemonte, Giro del Veneto e Veneto Classic. A quest’ultima ci tengo particolarmente. Un po’ perché è adatta alle mie caratteristiche e un po’ perché parte da Venezia e passa davanti a casa mia a Mestre.
Quali sono le tue caratteristiche?
Mi definisco velocista moderno. Ovvero uno sprinter che sa tenere su salite brevi o strappi secchi, anche perché ormai il velocista puro non esiste più.
Per il 2022 cosa ti aspetti?
Sarò ancora in Androni (che diventerà Drone Hopper, ndr) in cui mi trovo benissimo e che credo di aver un po’ sorpreso con la vittoria in Bretagna. Vorrei avere più costanza di rendimento, alzando anche il livello delle gare da disputare. Magari fare una prima parte di stagione per cercare risultati e morale, poi provare a confrontarmi con i velocisti più forti per proseguire la mia crescita graduale.
Dopo tanti secondi posti, ecco finalmente la prima vittoria di tappa di Nizzolo al Giro d'Italia. Uno sprint lungo e inatteso. Grande contributo del team
Nel comunicato stampa che ha certificato il suo passaggio dall’Androni-Sidermec alla Trek-Segafredo, Simon Pellaud viene definito “globertrotter”, letteralmente giramondo. Ma da noi questo termine indica anche quei corrieri che vediamo sfrecciare con i loro camioncini dappertutto. Coloro che lavorano a testa bassa, che corrono, che non mollano mai e qualche volta sono anche un po’ naif nei loro modi di guidare e fare le consegne… Ed è una bella “foto” di questo spumeggiante svizzero-colombiano.
Pellaud è passato pro’ nel 2015 alla Iam…Pellaud è passato pro’ nel 2015 alla Iam…
Corridore furbo
Simon non è un ragazzino, ha 29 anni. Aveva già assaggiato il WorldTour ai tempi della Iam, poi alcune vicissitudini lo avevano un po’ imbrigliato. Era finito in una squadra più piccola (la Illuminate), salvo tornare un anno alla Iam. Ma due anni fa, era l’inverno del 2020, eccolo arrivare alla corte di Gianni Savio.
«Simon Pellaud – ci disse al via sotto i quasi 50° della prima tappa della Vuelta a San Juan lo stesso team manager – ricordatevi questo nome…». E infatti eccolo mettersi in mostra ben presto. Lo abbiamo imparato a conoscere al Giro dello scorso anno. Sempre in fuga. Era scaltro, spigliato e molto realista. Prendeva quello che c’era da prendere. «Non posso vincere la tappa? Però qui ci sono due traguardi volanti, un Gpm, il premio della combattività…».
E alla fine questo suo atteggiamento lo ha portato ad essere uno dei pochissimi corridori di squadre non WorldTour a salire sul podio finale di Milano: fu il re dei traguardi volanti nel 2020 e il più combattivo quest’anno.
Quest’anno ha preso parte al Giro di Romandia e di Svizzera con la nazionale svizzera, eccolo in prima posizione (foto de Waele)Quest’anno ha preso parte al Giro di Romandia e di Svizzera con la nazionale svizzera, eccolo in prima posizione (foto de Waele)
Ossessione WorldTour
Pellaud ha firmato un contratto biennale (2022-2023) con la Trek-Segafredo. Giusto o sbagliato, il WorldTour è l’obiettivo di tutti i corridori: più soldi, partecipazione a gare più importanti, possibilità di disporre spesso di tecnici (nutrizionisti, biomeccanici, psicologi, preparatori…) di primo livello. In generale si hanno più certezze. In un’intervista lui stesso ci confidò: «I miei compagni mi dicono: ma come fai a non essere un corridore da WorldTour?».
E alla fine ce l’ha fatta. Anche meritatamente. Fughe, allunghi, scatti… ma anche tanta gamba. Per stare fuori tutti quei chilometri, attaccare in discesa e in salita, devi comunque mostrare doti atletiche importanti. Le stesse che portano la sua nazionale a convocarlo spesso. «Sono super orgoglioso di entrare a far parte della famiglia Trek-Segafredo – ha detto Pellaud – Mi sento come un neoprofessionista che torna nel WorldTour dopo un paio di anni passati a prepararmi per questo grande momento».
Sulle strade d’Italia, ma non solo, Pellaud ha raccolto molti fansSulle strade d’Italia, ma non solo, Pellaud ha raccolto molti fans
Ultimi scampoli di libertà?
In questi giorni Pellaud si trova nella sua seconda patria: la Colombia. E’ laggiù, ad oltre 2.000 metri di quota della zona di Medellin, che sta preparando il suo finale di stagione. La professionalità non manca. Ha ringraziato a lungo l’Androni e Savio per l’opportunità offertagli. E siamo certi che nelle ultime gare correrà ancora di più con il coltello tra i denti: con più serenità per il contratto messo in tasca, ma anche con la consapevolezza che saranno gli ultimi scampoli da “pirata” del gruppo. Cioè di attaccante libero.
«La Trek è stata una squadra che ho sempre sognato – ha ripreso Pellaud- So di aver raggiunto la maturità. Potrò essere un gregario nel WorldTour. Non vedo l’ora di dare il 100% delle mie capacità, del mio impegno e della mia personalità al Team. Sento che è la situazione perfetta per me, perché in questa squadra c’è un’ottima atmosfera. Quando ho parlato con Guercilena sono “andato all-in” (o tutto o niente, ndr)».
Giro 2021, tappa di Canale: Pellaud è l’ultimo ad arrendersi a Van der HoornGiro 2021, tappa di Canale: Pellaud è l’ultimo ad arrendersi a Van der Hoorn
Aiutare ma…
«Simon ha guadagnato spazio e visibilità con grinta e abnegazione – ha detto proprio Guercilena – la stessa che ci aspettiamo da lui nelle prossime stagioni. Può essere un valore aggiunto immediato per il team. Sarà un elemento prezioso al fianco dei capitani, ma di certo non vogliamo che perda il suo spirito aggressivo. L’obiettivo comune è valorizzare le sue qualità per il bene della squadra».
E su quest’ultima frase del team manager milanese Pellaud può riflettere. Se non fosse un semplice gregario? Se Simon fiuterà qualche possibilità se la saprà giocare. E lo saprà fare a modo suo. Nel rispetto dei compagni, con il pragmatismo svizzero e il cuore sudamericano.Di certo Pellaud alla Trek è un bell’esperimento. E’ come domare un cavallo selvaggio. E non vediamo l’ora di vedere sul campo ciò che succederà.
Ciccone riparte dal ritiro spagnolo della Trek-Segafredo. Programma ricchissimo per lui. Il Giro. Poi la Vuelta da capitano. Si comincia a fare sul serio
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Santiago Umba, ennesimo volto di un ciclismo professionistico sempre più giovane. Anzi, giovanissimo. Il colombiano dell’Androni Giocattoli-Sidermec non ha ancora 19 anni, li compirà a novembre. In Alsazia ha colto già la sua prima vittoria da pro’ e lo ha fatto su una salita che è un simbolo del ciclismo e tra l’altro molto cara a noi italiani: la Planche des Belles Filles.
Ragazzo serio, educato (questa potrebbe essere la “parola d’ordine” di Umba) e chiaramente molto forte. Di lui ci parlano i suoi compagni. Coloro che lo vedono in gruppo e fuori.
Umba vince a la Planche des Belles FillesUmba vince a la Planche des Belles Filles
Non solo scalatore
«Certe volte ti fa sembrare facili delle cose che facili non sono – dice il più esperto Alessandro Bisolti – Tu sei a tutta e lui a fianco a te “tira una sassata” e va via. Non sto qui a parlare di watt, numeri e valori, non spetta a me, ma per avere 18 anni corre davvero bene. Nei momenti decisivi c’è sempre. E poi sì, va forte in salita, ma è anche veloce. Su strappi e salite corte forse va anche più forte che sulle lunghe scalate. E questo va molto bene pensando al ciclismo moderno».
Bisolti lo vede in gruppo. Parla di un ragazzo che non ha paura a buttarsi dentro nella bagarre e non è poco alla sua età.
«Okay, il ciclismo è cambiato – a Livigno ho visto addirittura degli allievi fare altura – ma io quando avevo 18 anni ero a fare la corsa del campanile a Brescia e lui vince alla Planche. Ma quello che più mi piace di Umba è com’è fuori dalla bici – riprende Bisolti – In 12 anni di professionismo ne ho visti di corridori, ma Santiago ti porta a sputare l’anima per lui. Quando sono tornato a casa l’ho detto a mia moglie Sara: Umba è di una gentilezza e di un’educazione incredibili. Impossibile non aiutarlo al massimo. Nell’ultima tappa è caduto e noi lo abbiamo aspettato. Era tutto rotto e a fine tappa ci ha detto: scusatemi che vi ho fatto faticare. Oppure quando era in testa alla classifica: potete tirare? Non l’ho mai visto lamentarsi di nulla: delle trasferte troppo lunghe, della bici, del cibo che soprattutto quando vai in Francia non è mai super».
Bisolti (a destra) al fianco di Umba al Tour d’AlsaceBisolti (a destra) al fianco di Umba al Tour d’Alsace
Giovane ma motivato
Con Bisolti, il più esperto dei compagni ci dilunghiamo. Alessandro ha l’occhio lungo. Il bresciano non è da molto all’Androni e non ha poi così confidenza con i sudamericani. Essendo stato alla Nippo-Fantini ha più dimestichezza con russi ed asiatici e allora ecco che l’unico paragone calzante è quello con Sosa.
«Santiago però è più completo: in pianura va più forte. Se mantiene queste caratteristiche fisiche e questo carattere potrà fare molto bene. E poi è un ragazzo che ascolta. Tu gli parli e vedi proprio che elabora ciò che gli stai dicendo. E lo mette in pratica.
«Ha una grande motivazione. Qualche sera fa si parlava dello stare lontano da casa. Io gli ho detto che non so se sarei in grado di stare tre mesi di seguito senza la famiglia, con moglie e bimbe. Lui mi ha risposto: ma a me, Alessandro, piace correre!».
Umba (di spalle) ringrazia Ravanelli dopo la vittoria a la Planche des Belles FillesUmba (di spalle) ringrazia Ravanelli dopo la vittoria a la Planche des Belles Filles
Faccia da bimbo, gambe da campione
Un altro di coloro che più è stato vicino ad Umba in questa sua prima stagione europea è Simone Ravanelli. Anche Ravanelli parla di un ragazzo che ringrazia sempre, che è educato
«Umba è un colombiano atipico – spiega Simone – non è uno dei tipici sudamericani “pieni di vita”, ma è più tranquillo e introverso. La prima volta che l’ho visto è stata quest’inverno in ritiro ad Alassio. Mi ha colpito la sua faccia da bambino. Si vedeva che aveva 18 anni. Per esempio abbiamo in squadra anche Ponomar che ha 18 anni, ma lui è un uomo. Santi è un “bimbo”! Me ne parlarono Malucelli e Tagliani che lo avevano visto qualche settimana prima in quanto avevano corso con lui la Vuelta al Tachira. Mi avevano detto che pedalava bene, molto bene».
E’ molto interessante poi il giudizio tecnico di Ravanelli. E qui si scopre un Umba che deve ancora lavorare un po’ per quel che riguarda la tattica. Perché se è vero quel che dice Bisolti, cioè che non ha paura a buttarsi nella mischia, è anche vero che deve farlo meglio.
«Per me – dice Ravanelli – deve prendere un po’ più confidenza in gruppo. Per esempio, in Alsazia è caduto due volte nell’ultima tappa. E poi sta spesso dietro. E’ una questione anche di mentalità. Tu lo porti avanti, ma fa fatica a restarci. Era successo anche alla Coppi e Bartali che cadesse quando era nelle prime posizioni. Però di buono è che ascolta i consigli. E poi è sì giovane e con la faccia da bimbo, ma fisicamente è abbastanza maturo. Guardate le sue gambe: sono messe bene. E ha comunque margine di crescita. In più non ha eccessi. Fa la “vita giusta”, ma senza esagerare come per esempio nell’alimentazione».
Umba sui rulli in quota a GressoneyUmba sui rulli in quota a Gressoney
Esplosività e sterrati
E di margini, di educazione e voglia di fare ci parlano anche Mattia Bais e il diesse Giovanni Ellena, con il quale Umba è in quota a Gressoney in questi giorni.
«Umba – dice Bais – è un ragazzo tranquillo. E’ simpatico ed amichevole. La cosa che mi ha colpito del suo profilo da ciclista è che è molto forte in salita, ma al tempo stesso è anche esplosivo. È ancora parecchio giovane ma sta già dimostrando tanto».
Chi sta lavorando per limare quei margini e per farlo crescere nel migliore dei modi è Giovanni Ellena, tecnico bravissimo e dalla sensibilità sopraffina. Giovanni lo sta seguendo in montagna. E a volte gli stimoli passano anche attraverso piccole “variazioni di programma”, magari facendo di necessità virtù. I ragazzi escono in allenamento. Fanno i loro chilometri, le loro uscite e poi per tornare in hotel devono prendere un impianto di risalita. Che però non li porta precisamente a destinazione. Con lo zaino in spalla e le scarpe da ginnastica risalgono il tratto finale… in bici.
«E’ un tratto ripidissimo – dice Ellena – l’hotel è a quota 2.450 metri. La funivia parte da 1.700 metri e arriva a quota 2.350. Quindi si fanno gli ultimi 100 metri di dislivello in bici su strada sterrata».
Giovanni Ellena è il diesse della Androni Giocattoli-Sidermec e ci racconta in che modo la squadra sia passata dall'esclusione al ripescaggio per il Giro
E’ tempo di rivoluzione ed evoluzione in casa Salice, l’azienda comasca fondata nel 1919 a Musso, estremità Nord-Ovest del territorio lariano, a pochi passi da Domaso. Inizialmente lanciata nella produzione di occhiali, prima per la protezione sul lavoro e poi per la vita di tutti i giorni, Salice è entrata nel mondo dello sport, dapprima nel motociclismo e negli sport invernali, poi ha iniziato la produzione di accessori legati al ciclismo.
La parte posteriore del Levante 100 mostra il fit system con luce di posizioneLa parte posteriore del Levante 100 mostra il fit system con luce di posizione
Levante 100
Salice ha costruito un rapporto duraturo e solido con il team Androni Giocattoli-Sidermec, portando innovazione e studio dei materiali tutto made in Italy. Per festeggiare i suoi cent’anni, l’azienda ha rinnovato il look del modello Levante, uno dei più amati da tutti gli appassionati. La grafica del tricolore si fa più aggressiva. Il nome del nuovo casco marchiato Salice è Levante 100, disponibile in tutte le taglie.
Iniziamo da questo black-green la nostra gallery nei colori del Levante
Il black lime è forse il più sbarazzino
Nel black-red comunque spicca il nero dominante
Nessun dubbio, nero e basta
Questo blue-green è forse il più elegante
Questo il casco Salice Levante Ita white
E questo invece è l’Ita black, tutto nero con la fascia tricolore al centro
Iniziamo da questo black-green la nostra gallery nei colori del Levante
Il black lime è forse il più sbarazzino
Nel black-red comunque spicca il nero dominante
Nessun dubbio, nero e basta
Questo blue-green è forse il più elegante
Questo il casco Salice Levante Ita white
E questo invece è l’Ita black, tutto nero con la fascia tricolore al centro
Per gare veloci
Abbiamo chiesto supporto ad un atleta dell’Androni per descriverci il casco Levante: Mattia Viel, 26enne torinese, giunto alla terza stagione consecutiva nella squadra di Gianni Savio, dal 2022 Drone Hopper.
«E’ pensato per la pianura, per le gare veloci, ha un’ottima aerodinamica e allo stesso tempo è compatto e molto resistente agli urti».
Questo upgrade è arrivato grazie alla tecnologia in-moduling, che rende il caso Levante ancor più leggero e calzante.
Qui Mattia Viel, in azione al Gp Lugano, indossando tuttavia il Salice Gavia, altro modello in dotazione all’AndroniQui Mattia Viel, in azione al Gp Lugano, indossando tuttavia il Salice Gavia, altro modello in dotazione all’Androni
Luce posteriore
In chiave sicurezza Salice ha fatto passi in avanti, lo si capisce dalle parole di Mattia, che continua così: «Il rotore, per stringere il casco sul retro, è dotato di una luce di posizione per rendere il ciclista sempre visibile, infatti è un modello particolarmente usato anche in allenamento. Inoltre, una cosa che ho notato subito, è che la calotta posteriore è stata abbassata leggermente per proteggere meglio la nuca in caso di caduta».
Particolari che fanno la differenza, soprattutto ora che le velocità medie si alzano continuamente.
«Un altro dettaglio da non sottovalutare è l’interno – riprende Mattia – i cuscinetti di spugna sono molto resistente e rimangono morbidi e comodi per lungo tempo». Cosa non irrilevante se detta da un corridore che solo in allenamento percorre 20.000 chilometri all’anno.
E per finire, ecco il fit system per la regolazione più precisa e sicuraE per finire, ecco il fit system per la regolazione più precisa e sicura
Ricca tavolozza di colori
Il casco Levante è disponibile nelle taglie dalla S alla XL con differenze di colori. Per le misure S-M (circonferenza testa 52 e 58 centimetri) viene proposto nei colori: Italia bianco, Italia nero, nero, nero-verde, nero-lime, nero-rosso e blu. Per le taglie L-XL (circonferenza da 56 a 62 centimetri), invece, è disponibile nelle colorazioni: Italia bianco, Italia nero, nero e nero-verde.
Il prezzo varia da modello a modello e parte da 129 euro. salice.it
Incontro sull'Etna con Luca Chirico, corridore Androni. Uno che vinceva da U23. Poi gli interventi. Il rischio di smettere. E ora gli allenamenti con Nibali
In questi giorni è in svolgimento la prima edizione della Settimana Ciclistica Italiana – Sulle Strade della Sardegna. Si tratta di nuova corsa a tappe che ha preso il via mercoledì 14 luglio da Alghero e che avrà la sua conclusione domenica 18 a Cagliari. Una bella novità che permetterà a tutti gli appassionati di conoscere angoli ancora incontaminati e poco conosciuti della Sardegna.
La gara avrà un partner tecnico di prestigio: Salice. L’azienda lombarda da oltre 100 anni (è stata fondata nel 1919) lavora quotidianamente per offrire agli atleti prodotti all’avanguardia per ogni tipo di disciplina sportiva all’aperto a partire dallo sci, passando per il motocross, la vela, la canoa, fino ad arrivare naturalmente al ciclismo.
Total look tra i colori di Salice (di caschi e occhiali) e quelli dell’AndroniTotal look tra i colori di Salice (di caschi e occhiali) e quelli dell’Androni
Sponsorizzazione nata da lontano
Per farci raccontare qualcosa di più di questa particolare sponsorizzazione, abbiamo sentito Matteo Soro di Natura Great Events. Lui organizza la manifestazione, insieme al collega Carmelo Mereu, avvalendosi del supporto tecnico del G.S. Emilia di Adriano Amici.
«Conosco il marchio Salice fin da quando ero bambino, anche grazie all’amicizia che ha sempre legato la mia famiglia a quella Salice. Io sono poi un grande appassionato di sci è per me le maschere Salice sono sempre state il meglio che il mercato potesse offrire in termini di qualità. Dal momento in cui abbiamo iniziato a lavorare all’organizzazione della gara – prosegue Matteo Soro – ho pensato di contattare Anna Salice per chiederle se voleva essere partner del nostro evento. Fin da subito ho trovato in lei la massima disponibilità nel supportare il nostro evento, che sono certo sarà un grande veicolo di promozione turistica per l’intera Sardegna. In corsa ci sono diversi azzurri che rifiniranno la loro preparazione in vista delle Olimpiadi di Tokyo. Per essere alla prima edizione non potevamo sperare di più».
Salice sarà protagonista della Settimana Ciclistica Italiana – Sulle Strade della Sardegna premiando sul palco d’arrivo il vincitore di ogni singola tappa con un casco e un’occhiale.
Salice è legata al team Androni da anni. Ecco i ragazzi di Savio alla Settimana Internazionale ItalianaSalice è legata al team Androni da anni. Ecco i ragazzi di Savio alla Settimana Internazionale Italiana
Ancora con l’Androni
Il marchio Salice sarà inoltre presente ogni giorno in corsa grazie al team Androni Giocattoli che ha schierato al via della gara una formazione molto agguerrita, capitanata da Simon Pellaud (nella foto di apertura). Lo svizzero, all’ultimo Giro d’Italia, ha vinto la speciale classifica del maggior numero di chilometri in fuga. E anche in questa manifestazione è ripartito all’attacco indossando la maglia verde di miglior scalatore.
La collaborazione con la formazione diretta dal team manager Gianni Savio, iniziata nel 2017, ha permesso in questi anni a Salice di vedere indossati i propri caschi ed occhiali da campioni capaci scrivere pagine importanti nella storia del ciclismo. Basti pensare a Egan Bernalgià vincitore di un Tour de France e di un Giro d’Italia. Questa fruttuosa collaborazione con il team Androni Giocattoli proseguirà anche il prossimo anno.
Incontro sull'Etna con Luca Chirico, corridore Androni. Uno che vinceva da U23. Poi gli interventi. Il rischio di smettere. E ora gli allenamenti con Nibali
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Durante il Giro d’Italia è stato ufficializzato il rinnovo per altri tre anni dell’accordo di sponsorizzazione tecnica dell’AG2R – Citroën da parte di Rosti. Per farci raccontare qualcosa di più siamo andati a trovare Giovanni Alborghetti, titolare insieme al fratello Maurizio di Rosti Maglificio Sportivo, presso la sede dell’azienda a Brembate, in provincia di Bergamo.
Allora Giovanni, come è andato il rinnovo della sponsorizzazione?
Ci siamo incontrati con Vincent Lavenu, manager dell’AG2R – Citroën a Torino alla vigilia della partenza del Giro ed abbiamo raggiunto subito l’accordo per la conferma della nostra partnership. Si tratta di un rinnovo triennale e tenendo conto che quello in corso è già il quarto anno in cui lavoriamo con loro, alla fine arriveremo ad una collaborazione lunga sette anni. Un bel record!
Da sinistra, Giovanni Alborghetti, Vincent Lavenu e Maurizio AlborghettiDa sinistra, Giovanni Alborghetti, Vincent Lavenu e Maurizio Alborghetti
Come è nata la vostra collaborazione con il team francese?
Tutto nasce da una forte arrabbiatura (in realtà usa una espressione più colorita, ndr) provata nel 2018 a seguito del mancato invito al Giro del Team Androni di cui eravamo fornitore tecnico. Ne ho parlato allora con Michael Magnin, responsabile di Rosti Francia, dicendogli di trovarmi una formazione francese da poter sponsorizzare. Dal momento che lui in passato aveva gareggiato con la formazione under 23 dell’AG2R mi ha creato un contatto con Vincent Lavenu. Ci siamo così visti alla Parigi – Nizza. Nel frattempo lo stesso Lavenu aveva avuto dei riscontri positivi sulla qualità dei nostri prodotti da chi li stava già indossando. Purtroppo all’inizio non se ne è fatto nulla dal momento che le sue richieste e quanto noi proponevamo non combaciavano.
L’interno della sede di RostiL’interno della sede di Rosti rispecchia la creatività tipica del marchio bergamasco
Alla fine come si è arrivati all’accordo?
Eravamo a luglio e Magnin era qui da noi in azienda. Ad un certo punto l’ho visto agitarsi mentre stava telefonando. Non sapevo con chi stesse parlando e neppure il motivo della sua agitazione. Al termine della chiamata è venuto da me tutto euforico per dirmi che avevamo trovato l’accordo con Lavenu. Da lì è iniziato tutto.
E’ stata una collaborazione fin dall’inizio facile o ci sono stati dei problemi?
Per prima cosa abbiamo deciso di sottoscrivere un accordo annuale con opzione per il secondo anno. Volevamo essere sicuri che alla fine del primo anno sia noi che loro fossimo soddisfatti dell’accordo raggiunto. Devo dire che il primo anno è stato davvero difficile in quanto le pretese del team erano altissime costringendoci ogni volta a innumerevoli modifiche e correzioni. Alla fine però sono stati contenti del lavoro che abbiamo fatto per loro e lo stesso Lavenu è stato felice di far valere l’opzione per il secondo anno. Subito dopo è arrivato un ulteriore rinnovo per altri due anni fino all’accordo sottoscritto alla vigilia del Giro che porterà alla fine ad una sponsorizzazione di sette anni.
Giovanni Alborghetti nella sede dell’aziendaGiovanni Alborghetti nella sede dell’azienda
C’è qualche curiosità che ci puoi raccontare sulla divisa di quest’anno?
A essere sinceri, la divisa è stata disegnata dai vertici Citroën e noi ci siamo attenuti alle loro indicazioni. All’inizio non ero molto convinto dell’impatto che avrebbe avuto. Poi ho iniziato ad usarla anch’io nelle mie uscite in bicicletta e mi è piaciuta sempre più. Aggiungo una piccola curiosità che pochi hanno forse notato. Quando il team corre in Francia, sul pantaloncino viene riportato il logo AG2R. In tutte le altre corse troviamo invece al suo posto il logo Citroën. È il frutto di un accordo fra il team e la casa automobilistica.
Tra le tante squadre che vestite troviamo anche il team Colpack – Ballan…
Abbiamo collaborato con loro per nove anni. Con l’arrivo dell’AG2R avevamo deciso di interrompere la collaborazione perché temevamo di non poter soddisfare appieno le loro aspettative. Dopo tre anni di pausa siamo tornati a lavorare insieme.
Un’ultima domanda. C’è un corridore che ti piacerebbe veder gareggiare in maglia Rosti?
Come primo nome mi viene in mente Sagan, ma è un sogno. Sarei però contento che in una squadra vestita da Rosti corresse Giacomo Nizzoloche è un amico e qui da noi è uno di casa.
Ayuso con i pantaloncini rosa realizzati in tempi record da RostiAyuso con i pantaloncini rosa realizzati in tempi record da Rosti
Mentre ci stavamo salutando (n.d.r. erano le 11.00) è arrivata una telefonata dalla Colpack impegnata in quei giorni al Giro Under 23. Dal team chiedevano per le 17.00 un paio di pantaloncini rosa per Ayuso per la tappa del giorno dopo. Una saluto veloce e Giovanni Alborghetti si è messo subito all’opera per prepararli. Se avete fatto attenzione, erano i pantaloncini che lo spagnolo ha utilizzato nell’ultima tappa, quella che ha decretato il suo trionfo.
Ponomar (il primo a destra) è approdato all’Androni questo inverno, ha fatto lo junior in ItaliaPonomar (primo a a destra) è approdato all’Androni questo inverno
Scuola Franco Ballerini
Andrii non è molto loquace, primo perché parla poco l’italiano, e secondo perché è proprio così: poche chiacchiere e tanta sostanza.
«Il Giro? Bello. “Io contento”. Come me lo aspettavo? Così…». Non è facile tirargli fuori commenti ed emozioni, però i suoi compagni e lo staff ci dicono che invece si è ben inserito nel gruppo e sta bene in compagnia. Ponomar, che viene dalla scuola della toscana Franco Ballerini, ha fatto quindi il grande salto juniores-professionisti. Un qualcosa che è sempre meno raro, per chi ha le qualità come lui. Ma certo ritrovarsi a fare un Giro non è cosa da poco.
Fisico possente, neanche tiratissimo, ha dei margini enormi. E se un ragazzino dopo 14 tappe si ritrova in fuga verso lo Zoncolan qualcosa di buono deve averlo per forza. «Io ogni giorno mi sento più forte – dice Ponomar – ma la tappa alla vigilia del primo giorno di riposo (la L’Aquila-Foligno, ndr) per me è stata la più dura. Ero stanco».
L’ucraino sistema il computerino prima di partire. Compirà 19 anni a settembreL’ucraino sistema il computerino prima di partire. Compirà 19 anni a settembre
Un gestione delicata
Come gestiranno in casa Androni questo talento? «Con la massima attenzione verso l’atleta – spiega il team manager Gianni Savio – Andrii chiaramente deve imparare non tanto, tutto. Lo abbiamo portato per fargli fare esperienza, senza la minima pressione. Non so se ritirerà, non abbiamo un programma preciso in tal senso. Finché starà bene e se la sentirà andrà avanti. Io più che con lui sono in stretto contatto con il medico della squadra, Andrea Giorgi. Lo monitoriamo costantemente la mattina e la sera. E se Giorgi mi dirà che i suoi valori sono in calo, che sta andando oltre i suoi limiti io andrò dal ragazzo e lo fermerò».
Ponomar sullo Zoncolan, dopo 14 tappe ha trovato la forza di andare in fugaPonomar sullo Zoncolan, dopo 14 tappe ha trovato la forza di andare in fuga
Fuga sì, fuga no!
Contrariamente a quanto ci si potesse aspettare vista la sua giovane età, Ponomar non ha un corridore di stretta fiducia che gli stia accanto, in corsa e fuori. Un po’ tutti e un po’ nessuno sono le sue “chiocce”. Lui ama fare da solo, provare sulla propria pelle.
«Chi mi aiuta? Nessuno… Però anche io aiuto la squadra – rilancia come a sentirsi sminuito – ho cercato di andare in fuga e mi sarebbe piaciuto andarci di più. Cosa mi piace del Giro? Quando vinco, quello è bello!».
Sorride Savio che è al suo fianco.
«I primi giorni – dice il team manager piemontese – durante le riunioni mi diceva: io quando in vado in fuga? Quando tocca a me? E io lo tenevo buono. Dopo una settimana di Giro ha smesso di chiedermelo! E’ un bravo ragazzo, taciturno, come avete visto, ma anche gioviale. Ha un grande motore, ma non mettiamogli fretta». E infatti l’altro giorno è andato in fuga verso lo Zoncolan: il coraggio (e il motore) non gli mancano.
Umberto Marengo si sta facendo vedere spesso al Giro. Va in fuga, va a caccia dei traguardi volanti, aiuta i compagni. Aveva ragione Reverberi a dirci che era un duro
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