Lo straordinario viaggio di Mattia Viel

24.01.2021
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Per raccontare questa storia, bisogna aprire l’hard disk dei pezzi pubblicati e tornare indietro alla fine del 2018, quando nel ritiro freddo e ventoso di Cesenatico, Gianni Savio passando in rassegna i corridori in arrivo, buttò nel mezzo il nome di Mattia Viel.

«Avevamo due stagisti – disse – Lizde e Viel, che passerà professionista con noi. Sarà di supporto per Fedrigo, nel grande mosaico che è una squadra. Non ha velleità clamorose, ma può ritagliarsi il suo spazio».

A 11 anni, nel 2006, con Marco Villa ancora in attività: la pista è già la sua passione
A 11 anni, nel 2006, con Marco Villa: la pista è già la sua passione

Di poche parole

Da allora la vita seguì le sue strade ed è stato singolare, due anni dopo, ritrovarsi con Viel nel Rifugio Sapienza, guardando fuori per comprendere il meteo e guardando avanti per indovinare il futuro. Non ci conoscevamo, ma sentendolo parlare con Luca Chirico, che con lui ha diviso i giorni siciliani, era come se la sua presenza in gruppo avesse una data antecedente a quel 2018. E così in un mattino con pochi chilometri da fare, gli abbiamo chiesto di raccontarci che cosa ci sia dietro quella barba e le poche parole di uno che sembra aver percorso già molte strade.

«Sono piemontese – dice – e per questo ho sempre avuto parecchi contatti con l’Androni Giocattoli. Sono stato per anni nel giro della nazionale della pista, facendo anche mondiali ed europei. Da junior ho sempre vinto parecchio, diciamo che da me si aspettavano tutti molto, compreso il sottoscritto. Poi per una scelta personale, qualcosa si è messo di mezzo. Qualcosa che va bene per la vita di Mattia e forse ai tempi un po’ meno per Viel il corridore».

Nel 2012 a Maleo vince da junior battendo Sartoris
Nel 2012 a Maleo vince da junior battendo Sartoris
Va bene, ci hai incuriosito. Quale scelta?

Ho perso mia mamma che avevo dieci anni. Una cosa che ricordo è che prima di mancare, mi disse: «Mi raccomando, vai sempre bene a scuola». Si chiamava Anna, all’epoca era direttore marketing alla Lavazza. E quindi mi sono sempre portato dentro questa cosa qui, che mi ha sempre influenzato nelle mie scelte. Perciò invece di fare la classica scuola un po’ più semplice che mi lasciasse il tempo per uscire in bici già da junior, mi iscrissi al miglior liceo linguistico di Torino, l’Altiero Spinelli, e questo mi ha portato via davvero tanto tempo. Però finché uno è giovane, se ha un po’ di talento, esce…

Mentre il tipo del bar sbatte il filtro del caffè con la veemenza di un fabbro, ci serve un secondo per deglutire e andare oltre.

Nel 2017 Viel corre con la Unieuro Trevigiani e corre il Beghelli
Nel 2017 Viel corre con la Unieuro Trevigiani e corre il Beghelli
E tu talento ne avevi…

Andavo bene. Nel 2013, a 18 anni, andai ai mondiali su pista di Glasgow e qui incontrai Alessandro Fissore, che mi chiese se mi interessasse conoscere il gruppo di Chambery che faceva da vivaio alla Groupama. Io dissi di sì e forse da quel momento inizia il rammarico più grande della mia carriera, pur davanti a una straordinaria esperienza di vita. Potevo rimanere in qualche squadra italiana, andare alla Colpack e fare il mio percorso tra strada e pista. Invece andai a Chambery a fare quei test e uscii dai radar. Era un altro mondo, ci davano addirittura un contributo per iscriverci all’Università, presi anche la licenza francese. Poi fu chiaro che stavano cercando il nuovo Bardet, perché tutti gli scalatori li fecero passare e io che non ero proprio uno scalatore… A vent’anni iniziai a guardarmi intorno e si creò un contatto con la Unieuro-Trevigiani.

Nel nostro archivio c’è anche una frase di Marco Milesi, diesse di quel team: «In più abbiamo preso Mattia Viel – diceva in un pezzo di febbraio 2016 – un altro del 1995, che non è male e può fare i suoi risultati».

Era la squadra di Finetto, Malucelli, Malaguti, Fedeli, Carboni, Ravanelli, Plebani e anche di Almeida e io ero a loro disposizione. Nel 2017 avevo anche ripreso la pista con il quartetto, facendo qualche piazzamento su strada.

Le cose andavano bene, insomma?

Partecipai alla Vuelta San Juan, facendo anche un settimo posto e conobbi Raimondo Scimone che diventò il mio procuratore. Ma a fine 2017 venne fuori una brutta tegola. Unieuro sarebbe uscita e Trevigiani non aveva i soldi per tenere gli elite. Così mi ritrovai a piedi a 22 anni, nel Piemonte in cui non ci sono squadre né sponsor. Insomma, ero senza contatti. E mentre già pensavo che fosse a 22 anni fosse arrivata la mia ora di metterci una pietra sopra, mi chiama un ex compagno di squadra, Seid Lizde, che come un pazzo mi fa: «Matti, Matti, oggi devi firmare con me, andiamo su in Inghilterra!». Mi dice di prepararmi che dobbiamo andare a Londra, che c’è una bella squadra, il team Holdsworth Pro Racing.

La vittoria alla Sei Giorni di Torino gli riapre la porta dell’Androni
La vittoria alla Sei Giorni di Torino gli riapre la porta dell’Androni
E tu?

Gli dico: «Ma sei matto? Non ci sentiamo da due anni e te ne esci così?». Però avevo sempre questa fissazione delle lingue e mi sono detto: piuttosto che andare in una continental italiana, se anche non diventerò nessuno nel mondo della bici, almeno mi sarò goduto qualche bella esperienza. Il progetto era ben fatto. C’era Downing di ritorno dal Team Sky, c’era il figlio di Thurau, ma era il giocattolino di qualcuno. E quando chi metteva i soldi si stancò, il giocattolino smise esistere.

E un’altra volta a piedi…

A quel punto, era in piena estate, ho chiesto a un mio compagno di squadra australiano (Nicholas Yalluris, nrd) di accompagnarmi alla Sei Giorni di Fiorenzuola. E senza allenamento specifico, ci siamo piazzati vincendo anche qualche prova. Così siamo andati a quella di Torino, con l’idea di vincerla ed effettivamente abbiamo vinto, battendo anche le coppie della nazionale italiana, che per me era anche una bella rivincita. E proprio una sera di quelle, si affacciò Gianni Savio, che cercava uno stagista. Io con loro avevo già fatto qualche chilometro nel 2015 e dal primo agosto il viaggio riprese. Da quel momento è nato tutto e dopo 3 anni sono ancora qui. Dovendo dire qualche grazie…

A chi?

A Massimo Sibona, che lavorava per l’Androni come commercialista, e insieme a Raimondo Scimone riuscì a mettere la parola giusta nel momento giusto, così da convincere la squadra per farmi fare quello stage. Oltre al lavoro del procuratore, Raimondo Scimone è stato fondamentale negli anni, spronandomi davanti ad ogni ostacolo, fino al passaggio al professionismo.

Dopo la vittoria della Sei Giorni di Torino, lo stage con l’Androni in Cina
Dopo la vittoria della Sei Giorni di Torino, lo stage con l’Androni in Cina
E come andò?

Ero stupito della mia condizione. Mi ritrovai al Tour of Hainan con Masnada, Ballerini, Frapporti, Belletti… la squadra del Giro. Mi facevano tirare per ore ogni giorno, ma io a quel punto volevo passare e tiravo. Qualche volta mi buttavo all’attacco e piano piano capii che quello poteva essere il mio ruolo. Savio dice che il ciclismo è spietato e devi darti da fare per capire subito in quale posizione collocarti. Io lo capii in Cina.

E davvero si è riaperta una bella porta…

Voglio andare avanti, avere una carriera. Voglio che non sia una parentesi. Ho ridimensionato i miei obiettivi, ma sono riuscito a rimanere convincendo Savio e Bellini. Fa piacere mettersi a disposizione della squadra, ma quando vado in fuga penso sempre a vincere. Certo, non posso fare quello che facevo da ragazzino, ma ho ancora 25 anni e magari le cose potrebbero cambiare.

E la pista?

Credo che avrei potuto ottenere di più e mi piacerebbe rientrare in quel giro, come ha fatto Simion. Vedo solo problemi logistici, perché il gruppo degli azzurri vive quasi tutto intorno a Montichiari e fare aventi e indietro da Torino sarebbe un problema. Diciamo che ad ora il progetto è accantonato, ma non dimenticato.

Nel 2020, Mattia Viel è partito con il Tour de Langkawi
Nel 2020, Mattia Viel è partito con il Tour de Langkawi
Andare via da Torino?

No, perché nel frattempo con la mia ragazza che si chiama Carla Lee patrocinio e che ho conosciuto in Cina ho aperto un’attività: Bike Kinetic Lei è specialista del movimento umano. Quindi facciamo programmi specifici per il ciclismo, riabilitazione post infortunio, esercizi posturali e programmi fitness, stretching e massaggio sportivo. In futuro ci piacerebbe organizzare tour in bicicletta, coffee ride con i consigli di un professionista e cucina.

Da quanto tempo l’hai aperta?

Nel 2020, un modo per dare qualcosa al ciclismo nella mia provincia, sperando di diventare un punto di riferimento. Inoltre, visto il mio amore per la pista, ho aperto una sede a un chilometro dal Velodromo Francone di San Francesco al Campo, mentre a Torino mi appoggio ad altri studi. A causa del Covid, molti servizi attualmente sono online, ma fortunatamente il feedback dei clienti è comunque ottimo.

Magia del ciclismo e delle persone che mette sulla tua strada. Chi poteva immaginare che dietro quella barba e quello sguardo curioso sulla cima di questo vulcano che oggi è coperto di neve, avremmo scoperto una storia come questa? In bocca al lupo Mattia, ci hai messo addosso davvero una grinta immensa.