Alpecin: quante insidie la prima settimana di Tour!

01.07.2022
5 min
Salva

Il countdown sul sito ufficiale del Tour de France continua la sua lenta discesa verso lo zero. Oggi alle 16, da Copenhagen, scatterà la Grande Boucle, e poche ore dopo conosceremo il nome della prima maglia gialla. I protagonisti, che si daranno battaglia sulle strade francesi, saranno molti. Uno su cui tutti punteranno lo sguardo è un ragazzone olandese che l’anno scorso ha indossato la maglia gialla per cinque tappe: Mathieu Van Der Poel. Kristian Sbaragli, da anni ormai in squadra con lui, sarà uno dei corridori incaricati di fare da guardia del corpo a Mathieu ed alla vigilia della partenza cerchiamo di scoprire qualche segreto di casa Alpecin-Fenix.

Dopo la Settimana Coppi e Bartali, Sbaragli è tornato a correre in Italia soltanto al campionato italiano
Dopo la Settimana Coppi e Bartali, Sbaragli è tornato a correre in Italia soltanto al campionato italiano

Una vigilia tranquilla

Kristian ci risponde dall’hotel dopo pranzo, la Alpecin dorme ad una trentina di chilometri da Copenaghen. E’ giovedì, giorno di vigilia della crono.

«Questa mattina siamo usciti in bici per una pedalata tranquilla – racconta il toscano – una sgambata di un’oretta e mezza. Abbiamo deciso di non andare a vedere il percorso della crono, siccome sarà un tracciato cittadino oggi sarebbe stato complicato visionarlo visto il traffico che c’è in città. Domani (oggi, ndr) prima della partenza le strade saranno chiuse ed andremo a vedere il tracciato con calma. Parto col dire che mi sento bene, le sensazioni sono buone anche per tutti i miei compagni. Ieri abbiamo superato il primo ostacolo dei tamponi, non ci sono stati positivi e quindi partiremo tutti e 8, senza sostituzioni, il che è già un buon punto di partenza, alcune squadre hanno avuto dei positivi».

La Liegi è stata l’ultima gara della prima parte di stagione, poi una pausa prima di preparare la Grande Boucle (foto Instagram)
Dopo la Liegi, una pausa prima di preparare la Grande Boucle (foto Instagram)

Preparazione in altura

Il Tour de France è uno di quegli appuntamenti che occupa i pensieri dei direttori sportivi già dalla prima parte di stagione. La programmazione ed il lavoro per arrivare alla prima tappa in condizione ottimale sono un percorso lungo che va fatto passo per passo.

«Mi sono preparato bene – prosegue con tono deciso Kristian – era da inizio stagione che sapevo già di far parte della squadra del Tour. Quindi, da dopo la Liegi ho iniziato a lavorare per arrivare pronto e con la giusta carica. Insieme ai miei compagni che domani prenderanno il via da Copenaghen abbiamo fatto un ritiro di 3 settimane in altura. Tutti meno Mathieu. Lui arrivava dal Giro e doveva recuperare, quindi ha fatto meno giorni di ritiro». 

Sbaragli arriva al Tour in forma: dopo il ritiro di tre settimane in altura, la sua gara di rifinitura è stato il Giro di Slovenia
Sbaragli arriva al Tour in forma, dopo il ritiro in altura e il Giro di Slovenia

Prima settimana di fuoco

La prima settimana di un grande Giro è sempre la più stressante, oltre al caldo, alla fatica ed ai chilometri si aggiungono tantissime insidie esterne. E, quest’anno, partendo dalla Danimarca, l’insidia principale è il vento.

«Domani – dice Sbaragli – per alcuni di noi, compreso il sottoscritto, la crono sarà la tappa più semplice dei primi dieci giorni di corsa. Per il resto dei giorni dovremo drizzare le antenne, abbiamo una squadra senza uomini di classifica e senza scalatori, nella prima settimana ci giocheremo tanto. Arriviamo con due corridori di punta: Philipsen per le volate e Van Der Poel per le tappe mosse. Una delle tappe che abbiamo segnato sul calendario è la quinta, quella con il pavé. Nelle frazioni che correremo qui in Danimarca e nella tappa di Dunkerque, ci sarà da stare attenti al vento. Ci potranno essere tanti ventagli, il vento è un pessimo cliente, non guarda in faccia a nessuno. Se ci sarà, tutti vorranno stare davanti, anche gli uomini di classifica e la situazione si farà davvero stressante».

La cronometro sarà un primo passaggio fondamentale per Van Der Poel, dovrà perdere meno tempo possibile da Van Aert
La cronometro sarà un primo passaggio fondamentale per Van Der Poel, dovrà perdere meno tempo possibile da Van Aert

Obiettivo maglia gialla

Replicare ciò che ha fatto lo scorso anno per Van Der Poel sarà difficile, la partenza a cronometro potrebbe avvantaggiare il suo rivale Van Aert e allontanare l’olandese dalla maglia gialla.

«La cronometro – riprende il corridore della Alpecin-Fenix – sarà un primo grande spartiacque. Se prendi un minuto in un percorso così breve vuol dire che ti ritrovi davanti 40-50 corridori, ed in quel caso risalire la classifica e prendere la maglia diventa difficilissimo. Sarà diverso, invece, se riuscirà a perdere meno, diciamo 20 secondi, perché la tappa del pavé potrebbe permetterci di fare selezione, siamo preparati per questo, non avendo scalatori potremo lavorare tutti per Mathieu. Van Aert è forte, se dovesse prendere la maglia già a Copenaghen sarà dura strappargliela, anche perché sul pavé è al pari di Van Der Poel».

Al Giro di Slovenia, Sbaragli ha trovato un nuovo compagno di squadra: Conci, che però è tesserato con la continental
Al Giro di Slovenia, Sbaragli ha trovato un nuovo compagno di squadra: Conci, che però è tesserato con la continental

Ecco il terzo italiano: Conci

Nel nostro viaggio accanto ai ragazzi della Gazprom vi abbiamo raccontato per filo e per segno cosa è successo. La situazione per loro non si è mai sbloccata, qualcuno è riuscito a trovare una soluzione ed una squadra per questa seconda parte di stagione. E’ il caso di Conci che nel Development team della Alpecin ha trovato il modo di riuscire a correre almeno fino a fine stagione, per poi passare con la “prima squadra”.

«Abbiamo fatto il giro di Slovenia insieme – spiega Kristian – è stata la sua prima corsa con noi. Lo conoscevo poco, abbiamo sempre corso accanto in gruppo, ma non avevo mai avuto modo di approfondire il nostro rapporto. E’ un bravo ragazzo che ha dimostrato di farsi trovare pronto e questo è un bel segnale di serietà e dedizione anche nei momenti difficili. In Slovenia ha fatto bene, ha fatto vedere cose buone. Sinceramente non abbiamo parlato del discorso Gazprom, è contento di essere qui ma è dispiaciuto per i ragazzi che non hanno trovato una squadra, ci sarebbe da parlare per ore di una cosa del genere, e di come è stata trattata».

«La vittoria al Giro mi ha sbloccato». Parola di Oldani

19.06.2022
5 min
Salva

In questi ultimi trenta giorni siamo certi che avrà pensato tanto a quel giovedì pomeriggio in cui a Genova ha vissuto la miglior giornata della sua carriera. Stefano Oldani col primo successo da pro’, ottenuto nella dodicesima tappa del Giro d’Italia, sa di essere entrato in una nuova dimensione. Nulla che centri con le mode del “metaverso” ma qualcosa di reale, tangibile, pratico.

L’intenzione del 24enne della Alpecin-Fenix sarebbe stata quella di dare continuità alle buone prestazioni di maggio al Tour de Suisse prima di chiudere questa prima parte di stagione, ma qualcosa non è andato secondo i piani. Al telefono Oldani ci racconta di questo e tanto altro proprio a cavallo della sesta frazione nella quale non ha preso il via, al pari di altri suoi quattro compagni, due dei quali positivi al Covid come annunciato dalla squadra.

Stefano come stai intanto?

Sono negativo e questo è un bene. Però dopo il Giro, dal quale ero uscito in condizione, avevo preso una leggera tracheite a causa degli sbalzi di temperatura tra il caldo afoso, il freddo di qualche tempesta e l’aria condizionata. In Svizzera le gambe giravano bene nelle prime cinque tappe, ma essere così “incatramato” nella respirazione mi ha frenato. Peccato perché la quinta tappa passava praticamente da casa mia e sulle mie strade d’allenamento. Pur non essendo al massimo ho compensato con la gran voglia di fare ma nel ciclismo di oggi se non sei al 110% fai fatica a fare risultato.

Che obiettivi avevi dopo lo Svizzera?

Spero che questo ritiro forzato mi possa aiutare a recuperare a dovere. Forse l’infiammazione alla trachea può passarmi con un po’ di riposo. E spero che questo non rallenti troppo la preparazione al campionato italiano. Il percorso non è durissimo ma è adatto alle mie caratteristiche. Di sicuro ci proverò. Dopo di che dovrei fare un periodo di stacco ed iniziare a pensare alla seconda parte di stagione. Salvo cambiamenti, dovrei rientrare al Tour de Wallonie (dal 23 al 27 luglio, ndr).

A distanza di un mese, a mente fredda, che effetto ti fa la vittoria al Giro?

Mi sto rendendo conto adesso di quanto valga. Ha inciso tanto dal punto di vista mentale. Non vincevo dal 2018 da quando ero U23 (Trofeo Magni a Barzago, ndr) ed ormai mi ero quasi scoraggiato. Avevo perso un po’ di fiducia in me stesso, anche perché l’anno scorso avevo sfiorato il successo in diverse occasioni come al Polonia, in cui mi avevano rimontato negli ultimi dieci metri. Da una parte pativo questa situazione, dall’altra invece correvo spensierato perché potevo andare a caccia di risultati quando mi capitava l’occasione.

Alla fine è arrivata questa vittoria…

Sì, è valsa la pena aspettare così tanto. La cercavo sempre però mi dicevano di avere pazienza se non arrivava quando lo volevo io perché lavorando sodo, poi si raccolgono i risultati.

Si rischia di essere appagati?

No, non per me almeno. Questa vittoria è un punto di partenza. Sapete, un paio di volte in alcuni ambienti ciclistici mi è capitato di sentirmi fuori luogo. Magari mi capitava di andare ad eventi dove c’erano giovani che avevano vinto tantissimo e io soffrivo un po’ il fatto di essere pro’ e non aver ancora vinto. Era una cosa mia ma dopo il Giro, vittoria a parte, mi sento all’altezza. Già ero andato forte nella dura tappa dell’Etna ed ero contento. Adesso mi sento sbloccato.

Puoi fare quindi un pensiero anche alla nazionale?

Certo, perché no?! Il cittì Bennati ed io ci conosciamo bene. Proprio al Giro, specie dopo Genova, mi ha detto che mi tiene in considerazione. Naturalmente non mi ha garantito nulla, però le sue parole mi hanno dato grandi stimoli per guadagnarmi una convocazione per europei o mondiali. Infatti ho parlato col mio preparatore e abbiamo deciso che potremmo fare dell’altura proprio in vista di queste rassegne con la nazionale. Insomma, voglio farmi trovare pronto ad una eventuale chiamata.

Hai una gara da sogno nel cassetto che, dopo la vittoria al Giro, può diventare realizzabile?

La corsa dei miei sogni è sempre stata la Milano-Sanremo. Un po’ perché da bambino, essendo io milanese, l’andavo sempre a vedere. Un po’ perché è la Classicissima, basta il nome. Ecco, ora un pensiero ce lo faccio un po’ di più. Negli ultimi anni è stata una gara imprevedibile ed uno con le mie caratteristiche la potrebbe vincere. Se la gara si fa dura, io voglio esserci.

Scelte drastiche per VDP: il futuro secondo il padre Adrie

10.06.2022
4 min
Salva

Quando parla Adrie Van Der Poel, non sono mai affermazioni comuni, ma destinate a suscitare clamore. Mentre Mathieu inizia a pensare al Tour, dopo le montagne russe del Giro d’Italia dove comunque ha raggiunto i suoi obiettivi come una vittoria di tappa e vestire la maglia rosa, Adrie pensa già più in là, molto più in là, all’appuntamento con Parigi 2024 per riprendersi quel che ha perso a Tokyo con quella caduta tanto famosa quanto rovinosa.

Adrie Van Der Poel 2022
Adrie Van Der Poel, ex iridato di ciclocross e vincitore di classiche (foto Raymond Kerckhoffs)
Adrie Van Der Poel 2022
Adrie Van Der Poel, ex iridato di ciclocross e vincitore di classiche (foto Raymond Kerckhoffs)

Quest’anno solamente strada

L’idea di Adrie, riportata nel numero speciale di Helden dedicato al prossimo Tour de France, è che Mathieu debba fare, a ruoli inversi, quel che ha fatto quest’anno. Il campione olandese, reduce dal grave infortunio alla schiena conseguenza di Tokyo che gli ha impedito di fatto di affrontare tutta la stagione di ciclocross, quest’anno è totalmente concentrato alla strada e non ha intenzione di affrontare alcuna prova di mtb, a differenza ad esempio di quanto sta facendo Tom Pidcock che punta apertamente al titolo mondiale di specialità.

Nei propositi di papà Van Der Poel, nel 2023 Mathieu dovrebbe tornare a una programmazione su doppio binario. Poi dovrebbe concentrarsi solo sulla mtb nel 2024 fino all’appuntamento olimpico. Obiettivo chiudere quel cerchio apertosi nello scorso agosto.

«Sappiamo ormai – dice – che la combinazione è abbastanza difficile. Se nella mtb sei lontano dalle gare, perdi posizioni nel ranking e sei costretto a partire dal fondo. Per questo nel 2023 dovrà fare di necessità virtù, ma poi nel 2024 dovrebbe lasciare da parte la strada».

VDP Mtb 2019
In mtb VDP ha vinto 13 gare di Coppa del Mondo e l’europeo 2019 (foto Cerveny)
VDP Mtb 2019
In mtb VDP ha vinto 13 gare di Coppa del Mondo e l’europeo 2019 (foto Cerveny)

Un progetto ancora da discutere

Un’affermazione forte, che successivamente Adrie tiene a specificare figlia solamente di sue congetture, delle quali non ha ancora parlato in maniera compiuta con suo figlio. C’è però un altro aspetto che l’ex campione del mondo di ciclocross tiene a sottolineare.

«La combinazione di tre discipline – spiega – ha dato vita a un programma molto intenso. Se tecnicamente il passaggio da ciclocross alla strada è semplice, come lo era ai miei tempi, con la mtb il discorso è diverso. Cambia la posizione in sella, cambia lo strumento stesso, servono adeguamenti particolari, per questo penso che un’Olimpiade non si possa inventare, ma si debba fare tutto quel che serve».

Adrie non ha voluto commentare la prestazione di suo figlio all’ultimo Giro, vissuto alla sua maniera, sempre per dare spettacolo. Chiacchierando però sono venuti fuori interessanti piccoli “fuori programma” del corridore dell’Alpecin Fenix, che ad esempio si è fermato durante una salita per formare un autografo, oppure si è messo a pedalare su una ruota e si è anche messo a scherzare in mezzo al gruppo con Pascal Eenkhoorn smentendo di fatto tutti coloro che lo giudicano schivo e poco socievole. E’ il suo modo di divertirsi, soprattutto con la bici da strada che, per sua stessa ammissione, spesso non gli dà le stesse sensazioni e gli stessi brividi della mtb. Infatti dopo il Giro ha dedicato una lunga giornata a un allenamento di oltre 90 chilometri sulle sponde del Lago di Como.

Ancora tanto da fare…

Su un aspetto però il padre del vincitore del Fiandre ha tenuto a mettere l’accento e riguarda le scelte di squadra fatte da Mathieu. Molti infatti si sono chiesti come mai non sia passato attraverso la Rabobank che in Olanda era una sorta di passaggio obbligato.

«E’ stata una scelta sia di Mathieu che prima ancora di David – ha sottolineato Adrie – è pur vero che non hanno poi insistito tanto per averlo, forse perché scottati dal rifiuto del fratello maggiore.

«A conti fatti però questo ha portato vantaggi – ha proseguito l’illustre genitore – innanzitutto perché sin dalla più giovane età Mathieu ha potuto correre libero da schemi, sviluppando quella sua propensione ad attaccare. Poi perché si è sviluppato un forte legame con Christoph Roodhooft, che è andato avanti negli anni. Ma io sono convinto che i due non abbiamo ancora dato tutto e quindi Mathieu possa ancora crescere».

Anche Pozzato si tiene strette le impennate di Van der Poel

03.06.2022
4 min
Salva

Ha vinto, ha perso, ha attaccato e si è staccato. E soprattutto ha impennato. Mathieu Van der Poel ha lasciato il segno in questo suo Giro d’Italia. A volte, diciamo pure spesso, i suoi attacchi sono stati sconsiderati e così abbiamo voluto porre a giudizio questo suo modo di fare a Filippo Pozzato.

Anche Pippo era un cacciatore di classiche come Van der Poel e magari può cogliere meglio il suo modo di fare in una grande corsa a tappe.

Se avesse vinto il tappone di Lavarone VdP avrebbe messo nel sacco un’altra impresa folle
Se avesse vinto il tappone di Lavarone VdP avrebbe messo nel sacco un’altra impresa folle

Il Giro come test?

Da un punto di vista tecnico, noi abbiamo interpretato questo modo di correre anche come un test. Pensiamo alla fuga verso Lavarone, per esempio.

In fin dei conti, è vero che l’asso della Alpecin-Fenix aveva già preso parte lo scorso anno al Tour, ma sapeva anche che si sarebbe fermato (come è stato) dopo una decina di frazioni. Di fatto questo era il suo primo grande Giro. E tutti quegli attacchi magari gli sono serviti per conoscere meglio il suo fisico: spingerlo al limite, vedere come reagisce, come recupera.

Forse sarà anche stato così, oppure la motivazione è più semplice. Parola dunque a Pozzato.

Pozzato ha presentato il Giro del Veneto che organizza con il suo gruppo, PP Sport Event (foto Instagram – Pocisofficial)
Pozzato ha presentato il Giro del Veneto che organizza con il suo gruppo, PP Sport Event (foto Instagram – Pocisofficial)
Filippo, ti è piaciuto Van der Poel in questo Giro?

Molto direi. Lo ha interpretato in modo spettacolare. Questo suo correre senza un senso piace alla gente. A volte gli va bene, a volte gli va male. Poi lo sapete, a me piacciono questi personaggi, sono una figata! Mi ricorda il Peter Sagan di 5-6 anni fa. Sarebbe stato bello vederli insieme entrambi al massimo. Hanno caratteristiche simili nel modo di correre. Un modo che cattura il pubblico.

Un Pozzato, anche lui cacciatore di classiche, però non avrebbe corso così? Spesso, VdP ha sprecato energie e avrebbe potuto finalizzare di più…

Intanto io non avevo la gamba di Van der Poel e questo per forza di cose mi faceva correre con più testa, al risparmio. Con la sua gamba ti diverti! No, non credo che siamo paragonabili. A livello di logica, non avrebbe avuto molto senso, ma Van der Poel sa cosa sia la logica? Intendo in senso buono.

Okay, correre così è bello, piace alla gente, però qualche vittoria sulla coscienza ce l’ha. A Napoli per esempio ha commesso un grande errore…

Però quel giorno in fuga c’era tanta gente e alcuni team avevano più corridori. In questo modo hanno fatto gioco di squadra. E poi bisogna essere in corsa, nelle gambe dell’atleta, per capire certe cose fino in fondo. Sì, al Giro ha buttato tante tappe, però con questo suo modo di correre ha anche vinto tante corse in modo inaspettato. Ripeto, è il bello di questo corridore.

Però quando ha usato la testa è andato a segno. Pensiamo alla prima tappa in Ungheria…

Perché lì non doveva sbagliare: c’era la maglia rosa in ballo. In quell’occasione ha fatto i suoi calcoli, servivano testa e intelligenza. E quando serve, lui le usa. 

Durante il Giro, parlando con gli altri corridori ci dicevano che Mathieu è così: lui in bici si diverte. Lo vedevano. Anche per te è così?

Sì. Con la sua gamba è così. Però non è qualcosa per tutti. I corridori hanno ragione sicuramente. Atleti come Mathieu si divertono e fanno spettacolo. Se fanno spettacolo si divertono. E quando smettono di divertirsi, calano anche nella prestazione. E non lanciano più il cappello all’aria.

Il pubblico italiano ha abbracciato Van der Poel, anche per questi suoi folli attacchi
Il pubblico italiano ha abbracciato Van der Poel, anche per questi suoi folli attacchi
Quindi, Filippo, queste impennate ce le teniamo strette?

Ma sì! Ha iniziato Sagan e bene così. Abbiamo bisogno di personaggi del genere. Dobbiamo avvicinare i giovani. Dobbiamo far passare il messaggio che il ciclismo è uno sport figo, che ti aiuta a vivere bene. Non è solo quello eroico e duro, quello dei sacrifici, delle rinunce. Il ciclismo è il ragazzo, è il manager che la sera a fine giornata si ritrova al bar con gli amici per un aperitivo e poi parte con la luce sulla bici per una girata col buio. Va a divertirsi. 

Un punto di vista che rompe con il passato…

Far fatica non è brutto. Andare in bici non è una condanna. Lo dico sempre ai ragazzi del mio staff: rivolgiamoci ad un target dai 25 ai 50 anni. Facciamo vedere a questa grossa fetta di pubblico quanto sia figo andare in bici. La bici non è solo sofferenza. L’idolo dei ragazzini non deve essere Cristiano Ronaldo, deve essere un Van der Poel, un Sagan. Nel ciclismo la prestazione resta centrale, non è un gioco, ma uno sport. Il sacrificio resta alla base per raggiungere i risultati sportivi, dico solo che però non deve essere visto come una condanna.

Bisogna cambiare anche il modo di comunicare…

Anche voi giornalisti. Apriamoci, facciamoci vedere anche nella vita normale. Io 12 anni fa prendevo le multe dalle mie squadre perché utilizzavo i social, adesso è scritto nei contratti dei corridori. E’ così che fai vedere e che nasce un idolo.

Affini e De Bondt, ispirazione e rispetto sul traguardo di Treviso

26.05.2022
6 min
Salva

L’ultima volta che Affini s’era ritrovato a fare uno sprint fu nel 2019 in Norvegia e gli andò bene, poiché vinse. Il mantovano correva ancora con la Mitchelton-Scott. La tappa aveva l’arrivo a Sandefjord. Ancora una fuga, ma di cinque. E volata vincente su Anders Skaarseth.

«E’ passato tanto tempo – riesce a scherzare Edoardo – penso però che la volata l’ho fatta bene. Io non sono molto esplosivo quindi avevo bisogno di lanciarla lunga. Penso di essere partito intorno ai 230-250 metri, sperando che gli altri fossero più stanchi. Sapevo che Dries De Bondt e Magnus Cort erano più veloci di me, ma in qualche maniera me la sono dovuta giocare e penso di averlo fatto bene».

Dopo la linea di arrivo, Affini si è preso due minuti per smaltire la delusione e poi si è raccontato
Dopo la linea di arrivo, Affini si è preso due minuti per smaltire la delusione e poi si è raccontato

Un Giro molto duro

E’ stato per un po’ piegato sulla bici, riprendendo fiato a stento. Quando poi si è sollevato e si è messo in piedi, ci ha costretto al passo indietro per guardarlo in faccia, tanto ci è parso alto. Gli occhi chiari passano da lampi di orgoglio ad accessi di delusione.

«L’idea stamattina – conferma – era quella di andare in fuga. D’altronde io non posso fare altro. Questo Giro è stato molto duro per uno della mia stazza (Affini è alto 1,92 e pesa 80 chili, ma la sensazione è che questo Giro lo abbia sfinato molto, ndr), peccato! Un’occasione mancata. Sono ancora lì e cercherò di fare meglio la prossima volta. Ancora una volta secondo. Sicuramente brucia, però continuiamo a provarci e prima o poi riuscirò a portarla a casa. Evidentemente c’è da lavorare».

Il gatto nel sacco

Questa fuga, a ben vedere è stata una figata. I ragazzi davanti hanno giocato col gruppo. Preso vantaggio, hanno capito che le squadre dei velocisti non si sarebbero dannate per riprenderli, perché altrimenti sarebbe partita un’altra fuga e sarebbe toccata a loro gestire la situazione

«Nella prima parte – spiega Affini – siamo andati full gas per prendere vantaggio. Poi abbiamo deciso di mollare un po’ fino alla salita di Refrontolo. Là in cima abbiamo deciso di accelerare e guadagnare tempo. Il piano ha funzionato molto bene. Siamo andati d’accordo sino alla fine e abbiamo mantenuto la tattica che ci eravamo dati in fuga. Alla fine nell’ultimo chilometro è iniziato un po’ il gioco. Dries è stato più veloce, ma lui è stato molto forte anche in fuga, complimenti al vincitore».

I quattro in fuga non hanno saltato un solo cambio: la loro azione è stata eccezionale
I quattro in fuga non hanno saltato un solo cambio: la loro azione è stata eccezionale

Ispirazione De Bondt

Dries De Bondt è un ragazzo sveglio, che dalla vita non ha avuto solo carezze. Per questo quando racconta la vittoria, a tratti si commuove e in ogni caso dalle sue parole traspare l’orgoglio.

«Io non sono un grande vincitore – dice – sono uno del gruppo che lavora a volte per Mathieu, a volte per Merlier oppure per Philipsen e sono felice di farlo. Vivo un sogno e ne sono consapevole. Prima di essere un pro’ ho avuto un incidente nel 2014 che mi ha fatto capire che bel lavoro sia questo. E quando poi ho vinto la prima corsa nel 2016 ho ricevuto messaggi da gente che conosceva la mia storia. Ero diventato un’ispirazione e sono orgoglioso di essere d’esempio per qualcuno».

Dries De Bondt ha 30 anni ed è professionista dal 2017
Dries De Bondt ha 30 anni ed è professionista dal 2017

«Quando finalmente sono riuscito a passare Affini – prosegue – ho lasciato che tutte le emozioni venissero dentro di me. Ci sono così poche occasioni di fare cose come queste, che è incredibile riuscirci. Anche io ho avuto degli esempi. Di certo Tom Boonen. Vederlo vincere i Monumenti e il modo in cui lo ha fatto mi ha fatto innamorare del ciclismo. Devi combattere per i tuoi sogni. Amo questo lavoro, fa vedere belle persone e bei posti. Per questo do sempre tutto per inseguire i miei obiettivi».

La crono? Forse no…

Dopo la riga e prima di fermarsi, Affini gli ha fatto i complimenti. E mentre raccontava la sua giornata in fuga e l’aver giocato con il gruppo come il gatto col topo, lo sguardo è andato alla crono di Verona. Il ritiro di Almeida e l’assenza di Ganna potrebbero spalancare la porta al gigante mantovano.

«Ma non penso che la crono sia un obiettivo realistico – ammette Affinila farò a blocco, sperando di avere la gamba giusta, ma è un percorso che non mi si addice molto. C’è un po’ di piana e molte curve, non dà molta velocità. E poi le Torricelle sono 5 chilometri al 5 per cento di media, posso cercare di non perdere troppo, ma al confronto di altri corridori più quotati, sarà molto difficile».

Poi Affini si concede a un’intervista in olandese e strappa l’ammirazione dell’inviato di Eurosport. L’abbiamo già detto, l’Olanda è la seconda casa, visto che lassù vive la sua compagna. E mentre lo ascoltiamo ripetere parole incomprensibili, il rimpianto invade anche noi. Di una cosa siamo certi: prima o poi verrà. Ha ragione De Bondt: si deve combattere per i propri sogni. Allenarsi e provare, allenarsi e provare. Affini lo sa, è solo questione di tempo.

Mareczko 2022

Giro dimenticato, Mareczko è già in gara per vincere

26.05.2022
4 min
Salva

Mentre il Giro d’Italia va avanti, il resto del mondo ciclistico non sta con le mani in mano. Molte sono le gare in programma nel calendario e sabato scorso ne è andata in scena una particolare, la Veenendaal-Veenendaal in Olanda. Particolare perché, nata nel 1985, è una delle pochissime classiche rimaste riservata espressamente ai velocisti: gara senza asperità di rilievo, una lunga cavalcata verso la soluzione finale che quasi sempre è una volata di gruppo.

Scorrendo l’ordine di arrivo dell’ultima edizione si scopre che ai piedi del podio nella gara nella quale ha riassaggiato il sapore del successo Dylan Groenewegen, c’era Jakub Mareczko, lo sprinter dell’Alpecin-Fenix che al Giro d’Italia c’era, chiudendo la sua esperienza anzitempo. Una cosa del genere fino a qualche anno fa non sarebbe stata permessa. Chi si ritirava in un grande giro, doveva poi star fermo fino alla sua conclusione. Le pressioni dei team hanno però spinto l’Uci a rivedere questa regola.

Mareczko, che in questi giorni è in Belgio per seguire il calendario del Nord, applaude questa scelta che gli ha permesso di tornare in gara prima del previsto: «E’ un’opportunità in più che viene data ai corridori per fare semplicemente il loro lavoro. Oltretutto ho potuto trovare corse più adatte alle mie caratteristiche, più del Giro d’Italia».

Groenewegen Veenendaal 2022
La volata vincente di Groenewegen a Veenendaal: Mareczko è dall’altra parte della strada
Groenewegen Veenendaal 2022
La volata vincente di Groenewegen a Veenendaal: Mareczko è dall’altra parte della strada
Ripartiamo allora dalla corsa rosa. Non era nei tuoi programmi, vero?

Ho saputo che dovevo correrlo due giorni prima della partenza… Tim Merlier che era lo sprinter candidato alla gara si era fatto male al gomito e non aveva recuperato in tempo, così mi hanno chiamato come velocista della squadra, considerando che non avevamo un uomo per la classifica. Il fatto è che anch’io non ero nel pieno della condizione: in Turchia mi ero fratturato lo scafoide, il recupero è stato lento e questo mi ha un po’ condizionato.

Tu di fatto hai potuto gareggiare solo nella porzione ungherese…

Sì, perché il quarto giorno sull’Etna sono emersi tutti i miei problemi di tenuta. Oltretutto quest’anno sto soffrendo particolarmente l’allergia e in Sicilia non riuscivo proprio a respirare. La squadra mi aveva messo anche un compagno per aiutarmi a salire la montagna quando ho perso le ruote del gruppo, ma mi sentivo davvero male, così ho preferito mollare.

Eppure in Ungheria non eri andato male.

No, nell’unica volata disponibile, nella terza tappa ero giunto quinto. La squadra aveva lavorato benissimo e Mathieu era davanti per pilotarmi verso lo sprint finale, ma alla rotonda dell’ultima curva un avversario mi ha tolto dalla sua ruota. Ho dovuto a quel punto inventare la volata, ma con un po’ più di fortuna nella preparazione avrei potuto fare anche meglio. 

Mareczko Giro 2022
Mareczko in Ungheria: il Giro era iniziato abbastanza bene, con il 5° posto a Balatonfured
Mareczko Giro 2022
Mareczko in Ungheria: il Giro era iniziato abbastanza bene, con il 5° posto a Balatonfured
Anche se la tua esperienza è stata breve, com’è stato il primo Giro nell’Alpecin di Van Der Poel?

Da quel punto di vista non posso dirne altro che bene. La squadra corre per Mathieu e Mathieu corre per la squadra. In quello sprint si era messo volentieri a disposizione e con la sua potenza mi stava portando nella posizione ideale per lo sprint. Questo lo fa uno che tiene ai risultati di tutti, non corre solamente per sé.

E dopo il ritiro?

Sono rimasto fermo un paio di giorni, fatto le terapie possibili per l’allergia ma soprattutto poi ho potuto fare qualche allenamento giusto, mi sono sentito meglio. In Belgio oltretutto l’aria per me è più respirabile in questo periodo, così a Veenendaal ero un altro Mareczko.

Che corsa è quella olandese, è davvero una delle poche rimaste per voi velocisti?

Sì, anche se ha le sue difficoltà. E’ una gara nervosa, con stradine strette tipiche dell’Olanda, dove devi essere sempre attento alla guida. All’inizio ad esempio c’era molto vento e la Jumbo Visma ha fatto un ventaglio, noi per fortuna eravamo rimasti davanti ma il gruppo si è spaccato.

Mareczko Van Den Bossche 2022
In casa Alpecin l’atmosfera è buona, Jakub testimonia la disponibilità dei compagni ad aiutarlo
Mareczko Van Den Bossche 2022
In casa Alpecin l’atmosfera è buona, Jakub testimonia la disponibilità dei compagni ad aiutarlo
Dove ti vedremo ancora?

Continuo con le gare fra Belgio e Olanda, come detto qui respiro meglio e posso esprimermi. Oggi c’è il Circuito di Vallonia e domenica un’altra gara. Speriamo di portare a casa qualcosa, il quarto posto di sabato mi ha soddisfatto per com’è arrivato e quel che significava, ma voglio e valgo di più.

E poi?

Non so ancora quale sarà il programma, ma di sicuro non sarò al Tour.

Incidenti a parte, come giudichi questa prima parte di stagione?

Era partita bene, a febbraio con la vittoria di tappa e la conquista della classifica a punti al Giro di Turchia stava procedendo nel migliore dei modi, poi le cadute e l’allergia mi hanno un po’ frenato. Ora però sono in ripresa, vediamo come vanno le prossime corse ma io sono ottimista.

Dagli “svincoli micidiali” spunta Oldani, gregario (anche) in fuga

19.05.2022
7 min
Salva

Tutto all’improvviso. Da che non avevamo vinto neanche una tappa, a fare una doppietta. Dopo Alberto Dainese, oggi la corona la mette Stefano Oldani. «Un corridore che non ha rubato niente», come dice Lorenzo Rota, colui che è stato battuto.

Genova è schiacciata tra mare e montagne. Francesco De Gregori parla dei suoi “svincoli micidiali”, ma oltre a svolte improbabili e agli stretti caruggi, ci sono questi grandi viali. Lunghi rettilinei ampi come boulevard parigini. Vialoni che sono belli se guidi senza traffico o se porti a spasso il cane, ma diventano infiniti se ti stai giocando una tappa del Giro d’Italia.

La profezia di Basso

Dall’ultima curva, esattamente ai mille metri, si vedeva l’arrivo. Un arrivo che tirava, come si dice in gergo. Della numerosa fuga del giorno arrivano solo in tre: Rota, Oldani e Leemreize, giovane spina olandese nel fianco.

Spina che si rivela pungente. Scatta due volte in quei mille metri. Forse aveva gambe, ma di certo non ha ancora tempi e rapporti adeguati. Quando è partito era davvero troppo duro. Oldani è un gatto e chiude subito. 

«Vince Oldani», dice secco Ivan Basso dietro l’arrivo. Sarà che lo conosce, visto che lo aveva avuto quando Stefano era alla Fundacion Kometa. 

Ma intanto i metri passano. Il rettilineo sembra non finire mai. La prima fiammata si conclude con un “nulla di fatto”. Sono ancora in tre.

Cinquecento metri. L’olandese è sulla destra. Oldani e Rota sulla sinistra. Non si tratta di più di essere velocisti, ma di avere forza. Tutti e tre hanno le mani in presa bassa, pronti ad esplodere. Leemreize guarda a sinistra, i due italiani a destra.

Trecento metri. Vanno pianissimo. E’ quasi un surplace da pistard. Di nuovo è l’olandese a prendere l’iniziativa. Ed è di nuovo Oldani a chiudere. 

Rota è stato il primo ad attaccare nella fuga dei 25… Leemreize è stato il primo a seguirlo, poi Oldani
Rota è stato il primo ad attaccare nella fuga dei 25… Leemreize è stato il primo a seguirlo, poi Oldani

Rota non molla

Rota sembra messo alla grande, a ruota di Stefano. Deve “solo” saltarlo. Il corridore della Jumbo-Visma invece è out.

«Non ho mai pensato di anticipare lo sprint – racconta Rota – eravamo tutti stanchi e poi in tre è molto difficile… e rischioso. E infatti l’olandese ci ha provato, ma è stato ripreso. Pensavo alla volata. Sapevo che Stefano è veloce, ma è così che avevo deciso di giocarmela. E anche se la velocità fosse stata più alta, non sarebbe cambiato nulla».

«Non ho rimpianti. Stefano non ha rubato niente. Sono le corse. Io non posso che essere contento. Sto crescendo. Sono stato lontano quasi due mesi dalle gare. La gamba è buona. Anche l’altro giorno avevo fatto un buon lavoro per Girmay e oggi stavo bene. Tanto che io stesso ho deciso di partire ai 60-70 chilometri dall’arrivo. Proprio perché la gamba c’era. E poiché la gamba c’è ci riproverò».

Non ha rimpianti Rota. E si percepisce. Il suo tono di voce è serio sì, ma anche pacato e sincero. Intanto arriva Taaramae che gli dà una pacca sulla spalla: «Good job, Lore», hai fatto un buon lavoro Lorenzo. Lui svolta la bici e se ne torna al bus.

Il pianto e l’urlo liberatorio dopo il traguardo. Per Oldani è la prima vittoria da pro’
Il pianto e l’urlo liberatorio dopo il traguardo. Per Oldani è la prima vittoria da pro’

Urla di gioia

Chi invece resta ancora in zona arrivo è Oldani. Dopo essersi gettato a terra lasciandosi ad urli di gioia, misti a commozione, il lombardo si rialza. Va dietro al palco per premiazioni, interviste con le tv, antidoping…

Van der Poel, arrivato a spasso e quasi ripreso dal gruppo 8′ dietro, se lo abbraccia. E’ la seconda vittoria per gli Alpecin Fenix.

«Quell’abbraccio è stata un’altra ondata di emozioni – dice Oldani – ed è bello riceverla da un campione come lui. Idem il mio urlo e il mio essermi buttato a terra dopo il traguardo. E’ stata una reazione naturale, spontanea, uno svuotarsi di emozioni. Avevo un gran voglia di arrivare. Erano quattro anni, dalla seconda stagione da under 23, che non vincevo. Mi mancava alzare le braccia al cielo».

Dalle emozioni, alla strada. Oldani ha corso in modo magistrale. Gestendo bene anche la pressione di chi è consapevole di essere il più veloce.

«Non conoscevo queste strade – racconta – ma poi, proprio all’ultimo ho riconosciuto il finale. Feci infatti il Giro Appennino con la nazionale under diversi anni fa.

«Sapevo di essere il più veloce però non ci ho pensato. Non volevo immaginarmi la volata. Poi con Lorenzo ci conosciamo bene, in gruppo parliamo spesso e gli ho detto: “Ciccio, andiamo all’arrivo, non guardiamoci. Giochiamocela in volata e che vinca il più forte. Non volevo rimorsi e neanche stare a pensare magari di dover chiudere su di lui. Immaginavo, come è stato, che l’olandese ci avrebbe provato. 

«E poi non volevo stare a pensare troppo allo sprint perché io di viaggi mentali già me ne faccio tanti per conto mio! E se mi mettevo a pensare alla vittoria o quanto sarebbe stato bello vincere una tappa al Giro e poi non ci fossi riuscito… lasciamo perdere».

Fuori programma

Come ieri per Dainese, non doveva essere Stefano “a fare la corsa”. Il leader era proprio Van der Poel.

«Il piano era di essere almeno in uno nella fuga di giornata – dice Oldani – ma se questa fosse stata numerosa dovevamo essere di più. Non volevamo ripetere l’errore di Napoli. E infatti alla fine eravamo in tre. Ovviamente Mathieu era il leader.

«Credo si sia visto che più di una volta sono andato a prendergli il ghiaccio, i gel, le borracce… E anche quando sono andato via era solo per rilanciare l’andatura e non lasciare andare Rota (per questo VdP ad un certo punto tirava mentre Oldani era davanti, ndr). Poi si è aperto un certo gap e a quel punto ci ho provato io».

Quando tutto è contro

Ma le difficoltà per Stefano non sono state solo quelle di un gregario che si ritrova in fuga. In quell’urlo post arrivo c’è anche il fatto di aver pagato a caro prezzo il passaggio nel WorldTour nell’anno del Covid e anche quello di non aver potuto andare in ritiro in Spagna con la squadra per la questione della camera ipobarica, vietata per gli atleti italiani.

«Il discorso della camera ipobarica mi lascia deluso – dice serio Stefano – deluso dal nostro movimento, perché è una questione vecchia che nessuno ha più preso in mano. Credo che solo uno o due Paesi al mondo ormai non concedano questi tipi di allenamenti. Questo mi lascia scosso e dice quanto siamo indietro su certe questioni».

«Più di tre quarti del gruppo ne fa utilizzo. Qualcuno dovrebbe rifletterci. Noi italiani siamo in svantaggio. Prima del Giro mi sono fatto due settimane di altura sull’Etna da solo, quando la mia squadra era tutta in Spagna presso questi hotel con la camera ipobarica.

«Loro oltre che allenarsi meglio insieme, facevano gruppo, avevano i meccanici, i massaggiatori… io no. E ogni volta per tornare in quota dovevo farmi un’ora di salita non avendo la macchina al seguito».

Da Genova a Sanremo

Ma è tempo di gioire, di fare dei ringraziamenti. A Basso che gli ha insegnato tanto, alla Colpack che lo ha fatto crescere, a chi lo ha sempre sostenuto e alla sua fidanzata, Lavinia… che lo fa mangiare bene! Oldani infatti, nonostante il nome da chef, in cucina dice di essere negato.

«Per fortuna che c’è lei, altrimenti mangerei solo cibo in scatola! Mi fa alimentare in modo adeguato».

E a proposito di cene e di mangiate, da quando si è trasferito da Milano a Como, non si allena più da solo e fa un po’ meno slalom nel traffico.

«Da quando sono a Como tutto è migliorato. Prima uscivo sempre da solo. Anche per la Sanremo mi feci sette ore in solitaria. Ora invece esco spesso con Cataldo, Nizzolo, Ballerini… siamo in tanti corridori. “Ballero”, che era in fuga, mi ha detto: “Oh, oggi è per te”. E io gli ho risposto: “Ma non vedi che sto facendo il gregario?”.

«Con lui ho un bellissimo rapporto. Quest’inverno siamo stati a cena insieme praticamente ogni sera. O io ero da lui, o lui era da me. Chiacchierate, giochi da tavola…».

Balatonfured: Cav esulta, ma il numero lo fa Ballerini

08.05.2022
6 min
Salva

«L’uomo del giorno è Davide Ballerini», ha detto Mark Cavendish al microfono di Stefano Rizzato della Rai, appena terminata la corsa. Per l’ex iridato è la vittoria numero sedici al Giro d’Italia, la prima dopo nove anni. Sul velocissimo rettilineo di Balatonfured infila Demare e Gaviria, grazie ad un lavoro da manuale di Davide Ballerini, che spiana lo sprint a Cav stesso e ai suoi compagni del treno.

Giornata strana oggi, la terza ed ultima in Ungheria. La fuga va via subito. Di nuovo Bais e Taliani ad animarla e con loro stavolta c’è Rivi. Non c’è battaglia. Il gruppo ragiona sin troppo, sapendo che si arriverà in volata e li lasciano andare alla prima occasione.

Calma apparente

Però non è una frazione facile. Ed è anche beffarda. Quasi “pianura francese”, si potrebbe dire, con tanti saliscendi, vento in qualche punto e un lungo preludio al caos esplosivo dei venti chilometri finali.

Ma solo l’elicottero, ancor più della linea d’arrivo può descrivere la portata della volata di questo pomeriggio al Giro. Nel chilometro finale c’è stato un continuo rimescolamento delle carte.

In questo rimescolamento che vi dicevamo, la Quick Step – Alpha Vinyl e Cavendish sono stati gli unici a mantenere la barra dritta, merito appunto soprattutto di Davide Ballerini.

Il comasco entra in scena a 1.500 metri dall’arrivo. In quel momento il gruppo è aperto in due. Due treni sui lati della strada. Davide porta fuori al centro quello della Quick Step. Lo fa con una potenza straordinaria. Tanto da farlo sembrare facile.

«Ci voleva per Cavendish e per noi – commenta a caldo Ballerini – Sono stato bravo? Beh, ho fatto quello dovevo fare. Sono davvero felice perché se un compagno come Cav dice queste cose è perché è soddisfatto di come ho lavorato, è consapevole di ciò che ho fatto e ancora di più è consapevole della propria condizione.

«Sì, ci serviva proprio questa vittoria. Serve per il momento e per il resto del Giro. E si vedrà quel che potremmo fare quando rientreremo in Italia».

La grinta di Davide Ballerini, oggi decisivo per Cavendish
La grinta di Davide Ballerini, oggi decisivo per Cavendish

L’uomo del giorno

Ballerini racconta poi di come si sia arrivati ad un lancio pressoché perfetto dello sprint. Uno sprint che Bramati e i suoi ragazzi avevano ben in mente. E che di fatto è partito in modo definitivo prima del Gpm vinto da Eenkhoorn, anche se magari non si vedeva.

«Abbiamo organizzato un grande treno. Eravamo tutti lì nello stesso momento – riprende Ballerini – Per fortuna che ho trovato spazio per passare appena prima della rotonda a un chilometro e mezzo dall’arrivo (fortuna? Aveva un velocità altissima, ndr). Non so a quanto andassi, ma credo oltre i 60 all’ora perché giravo bene il 54×11».

«Però noi quattro (Cavendish, Ballerini, Morkov e Van Lerberghe, ndr) ci tenevamo sott’occhio. Ci vedevamo e sapevamo che saremmo stati noi gli uomini decisivi. E in questo caso l’unione fa la forza. Dopo che mi sono spostato, nel caos, ho cercato di guardare la volata dal tabellone, ma non ho fatto in tempo. Poi quando ero ai 100 metri, per radio ho sentito che hanno iniziato ad esultare e ho capito che Cav aveva vinto. Però un po’ lo vedevo che era davanti».

Ballerini ha davvero finito da poco la tappa. E’ vero, è stato lui l’uomo del giorno. Tornando al discorso dell’elicottero si è vista nettamente la sua progressione e come la sua manovra di fatto abbia disegnato tutta la volata.

«Forse non mi rendo conto. Sto ancora cercando di rivederla. Però come ho detto è stata un bella giornata. E poi stranamente oggi Mark era tranquillo. Di solito quando sta bene e vuol vincere è sempre nervoso. Invece in gruppo nei momenti in cui siamo andati piano, abbiamo chiacchierato, abbiamo riso. Questo vuol dire che è sereno perché non è mai facile sbloccarsi nei grandi Giri».

Mareczko gamba e rimpianti

Ma per un Cavendish che alza le braccia al cielo c’è chi invece si porta dietro qualche rimpianto. Non tanto per non aver vinto, ma per non essere riuscito ad esprimere tutto il proprio potenziale.

Jakub Mareczko e Biniam Girmay ne sanno qualcosa. L’italiano più dell’eritreo. Entrambi infatti, più volte sono stati costretti a smettere di pedalare chiusi com’erano. Girmay anche per sue scelte di traiettoria, Jakub invece perché era stretto alle transenne: risalendo da dietro non aveva spazio. Ciò nonostante ha rimontato in modo feroce.

«Sono contrariato – ammette con tono deluso Mareczko – abbiamo lavorato tutto il giorno con un uomo là davanti, poi anche la Quick Step ci ha dato una mano. E avevamo lavorato bene anche nel finale. Eravamo tutti in testa al gruppo. Van der Poel doveva tirarmi la volata, ma all’ultima rotonda qualcuno mi ha buttato fuori. Così ho perso le ruote di Mathieu e sono stato costretto a risalire».

Un vero peccato per “Kuba”. In effetti la Alpecin-Fenix era la squadra più numerosa. Il  suo treno era composto da ben sette uomini a due chilometri dalla fine e Jakub aveva un apripista d’eccezione, VdP appunto. Uno che quasi avrebbe potuto vincerla questa volata.

«Sì – riprende  Mareczko – i programmi erano che Mathieu mi tirasse lo sprint e così sarà anche nei giorni a venire. Le volate le faccio io. Mi dispiace perché stavo bene. La gamba c’è, ma ritrovarsi indietro ai 900 metri e risalire significa buttare tutto all’aria».

Ancora un bagno di folla per la corsa rosa. Si chiude così una bella tre giorni in Ungheria
Ancora un bagno di folla per la corsa rosa. Si chiude così una bella tre giorni in Ungheria

Ciao Ungheria

Il Giro d’Italia saluta così l’Ungheria. A parte l’interpretazione della corsa di oggi, un po’ troppo razionale e per questo lasciva, nel complesso si riparte con un gran bell’inizio: tre vincitori di spessore, tre gare adrenaliniche e, lo diciamo di nuovo, un super bagno di folla.

Speriamo che da martedì ci sia lo stesso entusiasmo anche sulle nostre strade.

E adesso sotto con l’Etna.

VDP davanti a tutti e Oldani promette: è l’inizio…

07.05.2022
5 min
Salva

Miglior inizio di Giro d’Italia non ci poteva davvero essere per l’Alpecin-Fenix. Il primo obiettivo è stato raggiunto con Mathieu Van Der Poel che ha abbinato la maglia rosa alla maglia gialla dello scorso Tour de France. Questa volta non c’era da onorare la memoria del nonno Raymond Poulidor, che il Giro d’Italia non lo aveva mai voluto correre puntando tutto sul Tour, ma era una ambizione tutta sua, un altro obiettivo da centrare in questa stagione nata in maniera strana. Ma il suo Giro è appena cominciato e per capire come vuole affrontarlo abbiamo sentito uno dei due italiani chiamato a sostenerlo in gara: Stefano Oldani.

Il 24enne milanese arriva a questo Giro non senza ambizioni personali, ma di questo si parlerà tra poco, prima c’è da festeggiare la conquista del capitano, con cui finora Stefano aveva condiviso poche soddisfazioni simili.

«Quest’anno avevamo disputato due sole corse insieme, la Sanremo nella quale aveva sorpreso tutti ma non noi e l’Amstel Gold Race alla quale teneva molto e che non era andata secondo i suoi desideri».

Vdp Visegrad 2022
Van Der Poel in rosa a Visegrad: seconda maglia conquistata in carriera, sempre all’esordio
Vdp Visegrad 2022
Van Der Poel in rosa a Visegrad: seconda maglia conquistata in carriera, sempre all’esordio
Come mai non eravate sorpresi? In fin dei conti veniva da un inverno tribolatissimo, senza quasi tutto il suo amato ciclocross e tanti problemi alla schiena…

Quando corri con un campione simile, sai che se decide di presentarsi in gara, soprattutto in una grande corsa, lo fa perché se la sente, è in forma. Alla Sanremo si vedeva che volava. Quando hai un talento simile, certe cose vengono spontanee. Sa bene che i problemi alla schiena sono qualcosa con cui dovrà convivere e si è adattato, fa i suoi esercizi specifici prima di ogni gara perché sa che deve avere cura del suo fisico perché possa rispondere alle sue sollecitazioni.

Com’era Mathieu nel suo approccio alla corsa rosa?

Tranquillo, con lo stato d’animo di chi sapeva di poter centrare l’obiettivo. Mathieu tiene molto a questa corsa e ha già detto che al Tour ci si penserà quando sarà il momento. E’ il capitano di una squadra come la nostra che parte un po’ in maniera piratesca, puntando a raccogliere il più possibile senza mai dover guardare alla classifica, non avendo un uomo per essa. Il che per certi versi può essere un vantaggio.

VDP Sanremo 2022
L’olandese dietro il rivale Van Aert alla Sanremo, chiusa con un 3° posto clamoroso essendo al rientro
VDP Sanremo 2022
L’olandese dietro il rivale Van Aert alla Sanremo, chiusa con un 3° posto clamoroso essendo al rientro
Oltretutto vi è venuta a mancare l’altra punta, Tim Merlier…

Sì, la sua caduta ha cambiato un po’ le prospettive della squadra, ma non il suo equilibrio, perché avremo Mareczko per le volate e sono sicuro che Jakub si farà vedere. Inoltre non nascondo che in qualche particolare arrivo vorrei provarci anch’io… Intanto però abbiamo la nostra punta che ha già “fatto gol” e sono sicuro che non sarà l’unico, visto soprattutto che Mathieu intende andare avanti fino alla fine.

Quali sono gli arrivi che ti si addicono di più?

Io non sono abituato a fare piani prima del via perché poi so che vengono regolarmente disattesi. Ho dato una sommaria occhiata al programma ma ora lo sto studiando con più attenzione e un paio di tappe col circoletto rosso ci sono, ma preferisco non dire quali sono, per scaramanzia.

Oldani 2022
Stefano Oldani è pronto ad aiutare Van Der Poel, ma avrà le sue occasioni per emergere
Oldani 2022
Stefano Oldani è pronto ad aiutare Van Der Poel, ma avrà le sue occasioni per emergere
Torniamo a VDP: come si è preparato per questo Giro considerando che il periodo delle classiche è finito da poco?

Questo è un tema che mi ha lasciato dell’amaro in bocca. Mathieu ha portato chi doveva correre al Giro in altura, sfruttando un hotel con camere iperbariche, ma io non sono potuto andare perché la giurisprudenza sportiva italiana le considera pratica illegale, a differenza di quel che avviene all’estero.

Quindi che hai fatto?

Dopo la Freccia del Brabante mi sono trasferito per due settimane all’Etna, da Pasqua fino a fine mese di aprile. Ho lavorato in altura, fatto tutto quel che dovevo, ma non mi piace il fatto che ci sia disparità.

Oldani Limburgo 2022
Oldani ha chiuso 2° alla Volta Limburg Classic, fra i belgi De Lie e Vliegen
Oldani Limburgo 2022
Oldani ha chiuso 2° alla Volta Limburg Classic, fra i belgi De Lie e Vliegen
Una vittoria è arrivata per la vostra squadra, ma accennavi di voler contribuire al bottino.

Io dico che è arrivato il momento di tornare a vincere. Al Giro del Limburgo ci sono andato vicino con un secondo posto e ho capito che potevo davvero farcela, tornare a essere quello delle categorie giovanili che le sue soddisfazioni se le prendeva. E’ chiaro che serve anche tanta fortuna, serve che tutto combaci alla perfezione come in un puzzle. Diciamo però che la vittoria di Mathieu è una bella spinta per il morale.

Il fatto di non avere un uomo di classifica perché vi dovrebbe aiutare?

Perché ci consente di poter correre all’attacco, cercare di sfruttare ogni occasione senza vincoli mentali, senza dover gestire la corsa. Ci saranno le tappe per gli uomini a caccia della maglia rosa e ci saranno quelle dove ognuno di noi potrà dire la sua. Il bello di questo team è proprio questo: ognuno può trovare i suoi spazi, la sua occasione. L’importante è farsi trovare pronti.