Adrie Van Der Poel: «Vi spiego la mia famiglia»

23.03.2021
4 min
Salva

Sono giorni intensi per Adrie Van Der Poel. I successi di Mathieu sono ricaduti anche sul padre, spesso chiamato in causa dai giornalisti di tutto il mondo per conoscere i segreti del figlio magico. Tanta attenzione lo mette anche in difficoltà, è un costo che stentava a pagare anche quando correva e vinceva, sia nel ciclocross che su strada. Ecco da chi Mathieu ha preso la sua passione per la multidisciplina. Suo padre però privilegiò la strada, cogliendo una cinquantina di vittorie tra cui Fiandre, Liegi e l’Amstel. Fu l’ultimo olandese a vincere nel 1990, prima che suo figlio chiudesse la parentesi 29 anni dopo. Poi tornò a battagliare con i nostri Pontoni e Bramati, vincendo il mondiale sui prati nel 1996. Non dimentichiamo poi chi è il nonno: tale Raymond Poulidor, forse il più amato corridore della storia francese su due ruote. Quando si dice il “DNA del campione”…

Suo nonno era Raymond Poulidor, gigante del ciclismo francese
Suo nonno era Raymond Poulidor, gigante del ciclismo francese

«Lo ricordo bene quel periodo in Italia, mi trovai benissimo come mi trovo bene ogni volta che ci vengo. Era un bel gruppo, io non parlavo la lingua, ma trovai molto appoggio fra i ragazzi. Soprattutto con Michele Bartoli avevo un bel feeling. Ora non ci vediamo molto spesso, ma quando capita è sempre un piacere».

Veniamo a Mathieu, l’uomo che tra ciclocross, strada e Mtb non si ferma mai. Tu come ti regolavi durante la stagione, dovendo passare da una disciplina all’altra?

Anch’io non mi prendevo tanto tempo di riposo fra una stagione e l’altra, ma sapevo che alcuni giorni erano necessari per rifiatare e per Mathieu è lo stesso. Io mi fermavo 4-5 giorni dopo i grandi appuntamenti: il ciclocross, le classiche, ma anche nella stagione piena un paio di giorni a settimana, se non ero in gara, li passavo senza bici. Sono però sempre stato contrario a periodi di inattività troppo lunghi.

Ecco David Van der Poel in azioone all’Urban Cross di Kortrijk 2019
Ecco David Van der Poel in azioone all’Urban Cross di Kortrijk 2019
Non pensi che tra una disciplina e l’altra, Mathieu corra troppo?

Mathieu si basa molto sulla mia esperienza. La sua stagione è pienissima, però prevede sempre di non superare i 60 giorni di gara nel complesso, per non sfruttare troppo il suo fisico. Soprattutto per la strada. Si è fermato una decina di giorni dopo i mondiali di ciclocross che lo avevano spremuto anche mentalmente, poi nel corso della stagione ogni tanto si prende qualche giorno di pausa.

Sei d’accordo con la sua scelta di puntare all’oro olimpico nella Mtb e non su strada?

Non dobbiamo dimenticare che lo scorso anno è stato strano, senza gare per la sua maggior parte e concentratissimo in tre mesi, ma Mathieu aveva già stabilito di fare la Mtb per Tokyo e non ha voluto cambiare, conoscendo anche il percorso. Aveva lavorato molto per esso, pensando anche ai materiali, alla posizione in bici e quando è focalizzato su un obiettivo non cambia. Vuole il podio nella Mtb e lavorerà per esso, anzi lo sta già facendo.

Che puoi dirci di David? E’ un ottimo ciclocrossista, perché però non segue tanto il vostro esempio e si dedica così poco alla strada?

David è un corridore diverso rispetto a Mathieu, ha fatto un passaggio verso la strada più tardivo del fratello anche se è più grande ed è più mentalizzato verso il ciclocross. Alla Alpecin Fenix sono però convinti che possa fare bene e lo sono anch’io, quando ci si è dedicato qualcosa ha raccolto (una vittoria al Giro d’Alsazia 2018, ndr). Avrà le sue occasioni per correre già quest’anno.

David ha un palmares ovviamente inferiore a quello di Mathieu, anche lui pratica il cross
David ha un palmares inferiore a quello di Mathieu
Caratterialmente come sono?

Hanno caratteri molto diversi, come sono diversi da me. Io cerco di essergli vicino senza invadere il loro campo. Ci sono però volte che Mathieu vuole avermi con sé, nei grandi appuntamenti ma non solo, in alcune trasferte, ad esempio quando è stato in Repubblica Ceka per la Coppa del mondo di Mtb. Io gli do soprattutto un supporto psicologico. Cerco di farlo stare tranquillo sapendo come sono le gare e lo stress che richiedono. Se ha bisogno di me io ci sono, sempre.