Tutti per le tappe, senza Carapaz non cambiano i piani

09.07.2023
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La EF Education-Easy Post è una delle squadre più interessanti di questo Tour de France e per assurdo lo è ancora di più dopo che aver perso il suo leader: Richard Carapaz. La squadra americana infatti è piena zeppa di grandi attaccanti. Corridori di qualità che possono andare a caccia di tappe.

Qualche giorno fa il loro team manager, Jonathan Vaughters, un po’ a sorpresa, ha detto che il ritiro del loro leader non ha poi sconvolto così tanto la squadra della Grande Boucle.

Richard Carapaz sul traguardo di Bilbao col ginocchio sanguinante. Vaughters ha detto che Carapaz è tornato subito in Ecuador
Richard Carapaz sul traguardo di Bilbao col ginocchio sanguinante. Vaughters ha detto che Carapaz è tornato subito in Ecuador

Tutti per le tappe

Moreno Moser fa ci aveva detto di comprendere bene le scelte fatte dallo stesso team manager, vale a dire, portare tutta questa qualità anche a scapito di aiutare Carapaz.

«Siamo al Tour, ci sono due corridori che già prima del via si sapeva che si sarebbero giocati la generale, meglio puntare dunque sui traguardi parziali».

E tutto sommato il manager ha dato ragione al nostro esperto. Qualche giorno dopo il ritiro aveva detto a Cyclisme Actu che: «Vero, il morale dopo la perdita di Carapaz non è al 100 per cento, ma non è basso. E’ al 90 per cento».

L’americano aveva ribadito che la squadra era a caccia di tappe e che la loro corsa sarebbe cambiata ben poco dopo l’abbandono del campione olimpico, rivelando che anche Carapaz infatti puntava alle tappe.

Neilson Powless è per ora il leder della classifica dei Gpm, ma riuscirà a tenere questa maglia fino a stasera? (foto Instagram)
Neilson Powless è per ora il leder della classifica dei Gpm, ma riuscirà a tenere questa maglia fino a stasera? (foto Instagram)

Maglia a pois

E così tutto appare più lineare. Neilson Powless che va alla ricerca della maglia a pois. E ci va con criterio. Attacca, guadagna terreno e una volta agguantati tutti i punti dei Gpm necessari si ferma e si fa riprendere dal gruppo per non sprecare energie. Con l’incredulità del suo compagno di fuga. Questa è storia della terza frazione.

Powless ha cercato di restare davanti anche sui Pirenei, cercando di tenere le ruote di quel treno chiamato Wout Van Aert. Allo scollinamento del Tourmalet non è riuscito a fare la volata, ma è comunque transitato in quarta posizione, sufficiente per rivestirsi di bianco e rosso.

«Quando ho visto quella fuga dovevo esserci – ha detto l’americano ai microfoni del Tour – ma sapevo che sarebbe stata dura. Quando assaggi la maglia a pois è difficile farne a meno. So che sarà difficilissimo mantenerla. Vorrei farlo fino a domenica (oggi, ndr)». Nel pomeriggio si va sul Puy de Dome, salita storica e durissima.

Da Bettiol ci si attendono grandi cose. Il toscano sta correndo bene sin qui
Da Bettiol ci si attendono grandi cose. Il toscano sta correndo bene sin qui

Bettiol e Uran

C’è poi Alberto Bettiol, che in più di qualche occasione ha messo il naso davanti. E’ successo a San Sebastian e in parte ieri, seppur non ha trovato il varco – e forse le gambe – giuste. Alberto è un diesel ed è uno dei pochissimi ad aver corso anche il Giro d’Italia. La squadra ha grande fiducia in lui e le occasioni non gli mancano.

E da un veterano, perché tale è ormai Alberto per questa squadra, ad un altro: Rigoberto Uran. In gruppo i suoi colleghi ci dicono che va forte, ma i Pirenei lo hanno respinto. E dicono anche che dopo la prima frazione di montagna, avendo capito di non averne, “Rigo” si sia messo in modalità cacciatore di tappe.

Ha incassato un grande ritardo e risparmiato energie. Il problema è che i big qui vogliono tutto. Anche quando lasciano spazio – e non lo lasciano – alla fuga, poi vanno talmente forte che recuperano distacchi enormi in pochi chilometri.

Magnus Cort scatta un selfie coi compagni. L’atmosfera è buona: ora serve “solo” la vittoria (foto Instagram)
Magnus Cort scatta un selfie coi compagni. L’atmosfera è buona: ora serve “solo” la vittoria (foto Instagram)

Garanzia Cort?

Restano il giovane James Shaw, Esteban Chaves, l’esperto Andrei Amador e forse l’atleta più forte, Magnus Cort. Anche lui ha disputato il Giro e ha lasciato il segno a Viareggio, tappa molto simile a tante di quelle che ci sono nella porzione centrale di questo Tour de France.

Sin qui non si è mosso. Al Giro aveva fatto la stessa cosa. Lui è uno che fa male. Lo scorso anno aveva vinto a Megeve, nel cuore delle Alpi. Tuttavia la sua condizione non sembra essere al top e su di lui circolano voci di mercato che lo vorrebbero in direzione del connazionale Vingegaard.

«I ragazzi stanno bene – ha proseguito Vaughters – chiaramente non abbiamo più nessuno per la classifica generale, ma le tappe erano il nostro obiettivo sin dall’inizio. Cercheremo di stare attenti e di correre bene nelle tappe in cui la fuga avrà più possibilità di arrivare».

E non è un caso che ieri i suoi ragazzi, visto che la fuga non ha avuto scampo, e non sono riusciti a prenderla, nel finale si siano rialzati. Solo Bettiol, 47°, e Chaves hanno provato a tenere duro, gli altri hanno fatto gruppetto e sono arrivati ad oltre 6′. Energie risparmiate. Il Tour si corre anche così, con la strategia di Vaughters.

Andorra e ritorno, con Bettiol fra Grande Boucle e futuro

20.06.2023
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Lunedì (ieri), giorno di viaggio. Alberto Bettiol è in auto di ritorno da Andorra, dove ha partecipato assieme a Carapaz all’ultimo ritiro della Ef Education-Easypost prima del Tour. La strada come sottofondo per raccontare come sia passato il tempo fra il Giro d’Italia e la prossima sfida francese. Dal suo ragionare toscano e schietto tira fuori a volte osservazioni di una lucidità impressionante e in altre sembra perdersi lui per primo.

Al Giro ci sei arrivato dopo 40 giorni senza corse e ne sei uscito forte.

Sono andato con l’idea di far fatica, perché purtroppo non mi sono preparato nel migliore dei modi. Invece nella seconda e nella terza settimana mi sono ritagliato i miei spazi. Purtroppo ho saltato la prima parte di stagione e dovevo correre per arrivare al Tour nel migliore dei modi, però volevo cogliere anche l’opportunità del Giro d’Italia per fare bene. Non mi aspettavo di arrivare così vicino a vincere. E a quel punto, quando ci arrivi così vicino e non vinci, poi ti girano le scatole.

Bettiol è arrivato al Giro dopo 40 giorni senza correre, ma nella seconda e terza settimana ha trovato la gamba
Bettiol è arrivato al Giro dopo 40 giorni senza correre, ma nella seconda e terza settimana ha trovato la gamba
Cosa hai fatto nelle settimane successive?

Dopo il Giro sono tornato a casa due giorni, a Lugano, perché Greta doveva lavorare, poi il giovedì siamo andati a Livigno, a Trepalle. E’ stato un mix fra recupero mentale e fisico e allenamento. Poi però mi ha chiamato la squadra. Charlie (Wegelius, diesse del team americano, ndr) mi ha chiesto venire a questo ritiro, che non era in previsione per me, avendo fatto il Giro e dovendo poi andare al Tour. L’obiettivo era di stare tranquillo a Livigno, ma era giusto partecipare. Siamo andati tutti noi del gruppo Tour assieme a Carapaz. Ho preso la macchina e sono partito.

Livigno-Andorra, quasi 1.300 chilometri alla guida…

C’ero già stato l’anno scorso e per il tipo di viaggio, mi veniva meglio guidare. Sono circa 8 ore e l’ho voluto fare, perché comunque Richard, che sarà il nostro capitano, è un bravo ragazzo e un campione. Andiamo al Tour con delle buone prospettive, quindi era giusto dare anche il mio supporto, per quanto piccolo, un segnale. Ci siamo allenati molto bene in questa settimana e mezzo…

Si parla tanto dei 30 giorni fra Giro e Tour, se correre oppure no…

Fra una settimana esatta partiamo per la Francia, questo tempo mi è volato. Il fatto di correre o meno è una scelta abbastanza personale. Mettetevi nei miei panni, dopo il Giro praticamente ho ricominciato un altro Giro. Questo ciclismo va fatto così, altrimenti è meglio non farlo.

In questo ciclismo veloce, spiega Bettiol, è difficile venire fuori bene come Nibali dopo i 30 anni
In questo ciclismo veloce, spiega Bettiol, è difficile venire fuori bene come Nibali dopo i 30 anni
Così, come?

Ti devi completamente annullare e c’è poco tempo per fare altro. Devi dedicarti completamente a questa disciplina. Devi costruirti intorno un ambiente che te lo permette e che ti lasci stare tranquillo. Prima era diverso, il gruppo era come una famiglia. C’era più dialogo, più rispetto, si prendevano le decisioni insieme. Invece ora ci sono mille cose cui pensare, c’è anche più stress.

Perché?

Perché semplicemente ci sono più corridori di quando correva, per esempio Andrea Tafi (padre della sua compagna Greta, ndr), ma anche di quando correva la generazione successiva alla sua, quindi quella di Bartoli e Bettini. Ci sono più corridori, però sempre lo stesso numero di squadre. Ci sono sempre più giovani e giovanissimi che bussano alla porta. E una squadra ci pensa due volte prima di far rinnovare per esempio il contratto a un trentunenne. Io sono a posto fino al 2024, il tema mi riguarderà dal prossimo anno. Nibali ha dichiarato di aver avuto gli anni migliori dopo i trenta, adesso non è più così.

Come ci si difende?

Ho due gambe e due braccia e come tutti, sono umano e mi rendo conto che ho bisogno di stare un po’ a casa tranquillo per ricaricarmi e dare poi il meglio di me al Tour de France. Sono già due o tre anni che non faccio il campionato italiano, senza il ritiro di Andorra sarei andato. Sono il primo a esserne dispiaciuto, anche perché quest’anno sarebbe adatto a me e io sto andando discretamente, però ho preferito così.

Bettiol è professionista dal 2014. Eccolo con Marangoni ai tricolori di quell’anno vinti da Nibali su Formolo
Bettiol è pro’ dal 2014. Eccolo con Marangoni ai tricolori vinti da Nibali su Formolo
A ottobre compirai trent’anni, pensi davvero che cambierà qualcosa?

Come si diceva prima, a trent’anni si è abbastanza… vecchiotti. Mi sento che sono meno gli anni che ho davanti rispetto a quelli che ho passato e questa è una cosa nuova e innegabile, non credo di poter correre per altri 10 anni. Quindi ci si rammarica ancora di più quando si perdono delle occasioni. Ho il senso del tempo che sta per finire e ogni lasciata è persa, mentre prima non ci pensavo, non lo mettevo in conto. Insomma, pensavo di essere eterno. Pensavo che questo ciclismo fosse tutta la mia vita, invece si cresce, si diventa grandi, si ragiona. E adesso mi arrabbio con me stesso quando manco un’occasione. 

A proposito di occasioni, l’anno scorso hai lasciato il Tour con il secondo posto di Mende. Tutto il giorno in fuga tirando per altri, invece eri tu il più forte…

Quella è stata una combinazione di fattori. Non mi aspettavo di andare così forte nel finale. Avevo anche un problema al ginocchio che alla fine è anche passato. E’ andata così. L’anno scorso era un Tour improntato sulla caccia alle tappe, cercavamo di fare punti per il ranking WorldTour. Quest’anno sarà un po’ diverso, almeno in partenza. Andiamo in Francia con l’obiettivo di supportare al 1.000 per mille Richard Carapaz e il discorso delle tappe verrà dopo, qualora lui non ci desse garanzie in classifica.

Quindi tutti allineati e coperti?

La priorità è questa, l’hanno detto da subito. Magnus Cort Nielsen vorrebbe vincere una tappa al Tour e provare a fare tripletta alla Vuelta, ma hanno detto anche a lui che quest’anno si lavora per la classifica. Se però mi daranno carta bianca per un giorno, cercherò come sempre di farmi trovare pronto.

E’ il 16 luglio 2022, 14ª tappa del Tour: a Mende il secondo posto che sa di beffa alle spalle di Matthews
E’ il 16 luglio 2022, 14ª tappa del Tour: a Mende il secondo posto beffardo alle spalle di Matthews
C’è entusiasmo anche nel partire sapendo di dover tirare, con le possibilità individuali così ridotte?

Mi entusiasmo tanto quando c’è da fare il Tour de France, perché ho già visto iI podio di Parigi con Uran nel 2017. Mi emoziono quando un mio compagno vince, è come se avessi vinto io e questo forse è anche un mio limite. Sono molto altruista e a me questa cosa di lottare per la vittoria del Tour o comunque per un podio mi gasa tanto.

Si può dire, parlando di te, che il Tour diventa poi un bel lancio sul mondiale? 

Avevo degli obiettivi chiari quest’anno. Uno era la campagna del Nord, ma purtroppo è saltata perché mi sono ammalato pesantemente. A quel punto è venuto fuori il Giro, ma il Tour è rimasto perché è un obiettivo e anche l’avvicinamento migliore per il mondiale. Ne abbiamo sempre parlato con Daniele (Bennati, ndr), lui ovviamente è a conoscenza di questo ed è molto felice.

Fuga bidone, Armirail in rosa. Bettiol, un’altra beffa

20.05.2023
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CASSANO MAGNAGO – «Non era facile restare lucidi dopo 200 chilometri di tutto. Oggi è stata la giornata più fredda della mia vita. Mi auguro che nessuno che scrive tanto di noi provi quello che abbiamo provato noi in cima al Sempione…».

Sono da poco passare le 17, la pioggerellina sottile e per fortuna non fredda non concede tregua. La gente non si fa intimorire ed è assiepata lungo le transenne, cercando di seguire il finale dagli schermi dell’organizzazione. Quando i primi si fermano dopo la riga e raccontano la tappa, il gruppo ha ancora 19 minuti di fatica davanti a sé. La Ineos Grenadiers ha deciso di lasciar andare la maglia rosa, che finisce sulle spalle di Bruno Armirail, francese della Groupama-FDJ, in una giornata che per condizioni meteo è stata peggiore di quella di ieri, boicottata dal gruppo.

Nel paese che in ogni angolo parla di Ivan Basso, sono bastati gli ultimi 10 minuti di una corsa durata 4 ore e venti minuti per ammazzare i sogni dei tre italiani in fuga, che per vincere avrebbero ceduto più di qualche sogno.

Oldani e Ballerini nel terzetto di testa. Bettiol, rientrato proprio in tempo per lanciare la volata. Ne avrebbero avuto tutti davvero bisogno, invece la doppietta di Denz ha messo tutti d’accordo.

Ballerini era il più veloce del terzetto ripreso sul rettilineo di arrivo: la delusione è forte
Ballerini era il più veloce del terzetto ripreso sul rettilineo di arrivo: la delusione è forte

L’umore del Ballero

Ballerini resta per cinque minuti buoni piegato sulla bici, Dio solo sa in preda a quali pensieri. Poi si alza un secondo, sorride ai tifosi del fan club che lo chiamano dalla barriera e si rimette giù. Quando il cuore riprende il battito e la capacità di parlare avvicina la voglia di sparire, il canturino si solleva.

«Non è stato facile – dice – poco ma sicuro. Gli ultimi giorni sono stati difficili per me e per la squadra, ma stiamo dimostrando di avere le gambe, che ci siamo e continueremo a provarci fino alla fine. Sono stato chiamato al Giro all’ultimo momento, dovevo aiutare Evenepoel. Non ero pronto per fare altro, ma per fortuna il passare dei chilometri mi sta dando buone gambe. Non è facile passare alla mentalità di vincere le tappe. Oggi abbiamo tentato di fare il possibile fino alla fine, purtroppo però è andata così. Mi dispiace, ma ho dato il massimo».

Oldani ha tentato l’allungo per anticipare. In precedenza era stato bravo nel cogliere la fuga
Oldani ha tentato l’allungo per anticipare. In precedenza era stato bravo nel cogliere la fuga

Il piano di Oldani

Oldani l’ha smaltita prima, oppure semplicemente si è nascosto meglio dagli obiettivi e ha avuto il tempo per farsene una ragione. Nella fuga più numerosa di giornata c’è entrato con grande prontezza ed è stato anche lesto a restare davanti nel momento della selezione, ma non è bastato.

«Ci siamo dati sempre cambi regolari – spiega a due passi da Bettiol e Ballerini – poi però sono venuti su molto forte e ci hanno ripreso proprio sul rettilineo d’arrivo. E’ un peccato, perché penso che entrambi meritavamo la vittoria: Ballerini ed io, ma la meritava anche Rex. Siamo andati forte. Abbiamo dato il massimo. L’unica cosa che sicuramente non ha giocato a mio favore nella fuga è stato il fatto di non avere compagni: gestire la situazione con molte squadre più numerose non è stato semplice. 

«Lo scatto nel finale? Era per anticipare – sorride Oldani – avevo parlato col Ballero e gli avevo detto: “Tu non seguirmi quando parto lungo, poi se mi prendete, fai la volata”. Non volevamo farci mettere nel sacco entrambi essendo amici, però è successo. Sono arrivati molto forte da dietro e addio…».

Per Denz arriva così la seconda vittoria di tappa dopo quella di Rivoli
Per Denz arriva così la seconda vittoria di tappa dopo quella di Rivoli

La svista di Bettiol

Di Bettiol e del suo dente avvelenato abbiamo già detto in apertura, ma a guardarlo con la faccia segnata dai chilometri e dall’acqua sporca, si capisce che il toscano è contento per le sensazioni finalmente ritrovate.

«Quando si hanno queste gambe – dice secco Bettiol – bisogna vincere. Oggi si era messa bene. All’inizio in realtà non ero brillantissimo, poi è andata sempre meglio, finché negli ultimi 10 chilometri abbiamo trovato la collaborazione giusta. Ho sbagliato la volata e mi dispiace. L’ho presa troppo lunga, ai 300 metri. Purtroppo ho guardato il mio computerino, diceva 200. Invece poi ho visto il cartello e quando me ne sono accorto, ho provato a rallentare, però da dietro è arrivato Denz che se l’è meritata.

«Avevo solo un paio di occasioni in questo Giro d’Italia. Una l’altro giorno a Rivoli e oggi forse è stata l’ultima, perché ci sarà una tappa abbastanza piatta la prossima settimana. Oggi era perfetta, anche l’arrivo era giusto. Sono dispiaciuto, però al tempo stesso anche felice perché sento che le gambe stanno migliorando».

Armirail in rosa

L’altra notizia di giornata è il passaggio della maglia rosa da Thomas ad Armirail, gregario alto 1,90 (74 chili di peso) nato nel 1994 a Bagneres de Bigorre, ai piedi dei Pirenei francesi. E’ professionista dal 2018, ha all’attivo una sola vittoria da pro’ (campionato nazionale a cronometro del 2022), la sua ragazza ha origini italiane e quando gli fanno notare che l’ultimo francese in rosa era stato Jalabert nel 1999, strabuzza gli occhi.

«Per essere chiaro – dice – ho cominciato ad andare in bici molto tardi. Prima il ciclismo non mi interessava per niente, non avevo idoli. So chi è Jalabert, certo, ma il corridore che ho davvero amato è stato Alberto Contador, magari questo ai francesi non farà piacere».

Poi, dopo una risata, Armirail sintetizza in poche parole questo giorno surreale, in cui alla partenza sarebbe stato davvero impossibile immaginare di vestire la maglia rosa.

«Stamattina non lo immaginavo – ammetta – 18 minuti e mezzo erano tanti da recuperare. Quando sono entrato nella fuga, pensavo alla vittoria di tappa e invece mi ritrovo con questa situazione eccezionale. Non so se cambierà la mia carriera. Il mio è ruolo è quello di gregario, per cui avere la maglia rosa è un privilegio. Bisogna essere realisti. Pinot è uno scalatore migliore di me, per cui il mio obiettivo principale sarà lavorare per lui, essere dove si trova e lavorare per la squadra. La prossima settimana ci saranno salite su cui non potrei tenere la maglia rosa, per cui lascatemi godere questo momento».

Il Giro chiude la seconda tappa alpina con qualche strascico di polemica. Oggi i corridori hanno fatto la loro parte e sarebbe stato difficile chiedere di modificare anche questa tappa. Di fatto però sul traguardo per oltre mezz’ora non s’è sentito che ragazzi tossire. Al netto delle opinioni dei molti e della possibilità di discutere quanto è successo ieri, un Giro così bagnato e flagellato dal maltempo si fa fatica a ricordarlo.

Manico, genio, gambe: Pidcock doma la Strade Bianche

04.03.2023
6 min
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Dopo che ha vinto la Strade Bianche a questo modo, davanti a un pubblico straripante degno d’un Fiandre, chi glielo dice a Pidcock che dovrebbe mettersi a studiare da uomo dei Giri? Ci prova Ciro Scognamiglio, collega della Gazzetta e usa la parola “transizione”. Tom lo guarda, ci pensa e risponde.

«Non credo – dice – che sia giusto parlare di transizione, quanto piuttosto di sviluppo. E’ uno degli obiettivi miei e della squadra».

Nessun arrivo plateale per Pidcock a Piazza del Campo: meglio non correre rischi inutili
Nessun arrivo plateale per Pidcock a Piazza del Campo: meglio non correre rischi inutili

Zero calcoli

Sono le cinque passate. Il corridore della Ineos Grenadiers se ne è andato a quasi 50 chilometri dal traguardo, stabilendo la media record della corsa (40,636 km/h). Ha approfittato di un tratto di discesa. E lì, senza neppure forzare, ha lasciato andare la bici e si è ritrovato da solo. Calcoli zero, non si è nemmeno voltato. Ha tirato dritto e lo hanno rivisto al traguardo, mentre lui giocava a fare il Pogacar. Anche se, ammette, quando si è reso conto dei chilometri che ancora mancavano, si è chiesto se non avesse fatto una cavolata.

La concentrazione di ieri mattina e la poca voglia di parlare trovano immediatamente una spiegazione. Ora il britannico sta seduto nel tavolo della sala stampa e risponde alle domande, con la chiara sensazione che il flusso delle parole sia piuttosto frutto di un ragionamento interiore.

Discesa dopo il Monte Sante Marie, Pidcock molla i freni…
Discesa dopo il Monte Sante Marie, Pidcock molla i freni…
Ti serviva vincere qui per confermare di aver fatto bene a non difendere la maglia iridata del cross?

Penso che sia stato insolito il fatto di non andare a difenderla, ma il mio obiettivo è sempre statto vincere il mondiale di ciclocross, non difenderlo. Quest’anno ho cominciato con altri obiettivi. Vincere oggi ha solo confermato che ho fatto la scelta giusta.

Quando hai vinto il mondiale di cross, sei arrivato con la pancia sulla sella. Hai pensato di festeggiare anche oggi in modo strano?

No, oggi volevo essere certo di arrivare fin sul traguardo (ride, ndr).

Che cosa rappresenta per te la Strade Bianche?

Penso che sia la mia corsa preferita. Gli scenari. La gente. Il percorso che mi si addice molto. Gli ultimi 20 chilometri sono stati molto dolorosi, però me li sono goduti anche molto. L’ultima salita è stata un’apnea. E’ molto diverso fare uno sforzo di questo tipo dopo 180 chilometri, piuttosto che in una gara di cross.

Era previsto che attaccassi in discesa?

Ma io non ho attaccato (ride, ndr). L’ultima volta la corsa si era aperta dopo il Monte Sante Marie e così è stato anche oggi. Ci siamo ritrovati davanti con Bettiol e Bagioli e non ho fatto altro che lasciar andare la bici. Poi ho pensato di aver fatto una cosa stupida, soprattutto quando verso la fine della corsa il margine si riduceva.

Hai fatto come Pogacar, ci hai pensato?

Pensavo di aver fatto la stessa distanza di fuga, mi hanno detto che ho fatto un chilometro in più. Non era nei miei piani. Non sono Pogacar, lui è un riferimento. Però al via della corsa non ho mai pensato che lui e Van Aert non ci fossero. Io penso a quelli che ci sono, mai agli assenti.

Simmons cresce a vista d’occhio. Le sue progressioni nel finale hanno sfiancato gli inseguitori
Simmons cresce a vista d’occhio. Le sue progressioni nel finale hanno sfiancato gli inseguitori
Sai andare in discesa, vai forte in fuoristrada: credi che queste doti ti abbiano agevolato?

Specialmente nel primo settore di sterrato, mi sono accorto di quanto gli altri ragazzi non fossero comodi. Ecco, essere a proprio agio su certi terreni fa una bella differenza.

E’ la tua vittoria più bella?

No, forse le Olimpiadi in mountain bike sono state più importanti. La difesa del titolo olimpico infatti è una cosa a cui tengo molto.

Come ti sentivi stamattina al via?

Avevo la sensazione che stesse per succedere qualcosa di bello, una cosa che mi capita a volte sin da quando sono junior. Sono sensazioni, una forma mentale. Tutta questa settimana sono stato felice, oggi c’era tutto perché andasse bene.

Sulla salita finale di Santa Caterina delle scene da Fiandre: Siena era piena di tifosi
Sulla salita finale di Santa Caterina delle scene da Fiandre: Siena era piena di tifosi
Sembri più motivato dello scorso anno, è solo una sensazione?

No, è vero. Ho iniziato con una forma molto migliore, perché non fare il mondiale di cross mi ha permesso di lavorare meglio. In più nella squadra c’è un’ottima atmosfera, siamo un gruppo davvero diverso dallo scorso anno.

In cosa è diverso?

Siamo giovani e ambiziosi. Ciascuno tira fuori il meglio e spinge gli altri a farlo. C’è un’atmosfera positiva, molto diverso da quando sono arrivato in squadra.

L’obiettivo sono le classiche: riuscirai a tenere la forma?

E’ un lungo periodo, ma so che ora posso puntare a vincere corse con fiducia. Cercherò di mantenere questa forma, speriamo duri per il tempo necessario.

Tjesi Benoot e Attila Valter: questa volta la Jumbo Visma ha inseguito: all’arrivo sono 3° e 5°
Tjesi Benoot e Attila Valter: questa volta la Jumbo Visma ha inseguito: all’arrivo sono 3° e 5°
Abbiamo visto dei video che fanno pensare a un tuo attacco sul Poggio alla prossima Sanremo.

Il Poggio ha sicuramente una discesa importante e impegnativa. Ma spero che nessuno si aspetti che resti per 300 chilometri in gruppo per fare un attacco in quel punto. Non sarebbe la tattica migliore.

Pensi che questa corsa possa essere una prova Monumento?

Se me lo aveste chiesto prima che la vincessi, avrei detto che si poteva valutare. Ora che l’ho vinta, direi che lo merita senz’altro (ride, ndr).

Sul podio con Pidcock, Madouas e Benoot, vincitore a Siena nel 2018
Sul podio con Pidcock, Madouas e Benoot, vincitore a Siena nel 2018

Spiritoso. Nervoso. Parole brevi e frasi smozzicate. Questo è Tom Pidcock, campione olimpico della mountain bike, mondiale del cross e vincitore di un Giro d’Italia U23. Uno che in apparenza non ha ancora trovato i suoi limiti. Stasera non sa ancora come festeggerà. Ma di certo, qualunque sia il modo che sceglieranno Tosatto e i suoi ragazzi, sarà più che meritato.

EDITORIALE / L’Italia s’è desta, finalmente…

13.02.2023
4 min
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L’Italia s’è desta. Bettiol, Milan, Velasco, Ciccone, Consonni e Moschetti (foto di apertura) hanno riannodato subito il filo con la vittoria. Parliamo di strada pro’, ma anche la pista e le donne hanno fatto la loro parte. E ad eccezione di Milan, gli altri uscivano da periodi in chiaroscuro, fra pandemia, malanni e infortuni.

L’osservazione potrebbe non avere letture parallele, oppure significa che tutto sta tornando come prima, sia pure con più qualità. Gli squilibri degli anni Covid si stanno riducendo. Prima o poi ci renderemo conto del modo in cui il virus ha influito sullo svolgimento delle corse, al pari di quello che ha fatto con le nostre vite.

Prima vittoria 2023 per l’Italia: Bettiol vince il prologo del Tour Down Under. Il suo obiettivo è la Roubaix
Prima vittoria 2023 per l’Italia: Bettiol vince il prologo del Tour Down Under. Il suo obiettivo è la Roubaix

La nuova normalità

Ad esempio Pogacar ha deciso o qualcuno l’ha deciso per lui che non correrà il UAE Tour. Avendolo vinto negli ultimi due anni, sarebbe stato costretto a ripetersi. Ma se, come ha detto Brambilla, non combini nulla senza essere al 110 per cento, la condizione richiesta allo sloveno a febbraio sarebbe stata troppo alta. Soprattutto dovendo puntare a classiche e Tour de France.

Evenepoel è partito dall’Argentina, ma anziché giocare come nel 2020, ha preso il suo vento in faccia e pagato il conto all’inverno da campione del mondo e all’obiettivo Giro.

Vingegaard inizierà alla fine di febbraio. Ayuso anche più avanti e come lui Roglic.

Nessuno gioca più con l’alto rendimento, ad eccezione di Van der Poel e Van Aert, la cui classe però poggia sulla preparazione del cross.

La più grande lezione imparata da Pogacar al Tour dello scorso anno è che vincere è diventato impegnativo anche per lui. Lo scorso luglio Tadej ha pensato per qualche tappa di poter giocare come nel 2021, scattando e sprintando su ogni strada di Francia. Al dunque però è stato impallinato da Vingegaard, arrivato al top con precisione da cecchino.

Tour de France 2022: Pogacar detta legge fino alla 11ª tappa, poi subisce la lezione di Vingegaard
Tour de France 2022: Pogacar detta legge fino alla 11ª tappa, poi subisce la lezione di Vingegaard

Il rispetto e i professori

Tornerà tutto normale anche in Italia, certo con più qualità. Essersi fermati nei mesi del lockdown ha permesso di riscrivere le abitudini: la routine di sempre difficilmente avrebbe reso possibile cambiamenti così rapidi nell’ambito dell’alimentazione. Però è un fatto che anche in quei primi mesi del 2020 qualcuno avesse ravvisato un cambio di passo.

La metamorfosi delle categorie giovanili sta riscrivendo la storia del grande gruppo. Gli under 23 e soprattutto gli juniores lavorano con il misuratore di potenza, vanno in altura e hanno il nutrizionista. Hanno a riferimento le prestazioni dei campioni, che Strava e Velon diffondono a più non posso. E’ evidente che al passaggio tra i grandi potrà esserci attenzione per le distanze superiori, ma la capacità prestazionale è già di tutto rilievo.

Rileggendo le frasi dei corridori più esperti, è frequente trovare parole sullo scarso rispetto che vige in gruppo nei confronti degli atleti più esperti. Sembra brutto, ma di base è quello che succede in ogni contesto. Il compito di dare un ordine a tutta questa esuberanza spetta ai direttori sportivi, a quelli di personalità quantomeno. Come sta ai professori delle superiori pretendere il rispetto degli alunni, che si alzeranno in piedi al loro ingresso in classe.

Ciccone ha iniziato l’anno vincendo una tappa alla Valenciana
Ciccone ha iniziato l’anno vincendo una tappa alla Valenciana

L’Italia che riparte

A noi stanno a cuore gli italiani. Per questo siamo qui a sperare che la normalità della preparazioni in salute riesca finalmente a valorizzare corridori che avevano sempre brillato e che a causa del Covid hanno perso due anni. Si riparte da zero anche in Italia, come fossimo a gennaio 2020.

Non abbiamo l’erede di Nibali, ma nemmeno vogliamo fasciarci il capo. Come ha fatto notare Prudhomme, cosa dovrebbero dire i francesi che non vincono un Tour dal 1985, il Giro dal 1989 e la Vuelta dal 1995? Sia fra gli uomini sia fra le donne abbiamo veramente tanti atleti di talento pronti a riprendere da dove hanno dovuto interrompere. La parte più difficile per loro è stata resistere alle critiche cattive di chi commenta sui social sfogando le sue frustrazioni. Chi allena oggi Ciccone racconta di una capacità di recupero fuori dal comune, di una clamorosa potenza aerobica e di grande capacità lattacida. Non bastano questi dati per descrivere un uomo, ma pensando al fatto che Giulio negli ultimi anni ha preso il Covid a ripetizione, vogliamo vedere cosa potrà fare infilando un percorso finalmente netto?

Ci mancherà ancora Colbrelli, ma non ci stupiremmo di trovare sulle stesse strade qualcuno in grado di non farlo rimpiangere troppo a lungo. Bettiol, ad esempio. E chissà se tra i danni del Covid alla fine non si dovrà inserire anche il doloroso ritiro di Sonny.

Prime corse e grande caldo, non si sfugge ai crampi

25.01.2023
4 min
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Crampi e caldo fuori stagione. Vedere Bettiol alle prese con le odiate contratture e sperimentare il caldo argentino dall’altra parte del mondo ha fatto capire a quali violente sollecitazioni siano sottoposti i corridori nelle corse di inizio stagione. Il caldo da questo punto di vista è un pessimo cliente. Ancora Bettiol e Izagirre furono frenati allo stesso modo alle Olimpiadi di Tokyo, uno su strada e l’altro nella crono, dove caldo e umidità non facevano difetto.

Così stamattina, al riparo dal sole nell’autodromo di Villicum da cui è partita la terza tappa della Vuelta a San Juan, abbiamo chiesto a Emilio Magni, medico dell’Astana Qazaqstan Team, di spiegarci il meccanismo dei crampi. E come mai ad alcuni atleti capitino più spesso che ad altri.

Emilio Magni è medico dell’Astana: ha seguito tutta la carriera di Nibali
Emilio Magni è medico dell’Astana: ha seguito tutta la carriera di Nibali
Dottore, ripariamoci dal sole. Esiste una predisposizione al crampo?

Diciamo che i crampi hanno delle cause multifattoriali, ovviamente. E quindi diciamo che parlando in termini un po’ allargati, si può parlare di predisposizione. Nel senso che per un soggetto alcune condizioni possono predisporre all’insorgenza dei crampi.

Il caldo è la condizione scatenante?

Per quanto ci riguarda, in questo momento è la causa più importante: queste temperature molto elevate, che ovviamente comportano una sudorazione abbondante. La sudorazione comporta una perdita di elettroliti, in particolare sodio, potassio e anche calcio, che sono tutti elementi che rientrano a pieno titolo nella contrattilità muscolare. Per cui quando c’è uno squilibrio idroelettrolitico, cioè tra contenuto di acqua e presenza di minerali, il muscolo diventa un organo bersaglio.

Bettiol al Down Under ha mostrato una condizione super, ma i crampi lo hanno colpito la 2ª tappa
Bettiol al Down Under ha mostrato una condizione super, ma i crampi lo hanno colpito la 2ª tappa
Quindi viene da pensare che, al di là dell’acclimatazione a queste temperature, un supporto di integrazione sia fondamentale.

E’ fondamentale mantenersi molto ben idratati prima di partire. Addirittura non è sbagliato se c’è un po’ di eccesso di idratazione. Tanto è vero che si ricorre per esempio anche all’aumento del dosaggio del classico sale da cucina, il cloruro di sodio. Perché il sodio, circondandosi di molecole di acqua, tende a trattenerle. Quindi quello che in molte altre situazioni può essere uno svantaggio, in questi casi si rivela un vantaggio.

L’atleta che, come dicevamo prima, ha questa predisposizione può fare dei test preventivi per capirlo?

Ci sono dei test, degli esami che ti possono mettere parzialmente in guardia, ad esempio sul controllo degli elettroliti. In più si fa il bilancio idrico della giornata. Tanto è vero che, come molti altri colleghi, la mattina faccio il controllo delle urine, sia per quanto riguarda il ph, cioè il lato dell’acidità, sia la densità urinaria o peso specifico, per valutare lo stato di idratazione. E’ una misura indiretta, però è semplice a farsi e ci dà un elemento importante di valutazione.

Ognuno ha il suo piano di idratazione?

Esatto. Come fra le persone… normali, c’è chi già beve due litri di acqua al giorno, chi invece beve mezzo litro. Quello che ne beve 2, in queste situazioni deve andare a 3 oppure 3,5. Quello che ne beve mezzo non si può accontentare di un litro e mezzo. Volendo dare una percentuale, direi che bisogna idratarsi di un 100 per cento in più.

Altre le cause per i crampi di Scaroni sul Grappa alla Adriatica Ionica Race: il bresciano non correva da mesi e ha pagato lo sforzo
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Quando arriva il crampo durante la corsa, partita chiusa?

Se compaiono i segni della disidratazione o comunque un po’ più in generale quelli del classico colpo di calore, nel senso della performance è tardi. Però certamente sul piano della salute no, si fa sempre in tempo a rimediare, facendo una diagnosi precoce.

Questo caldo umido aumenta la propensione al crampo?

L’adattamento influisce. Si viene qui da temperature vicine allo zero e ci si proietta in questo mondo, in questo forno… Quindi sì, l’impatto è violento.

Qui in Argentina quali rimedi adottate?

Quelli che abbiamo detto. Quindi un’idratazione importante e un buon apporto di sali, eventualmente mirato al discorso del sodio. Ma ci sono delle criticità.

Durante la prima tappa in fuga, Tarozzi non ha fatto che vuotare borracce
Durante la prima tappa in fuga, Tarozzi non ha fatto che vuotare borracce
Ad esempio?

Uno dei rimedi per star bene idratati è mangiare verdura e frutta. Però la verdura e la frutta sono molto ricche di acqua, quindi una volta che quest’acqua vegetale entra nell’organismo, va a creare uno squilibrio tra apporto idrico e apporto di sodio. Quindi da una parte ti dà un vantaggio perché ti idrata, ma dall’altra riduce relativamente il contenuto di sodio. Ecco perché si tende anche ad aumentare un po’ il quantitativo di sale.

Un altro caso di coperta corta?

Come per tanti altri aspetti, molto corta, ma bisogna tirarla un po’ da tutte le parti

Bettiol è un campione, ma bisogna conoscerlo bene

05.10.2022
5 min
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Si torna rapidamente a parlare del mondiale, questa volta con Leonardo Piepoli. Il pretesto è rallegrarsi con lui per la vittoria del “suo” Enric Mas al Giro dell’Emilia, con la conferma che il corridore spagnolo ha grandi mezzi fisici e solo da poco sta iniziando a crederci. E per una rapida associazione di idee, siamo stati noi a portare il discorso su Bettiol. Il toscano è arrivato in Australia con una condizione eccellente, avendo dimostrato di essere il solo a reggere le accelerazioni di Van Aert. E siccome Piepoli è il suo allenatore e a volte gli fa anche da motivatore, abbiamo cercato di capire come l’abbia visto nella corsa australiana.

Ai mondiali, Bettiol ha risposto facilmente a ogni allungo di Van Aert: aveva una grande condizione
Ai mondiali, Bettiol ha risposto facilmente a ogni allungo di Van Aert: aveva una grande condizione

La testa del velocista

Partiamo da un’osservazione fatta da Bennati nei giorni prima del mondiale, sulle rare occasioni che i nostri corridori hanno di fare la corsa e il fatto che siano spesso a disposizione di altri leader. Il cittì azzurro aveva portato l’esempio della tappa di Mende al Tour de France, in cui Bettiol stesso fu battuto da Matthews, dopo che nella fuga aveva tirato e anche tanto per Uran.

«Ma lui ha tirato – dice Piepoli – perché gli è stato chiesto alla radio come stesse e ha detto di non stare bene. E in parte è lo stesso discorso del mondiale, nel senso che se parti per vincere, parti per vincere come i velocisti. Il velocista fa 30 volate l’anno e anche il peggiore ha un compagno di squadra che gli dà una mano. Quindi ha 30 occasioni in un anno: molti non ne vincono neanche una, eppure ogni volta sono lì a pretendere “il sacrificio” del compagno di squadra e poi perdono o vincono. Alberto invece non ragiona così. Per lui deve essere tutto perfetto, quindi senza mal di gambe e nessun altro problema».

La Coppa Agostoni è stata la corsa del rientro dopo il mondiale in Australia
La Coppa Agostoni è stata la corsa del rientro dopo il mondiale in Australia

Gestire il campione

Nei suoi momenti lucidi e autoironici, Bettiol è il primo a scherzare sulle sue doti e sul fatto che comunque vinca poche corse. Però probabilmente in alcuni casi il pallino della corsa dovrebbe averlo in mano la squadra.

«Conoscendo quello che hai in mano – conferma Piepoli – devi agire di conseguenza, anche se queste cose è facile dirle a posteriori. Quindi se io oggi ho Bettiol in mano, gli direi: «Stai male? Non mi interessa, tu tiri a vincere!». Oppure, opzione B, faccio finta e gli dico: «Okay, non preoccuparti, cerca di stare tranquillo, poi vediamo se ti riprendi in finale». La metterei giù così, cercherei il modo di non eliminarlo, perché so già che lui non mi dirà mai che sta bene. O meglio, se sta bene dice di volare. Ma nella sua testa, non concepisce che in una corsa di sei ore, si possa avere un momento di difficoltà o si senta di essere meno brillanti. Però sai com’è fatto e sai che devi “gestire” il cavallo che hai. Quindi, fra molte virgolette, devi cercare di manipolarlo».

Ieri al via della Tre Valli Varesine assieme a Battistella, altro reduce da Wollongong
Ieri al via della Tre Valli Varesine assieme a Battistella, altro reduce da Wollongong

Mancavano le radio

Il guaio è che in una corsa come il mondiale, il margine di intervento è ridotto all’osso e alle parole che al corridore possono dire gli uomini della nazionale appostati ai box e lungo il percorso. Del tema delle radio da vietare in due occasioni all’anno si è già detto.

«Con le radio – annuisce Piepoli – le corse cambiano, quello a priori. Poi in questo caso qua, non so se a favore o a sfavore, però le cose cambiano. E’ evidente. Se parte Remco e tu lo sai che Remco parte fra i 70 e gli 80 chilometri dall’arrivo, se anche nessuno gli risponde, dici alla squadra di chiudere. Qualcosa fai. Impedisci che si apra subito quella distanza e la chiudi subito. La chiudi un attimo».

L’obiettivo finale di Bettiol è il Lombardia. La Tre Valli è stata un test sulla condizione
L’obiettivo finale di Bettiol è il Lombardia. La Tre Valli è stata un test sulla condizione

L’uomo dei miracoli

Bettiol è tornato in Europa con il fastidio di essersi sentito additato come il colpevole, in una corsa in cui tuttavia l’Italia ha corso bene e nessuno ha sentito la necessità di rintracciare il responsabile di una mancata vittoria. Soprattutto in una spedizione tacciata dai più di non avere la giusta consistenza e invece super attrezzata e battagliera. Ci sarebbe da aspettarsi la vendetta al Lombardia, sarebbe davvero un grande segnale.

«Il fatto però – dice Piepoli – è che adesso non sta tanto bene. E’ tornato in Italia con una forte tosse e questa è la cosa peggiore, perché il Lombardia voleva farlo bene. Era anche mentalmente predisposto. Però sinceramente, per quanto lo stia spronando a tenere duro, non ha la condizione del mondiale. Però lui è l’uomo dei miracoli, quindi magari alla fine un bel Lombardia lo farà pure».

Invece Bettiol non crede che Remco fosse alla nostra portata

25.09.2022
4 min
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Le cose dopo la corsa sono diverse da come appaiono dopo che se ne è parlato con la squadra. E sono diverse anche da come te le raccontano da casa basandosi su letture frettolose. Alberto Bettiol al momento sta passando più o meno su questo sentiero, senza rendersi conto che nella continua ricerca del miglior risultato, ipotizzare la sua presenza nella fuga di Evenepoel è il modo di riconoscergli una superiorità oggi lampante. Era il solo per l’Italia in grado di fronteggiare il fenomeno belga.

In salita Bettiol ha dimostrato di essere al livello di tutti i più forti
In salita Bettiol ha dimostrato di essere al livello di tutti i più forti

E’ chiaro che nessuno poteva saperlo prima, ma il Bettiol visto scattare in faccia a Van Aert avrebbe potuto reggere anche l’azione di Evenepoel. E a quel punto il belga avrebbe fatto come a Trento lo scorso anno davanti a Colbrelli. Avrebbe smesso di chiedere cambi e avrebbe rischiato di tirare a testa bassa verso il suicidio.

Sedici corridori

Ottavo all’arrivo, da chiedersi se sia poco oppure tanto. Senza sapere che cosa si sono detti gli azzurri nella riunione, è facile considerare che quando sei leader, si alzano le aspettative. E se poi viene fuori che gli altri chiamati a condividere con te il peso della responsabilità non hanno le gambe, come probabilmente è stato oggi per Bagioli, il peso aumenta. Al leader si chiedono i risultati. E quando Evenepoel è andato via non da solo, ma in quel gruppo di sedici corridori tirato fuori dai francesi, sarebbe bastato (forse) trovarsi in testa al gruppo per agganciarsi.

Nella volata per l’argento, Bettiol è stato 7° subito dietro Sagan
Nella volata per l’argento, Bettiol è stato 7° subito dietro Sagan

«E’ stato un mondiale strano – le parole di Bettiol dopo l’arrivo – tutti aspettavano la salita e un corridore come Remco ne ha approfittato. Noi non abbiamo un Remco in squadra, quindi non potevamo fare altro che essere presenti in ogni fuga ed evitare di ritrovarci a tirare e non abbiamo mai tirato. Nell’ultimo giro ho provato ad attaccare insieme a Van Aert e l’ho quasi staccato, anzi l’ho staccato. Siamo andati via con lui e Honoré, ma il percorso è molto veloce, da dietro rientravano.

L’attacco di Remco

Alberto è arrivato al mondiale con i gradi sulle spalle. Sappiamo tutti che nella giornata giusta avrebbe potuto tenere testa anche ai più forti e probabilmente quello di Wollongong è stato uno di quei giorni. Il fatto che Bennati abbia immaginato la sua presenza a ruota di Evenepoel deriva dalla stima che nutre nei suoi confronti, avendo capito che oggi il solo a poter far svoltare il mondiale azzurro fosse proprio lui.

Tornati al camper della FCI, ci pensa Federico Morini a dare a tutti una rinfrescata
Tornati al camper, ci pensa Federico Morini a dare a tutti una rinfrescata

«Purtroppo quando Remco è partito – ha ammesso Alberto a fine corsa – noi dietro ci siamo un po’ riposati e lui ha preso subito tanti minuti e poi il percorso è venuto più facile del previsto. Non avevamo nessuna marcatura a uomo. Solo non ci dovevamo ridurre a tirare, mentre a 100 dall’arrivo si doveva muovere Lorenzo Rota. Il suo attacco è stato più che giusto e poi non ha tirato un metro. Io e “Bagiolino” invece dovevamo farci trovar pronti negli ultimi due giri, mentre Matteo (Trentin, ndr) in caso di volata. Quindi questo è stato, ma purtroppo di Evenepoel ce n’è uno ed è stato più bravo».

La domanda resta e non avrà mai una risposta. Che cosa sarebbe successo se uno dei corridori della nazionale preposti a fare la corsa avesse seguito il belga anziché lasciare che a farlo fossero solo Conci e Rota?

Bettiol sente la fiducia, lancia Bagioli e ha tanta voglia di correre

22.09.2022
7 min
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Un volo da Montreal a San Francisco, poi uno per Sydney e l’avventura australiana di Alberto Bettiol ha preso il via. Quando si è accorto che sulla stessa rotta viaggiavano Sagan, Matthews e Van Aert, in qualche modo il toscano ha sentito di aver fatto la scelta giusta. E’ arrivato a Sydney mercoledì scorso, ha mandato giù il fuso orario e se lo guardi mentre si muove nell’hotel della nazionale oppure a tavola mentre tiene banco tra il presidente federale e Amadio, capisci che l’umore sia quello giusto.

«Sto bene infatti – sorride – sono arrivato dal Canada in anticipo sugli altri. Siamo andati a vedere il percorso, che è veloce. Le curve si fanno tutte senza frenare. Ci sarà poco tempo fra una salita e la successiva».

Volume e recupero

Il Gibraltar Hotel sta sul monte. Per andare verso il mare ci sono poche strade e una è la Tourist Road Oval, che si perde tra prati e foreste di eucalipti. All’imbrunire si incontrano i canguri, durante il giorno frotte di corridori dei team che hanno scelto di dormire nella stessa area e di amatori che ogni giorno scalano il Macquarie Pass che dal mare si inoltra verso l’interno.

«Alla fine c’è solo quella salita lunga – conferma Alberto da perfetto padrone di casa – ma le strade sono tutte vallonate e sono belle, non c’è un metro di pianura. Per fortuna, ad eccezione di questi ultimi giorni, abbiamo sempre trovato bel tempo e sono riuscito a fare prima tutti gli allenamenti di volume. Ho fatto una bella distanza sabato e poi due volte quattro ore, lunedì e martedì. Così di qui a domenica ci sarà solo da recuperare, al massimo farò un richiamo venerdì, ma vediamo il tempo».

Ultima distanza

Chiacchiere di un pomeriggio quieto. Oggi (ieri per chi legge) gli azzurri hanno fatto cinque ore, l’ultima distanza approfittando del tempo che ancora reggeva, mentre stamattina piove e di certo faranno meno. “Betto” ha la barba lunga e lo sguardo placido.

«Recupero e massaggi – sorride – sono contento di essere arrivato prima, piuttosto che fare scalo a casa per quattro giorni, come ha fatto Bagioli. Ma lui ha prenotato il volo prima di sapere di essere convocato, sennò alla fine avrebbe seguito la mia rotta. Si trattava di arrivare in Italia, stare quattro giorni, assorbire il fuso e poi ripartire e doversi abituare a quello australiano. In fondo sono qua da otto giorni. C’è lo chef italiano, il massaggiatore, il meccanico. Sembra di essere in ritiro a Riotorto come ai tempi della Liquigas, si sta bene».

Con Massini e Battaglini

La squadra gli piace e in qualche modo si può dire che l’ha vista nascere. Bennati è stato a casa sua per parlare di avvicinamento, in quel pomeriggio in cui fu messa in giro la voce folle delle sue dimissioni.

«Con “Benna” – dice – abbiamo tanti punti in comune. Siamo cresciuti entrambi col Massini e poi con Mauro Battaglini come procuratore e soprattutto consigliere. Mi manca tanto Mauro, chissà cosa direbbe del ciclismo di oggi. Con Daniele siamo anche stati compagni di squadra ai mondiali di Bergen e ci siamo incrociati in più di qualche corsa. Con lui c’è un rapporto sincero, in cui l’amicizia a un certo punto viene messa da parte, senza che io mi aspetti favori o protezione. Ad esempio abbiamo visto entrambi che Bagioli va molto forte, le gare in Canada sono state giuste per capire lo stato di forma. Oggi abbiamo visto il Team Relay in camera mia, anche con Battistella. E Benna è davvero un bel mix. Ha ancora elementi del corridore, ma lo vedi che pensa già da tecnico».

Bettiol conferma che il Bagioli visto in Canada va davvero molto forte
Bettiol conferma che il Bagioli visto in Canada va davvero molto forte

C’è voglia di correre

Anche il team azzurro è un bel mix, cocktail di giovani, giovanissimi, debuttanti e gente esperta che malgrado il tanto vociare disfattista lasciato in Italia, domenica potrebbe dire la sua.

«Io e Trentin siamo quelli più esperti – annuisce – anzi lui è più grande, però è uno di noi (sorride, ndr). Zana è un po’ timido, ma si sta integrando bene. Si scherza e si ride, ma quando martedì Daniele sul pulmino che ci riportava in hotel dopo aver visto il percorso (foto di apertura, ndr) ci ha chiesto le nostre impressioni, ci siamo animati dello spirito giusto. C’è voglia di correre, forse perché siamo da tanto via di casa. Io di fatto sono partito il 4 settembre, ho corso in Canada il 9 e l’11, poi il 12 sono ripartito e sono qui da mercoledì 14 di mattina presto. E il pomeriggio sono subito uscito a farmi un allenamento con Ganna, Sobrero e Affini che erano già qui. Comunque sono tanti giorni».

Lo strappo col 40

E poi prima di salutarsi, come per un riflesso o un atto dovuto, il discorso torna sul percorso che li aspetta e che da domani diventerà il teatro delle sfide.

«Mount Keira è una bella salita, anche lunga – riflette Bettiol – ma messa in avvio di gara non penso possa far partire qualcuno. O almeno non qualcuno di quelli buoni. Lo strappo invece è duro e impegnativo, per cui anche se il circuito è veloce, con il passare dei chilometri la corsa viene dura. Dovremo farlo 12 volte, non sono poche. Di sicuro non si farà con il 53, anche perché il 53 non c’è più e toccherebbe semmai usare il 54 (riferimento ai gruppi Shimano 2022, che sono passati dal 53 al 54, ndr). Credo che userò rapporti normalissimi, per cui lo strappo si farà con il 40 e poi vedremo cosa dirà la corsa».

Fuori è buio. L’Italia ha centrato l’argento nel Team Relay vinto dalla Svizzera. A breve Ganna sarà in hotel e chiuderà la valigia. Per i ragazzi di Bennati invece il mondiale sta appena entrando nel vivo.