Gli over 30 e il nuovo ciclismo. Riflessioni con Brambilla

12.02.2023
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«Il ciclismo è cambiato, ma è anche giusto che sia così. Solo che è successo tutto quando ero già over 30 ed è difficile poi adattarsi. Noi della generazione nata tra il 1987 e il 1990 abbiamo subito tanto questa cosa». Questa frase, che ci ha fatto riflettere parecchio, è di Sacha Modolo. Si parla non solo di cambiamento, implicitamente di stimoli, di generazioni. A quella fascia di età appartiene anche Gianluca Brambilla (in apertura foto Instagram).

Gianluca è uno dei professionisti italiani più esperti. Il vicentino va per i 36 anni ed è proprio un classe 1987. E con lui vogliamo approfondire e commentare questo tema.

Il corridore della Q36.5 dopo un ottimo inverno da un punto di vista della preparazione oggi avrebbe dovuto debuttare in vista della 15ª stagione da pro’, ma… «Ma è successo che sono venuto qui in Portogallo, super motivato, con una voglia pazzesca. Non correvo da agosto, ho iniziato ad allenarmi ad ottobre, ma ho preso la febbre e mal di stomaco».

Era il 2010 e una banda di ragazzini terribili si affacciava al professionismo. I grandi campioni erano Basso, Contador, Schleck, Evans…
Era il 2010 e una banda di ragazzini terribili si affacciava al professionismo. I grandi campioni erano Basso, Contador, Schleck, Evans…
Gianluca dalle tue parole e dal tuo tono di voce sembri avere ancora fame…

Fame di brutto! Ne ho tanta perché non correvo da agosto, perché sono in questa nuova squadra e in un ambiente nuovo. Avevo una gran voglia di dimostrare qualcosa. Anzi più che dimostrare qualcosa di aiutare la squadra.

Partiamo dalla frase di Modolo, cosa ne pensi?

Posso dirvi ciò che ripeto spesso ai giovani di questa squadra e non solo. L’altro giorno ero in bici con Covi e gli ho detto che mi dispiace che i giovani di oggi non abbiano vissuto il ciclismo che ho vissuto io all’inizio della mia carriera. Ai miei tempi il ciclismo andava oltre i numeri, i risultati…e parlo soprattutto del ciclismo fuori dalle corse. Vi faccio un esempio…

Vai…

Ricordo un Giro del Trentino. Io ero alla Bardiani. Per alcune sere capitammo in un hotel disperso non so dove dalle parti di Dimaro. E nello stesso hotel c’erano anche altre squadre, tra cui la Lampre. Passavamo le serate su un dondolo. Ma facevamo le undici e mezza, mezzanotte… tanto che ad un certo punto dovevamo quasi imporci di andare a letto! C’erano Scarponi, il meccanico Pengo, Stortoni… oggi queste cose non si vivono più. E’ impensabile.

Negli “anni 10” del 2000 la Sky ha stravolto il mondo del ciclismo con i suoi nuovi metodi
Negli “anni 10” del 2000 la Sky ha stravolto il mondo del ciclismo con i suoi nuovi metodi
E come è avvenuto questo cambiamento?

Io credo ci siano stati due grossi spartiacque. Il primo è quello dell’avvento di Sky e del metodo anglosassone. Loro hanno portato e sviluppato idee nuove, metodologie basate su recupero e un certo modo di correre. Da quel momento, con questo protocollo più rigido sono iniziati a sparire i corridori dagli hotel. Subito in camera con le calze a compressione, riposo, recupero, i film in camera…

E il secondo?

Il secondo spartiacque è stato la pandemia, da quel momento si è iniziato ad andare fortissimo, ma sinceramente non so perché, qualcosa di certo è cambiato. Per esempio, anche in questi giorni i miei compagni mi hanno detto che alla Valenciana hanno fatto numeri impressionanti, tipo 7 watt/chilo sulle salite. Roba da Tour de France. Credo li abbia pubblicati anche Tao Geoghegan Hart. Su una salita, quando si è messa a  tirare la Bora-Hansgrohe ha fatto 7,3 watt/chilo… cose folli, tanto più se si pensa che siamo a febbraio. Io ricordo che Simoni riprendeva la bici a febbraio e poi vinceva il Giro.

Oggi sarebbe fuori dal mondo…

E’ cambiato tutto. Non so se sia la tecnologia, i materiali… Però il lato umano deve esserci ancora. E vedo che i ragazzi sono troppo legati ai numeri.

Alla Valenciana numeri monster, soprattutto durante il forcing della Bora-Hansgrohe
Alla Valenciana numeri monster, soprattutto durante il forcing della Bora-Hansgrohe
Come ha fatto Gianluca Brambilla ad adattarsi?

Credo dipenda dal mio carattere. Io vado d’accordo un po’ con tutti. Penso positivo e mi pongo in modo positivo anche se magari sono nero come il carbone… come in questo momento! Un inverno passato ad allenarmi e 24 ore prima del via mi ammalo. E poi anche a livello di comunicazione me la cavo. Ho un buon inglese e questo mi ha aiutato ad integrarmi. Alcuni miei ex colleghi non hanno avuto fortuna quando sono stati fuori anche perché non riuscivano ad integrarsi e, anzi, in alcuni casi non capivano cosa gli dicessero i diesse. 

Tra un Brambilla classe 1987 e un corridore classe 2002 ce n’è di differenza. Quest’anno ci ha colpito per esempio vedere i ragazzi della Bardiani scendere a colazione con la App in mano che gli diceva le quantità da mangiare. Diciamo la Bardiani perché li abbiamo visti dal vivo, ma lo fanno anche altri. Non è una critica…

Forse lo fanno perché spesso ci sono atleti troppo giovani, in pratica degli juniores e non sanno cosa mangiare. Io non ho mai usato queste App, ma so che altri team lo fanno. Sono un po’ restio a questo genere di cose. Per me i ragazzi devono fare esperienza e conoscersi. E in questo molto conta anche la scuola (ciclistica, ndr) di provenienza, io ho fatto 4 anni da dilettante. E lì impari per esempio che quando sei alle corse se hai fame devi mangiare. Se vai in crisi di fame in allenamento, poco male, ma in corsa resti fuori dai giochi. Credo che certe App siano legate soprattutto ad un discorso di controllo da parte della squadra: “Facci sapere cosa mangi, vediamo come vai e acquisiamo dei dati”. Anche noi in Q36.5 siamo monitorati durante il sonno e poi tutti i dati vengono caricati su TrainingPeaks. Ripeto, io ho fatto il dilettante ed è lì soprattutto che ho imparato come si fa il ciclista. Poi è anche vero che d’imparare non si finisce mai. E non si deve finire mai.

App per capire quanto e cosa mangiare, molti team le usano oggi
App per capire quanto e cosa mangiare, molti team le usano oggi
Imparare dunque è uno stimolo?

Sicuro… ed è anche una necessità. Ma deve essere un cambiamento e non uno stravolgimento. Parlo di accorgimenti. Per esempio la posizione in bici. Ci sono nuovi materiali, mi adatto in un certo modo. Oppure i calendari con delle “corse nuove”. Quest’anno ho come obiettivo stagionale il Giro di Svizzera. E’ bello, è diverso, è nuovo. Prima ci si era sempre preparati per il Giro, la Vuelta

Quelli della tua generazione hanno vissuto il “vecchio ciclismo” quello di trasformazione e quello super moderno: secondo te quando Modolo tirava in ballo quella specifica classe di età a cosa si riferiva?

Io credo che nel ciclismo di una volta il talento in qualche modo emergeva, veniva esaltato. E “Saka” era uno di quelli col talento. Se uno bravo era al 90% o faceva la vita del corridore al 90% ma aveva talento in qualche modo alle corse si toglieva qualche soddisfazione. E’ successo anche a me. Non eri costretto a soffrire in un certo modo in allenamento. Eri al 85-90% andavi alle corse e arrivavi al 100%. Oggi se vai alle corse e non sei al 110%, e badate ho detto 110, ti stacchi. Quando perdi 35” perché ti fermi a fare pipì per rientrare è un problema. E il risultato non lo cogli. Adesso è il contrario: se non vai alle corse super pronto vai sempre più piano, fai solo fatica perché non recuperi. Una volta andavi alle corse per migliorare, per affinare la preparazione. E c’è un’altra cosa che per me ha inciso parecchio.

Quale?

Oggi anche il gruppetto guarda i watt e va su in un certo modo e anche il gruppetto non va piano. E questo credo che nel caso di un corridore come Modolo ti faccia soffrire sempre. Faccio un ipotesi… non voglio criticare nessuno. Sia chiaro!

Brambilla: «In allenamento bisogna soffrire di più» (in foto Germani – Nicolas Gotz / Équipe cycliste Groupama-FDJ)
Brambilla: «In allenamento bisogna soffrire di più» (in foto Germani – Nicolas Gotz / Équipe cycliste Groupama-FDJ)
Rispetto a te i giovani che sono nati col ciclismo della tecnologia “soffrono” di meno questa vita?

Sì. Io ho iniziato che c’era il cardiofrequenzimetro. Ho iniziato ad usare il potenziometro al terzo anno da pro’, quando ero in Quick Step. Oggi ce lo hanno da allievi e questo è un vantaggio. Non è una brutta cosa perché comunque ti alleni meglio, hai le tue zone di riferimento. Sono loro che ci insegnano queste! In Q36.5 tengo molto ai giovani e cerco di tramandargli altri aspetti come la gestione della vita del corridore, perché sul fronte degli allenamenti sanno già tutto. 

Cosa intendi?

Vedo che spesso vanno in confusione per le cose più semplici come la programmazione di un viaggio, l’abbigliamento da mettere in valigia… Oppure, per esempio, si sa che il cappuccino prima della gara non è il massimo allora gli suggerisco di prenderlo il giorno dopo. Ma la differenza maggiore è a casa: tra allenamenti e ritiri è più dura, perché alla fine quando sei in corsa fare un certa vita ti viene facile.