Stefano Oldani è da oggi in altura sul Teide. Il corridore della Alpecin-Deceuninck sta preparando il Giro d’Italia, il quarto della sua carriera. Ed è un Giro molto importante per il lombardo. Dopo la vittoria a Genova dell’anno scorso, può essere il Giro della consacrazione, perché la sua squadra, orfana, di Mathieu Van der Poel apre a molti scenari con il resto della ciurma.
Dall’inizio della stagione Oldani si è visto poco. Ma non perché sia andato piano, ma nel vero senso della parola. Per il 2023 hanno provato un approccio differente, che prevede meno corse. All’attivo Stefano ha solo tre gare, tutte a tappe. E proprio da questo punto partiamo.
Stefano, dicevamo: poche corse…
E’ stato un inizio di stagione molto particolare in effetti. L’idea della squadra era di farmi correre poco per arrivare più fresco possibile al Giro, convinti che così sarei stato più brillante. Io ci ho provato, però sapevo che per essere brillante avrei avuto bisogno delle gare stesse. C’è stato un piccolo fraintendimento sull’approccio stagionale con la squadra e così ho preso il via solo all’Andalucia, al Catalunya e ai Baschi… Ma resto fiducioso, anche perché davvero al Giro ci arriverò più fresco di altri che hanno già corso molto.
Ai Baschi come è andata?
Mi sono ritirato perché proprio non stavo bene. In pratica nella frazione in cui mi sono fermato ero anche andato in fuga, poi ci hanno ripreso. Ma avevo fatto dei fuorigiri talmente grandi che poi ho avuto una fase “down” pazzesca. Una fatica incredibile e così in corsa, parlando con la squadra, abbiamo deciso di fermarci, altrimenti sarebbe stato controproducente, anche perché sapevano che sarei andato in altura. Quando sono rientrato in Italia ho fatto anche degli esami per scongiurare dei virus o altri malanni, ma fortunatamente era tutto okay.
Come ti spieghi questa grande fatica?
Io credo sia dovuta proprio alle poche corse fatte. Quei fuorigiri li ho pagati parecchio. Lo scorso anno ero partito molto meglio e sin da subito avevo colto più risultati. E a me piace fare risultato, dà morale. E’ stato tutt’altro approccio.
Sei dunque preoccupato per questo Giro?
Da una parte dico di sì, ma dall’altra sono fiducioso e tranquillo. Di certo non parto sconsolato. E poi adesso vado sul Teide e di solito reagisco molto bene all’altura e quest’anno ancora non l’avevo fatta. Sono fiducioso di ritrovare la brillantezza necessaria.
Quanti giorni ci resterai?
In tutto 17, fino al 29 aprile. Quindi vado diretto al Giro.
Come lavorerai? Curerai la brillantezza?
Nella prima settimana dedicherò più spazio all’endurance, anche per adattarmi alla quota, e vorrei anche riprendere il discorso con la forza. Poi sì: conto di lavorare sulla brillantezza. Quindi Vo2 Max, fuorisoglia… che poi è quello che appunto mi è mancato in corsa.
E farai anche dietro motore?
Sfortunatamente no, perché vado sul vulcano da solo, senza staff. Con me ci sarà anche Nicola Conci. Resta una piccola speranza perché forse la mia famiglia verrà a Tenerife per qualche giorno di vacanza. A quel punto noleggiando uno scooter potrebbe farmi un po’ di dietro motore mio papà Andrea, ma è da vedere. E’ molto più probabile che lavorerò con dei 40”-20”, delle fiammate fuorisoglia, dei lavori intermittenti…
All’inizio abbiamo detto che per voi della Alpecin, senza Van der Poel, si profila un Giro d’Italia diverso. Potreste avere più libertà. Come correrete?
Ma ci sarà Kaden Groves, che è molto, molto veloce e va bene anche in salita. Lui ha fatto vedere cose importanti in queste prime corse della stagione, magari ci sarà da aiutarlo soprattutto nelle volate.
Col team avete già fatto un briefing su come gestirete la corsa?
In realtà ancora non ne abbiamo parlato. Non abbiamo fatto un’analisi specifica del percorso. Sì, io ho dato uno sguardo alle tappe e ho visto che ce ne sono diverse di mosse, adatte a gruppi ristretti e fughe. Ed è in quell’ottica che ci muoveremo, visto che non abbiamo l’uomo di classifica.
Con Conci e Sbaragli… potreste avere dunque più spazio?
“Sbara” deve recuperare dall’infortunio e se starà bene è una pedina su cui contare. Lui può fare belle cose. Nicola invece è con me sul Teide. Comunque anche per loro vale il discorso delle fughe, dell’assalto alle tappe come per tutti noi.
C’è qualche frazione che ti stuzzica particolarmente e che hai studiato?
Non sono il tipo che sta lì a guardarle e riguardarle, altrimenti poi ti fai troppi “film”, troppe aspettative. Anche quando lo scorso anno ho vinto a Genova, non conoscevo il finale. Solo alla fine mi sono reso conto e ho detto: «Ma questo sembra tanto il finale del Giro dell’Appennino!».