Pellizzari: prove di personalità in salita, sfidando i big

18.04.2024
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SCHWAZ (Austria) – In conferenza stampa il vincitore di tappa Juan Pedro Lopez risponde ad una domanda dicendo di aver voluto seguire «il ragazzo della Bardiani» perché aveva visto che, rispetto al tentativo meno convinto di Bardet, stava facendo subito la differenza. Il riferimento dell’andaluso della Lidl-Trek (nuovo leader del Tour of the Alps) è per Giulio Pellizzari, partito deciso sulle pendenze in doppia cifra dello strappo di Pillberg a meno di 30 chilometri dalla fine.

Il ventenne di Camerino si siede accanto alla ringhiera di un ponticello appena superato il traguardo mettendosi prima le mani sul viso e poi appoggiando le braccia sulle ginocchia. Sul suo viso appare poco alla volta un mezzo sorriso ripensando a quello che ha appena fatto. Il rammarico del secondo posto si mescola alla soddisfazione di essere scattato in faccia a tutti ed aver fatto il vuoto. La prestazione di Pellizzari, in una giornata climaticamente più invernale che primaverile, denota un’altra bella dose di personalità. E le parole di Lopez su di lui diventano un bell’attestato di stima.

Pellizzari a Schwaz chiude secondo a 22″ da Lopez. Ora è ottavo nella generale e vorrà difendere il piazzamento
Pellizzari a Schwaz chiude secondo a 22″ da Lopez. Ora è ottavo nella generale e vorrà difendere il piazzamento

Meglio di un anno fa

Al Tour of the Alps del 2023, Pellizzari aveva ottenuto un terzo posto a Predazzo al termine di una lunga fuga in una giornata molto simile a quella di ieri. Pioggia, freddo, vento e la discesa finale lo avevano condizionato. Stavolta il piazzamento è migliore, ma la gioia non è solo per quello.

«Sinceramente è stata una corsa folle – racconta lo scalatore della VF Group Bardiani CSF Faizanè – Ad un certo punto non sapevo nemmeno che davanti c’era Ganna tutto solo con un vantaggio alto che aveva fatto il pronti-via. Nella prima parte della tappa ho solo pensato a non prendere troppo freddo, resistere il più possibile e non ritirarmi. Non vedevo l’ora che arrivassero le salite perché sapevo che ci sarebbe stata selezione e mi sarei potuto scaldare. L’anno scorso mi ero congelato, oggi (ieri per chi legge, ndr) meno, benché avessi molto freddo alle mani. Sotto questo aspetto sono migliorato.

L’abbraccio tra Pellizzari e Lopez. I due si sono aiutati, ma nel finale lo spagnolo ne aveva di più
L’abbraccio tra Pellizzari e Lopez. I due si sono aiutati, ma nel finale lo spagnolo ne aveva di più

«Rispetto alla tappa dell’anno scorso – prosegue – questa ha un altro valore perché ho attaccato nel gruppo dei migliori. Credo di essere cresciuto abbastanza da quel giorno ad oggi. Via radio dall’ammiraglia Roberto (Reverberi, il general manager, ndr) inizialmente mi diceva di stare calmo. Poi vedendo che stavo bene, mi ha incitato indicandomi i distacchi. Sono contento di questo secondo posto. Vale tanto per me in termini di consapevolezza.»

Un’azione da WorldTour

Il nome di Pellizzari è sui taccuini dei team WorldTour da tanto tempo. I rumors si rincorrono e lo danno già promesso sposo ad una di queste formazioni. Lui glissa comprensibilmente sull’argomento, adesso c’è da pensare alla maglia che indossa, nella squadra che lo ha fatto diventare un professionista. Però la sua azione non è stata per mettersi in mostra, ma per lasciare il segno. Adesso questo non è il suo obiettivo principale.

Sul severo strappo di Pillberg, Pellizzari attacca deciso e fa il vuoto. L’unico a tornargli sotto è Lopez
Sul severo strappo di Pillberg, Pellizzari attacca deciso e fa il vuoto. L’unico a tornargli sotto è Lopez

«Io ho un problema – ci confida sorridendo – ovvero che quando sto bene, si vede. Attacco perché mi piace attaccare. Mi sono trovato lì e ho visto che gli altri boccheggiavano, quindi mi sono detto che era il momento. Ho rischiato, ho pensato che fosse un mezzo suicidio, ma in realtà non avevo nulla da perdere.

«Quando Lopez mi è tornato sotto – continua – sinceramente ero contento. Ci siamo parlati e aiutati. Lui era in ballo per andare in testa alla generale e forzava in salita. D’altronde è stato maglia rosa al Giro per dieci giorni e non lo è stato per caso. Eravamo entrambi alla ricerca della prima vittoria da pro’ e forse l’ho trovato nella sua giornata migliore. Alla fine Lopez ha attaccato dopo che gli ho chiesto il cambio. Subito volevo seguirlo, ma ho preferito gestirmi visto che mancava ancora qualche chilometro. Speravo si piantasse sui punti più duri, invece è stato semplicemente più forte di me. In ogni caso mi fa piacere ciò che ha detto di me.»

Pronti-via. Ganna parte forte e si farà quasi cento chilometri di fuga solitaria. La corsa si accende quando viene ripreso
Pronti-via. Ganna parte forte e si farà quasi cento chilometri di fuga solitaria. La corsa si accende quando viene ripreso

Guardando a breve termine

C’è un “TotA” da portare a termine con lo stesso piglio mostrato nelle prime tre tappe ed uno stimolo forte potrebbe arrivare da quella che partirà fra poche ore. Poi fari puntati sulla Corsa Rosa.

«Domani (oggi per chi legge, ndr) – ci dice con un pizzico di emozione – corro quasi in casa perché la mia fidanzata (Andrea Casagranda della BePink-Bongioanni, che nello stesso giorno ha corso nel gelo della Freccia Vallone, chiudendo al 95° posto, ndr) è di Borgo Valsugana. Sono spesso su quando entrambi non siamo via alle corse. Forse potrebbe rientrare dal Belgio in tempo proprio per l’ultima tappa, speriamo. Ecco perché, come vi dicevo prima, non volevo ritirarmi!».

Appena passato il traguardo Pellizzari sembra sconsolato, ma qualche minuto dopo troverà un sorriso di soddisfazione
Appena passato il traguardo Pellizzari sembra sconsolato, ma qualche minuto dopo troverà un sorriso di soddisfazione

Giulio è innamorato del Tour of the Alps. Qualcuno gli ha detto che ha caratteristiche adatte per fare bene nelle classiche come Amstel o Liegi, ma finché il “TotA” sarà in questo periodo lui vorrebbe correre sempre qui.

«Ora mi trovo in classifica – conclude Pellizzari – e lotterò per difendere la top 10. Anche perché finora in stagione non avevo fatto granché, quindi dovevo dare un segnale. Al momento il percorso di avvicinamento sta andando secondo i piani. In vista del Giro la gamba è buona, ma andrò per centrare qualche tappa. Non faccio differenze, ne va bene una qualsiasi (dice sorridendo, ndr). Qua al Tour of the Alps ci sono nove squadre WorldTour, al Giro ce ne saranno il doppio, quindi sarà più difficile fare quello che sto facendo qua. Domenica 21 corro il Giro di Romagna, poi andrò in altura sull’Etna prima di tornare a Torino per il Giro. Vedremo quello che verrà».

Le voci di Huy, Niewiadoma mette tutte d’accordo

17.04.2024
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HUY (Belgio) – «A essere onesti, mi piace questo processo – dice Kasia Niewiadoma, vincitrice della Freccia Vallone – il percorso della mia carriera. Non è così difficile essere me e mandare giù tanti piazzamenti. Penso che vincere sia davvero speciale, ma credo anche nello sviluppo personale. E ogni volta che sento di poter fare la differenza o di poter far progredire le mie compagne di squadra, per me è sempre positivo. Alla fine la vittoria è solo un risultato. A volte è meglio sentirsi in forma pur non avendo vinto, che rendersi conto di aver commesso un errore. Si tratta solo di mantenere alta la fiducia e sapere che se ti impegni, lavori duro e sorridi, allora la vittoria prima o poi arriverà».

Fuori inizia ad imbrunire quando Kasia Niewiadoma arriva per raccontarsi. Quest’anno la Freccia Vallone delle donne è partita più tardi: erano le due del pomeriggio e c’era ancora il sole. Lo hanno chiesto le ragazze, per evitarsi la sveglia alle quattro e mezza del mattino e risparmiare una notte insonne al personale delle squadre. Poi pare che l’arrivo posticipato consenta alla televisione di trasmetterlo in diretta, mentre in passato lo si è sempre visto in differita.

Al mattino c’era il sole: qui la BePink di Walter Zini in posa con un tifoso speciale
Al mattino c’era il sole: qui la BePink di Walter Zini in posa con un tifoso speciale

Cinque anni di digiuno

Kasia sorride e illumina la stanza. Polacca di Limanova, trent’anni da compiere a fine settembre, la maglia della Canyon-Sram.  L’ultima vittoria risale al mondiale gravel dello scorso autunno, ma su strada non alzava le braccia dal 2019. Eppure ci ha sempre provato. Chi segue il ciclismo femminile è abituato a vederla attaccare ed essere ripresa. Ha sognato in grande al Tour de France Femmes, quando attaccò sul Tourmalet mettendo la maglia gialla nel mirino, ma fu ripresa da Vollering e dovette accontentarsi del secondo posto di tappa e il terzo finale.

«Questa Freccia Vallone – racconta – significa molto per me. E’ passato così tanto tempo dalla mia ultima vittoria e per questo sono super orgogliosa della mia squadra, di me stessa, dei miei sostenitori, dei miei fan che non hanno mai smesso di credere in me. Dopo tutti quei secondi, terzi, quinti e ottavi posti, tutti hanno continuato a darmi fiducia. Non ho mai ricevuto un messaggio negativo da nessuno. Questo mi ha sicuramente fatto credere che la vittoria fosse a portata di mano e dovessi solo essere paziente.

«Con il mio allenatore abbiamo provato o simulato più volte le corse su strappi come questo, quindi ero abbastanza fiduciosa di poter mantenere una potenza elevata negli ultimi 20-30 secondi di gara. Oggi mi sono svegliata convinta che questo fosse il giorno. Vincere in queste condizioni è speciale, non vedo l’ora di tornare sul pullman e poi in hotel e festeggiare con le mie amiche».

Una splendida Freccia. L’ultima vittoria di Kasia Niewiadoma era stata una tappa al Womens Tour del 2019
Una splendida Freccia. L’ultima vittoria di Kasia Niewiadoma era stata una tappa al Womens Tour del 2019

Longo-Realini: cambio in corsa

Elisa Longo Borghini è soddisfatta. La Freccia Vallone negli anni aveva finito col metterla da parte: troppi piazzamenti e poche soddisfazioni, al punto da convincersi che non fosse la sua corsa. Questa volta però il meteo l’ha resa ancora più dura, spostando il fuoco dall’esplosività alla resistenza. E quanto a quella, la piemontese non teme troppi confronti.

«Le condizioni meteorologiche – spiega la recente vincitrice del Fiandre – erano davvero difficili e anche un po’ inaspettate per essere aprile. Ho avuto la fortuna di avere compagne di squadra intorno a me, che mi portavano vestiti caldi e anche del tè caldo. Per tutto il giorno hanno avuto un occhio in più per me e per Gaia. Lei è molto minuta e quando fa così freddo, fatica anche a prendere le cose dalle tasche, anche per il tipo di corridore che è. Le cose sono poi cambiate negli ultimi chilometri. Ha continuato a dirmi di andare perché non stava bene, aveva freddo. A volte si fa quello che si vuole e altre volte si fa quello che si può. Oggi ho fatto quello che potevo e lei lo stesso. Ho patito il freddo anch’io che di solito mi ci trovo bene, quindi non riesco ad immaginare come stia adesso “Gaietta”».

L’attacco perfetto

Sulla gara e la sua vincitrice, Elisa ha parole di stima e indirettamente arriva la conferma che il successo di Kasia Niewiadoma abbia fatto piacere. Più di quanto sarebbe stato con l’ennesima vittoria di Demi Vollering.

«Penso che Niewiadoma sia partita nel punto perfetto – dice – perché guardando le precedenti edizioni, sia maschili che femminili, la grande differenza si è fatta negli ultimi 150 metri. Oggi è stata la più forte e ad essere onesti, sono felice che abbia vinto. E’ sempre una brava atleta, qualcuno di cui ho molto rispetto e meritava di vincere. Il mio sprint invece non so se potrei chiamarlo così. Più di uno sprint è stato una morte lenta. Ho resistito finché ho potuto, poi ho iniziato a spegnermi».

Un buon 9° posto per Marta Cavalli, al rientro dopo l’ennesimo infortunio e un periodo in altura
Un buon 9° posto per Marta Cavalli, al rientro dopo l’ennesimo infortunio e un periodo in altura

Il ritorno di Cavalli

La luce si è spenta appena un po’ prima per Marta Cavalli. La cremonese non aveva neanche iniziato la stagione a causa della caduta in ritiro. Si era appena affacciata al Trofeo Binda, poi è sparita sul Teide assieme a Evita Muzic. Tre settimane di lavoro, la discesa la scorsa settimana e finalmente il ritorno in gruppo. Le Ardenne e poi la Vuelta, che non era nei piani, ma è stata aggiunta in extremis.

«E’ stata una gara dura più che altro per il meteo – spiega – perché vengo da un inverno in cui ho sempre pedalato al caldo e quindi il freddo non è tra le mie condizioni preferite. Oggi ero molto motivata e quindi ho stretto i denti, cercando conforto con le mie compagne. Sapevamo che avrebbe smesso dopo metà gara e quando abbiamo iniziato a vedere il sole, ho cominciato a essere un po’ più positiva. Sull’ultimo muro sono mancate quelle gambe che si ottengono una volta ogni cinque anni per fare il risultato grosso, però in generale sono contenta delle mie sensazioni. Non ero proprio una delle favorite quando abbiamo imboccato il muro, ho dovuto cedere un po’. Però dai, domenica ce n’è un’altra…».

La Liegi bussa alle porte e anche Niewiadoma e Vollering hanno fatto sapere che l’ultima ardennese è fra i loro desideri. L’Amstel è stata accorciata. La Freccia idem, perché per farla partire più tardi hanno inciso pesantemente sul percorso: se non avesse fatto freddo, la selezione sarebbe stata ben inferiore. Ma la Liegi sarà una sorta di resa dei conti. E pare che anche domenica il tempo non sarà dei migliori.

La Freccia di Williams, del gelo e degli gnocchi di Formolo

17.04.2024
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HUY (Belgio) – «Hai presente quando sei in trance per il freddo e non riesci a capire dove ti trovi? Ero lì che pedalavo, sapevo di essere alla Freccia Vallone, ma a un certo punto mi sono messo a chiedere dove fossimo. Se nel primo gruppo oppure dove, perché non capivo davvero. Adesso ho un piatto di gnocchetti che mi aspetta, ma prima devo scaldarmi le mani, che quasi non le sento…».

Formolo è stato il primo degli italiani alla Freccia. Sul pullman ha ritrovato il sorriso e gli gnocchi
Formolo è stato il primo degli italiani alla Freccia. Sul pullman ha ritrovato il sorriso e gli gnocchi

Tre italiani all’arrivo

Davide Formolo è stato il primo degli italiani alla Freccia Vallone, 24° a 36 secondi dal vincitore Williams che si fa attendere. Alla fine se non altro ha smesso di piovere e buttar neve, ma a un certo punto, visto il veronese risalire posizioni, abbiamo sperato che ne avesse per tentare l’allungo. Non è stato semplice essere italiani su questo muro, senza corridori azzurri nel primo gruppo, ad eccezione appunto di Formolo. Gli altri compaesani ad aver finito la Freccia Vallone sono stati Lorenzo Germani (quarantesimo) e Luca Vergallito, quattro posti dopo di lui: ultimo classificato.

«La Freccia è meglio vederla in televisione che starci dentro – dice il lombardo approdato al WorldTour dal mondo Zwift – sono distrutto. Nei primi 80-90 chilometri c’è stato tempo bello, meglio di quanto ci aspettassimo. Poi sono iniziati il diluvio, il freddo, un po’ di grandine e pure la neve. E’ stata una gara a eliminazione, io mi sono staccato sul penultimo passaggio del Muro d’Huy e poi ho portato la bici all’arrivo e basta. Ho fatto fatica anche a mettere le mani in tasca per prendere da mangiare. Sicuramente chi ha vinto oltre a essere forte, è stato anche bravo a alimentarsi in maniera corretta».

Luca Vergallito, 44° all’arrivo, è stato l’ultimo degli atleti classificati alla Freccia Vallone
Luca Vergallito, 44° all’arrivo, è stato l’ultimo degli atleti classificati alla Freccia Vallone

Germani e il freddo

«E’ stata una giornata strana – dice Germani – siamo partiti col bello e sapendo che avrebbe piovuto, ma non così. Magari sono partito un po’ troppo coperto, con crema riscaldante e all’inizio della gara sentivo caldissimo. Poi però, da quando ha cominciato a piovere, ha cominciato a fare davvero freddo. Ho cercato di fare il mio. Ogni volta che mi staccavo, cercavo di rientrare per aiutare Gregoire o Madoouas, ma è stata una giornata talmente particolare che anche loro ne hanno risentito. Non ho avuto delle sensazioni buonissime, ma con questo tempo non si possono avere…».

Attacco a sorpresa

Quando Williams ha attaccato, i primi hanno avuto appena il tempo di guardarsi. Nessuno attacca mai in quel punto, perché di solito poi si pianta. Eppure proprio quella piccola esitazione ha spalancato la porta al britannico della Israel Premier Tech, che al momento di tagliare il traguardo ha ricordato la gestualità e lo sguardo stravolto di Dan Martin.

«Penso di essermi mosso un po’ prima del solito – racconta – ma c’era un po’ di stallo. Tutti hanno rallentato e credo che nessuno si aspettasse un attacco del genere. Ho potuto farlo perché ero certo delle mie gambe. Ho seguito l’istinto e ho visto che quello era il momento perfetto per partire. Ho pensato che se fossi riuscito a ottenere un margine sufficiente, una volta visto il traguardo sarei stato capace di soffrire più degli altri. E alla fine è bastato. Penso di essermi voltato spesso negli ultimi cento metri. Si stavano avvicinando, ma dopo 200 chilometri sotto la pioggia, fai la differenza con la capacità di soffrire ed ero certo di me».

Dopo l’arrivo di Huy, Williams era stravolto, ma il suo sforzo è stato perfetto
Dopo l’arrivo di Huy, Williams era stravolto, ma il suo sforzo è stato perfetto

Gli occhi al cielo

La differenza in questa Freccia Vallone, che ha perso subito i big del gruppo (ritirati o staccati), l’hanno fatta la fiducia, la capacità di gestire alimentazione, abbigliamento e stress.

«Chiedete a qualcuno dei miei compagni di squadra – dice – ieri sera e stamattina, guardavamo sempre il cielo per capire come sarebbe stato il meteo. In effetti è davvero difficile correre in queste condizioni. Il circuito non era incredibilmente tecnico, quindi era gestibile. Ugualmente la cosa più difficile è provare a fare le cose normali in certe condizioni. Quindi mangiare, bere, cercare di non esagerare con lo stress, cercare di non vestirsi troppo. E oggi ho fatto tutto perfettamente.

«Sono partito con un paio di mantelline in tasca e penso di aver tolto l’ultima a 10-15 chilometri dall’arrivo. Mi sono sentito davvero a mio agio per tutto il giorno. Le mie mani si sono un po’ increspate, i piedi sono diventati freddi a un paio di giri dalla fine, ma a quel punto il gruppo era davvero piccolo. Eravamo tutti uguali in una corsa di bici, potevo gestirlo.

325 grammi di gnocchi

A proposito di mani, quelle di Formolo ormai hanno ripreso colore e vita. Il veronese scherza: dopo una doccia ed essersi infilati in abiti asciutti, la vita cambia prospettiva.

«Ha cominciato a piovere e fare freddo – racconta ancora Formolo – quando siamo entrati nel circuito finale. La UAE si è messa davanti a tirare e così non si riusciva a coprirsi. Si sapeva che avrebbe piovuto e per questo sono partito con i guanti in neoprene nelle tasche e anche la gabba a maniche lunghe. Solo che ho impiegato 10 chilometri per infilarmi i guanti e a quel punto la gabba era bagnata e non entrava più. Sono arrivato al classico punto che non capisci più niente. Difficile dire quanto freddo abbia sentito, difficile fare una classifica. E’ una di quelle giornate che per fortuna capita solo un paio di volte ogni anno. Diciamo un buon allenamento per la Liegi (ride, ndr). E adesso però si mangia: 325 grammi di gnocchi con ragù di pollo e tacchino. Ho così fame, che quasi ci farei il bagno».

Tosatto e la Tudor, ultime rifiniture in vista del Giro

17.04.2024
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SALORNO – Il Tour of the Alps spesso e volentieri è una delle ultimissime prove generali prima del Giro d’Italia. Una serie di spunti da cui i diesse possono trarre indicazioni più o meno importanti. Uno di loro è senza dubbio Matteo Tosatto, arrivato ad inizio stagione per guidare la Tudor Pro Cycling.

Per la serie “lui sa come si fa”, grazie ai trionfi rosa ottenuti con la Sky/Ineos, sulla porta dei 50 anni (li compirà il 15 maggio) il tecnico nativo di Castelfranco Veneto ora ha una nuova missione. Lo abbiamo incontrato proprio nella corsa dell’Euregio (foto Tudor Pro Cycling in apertura) chiedendogli come stia procedendo il suo ambientamento nella Tudor e quali siano le aspettative del team Professional svizzero alle soglie della sua prima grande corsa a tappe. Il viso rilassato sembra la naturale conseguenza di una persona che, dall’alto della sua esperienza, sa che il nuovo percorso intrapreso è quello giusto.

Come sta andando la tua nuova esperienza con la Tudor?

E’ cambiato tutto dopo sei anni tra Sky e Ineos. Sono super felice perché l’avventura è iniziata col piede giusto, così come il progetto sta andando avanti bene. Abbiamo dimostrato che siamo capaci di imporci in qualche bella corsa. E soprattutto saperci imporre come stile di gara, prendendoci le nostre responsabilità senza paura. Dobbiamo ricordarci che abbiamo un gruppo di giovani. A volte sbagliamo, ma chi sbaglia poi impara. Penso che siamo sulla linea giusta.

La filosofia che ci aveva spiegato Cancellara, l’ha trasmessa facilmente anche a voi?

Il nostro motto è quello di crescere piano piano, sapendo le nostre potenzialità. Noi andiamo alle corse per vincere, ma sappiamo allo stesso tempo che dobbiamo fare anche esperienza. In alcune gare andiamo per imparare, dove portiamo tanti giovani che magari affrontano il loro primo grande Giro o la prima grande classica. Contestualmente abbiamo fatto degli innesti con corridori esperti che portano il loro bagaglio tecnico in squadra. Ad esempio la vittoria alla Parigi-Nizza (con De Kleijn, ndr) è il frutto di un grande lavoro iniziato già nel 2023, al primo anno di nascita della formazione. Nelle classiche del pavé abbiamo sempre fatto delle top 10, a parte il Fiandre. Tutto ciò ci riempie di gioia.

Storer al Giro punterà alle tappe di montagne e alla generale. Nel 2021 vinse due frazioni alla Vuelta e la maglia di miglior scalatore
Storer al Giro punterà alle tappe di montagne e alla generale. Nel 2021 vinse due frazioni alla Vuelta e la maglia di miglior scalatore
Quindi siete entrati in sintonia in fretta.

Sì, assolutamente. Come dice sempre Fabian, non dobbiamo fare il passo più lungo della nostra gamba. Stiamo diventando consapevoli della nostra forza. Dobbiamo solo restare calmi e continuare a lavorare. Poi il nostro hashtag “nati per osare” (#borntodare, ndr) deve essere uno stimolo. Se noi facciamo le cose per bene, come allenamenti, nutrizione o materiali, non dobbiamo avere paura. Non possiamo competere con i grandi team WorldTour, ma essere lì a giocarcela significa fare bella figura.

Quanta differenza c’è tra guidare una squadra come Ineos e uno come la Tudor?

Cambia tanto. Parlare o andare a provare una gara con campioni che hanno già vinto classiche o grandi Giri lo affronti in una maniera diversa. C’era una pressione diversa all’interno di un gruppo consolidato. Qua in Tudor devi partire dalle fondamenta. Devi far capire cos’è un grande Giro per esempio. E per me è un grande stimolo.

E’ stata questa la motivazione che ha portato Matteo Tosatto alla Tudor?

Ho fatto vent’anni da professionista e devo ringraziare ancora oggi Dave Brailsford che mi ha dato subito la possibilità di salire in ammiraglia. Ho imparato un lavoro facendo sei anni magnifici con loro, però era arrivato il momento di cambiare. Alla Tudor abbiamo nuovi obiettivi e penso di aver fatto la scelta migliore.

Il Tour of the Alps vi darà qualche indicazione per il Giro?

A questa corsa abbiamo 2-3 ragazzi che potrebbero correre a maggio. Sicuramente al Giro ci sarà Michael Storer, che proverà a curare la generale già qua al Tour of the Alps. Potrebbe fare altrettanto anche al Giro, anche se non ha mai affrontato una grande corsa a tappe per farla. Di sicuro punterà a fare bene le tappe di montagna. Potenzialmente può fare bene entrambe le cose, ma partiamo con un obiettivo minimo, poi vedremo se cambiarli strada facendo.

Come sarà il resto della vostra formazione alla Corsa Rosa?

Non vogliamo trascurare le altre tappe. Il nostro velocista sarà Dainese, che è tornato a correre dopo un infortunio e ha vinto in Francia ad inizio mese. Trentin sarà il nostro tuttofare, pronto a buttarsi nelle fughe delle frazioni intermedie o giocarsi le proprie carte in altri modi. Decideremo come completare la squadra dopo il Romandia.

Abbiamo capito che vi vedremo davanti al Giro.

La nostra volontà è quella di essere protagonisti. Vogliamo usare la testa. Non andremo in fuga solo per fare vedere la maglia. Noi cercheremo la vittoria, il nostro grande obiettivo di quelle tre settimane di maggio. Qualcuno di noi sarà emozionato perché sarà il primo grande giro della Tudor. Tuttavia vorrei infondere calma e serenità, vedendo come andrà la gara giorno dopo giorno. Io sono molto motivato e fiducioso.

Capra e i primi passi al CTF, con le dritte di Andreaus

17.04.2024
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COL SAN MARTINO – La voce di Thomas Capra sembra scavargli i polmoni tanto è profonda, quasi come se li scuotesse da dentro. I suoi occhi scuri piantati per terra, e qualche volta nei nostri, cercano parole e risposte. Il corridore del CTF è passato under 23 dopo due anni da junior sotto i riflettori. Con Renzo Boscolo e il suo team, Capra ha fatto un salto importante nella categoria. 

«I primi mesi – dice al via del Trofeo Piva – sono andati molto bene. Mi sono adattato alla categoria o comunque non ho trovato grossi problemi. Un aiuto me lo ha dato anche Marco (Andreaus, ndr), è già al terzo anno e lo conosco molto bene. E’ anche lui della Valsugana, come me. Il suo contributo per inserirmi tra gli under 23 e nel CTF è stato importante».

Il miglior risultato al momento è un terzo posto al GP Brda-Collio
Il miglior risultato al momento è un terzo posto al GP Brda-Collio

Passi decisi

Questi mesi sono andati bene anche nei risultati, con qualche piazzamento e il segnale che sulle qualità si può lavorare. Ora tocca a chi di dovere sgrezzare il diamante per farlo brillare. 

«Non da meno – prosegue Capra – è stato lo staff della squadra. Mi hanno messo a mio agio e abbiamo subito iniziato a lavorare. Sono stati tutti molto disponibili e mi hanno aiutato parecchio. Ci siamo concentrati molto sulla palestra durante questo inverno, al fine di aumentare la forza e l’esplosività. Mi sento un corridore che gioca molto sulla sua forza, anche nelle volate, quindi curare questi aspetti è importante».

Il salto di categoria non si è fatto sentire, complici le qualità atletiche del ragazzo
Il salto di categoria non si è fatto sentire, complici le qualità atletiche del ragazzo
Quindi al CTF tutto bene?

Assolutamente. Rispetto agli anni scorsi è tutta un’altra cosa, mi sto trovando molto meglio. Tra compagni c’è un bel feeling, si vede che in corsa siamo uniti e riusciamo a fare il massimo. Non per caso siamo il team che ha vinto di più fino ad ora. 

Avere un riferimento tra i compagni come Andreaus ti ha aiutato?

Ci siamo confrontati tanto, anche prima della mia decisione di venire a correre al CTF. Abbiamo parlato spesso della squadra e lui ha sempre usato parole di elogio per ogni ambito. Sia per l’organizzazione che per le qualità, diciamo che Andreaus mi ha facilitato nella decisione finale. 

L’inserimento al CTF è stato facilitato dal grande rapporto instaurato con i compagni
L’inserimento al CTF è stato facilitato dal grande rapporto instaurato con i compagni
Quali sono gli argomenti che avete toccato spesso nei vostri discorsi?

Tanto la logistica e l’organizzazione. Entrambi veniamo dal Trentino, mentre la squadra è in Friuli. Questo aspetto risulta comunque importante. Abbiamo parlato di come la squadra organizza gli spostamenti. Un dettaglio da non trascurare anche con la scuola di mezzo. 

In gara che cosa hai notato?

Poche differenze, mi ha aiutato sicuramente il fatto di essere un corridore con un buon fondo. Avere più chilometri di corsa non ha rappresentato un limite. Di solito più aumentano i chilometri più solitamente sto meglio. 

Capra ha già mosso i primi passi al Nord da junior, qui alla Parigi-Roubaix di categoria del 2023
Capra ha già mosso i primi passi al Nord da junior, qui alla Parigi-Roubaix di categoria del 2023
Tu hai corso all’estero da junior e lo hai fatto anche ora da U23, che differenza hai visto?

Il salto di categoria in questo caso direi che si sente. Alla Youngster quest’anno è stata tutta un’altra cosa rispetto a correre in Belgio con la nazionale juniores. Ci si muove più come fanno i professionisti. Con la nazionale lo scorso anno non si riuscivano ad aprire ventagli nonostante ci fosse vento. Una cosa che secondo me è dovuta al fatto che tra compagni di nazionale non c’è tutto questo feeling

Alla Youngster invece ci avevate già raccontato che se ne aprivano parecchi.

Si usano tanto, il vento diventa un fattore determinante e quando corri con compagni con cui ti alleni tutti i giorni queste situazioni riesci a sfruttarle meglio. Infatti dopo pochi chilometri c’era un vero disastro. Sono sicuro che gare del genere daranno una grande mano nel crescere, sia a me che ai miei compagni. 

Le strategie di Ina Teutenberg, arma in più per la Lidl-Trek

17.04.2024
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Nelle interviste dopo la sua straordinaria vittoria al Giro delle Fiandre, Elisa Longo Borghini non ha lesinato commenti al miele nei confronti del suo direttore sportivo Ina-Yoko Teutenberg, che a suo dire era stata una perfetta regista, dandole i tempi e tracciando sempre la giusta via interpretativa della corsa. Non è la prima volta che in casa Lidl-Trek si sottolinea come la tedesca sia un valore in più, potendo mettere nel conto la sua lunga esperienza raccolta sulle strade di tutto il mondo.

Prima che dirigente, Ina Teutenberg è stata un personaggio importante nel ciclismo femminile, quando ancora era lontano dai fasti odierni, era visto come qualcosa di profondamente diverso da quello degli uomini. Iridata junior nel 1990, Teutenberg, sprinter sopraffina, ha colto in carriera più di 200 vittorie, portando a casa 13 tappe al Giro d’Italia, 6 al Tour de France, un oro iridato a squadre e un bronzo individuale, due titoli nazionali e tanto, tanto altro. Compreso anche un Giro delle Fiandre, la stessa gara rivinta 15 anni dopo, ma in tutt’altra veste.

Sempre impegnata per la sua squadra, Teutenberg è piuttosto schiva con la stampa, ma per una volta ha voluto dire la sua, dopo essere stata chiamata in causa dalla sua pupilla. Riservando anche qualche risposta tagliente…

Una delle oltre 200 vittorie della tedesca, nella prova di Coppa del mondo a Geelong nel 2006 (Getty Images)
Una delle oltre 200 vittorie della tedesca, nella prova di Coppa del mondo a Geelong nel 2006 (Getty Images)
Rispetto alla tua carriera da ciclista, il lavoro come manager della Lidl-Trek che cosa ti dà di più e di meno?

E’ difficile dirlo in poche parole, considerando che vengo da una giornata fatta di 12 ore di viaggio trascorse fra smartphone e Pc nei momenti di passaggio. Non ci si ferma mai e questo è molto diverso da prima, ci sono mille cose a cui pensare per cui non c’è tempo per dire se è meglio o peggio. E’ solo diverso.

Quanto è cambiato il ciclismo femminile rispetto a quando correvi?

Tanto e non saprei dire se del tutto in meglio, perché oggi c’è un po’ troppa vicinanza al ciclismo maschile, troppa similitudine. Ad alcuni questo piace, ad altri no. Noi facciamo quello che fanno gli uomini, ma con molti meno mezzi a disposizione. E’ sicuramente cresciuto molto rispetto a quando mi sono ritirata, è oggi uno sport molto più televisivo e quindi più seguito, più popolare. Ma con le sue contraddizioni.

Teutenberg con Paternoster, dopo la vittoria al Tour Down Under 2019. Prima gara da diesse per lei (Getty Images)
Teutenberg con Paternoster, dopo la vittoria al Tour Down Under 2019. Prima gara da diesse per lei (Getty Images)
Dopo la vittoria nelle Fiandre, Elisa Longo Borghini ha detto che fondamentale è stata la strategia studiata con te. Pensi anche tu sia stata decisiva?

A dir la verità non so perché l’ha detto. Non penso di essere stato il perno della sua prestazione, quando vinci lo fai perché hai le gambe migliori, conta poco quello che ti dicono dalla radiolina. E’ vero però che con Elisa abbiamo parlato molto. In primavera, prima delle classiche, ci siamo sedute e abbiamo analizzato quello che l’aspettava. Volevamo vincere una delle corse principali del calendario e farlo con lei, la sua vittoria mi ha riempito di felicità pensando a tutto quello che aveva passato lo scorso anno. La tattica ha un peso, è vero, ma molto di più è la motivazione insita nel corridore.

Lo scorso anno la Sd Worx sembrava imbattibile, avete studiato le corse del 2023 per trovare le giuste risposte?

Penso che ci sia troppa enfasi su come la Sd Worx funziona e non funziona. Voglio dire, dobbiamo concentrarci su noi stessi, dobbiamo farlo senza guardare al di fuori, contando su quel che possiamo fare. Abbiamo buone atlete, le abbiamo sempre avute e dobbiamo ottenere il meglio da loro. Ciò non ha nulla a che fare con come vanno le altre. Lo scorso anno la differenza così marcata era data dal fatto che abbiamo avuto molta sfortuna, una pioggia di infortuni e quindi non potevamo mai arrivare alle gare con la squadra migliore. Quest’anno è diverso, oltretutto siamo nella stagione olimpica con un evento che cambia tutto. L’importante è che quest’anno abbiamo una squadra sana e forte.

Teutenberg si è spesso alternata fra gare maschili e femminili, sempre a suo agio nel ruolo
Teutenberg si è spesso alternata fra gare maschili e femminili, sempre a suo agio nel ruolo
Rispetto alle corse maschili, fra le donne c’è più o meno strategia?

Non mi piace fare paragoni, è semplicemente differente. E’ un discorso che sento spesso ed è davvero noioso. Voglio dire, il calcio maschile e quello femminile sono diversi ma non significa che l’uno sia migliore o peggiore dell’altro. E’ semplicemente diverso.

Com’è la situazione del ciclismo femminile tedesco e perché c’è tanta differenza ad esempio con l’Olanda?

Bisognerebbe chiederlo alla federazione tedesca, a come lavorano nel settore giovanile per favorire la crescita di nuovi talenti. Io mi occupo di altro…

Tim Torn Teutenberg, il nipote vincitore quest’anno della Roubaix U23
Tim Torn Teutenberg, il nipote vincitore quest’anno della Roubaix U23
Tua nipote alla Ceratizit e tuo nipote nel devo team Lidl ti chiedono mai consigli?

Non li vedo così spesso. Anche mio nipote, nella squadra development, fa un’altra attività. So però che ha molte persone intorno a lui. Non ha bisogno di chiedermi troppe cose.

Con Balsamo e Longo Borghini studi modi differenti d’interpretare la corsa o lasci loro la scelta?

Sono cicliste con caratteristiche differenti e quindi dobbiamo puntare con loro a gare diverse. E’ importante che per ogni gara ci sia una strategia di base studiata pensando al singolo elemento, perché Balsamo correrà in un modo, Longo Borghini in un altro. E’ importante però che la squadra segua un canovaccio, altrimenti non funzionerebbe davvero.

Elisa Balsamo è un’altra campionessa rilanciata tatticamente dalla Teutenberg
Elisa Balsamo è un’altra campionessa rilanciata tatticamente dalla Teutenberg
E’ più difficile impostare una squadra per una classica o per un grande giro?

Penso che sia difficile in entrambi i casi. Certamente in una corsa a tappe devi assicurarti di avere tutti lì per tutto il tempo, che i tuoi leader siano protetti e devi guardare all’obiettivo singolo e a quello complessivo. I ruoli cambiano magari da una tappa all’altra. E’ un impegno non da poco, al quale dobbiamo contribuire tutti, chi corre e chi è fuori.

Riecco De Marchi. Vince al TotA col suo marchio di fabbrica

16.04.2024
4 min
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STANS (Austria) – Novecentoventiquattro giorni dall’ultima vittoria. Probabilmente Alessandro De Marchi se li ricorda tutti, uno ad uno. Appena tagliato in solitaria il traguardo di Stans della seconda frazione del Tour of the Alps, il 37enne friulano tira qualcosa di molto simile ad un sospiro di sollievo davanti ai massaggiatori contentissimi della sua Jayco AlUla come a dire “ce l’ho fatta” nuovamente. Tutti si complimentano con lui, compagni e avversari. Zana lo abbraccia sapendo che lo avrebbe rivisto gioioso. Ganna invece lo fa sorridere con una battuta scherzosa.

Dal successo della Tre Valli Varesine del 2021 sembra passato molto più tempo. Per il “Rosso di Buja” la giornata vissuta in Tirolo ha il sapore di una rinascita e di istanti che gli mancavano. Un successo alla De Marchi conquistato apponendo il suo classico bollino “doc”.

Gli ingredienti sono sempre quelli. Fuga a lunga gittata (più di 150 chilometri), amministrazione delle forze e gestione dei momenti difficili quando nel finale ha dovuto ricucire assieme a Pellaud su un allungo convinto di Gamper. Infine l’attacco decisivo sfruttando il punto più congeniale sulla salita corta e dura di Gnadenwald per eliminare la scomoda concorrenza dello stesso Pellaud, più veloce di lui in un eventuale testa a testa conclusivo. Sembra facile detta così, ma nel ciclismo di adesso non c’è nulla di semplice e scontato. E De Marchi ce lo spiega con la sua solita lucidità.

De Marchi torna alla vittoria dopo 924 giorni di digiuno. Lo fa in solitaria, sempre col suo marchio di fabbrica
De Marchi torna alla vittoria dopo 924 giorni di digiuno. Lo fa in solitaria, sempre col suo marchio di fabbrica
Alessandro cos’hai pensato in quegli ultimi quindici chilometri quando eri tutto solo?

Ho pensato che se Brent Copeland (il team manager della Jayco AlUla, ndr) due anni fa non mi avesse dato una possibilità, non sarei stato qui. Fortunatamente c’è ancora qualcuno che la vede lunga e che ha intuito che potevo dare qualcosa alla squadra. La stagione scorsa è stata molto positiva e quella era già una risposta. La vittoria di oggi è la seconda risposta. Alla fine ho pensato che avevamo ragione noi.

Vinci poco, ma di qualità. Che effetto fa vincere alla tua età, considerando quello che ci hai appena detto?

In questo ciclismo riuscire a vincere a quasi 38 anni (è il secondo vincitore di tappa più anziano del “TotA” alle spalle di Bertolini, ndr) ha un valore in più. Sappiamo bene come sta andando il ciclismo e il livello di preparazione che devi avere. Ovviamente per me adesso non è semplice come a 25 anni. E poi ad uno come me non capita molto spesso, quindi me la godo di più.

Con questo risultato ti sei guadagnato un posto per il Giro d’Italia?

Credo di averlo confermato. Era già nei piani, a dire il vero. Abbiamo confermato che siamo tutti sulla buona strada. Anche il resto dei compagni sta pedalando bene. Da domani torno a lavorare per Chris Harper, che per noi è il capitano al Tour of the Alps. Il percorso di avvicinamento al Giro sta procedendo bene, dobbiamo solo continuare così.

Erano tutti felici della tua vittoria e questo rende onore alla tua persona. Che sensazione è per te?

Credo di essere sempre stato uno educato e rispettoso all’interno del gruppo e nei confronti di tutti. Forse nelle reazioni che avete visto c’è un po’ di questo. Sapere di essere apprezzato non è una cosa da poco. Di sicuro mi fa molto piacere, poi chiaramente ci sarà qualcuno che salirà sul carro come sempre, ma non mi preoccupo.

Rosso di Buja in tinta: con la vittoria di Stans, De Marchi guida la classifica a punti del TotA
Rosso di Buja in tinta: con la vittoria di Stans, De Marchi guida la classifica a punti del TotA
All’età di Alessandro De Marchi si fanno ancora le dedica per una vittoria?

Ci sarebbe una lista infinita. Sicuramente la prima persona a cui dovrei dedicare qualcosa è mia moglie. Per starmi dietro e seguire tutte le faccende famigliari è quella che fa più sacrifici di tutti.

Lo lasciamo allontanare in sella alla sua Giant pronti a ritrovare domattina De Marchi in tinta con la maglia rossa (leader della classifica a punti) sulla linea di partenza della terza tappa a Schwaz. Forse lo pervaderà un briciolo di emozione, lo stesso che ha fatto provare a chi lo conosce bene.

Van der Poel a Liegi? Bartoli e Bettini dicono di no

16.04.2024
5 min
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Due che la Liegi la conoscono come le strade di casa, per averne conquistata una coppia ciascuno: Michele Bartoli e Paolo Bettini. Il maestro e l’allievo, esperti di Ardenne come pochi altri al mondo. Li abbiamo interpellati sul tema che inizia a tenere banco nei bar: Van der Poel può vincere la Liegi, scalzando Pogacar?

Si sa, quando ti restano negli occhi grandi imprese come quella dell’olandese alla Roubaix, ti sembra che per lui sia tutto possibile. Però poi si torna con i piedi per terra e si capisce che l’impossibile in realtà non esiste.

«Un bel duello fra Pogacar e Remco – dice Bartoli – quello sì che me lo sarei goduto! Ma stavolta è toccato a Evenepoel infortunarsi e per il secondo anno consecutivo, non riusciremo a vederlo. Ma ditemi una cosa: siete anche voi fra quelli che pensano che Van der Poel possa vincere la Liegi? Io non ci credo».

«Anche io sto dalla parte di quelli che indicano Van der Poel fuori dai giochi per la Liegi – dice Bettini – secondo me non può insidiare Pogacar, che su quel tipo di salita se lo toglie di torno quando vuole. Abbiamo già visto come in un’Amstel possa essere messo in difficoltà e la Liegi è un’altra cosa».

Bartoli e Bettini hanno corso insieme dal 1997 al 2001, vincendo 4 Liegi in due
Bartoli e Bettini hanno corso insieme dal 1997 al 2001, vincendo 4 Liegi in due

Le salite delle Ardenne

Michele Bartoli, che accanto ad Adrie Van der Poel ha vissuto il primo anno da professionista e ne fu tenuto a battesimo proprio sulle strade del Nord, all’ipotesi che il campione del mondo possa vincere la Liegi non ci crede proprio. E come già in passato con lui avevamo commentato le imprese dell’olandese e del rivale Van Aert, arrivando a paragonare il primo a un cecchino e l’altro uno che spara a pallettoni, anche questa volta l’analisi è lucida.

«Fa bene a provarci – dice il toscano che la Liegi l’ha vinta per due volte – ma le salite delle Ardenne non sono paragonabili ai muri del Fiandre. Sento dire che potrebbe vincerla, perché ha vinto il mondiale di Glasgow che sarebbe stato uno dei più impegnativi di sempre, ma evidentemente non ho visto la stessa corsa. Glasgow era un Fiandre senza pavé, salite che duravano poche decine di secondi. Alla Liegi alcune durano qualche minuto. E quand’è così, le cose cambiano».

La Liegi non è una corsa semplice: le sue salite non sono pedalabili come il Poggio
La Liegi non è una corsa semplice: le sue salite non sono pedalabili come il Poggio

Analisi sballate

Lo sguardo si fissa prima di tutto sugli avversari e non soltanto su Pogacar che di certo avrà addosso tanti riflettori. La selezione che Van der Poel ha attuato alla Roubaix, anche alla luce delle doti atletiche ben evidenziate da Pino Toni, non sarà replicabile. Il percorso della Liegi non è adatto alle sue caratteristiche e questo potrebbe far accendere la riserva ben prima che la corsa si decida.

«Dipende molto dallo sviluppo della corsa – prosegue Bartoli – perché è chiaro che se lo portano col gruppo compatto e al piccolo trotto sino all’ultima salita, poi non lo staccano di certo. Ma credo che se la corsa si farà come al solito, avversari come Skjelmose, Pello Bilbao, Vlasov, Carapaz e altri scalatori potrebbero metterlo in croce. Starei attento a pensare che possa vincere tutto, ci sono corridori più forti di lui su percorsi di salita. Mi viene in mente l’anno che Petacchi vinse nove tappe al Giro d’Italia e cominciarono a dire che forse avrebbe potuto fare classifica. Oppure quando qualcuno decise che Ganna potrebbe puntare a un Giro d’Italia, senza tenere in considerazione le sue caratteristiche fisiche. Quando leggo certe cose, mi verrebbe di prendere il telefono e chiamare, ma ho imparato a lasciar correre».

Tom Pidcock ha vinto l’Amstel costringendo Van der Poel a un fuorigiri di troppo
Tom Pidcock ha vinto l’Amstel costringendo Van der Poel a un fuorigiri di troppo

Occhio a Pidcock

Fra coloro che potrebbero dire la loro anche in barba a un gigante come Pogacar, Bettini vede il vincitore dell’Amstel Gold Race, che ha dimostrato di essere fra gli scalatori più in forma del momento.

«Non credo a Van der Poel per la Liegi – dice il livornese, che ha vinto anche due mondiali – mentre penso che un nome da seguire sia quello di Pidcock. Lui ha dimostrato che su quei percorsi sa anche vincere. Forse può essere proprio lui quello che può insidiare Pogacar. Ma di certo non sarà Van der Poel, questo mi sento di escluderlo abbastanza nettamente. Lo vedremo domenica alla Doyenne…».

Van Aert ha altre caratteristiche che gli permettono di andare forte anche in salita
Van Aert ha altre caratteristiche che gli permettono di andare forte anche in salita

Van Aert è un altro corridore

L’argomento da cui si prende spunto per dire che Van der Poel in realtà potrebbe davvero centrare la Liegi è legato al fatto che nel 2022 Van Aert, che atleticamente potrebbe ricordare il rivale di sempre, arrivò terzo dopo Evenepoel e Quinten Hermans. E che anche Mathieu nel 2020 conquistò il sesto posto, vincendo la volata alle spalle del gruppetto di Roglic, Hirshi, Pogacar, Mohoric e Alaphilippe.

«Van Aert è diverso – dice secco Bartoli – lui alla Liegi è già arrivato terzo, ma è soprattutto un corridore che ha vinto da solo dopo aver superato il Mont Ventoux. Ed è anche quello che, tirando per Vingegaard sui Pirenei, ha staccato Pogacar. Van Aert ha una predisposizione diversa per la salita, tanto che si parlava di lui come di uno che avrebbe potuto vincere il Tour. Non ci ho mai creduto, ma qualcuno lo ha detto. Bisogna anche ricordarsi che il ciclismo non è il terreno in cui si va per dimostrare le proprie teorie. A conoscerlo si capisce come tutto rientri in una logica precisa. Volete sapere quante possibilità darei a Van der Poel di vincere la Liegi? Direi un 10 per cento. Abbiamo visto vincerla anche da Gerrans, che era un velocista, ma onestamente non credo che sia l’anno delle grandi sorprese».

Zanini: cosa ho capito dopo un anno nel devo team dell’Astana

16.04.2024
4 min
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COL SAN MARTINO – Le aspettative con le quali il giovane Simone Zanini era passato al team Astana Qazaqstan Development erano di per sé elevate. Non è facile entrare nel ciclismo che conta con un cognome così importante. E a maggior ragione non lo è stato entrando nel team dello zio Stefano. Nulla passa inosservato all’esterno e quando sei al centro dell’attenzione tutto forse si complica. 

Dopo un periodo di adattamento Zanini ha trovato il suo “posto” nel team
Dopo un periodo di adattamento Zanini ha trovato il suo “posto” nel team

Debutto difficile

Alle attenzioni che arrivavano dall’esterno, sulle spalle di Simone Zanini sono arrivati anche dei risultati non troppo incoraggianti. Una prima stagione difficile nel team kazako, fatta di corse, ma pochi squilli, nessuno in pratica. 

«Rispetto a quanto fatto nel 2023 – racconta al via del Trofeo Pivala squadra non dico che è rimasta soddisfatta, ma quasi. Comunque sia ero al primo anno di categoria e con la scuola non è stato per nulla facile. Ho raccolto due decimi posti in Bulgaria, per il resto è stato un anno di esperienza. Anche questa stagione non è iniziata al massimo, ma bisogna avere pazienza, perché di corse ce ne sono tante».

Per Zanini uno degli adattamenti più difficili è stato quello al ritmo in corsa
Per Zanini uno degli adattamenti più difficili è stato quello al ritmo in corsa
Qual è la cosa che ti ha messo più in difficoltà?

Il cambio di ritmo – dice subito, senza quasi farci finire la domanda – l’ho sofferto molto. Non tanto i chilometri, perché dopo un po’ ti abitui, ma il ritmo di gara. Sia in salita che in pianura diventa davvero fastidioso a lungo andare. 

Nel senso di percorrenza?

Sì. Me ne sono accorto anche guardando i dati, a casa. In salita, rispetto a quando ero junior, ho dovuto imparare un nuovo modo di pedalare. Migliorare in efficienza e velocità, risparmiando energie, ma comunque provando a guadagnare quei due o tre chilometri orari. Già l’anno scorso soffrivo la grande velocità in salita, quest’anno si è alzata ancora di più. 

Tu arrivavi da una squadra piccola, raccontaci la difficoltà maggiore che hai trovato nell’adattarti a un team così grande. 

La lingua sicuramente, anche se piano piano ti abitui. I primi mesi da questo punto di vista sono stati i più duri, perché poi ho avuto un po’ di problemi con il reparto kazako. Hanno fatto fatica ad aprirsi con me, ora invece è quasi una seconda famiglia. Poi ci sono le aspettative. 

Nel primo anno tra gli under 23 pochi squilli per il nipote d’arte
Nel primo anno tra gli under 23 pochi squilli per il nipote d’arte
Raccontaci…

Arrivare in un team famoso, e il cognome che mi porto dietro, non è stato facile. Erano più aspettative mie, la squadra non mi ha mai caricato di nulla. Sono stato io a darmi maggiori pressioni, sbagliando. 

Com’è essere uno Zanini che corre in Astana?

Sento di essere conosciuto, e non è così facile a volte. Il 2023 mi è servito anche per imparare a fregarmene un po’ di meno rispetto a quello che arriva da fuori. 

Ci avevi detto di essere uno scalatore, dopo un anno tra gli under cosa ci dici?

Che se si parla di strappi corti ed esplosivi riesci ancora ad essere lì. Quando invece si va su salite lunghe, ci sono persone più portate di me, per caratteristiche e watt/chilo, che hanno un altro passo. Potrò sempre migliorare, ma non riuscirò ad essere come i migliori scalatori al mondo. 

Il 2024 ha visto dei cambiamenti negli allenamenti per provare a migliorare nel fuori soglia
Il 2024 ha visto dei cambiamenti negli allenamenti per provare a migliorare nel fuori soglia
Hai cambiato modo di allenarti?

Ho cambiato preparatore rispetto allo scorso anno e stiamo lavorando su tutti gli aspetti fuori soglia, che sono quelli che mi mancano maggiormente. Stiamo provando degli esercizi e dei lavori specifici che mi permettano di migliorare. Ad esempio ci stiamo concentrando sui cinque minuti a blocco o i 30/30. 

Hai avuto modo di correre con i professionisti, lì cosa hai visto?

E’ incredibile come sia un mondo completamente differente rispetto agli under 23. La corsa parte allo stesso modo: un’ora a fuoco, poi si sgancia la fuga, ci si rilassa, e poi l’ultima ora e mezza ancora a fuoco. Correre tra i grandi aiuta a capire e prendere le misure, non è facile, ma si fa