La Freccia del Brabante ha avuto nel corso della sua storia 6 vincitori italiani (Pambianco nel 1964, Bartoli nel ’94 e ’99, Pianegonda nel ’97, Paolini nel 2004, in apertura, Colbrelli nel 2017) eppure il primo nome a comparire nel suo albo d’oro è italiano che di più non si può, ma non per passaporto: Pino Cerami, nel 1961. E la sua storia è di quelle che vanno raccontate.
Pino era nato nel 1922 a Misterbianco, piccolo centro catanese, ma pochissimo tempo dopo quei colori così verdi e quei profumi tipici erano per il bimbo già un ricordo, cancellato dalle brume e dal freddo di Montignies-sur-Sabre, nei sobborghi di Charleroi. Suo padre, che voleva andare a fare fortuna negli Usa, aveva dovuto ripiegare sul Belgio, trovando posto in un altoforno.
Una bici, una maglia, una vittoria
Tanto lavoro, poco tempo per la famiglia, pochissimi svaghi: uno di questi erano le corse di bici. Andando a vedere i campioni dell’epoca, quell’ometto si era invaghito delle due ruote e il padre mise da parte quanto poteva finché a 7 anni gli regalò la sua prima bici, una Finet artigianale, della quale Pino andava fiero, con i suoi colori blu e giallo. Girava e girava, pedalava e correva, finché il padre provò a iscriverlo a una gara.
Era un circuito a cronometro, che poi era semplicemente il giro di una piazzetta. Pino vinse, naturalmente, con la maglia di lana che la madre gli aveva fatto a mano per l’occasione.
Voleva dar seguito a quel successo, alla sua passione, ma il padre fu inflessibile: «Non se ne parla, la scuola viene prima di tutto». Va bene, pensò Pino. E si mise con lena a studiare, prendendo il diploma di meccanico d’auto.
Un corridore senza patria
Poi fu libero, libero di correre e di seguire le sue aspirazioni. Ma all’inizio fu dura, tanta polvere da mangiare. Ripensandoci negli anni, Pino diceva che quando correva aveva tutti contro, gli italiani perché era in Belgio, i belgi perché era italiano.
Spesso raccontava un episodio risalente al 1949: «Alla Freccia Vallone andammo in fuga io e Fausto Coppi, un gran signore oltre che campione, Ma i belgi erano furiosi, non vincevano una classica da anni e così Van Steenbergen e Peters si misero dietro un’auto per venirci a prendere. Alla fine primo Van Steenbergen, secondo Peters, terzo Coppi e io fuori dal podio».
L’ultimo Cerami, il più grande
A un certo punto Cerami disse basta e nel ‘56 prese la cittadinanza belga. D’incanto i belgi non gli corsero più contro, trovò maggiori spazi e la sua carriera prese il volo, a 35 anni suonati: nel ‘60 vinse la Parigi-Roubaix e pochi giorni dopo si prese quello che aveva visto sfuggire 11 anni prima, la Freccia; non pago, al mondiale in Germania conquistò anche il bronzo.
L’anno dopo, inaugurarono la Freccia del Brabante e lui iscrisse il suo nome mettendo in fila una lunga serie di belgi, lasciandoli a 55”, per poi in autunno andare a conquistare la classica regina per i velocisti, la Parigi-Bruxelles, lui che in volata era praticamente fermo.
Ritiratosi nel ’63, dall’anno successivo istituirono il GP Cerami, divenuto presto una delle classiche del calendario belga e non solo. Il siculo-belga non mancava mai, fino al 2014 anno della sua scomparsa: «Di solito queste corse le organizzano in memoria di qualcuno, ma io sono vivo e vegeto e ci vengo sempre per ricordarlo a tutti…».