Notari, il punto sui Gen Z: come crescono i più giovani?

12.04.2024
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COL SAN MARTINO – Vedere una figura come quella di Giacomo Notari tra gli under 23 fa un bell’effetto. Il coach del UAE Team Emirates Gen Z lo abbiamo prima incrociato al Palio del Recioto, poi al Trofeo Piva. 

Tra le colline patrimonio dell’Unesco, Notari si è messo in ammiraglia per seguire i suoi ragazzi. Uno su tutti Gal Glivar, che dopo aver vinto al Belvedere era il grande atteso di giornata. Per lo sloveno un quinto posto finale, complici anche dei problemi meccanici nel momento sbagliato della corsa.

Notari dal 2024 lavora con il team UAE Emirates Gen Z
Notari dal 2024 lavora con il team UAE Emirates Gen Z

I giovani campioni

Notari ha tra le mani i futuri talenti del team WorldTour che nel 2023 ha occupato il primo posto nel ranking UCI. Un bell’impegno e anche uno stimolo per un coach come lui che si è trovato a lavorare con ragazzi provenienti da tutto il mondo. 

«Partendo da Glivar – racconta Notari – sicuramente è un buon prospetto, non è più un giovane di primo pelo. Questo è dovuto anche al ciclismo di oggi, che etichetta come “vecchio” un ragazzo di 22 anni. Gal è un bell’atleta, furbo, bravo a correre e a posizionarsi in gruppo, caratteristiche che in gara lo aiutano molto. Ha dei buoni numeri, ma la cosa principale è la sua capacità di lettura delle dinamiche di corsa. E’ abbastanza veloce e in salita tiene anche se non è uno scalatore (unendo queste qualità ha portato a casa la vittoria al Belvedere, ndr)».

I giovani sono aggiornati su metodi di allenamento e nutrizione (photors.it)
I giovani sono aggiornati su metodi di allenamento e nutrizione (photors.it)
Abbiamo parlato spesso di Giami e Glivar, ma tu come preparatore che situazione hai trovato nel team?

Un po’ di diversità a livello di preparazione e di metodi di lavoro ne ho trovata. Essendo ragazzi di nazionalità diverse ognuno si porta dietro dei blocchi “culturali”

Cosa intendi?

Che un corridore americano spesso si allena in maniera diversa rispetto a un italiano o a un belga. Quello che ho visto è che, pur essendo giovani, sono sul pezzo già in tutto: alimentazione, allenamento, ecc…

Non sono da formare?

Magari da indirizzare, ma non è come 5 o 10 anni fa quando non c’era questa grossa cultura sportiva. Ad esempio ragazzi juniores di secondo anno sanno già quanti carboidrati assumere in gara. 

C’è un metodo di lavoro “standard” che si adatta a corse e obiettivi di stagione (fotobolgan)
C’è un metodo di lavoro “standard” che si adatta a corse e obiettivi di stagione (fotobolgan)
Le differenze che vedi a livello di preparazione quali sono?

Da quello che ho visto dai file degli anni precedenti, posso dire che i corridori belgi spesso si allenavano con lavori specifici ad alta intensità e ogni tanto facevano distanze. Al contrario, l’americano Cole Owen si allenava su distanze astronomiche, più di un professionista (in apertura photors.it). 

E come avete organizzato il lavoro?

La nostra visione di squadra è quella di fare una buona base soprattutto in inverno. Una volta costruite le fondamenta, puoi inserire dell’intensità. Il tutto, chiaramente, incastrando il calendario e gli obiettivi. 

Come ti stai trovando?

Bene, sono molto contento. Lavorare con i giovani mi piace parecchio, perché puoi plasmarli di più rispetto ad un corridore professionista. Lavorare con corridori maturi, a volte, ti porta anche a scontrarti perché hanno le loro idee e convinzioni. 

I giovani sono più propensi all’ascolto, lo testimonia la vittoria di Glivar al Belvedere (photors.it)
I giovani sono più propensi all’ascolto, lo testimonia la vittoria di Glivar al Belvedere (photors.it)
Con i giovani questo non c’è?

Si riesce a incidere maggiormente sulla loro crescita, naturalmente si deve creare quel feeling tra corridore e preparatore, ma una volta instaurato ti seguono in tutto e per tutto. Ho avuto un bello scambio di battute con Maini, dopo che Glivar ha vinto al Belvedere. Mi ha fatto i complimenti per il risultato, gli ho risposto che ero più contento per l’avvicinamento che ha fatto. 

Perché?

Gal dopo la Coppi e Bartali era stanco, ha seguito per filo e per segno il programma che gli ho dato, che era davvero minimo. Ad un altro corridore magari sarebbe venuto qualche dubbio, invece lui mi ha ascoltato. Quello che ho detto a Maini è stato: «Sono contento perché il ragazzo si è fidato al 100 per cento. Che abbia vinto non è stato merito mio, quel che mi è piaciuto è che si è totalmente affidato a me».