De Lie e Germani, le corse e il lavoro a casa: scelte diverse

01.05.2024
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L’intervista di Lorenzo Germani pubblicata qualche giorno fa è emerso un particolare interessante. Il giovane frusinate alla domanda se avesse aumentato i carichi di lavoro a casa ha risposto così: «Nella fase invernale sì. Quando sono iniziate le corse e il virus preso al Provenza ha scombussolato un po’ i piani facendomi perdere qualche giorno di allenamento. Poi, visto il fitto calendario, il grosso del lavoro è stato fatto in corsa».

Un discorso simile è stato fatto dalla Lotto-Dstny con De Lie. Visto che la sua condizione è stata ritenuta inadeguata dopo la Gand-Wevelgem, il giovane belga è stato fermato perché tornasse ad allenarsi. Rientrato in gruppo domenica scorsa alla Lotto Famenne Ardenne Classic, che ha vinto (foto di apertura), Ardnaud ha ripreso il suo percorso verso il Tour de France, con una raccomandazione da parte dei suoi tecnici: correrà e osserverà dei periodi di allenamento, non ci arriverà di certo cercando la condizione di corsa in corsa.

Germani si è trovato a rincorrere la condizione a causa delle tante corse fatte (foto Getty/Instagram)
Germani si è trovato a rincorrere la condizione a causa delle tante corse fatte (foto Getty/Instagram)

Tutto al limite

La domanda che ci è saltata in mente è stata: può un virus, preso nella parte iniziale della stagione scombussolare tanto i piani? Quel che si capisce continuando a leggere l’intervista di Germani è che può, eccome. Nel ciclismo sempre più attento al dettaglio tutto pesa e se non sei uno dei top pesa anche di più. Il nostro spunto è passato direttamente a Claudio Cucinotta, preparatore dell’Astana. Non per parlare del caso Germani e di De Lie, non avrebbe senso visto che non sono suoi corridori, ma per ampliare il discorso. Quanto è importante curare l’allenamento a casa in un ciclismo che non permette più di allenarsi in gara?

«Dipende da tante cose – dice Cucinotta – perché le variabili da tenere in considerazione sono diverse. Sicuramente in gara non si può più arrivare al 70 per cento, questo però vale in particolare per i capitani. Loro possono rinunciare ad un appuntamento se non sono al massimo della condizione e la squadra viene loro incontro: guardate De Lie. I gregari, invece, se devono tappare un buco lo fanno anche se la condizione non è sufficiente. Insomma, se sei uno dei tanti, vai a correre in qualsiasi condizione». 

Dopo una gara di un giorno di media lunghezza il recupero è di un paio di giorni
Dopo una gara di un giorno di media lunghezza il recupero è di un paio di giorni
Con il rischio, come successo a Germani, di rincorrere lo stato di forma ideale. 

Spesso corridori di seconda fascia oppure giovani si sacrificano in corsa e lo fanno anche in queste situazioni. La squadra sa che non è al massimo, ma ti fa correre comunque, perché magari si rischia di partire con un uomo in meno. Poi se è una corsa di un giorno ancora si può fare, stringi i denti, lavori all’inizio e ti ritiri. Ma in una gara a tappe devi anche sforzarti per finirla o comunque arrivare il più avanti possibile. 

Al di là dell’esempio di Germani, curare l’allenamento a casa però è fondamentale, soprattutto tra una gara e l’altra.

Vero, la prima cosa che bisogna fare è recuperare bene. Le variabili delle quali tener conto sono davvero molte, a partire da quanto impegno ha richiesto tale gara. Se si è trattato di una corsa di un giorno o una gara a tappe e poi si valuta in base all’impegno successivo.

Una corsa a tappe come la Tirreno richiede un recupero più lungo: tra i 3 e 4 giorni
Una corsa a tappe come la Tirreno richiede un recupero più lungo: tra i 3 e 4 giorni
Facciamo un esempio: trittico delle Ardenne e poi Giro, come si fa?

Buon esempio, in tanti hanno fatto questo binomio. Il grosso della preparazione viene fatta prima delle Ardenne, magari con dell’altura. Poi si scende e si va a correre per una settimana, ma con sole tre gare. Una volta tornati a casa, il recupero è indicativamente di tre giorni, dal quarto si torna ad allenarsi.

E cosa si fa?

In una gara singola si corre ad un’intensità più elevata rispetto ad una gara a tappe. Il corridore quindi non avrà bisogno di fare sforzi brevi, ma lavori di fondo oppure di forza. Si inseriranno salite a lunga percorrenza fatte in Z2 o Z3. Dopo qualche giorno ci sarà solo un richiamo di intensità con lavori brevi sui 2 minuti massimo. Come ultimo allenamento si mette un’altra uscita lunga con tante ore ma senza lavori specifici. 

Al contrario se si esce da una corsa a tappe?

Dipende dov’è collocata, ma va fatto l’opposto. Una corsa a tappe, anche una di categoria 1.2, chiede un recupero più lungo, di quattro giorni magari. Si ritorna ad allenarsi dal quinto e si fanno tanti lavori specifici per allenare l’intensità. Comunque dopo cinque o sei giorni di gara, se non di più, il fondo lo diamo per assodato. 

A casa si sfrutta il tempo lavorando su aspetti che in corsa si sono trascurati
A casa si sfrutta il tempo lavorando su aspetti che in corsa si sono trascurati
Facciamo un altro esempio: un corridore che esce dalla Tirreno. 

Se ha come obiettivo il Giro allora potrebbe già avere una condizione buona e finita la gara recupera e torna a prepararsi per il grande obiettivo. Si va in altura e tutto procede secondo i piani. Se, al contrario, ha come obiettivo il Tour de France magari ha una condizione minore. La Tirreno è solo un passaggio per mettere gare nelle gambe ma senza cercare risultati. Guarda a corse del genere ma collocate più avanti nel calendario: Giro di Svizzera o Delfinato. 

Non c’è una ricetta vera e propria.

Concretamente no. Ogni preparatore segue corridori con obiettivi diversi e deve tenere conto di tante variabili. Certo è che se uno disputa una corsa a tappe a casa dovrà poi fare lavori ad alta intensità. Al contrario se un corridore esce da una serie di gare di un giorno andrà a curare più il fondo. 

Ad esempio dopo una serie di corse di un giorno si curano il fondo e la forza (foto Instagram Fortunato)
Ad esempio dopo una serie di corse di un giorno si curano il fondo e la forza (foto Instagram Fortunato)
Le gare di passaggio esistono ancora?

No. Ormai anche corse come Giro di Ungheria o Giro di Turchia hanno un livello alto. E’ praticamente impossibile mettersi nell’ottica che si va per migliorare, si deve già essere ad un buon livello. 

Se si hanno intoppi che impediscono di allenarsi a casa meglio rinunciare a correre?

Il ragionamento è giusto, ma in pratica se lo possono permettere solo i campioni. Sono loro che devono portare a casa i risultati quindi le squadre sanno che non possono farli rincorrere la condizione. Questo crea un circolo virtuoso: i gregari fanno quel che possono, mentre i capitani sono sempre, o quasi, al meglio della forma.

Questa la sintesi: Germani ha continuato a correre e stringere i denti. De Lie è stato fermato, ha recuperato e al rientro ha vinto.

I campioni e le Olimpiadi: entusiasmo raffreddato?

01.05.2024
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Quando Bettini vinse le Olimpiadi su strada, l’Italia corse con cinque uomini, al pari di Germania, Spagna, USA, Australia, Olanda, Danimarca, Polonia, Kazakhstan, Francia, Belgio, Svizzera, Russia e Ucraina. Ci favoriva il ranking UCI, nel quale spiccavamo per vittorie su strada di gran peso e il fatto che il CIO non avesse ancora deciso di snaturare il gioco.

Con cinque uomini si poteva ragionare di impostare una tattica e ben ricordiamo quale grande lavoro si sobbarcarono Pozzato, Paolini, Nardello e Moreni per portare Paolo nella giusta posizione al momento dell’attacco. Anche in quel caso Ballerini fu un mago e aprì il ciclo di Bettini, che di lì a tre anni avrebbe vinto anche due mondiali.

Bettini vinse l’oro olimpico ad Atene, davanti a Paulinho (Portogallo) e Merckx (Belgio)
Bettini vinse l’oro olimpico ad Atene, davanti a Paulinho (Portogallo) e Merckx (Belgio)

Villaggio svuotato

Come tristemente noto, a causa del ranking che ci vede indietro, l’Italia correrà le Olimpiadi di Parigi su strada con soli tre atleti, come a Barcellona 1992 quando però in gara c’erano i dilettanti. Per il ranking, certo, ma anche a causa di un ulteriore taglio che il CIO ha fatto delle quote degli atleti convocabili. Se accanto a questa esigenza di contenimento dei costi ci fosse stato uno studio conseguente del calendario, probabilmente non saremmo qui a importunarvi. Invece hanno ridotto all’osso il numero dei corridori e ammassato le prove in pochi giorni, impedendo partecipazioni… trasversali. Di conseguenza Ganna e Milan non possono correre su strada, avendo l’inseguimento a squadre due giorni dopo. Come loro Elisa Balsamo è alle prese con lo stesso dilemma. Mentre per dare al quartetto una riserva di sostanza come Manlio Moro, sarà necessario iscrivere Viviani come stradista, nonostante avrà testa soltanto per la pista (nella foto di apertura, ai piedi della Tour Eiffel in rosso il Pont d’Iena in cui sarà l’arrivo della gara su strada).

«La verità – dice il veronese – è che almeno una delle due considerazioni andrebbe fatta. Se dai poche quote e metti la strada come prima prova e la pista negli ultimi tre giorni delle Olimpiadi, allora funziona. Ma se vuoi tenere questo calendario, allora devi dare più quote. Le cose stanno cambiando, le Olimpiadi non sono più come una volta. Noi e anche altri non alloggeremo nel Villaggio, andremo in hotel. Quindi se il problema sono i posti, non c’è bisogno che il Villaggio Olimpico sia gigantesco. In questo caso, cosa cambia al CIO avere più quote? Lasciaci portare il corridore in più, non significa avere più costi. Oppure fate un calendario che permetta di organizzare bene gli atleti».

Questo il rendering del Villaggio Olimpico di Parigi 2024 sulla Senna: i lavori sono quasi ultimati
Questo il rendering del Villaggio Olimpico di Parigi 2024 sulla Senna: i lavori sono quasi ultimati

I dubbi dei campioni

Un aspetto che discende direttamente da questa riorganizzazione è anche lo scetticismo dei campioni davanti alla sfida olimpica su strada. Non si può pianificare molto: come ha detto di recente il cittì francese Voeckler, si tratta di una sfida che lo diverte, ma fuori da ogni logica del ciclismo. Come fai a gestire senza compagni una corsa di 270 chilometri e un gruppo di appena 90 corridori? Non a caso, lo stesso Pogacar che avrebbe tutte le carte in regola per puntare alla medaglia d’oro, ha ammesso che ci andrà, ma di ritenere molto più concreto e programmabile il mondiale di Zurigo.

«Queste quote – conferma Viviani – hanno anche stravolto l’impostazione stessa delle gare. E’ questo, vi devo dire la verità, che secondo me smonta anche un po’ di stradisti. Uno che deve investire del tempo per fare un’Olimpiade, che è indubbiamente un appuntamento importante, ci riflette sopra. Pensa: “Ok, vado là, ma è una gara folle, perché ci sono solo 90 corridori e se perdo il controllo, non posso farci nulla”. Alla fine deve andarti bene e allora magari neppure la prepari in modo maniacale. Potrebbe andare via la classica fuga bidone, di quelle che ai mondiali stanno fuori per mezza giornata, ma non avendo uomini per tirare, la ritrovi al traguardo. Anche perché, lasciate stare che noi siamo solo tre per il ranking, da 5 siamo passati a 4 e tutte le nazionali dovranno sacrificare qualcuno. Sennò la corsa esplode e addio…».

Pogacar, terzo a Tokyo, ha detto più volte di considerare le Olimpiadi un appuntamento, ma anche una lotteria
Pogacar, terzo a Tokyo, ha detto più volte di considerare le Olimpiadi un appuntamento, ma anche una lotteria

Il ranking per Nazioni

Il ranking su strada è un oggetto da maneggiare con cura. I team sono molto attenti nel fare punti che li tengano avanti nella classifica loro dedicata, mentre il discorso si complica quando si devono sommare i punti di atleti della stessa nazionalità.

«La verità è che il ranking strada – dice Viviani – non è come quello su pista, che possiamo controllare. Non è facile dire ai ragazzi che bisogna far punti, perché comunque gestiscono tutto le squadre. Come Italia paghiamo qualche mancanza di risultati soprattutto nelle classifiche generali, che danno più punti. Mancandoci corridori da classifica, arranchiamo anche nel ranking. Dall’altra parte, secondo me bisogna pensarci a livello federale, su questo aspetto dobbiamo tenerci un po’ più l’occhio. Non so, col tempo guardare di fare delle gare di un giorno, provare come Federazione a non cadere più in fallo. Qualche nazione lo fa, ad esempio gli inglesi e gli australiani. L’anno scorso avevo in squadra Luke Plapp e lui mi diceva che se la giocavano ai punti con la Francia e mi spiegava i ragionamenti che facevano. In pista il programma è chiaro. Hai le coppe del mondo, l’europeo, il mondiale: sono tutte gare cui partecipi con la nazionale. Però col senno di poi per Los Angeles 2028 a livello federale dovremo stare attenti anche alla strada».

In questi giorni, Viviani è a Livigno per il primo blocco di lavoro in quota, preparando le Olimpiadi (immagine Instagram)
In questi giorni, Viviani è a Livigno per il primo blocco di lavoro in quota, preparando le Olimpiadi (immagine Instagram)

Lo salutiamo dicendogli di tenerlo bene a mente per quando sarà presidente federale, ma Viviani si fa una risata e allunga le mani come ad allontanare il calice. Eppure, per l’impegno che ci ha sempre messo, l’attaccamento all’azzurro e alla pista, la sua capacità di ragionare e il carattere deciso, noi un presidente federale come lui lo vedremmo davvero bene. Un passo per volta, tuttavia, la stagione è ancora lunga, la carriera pure…

Prima vittoria per Toneatti, ora sempre più stradista

01.05.2024
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Secondo in classifica generale alla Belgrado-Banjaluka, dopo aver vinto una tappa e essere stato due altre volte sul podio. Parliamo di una gara livello 2.2, certamente non una classica del calendario mondiale, ma serve per dare morale a uno come Davide Toneatti, venuto fuori a fatica da un 2023 davvero infausto. Sulle strade serbe il portacolori dell’Astana Development Team ha ritrovato soprattutto quel feeling con le due ruote che in certi momenti, lo scorso anno, sembrava perduto.

La sua voce, dopo la corsa in Serbia è evidentemente più rilassata, il risultato è la miglior medicina dopo le difficoltà affrontate: «So bene che il livello della corsa era quel che era – ammette – ma la partecipazione non era male, oltretutto è una gara che è nel calendario da anni e molte squadre la inseriscono sempre nella propria agenda. Era una corsa abbastanza varia, con la prima tappa piatta, poi una più mossa dove ho vinto in volata, la terza che era la più dura con 3.100 metri di dislivello e 180 chilometri da affrontare e ho fatto 3°, infine l’ultima ancora piatta e sono stato terzo anche lì».

Il friulano premiato sul podio di Vlasenica, per lui la corsa serba è stata quella della rinascita (foto Belgrado-Banjaluka)
Il friulano premiato sul podio di Vlasenica, per lui la corsa serba è stata quella della rinascita (foto Belgrado-Banjaluka)
Sei stato sempre protagonista, qualcosa che lo scorso anno sembrava a un certo punto diventata un’utopia…

Sicuramente sulla mia costanza a quel livello ha influito molto la voglia di rifarmi. Stare fermo per 8 mesi lo scorso anno non ha certamente aiutato la mia crescita, ma so che quest’inverno ho finalmente potuto lavorare bene mettendomi i problemi fisici alle spalle, sapevo che c’erano tutte le condizioni per uscire allo scoperto.

Nei 23 giorni di gara messi finora da parte, hai colto 8 presenze in top 10 oltre alla vittoria di Vlasenica. Ora si parla di te come di uno stradista, mettendo da parte quella dicotomia fra strada e ciclocross che ti contraddistingueva…

Questo per me è molto importante, significa che inizio ad assumere una piena identità su strada che è quello che voglio. Ho bisogno di trovare la mia dimensione, lo scorso anno sono stato quasi sempre a guardare gli altri, ora inizio a ritrovare un po’ di sicurezza nei miei mezzi.

Toneatti aveva già affrontato la trasferta con la prima squadra al Tour of Oman
Toneatti aveva già affrontato la trasferta con la prima squadra al Tour of Oman
Cominci anche a capire quali sono le situazioni di gara che più ti si addicono?

Io prediligo i percorsi impegnativi, quando le salite fanno la differenza e scremano il gruppo. Le salite medio-brevi sono quelle dove mi trovo meglio, su quelle lunghe mi manca ancora qualcosa anche se vedo che sono sempre più resistente e vado migliorando. I progressi ci sono, spero che ci siano anche nel prosieguo della stagione.

Ora che cosa ti aspetta?

La prima parte di stagione è finita, ora farò un paio di settimane in altura per essere al Giro del Giappone dove andrò per fare classifica considerando le caratteristiche delle tappe. Poi vedremo che cosa porterà il calendario.

Nel team Toneatti ha trovato il clima giusto per uscire dai problemi del 2023 (foto Nassos Triantafyllou)
Nel team Toneatti ha trovato il clima giusto per uscire dai problemi del 2023 (foto Nassos Triantafyllou)
Com’è l’atmosfera in seno al team, anche in considerazione dei cambiamenti in atto nel complesso dell’Astana, in piena trasformazione come caratteristiche?

L’atmosfera è buona, quello del devo team è davvero un bel gruppo, molto unito, fatto di amici che si sentono anche al di fuori della nostra attività. Questo poi aiuta tantissimo in gara perché tutti si lavora insieme per un unico obiettivo che è la vittoria di uno di noi.

Con la prima squadra, al di là delle chiamate com’è stato per te con la trasferta in Oman, ci sono contatti?

So che ci guardano costantemente, che c’è un contatto quotidiano fra i diesse dei due team. L’intenzione è quella di rimpolpare quanto prima il team del WorldTour con giovani, forze fresche per proseguire quell’opera di rinnovamento.

Insieme a Lutsenko al Giro d’Abruzzo, un’esperienza da gregario che è stata preziosa e vincente
Insieme a Lutsenko al Giro d’Abruzzo, un’esperienza da gregario che è stata preziosa e vincente
Tu hai corso anche il Giro d’Abruzzo con la prima squadra, che esperienza è stata?

Intanto devo dire che la squadra mi ha fatto correre senza pressione. E’ chiaro che tutti noi lavoravamo per Lutsenko e si è capito subito che aveva una buona gamba. Di partenza la nostra non sembrava una squadra all’altezza della Uae, con me e un altro ragazzo del devo team, invece alla fine, lavorando di concerto siamo riusciti a sovvertire i pronostici.

Come ti sei trovato?

Devo dire che quei quattro giorni sono stati molto istruttivi, ho imparato tanto e anche nei frangenti quando sono stato chiamato in causa, come ad esempio nella prima fase della salita di Prati di Tivo dove dovevo un po’ pilotarlo, è stato esaltante. La sua vittoria è stata la vittoria di tutto il team, credo che poi abbia anche influito sui miei successivi risultati in Serbia.

Alaphilippe, Merlier, Vansevenant: Bramati affila le sue punte

01.05.2024
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«Non è stata un selezione facile, come immagino avvenga in tutte le squadre, perché in tanti vogliono venire al Giro d’Italia, ma questi sono gli otto uomini che abbiamo deciso di portare e cercheremo di ottenere il massimo con loro». Davide Bramati esordisce così parlando della Soudal-Quick Step.

Un po’ come abbiamo fatto ieri con Roberto Damiani per la Cofidis, scopriamo dunque gli otto alfieri del team belga: Tim Merlier, Mauri Vansevenant, Pieter Serry, Josef Cerny, Bert Van Lerberghe, Luke Lamperti, Jan Hirt e Julian Alaphilippe. Una squadra disegnata per dare assalto alle tappe, come del resto era nel suo Dna prima dell’esplosione di Remco Evenepoel.

Davide Bramati (classe 1968) è sull’ammiraglia della Soudal-Quick Step da 14 stagioni
Davide Bramati (classe 1968) è sull’ammiraglia della Soudal-Quick Step da 14 stagioni
Davide, come stanno i tuoi ragazzi?

Bene, sono tutti motivati e pronti a dare il massimo. Direi che ci presentiamo al Giro d’Italia con un’ottima squadra. Tim (Merlier, ndr) ha vinto tanto, Vansevenant ha dimostrato di andare forte nelle classiche delle Ardenne e Alaphilippe mi sembra molto motivato.

Partiamo proprio da Vansevenant…

Di occasioni per lui ce ne potranno essere molte. Viene da un quarto posto all’Amstel e un sesto alla Liegi. Alla Freccia, come molti altri, ha patito il freddo, ma sta bene.

Sta bene però ormai questo ragazzo (è un classe 1999) deve  anche far capire chi è davvero: scalatore, uomo da classiche, attaccante…

Come detto, esce bene dalle classiche. Alla Liegi mi è piaciuto, tenendo le ruote dei migliori sullo Stockeu e andando forte anche sulla Redoute. Si è preparato a puntino e credo che in questo Giro o meglio al termine di questo Giro, sapremo effettivamente qualcosa di più su di lui. Anche perché è la prima volta che veramente riesce ad arrivare ad un grande Giro in ottima condizione. Mauri tiene in salita, è veloce, sono certo che lo vedremo e, come detto, poi ne sapremo di più.

Vansevenant ha mostrato un’ottima condizione nelle Ardenne. Con Alaphilippe formerà una coppia d’attacco affatto banale
Vansevenant ha mostrato un’ottima condizione nelle Ardenne. Con Alaphilippe formerà una coppia d’attacco affatto banale
Capitolo velocisti: Merlier. Lui è un grande nome. Come sta?

E’ dalla Roubaix che non corre. Come da programma si è riposato bene. Viene da un’ottima prima parte di stagione e giustamente ha osservato il suo periodo di recupero. Arriverà oggi in Italia e ci parlerò per bene. Parlerò con lui ma anche con altri, per stabilire bene le strategie di questo Giro. Crediamo molto in Tim.

Chi sarà il suo ultimo uomo?

Bert Van Lerberghe, esperto e ideale per questo ruolo. Ma se avete visto abbiamo portato anche Lamperti. E’ al suo primo grande Giro, ma si è meritato questa convocazione. Io credo che un’esperienza simile gli potrà dare tanto e in chiave futura. Un grande Giro ti lascia sempre qualcosa. Lui sarà inserito nel treno per Merlier. E’ un velocista, ma tiene bene sugli strappi brevi. Credo che stare vicino a due corridori di esperienza come Bert e Tim gli farà solo che bene.

Per Tim Merlier già 7 vittorie in questa stagione tra cui la Scheldeprijs, nella foto
Per Tim Merlier già 7 vittorie in questa stagione tra cui la Scheldeprijs, nella foto
Squadra di attaccanti, ma poi c’è Jan Hirt che butterà anche un occhio alla classifica? Nel 2022 arrivò sesto nella generale…

Anche Jan ha fatto una buona prima parte di stagione, mettendosi in evidenza all’Oman soprattutto, e non facendo male al Catalunya. Ha preparato bene il Giro d’Italia: è già arrivato sesto e anche vinto una tappa… non dimentichiamolo (come a sottolineare che prima viene la tappa e poi la classifica, ndr) Per lui sarà importante essere subito pronto, visto che già dopo due tappe non dico che si saprà chi non lo vince, al netto di Pogacar, ma già si conosceranno bene i valori in campo e chi è in condizione. E’ una partenza del Giro differente rispetto agli ultimi anni.

E poi c’è il nome grande: Julian Alaphilippe…

E’ motivato veramente. Julian è alla sua prima partecipazione al Giro. Lo stuzzica l’idea di poter vincere una tappa anche qui visto che ne ha già conquistate sia al Tour che alla Vuelta. Le possibilità per lui ce ne sono, tutto sta a sfruttarle. Ha classe e già sabato, nella prima tappa, con il tanto tatticismo che immagino potrà esserci, Julian potrebbe avere una buona occasione.

Alaphilippe è al debutto al Giro. Al Romandia ha lavorato per la squadra e per la ricerca della forma migliore
Alaphilippe è al debutto al Giro. Al Romandia ha lavorato per la squadra e per la ricerca della forma migliore
E delle “altre occasioni” avete già parlato? O al contrario è stato lui a chiederti di una frazione in particolare?

No, come detto ancora non ci ho parlato bene. Avremo giovedì e venerdì per stilare una strategia più approfondita. In questi ultimi giorni tra Romandia e Giro ho preferito lasciarlo del tutto tranquillo a riposarsi. Di fatto è stato a casa solo tre giorni.

E’ motivato e Alaphilippe in Italia è amatissimo, una sua vittoria farebbe bene a tutti: a lui, alla squadra, al Giro, ai tifosi. Ma come sta veramente? Non viene da una super stagione…

Vi dico questa. Al Romandia, nel tappone di sabato, doveva aiutare Van Wilder. Nella prima salita, dura, erano rimasti in quindici e lui c’era. Alaphilippe si è preparato bene. Vedrete. 

La cartella per il Giro: Elisa Nicoletti e il debutto della Tudor

30.04.2024
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Nella Tudor Pro Cycling che esordisce al Giro d’Italia, c’è una debuttante che si affaccia sul palcoscenico rosa ed è Elisa Nicoletti, la loro addetta stampa. Venticinque anni, sempre sorridente: una persona piacevole con cui avere a che fare.

Il mondo degli addetti alla comunicazione è piuttosto complesso, almeno quanto lo è stare appresso alle richieste dei giornalisti. Ci sono gli addetti stampa… aguzzini: quelli che dell’impedirti di lavorare fanno la loro missione. E poi ci sono quelli che comprendono e ti vengono incontro, a patto che anche tu ne riconosca le ragioni. Per ciascuno di loro, l’avvio del Giro è una centrifuga. Fra domani e giovedì si svolgeranno le conferenze stampa di presentazione dei team, fra mille incastri e con la regia di RCS Sport. Poi il resto della corsa sarà un rendere conto e raccontare, facendo in modo che i corridori siano visibili anche quando non spiccano e gestendone semmai la popolarità in caso di conquista, grande o piccola.

Il primo giorno di Giro

Elisa è figlia di Dario Nicoletti, ex professionista, grande gregario di Franco Ballerini e ora direttore sportivo della Biesse-Carrera, che il 25 aprile ha sbancato il Gran Premio della Liberazione a Roma. Lei un Giro l’ha seguito già, ma dalla parte della carovana. Perciò, c’è venuto in mente di scoprire che cosa metta nella cartella un addetto stampa per il suo primo giorno di Giro e per quelli a seguire.

«Spero di non dimenticare niente – dice ridendo –  ma nella cartella assolutamente devono esserci telefono, computer, hard disk, caricatori: i caricatori sono importanti. Il power bank, la macchina fotografica. E ieri mi sono arrivati tutti i vari attrezzini per la GoPro. L’avevo già, ma non gli accessori per usarla. Principalmente questo, direi, tutte cose elettroniche…

«Invece le informazioni sui corridori le abbiamo abbastanza catalogate, anche se al giorno d’oggi con siti come procyclingstats.com avere info e statistiche è davvero facile. Le informazioni più personali vengono fuori col tempo. Per cui ad esempio i nuovi di quest’anno li conosciamo un po’ meno, ma il Giro d’Italia è l’occasione migliore. Vengono sempre fuori storie interessanti, anche perché essendo il primo grande Giro della squadra e di alcuni ragazzi, scopriremo di certo cose nuove».

Finalmente nella Tudor del Giro vedremo all’opera la coppia Dainese-Trentin
Finalmente nella Tudor del Giro vedremo all’opera la coppia Dainese-Trentin
Scoprirai che aver fatto il Giro con la carovana probabilmente non è la stessa cosa…

Diciamo che avrò un ruolo un po più di responsabilità. La carovana è bellissima. Ci sono sempre momenti positivi, conoscere nuove persone, fermarsi nei paesi, vedere il pubblico che aspetta la gara. E’ un momento di festa. Con la squadra sarà diverso. Anche quando si vince, speriamo di vincere ovviamente, si pensa sempre al giorno dopo. Il ciclismo alla fine è fatto di momenti alti, ma sono pochi rispetto a quelli down e bisogna sempre guardare il bicchiere mezzo vuoto. Puoi vincere, ma il giorno dopo è sempre un giorno nuovo. Come è successo per esempio al Romandia. Abbiamo vinto il prologo con Maikel Zijlaard e due giorni dopo è caduto, si è rotto il gomito e… ciao!

Come pensi organizzerai il lavoro?

Come squadra, rispetto ad altre che fanno il comunicato per ogni tappa, facciamo pezzi sul sito in caso di grandi risultati. Quindi una vittoria, un podio, cioè momenti molto importanti. Invece le dichiarazioni dei corridori tendiamo a prenderle e a mandarle nel gruppo whatsapp dei giornalisti. Poi le cose possono cambiare in base alle richieste. Siamo una squadra svizzera, quindi durante il Romandia c’è stato più movimento intorno a Yannis Voisard e abbiamo fatto di più perché c’erano tante aspettative. E’ ovvio che un podio di tappa al Giro d’Italia, come pure indossare una maglia di leader è più importante che vincere una gara di livello molto inferiore, per cui diciamo che valuteremo giorno per giorno.

La Milano-Torino del 2023 è stata la prima vittoria per il Tudor Pro Cycling Team
La Milano-Torino del 2023 è stata la prima vittoria per il Tudor Pro Cycling Team
Che rapporto hai con gli atleti della tua squadra?

Per come sono cresciuta io, nel ruolo che ho sempre avuto nel ciclismo con le squadre di mio papà, in passato dei corridori ero quasi amica. Adesso parliamo più di relazioni di lavoro, quindi capita veramente con pochi di sentirsi. Con parecchi ci si segue sui social, rispondiamo reciprocamente alle storie, ma direi che quasi con nessuno capita di sentirsi regolarmente. Con alcuni ci si vede anche poco. Per esempio l’anno scorso ho fatto 150-160 giorni di corsa, ma con Arvid De Klejn ho fatto una sola corsa: la Milano-Torino, che ha vinto. Quindi io praticamente l’ho visto in ritiro, l’ho visto in quella gara e poi l’ho rivisto al ritiro di ottobre. Anche per questo alla fine si tratta prevalentemente di rapporti di lavoro. Quest’anno l’obiettivo era anche quello di seguire Matteo e Alberto (Trentin e Dainese, ndr) rispetto ai vari media italiani. Dainese doveva iniziare all’Algarve ed è caduto. Doveva poi ripartire alla Tirreno, ma non ha ripreso. Quindi non lo vedo dal ritiro di gennaio. Però ci siamo sentiti parecchio, anche perché le richieste dei vari media arrivano principalmente a me o comunque mi occupo io di quelli italiani.

Si può dirlo? Una delle richieste meno simpatiche che capitano è l’addetto stampa che chiede di leggere l’articolo prima che venga pubblicato…

Capita anche a me di chiederlo, anche perché Tudor è una realtà importante che a certe cose bada molto. Il nostro obiettivo però non è tanto quello di controllare, di cambiare la storia come ho già detto varie volte, ma più essere sicuri che il nome sia scritto nel modo giusto, il ruolo della persona sia indicato nel modo giusto. E soprattutto, come è capitato quest’anno in vari articoli, essendo una professional che deve ricevere gli inviti, non possiamo anticipare di averlo ricevuto troppo tempo prima. Oppure al Giro d’Abruzzo abbiamo avuto una giornalista svizzera che è stata con noi per tutti i cinque giorni, raccontando l’avvicinamento di Voisard al Romandia. In quel caso, volevamo essere sicuri che uscissero informazioni corrette. Poi dopo un po’ si va sulla fiducia. 

Romandia, sul podio Zijlaard che ha vinto il prologo e dopo due giorni si ritirerà
Romandia, sul podio Zijlaard che ha vinto il prologo e dopo due giorni si ritirerà
Come è stato che Elisa Nicoletti è arrivata al ciclismo?

Mamma e papà erano entrambi ciclisti, ma anche i nonni erano appassionati. Perciò dai sei anni ho deciso di voler correre in bici e con mia sorella più grande ci siamo iscritte in una squadra locale. I primi mesi andavo alla partenza e non partivo, mi mettevo a piangere. Poi ho iniziato a correre. Ho fatto i giovanissimi, gli esordienti e gli allievi. Ma quando mia sorella ha smesso, l’ho osservata e mi sono accorta che si divertiva più di me e ho iniziato a farci un pensierino. Mi dividevo tra il liceo e la bici, era abbastanza tosta combinare tutto. E siccome alla fine mi piaceva quello che studiavo, ho pensato che talento non ne avessi tanto, che di certo avevo paura in discesa e a stare nel gruppo, così ho preferito focalizzarmi sugli studi. Ma non ho chiuso col ciclismo, dato che ho cominciato ad andare alle gare con mio papà e la sua squadra. Prima il VC Mendrisio e poi la Biesse-Carrera.

Quindi sempre in mezzo ai corridori?

Ho le foto di quando ero piccola e i corridori venivano a dormire a casa nostra il giorno prima delle gare. Abbiamo le foto di loro in piscina con mia sorella piccola in mezzo a loro. Avendo fatto il linguistico, quando ho iniziato a studiare inglese, francese e tedesco, parlare con loro mi servì anche a fare pratica e vincere la timidezza. Quando poi iniziai a lavorare a Livigno, ero diventata il riferimento delle mie colleghe dell’hotel quando arrivavano i corridori e c’era da dargli assistenza per il check-in e le varie richieste che potevano avere. 

Ti è mai pesato essere la figlia del direttore sportivo? 

No, per me era bello. Il weekend significava andare alle gare col papà, tanto che ho iniziato anche a litigare con le mie amiche perché loro volevano uscire e io dicevo di no, perché dovevo svegliarmi presto. Essendo in una squadra piccola, poteva permettersi di portarci preferendo che sviluppassimo questa passione, piuttosto che farci andare a zonzo la domenica senza sapere cosa fare.

C’è un oggetto portafortuna che avrei dietro con te al Giro?

No, però magari lo troverò durante la corsa e lo diventerà per i prossimi anni.

Quindi ci vediamo giovedì a Torino?

Direi proprio di sì. Ho ancora delle faccende da sistemare e poi sarà tempo di cominciare con le conferenze stampa…

Bagioli: la corsa rosa per capitalizzare il lavoro invernale

30.04.2024
4 min
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Andrea Bagioli si avvicina al suo primo Giro d’Italia nonostante i quattro anni di professionismo alle spalle. Non si tratta del suo primo Grande Giro, ha già corso due volte la Vuelta Espana e un Tour de France. La scelta della Lidl-Trek di mandarlo alla corsa rosa ha però il senso di voler continuare a sfruttare la sua condizione. I primi mesi nel team americano si sono conclusi con un trittico delle Ardenne fuori dalla lente d’ingrandimento. 

«Alle Ardenne Bagioli stava bene – ci dice il suo preparatore Aritz Arberas – ma alla Freccia Vallone il meteo è stato un disastro e alla Liegi è rimasto coinvolto nella caduta di metà gara. Non è riuscito a far vedere quanto sia buona la sua condizione, ma sta bene. Ora al Giro avrà più occasioni, la squadra dal mio punto di vista è strutturata in maniera evidente. Con Milan si andrà sulle volate, mentre “Juanpe” Lopez e Bagioli saranno liberi di andare a caccia di tappe». 

Il freddo e la pioggia della Freccia Vallone sono rimasti nelle gambe di Bagioli
Il freddo e la pioggia della Freccia Vallone sono rimasti nelle gambe di Bagioli

Un passo indietro

Il talento di Andrea Bagioli è finito nelle mani sapienti di Aritz Arberas, coach della Lidl-Trek che ha avuto l’incarico di sfruttarlo al meglio. I due si sono conosciuti questo inverno e hanno iniziato subito a lavorare con grande volontà

«Ho conosciuto Bagioli – racconta Arberas – questo inverno negli Stati Uniti. E’ un corridore giovane, molto organizzato e altrettanto serio sul lavoro. La sensazione è che fosse molto più esperto rispetto alla giovane età. Ho visto che è in grado di allenarsi molto bene a casa e che sopporta carichi di lavoro elevati. In più è molto preciso e ha una grande capacità di recupero».

Consonni (sinistra) e Bagioli (destra) saranno al Giro, il primo in supporto di Milan, il secondo a caccia di tappe
Consonni (sinistra) e Bagioli (destra) saranno al Giro, il primo in supporto di Milan, il secondo a caccia di tappe
Che tipo di preparazione avete fatto?

La sua prima parte di stagione era un po’ “dispersa” nel senso che ha corso molto. E’ partito dal Portogallo a metà febbraio ed è arrivato fino al Giro. Ogni due settimane aveva una corsa, quindi l’obiettivo era fare una base buona durante l’inverno e ci siamo riusciti. Ci siamo concentrati tanto anche sul migliorare nelle salite medie, quelle da 25-30 minuti. 

Avete cambiato un po’ rispetto al suo recente passato.

Sì, più che altro l’idea era di ampliare il suo bagaglio tecnico. Fare degli step per farlo diventare un corridore più completo e adatto a diverse situazioni di gara. 

Ha corso tanto in supporto di vari compagni.

Si è messo a disposizione ma lo ha fatto con piacere. All’Algarve ha fatto tanto per Geoghegan Hart, mentre ai Baschi si è messo a disposizione di Skjelmose. Le Ardenne sono state tanto sfortunate, come detto prima. Il primo anno serve per prendere le misure, non c’è fretta, abbiamo tanto tempo da trascorrere insieme.

Bagioli è stato fondamentale per Geoghengan Hart ai Baschi
Bagioli è stato fondamentale per Geoghengan Hart ai Baschi
Ha un contratto a lungo termine, questo aiuta per lavorare con maggiore serenità?

Assolutamente. E’ un corridore giovane, che cresce e può ancora fare passi in avanti. Il 2024 diventa un anno dove ci si conosce e anche lui avrà modo di dirci cosa gli piace di più e su quali corse concentrarsi. Andrea è un ragazzo gentile, disponibile e che ascolta. E’ il prototipo del corridore moderno, sa cogliere le informazioni, elaborarle e dire la sua. Quando parla lo fa sempre con cognizione di causa. 

Lavorare sulle salite di media lunghezza è utile anche per arrivare pronto ad un Grande Giro?

Voler portare Bagioli al Giro è un segno del fatto che crediamo in lui e che avrà tanta libertà d’azione. Al Tour la squadra sarà incentrata tanto su Geoghegan Hart, mentre al Giro ci sono più battitori liberi. Aumentare la resistenza su salite da 30 minuti vuol dire resistere ai forcing delle altre squadre e giocarsi più chance di vittoria. L’obiettivo principale era quello di avere un corridore più completo, speriamo al Giro riesca a trovare le condizioni favorevoli.

Bagioli nel 2023 è andato forte nelle gare di fine stagione, l’obiettivo è replicare quelle prestazioni
Bagioli nel 2023 è andato forte nelle gare di fine stagione, l’obiettivo è replicare quelle prestazioni
Poi si passa alla seconda parte di stagione. 

Bagioli ha sempre fatto bene nelle gare di fine anno, nel 2023 è stato da 10 e vogliamo riportarlo a quei livelli. Dopo il Giro si fermerà un po’ e capiremo quale programma intraprendere insieme. E’ un corridore duttile, ci sono tante idee su di lui ma aspetteremo che finirà il Giro e tireremo le somme. Andrea ha tante qualità e riesce a fare tante cose diverse, sta a noi usarle nel modo giusto. Il primo anno insieme serve anche per determinare il calendario e per conoscere il corridore.

Damiani prepara una Cofidis d’assalto

30.04.2024
4 min
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Non solo Tadej Pogacar, il Giro d’Italia è anche quello di chi va a caccia di tappe. Di chi magari fa divertire il pubblico tutti i giorni. Il Team Cofidis potrebbe ricoprire questo ruolo. A guidarla sarà, come succede da ormai sette anni, Roberto Damiani.

E’ lui che ci presenta la “squadra rosa”. Damiani ci dice chi può fare bene e chi invece è chiamato a fare esperienza del suo team. Team che lo scorso anno alla fine si comportò benone, specie con Thomas Champion, spesso in fuga e vero lottatore. A Roma il tecnico ci disse: «Ce ne fossero di corridori coraggiosi come Thomas».

Roberto Damiani (classe 1959) in ammiraglia lo scorso anno a Roma
Roberto Damiani (classe 1959) in ammiraglia lo scorso anno a Roma
Roberto, che Team Cofidis vedremo?

Direi una squadra simile a quella della passata stagione, ma con un velocista che, forse, sta un po’ meglio, anche se quello che avevamo l’anno passato era un nome di qualità, Simone Consonni. Il velocista in questione è Stanislaw Aniolkowski. Un buon corridore che arriva bene al Giro.

E poi c’è Stefano Oldani, il capitano. Al Giro ha già colpito…

Stefano ha avuto tanti acciacchi ad inizio stagione e in questa squadra da combattimento per tutti i giorni ci sta bene. Tanto più che non abbiamo un vero uomo per la classifica. Questi ultimi tra l’altro hanno dimostrato di andare davvero forte e non mi riferisco solo a Pogacar.

Oldani in azione. Stefano ha vinto al Giro nel 2022. Alla Cofidis avrà più spazio
Oldani in azione. Stefano ha vinto al Giro nel 2022. Alla Cofidis avrà più spazio
A chi altro ti riferisci?

Dico in generale. Penso a Geraint Thomas per esempio. Lui è un grande professionista, ha preparato bene il suo Giro e in generale si sa preparare bene. Ha puntato tutto sulla corsa rosa. Poi dico che già Oropa può fare subito la differenza e bisognerà vedere se Pogacar prenderà subito la maglia rosa ed eventualmente se la sua squadra la vorrà tenere, perché questo di conseguenza inciderà anche sulla corsa e per squadre come noi.

Cioè?

Se Pogacar decide di perderla e la maglia rosa va ad un team che al contrario la vuole difendere, magari ci sono più difficoltà per le fughe di andare in porto.

Torniamo ad Oldani, dicevamo dei suoi problemi…

Adesso li ha risolti. In questi pochi mesi che lavoro con lui ho trovato un professionista esemplare, un ragazzo che s’impegna per se stesso e che sa mettersi a disposizione della squadra. Diciamo che ho fiducia in quel che potrà fare.

Benjamin Thomas torna al Giro dopo 4 anni. E’ un altro pistard che ha preferito la corsa rosa al Tour in vista delle Olimpiadi
Benjamin Thomas torna al Giro dopo 4 anni. E’ un altro pistard che ha preferito la corsa rosa al Tour in vista delle Olimpiadi
Oldani è capitano: è un leader? Si sente un leader?

Non è ancora un leader. Per essere leader servono anche i risultati. Poi come persona direi che può esserlo. Si mette in gioco. Al Romandia è andato per il team, per esempio.

A Vendrame, per esempio, i diesse hanno chiesto le sue intenzioni per questa o quella tappa, tu con Oldani sei andato a vedere qualche tappa? Ne avete cerchiata qualcuna di rosso?

Non di persona. Tra l’altro con la tecnologia che abbiamo oggi si riesce a capire tanto: mappe, altimetrie, pendenze… Poi è mancato il tempo materiale, tanto più che con i problemi avuti abbiamo cambiato i programmi in corso d’opera e lo abbiamo mandato al Romandia. Credo che le prime due tappe siano un po’ complicate, la terza è in volata, ma già dalla quarta un buon Stefano Oldani può giocarsela.

Simon Geschke (classe 1986) quello che si appresta ad affrontare sarà il suo 19° grande Giro
Simon Geschke (classe 1986) quello che si appresta ad affrontare sarà il suo 19° grande Giro
E poi ci sono gli altri. Partiamo da Champion…

E’ al Giro per andare in fuga e cercare una vittoria di tappa. L’anno scorso, tappa dopo tappa emerse per un po’ anche l’idea di fare classifica: direi di no. Direi che deve andare in fuga con l’idea e la consapevolezza che stavolta può andare davvero all’arrivo. Insomma le sue non saranno fughe per la tv.

Andiamo avanti: in questa squadra di attaccanti, c’è Simon Geschke…

Il mio vecchietto e me lo tengo stretto! Lui resta un “cagnaccio”. Ha una grande esperienza e una forte motivazione, visto che questo sarà il suo ultimo grande Giro in carriera. Io gli dò fiducia. A proposito – riprende Damiani dopo una breve pausa – volete un nome?

Vai!

Nicolas Debeaumarché. E’ un buon nome per le fughe. E’ al suo primo grande Giro e un po’ come Champion lotterà per le tappe. Ecco, lui potrebbe essere una bella sorpresa.

Le parole di Capecchi. Risponde il presidente della Fci Umbria

30.04.2024
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L’intervista rilasciata qualche settimana fa da Eros Capecchi ha destato scalpore nell’ambiente ciclistico umbro e non solo. L’ex pro, referente del settore tecnico giovanile del comitato regionale ha affermato senza mezzi termini come i cali di budget da parte della federazione abbiano inficiato non poco il suo lavoro. Il presidente del Comitato Massimo Alunni non voleva lasciar sedimentare troppo i riferimenti del tecnico e ci ha chiesto di poter dire la sua. Un’occasione per parlare di come una struttura periferica, in una regione dalla tradizione poco legata al ciclismo su strada (l’Umbria è, anche per costituzione geografica, terreno ideale per la mtb) riesca a lavorare oggigiorno.

Capecchi ha espresso rilievi importanti sulle difficoltà nello svolgimento del suo incarico
Capecchi ha espresso rilievi importanti sulle difficoltà nello svolgimento del suo incarico

«I nostri risultati sono sotto gli occhi di tutti – esordisce Alunni – soprattutto se li raffrontiamo alle dimensioni del nostro movimento. I due titoli italiani nel ciclocross sono la punta dell’iceberg di una serie di ottimi riscontri e vorrei sottolineare i piazzamenti ottenuti su pista, considerando che non abbiamo un nostro impianto. Abbiamo ricevuto molti complimenti anche da altre realtà regionali e questo andamento è frutto del lavoro delle società e dei loro tecnici, noi possiamo solo dare possibilità di sviluppo a tutti i settori nelle nostre possibilità».

Quanto ha influito nell’evoluzione del settore giovanile in questo breve quadriennio, considerando che il covid ha tolto un anno di attività, l’apporto di Eros Capecchi?

Moltissimo, perché ha cambiato le aspettative dei ragazzi, sicuramente impressionati dall’avere a disposizione il prestigio e la sapienza di un ex professionista che ha chiuso l’attività da poco. E’ stato un valore aggiunto, come anche Monia Bacaille alla guida del settore pista. I risultati sono l’espressione del loro lavoro, è un vantaggio avere simili modelli da seguire. Non è un caso se abbiamo una leva 2004-2005 così valida e soprattutto numerosa considerando l’esiguità del movimento. Anche noi abbiamo avuto un calo, ma se ce l’ha la Lombardia con il suo bacino è un conto, per noi anche una minima percentuale pesa.

Massimo Alunni, presidente del Comitato Regionale dal 2021
Massimo Alunni, presidente del Comitato Regionale dal 2021
Il problema però, come sottolineato da Capecchi, è il budget…

Lo sappiamo bene, la mia politica è investire quasi tutto quello che abbiamo verso la crescita dei ragazzi, ma se poi i soldi scarseggiano possiamo fare poco. A noi è venuto meno parte del contributo dell’Arpa che da 22 mila euro è passata a 7 mila. Considerando questi e i contributi federali, abbiamo poco margine di manovra e per questo io personalmente mi sono messo all’opera per trovare nuove risorse. Le spese dall’altra parte non mancano, noi ad esempio lavoriamo per la pista a Forano che condividiamo con il Lazio, ma non paghiamo solo l’affitto. Diamo anche un rimborso chilometrico alle società per fare attività lì e pensate quanto costa trasferirsi andata e ritorno da Città di Castello a Forano…

Il movimento umbro ha colto molti risultati positivi a livello giovanile
Il movimento umbro ha colto molti risultati positivi a livello giovanile
Capecchi nella sua intervista lamentava come i contributi per il suo settore siano diminuiti nel corso dei tre anni…

Purtroppo è vero, ma non è stato per mancanza di volontà. Faccio un esempio: avevamo guadagnato la possibilità di portare 25 ragazzi al Trofeo delle Regioni in Friuli, ma la trasferta tutto compreso sarebbe costata 4 mila euro, cifra che non potevamo permetterci così abbiamo dovuto a malincuore rinunciare.

A livello nazionale viene ascoltata la vostra voce?

Poco. Più volte io e altri colleghi abbiamo fatto presente ai vertici che c’è una sproporzione tra quanto si spende per il ciclismo di alto livello e per la base, quando invece è questa da cui tutto dipende e che avrebbe bisogno di maggiore sostegno. Anche alcune sovvenzioni che venivano date sulla base di progetti specifici sono scemate con il venir meno di sponsor. Io mi sono messo all’opera per trovare aiuti che certe volte non sono neanche quantificabili in soldi, ma anche avere acqua, latte, coppe per le premiazioni sono spese in meno per noi.

Il problema dell’attività in Umbria è legato anche alla scarsità di gare su strada
Il problema dell’attività in Umbria è legato anche alla scarsità di gare su strada
E’ anche vero però che per le società c’è un problema di attività, di calendario troppo asciutto soprattutto se confrontato con la mountain bike…

Lo sappiamo, ma questo è frutto della congiuntura generale. Le società sono in difficoltà, quelle che allestivano gare non ce la fanno considerando che anche l’evento più semplice parte da 4-5 mila euro. Ora siamo arrivati a una gara per categoria, troppo poco. Ricordo ad esempio un grande evento che si svolgeva a Foligno, gara nazionale, ma con la morte dell’organizzatore nessuno ha preso le sue redini e la manifestazione è scomparsa. Non è un problema solo nostro: con Abruzzo, Marche, Lazio dobbiamo fare squadra, ad esempio abbiamo agito nel calendario in modo da non sovrapporci.

A dispetto dei numeri esigui, ci sono in Umbria molte società che svolgono attività di primo livello
A dispetto dei numeri esigui, ci sono in Umbria molte società che svolgono attività di primo livello
Nella mountain bike esistono circuiti che mettono insieme prove proprio di queste regioni. Perché non si può fare lo stesso su strada, dando magari un contributo alle società per prendere parte alle tappe di una challenge di categoria disegnata in tutta l’Italia centrale?

Sarebbe una buona idea, se questo garantisse un numero di partenti adeguato per ogni prova. A proposito della mountain bike siamo finalmente riusciti a far inserire in ogni Granfondo una prova specifica per esordienti e allievi, un progetto che avevamo da anni e considerando che quasi tutti fanno doppia attività, questo è stato un grande aiuto al settore giovanile.

Passate le Olimpiadi però inizierà la campagna elettorale, vuole andare avanti?

Forse non personalmente, ma il nostro gruppo vuole continuare per ottenere altri risultati, adeguando alle difficoltà del momento un programma nuovo. E’ chiaro però che tutto passa dal reperimento di maggiori fondi.

Voeckler (come Bennati) conta i nomi per Parigi

30.04.2024
4 min
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Mancano poche ore al Giro, ma in questa primavera che annuncia l’estate e ne porta il calore, occorre tenere lo sguardo anche sullo scenario olimpico. Nei giorni scorsi abbiamo lasciato intravedere quel che potrebbe accadere nella squadra italiana a Parigi, con Viviani iscritto come stradista per consegnare un uomo in più a Villa. In questo modo Bennati, che ha da scegliere appena tre uomini, dovrà ridurre la selezione a due nomi. La causa olimpica viene prima, ma per l’Italia e la sua storia tutto ciò suona alquanto insolito.

Lenny Martinez è stato finora uno dei francesi più vittoriosi (4 successi), ma a Parigi non ci sarà
Lenny Martinez è stato finora uno dei francesi più vittoriosi (4 successi), ma a Parigi non ci sarà

Quattro nomi di Francia

In Francia le cose vanno diversamente, con i transalpini che hanno vissuto la stagione delle stranezze nel 2021 a Tokyo. Tre anni fa, Alaphilippe si rifiutò di andare alle Olimpiadi per l’imminente nascita di suo figlio Nino. Mentre Cavagna, convocato principalmente per la crono, neppure finse di essere interessato alla strada e si ritirò dopo appena pochi chilometri. Insomma, Thomas Voeckler dovrebbe essere tranquillo, invece fa fatica a individuare i quattro nomi (uno più di noi) con cui i francesi correranno a Parigi.

«La primavera – spiega il cittì transalpino (in apertura foto Instagram con Sagan) – non mi ha rassicurato. Abbiamo fatto delle ottime prestazioni, ma vista l’altimetria della corsa olimpica, non basteranno per vincere una medaglia. Lenny Martinez, che ha vinto tanto e bene, non ci sarà perché il percorso non è fatto per le sue qualità. Non saremo i migliori in partenza, perché per tutti i più grandi del gruppo i Giochi sono diventati una priorità. Van Aert era pronto a rinunciare al Tour per vincere l’oro: una cosa impossibile due o tre Olimpiadi fa. Correremo in quattro, ma non saremo nella lista dei favoriti».

Laporte è campione europeo in carica, ma finora non è parso in grande spolvero
Laporte è campione europeo in carica, ma finora non è parso in grande spolvero

Corridori spenti

Non sono poi molti i nomi dei grandi corridori francesi, quantomeno quelli in grado di giocarsi una corsa come quella olimpica. E le due carte migliori – Laporte e Valentin Madouas ai Giochi – escono da un periodo non proprio fortunato.

«Dobbiamo capire che questa corsa olimpica – ha aggiunto Voeckler a L’Equipe – sarà unica. Non sarà una classica, una tappa del Tour, un sesto Monumento o un’altra Coppa del mondo. Sarà speciale. Avremo quattro corridori in un gruppo di 90 per oltre 270 chilometri. Nulla sarà impossibile, ma è scontato che non vincerà uno scalatore. Sento molte critiche sulle dimensioni ridotte del gruppo, ma la cosa mi diverte. Questi sono i Giochi, non vuole essere una gara normale. Ho la mia idea di come affronteremo questa gara olimpica. Montmartre sarà un divertimento, ma arriverà dopo oltre 200 chilometri di corsa, come il Poggio alla Milano-San Remo, ma senza una squadra a proteggerti. Sono già stato a vedere il circuito diverse volte e lo farò ancora, perché è difficilissimo capire la difficoltà di questo circuito finale».

Madouas è stato terzo al Fiandre del 2022: se in forma può essere una carta importante per Voeckler
Madouas è stato terzo al Fiandre del 2022: se in forma può essere una carta importante per Voeckler

Corsa imprevedibile

L’ultima medaglia olimpica italiana su strada resta quella di Bettini ad Atene 2004. Paolo vinse dodici anni dopo Fabio Casartelli a Barcellona, quando curiosamente si corse ugualmente in tre. L’ultima volta che la Francia conquistò medaglie, furono quella d’oro a squadre e quella d’argento di Geyre, a Melbourne 1956 quando l’oro in linea andò a Baldini.

Parigi con il nuovo volto imposto dal CIO al ciclismo sarà una parentesi anomala nello scenario internazionale. Questo farà sì che la corsa possa risolversi al primo attacco deciso o aspettare l’ingresso nel circuito di Montmartre. Nessuno potrà controllarla, per questo i tecnici si prenderanno tutto il tempo possibile. Si tratterà di pescare i più vincenti, metterli insieme e sperare che si riconoscano l’uno con l’altro.