PRATI DI TIVO – Il Gran Sasso c’è, non si vede, ma si intuisce per l’aria che scende dalle piste senza neve. La signora del bar dice che quest’inverno non si è sciato quasi per niente e che per i gestori degli impianti il periodo è pesante. Lutsenko ha appena conquistato l’arrivo in salita del Giro d’Abruzzo, sullo stesso traguardo su cui a maggio si assegnerà l’ottava tappa del Giro.
Il kazako voleva vincere e l’ha fatto. Prima ha messo la squadra a tirare dalla discesa del Passo delle Capannelle, poi si è ben destreggiato nella morsa dei corridori del UAE Team Emirates. Dopo aver vinto ieri con Christen, questa volta sono stati loro a rimanere con un palmo di naso. Nonostante nel finale fossero in tre, non sono bastati per arginare lo sprint del vincitore.
Beffa per la UAE Emirates
Ulissi manda giù ancora un po’ d’aria di montagna e poi batte la mano sulla spalla di Adam Yates, che si è avvicinato quasi per scusarsi di non aver vinto. Sono fermi sulla destra della strada accanto alla transenna, con un massaggiatore che porge loro da bere e gli chiede se abbiano bisogno di altro.
Sivakov osserva in silenzio, lui che da U23 vinse il Giro d’Italia a Campo Imperatore, sull’altro versante del gigante d’Abruzzo. A guardarla nello schermo, è evidente che in questa corsa ci siano tre livelli sin troppo distinti e che i corridori WorldTour finiti davanti abbiano un livello persino imbarazzante pensando a quello degli altri.
«Sono rientrato sui primi perché ne avevo – dice Ulissi mentre si copre – ma soprattutto quanto ho tirato?».
Il secondo posto è un sapore amaro con cui si fatica a fare di conto, restano l’ultima tappa e poi le Ardenne, dove però tornerà in gioco capitan Pogacar. Meglio riprovarci domani…
Yates, gioia strozzata
Adam Yates è al rientro dalla caduta che lo fece ritirare dal UAE Tour. Recuperare dalla commozione cerebrale ha richiesto più tempo del previsto e il Giro d’Abruzzo come gara del rientro va più che bene per ritrovare la condizione. Si scusa davvero e allarga le braccia, ma nessuno se la sente di dirgli qualcosa: cosa vuoi pretendere dopo quasi due mesi che non corre?
«Ho impiegato tanto per tornare – dice il britannico, terzo nell’ultimo Tour – più di quanto avrei voluto, quindi essere qui a lottare per la vittoria è un grande orgoglio. Ovviamente mi sarebbe piaciuto vincere, ma dopo circa 25 minuti di salita ero vuoto e senza energie. Ho provato un paio di volte ad attaccare, ma Lutsenko è sempre parso a suo agio. Alla fine Diego è tornato sotto e ha fatto un bel lavoro, ma penso che oggi abbia vinto il più forte.
«Siamo venuti qui senza un vero obiettivo, senza alcuna ambizione. Solo per correre e scoprire a che punto siano le gambe. Sicuramente da inizio anno ho perso un po’ di condizione, ma quella tornerà con un po’ più di allenamento. E dalla prossima corsa, che sarà il Romandia, conto di essere un Adam Yates migliore di questo».
Il gatto e i tre topolini
Lutsenko ha lo sguardo sornione del gatto che ha giocato con i tre topolini e alla fine li ha messi in trappola. Sull’arrivo lo ha accolto Michele Pallini, che qui accolse anche la vittoria di Nibali nel 2012, anno in cui lo stesso Lutsenko avrebbe vinto il mondiale degli U23. Oggi ha risposto ai ripetuti allunghi di Yates poi di Sivakov, infine ha preso la ruota di Ulissi ed è uscito di forza vincendo lo sprint in salita quasi per distacco. Rispetto agli agguerriti rivali, il kazako è in corsa con un gruppo di giovani del devo team e per loro e il lavoro che hanno svolto avrà parole di elogio.
«Questi due chilometri finali sono stati duri – racconta – perché ho sempre dovuto seguire la UAE. Si può dire che oggi sia stato UAE contro Lutsenko e sono contento di aver vinto. Ieri avevo fatto secondo e ci ero rimasto male, come se non fossi più capace di vincere. La salita è stata dura per tutti. La mia squadra ha fatto un bel lavoro: prima la discesa veloce e poi la prima parte della salita a tutto gas. Secondo me questo ha un po’ cambiato il ritmo della gara e consideriamo che io sono qui con un gruppo di giovani, mentre la UAE ha solo capitani, se pensiamo a Ulissi, Adam Yates e Sivakov»
E adesso la Liegi
Dina Ibrayeva, che segue l’Astana Qazaqstan Team come Marketing Communication Manager, ha vissuto il finale in religioso silenzio. Appena un sorriso dai suoi occhi orientali e l’ammissione che Lutsenko stamattina avesse detto di voler vincere. Nel frattempo sul busto del kazako sono arrivate anche la maglia di leader e quelle dei punti e della montagna.
«Ho aspettato lo sprint – spiega – perché ho visto che riuscivo a rispondere bene agli allunghi di Adam Yates, quindi evidentemente ho una buona gamba. Era davvero una bella salita, credo di non averla mai fatta, ma il nostro direttore sportivo (Martinelli, ndr) me l’aveva descritta molto bene. Sono contento. Sto seguendo lo stesso programma che lo scorso anno mi fece passare dall’altura al Giro di Sicilia e vincere in avvicinamento alle classiche (nel 2023 Alexey fu quinto all’Amstel, ndr).
«Sono venuto qui direttamente dal Teide e il prossimo obiettivo saranno la Liegi e poi il Giro di Romandia. Domani resta l’ultima tappa, che ha più di 3.000 metri di dislivello, poco meno di oggi. Sarà una giornata dura, sempre su e giù come una classica. E’ importante aver vinto oggi, domani sarò qui e proveremo a tenere la maglia, ma chi può dire come finirà?».
Sul traguardo la processione dei ritardatari prosegue costante. Il fine gara è ancora lungi dall’essere segnalato. Quando sulla riga passano Edoardo Cipollini, Samuel Quaranta e Stefano Baffi, dall’arrivo di Lutsenko è passata quasi mezz’ora.