Due giorni fa il ritorno dagli Stati Uniti, dopo la visita al quartier generale di Trek e un giro per Chicago, guardando partite di hockey e di basket NBA. Oggi la partenza per la Tanzania con la sua ragazza. E poco prima, la scelta di cambiare squadra e il secondo posto del Lombardia, forse non celebrato a dovere. Il fine stagione di Andrea Bagioli non è passato via in modo banale e proprio la decisione di lasciare la Soudal-Quick Step per approdare alla Lidl-Trek è il punto che abbiamo voluto approfondire con lui.
La benedizione di “Guerci”
Le parole di Luca Guercilena sulla voglia di dargli fiducia e farne un leader sono parse una consacrazione. La sua voglia a inizio 2023 di guardarsi intorno stava a significare che il valtellinese fosse pronto a spiccare il volo, uscendo dal cono di luce di chi aveva davanti.
«L’ambiente della nuova squadra – risponde mentre parcheggia l’auto – mi è parso molto buono. Mi ha sorpreso positivamente, sono stati super disponibili. Si capisce che sia un gruppo più internazionale, quindi c’è più apertura rispetto alla Soudal-Quick Step in cui comunque si percepisce forte l’anima belga. C’eravamo quasi tutti, tranne Consonni che negli stessi giorni si è sposato, poi Cataldo e Milan che sono venuti solo alla fine, dopo la corsa in Cina».
Perché a gennaio dicesti che avresti valutato anche un cambio di squadra?
Non posso dire che non avessi il mio spazio, però dopo quattro anni cerchi qualcosa di nuovo. Alla fine fai sempre gli stessi ritiri, gli stessi allenamenti, vedi sempre le stesse persone, quindi magari diventa un po’ troppo monotono.
Alla Soudal-Quick Step sentivi di essere considerato un corridore importante?
Devo dire che anche durante le classiche, quest’anno partivo quasi come un capitano. A parte la Liegi, nelle altre avevo ruoli abbastanza importanti. Però qui già da inizio anno abbiamo fatto il calendario assieme, ho deciso io alcune gare che volevo fare e mi hanno ascoltato. Mi trattano un po’ più come un leader.
E’ stato difficile scegliere la squadra nel momento in cui hai deciso di andar via?
Non più di tanto, perché sono venuti subito con una buona offerta triennale e anche con un bel progetto, che mi ha ispirato subito. Poi parlandone con Quinziato (il suo agente, ndr), abbiamo valutato le varie opzioni e abbiamo concluso che la Lidl-Trek fosse la migliore. Avevano l’idea di prendermi e farmi crescere, non un progetto a breve termine, ma a lunga scadenza, per arrivare a vincere gare importanti.
Che cosa ti manca ancora per arrivare a vincere la classica con la C maiuscola?
Al Lombardia ho trovato un Pogacar di troppo, che mi ha impedito di vincerlo (Bagioli è arrivato secondo, ndr). Cosa mi manca? Secondo me, più che altro, la fiducia in me stesso. Anche se, già a fine stagione, qualcosa è cambiato e infatti i risultati sono arrivati. Invece a inizio anno partivo un po’ svantaggiato perché non ero molto sicuro e alla fine andava male. Se non sei sicuro e vedi gli altri che vanno forte, se hai la testa da un’altra parte, è molto più difficile che arrivi il risultato.
Che cosa è cambiato a fine stagione? Perché c’è stata questa svolta?
Non lo so neanch’io, mi sentivo in modo diverso, più rilassato e più sicuro di me stesso. A luglio avevo deciso di cambiare squadra, quindi magari anche quell’aspetto ha fatto la differenza. Se non devi pensare al contratto per il prossimo anno, sei tranquillo. Ti concentri al 100 per cento sulla bici, sugli allenamenti, l’alimentazione e tutto viene più facile.
Secondo te la fiducia in se stessi viene anche dalla squadra?
Sì, sicuro. La squadra deve essere la prima che ti dà fiducia. Se parti senza la fiducia della squadra, è difficile anche per te stesso. Se invece sai che puoi contare sull’appoggio dei tuoi compagni e dei direttori e, sai che nella determinata gara sono lì tutti per te, allora è diverso. Certo, avrai più pressione addosso, però è una pressione positiva che ti carica ancora di più.
Che cosa porti via dalla Soudal-Quick Step?
In questi quattro anni sono cresciuto tanto, al primo anno da professionista ero molto inesperto sotto tutti gli aspetti. Quello che ho imparato meglio forse è la capacità di affrontare le gare lunghe, le classiche ben oltre i 200 chilometri. Su quello sono migliorato molto. Infatti anche al Lombardia, che erano sei ore di corsa, nel finale ero lì. Si tratta di imparare ad alimentarsi per risparmiare il più possibile, perché alla fine conta ogni watt che risparmi e poi te lo trovi alla fine della corsa.
Hai parlato di pressione positiva: ti è mancata in questi anni oppure è giusto arrivarci adesso perché hai le spalle più larghe per sostenerla?
Forse è giusto che arrivi adesso. Se arrivasse appena passi professionista, non sarebbe semplice da sopportare, a meno che tu non abbia un motore alla Remco, con il quale viene tutto facile. Invece adesso che ho fatto i miei quattro anni di esperienza, sono più consapevole dei miei mezzi e fin dove posso arrivare. Quindi è un bene che la pressione arrivi adesso.
Sai già quale sarà il tuo nuovo preparatore? Ti intriga o ti allarma il fatto di cambiarlo?
Non so ancora con chi lavorerò, penso sarà uno spagnolo in arrivo nella squadra. Un po’ mi è dispiaciuto di lasciare il mio vecchio preparatore: Vasilis, il greco. Con lui in questi quattro anni ho lavorato veramente bene, secondo me è uno dei migliori al mondo. Ti segue, vedi che ha passione in quello che fa, quindi quel lato un po’ mi preoccupava. Però alla fine qualche cambiamento magari serviva, ci sta che magari a certe cose Vasilis non ci arrivasse, mentre saranno possibili col nuovo preparatore. Devo solo avere fiducia e andrà bene di sicuro.
Il prossimo appuntamento con la squadra sarà il ritiro a dicembre?
Sì, a Calpe. Adesso si va in vacanza in Tanzania, prima un safari e poi al mare a Zanzibar. E al rientro si ricomincia con una nuova maglia, una nuova bici e una nuova squadra.