Autodromo di Misano. Si corre la Granfondo Misano Bike, una delle prime prove su strada per amatori della seconda parte di stagione. Un ragazzo va in fuga per una cinquantina di chilometri, da solo contro il branco che insegue affamato. Lo riprendono dopo una caccia strenua, ma quel ragazzo ha ancora la forza di lottare per la vittoria e chiudere secondo, in verità un po’ deluso per l’esito finale. Quel ragazzo è Cezary Grodzicki. Forse a molti non dirà nulla, ad altri qualcosa ricorda. Perché quello non è un granfondista comune, ma un ragazzo che a 25 anni ha una lunga storia dietro le spalle.
Una storia che inizia come tante, il papà che da bambino gli compra la bici, lo porta in campagna e inizia a insegnargli a pedalare. Ci vuole poco, non solo perché impari ma perché il padre strabuzzi gli occhi, vedendo quel peperino che viaggia come una scheggia. Proprio così lo soprannomina e quella parola gli resta nelle orecchie a lungo.
Una caduta… e tutto si ferma
Cezary cresce, impara, si piazza, osa. Comincia a entrare anche nel giro della nazionale under 23, migliora di mese in mese. E’ il 2018, finisce 5° al Giro del Belvedere, lo selezionano per il Toscana Terra di Ciclismo, nella prima tappa è sesto, dietro a Bagioli, due posizioni avanti a Zana. Magari, chissà, si può fare qualcosa di buono anche in classifica. Il giorno dopo riposo attivo, poi c’è la tappa del Monte Amiata. Di quella tappa, ancora oggi, non ricorda nulla, come non ricorda nulla del giorno prima. E’ come se la sua vita si fosse fermata a quella volatina dietro Bagioli (poi vincitore della corsa), a 26” dal leader Zahiri.
Una crepa sull’asfalto che pure una macchina avrebbe sobbalzato. La bici lo proietta nell’aria, cade e sbatte la testa. Il casco gli salva la vita, ma Cezary non si sveglia. Viene portato in ospedale, coma farmacologico, trauma cranico e facciale oltre alla frattura di una vertebra. Quando si riprende, gli raccontano l’accaduto, ma poco dopo lo dimentica, glielo rispiegano, ma ancora il cervello lo cancella. Per certi versi non è neanche un male: quella fetta, sottile e dolorosa, della propria vita resterà un mistero ed è meglio così.
Il ritorno alle origini
Un busto da indossare e un collare, tre mesi di convalescenza. Cezary, quel periodo non lo spreca, anzi, perché la vita può metterti alla prova e toglierti qualcosa per darti altro. Cezary ne approfitta e parte per la Polonia, per conoscere la sua terra che aveva lasciato a 4 anni, un mondo completamente nuovo per lui. In quell’ambiente familiare il fisico pian piano si riprende, appena viene dato il benestare dei medici si torna in sella, nel vero senso della parola.
A settembre torna in gara, l’anno dopo arriva anche la convocazione in Nazionale per il Tour of the Alps, ma non è più il Grodzicki di allora. Si è inceppato qualcosa, bisogna ripartire da zero. Anche se, quando è su quelle due ruote, è il ragazzo di sempre, coraggioso e tenace: «L’incidente non lo ricordo, per cui non ho paura. Poi, chi mi conosce dice che sono rimasto quello di prima, con pregi e difetti e va bene così».
La voglia di riprovarci
La bici, quella che era diventata mezzo di lavoro torna innanzitutto a essere la sua passione. Trova un ingaggio nella Pro Cycling, per le Granfondo, in fin dei conti ha 25 anni e la vita che tanti esami gli ha già riversato addosso può anche prendere altre vie.
Arriviamo ai giorni nostri: Cezary compare spesso negli ordini d’arrivo delle gare amatoriali, ma in quella Gran Fondo riassapora il gusto dell’impresa, attraverso quei 50 chilometri a tutta e forse poco importa se sul gradino più alto non c’è lui, perché la sua gara l’ha già vinta. Chi gli è vicino lo sprona, gli dice che sta tornando quello di prima, che magari una seconda occasione la merita anche lui. Chissà, anche in questo ciclismo che brucia tutto come fiammiferi e che a 25 anni certe volte ti fa sentire già vecchio, magari un posticino per chi battagliava con Bagioli si può ancora trovarlo, no?