La sfida di Selleri, dalla Romagna alla politica federale

25.11.2024
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Il 19 gennaio 2025, presso l’Hotel Hilton Rome Airport di Fiumicino, si eleggerà il nuovo presidente della FCI. I candidati sono venuti allo scoperto nelle scorse settimane. Il presidente federale Dagnoni ha ammesso di sentirsi in campagna elettorale da tre anni e ha previsto per il 20 dicembre una conferenza stampa a Milano in occasione del Giro d’Onore. A sfidarlo troverà Silvio Martinello, Daniela Isetti e Lino Secchi, con l’annunciata frammentazione del voto che, in caso di ballottaggio e in base agli accordi dell’ultima ora, sposterà il baricentro verso un candidato o l’altro. Anche l’ultima volta andò così e Martinello, che in proporzione aveva ottenuto più voti, si vide sconfitto proprio per gli accordi consumati in quello stesso hotel. 

Da Metti a Selleri

In attesa di raccontare i quattro programmi elettorali, è interessante segnalare la candidatura di due uomini della base per il ruolo di vicepresidente federale. Dalla Toscana arriva l’ex presidente regionale Saverio Metti, mentre dalla Romagna si segnala Marco Selleri: l’uomo del Giro d’Italia Giovani U23, del mondiale di Imola e del Giro di Romagna (foto di apertura). Se la prima è il prosieguo di un cammino iniziato da anni, la discesa in campo di un organizzatore costituisce un’anomalia. Perché Selleri vuole scendere in politica?

«E’ una candidatura tecnica – precisa – più che per la politica federale in sé. Credo di aver raggiunto la maturità per sviluppare delle idee. Ho un’esperienza a 360 gradi. Ho vissuto prima da organizzatore del Giro delle Pesche Nettarine. Poi il Giro d’Italia U23, le settimane tricolori e i campionati del mondo. Quando è così, a un certo punto decidi di metterci del tuo, ma devi conoscere la materia al 100 per cento. Cioè il punto di vista dei corridori, dei direttori sportivi, di chi organizza le gare. Ho imparato a riconoscere parecchie lacune del nostro movimento, che non produce ricambio. C’è bisogno di un cambiamento profondo. Di ragionare in maniera diversa. Sfruttare i ragazzi che smettono a 22-23 anni perché non hanno i mezzi, però mantengono la passione. Ci lamentiamo perché non andiamo a fare reclutamento nelle scuole, ma se in questi giorni si guardano le persone che partecipano alle assemblee regionali, si vede che l’età media è molto alta. Siamo bloccati e non riusciamo a superare il modo di fare ciclismo degli ultimi 20 anni, che non funziona più».

Marco Selleri è stato il direttore generale del Giro U23: si candida come vicepresidente federale
Marco Selleri è stato il direttore generale del Giro U23: si candida come vicepresidente federale
Quando qualcuno si candida per la vicepresidenza, cosa fa?

Per il momento non faccio parte di nessuna squadra. Anche se, navigando nei programmi e nella storia delle persone che hanno fatto il ciclismo negli ultimi 10-15 anni, l’unico che a mio avviso possa cambiare qualcosa è Silvio Martinello. Sostengo lui perché vedo che è molto più vicino alle mie idee. Siamo di fronte a sfide importanti come la riscrittura dello statuto federale. Qualcosa per fortuna si sta muovendo nella Lega Ciclismo Professionistico con Roberto Pella, che si è buttato capofitto in questo settore nuovo per lui. E io vedendo tutto questo mi sono chiesto: perché stare sempre alla finestra? Le cose non cambiano da sole. In caso di mancata elezione, nessun problema. Nel caso invece di un esito positivo a mio favore, lavorerò con il Consiglio Federale, dando il massimo come quando si lavorava con Davide Cassani.

Davide ormai non c’è più da un pezzo…

Negli anni in cui rilanciammo il Giro d’Italia U23, con lui era partito un programma ben dettagliato. Era lui che trovava le risorse per portare avanti il Giro e di conseguenza anche noi ci siamo ritirati perché la presenza di Cassani non era più prevista dalla Federazione di Dagnoni. Quel programma è stato sostituito da altre strategie e anche il nostro impegno si è arrestato.

Alla fine del 2021 si è interrotta la collaborazione tra la Federciclismo di Dagnoni e Davide Cassani
Alla fine del 2021 si è interrotta la collaborazione tra la Federciclismo di Dagnoni e Davide Cassani
Dici che i giovani non si avvicinano alla politica sportiva: c’è un consiglio che potresti dare al futuro presidente?

I giovani andrebbero innanzitutto inseriti in un contesto completamente diverso da quello che si sta portando avanti. Devono essere formati per parlare con i bambini e fare le stesse cose che si stanno attuando in altri sport, come il tennis o la pallamano. C’è un ragazzo del mio paese, stipendiato dalla Romagna Handball, una squadra di A2 a Mordano, che viene mandato nelle scuole a fare lezioni e appassionare i bambini. Stessa cosa fa Davide Bulzamini, che abita nella stessa zona ed è il capitano della nazionale. Capisco che il ciclismo sia un po’ diverso, però dal punto di vista politico bisogna formare e mettere a libro paga i giovani più volenterosi, perché vadano in giro a raccontare lo sport a ragazzi poco più giovani di loro. Quattro in Romagna, quattro in Lombardia, quattro in Veneto, da una parte bisogna pure cominciare, anche perché le nascite stanno diminuendo ed è ovvio che va fatto un lavoro più profondo. Prima il ciclismo era lo sport numero due in Italia, adesso non lo è più. E a me sinceramente non interessa dire che non abbiamo la squadra WorldTour. Neanche in Slovenia ce l’hanno, eppure qualcosa hanno fatto. Qualcuno è andato a studiarlo? Qualcuno è andato a vedere come lavorano in Inghilterra?

Tu hai qualche conoscenza in questo senso?

Il mondiale di Imola mi ha fatto conoscere in maniera abbastanza profonda le persone dell’Unione Ciclistica Internazionale, dove ho dei rapporti buonissimi. Abbiamo lavorato insieme agli organizzatori del Tour de l’Avenir perché siamo rimasti ovviamente amici con Laurent Bezault e Philippe Colliou, le due persone che mi hanno affiancato a Imola per venti giorni. L’anno scorso mi chiesero se potevano fare qualcosa qui da noi e le conoscenze e la serietà delle persone hanno fatto sì che abbiamo portato il Tour de l’Avenir in Italia e ci tornerà fino al 2027.

Il Tour de l’Avenir 2024 si è chiuso in Italia, sul Colle delle Finestre, con vittorie di Blackmore e Bunel
Il Tour de l’Avenir 2024 si è chiuso in Italia, sul Colle delle Finestre, con vittorie di Blackmore e Bunel
E’ piuttosto raro che organizzatori diversi collaborino fra loro.

Perché noi siamo un po’ guerrafondai, un popolo spesso invidioso. Anziché lavorare insieme, è sempre una gara. La politica è diventata come il Milan contro la Juve: sempre in lite, con la quasi impossibilità di collaborare davvero. Porto l’esempio del mio vicino di casa, Adriano Amici. Ha ceduto alla Coppa Agostoni la data del Memorial Beghelli, piuttosto di prendere il telefono e telefonarmi, dato che avevamo in ballo il Giro di Romagna. Non si poteva collaborare per tenerle vicine? In qualche modo bisognerebbe essere chiamati a rispondere del capitale che si ha in mano, perché le corse hanno una storia ed è un capitale pure quello. E poi c’è una cosa che ho detto alla riunione del comitato regionale emiliano romagnolo.

Che cosa?

Che sponsor privati non ce ne sono più, quindi ci troviamo spesso a organizzare con soldi pubblici e questo vuol dire avere una base economica solida, perché i soldi pubblici arrivano dopo. Il problema è che nessuno ha costruito qualcosa con l’Istituto per il Credito Sportivo, per immaginare di concedere un fido agli organizzatori che così potrebbero portare avanti le loro corse. Si è preferito far smettere Moreno Argentin, che si trovava in questa stessa posizione e voleva organizzare le sue gare. Avrebbe avuto bisogno di ossigeno, invece si è preferito affossarlo e far sparire la sua corsa. Anche noi abbiamo avuto bisogno, però c’era una gestione federale attenta, che ha trovato il sistema di aiutarci anziché affossarci.

Morgado vince il Giro di Romagna 2024: la corsa è organizzata da Marco Selleri per Extra Giro
Morgado vince il Giro di Romagna 2024: la corsa è organizzata da Marco Selleri per Extra Giro
Sei dalla parte di Martinello, hai ricordi evidentemente positivi della gestione Di Rocco, perché non sostenere Lino Secchi che fa parte della stessa storia sportiva?

Perché abbiamo bisogno di ringiovanire, sono già vecchio io. Però ovviamente io sono un romagnolo di sangue caldo, di conseguenza dico quello che penso. Oggigiorno se vuoi andare avanti e sbloccare situazioni devi dire quello che pensi. Possiamo prendere delle persone che abbiano fatto il bene del ciclismo, d’accordo, però attenzione secondo me è davvero necessario cambiare direzione.

Prudhomme: il Tour in Italia e il dualismo tra Pogacar e Vingegaard

24.11.2024
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RIVA DEL GARDA – Dai giorni di Firenze, Bologna e Torino sono passati pochi mesi, abbastanza da far sembrare la partenza del Tour de France dall’Italia un vago ricordo. Eppure il giorno in cui è stato annunciato che la Grande Boucle sarebbe partita proprio dal nostro Paese, si ebbe la sensazione di qualcosa di unico. La conferma è arrivata con la presentazione dei team da Firenze, avvenuta il 28 giugno. Un evento enorme, per grandezza, spettacolo offerto, pubblico presente e valorizzazione del territorio. La macchina gialla, guidata da Christian Prudhomme si era messa in moto e aveva lasciato tutti affascinati. Quasi ammaliati da ciò che il ciclismo permette di fare. 

Di mesi ne sono passati cinque, il Tour de France è stato vinto da Tadej Pogacar, lo sloveno mangia tutto. Sembra quasi che sia stato digerito in fretta, masticato con voracità senza essere stato apprezzato fino in fondo. Si sa che a volte l’attesa del piacere è essa stessa il piacere. 

La presentazione del Tour a Firenze aveva unito perfettamente la corsa alla storia della città
La presentazione del Tour a Firenze aveva unito perfettamente la corsa alla storia della città

Conoscere 

Tuttavia ritrovarsi davanti alla figura di Christian Prudhomme ci ha fatto ricordare della bellezza che ha regalato con la sua corsa. Il direttore generale del Tour de France ha portato, solo negli ultimi due anni, la Grand Depart prima in Spagna e poi in Italia. Che bilancio trae dall’esperienza del Tour in Italia?

«L’accoglienza è stata fantastica – ci dice ai margini della conferenza stampa di presentazione del Tour of the Alps – anzi, l’accoglienza degli italiani è stata fantastica. Il Tour de France non era mai partito dall’Italia, aveva toccato tutti i Paesi limitrofi, ma mai il vostro. Tutti conosciamo i campioni come Coppi, Bartali e tanti altri. Abbiamo voluto mettere in evidenza la storia del ciclismo in Italia, che è davvero ricca e profonda. Sentivamo che gli italiani volevano questo, ma anche noi». 

Christian Prudhomme prima del Tour è stato anche ai campionati italiani, anch’essi partiti da Firenze
Christian Prudhomme prima del Tour è stato anche ai campionati italiani, anch’essi partiti da Firenze
Com’è stato immergersi nella nostra cultura?

Il motivo per cui mi sono recato sulla tomba di Fausto Coppi il 2 gennaio è che, come direttore del Tour de France, non avrei mai potuto creare un evento simile senza conoscerne la storia. Pensare di essere alla partenza da Firenze senza aver visitato i luoghi del ciclismo italiano non sarebbe stato giusto. 

In quali luoghi si è fermato?

Al museo Bartali, sulle strade di Nencini e Ottavio Bottecchia. Sono davvero molto, molto felice di averlo fatto, perché senza tutto questo la Grande Depart sarebbe stata un’esperienza molto diversa. 

L’Etape du Tour a Parma è un format che ha subito raccolto tanti consensi, infatti verrà riproposto (foto Facebook)
L’Etape du Tour a Parma è un format che ha subito raccolto tanti consensi, infatti verrà riproposto (foto Facebook)
E il pubblico italiano come ha reagito?

Partire da una città come Firenze è estremamente prestigioso, le immagini parlano da sole. Sono venute tantissime persone, le quali hanno mostrato rispetto per i campioni e per la bellezza dei monumenti. Ero stato a Firenze diverse volte in vacanza. È semplicemente una città magnifica. Ma ogni strada, città e paesino che il Tour ha attraversato mi ha lasciato qualcosa. E poi c’è stata una grande battaglia sportiva. Ogni volta che la nostra corsa inizia dall’estero siamo costretti a spiegare i motivi. L’Italia ce li ha mostrati da sola. 

I corridori non si sono risparmiati. 

Quando hai questi paesaggi, questi campioni e questo pubblico tutto viene più semplice. Se a tutto ciò si aggiunge anche la battaglia agonistica sulle strade allora non manca nulla. Sul San Luca, a Bologna, abbiamo visto subito Pogacar attaccare e Vingegaard rincorrerlo. La fortuna per noi francesi è stata quella di avere due connazionali che hanno vinto nei primi due giorni. 

Sulle rampe del San Luca il primo assaggio dello spettacolo del Tour de France
Sulle rampe del San Luca il primo assaggio dello spettacolo del Tour de France
La vittoria a Rimini di Bardet è stata il fiore all’occhiello per voi…

Successo di tappa e maglia gialla, incredibile. La seconda tappa è stata vinta da un giovane: Kévin Vauquelin. Tutte queste cose ci hanno regalato dei ricordi molto belli dell’Italia. 

Qual è stato il bilancio degli altri eventi, ad esempio l’Etape du Tour a Parma?

Lo sviluppo del Tour avviene anche attraverso pedalate come queste. Sono eventi che fanno respirare alla gente cosa vuol dire far parte della Grande Boucle. L’affluenza è stata ottima, tanto da riproporre l’evento, in totale l’Etape du Tour tocca venti Paesi differenti. E’ un format che funziona, e siamo ovviamente felici che ce ne sia una anche in Italia. 

Prudhomme spera in un duello alla pari tra Pogacar e Vingegaard nel 2025
Prudhomme spera in un duello alla pari tra Pogacar e Vingegaard nel 2025
Lei ha parlato di battaglia sportiva, il dominio di Pogacar nel 2024 la spaventa? C’è il rischio che l’entusiasmo del pubblico venga meno?

 Mi fate questa domanda in un momento in cui si piange l’addio di un campione come Rafael Nadal e le partite che negli anni ci sono state tra lui e Federer. Quando Pogacar vinse la cronometro di Laval nel Tour del 2021 tutti erano convinti che ne avrebbe vinti 6, 7, 8 di fila. Nei due anni successivi, invece è arrivato Vingegaard e il dominio sembrava potersi invertire. Quello che mi auguro è che entrambi i protagonisti siano al via del Tour de France senza dover recuperare da una caduta molto grave. Negli ultimi due anni lo squilibrio è stato causato da cadute e infortuni, che hanno colpito entrambi. Quindi spero davvero che entrambi siano in piena forma, e poi vedremo.

Strada, pista e studio: Venturelli riscrive le priorità

24.11.2024
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Ogni volta che finisci un’intervista con Federica Venturelli senti di aver imparato qualcosa, se non altro per quanto riguarda la dedizione. Nonostante i 19 anni, la cremonese trasmette un senso di leggerezza nel vivere il rigore in cui è immersa. Il titolo di Alfiere del Lavoro ricevuto un anno fa dal Presidente Mattarella per essere stata uno dei migliori 25 studenti d’Italia e i risultati sportivi di vertice fanno di lei una notevole eccezione. Quando la intercettiamo in uno degli slot orari che ci ha detto di preferire, si trova a Brescia nello studentato in cui vive assieme alla sua bicicletta. Università e sport possono convivere, ma di solito lo studio finisce in secondo piano. Lei invece ha portato il ciclismo fra le mura accademiche e pagheremmo per vedere gli sguardi dei colleghi di Università nel vederla passare dai panni della studentessa modello a quelli dell’atleta ugualmente di vertice.

La seconda parte di stagione, come purtroppo abbiamo già raccontato, è stata falsata dalla frattura del braccio rimediata agli europei U23 su pista di metà luglio. E ugualmente su pista si è svolto il ritorno in attività, ai campionati del mondo, dato che la funzionalità del polso non era ancora al livello necessario per smarcarsi bene su strada. Quello che appare certo e anche comprensibile è che a causa di tutto questo, Federica non correrà la stagione del cross. Un po’ per dare modo al suo corpo di recuperare la piena efficienza e un po’ per la necessità di selezionare gli impegni, come già spiegava nelle scorse settimane Sara Casasola. Non si può chiedere troppo a se stessi. Strada, pista, cross, università: la dedizione non basta.

Dopo l’infortunio di luglio, Venturelli è rientrata in gara ai campionati del mondo su pista
Dopo l’infortunio di luglio, Venturelli è rientrata in gara ai campionati del mondo su pista
Buongiorno Federica, hai ricominciato ad allenarti?

In realtà non ho mai smesso al 100 per cento. Avendo fatto quasi un mese ferma a causa degli infortuni, a fine luglio e inizio agosto ho diminuito un po’ l’intensità degli allenamenti. Ho fatto un paio di settimane con qualche uscita tranquilla, senza fermarmi per le solite tre di stacco. Invece dalla settimana scorsa, ho ricominciato la preparazione sia in bici che in palestra e per adesso sta andando tutto bene. Dall’infortunio direi che mi sono ripresa quasi al 100 per cento. Il polso va meglio, riesco ad andare in bici anche su strada e non mi ho più problemi neanche a fare allenamenti lunghi. 

A cosa è legato il “quasi”?

Diciamo che mi fa ancora male fare dei movimenti estremi con il polso, però rispetto a prima non ho problemi.

L’infortunio ha chiaramente cambiato le prospettive, il ciclocross sarebbe stato nei programmi se non ci fosse stato questo lungo stop?

Non lo so. Come ho sempre detto, il ciclocross è una disciplina che mi piace tanto e che mi diverto a fare. Però è comunque impegnativo e si sovrappone a tutto il resto, soprattutto alla preparazione invernale per la strada e a quella della pista, perché a febbraio ci sono già i campionati europei. Quindi sicuramente l’opzione di fare una stagione completa, di concentrarsi sul ciclocross non ci sarebbe stata. Mi sarebbe piaciuto fare qualche gara, ma forse è arrivato il momento di scegliere e concentrarsi su qualcosa in particolare: fare tutto non è più possibile. L’università mi occupa del tempo e avere un’altra disciplina da preparare e cui dover pensare sarebbe troppo.

La Coppa del mondo di Anversa e Benidorm, il mondiale: così nel 2023 Venturelli nel cross (foto Dancerelle/DirectVelo)
La Coppa del mondo di Anversa e Benidorm, il mondiale: così nel 2023 Venturelli nel cross (foto Dancerelle/DirectVelo)
Quindi condividi anche tu la visione di Sara Casasola?

Ovviamente il cross ti dà più esplosività a inizio stagione, si arriva al via della strada avendo fatto sforzi intensi. Però poi sicuramente si paga, se non si fa un periodo di stacco o comunque di scarico, perché la stagione della strada poi è lunghissima. Nel 2023 feci un paio di Coppe del mondo più il mondiale, però ebbi anche dei problemi con la schiena e il ciclocross non aveva aiutato. E questo è un altro motivo per cui sarebbe stato comunque difficile puntarci di nuovo. Quei problemi non sono più in fase acuta, però la schiena ogni tanto mi dà ancora un po’ fastidio e cerco di non bloccarmi del tutto. Detto questo, non so ancora molto dei miei programmi di allenamento e se farò una preparazione per compensare la mancanza del cross.

Quanto ti assorbe lo studio?

Richiede tempo per andare a lezione, perché a Farmacia avrei la frequenza obbligatoria. Fortunatamente sono nel programma Dual Career che mi permette di frequentare quando sono a casa, altrimenti non riuscirei neanche a dare gli esami. E poi c’è da studiare per gli esami. Ieri ad esempio avevo il giorno di riposo dalla bici e ho studiato otto ore. Come fare una distanza, però sui libri. E’ una cosa che non mi pesa perché mi piace, quindi lo faccio volentieri.

Per Venturelli si prospetta un inverno di lavoro su strada e anche in pista
Per Venturelli si prospetta un inverno di lavoro su strada e anche in pista
Sei mai riuscita quest’anno a portare con te i libri quando vai alle corse?

Beh (ride, ndr), in aereo nessuno mi impedisce di studiare. Sono anche riuscita a finire in tempo gli esami del primo anno, quindi per ora va bene. Studio a Brescia e vivo anche qui. Risiedo al Collegio di Merito Lucchini assieme alla mia bici. I compagni mi guardano un po’ come una mosca bianca. Da una parte fanno il tifo e dall’altra ogni tanto mi invidiano un po’, perché mi faccio cambiare le date degli esami (ride, ndr).

Come immagini la tua prossima stagione?

Sicuramente farò più gare su strada del 2024, perché comunque ho iniziato tardi per i problemi alla schiena. La prima corsa l’ho fatta ad aprile a Mouscron e l’ultima gara a fine giugno al Thuringen prima di rompermi il braccio (nel mezzo anche le prime vittorie al Giro del Mediterraneo in rosa, ndr). Quest’anno spero di riuscire a dare un po’ più di continuità alla stagione senza altri problemi fisici, così da riuscire a crescere con più continuità, che è quello che l’anno scorso mi è mancato e che potrebbe penso farmi migliorare tanto.

L’infortunio ti ha impedito anche di entrare in lizza per la pista alle Olimpiadi oppure era presto per pensarci quest’anno?

No, secondo me sarebbe stato presto (la voce tradisce un tremolio di esitazione, ndr) perché c’era già un gruppo formato e molto forte. Le ragazze si conoscevano bene e quindi penso che fosse giusto, visto che lavoravano già insieme da anni, che a Parigi andassero loro. Però sicuramente il mio obiettivo è quello di poterci andare tra quattro anni e certamente lavorerò per questo.

Venturelli ha lasciato la categoria juniores con il terzo posto nella crono iridata di Stirling 2023 e il titolo europeo
Venturelli ha lasciato la categoria juniores con il terzo posto nella crono iridata di Stirling 2023 e il titolo europeo
C’è un obiettivo minimo che potresti darti per il prossimo anno?

Non vedo degli obiettivi precisi a livello di gare, però quello che voglio fare è migliorare, lavorare di più e migliorare di più a cronometro. Quindi se si dovesse parlare di un obiettivo preciso, magari mi piacerebbe fare bene al campionato italiano o comunque gare che possano darmi la misura della crescita. Poi sicuramente un altro obiettivo, sempre pensando in generale, è quello di continuare a crescere e fare esperienza e sicuramente potrò farlo, grazie alla maggiore collaborazione del prossimo anno tra il Devo Team e la UAE Team Adq. Faremo un maggior numero di gare miste e il confronto è quello che fa crescere. E’ così in ogni ambito.

Il biomeccanico esterno ai team: a tu per tu con Angelo Furlan

24.11.2024
5 min
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Ieri abbiamo parlato della visita biomeccanica di Francesco Busatto presso il centro di Angelo Furlan (Angelo Furlan 360 a Crezzo, Vicenza). Si parlava davvero di millimetri, di dettagli… ma sono quelli, oggi più che mai, che fanno la differenza nel ciclismo professionistico.

Il fatto, però, che un atleta WorldTour ricorra ad un biomeccanico esterno ci ha fatto riflettere. E’ curioso capire come una figura esterna possa interagire con team sempre più strutturati. Furlan ha parlato esplicitamente di una triangolazione. Di questo, ma anche di biomeccanica più in generale, abbiamo parlato direttamente con l’ex sprinter di Alessio, Credit Agricole e Lampre.

Furlan al lavora con Busatto, i due si conoscono da anni. Avere i feedback dell’atleta è centrale per Angelo
Furlan al lavora con Busatto, i due si conoscono da anni. Avere i feedback dell’atleta è centrale per Angelo
Angelo, hai corso per molti anni e da tempo lavori come biomeccanico anche con atleti di alto livello come Francesco Busatto. Quando un professionista ti porta le misure della squadra come ti poni con quei dati?

È una questione di equilibrio. Essere stati ciclisti professionisti mi aiuta a immedesimarmi nell’atleta e a capire il contesto in cui opera. Spesso i team hanno equilibri interni delicati, e quando un ciclista si rivolgeva a un tecnico esterno, specialmente in passato, era guardato con sospetto se non otteneva subito risultati. La prima cosa che faccio è accertarmi che il team sia d’accordo con la collaborazione esterna. Poi analizzo il lavoro fatto dal biomeccanico della squadra, senza criticarlo, ma cercando di comprendere il perché di determinate scelte. Ogni tecnico ha il proprio approccio, quindi il mio obiettivo è mediare, rispettare il lavoro altrui e proporre modifiche in modo graduale, triangolando le esigenze del ciclista con i dati a disposizione.

Ti capita mai di entrare in contatto diretto con il team o con i loro tecnici?

Più spesso mi interfaccio con i meccanici per verificare dettagli tecnici, come le misure prese o eventuali regolazioni, perché tante volte una misura varia in base al modo in cui è presa. Con le squadre straniere, c’è generalmente un approccio più aperto: hanno un biomeccanico di riferimento, ma lasciano libertà al corridore di consultare tecnici di fiducia.

Non solo team italiani. Abbiamo visto con i nostri occhi un atleta di un grande team WorldTour nascosto tra i van della carovana pubblicitaria a “smanettare” con la brugola…

Tuttavia, ci sono realtà che impongono il proprio esperto, e questo può creare situazioni particolari. Le squadre vogliono avere tutto sotto controllo. Ma poi il più delle volte va a finire che l’atleta si sistemi come vuole.

Posizionare le tacchette al millimetro è uno dei passaggi più delicati
Posizionare le tacchette al millimetro è uno dei passaggi più delicati
Quanto contano ancora le sensazioni dell’atleta nel tuo lavoro?

Tantissimo. Le sensazioni sono un elemento centrale, soprattutto per un professionista. Il nostro compito è combinare queste con gli studi accademici e la nostra esperienza. Seguire solo i dati, ignorando ciò che l’atleta percepisce, spesso porta a più problemi che soluzioni. Un esempio è quello di Francesco: ci sono stati commenti sulla sua posizione in bici per quel video, come il ginocchio in extrarotazione o il movimento del bacino. Sì, accademicamente ci sarebbero margini di correzione, ma intervenire in modo eccessivo potrebbe causare più danni che benefici. È una questione di equilibrio tra biomeccanica e funzionalità specifica del corridore.

Ricordiamo il caso forse più famoso, almeno in tempi recenti, quello di Peter Sagan…

Esatto, Sagan è un esempio perfetto. Con Peter ci ho anche corso ed era uno dei più “storti” in bici, con movimenti anomali del bacino e delle anche, ma questo non gli ha impedito di essere un campione. Quando hanno provato a raddrizzarlo, ha perso efficienza e non rendeva più. Lo stesso vale per altri atleti. Recentemente ho avuto tra le mani la bici di Pogacar. Chiaramente ho preso le misure, l’ho studiata… per curiosità se non altro. Tadej ha misure che ai miei tempi si sarebbero usate su pista, lui invece ci vince in salita! Questo dimostra che ogni atleta è unico, e il lavoro del biomeccanico è anche capire quando fermarsi e rispettare queste caratteristiche.

Anche per Furlan, Sagan è uno dei casi più emblematici in cui sensazioni e soggettività battono le imposizioni accademiche circa il posizionamento in sella
Anche per Furlan, Sagan è uno dei casi più emblematici in cui sensazioni e soggettività battono le imposizioni accademiche circa il posizionamento in sella
Tornando al video che tanto ha fatto discutere su Instagram, perché ritieni importante fare un test sotto sforzo per valutare la posizione?

Perché la posizione da fermo spesso non rivela i problemi che emergono quando l’atleta è sotto sforzo. Durante questi test analizziamo altezza e arretramento della sella, la distribuzione della spinta e l’omogeneità nei 360° della pedalata. Sotto sforzo il muscolo si accorcia e se un atleta tende ad andare troppo in punta di sella, possiamo adattare la posizione per assecondare questo comportamento senza penalizzare l’efficienza.

Quanto tempo serve per arrivare a una posizione ottimale?

Il primo bike fitting con Francesco durò circa due ore e mezza. Gli aggiustamenti successivi richiedono solitamente un’ora, ma dipende da cosa c’è da fare. Per piccoli interventi, come regolare i pedali o verificare una nuova scarpa, bastano anche 30 minuti. È un processo continuo, specialmente per un professionista che evolve nel tempo.

Spesso il biomeccanico esterno si confronta con i meccanici dei team: sapere come la misura viene presa è fondamentale
Spesso il biomeccanico esterno si confronta con i meccanici dei team: sapere come la misura viene presa è fondamentale
Quando un atleta cambia pedali, come nel caso di Francesco, su cosa si lavora? Non basta riportare le quote esatte?

Si parte misurando tutto con precisione, dalla scarpa agli spessori delle tacchette, usando strumenti come il calibro per verificare gli offset dichiarati dai produttori. Se l’atleta utilizza la stessa scarpa, il lavoro è più semplice. Poi si confrontano i dati precedenti con quelli nuovi per vedere se il cambio influenza angoli e dinamiche di pedalata. Anche piccole variazioni possono influire sull’efficienza, quindi è importante procedere con attenzione e, appunto, massima precisione.

Chiaro, quei microdettagli di cui dicevamo all’inizio…

Sicuramente il dialogo con l’atleta. Non è solo questione di numeri o tecnologie, ma anche di fiducia reciproca. Ogni ciclista è un mondo a sé, e trovare la posizione ideale richiede una comprensione profonda delle sue esigenze, sensazioni e caratteristiche fisiche. Il fatto di essere stato un corridore a mio avviso aiuta molto in tutto ciò. Quando da me viene un pro’ siamo alla pari, lo ascolto, è un dialogo “da tecnico a tecnico”. Quando viene un amatore è perché lui vuole essere sistemato e apprendere, altrimenti esce di testa e continua a cambiare posizione.

Parte la Coppa del mondo, con una formula controversa

24.11.2024
5 min
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Con l’appuntamento odierno ad Anversa scatta la Coppa del mondo di ciclocross, profondamente diversa rispetto al passato e chi è addentro alla specialità se ne è già accorto, considerando che negli anni scorsi eravamo già molto avanti nel suo sviluppo considerando anche le prime prove oltre Atlantico. L’Uci ha cambiato tutto, cercando una formula che potesse attrarre e interessare anche tutti o parte dei “tre tenori”, negli ultimi anni disinteressati dall’evoluzione della challenge. Ora si va avanti fino al 26 gennaio attraverso 12 appuntamenti diversi (di cui uno in Italia, a Oristano l’8 dicembre), quindi con una grande concentrazione di eventi.

Pontoni davanti alla nazionale vincitrice dell’oro europeo nel team relay. Ora la stagione internazionale riparte
Pontoni davanti alla nazionale vincitrice dell’oro europeo nel team relay. Ora la stagione internazionale riparte

Si parte con gli elite

Quella di Anversa è una delle tappe riservata solo alle categorie Elite, mentre quelle giovanili saranno impegnate solo in metà delle prove in calendario, a cominciare da Dublino del primo dicembre e la nazionale sarà presente solamente in queste prove.

«A Dublino porterò una formazione molto ristretta – spiega il cittì Daniele Pontoni – comprendente solamente i tre medagliati di Pontevedra ossia i due Agostinacchio e la Pellizotti. Questo perché sappiamo che la logistica per Dublino è molto complicata sia per il viaggio che per l’alloggio lontano dal percorso. Le spese sono ingenti, è meglio investire sulle tappe successive».

Proprio in base al calendario di Coppa, Pontoni ha strutturato la preparazione della nazionale con un occhio sempre all’appuntamento principe, il mondiale: «Sarà importante il terzo weekend di dicembre, con Hulst (NED) al sabato e Zonhoven (BEL) alla domenica, poi il 29 saremo a Besancon (FRA), mentre il 19 gennaio saremo a Benidorm (ESP) dove fare anche il ritiro premondiale spostandoci direttamente da lì verso l’ultima tappa a Hoogerheide. Per quanto riguarda le categorie giovanili è bene considerare che la classifica si fa su 4 prove su 6, quindi valuterò anche la situazione di classifica per le mie convocazioni».

Da sinistra Orts, Nys e Iserbyt, sono loro i più attesi già dalla tappa odierna di Anversa
Da sinistra Orts, Nys e Iserbyt, sono loro i più attesi già dalla tappa odierna di Anversa

In Sardegna in gara per i propri team

Non ci sarà quindi la nazionale italiana in terra sarda, ma per una ragione ben precisa: «Non dipende dal fatto che non ci saranno le categorie giovanili. Si tratta di una specifica richiesta che è stata fatta dai team che vogliono essere presenti all’appuntamento principe della stagione italiana con le loro divise. Era giusto rispettare questa richiesta, d’altronde stiamo lavorando in stretta sinergia con un continuo scambio d’idee e un calendario strettamente condiviso. Ad esempio la scelta di portare soli 3 atleti a Dublino è data anche dalla contemporaneità con il GP Guerciotti, che è una prova C1 e quindi dà una grande quantità di punti per il ranking. E’ quindi conveniente partecipare a quello».

Ma questa nuova formula di Coppa piace al cittì? «Per rispondere mi svesto della mia carica e lascio rispondere al Pontoni semplice appassionato ed ex praticante: io avrei preferito una formula più semplice, con un appuntamento a ottobre, un paio a novembre, dicembre e gennaio fino al mondiale. Ben suddivise nel tempo e nello spazio. Questo sistema, scelto per favorire i big, concentra tutto fra le Feste e gennaio, ma una simile challenge dovrebbe premiare la costanza di rendimento lungo tutta la stagione, non in una sua sola parte. Da cittì comunque accetto le decisioni internazionali e mi adeguo, come è giusto che sia».

Van Der Poel dovrebbe iniziare le gare fra un mese, come anche Van Aert e Pidcock
Van Der Poel dovrebbe iniziare le gare fra un mese, come anche Van Aert e Pidcock

Porte aperte per la nazionale

Dopo Dublino ci sarà spazio anche per altri biker in nazionale? «Sicuramente, come avevo già anticipato alle società. Darò modo ad altri di esprimersi, considerando che per i mondiali nessuno ha il posto assicurato. Dal 21 al 29 dicembre vaglierò altri nomi per vederli all’opera nel massimo consesso, poi dopo i campionati italiani inizierò a trarre le mie conclusioni e fare una prima scrematura, ma non nascondo che a Benidorm potrebbe venire anche qualche altro corridore ancora in forse, per convincermi a portarlo a Lievin».

Ceolin e Bertolini, due degli 8 azzurri Elite (fra uomini e donne) in gara ad Anversa (foto Billiani)
Ceolin e Bertolini, due degli 8 azzurri Elite (fra uomini e donne) in gara ad Anversa (foto Billiani)

Agostinacchio, il metro di paragone

La vittoria di Agostinacchio, come anche le altre medaglie, hanno per il cittì una funzione ulteriore rispetto al prestigio riscosso.

«Io ho in loro un metro di paragone. Se un atleta arriva vicino a Mattia so che a livello internazionale può avere un certo livello di competitività, perché parliamo del campione europeo e questo mi aiuta nella mia lettura della situazione. Tenendo però sempre presente che ogni gara ha la sua storia. Io comunque sono convinto che faremo bene anche nel resto della stagione e per la sua parte finale penso che avremo anche qualche bella sorpresa fra le under 23, dove mi aspetto qualche recupero in base ai contatti che ho».

Team Equa, pioggia di medaglie, ma Spada guarda ad altro

23.11.2024
5 min
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E’ stato un anno importante per tutto il settore paraciclistico, come sempre avviene in coincidenza dell’appuntamento olimpico. Il bottino è stato ingente, ma come sempre bisogna guardare al di là, perché le medaglie non dicono sempre tutto. Un occhio importante arriva da chi fa attività sul territorio, come il Team Equa che ha contribuito in maniera robusta al bottino azzurro nelle principali manifestazioni del settore.

«Il nostro bilancio è lungo da enunciare – mette le mani avanti il suo presidente Ercole Spada – perché abbiamo raccolto qualcosa come 63 medaglie, mettendoci dentro tre Coppe del Mondo, un mondiale su pista con Colombo e Bissolati, una decina di titoli italiani, un oro e tre bronzi a Parigi con Cornegliani e il tandem Plebani-Bernard sugli scudi, 3 titoli e 8 medaglie in totale a Zurigo… Ma è bene fermarsi qui, perché, come detto giustamente, le medaglie non dicono tutto».

Uno scatenato Ercole Spada sugli spalti di Parigi, a incitare i suoi atleti
Uno scatenato Ercole Spada sugli spalti di Parigi, a incitare i suoi atleti
Come giudichi la stagione del settore nel suo complesso?

Non si può negare che i problemi ci sono e sono anche profondi. I ragazzi hanno avuto poca assistenza a livello nazionale e per questo abbiamo supplito noi come società: non solo il Team Equa ma tutte quelle che gravitano in quest’ambiente. Se si considera che non ci sono stati ritiri federali, si capisce come ci siamo trovati a competere con autentiche corazzate con la nostra passione e i nostri sacrifici. I problemi non li possiamo risolvere, ma almeno diamo tutto quel che possiamo per favorire i nostri atleti. Si poteva fare di più, questo è sicuro, ma perché ciò avvenga serve che la Federazione investa sul settore in maniera chiara.

La vetrina olimpica però è stata foriera di maggiore attenzione verso di voi, soprattutto da chi non è un addetto ai lavori o uno stretto appassionato?

Sì, lo abbiamo visto in quei giorni fatidici a Parigi. La RAI ci ha dato una grossa mano, come anche la possibilità di competere a Zurigo insieme ai grandi, a tutte le categorie dei normodotati. E’ stata un’occasione importante, che ha anche dimostrato come possiamo essere anche noi un richiamo. Perché le nostre sono gare appassionanti e i nostri atleti mettono davvero tutto quel che hanno nelle competizioni. Tanto è vero che io non faccio mai distinzioni tra normodotati e diversamente abili: è una categorizzazione ormai superata.

Un momento della festa conclusiva della stagione, nella quale sono stati festeggiati i campioni: qui Pini, Cornegliani e Vitelaru
Un momento della festa conclusiva della stagione, nella quale sono stati festeggiati i campioni: qui Pini, Cornegliani e Vitelaru
Come team sei soddisfatto di com’è andata la stagione?

Come potrei non esserlo? Certo, si potrebbe sempre fare meglio e qualche colpo di sfortuna c’è stato, ma sono strafelice di come sono andati i ragazzi. I nostri sacrifici sono stati ricompensati, ad esempio il fatto di averli portati ben due volte a Parigi per fare sopralluoghi e allenarsi sui percorsi olimpici, a febbraio e a giugno. A conti fatti è stato un contributo decisivo per i loro risultati finali.

Come riuscite ad avere un bilancio simile di fronte a una concorrenza estera che ormai e a livello delle squadre WorldTour, anche per i relativi oneri economici?

Se devo essere sincero, quando siamo in trasferta per i grandi eventi me lo chiedo spesso… Dicono che nessuno ha vinto tanto quanto noi nella storia, d’altronde 750 podi internazionali in 11 anni sono un bilancio niente male… Cerchiamo di fare il massimo a nostra disposizione, fondamentale è l’apporto degli sponsor che d’altro canto sono molto soddisfatti del riscontro che ottengono per le vittorie dei ragazzi. Il problema è che partiamo con vistosi scarti, anche regolamentari.

Fabio Colombo e Manuele Cadeo, la coppia vincitrice di due bronzi tricolori su strada
Fabio Colombo e Manuele Cadeo, la coppia vincitrice di due bronzi tricolori su strada
Spiegati meglio…

Facciamo l’esempio dei tandem: i nostri ragazzi hanno a disposizione un calendario nazionale molto striminzito, le gare si contano sulle dita di una mano. All’estero consentono la partecipazione alle gare per Elite e U23 per le categorie C4 e C5, una cosa del genere per noi sarebbe una vera svolta, innescherebbe un meccanismo virtuoso. Noi avremmo bisogno di un calendario più ricco, maggiori occasioni di confronto. Ricordo ad esempio che qualche anno fa correva con noi un ucraino che per parte dell’anno andava in Belgio così poteva gareggiare tutto l’anno e, quando contava, la differenza si vedeva.

Non è però solo un problema di calendario…

No, infatti dobbiamo anche considerare che siamo sempre più opposti a ciclisti professionisti, sostenuti da club che hanno grandi possibilità economiche alle spalle e possono quindi dedicarsi solo a quello. I nostri sono dilettanti al confronto, gente che abbina l’attività al proprio lavoro e questo sta progressivamente allargando il gap.

Il momento più bello della stagione: Cornegliani chiude la sua crono e vince l’oro olimpico
Il momento più bello della stagione: Cornegliani chiude la sua crono e vince l’oro olimpico
Ora che le Olimpiadi sono alle spalle, bisognerebbe anche lavorare sul “rumore” che esse hanno destato per fare promozione…

Speriamo vivamente che dopo le elezioni federali ci si ricordi di noi, di questo aspetto che è fondamentale perché abbiamo bisogno di forze fresche, possiamo dare a tanti l’opportunità di vivere i propri disagi in maniera diversa, farne anzi una forza. Io spero che, chiunque venga eletto, ci mostri maggiore attenzione e investa su questo settore che può dare tanto.

Masciarelli: il ritorno nel fango, con un sogno nel cassetto

23.11.2024
5 min
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E’ cambiata la divisa, ma Lorenzo Masciarelli non ha perso il filo con quella che è sempre stata, prima di tutto, la sua grande passione: il ciclocross. A Valsamoggia è tornato a divertirsi in mezzo al fango: tra fettucciati, freddo, ruote da fuoristrada e tante cose che gli erano mancate. La ciliegina sulla torta è stata la vittoria di categoria, tra gli under 23. Il tempo passa veloce e quel ragazzino che prima era andato in Belgio per inseguire la sua passione è cresciuto. Due anni fa c’è stato il ritorno in Italia, alla allora Colpack-Ballan-Csb (ora diventata MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb). Da pochi giorni, invece, il richiamo del cross ha colto nel segno (foto apertura NB Srl). 

«Stamattina (giovedì per chi legge, ndr) mi sto allenando in vista delle prossime gare – dice Lorenzo Masciarelli – a casa mia, a Pescara. La prossima settimana correrò il Trofeo Guerciotti al Vittoria Park. Ho deciso, in accordo con la squadra, di fare dieci gare di ciclocross questo inverno. L’obiettivo? Divertirmi, ma anche tornare in nazionale».

Lorenzo Masciarelli ha vinto la 2ª prova Master Cross Emilia Romagna (foto NB Srl)
Lorenzo Masciarelli ha vinto la 2ª prova Master Cross Emilia Romagna (foto NB Srl)

Un anno di assenza

L’ultima volta che abbiamo visto Lorenzo Masciarelli cimentarsi nel ciclocross era l’inverno del 2022, sembra passata una vita. Quello fu il periodo del cambio di rotta, niente più fuoristrada. O per lo meno, così sembrava dovesse andare la cosa…

«Nel 2023 – spiega il giovane abruzzese – ho saltato la stagione di ciclocross a causa della pericardite. Ma non nascondo che il desiderio era quello di tornare a correre qualche gara, naturalmente in preparazione alla stagione su strada. A mio modo di vedere fare due mesi di ciclocross con l’obiettivo di arrivare pronto in primavera aiuta molto. Io penso di riuscire a incastrarlo bene nei vari impegni, secondo me chi ha occasione di farlo ne trae un vantaggio».

Dopo quasi due anni Masciarelli è tornato a gareggiare nel ciclocross (foto NB Srl)
Dopo quasi due anni Masciarelli è tornato a gareggiare nel ciclocross (foto NB Srl)
Perché?

Mi sono reso conto, nelle gare di inizio stagione di quest’anno, che mi mancava qualcosa in esplosività. Correre un inverno intero nel ciclocross, dove per un’ora vai a tutta, è un buon modo per tenere allenata questa caratteristica. 

Sei tornato a correre e hai subito vinto, un bel biglietto da visita.

L’idea alla base è sempre stata quella di divertirmi il più possibile, mi sono concentrato su questo. Prima del ritorno in gara sapevo di stare bene, ma non avevo idea di come avrei reagito. Poi una volta in corsa la gamba girava ed è andata bene, anzi meglio di così non poteva andare (ride, ndr).

La preparazione per queste dieci gare è iniziata a metà ottobre (foto NB Srl)
La preparazione per queste dieci gare è iniziata a metà ottobre (foto NB Srl)
Quando hai deciso di riprendere con il ciclocross?

Al Giro del Friuli ho parlato con Pontoni, il cittì della nazionale, e mi ha detto di pensare al ritorno in qualche gara. Ho seguito il suo consiglio, ma la voglia c’era già. Una volta finito il Giro di Puglia mi sono fermato a causa di un malanno. Ho sfruttato la cosa e mi sono concentrato su recuperare bene. La squadra era d’accordo, anzi lo era già dal 2023 ma la pericardite si è messa di mezzo. Ho presentato un calendario di dieci gare e Bevilacqua e Valoti lo hanno approvato.

Quanto ti era mancato il fango?

Tanto. Mi piace variare e cambiare disciplina, infatti in inverno mi capita anche di fare un po’ di downhill. Il mio dubbio principale era se fossi riuscito a guidare la bici come prima, ma ho risposto subito bene.

Su strada Masciarelli correrà con la MBH Bank-Colpack anche nel 2025 (foto NB Srl)
Su strada Masciarelli correrà con la MBH Bank-Colpack anche nel 2025 (foto NB Srl)
Hai iniziato gli allenamenti a metà ottobre e ora fino a quando andrai avanti?

L’obiettivo, come detto, è la maglia azzurra. Quindi spero di terminare la stagione il 2 febbraio, con i mondiali. La competizione è alta, ora vediamo come risponderò alle corse più impegnative. Il Trofeo Guerciotti, l’1 dicembre, sarà una prima prova in questo senso. 

E i vecchi compagni e diesse della Pauwels Sauzen-Bingoal li hai sentiti?

Mario (De Clercq, il diesse, ndr) non ho mai smesso di sentirlo. Già l’anno scorso mi diceva di tornare. Ho sentito anche Iserbyt, mi ha detto che mi aspetta a braccia aperte. 

Il suo obiettivo è tornare a vestire la maglia azzurra, magari ai mondiali di febbraio
Il suo obiettivo è tornare a vestire la maglia azzurra, magari ai mondiali di febbraio
Tornerai a correre anche lì?

Durante il periodo di Natale andrò su con la mia famiglia, una gara in Belgio la voglio fare. Ho messo nel mirino la tappa di Coppa del mondo di Gavere, il 26 dicembre.

Tuo padre Simone come l’ha presa?

Lui era il primo a spingere verso questo ritorno. Appena l’ha saputo ha tirato fuori dal garage tutti gli attrezzi. Ora vogliamo convincere mio fratello Stefano a correre una o due gare. E’ passato under 23 e ci troveremmo a correre uno contro l’altro. Sarebbe bellissimo. 

Lorenzo Masciarelli (foto Blieck)
Nel periodo natalizio Masciarelli vorrebbe tornare a correre in Belgio, la patria del ciclocross (foto Blieck)
Lorenzo Masciarelli (foto Blieck)
Nel periodo natalizio Masciarelli vorrebbe tornare a correre in Belgio, la patria del ciclocross (foto Blieck)
Eri arrivato in Italia con la promessa di essere uno scalatore, ma non pensi che questo binomio con il cross ti sarebbe più utile per puntare alle gare in primavera?

E’ una cosa che voglio capire da questo 2025. Ora sto lavorando a un piano alimentare diverso. Nella scorsa stagione mi è mancata esplosività a inizio anno e poi mi è mancato qualcosa nelle salite lunghe a fine stagione. Devo trovare il giusto compromesso. Intanto vorrei capire se con uno o due chili in più riesco a mantenere uno spunto esplosivo migliore. Poi in estate calare e andare a confrontarsi nelle gare adatte agli scalatori, come il Giro Next Gen. 

Insomma, dividere la stagione in due. 

Esattamente.

Costa e Stella, un record per entrare fra gli under 23

23.11.2024
5 min
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La Sei Giorni di Gand non è come tutte le altre. Il peso della sua tradizione amplifica a tal punto i risultati che anche un semplice record della pista diventa un evento tale da farlo sembrare un primato mondiale. Davide Stella e Ares Costa lo hanno provato sulla propria pelle. Chiamati a partecipare alla prova Under 23, i due si sono presi il lusso di stabilire il nuovo record della pista di categoria, percorrendo i 200 metri in 8”750 e stappandolo ai locali Vandenbranden e Pollefliet che lo detenevano dal 2021.

Gli echi dell’impresa si sentono ancora a giorni di distanza, così prendendo spunto da quello era il caso di sentire i due ragazzi, tornati dal Belgio in condizioni decisamente diverse. Da una parte Costa impaziente d’iniziare la sua nuova avventura alla Padovani sotto la guida di Konychev, dall’altra Stella tornato con una brutta influenza che lo ha letteralmente steso.

I due ragazzi dopo il record. Nelle prove contro il tempo sono stati sempre i migliori
I due ragazzi dopo il record. Nelle prove contro il tempo sono stati sempre i migliori

E’ quindi al primo che spetta il compito di spiegare in che cosa consiste la prova time trial dalla quale è scaturito il primato, anche perché si tratta di qualcosa che non c’è nelle rassegne titolate su pista. «Si parte in coppia e si affrontano 3-4 giri per raggiungere la velocità, poi all’altezza del suono della campana ci si dà il cambio come nella madison e uno dei due corridori affronta i 200 metri lanciati per ottenere il miglior tempo possibile. Nello specifico io ho dato il lancio a Davide».

Vi siete accorti subito dell’impresa compiuta?

Abbiamo notato che c’era una certa effervescenza ma non capivamo il perché, avevamo sì vinto la gara ma era una delle tante previste nella Sei Giorni, poi all’atto della premiazione ci hanno detto che avevamo stabilito il primato della pista. E’ stato un bel risultato, che ha confermato la bontà del lavoro svolto.

Il momento del lancio nella prova del giro lanciato, con Costa che proietta Stella al record
Il momento del lancio nella prova del giro lanciato, con Costa che proietta Stella al record
Entrambi d’altro canto fate parte del quartetto junior campione e primatista mondiale…

Fra me e Davide c’è un bell’amalgama, frutto del tanto allenamento effettuato insieme sotto la guida di Salvoldi. Anche a Gand si è ricreato quel clima allegro e spensierato che è alla base dei successi della nazionale di categoria. Io credo che i nostri successi siano dovuti proprio a quel clima che si è instaurato, il fare gruppo sia in pista che fuori. Il quartetto è prima di tutto un evento di squadra, spingere per un compagno diventa qualcosa di più semplice da fare. Tecnicamente poi io e Davide siamo affini.

Nell’inseguimento a squadre che ruoli avete?

Io sono al lancio e passo la guida del quartetto a lui. A me tocca poi una seconda tirata prima di staccarmi, Davide invece effettua un secondo cambio e poi rimane attaccato.

Il quartetto azzurro junior con Costa e Stella, laureatosi in Cina campione del mondo
Il quartetto azzurro junior con Costa e Stella, laureatosi in Cina campione del mondo
Per te è stato il sigillo a una stagione importante…

Una stagione che mi ha dato molto, al di là del titolo mondiale ed europeo nell’inseguimento a squadre e dell’unica vittoria su strada. Non vedo l’ora di iniziare il mio cammino nella nuova categoria con la Padovani, un’esperienza nuova per me come per tutti i miei compagni e lo staff. Io continuerò a unire le due specialità sperando di poter mettere in luce anche fra gli Under 23 le mie doti da velocista, poi vedremo in base alle scelte dei diesse come esse potranno essere sfruttate.

Costa impegnato su strada con il Borgo Molino. Per lui ora inizia l’esperienza alla Padovani
Costa impegnato su strada con il Borgo Molino. Per lui ora inizia l’esperienza alla Padovani

Stella pronto al grande salto

Parola all’altra metà della coppia, Davide Stella che continua a mietere successi tanto su pista quanto su strada. Per lui è alle porte l’approdo nel devo team della Uae, una sfida non di poco conto. Intanto però c’è da rimettersi in sesto dopo le scorie della trasferta belga: «Alla fine abbiamo concluso la Sei Giorni al sesto posto, ma intanto era il nostro esordio nella nuova categoria, contro ragazzi più grandi ed esperti, poi la formula di gara non ci ha premiato».

Come funzionava?

Nei primi 3 giorni si disputavano corse a punti, dove ognuno della coppia gareggiava per sé in due distinte batterie, unite a gare contro il tempo che potevano essere sui 200 metri come quella che abbiamo vinto o sui 500 metri. Nella seconda metà di gara al posto delle corse a punti c’erano le madison dove la coppia poteva cambiare la classifica guadagnando giri che a differenza di quanto avviene nelle gare titolate e in Coppa non sono trasformati in punti. Quindi alla fine anche ottenere più punti non portava alla vittoria.

Stella in gara nella corsa a punti, dove si gareggiava a livello individuale
Stella in gara nella corsa a punti, dove si gareggiava a livello individuale
Alla fine che cosa porti a casa?

A parte l’influenza? – domanda ridendo – Direi che la stagione non poteva essere migliore e quella belga è stata comunque un’esperienza utile come sempre lo è una gara su pista. Chiudo la mia stagione con due titoli mondiali, due europei e due italiani, ma soprattutto ho fatto vedere il mio valore su strada con 6 vittorie. Ora si volta pagina.

Ti aspettavi tanto clamore per la vostra impresa?

Diciamo che per la conformazione della gara sapevamo di essere la coppia favorita, sapevamo anche che su quell’anello potevamo sviluppare grandi velocità, ma le incognite ci sono sempre. Abbiamo sfruttato al meglio le nostre caratteristiche mentre nelle altre prove, quelle di endurance, abbiamo un po’ scontato il gap di esperienza con le altre coppie.

Nella madison i due azzurri hanno scontato un po’ d’inesperienza, ma ne hanno vinte due
Nella madison i due azzurri hanno scontato un po’ d’inesperienza, ma ne hanno vinte due
Che cosa ti aspetti ora nel passare professionista in un grande devo team?

Io spero innanzitutto di fare tanta esperienza, di avere occasione d’imparare tanto per proseguire il mio cammino di crescita, ma vorrei anche avere le mie occasioni per fare qualche risultato. Continuerò comunque ad abbinare strada e pista, il team si è dimostrato d’accordo per lasciarmi fare le mie esperienze.

Questione di millimetri: Busatto, i nuovi pedali e non solo

23.11.2024
4 min
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Questo è il periodo ideale per rivedere e sistemare la posizione in sella, sia che si tratti di semplici verifiche sia in caso di eventuali modifiche necessarie. Tra chi ha scelto di fare questo step c’è Francesco Busatto. Il corridore della Intermarché-Wanty si è rivolto ad Angelo Furlan per un bike fitting in vista della prossima stagione.

Ma perché ha deciso di farlo? Ce lo racconta direttamente Busatto, che ha ripreso ad allenarsi da una decina di giorni e, giustamente, ha preferito verificare tutto prima di iniziare a fare sul serio.

Busatto durante il bike fitting da Furlan
Busatto durante il bike fitting da Furlan
Francesco, raccontaci di questa visita. Tu avevi già le tue misure e le hai presentate a Furlan?

In squadra abbiamo dei biomeccanici con cui ci confrontiamo e condividiamo le nostre scelte. Se c’è qualcosa su cui intervenire, possiamo andare in Olanda. Anche se il team è belga, il riferimento per certe cose è lì. Tuttavia, essendo il bike fitting qualcosa di molto soggettivo, ci lasciano una certa libertà.

E per questo sei andato da Furlan…

Angelo mi segue da quando ero allievo e conosce perfettamente la mia posizione, il mio modo di pedalare e il mio stato fisico semplicemente guardandomi in sella. Per ogni minimo dubbio o questione legata alla biomeccanica, mi rivolgo a lui.

Come mai ci sei andato questa volta? Avete cambiato qualche materiale?

Siamo passati dai pedali Look ai pedali Shimano. Furlan aveva già sostituito tacchette e pedali, e le misure erano più o meno le stesse. Però, per essere sicuri e riportare gli angoli alla perfezione, sono andato da lui. Inoltre, con l’arrivo delle nuove biciclette, la seconda bici da gara è diventata la mia bici da allenamento. Per il resto tutto è uguale: selle Prologo, con cui ci troviamo benissimo, e componentistica Cube. Il gruppo chiaramente è Shimano.

Il modello è lo stesso, ovviamente?

Sì, ma quando si cambia fisicamente bici, tra trasporti e nuovi componenti, qualcosa si sposta sempre. Non si può più essere certi delle misure al millimetro, e, se non si interviene, a lungo andare potrebbero emergere problemi. E in qualche caso è successo.

Il corridore veneto doveva sistemare al millimetro il nuovo set di pedali e tacchette Shimano
Il corridore veneto doveva sistemare al millimetro il nuovo set di pedali e tacchette Shimano
E sulla bici che userai avete fatto degli interventi?

Abbiamo rivisto l’arretramento di 5 millimetri, spostando indietro la sella. Questo perché, nei viaggi e nei trasporti, qualcosa si era evidentemente modificato. Non a caso, alle corse porto sempre con me il reggisella con la sella già posizionata, con l’arretramento e l’inclinazione corrette.

Geniale…

Quella è la misura di riferimento, quella da cui poi dipendono tutte le altre quote. In caso di controllo, si sa sempre da dove partire.

Il tuo bike fitting non è stato solo statico. Sui social, ti abbiamo visto pedalare e qualcuno ha notato che il tuo bacino basculava un po’ troppo, insinuando che l’altezza della sella fosse eccessiva. Cosa ci puoi dire?

In quel video stavo facendo una prova sotto sforzo. Angelo spesso mi fa spingere forte: in quel video stavo pedalando a 450 watt. È vero, mi muovevo parecchio, ma è una mia caratteristica quando spingo. Posso assicurare che l’altezza della sella era corretta. Abbiamo anche provato ad abbassarla per limitare il movimento, ma così facendo avevo problemi al tendine d’Achille, che andava in eccessiva estensione.

Busatto è molto sensibile: lo scorso anno per un assottigliamento lipidico sotto la pianta del piede è dovuto intervenire con una piccola soletta (foto Instagram)
Busatto è molto sensibile: lo scorso anno a seguito è dovuto intervenire con una piccola soletta (foto Instagram)
Francesco, sei uno di quei ciclisti sensibili che percepiscono anche uno spostamento di un millimetro?

Di solito no, ma a volte preferisco non sapere certi dettagli per evitare di farmi influenzare. Faccio un esempio: quando si corre lontano, tra stanchezza del viaggio e fuso orario, si possono avere sensazioni diverse in bici. Non sempre sono legate allo stato di forma, ma proprio al momento. Se iniziassi a cambiare le misure in base a queste sensazioni, rischierei di creare più problemi. Durante la stagione, modifiche sbagliate potrebbero portare a tendiniti o altri guai.

Chiaro…

Qualcosa di simile mi è successo quest’anno. In pratica, lo strato lipidico sotto la pianta del piede si è ridotto, assottigliando la superficie di spinta e modificando di poco alcune misure. Questo ha generato uno scompenso nella catena posteriore. Sono andato da un podologo e ho risolto il problema con una soletta molto sottile.