Bragato: posizioni avanzate, le spie di un ciclismo che cambia

07.02.2025
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Il lavoro in palestra che determina le nuove posizioni in sella. Le affermazioni di Alessandro Mariano hanno dato parecchio da discutere, perché tutte le volte che si parla di biomeccanica l’interesse è tanto e gli esperti ancor di più. Quel che traspare è che anche su questo fronte il ciclismo stia vivendo una notevole evoluzione e le concezioni, che fino a 5-6 anni fa erano il cardine del ragionamento, siano ormai superate.

Il Team Performance della Federciclismo di tutto questo si nutre. Lo osserva, lo studia, formula ipotesi e le riscontra, infine elabora dei modelli prestazionali da proporre agli atleti nel giro della nazionale. Per questo quando abbiamo proposto a Diego Bragato, che lo guida, di fare un pezzetto di strada con noi, la sua apertura è risultata decisiva. Lo abbiamo strappato per qualche minuto alla preparazione degli europei su pista, alla cui volta la spedizione azzurra partirà domenica.

Diego Bragato e il responsabile del Team Performance della Federazione ciclistica
Diego Bragato e il responsabile del Team Performance della Federazione ciclistica
Davvero le posizioni in sella cambiano come conseguenza delle diverse preparazioni?

Sì, è vero, anche se secondo me è il discorso è più ampio. Dal punto di vista della biomeccanica, ci sta che risulti questa evidenza, anche se ai quadricipiti di cui parla Mariano aggiungerei anche il gluteo e il bicipite femorale, che viene potenziato in maniera diversa. Però secondo me il discorso da fare è più ampio, non è legato solo al singolo distretto muscolare, ma piuttosto a una filosofia che finalmente sta passando anche nel ciclismo, per cui non sono più soltanto corridori, ma finalmente atleti.

Che cosa cambia?

Si lavora su tutti quei concetti che magari nel ciclismo sono poco conosciuti, ma negli sport di squadra invece sì. Si ragiona ad esempio di strutturare il fisico perché sia pronto a sostenere situazioni o posizioni, nel nostro caso estreme, che una persona normale soffrirebbe. Pensiamo ai contrasti nel rugby, nel calcio, nel basket… Sono scontri duri, ma un atleta che fa quegli sport li può sostenere, perché è strutturato per cadere, per rialzarsi, per saltare e prendere dei colpi mentre salta. Li può sostenere perché ha il fisico pronto per farlo. Anche nel ciclismo abbiamo finalmente atleti in grado di fronteggiare situazioni estreme.

Ad esempio?

Ad esempio, le posizioni di cui si parla. Fatta la dovuta prevenzione, possono tenere a lungo assetti in sella in cui una persona normale si farebbe male. Infatti secondo me il problema principale non è tanto la posizione che ha Pogacar (foto di apertura, ndr), ma quelli che cercano di imitarlo senza avere alle spalle il percorso fisico e biomeccanico che ha fatto lui. Il fatto che pedalino così avanzati è una conseguenza del fatto che adesso gli atleti del ciclismo sono in grado di fare ciò che un tempo era impossibile.

Una posizione così avanzata è possibile grazie alla migliore preparazione degli atleti. Qui, Uijtdebroeks
Una posizione così avanzata è possibile grazie alla migliore preparazione degli atleti. Qui, Uijtdebroeks
Hai parlato di prevenzione.

Nel ciclismo di vertice, le squadre hanno tutto attorno all’atleta degli staff che lavorano in prevenzione, con alert relativi a sovraccarichi e quant’altro. Perciò riescono a intervenire prima di un infortunio. Di conseguenza gli atleti sono seguiti anche per poter mantenere queste posizioni efficaci ma estreme per tutto il tempo necessario.

Quando è avvenuta questa svolta?

Il ciclismo è cambiato e con esso è cambiato anche il modo di correre, di interpretare le gare. Da quando la forza è entrata in maniera predominante nella preparazione di un ciclista, ovviamente è cambiata anche la fisicità. E’ cambiato il potenziale, legato alla forza che un atleta può esprimere. Quindi di conseguenza ci siamo spostati di più sopra i pedali e di fatto tutto in avanti. Sicuramente questo determina una diversa distribuzione del peso sulle bici. In più sono cambiati molto anche i materiali quindi la combinazione di questi fattori ha reso più difficile guidare questi mezzi. Ma c’è un altro fattore legato all’esperienza da fare prima di usarli.

Cosa vuoi dire?

Secondo me dovremmo creare un percorso che porti i ragazzi ad imparare un po’ alla volta a guidare le bici da gara, come si fa in Formula Uno passando prima per i kart. Ad oggi abbiamo ragazzi che troppo spesso si trovano su bici da Formula Uno senza aver fatto la garetta con bici più normali in cui si impara a controllare e guidare. E’ necessario proporre invece un percorso in cui insegnare ai ragazzi come si guida una bici che non ha quella rigidità, che non ha quel tipo di frenata, che non ha quel tipo di comfort. Non comfort come posizione, ma come strumenti a disposizione. Imparare anche a gestire le frenate, le cose fatte come si facevano una volta. Se invece parti subito dalle bici e le posizioni estreme, è un attimo cadere e farsi davvero male.

Le posizioni avanzate da seduti assottigliano la differenza rispetto alle azioni en danseuse. Lui è Mikel Landa
Le posizioni avanzate da seduti assottigliano la differenza rispetto alle azioni en danseuse. Lui è Mikel Landa
Torniamo alla nuova fisicità degli atleti: questo essere così avanzati riduce la differenza fra pedalare da seduti e farlo in piedi?

La differenza si è assottigliata, certo. Adesso di fatto da seduti sono quasi sopra i pedali, mentre prima raggiungevano quella posizione alzandosi e venendo avanti col corpo. La differenza resta, perché quando sei in piedi, viene meno l’appoggio sulla sella, ma è vero che è inferiore.

E c’è uno studio del lavoro in palestra per rendere più efficace anche la pedalata in piedi oppure i muscoli coinvolti sono gli stessi e si può aggiungere poco?

In realtà c’è un grosso studio legato al controllo e alla stabilità del movimento. Soprattutto quando ci si alza in piedi e appunto viene meno il punto d’appoggio più importante che è la sella, il controllo del bacino deve essere fatto dai muscoli stabilizzatori e su quello in palestra si lavora molto. Per la nostra filosofia di lavoro, conoscere la tecnica di sollevamento del peso e il controllo del movimento vengono prima della velocità e del carico.

Affinché il gesto tecnico rimanga efficiente?

Perché dobbiamo saper controllare i movimenti, altrimenti le spinte non vanno dove devono, ma vanno a muovere il bacino e la schiena. Quando ti alzi sui pedali devi gestire anche la forza di gravità, per cui immaginiamo un ragazzo che si alza in piedi e spinge sui pedali senza aver lavorato su addominali, dorsali, lombari per bloccare il bacino. Lo vedremmo ondeggiare, con il bacino che si sposta a destra o sinistra. Questo vuol dire non essere bravi, si disperde potenza e si sovraccaricano dei compartimenti che soffrono.

In palestra lavorando sulla forza e sul controllo del gesto: aspetto determinante per essere più efficienti
In palestra lavorando sulla forza e sul controllo del gesto: aspetto determinante per essere più efficienti
Tirando le somme, cambia la fisicità, cambia la posizione, cambia il gesto, non cambia la bicicletta. Secondo te, tenendo conto di tutto questo, si andrà verso un cambiamento delle geometrie dei telai?

Secondo me siamo in un momento storico in cui la tecnologia ci permetterà di fare degli altri passi avanti, ma non so in quale direzione. Questo non è l’ambito che sto seguendo di più, però posso dire che qualche anno fa in pista a Montichiari abbiamo fatto dei test e la relativa raccolta dati facendo inossare ai ragazzi un abbigliamento che permetteva di leggere l’elettromiografia di superficie (la rappresentazione grafica dell’attività elettrica muscolare, ndr) durante il gesto sportivo. Leggevamo come si comportassero i muscoli durante certi movimenti e cambiando la posizione in bici. Quando si attivassero e quando si disattivassero. Secondo me, continuando con questi strumenti e questa tecnologia, potremmo raggiungere il miglior connubio tra rendimento e comodità, personalizzando le scelte tecniche per ciascun atleta.