Tiberi, parole da grande e lavori massimali progettando il Giro

12.12.2024
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ALTEA (Spagna) – Quinto al Giro d’Italia e miglior giovane, Antonio Tiberi si muove col passo felpato di chi ha in testa il ritmo giusto per fare le cose. Il mattino è stato dedicato alle visite mediche e ad una sessione fotografica, poi ci sono i giornalisti e le loro domande. La giornata è accecante di sole e mare, il riverbero del marmo a bordo piscina costringe a socchiudere gli occhi.

L’hotel Cap Negret è meno affollato del solito. Ci sono la Bahrain Victorious e la VF Group-Bardiani, come pure la FDJ Suez di Demi Vollering e Vittoria Guazzini. Il parcheggio però è mezzo vuoto, perché quest’anno la geografia dei team si è rimescolata. Ci sono stati anni in cui qui potevi incontrare anche sei squadre contemporaneamente: una sorta di caccia grossa per chi fosse in cerca di interviste.

Tiberi inizia la seconda stagione con la Bahrain Victorious, cui è arrivato a metà del 2023
Tiberi inizia la seconda stagione con la Bahrain Victorious, cui è arrivato a metà del 2023

La stessa flemma di Nibali

Per l’Italia che va in cerca di una nuova voce per i Grandi Giri, la carta Tiberi è il ponte più concreto fra il ricordo di Nibali e un futuro da scrivere. Di Vincenzo ha la flemma e per certi versi lo stile: la Trek-Segafredo aveva visto giusto nel metterli uno accanto all’altro, anche se alla fine il piano è caduto nel vuoto. Probabilmente al laziale manca ancora la capacità di inventare azioni vincenti, ma quella verrà quando le gambe saranno in grado di sostenerle. Il quinto posto al primo Giro è senza dubbio un bel trampolino da cui spiccare il volo.

Prima di raggiungerci, Tiberi si è coperto di tutto punto. Non tragga in inganno il sole: a volte si alzano delle folate di vento che suggeriscono prudenza in atleti che sono ancora lontani dal peso forma, ma si riguardano come meglio possono. Quando anche la mantellina è chiusa fino sotto il collo, Antonio si accomoda sullo sgabello di fronte.

«Vengo da un anno più che ottimo – dice – quindi sono qui per lavorare bene, cercare di crescere e fare qualcosa di ancora migliore per l’anno prossimo. Ho passato le vacanze a casa, un po’ a San Marino e un po’ dai miei genitori. Per me la vacanza è stare a casa, tranquillo e senza impegni. Sono sempre in giro a prendere aerei, quindi non ho molta voglia di prenderne altri anche a stagione finita».

Quinto al Giro e miglior giovane: il podio di Roma ha consacrato il primo grande risultato di Tiberi
Quinto al Giro e miglior giovane: il podio di Roma ha consacrato il primo grande risultato di Tiberi
Cosa si fa in questo primo ritiro?

Ci dedichiamo ai test, alle nuove foto, a provare nuove bici e il nuovo abbigliamento. E soprattutto avviamo la preparazione in vista del ritiro di gennaio, cui spero di arrivare con la gamba pronta per iniziare a lavorare sul serio.

Hai imparato qualcosa di più su Antonio nel 2024?

Ho imparato che facendo le cose con la testa e mettendoci impegno, riesco a ottenere degli obiettivi che prima neanche avrei immaginato. Sicuramente tutto quello che è venuto nella scorsa stagione mi ha dato più sicurezza e la maturità per iniziare la preparazione con maggiore concentrazione. E con la consapevolezza che, se faccio le cose al meglio, riesco ad ottenere comunque dei buoni risultati.

Il fatto di stare in salita con i migliori dipende dalla preparazione oppure in gara si alza anche la soglia del dolore?

E’ anche una questione mentale, giusta osservazione. Il lavoro conta tanto, perché a casa si allenano anche la sopportazione del dolore e della fatica. Il fatto di reggere certe andature è più che altro una questione di tempistiche e varia da persona a persona. Allenarsi tanto è necessario, ma per arrivare a un certo livello quello che fa tanta differenza è la testa. Penso che ogni persona abbia bisogno di arrivare al punto giusto di maturazione per riuscire a fare determinati sforzi e determinate prestazioni. Per metabolizzare bene lo stress e la fatica.

Su cosa devi crescere per essere ancora più incisivo?

Abbiamo fatto un’analisi delle mie prestazioni e quello che manca e che vorremmo migliorare è il cambio di ritmo, quello con cui Pogacar riesce a fare la differenza quando siamo tutti al limite. Ci lavoriamo già, l’idea è di alzare questa soglia, certe azioni non le puoi improvvisare.

Con la maglia bianca nel gruppo di Pogacar verso il Mottolino: il livello di Tiberi è in crescita
Con la maglia bianca nel gruppo di Pogacar verso il Mottolino: il livello di Tiberi è in crescita

Il cambio di ritmo

Il suo preparatore è Michele Bartoli, che lo ha preso in carico a metà 2023, ma ha potuto iniziare a lavorare con lui in maniera completa alla vigilia del 2024. Un anno di osservazione e lavoro ha portato appunto alla conclusione di cui parla lo stesso Tiberi.

«Faremo un programma di allenamenti intervallati – spiega il toscano – che durano secondi fino ad arrivare a pochi minuti. Andando avanti riesci a vedere più cose e guardandolo correre, abbiamo notato questo aspetto in cui possiamo lavorare per migliorare. Lavori che vanno da 30-40-50 secondi fino ad arrivare ai 3-4 minuti. Ma non ci si limita a quello. Si arriva a fare lavori massimali anche di 6-7-8-10 minuti, perché quello che ci serve e che serve ad Antonio è prettamente questo. Lavori con frequenti cambi di ritmo, da pochi secondi fino a pochi minuti.

«Ma non cominceremo subito – prosegue il toscano – perché Antonio ha corso fino a una gara in salita organizzata da Merida a Taiwan, quindi si è dovuto allenare dal Lombardia al 25 di ottobre, come se corresse ancora. Poi ha scaricato quattro settimane e siamo arrivati al 20 di novembre, quando ha ripreso a pedalare. Perciò sono due settimane che si allena e ora deve fare un po’ di base, non può caricare subito al massimo».

Nel tavolo accanto è seduto Colbrelli, con il computer aperto che all’esterno del monitor ha le foto delle sue vittorie più belle. Questi sono i giorni in cui si definiscono i programmi: per i direttori sportivi un vero rompicapo fra i desiderata degli atleti e le esigenze della squadra.

Caruso e Tiberi (di spalle), il fresco diesse Sonny Colbrelli e Stangelj: si parla di corse e programmi
Caruso e Tiberi (di spalle) e il fresco diesse Sonny Colbrelli: si parla di corse e programmi
Qual è stato il giorno più bello dell’anno?

Ne dico due. La penultima tappa del Giro, quella di Bassano, quando ho trovato i miei genitori dopo l’arrivo. E poi l’ultima tappa, quella di Roma, che a modo suo resta indimenticabile.

I mondiali potevano esserlo e non lo sono stati?

Diciamo che li ho presi come un’esperienza che sicuramente mi servirà in ottica futura, essendo stato comunque il primo mondiale. Sono andato a Zurigo con le aspettative alte, forse anche troppo per quello che era realmente il percorso. Speravo in qualcosa più adatto agli scalatori, che ci fossero delle salite dure. Invece era più esplosivo, per gente come Van Der Poel. Però il mondiale è sempre una gara particolare. L’ultima volta che lo avevo corso era da junior e bisogna dire che c’è una bella differenza tra juniores e professionisti. Si corre senza radio, è uno stile di gara molto molto diverso da quello cui siamo abituati.

In un ipotetico avvicinamento al Giro, se sarà Giro, rifaresti tutto quello che hai fatto quest’anno oppure si può cambiare qualcosa?

Se fosse Giro, l’avvicinamento sarebbe molto simile. Magari potrebbe cambiare un pochino la prima parte, proprio l’inizio della stagione e forse sarà così. Probabilmente inizierò all’Algarve, ma il resto sarà quasi uguale all’anno scorso, magari facendo qualche ritiro in più con la squadra.

Il quinto posto del Giro ha fatto crescere la tua popolarità?

Leggermente, qualcuno mi riconosce quando sono in giro a casa o anche quando mi alleno. Mi fa piacere, è qualcosa che ti dà più morale, che dà orgoglio e ti stimola a fare ancora meglio.

I pensieri di Dunbar, distrutto dal Giro, rinato alla Vuelta

11.12.2024
7 min
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ALTEA (Spagna) – Una caduta nella seconda tappa del Giro in cui avrebbe fatto classifica e la stagione di Eddie Dunbar aveva preso una piega più malinconica di quanto fosse già stata fino a quel momento per altre cadute. La Jayco-AlUla costretta a reinventarsi con Zana come leader e l’irlandese a casa a contare i giorni per togliere i punti dal ginocchio e inventarsi un nuovo inizio. Quello che è venuto dopo, le due tappe vinte alla Vuelta, ha fortunatamente pareggiato il conto. Non due vittorie qualsiasi, ma a modo loro delle imprese grazie a fughe azzeccate e poi la capacità di resistere al ritorno dei migliori dalle sue spalle. Così al Campus Tecnologico Cortizo Paron (tappa 11) e a Picon Blanco (tappa 20). Per la squadra è stato un cambio di passo ed è per questo che adesso nel parlarne Dunbar mostra leggerezza e sollievo.

La carnagione chiara di sempre, che la tuta blu fa sembrare ancora più pallida. Il tono profondo. L’estrema attenzione con cui ti guarda mentre fai la domanda e la pausa per ordinare i concetti prima di rispondere. Sono le sei di un pomeriggio spagnolo in riva al mare, nel piazzale dell’hotel si riconosce anche il camion dell’Astana, ma dei celesti di Vinokourov non si vede in giro nessuno.

Abbiamo incontrato Dunbar nel media day del Team Jayco-AlUla: circa 20 giornalisti presenti
Abbiamo incontrato Dunbar nel media day del Team Jayco-AlUla: circa 20 giornalisti presenti
Pensi che si possa dividere l’ultima stagione in parti: prima del Giro e dopo il Giro?

Sì, probabilmente sì. Prima del Giro ci sono state solo cadute, niente di buono. Troppi ritiri. Al UAE Tour e alla Valenciana, al GP Indurain e anche al Romandia. Invece al Giro ero arrivato con una forma abbastanza buona e il primo giorno a Torino era stato davvero ottimo (nel gruppo dei migliori a 10” da Narvaez e Pogacar, ndr). Invece l’indomani sono caduto per il brecciolino in quella rotonda ed è stato davvero frustrante. Ovviamente ho finito la tappa, ma sapevo che c’era qualcosa di grosso che non andava con il ginocchio destro e così è stato. E’ vero, i primi sei mesi sono stati davvero frustranti. Non riuscivo ad allenarmi bene né a correre come volevo.

Come ne sei uscito?

Restando fermo (sorride, ndr) e ricostruendomi molto lentamente. Sapevo che dovevo correre la Vuelta e appena sono potuto tornare in bici, la progressione è stata molto, molto lenta. Per fortuna la condizione ha iniziato ad arrivare durante la corsa, sono migliorato nelle ultime due settimane e sono riuscito a vincere le due tappe. E’ stata una bella sensazione, soprattutto dopo tanta sfortuna. Ottenere finalmente delle vittorie di alto livello è quello che serviva.

Firma di partenza nella seconda tappa del Giro da San Francesco al Campo a Oropa, quella della caduta
Firma di partenza nella seconda tappa del Giro da San Francesco al Campo a Oropa, quella della caduta
Quindi non sei andato alla Vuelta per fare classifica come al Giro?

Pensavo di poter entrare nei primi dieci, penso fosse quello che la squadra avrebbe voluto. Ma per me l’obiettivo principale era che la squadra vincesse una tappa. Così ho pensato che se fossi riuscito a vincerne una di montagna, allora forse sarebbe arrivata anche la classifica generale. E alla fine non è andata così male. Ho avuto una brutta giornata il giorno prima del giorno di riposo a Granada a causa del caldo. Quando si va sopra i 40 gradi, soffro davvero: quello non è il mio clima. E quel giorno ho sofferto molto e ho perso 11 minuti. Probabilmente la mia top 10 è tramontata lì e mi sono deciso a puntare soltanto sulle tappe.

Poi in realtà non sei finito troppo lontano…

Undicesimo, a tre minuti dal decimo posto. Ma è stato meglio aver vinto due tappe che portare a casa un decimo posto senza nessun acuto.

Torniamo indietro al Giro, come ti sei sentito quel giorno andando via?

Un sacco di emozioni. Ero davvero frustrato perché dovevo fare classifica e il giorno prima mi ero sentito davvero bene. Sapevamo che il ginocchio non andava bene, perché c’era un buco, ma finché non abbiamo fatto degli esami poteva essere molto più grave di quanto sia stato. Quei giorni non sono stato troppo forte mentalmente e anche fisicamente ero piuttosto malconcio. Per una settimana o anche due sono stato davvero giù. Mi chiedevo di continuo quando sarebbe finita quella sfortuna. Cambierà mai? Avrò ancora la possibilità di andare alla Vuelta? Ma per fortuna poi il ginocchio è lentamente migliorato e anche la mia visione del mondo ha iniziato a cambiare. Sono andato alla Vuelta dopo essermi allenato bene e sapevo cosa avrei dovuto fare per ricostruire la mia fiducia e provare a vincere. E per fortuna l’ho fatto.

Eddie Dunbar è nato il 1° settembre del 1996 a Banteer, in Irlanda. E’ pro’ dal 2018, è alto 1,70 per 57 chili
Eddie Dunbar è nato il 1° settembre del 1996 a Banteer, in Irlanda. E’ pro’ dal 2018, è alto 1,70 per 57 chili
La prima gara dopo l’incidente è stato il campionato irlandese a crono e l’hai vinto.

Sì, è vero (ride, ndr). Non mi aspettavo di vincerlo. A cose normali sarebbe stata una possibilità, ma mi ero allenato correttamente solo per due settimane e pensavo che fosse poco. Però ho pensato: “La crono è lunga 36 chilometri e io posso andare forte per 50 minuti, vediamo se sono capace”. Sapevo che nella gara su strada sarebbe stato più difficile perché sarebbe stato uno sforzo di quattro ore. Per cui sono andato ad Athea, dove si correva, che è a 40 minuti da casa mia in Irlanda. Conoscevo le strade perché è capitato di allenarmi da quelle parti. Ho fatto una prova del percorso e poi in gara non ho neppure guardato il Garmin. Sono partito, ho fatto la mia crono e alla fine sono rimasto davvero sorpreso. E’ stato bello vincere, buono per il morale.

Hai vinto le due tappe alla Vuelta tenendo testa al ritorno di Roglic: hai imparato qualcosa di nuovo su di te come scalatore?

Penso che forse ho bisogno di credere di più in me stesso. Soprattutto quando mi trovo contro certi corridori, non devo avere paura di andare  e spingere. Perché se riesco a farlo su quelle salite così dure, a un certo punto i più forti verranno pure a prendermi, ma avrò comunque una possibilità di vincere superiore a quella che avrei se restassi fermo ad aspettare che attacchino loro. Ed è quello che è successo. Penso che ho solo bisogno di mettermi in quel tipo di situazione e poi provare a capitalizzarla e sfruttarla al meglio. Ho solo bisogno di credere di più in me stesso, avere la fiducia di provarci.

Nel giorno di Picon Blanco alla Vuelta, Dunbar vince la sua seconda tappa e respinge il ritorno dei big
Nel giorno di Picon Blanco alla Vuelta, Dunbar vince la sua seconda tappa e respinge il ritorno dei big
Questo cambierà qualcosa per il futuro?

No, non credo. Come ho detto, di sicuro ti dà fiducia, penso che la darebbe a chiunque. Ma penso anche che rimarrò lo stesso corridore, con le qualità atletiche che so di avere, non cambierò pelle. Ora so che posso vincere, ma non diventerò quello che non sono.

Cosa ti aspetti da questo inverno?

Voglio crescere lentamente. Ho un nuovo allenatore, con cui avevo collaborato già qualche anno fa, quindi sto lavorando a stretto contatto con lui, il che è bello. Abbiamo messo in atto una buona strategia di preparazione. Cioè venire qui prima di Natale, fare un buon allenamento, tornare a casa e rilassarmi un po’ durante il Natale e poi, con quattro-cinque settimane di lavoro costruire l’AlUla Tour, che per la squadra è una grande gara, visto che si corre in casa di uno degli sponsor principali. Sarà importante andare lì ed esibirsi a un grande livello. Quindi per ora questa è la cosa principale, assieme al rimanere in salute durante il Natale, e poi andare lì e sperare di ottenere un risultato.

In azione all’ultimo Lombardia: sul ginocchio di Dunbar si notano i segni della caduta del Giro
In azione all’ultimo Lombardia: sul ginocchio di Dunbar si notano i segni della caduta del Giro
Quale Grande Giro ti piacerebbe correre nel 2025?

Penso che sarebbe bello andare al Tour e penso che sia una possibilità. Si va in Francia per aiutare Ben (O’Connor, ndr) a vincerlo o salire sul podio e magari per provare a vincere una tappa.

Il suo arrivo cambierà qualcosa nella squadra?

Non del tutto, perché Yates era davvero un buon corridore, ha vinto la Vuelta e ha fatto già bene nei Grandi Giri. Abbiamo perso Simon, ma abbiamo preso uno come Ben che quest’anno è stato uno dei migliori corridori al mondo. Ovviamente è anche australiano, quindi questo fa la differenza in un team che è a sua volta di laggiù. Quindi penso che sia bello per lui e anche per la squadra, penso che gli piacerà stare qui. E se l’anno prossimo riuscirà ad essere presente come quest’anno, sarà una buona stagione. E penso che tutti saranno felici.

Cipressi, fortemente voluta da Bronzini per la sua Human

11.12.2024
5 min
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PIACENZA – La Human Powered Health sta diventando sempre più ad immagine e somiglianza di Giorgia Bronzini. L’ingaggio di Carlotta Cipressi, una delle cinque nuove arrivate nella formazione statunitense che ha rinfoltito la pattuglia italiana, è stato fortemente voluto proprio dalla diesse piacentina.

Solo diciotto giorni di corsa con la UAE Development Team (di cui alcuni con la prima squadra) ed altri sei con la nazionale U23 tra Avenir Femmes ed europeo. Il 2024 per Cipressi è iniziato tardi per forza di cose come ci aveva raccontato lei a fine giugno, ma tanto è bastato per attirare l’attenzione di Bronzini. Abbiamo quindi cercato di capire con lei quali progetti abbia per la 21enne di Forlì, che è salita nel WorldTour con un contratto biennale.

Cipressi ha firmato un biennale alla Human e sarà la quinta italiana del team dopo Borghesi, Malcotti, Ragusa e Zanardi
Cipressi ha firmato un biennale alla Human e sarà la quinta italiana del team dopo Borghesi, Malcotti, Ragusa e Zanardi

Nel mirino

Lo scouting sul campo è particolarmente redditizio nel ciclismo. Dal vivo si possono vedere sempre tante sfumature che appaiono invisibili invece attraverso uno schermo di un computer dove si leggono solo risultati. Bronzini aveva messo nel mirino Cipressi, però doveva completare il suo resoconto.

«Era tanto tempo che seguivo Carlotta – racconta Giorgia – come possibile nostro nuovo innesto per il 2025. L’ho tenuta sotto osservazione durante il Thuringen Tour che abbiamo vinto con Ruth Edwards. Ho chiesto qualche parere a Karlijn (Swinkels, la sua compagna, ndr) che era in squadra con lei e mi ha aperto un po’ di più gli occhi su Carlotta. Karlijn era andata molto bene in quella corsa e mi aveva detto che le era stata molto di aiuto. In pratica aveva confermato l’impressione che avevo già».

Bronzini seguiva da tempo Cipressi. L’ha vista all’opera al Thuringen Tour, dove ha lavorato molto per Swinkels
Bronzini seguiva da tempo Cipressi. L’ha vista all’opera al Thuringen Tour, dove ha lavorato molto per Swinkels

«A fine Thuringen – prosegue Bronzini – ho fatto una chiacchierata al telefono con Carlotta, chiedendole di mandarmi qualche suo dato per capire qualcosa in più. Ho parlato anche con Luca Zenti, suo allenatore in UAE, e ho passato tutte queste informazioni al nostro responsabile delle performance. Il nostro staff si è sentito con Carlotta che ha risposto molto bene a tutte le domande. E’ piaciuta tantissimo anche come persona al nostro team. Quando ho avuto il via libera, abbiamo definito tutto».

D’altronde quando ti chiamano dal WorldTour non puoi dire di no, anche se Cipressi è rimasta stupita, forse senza parole. «Quando ci siamo sentite la prima ed unica cosa che mi ha detto è stato “grazie” (dice Bronzini sorridendo, ndr). Battute a parte, Carlotta non si aspettava la mia chiamata, ma probabilmente aveva capito che non era passato inosservato ciò che aveva fatto. Ci ha ringraziato per questa apertura alla trattativa perché adesso se non sei la ragazza giovane vincente, tipo la Cat Ferguson del momento, è difficile che ti guardino o ti prendano in considerazione».

Bronzini vorrebbe portare in forma Cipressi a metà stagione e farle correre uno dei tre Grandi Giri (foto Oskar Scarsbrook)
Bronzini vorrebbe portare in forma Cipressi a metà stagione e farle correre uno dei tre Grandi Giri (foto Oskar Scarsbrook)

Caratteristiche da definire

Una delle doti più evidenti di Cipressi è sempre stata la sua predisposizione alla cronometro fin dalle categorie giovanili. Altre invece sono ancora in via di definizione e Bronzini sa che può lavorare bene su una ragazza che gradisce a sua volta lavorare sodo per crescere.

«Sono molto contenta del suo arrivo – continua la tecnica della Human – perché Carlotta può esprimersi molto bene. Non è ancora categorizzata su che tipo di corridore sarà, ma è talmente giovane che può prendere qualsiasi strada. Cercheremo di far risaltare le sue doti e le sue qualità. Vorrei farle fare uno dei tre Grandi Giri a tappe. Se così non fosse, allora le farei disputare delle corse a tappe più corte tipo Itzulia, Burgos o Catalunya o altre simili. Sicuramente la vorrò vedere nella parte centrale della stagione. Proprio perché è ancora molto giovane, ho i miei dubbi nel farla partire forte. Altrettanto per farla finire forte considerando che le stagioni sono sempre molto lunghe. Preferirei vederla in forma tra giugno e agosto. In ogni caso vedremo a breve il suo calendario agonistico».

Per problemi fisici nel 2024 Cipressi ha totalizzato solo 18 giorni di gara con la UAE tra devo team e prima squadra
Per problemi fisici nel 2024 Cipressi ha totalizzato solo 18 giorni di gara con la UAE tra devo team e prima squadra

Riscontri e nuove scommesse

Quando correva, Bronzini vedeva da dentro come si muovevano certi corridori. E capitava talvolta che quando i suoi dirigenti le dicessero di voler prendere una determinata atleta, lei storcesse il naso oppure confermasse il buon acquisto. Ora che è direttrice sportiva chiede riscontri direttamente alle ragazze in corsa.

«Personalmente – spiega – ho bisogno di trarre spunti di approfondimento o di interesse. Li ho sempre reputati fondamentali, perché io posso vedere o non vedere certi particolari. Se vedo una che si stacca non posso sapere cos’ha fatto davanti se non ho poi il video della gara intera. Ad esempio con Kathrin Schweinberger, che abbiamo preso dalla Ceratizit, è andata così in Cina, in una delle ultime gare del 2024».

La crono è la specialità preferita da Cipressi. Con la Human può crescere ulteriormente
La crono è la specialità preferita da Cipressi. Con la Human può crescere ulteriormente

«A metà corsa – conclude Bronzini – Zanardi era rimasta attardata assieme a lei. Via radio le ho detto di prendere la sua scia per rientrare perché avevo visto Kathrin che stava tirando forte. Quando sono tornate in gruppo, Silvia con un filo di voce via radio mi dice di aver fatto almeno un minuto a wattaggi impressionanti e di aver faticato tantissimo per starle a ruota. Quando ho avuto i valori di Schweinberger su Training Peaks, ho capito che Silvia aveva ragione e che aveva avuto un buon colpo d’occhio nel riportarmelo. Per dire una volta di più quanto siano importanti i riscontri diretti delle ragazze in corsa. E comunque ve lo anticipo, Schweinberger è una passista veloce molto interessante che può fare grandi cose e sulla quale scommetto tanto assieme alla stessa Cipressi».

Tudor lancia il suo scouting program. Vediamo come funziona

11.12.2024
6 min
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Ci sono novità importanti in casa Tudor. La squadra elvetica che punta senza mezzi termini all’ingresso nel WorldTour ha completato il roster della formazione development e, al di là della conferma dei due italiani Samuele Alari e Juan David Sierra, inserisce nel team anche tre ciclisti scaturiti da una lunga selezione online. Anche la Tudor infatti ha la sua academy online, un po’ come accade per la Fenix Deceuninck consociata a Zwift, che ogni anno promuove un uomo e una donna nei suoi devo team.

La Tudor ha però deciso di procedere in autonomia, affidando la gestione del programma di sviluppo al francese Boris Zimine, uno dei direttori sportivi della squadra svizzera, particolarmente concentrato sulla cura del devo team come vero e proprio vivaio di talenti per la formazione maggiore.

Boris Zimine, in precedenza alla Intermarché, ha sviluppato il programma e cura il devo team elvetico (foto DirectVelo)
Boris Zimine, in precedenza alla Intermarché, ha sviluppato il programma e cura il devo team elvetico (foto DirectVelo)
Quando avete pensato di utilizzare il sistema dello scouting database program?

E’ un’idea che ho già da 3 anni. Da quando abbiamo avviato il devo team, non eravamo però ancora pronti per lanciarlo perché ciò richiede molto tempo di analisi. Quest’anno abbiamo completato tutto il lavoro e lanciato il programma.

Qual è il suo funzionamento e come siete arrivati alla scelta dei 3 ragazzi promossi in squadra?

Noi abbiamo lanciato l’idea a dicembre 2023 e oltre 800 giovani ciclisti hanno risposto. Abbiamo fatto una prima selezione, basandoci sui dati inviati, sui loro valori espressi in quanto a potenza. L’allenatore fa una prima scrematura, poi a maggio abbiamo quindi invitato i 10 selezionati a una settimana di lavoro con il nostro staff e sono intervenuto io facendo interviste individuali ai corridori per conoscere un po’ il loro carattere e vedere se hanno la mentalità, le caratteristiche ideali per i nostri scopi. Non guardiamo solo ai risultati, gli stessi numeri non dicono tutto. Poi bisogna fare una scelta, non sempre è facile ma fa parte del gioco.

Stiansen in maglia nazionale norvegese. Vanta due vittorie in patria
Stiansen in maglia nazionale norvegese. Vanta due vittorie in patria
Alla fine sono stati ingaggiati il norvegese Jesper Stiansen, l’estone Oliver Matik e lo svizzero Diego Casagrande. Che impressione ne avete tratto?

Sono tutti diversi, ma allo stesso tempo abbastanza simili perché mi hanno mostrato quella predisposizione, fisica ma soprattutto mentale e caratteriale, per essere costruiti come corridori di livello. Abbiamo trovato in Stiansen un corridore molto serio, diligente e coinvolto in tutto ciò che fa. Matik mi dà l’impressione di essere una persona più matura mentalmente per la sua età, mentre fisicamente mostra ampi margini di miglioramento. Casagrande invece lo considero davvero un pezzo forte, un corridore che ha iniziato appena 3 anni fa ma che mostra già valori fisiologici piuttosto interessanti. E poi ha un carattere super simpatico e molto concentrato sul collettivo.

Rispetto ai ciclisti che hanno seguito una normale carriera, pagano un prezzo d’inesperienza?

È un po’ complicato rispondere perché li avremo con noi dal prossimo anno. Dovremo verificare sul campo. Tutti comunque hanno avuto esperienze già nel 2024, anche in gare internazionali, Matik e Stiansen addirittura nelle prove titolate. Crediamo che sia nostro compito costruirli come corridori. Come deve essere per un team di sviluppo. L’obiettivo per noi non è essere i migliori, puntare sempre alla vittoria, si tratta di cercare talenti che non abbiano avuto necessariamente l’opportunità di mettersi in mostra e di farli esplodere in casa nostra. Sono scommesse, non possiamo sapere se saranno vincenti.

Matik, a destra, è stato 19° agli europei e 27° ai mondiali. Va bene anche a cronometro
Matik, a destra, è stato 19° agli europei e 27° ai mondiali. Va bene anche a cronometro
Che tipo di attività faranno?

Quella dei compagni, né più né meno. A fine novembre al primo ritiro abbiamo favorito la coesione del gruppo facendo anche altro oltre che andare in bici: sci, mountain bike, camminate. Poi starà a noi preparare per loro come per gli altri programmi adatti alle loro caratteristiche.

Molti criticano programmi come il vostro e quello Zwift paragonandoli a talent show: che cosa rispondete?

Non è così, il nostro è un processo molto attento. Non abbiamo selezionato coloro che avevano i maggiori watt, c’è stato un ragionamento complesso alla base della scelta. Abbiamo puntato su corridori che hanno un margine di miglioramento molto ampio. Guardiamo sicuramente i watt, ma guardiamo soprattutto quante ore di allenamento hanno fatto in passato. Tra un ragazzo che ha lo stesso numero di watt di un altro che ha fatto metà dell’allenamento, noi non prenderemo necessariamente quest’ultimo: contano anche la dedizione, l’impegno, i margini di miglioramento fisici ma anche mentali. E’ già successo che facciamo colloqui individuali con corridori che avevano valori fisiologici forti, ma che psicologicamente non si mostravano pronti, adatti a questo mondo.

Diego Casagrande, svizzero di 20 anni sul quale Zimine è pronto a scommettere (foto DirectVelo)
Diego Casagrande, svizzero di 20 anni sul quale Zimine è pronto a scommettere (foto DirectVelo)
Che cosa serve?

Spirito di adattamento e passione, grande passione e voglia di migliorarsi a 360°. Ci sono tanti che hanno vinto tanto a livello giovanile ma poi tra i professionisti svaniscono perché ovviamente sanno andare in bici ma non hanno il motore adatto. Un corridore è un qualcosa di estremamente complesso, che vive di equilibri delicati. Non è certo solo questione di watt…

Il Tudor Development Team ha corridori di 9 nazioni ma una maggioranza svizzera. Il vostro team sta diventando un riferimento per il ciclismo elvetico?

Sicuramente per noi è importante cercare di aiutare il ciclismo in Svizzera perché non è una nazione in cui ci sono molte strutture, quindi per noi è importante avere anche una base svizzera. Siamo davvero qui anche per dare a questi giovani l’opportunità di progredire bene. In Svizzera ad esempio vanno a scuola fino a più tardi che negli altri Paesi europei e questo è un fattore da considerare. In generale noi comunque cerchiamo di reclutare molti corridori da Paesi dove non ci sono molte strutture. Le uniche 2 eccezioni sono il corridore francese e i due italiani.

Samuele Alari, con Sierra è uno dei due italiani nel team, pronto a spiccare il volo (foto DirectVelo)
Samuele Alari, con Sierra è uno dei due italiani nel team, pronto a spiccare il volo (foto DirectVelo)
Che cosa vi aspettate dalla prossima stagione?

Parto con un gruppo molto nuovo, con 8 nuovi corridori quindi l’importante è che stia già andando bene dal punto di vista dell’amalgama. I primi due anni sono andati bene, in crescendo sia per i ragazzi ma anche per la nostra esperienza, ora però cambia tutto. Fondamentalmente si tratterà di insegnare loro a correre in squadra e poi a far crescere ciascuno al proprio ritmo. Perché oggi spesso si tende a lasciar passare i corridori molto professionisti troppo presto. Il fatto che stiano in squadre 3-4 anni non è negativo. Dobbiamo essere sicuri che quando arrivano ai professionisti, siano pronti. Davvero.

L’occasione mancata: Sciandri ripensa a Nairo sul Mottolino

11.12.2024
4 min
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Diciannove maggio 2024: Manerba del Garda-Livigno. Quella fu la giornata che Maximilian Sciandri, direttore sportivo della Movistar, ricorda con un misto di orgoglio e rammarico.

Sulle grandi montagne del  Giro d’Italia, Nairo Quintana tornò protagonista dopo un lungo stop. Peccato che sulla sua strada trovò un certo Tadej Pogacar che con un’impresa di potenza, gli strappò la vittoria di tappa ai 2.300 metri del Mottolino.

Max Sciandri (classe 1967) è uno dei direttori sportivi della Movistar
Max Sciandri (classe 1967) è uno dei direttori sportivi della Movistar
Allora, Max, qual è stata la tua occasione mancata durante questa stagione?

La tappa del Mottolino al Giro. Nairo era in una fuga… una fugona! C’erano più di 30 corridori in avanscoperta. Noi avevamo dentro appunto Nairo, Pelayo Sanchez, che aveva già vinto una tappa e un altro che ora non ricordo. Ne avevamo tre in quella fuga.

Ci credevate insomma?

Moltissimo. Decidemmo subito di fare la corsa per Nairo. Lui rientrava dopo un anno di stop e doveva dosare bene le energie. Ma era in crescita e poi quelle salite e quelle quote erano il suo terreno. La tappa andò come previsto. La fuga prese un buon vantaggio, ma a ripensarci oggi…

A ripensarci oggi…

Beh, quel giorno si è discusso molto tra chi doveva tirare, chi no. Mi è stato detto che Nairo non contribuiva tanto e questo ha frenato un po’ il ritmo. So, per certo che a quel punto anche Alaphilippe, che sa il fatto suo, non ha tirato a tutta. Questo per me ha limitato un po’ il vantaggio che si poteva accumulare. Alla fine, Pogacar ha ripreso la fuga a un paio di chilometri dall’arrivo. Se ci fosse stato un gap maggiore, probabilmente Nairo avrebbe potuto vincere.

Fuga numerosa, Quintana (mentre beve) cerca di risparmiare. Se avesse spinto di più, le cose sarebbero cambiate?
Fuga numerosa, Quintana (mentre beve) cerca di risparmiare. Se avesse spinto di più, le cose sarebbero cambiate?
Ma se ci fosse stato un gap maggiore, non pensi che Pogacar sarebbe partito prima?

No, non credo, perché non c’era chi poteva impensierirlo per la classifica. Ma certo una volta avuta la fuga a tiro ci ha provato. Pogacar era talmente forte che ha ripreso tutti ad a una velocità impressionante.

Quando avete capito che non ce l’avrebbe fatta?

Quando Pogacar si è avvicinato ed era a 30-40 secondi. Anche se mancavano meno di 3 chilometri a quel punto era impossibile tenerlo. La vittoria era irraggiungibile.

Quel giorno avete provato a motivare Nairo di più? Gli avete detto qualcosa per radio?

Sì, ci abbiamo creduto fino alla fine. Gli altri corridori in fuga hanno dato tutto per tenere viva l’azione, Nairo come detto ha economizzato un po’ e infatti è andato più avanti di tutti. Io gli dicevo di crederci. Sul finale ha preso il microfono anche Eusebio (Unzue, il team manager, ndr). Era arrivato proprio quel giorno. Anche lui è stato molto carino. Sentirlo emozionarsi alla radio è stato speciale. Insomma è un dirigente, un proprietario di team esperto… eppure era lì con noi.

Meno di 3 km all’arrivo. Da dietro come un falco arriva Pogacar, Nairo è spacciato… Alla fine però sarà secondo
Meno di 3 km all’arrivo. Da dietro come un falco arriva Pogacar, Nairo è spacciato… Alla fine però sarà secondo
E dopo la tappa come è andata? Quella sera a cena, cosa avete detto a Quintana?

Quando ho fatto il “giro delle stanze” gli ho fatto una battuta che poi in qualche modo è girata per tutto l’anno nel nostro team. Gli ho chiesto: «Nairo, ma ti sei divertito?». Lui mi ha guardato un po’ sorpreso e ha risposto: «Non me l’aveva mai chiesto nessuno. Mi sono divertito tantissimo, Max».

Una risposta inaspettata per un campione come lui!

Sì, ma è importante ricordarsi che, oltre ai sacrifici, il ciclismo deve anche divertire. Alla fine come dico sempre tutti “facciamo i compiti a casa”: allenamento, ritiri, alimentazione in un certo modo, giorni lontani dalla famiglia… e serve anche vivere le corse con più spensieratezza, anche nei momento clou. Quella battuta, in qualche modo, ha fatto il giro della squadra e al termine delle riunioni sul bus, soprattutto Quintana concludeva con un: «Ragazzi, divertiamoci».

Pensi che quella tappa gli abbia dato fiducia per il futuro?

Sicuramente. Arrivare secondo dietro il più forte al mondo è un risultato importante. Gli ha dato conferme e la consapevolezza che può esserci ancora. L’anno scorso per lui era importante correre, quest’anno arriva alla nuova stagione con tutta un’altra testa, più convinto e più deciso rispetto al 2024.

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Pogacar allunga le mani su Sanremo, Fiandre, Tour e mondiale

11.12.2024
8 min
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BENIDORM (Spagna) – E venne finalmente il giorno di Pogacar. Lo abbiamo aspettato per tutto il giorno. E’ uscito in bici vestito con l’iride, dedicando poche parole a poche persone. La Colnago bianca come quella del Lombardia e non la Y1Rs nuova e futuristica su cui è stato alzato il velo giusto ieri. Pare che la conformazione a dir poco originale del manubrio richieda un’attenzione certosina per la messa in sella, per cui ci vorrà ancora qualche giorno prima che la squadra cominci a usarla.

La mattina era inondata di sole, solo nel pomeriggio si è alzato il solito vento che ha portato nuvole e qualche grado in meno. Per il resto, la regione è un incanto a misura di ciclista. Accorgersi ogni volta della disciplina delle auto dietro i gruppi ci fa vergognare della nostra voglia di passarli.

Per questo primo ritiro, il UAE Team Emirates ha scelto il gigantesco Grand Luxor Hotel, parte integrante di Terra Mitica, il parco dei divertimenti a Benidorm, che per anni ha sponsorizzato la nazionale spagnola. Una hall smisurata, marmi e statue finte di divinità egizie, la piscina e il mare in lontananza.

Prima che arrivasse Pogacar, Matxin ha spiegato il suo programma per il 2025
Prima che arrivasse Pogacar, Matxin ha spiegato il suo programma per il 2025

Svelato il calendario

Prima di Pogacar è stata la volta di Matxin. Il capo dell’area tecnica della squadra ha spiegato per sommi capi i programmi del campione sloveno. Inizio al UAE Tour. Poi Strade Bianche, Sanremo e le classiche del pavé fino al Fiandre. Quindi le Ardenne e il Tour de France preceduto dal Delfinato. Ha anche detto che per battezzare il secondo Grande Giro, aspetteranno la presentazione della Vuelta il 19 dicembre, ma la sensazione è che quest’anno al Giro avremo Ayuso e non Pogacar.

Quando Tadej si siede davanti al plotone dei giornalisti, il nodo del calendario è già sciolto, ma tutto sommato l’attesa era inferiore allo scorso anno, quando la scelta del Giro era un fattore intrigante per la possibile doppietta col Tour. Ora che lo sloveno ha dimostrato di non avere limiti, il suo calendario ha smesso di essere motivo di interesse. Solo i giornalisti spagnoli insistono per sapere se tornerà alla Vuelta.

Aver realizzato la doppietta Giro-Tour ha in parte tolto la suspense dall’annuncio del calendario
Aver realizzato la doppietta Giro-Tour ha in parte tolto la suspense dall’annuncio del calendario
Come fai ad addormentarti pensando a questa stagione così bella, forse la più grande di sempre?

Non sono io a giudicare, ma dal mio punto di vista, è stato un anno davvero grandioso. Mi sono divertito molto, per cui dormo davvero bene. E con tanti bei pensieri nella testa.

Cosa ha fatto sì che quest’anno tutto funzionasse?

Non lo so, credo che le cose a volte vadano bene, ma serve anche avere fortuna. Nel ciclismo, nello sport in genere è così. E quest’anno sono davvero grato e fortunato che tutto sia andato come volevamo. Sono arrivato in buona forma in ogni gara dall’inizio alla fine. Tutti i pezzi più piccoli si sono uniti e hanno composto il quadro. Allenamento, alimentazione, l’ambiente intorno a me… Tutto si unisce per dare vita alla stagione perfetta.

Puoi parlarci del tuo programma per il 2025 e spiegare i tuoi obiettivi?

Non c’è niente di strano nel mio programma. Inizio con il UAE Tour come ho già fatto altre volte in passato. Farò alcune classiche in Italia, alcune in Belgio fra il pavé e le Ardenne e poi inizierò la preparazione per il Tour, che sarà l’obiettivo principale insieme ai campionati del mondo. Voglio andare a difenderli entrambi e questo mi dà grande piacere.

Uscita del mattino. Il giovanissimo Giaimi alle prese con il misuratore di potenza del capo Gianetti
Uscita del mattino. Il giovanissimo Giaimi alle prese con il misuratore di potenza del capo Gianetti
Pensi di poter migliorare o sarà più importante mantenere lo stesso livello del 2024?

Penso che migliorerò, questo almeno è l’obiettivo. Le esperienze sono occasioni di crescita e io non mi considero ancora un corridore anziano. Sono piuttosto giovane, quindi forse c’è ancora spazio per crescere. Dovremo aspettare e vedere durante l’inverno se riesco a crescere in qualche aspetto. Le prime gare diranno se ci sono riuscito. Ma anche se sarò un po’ meno forte di quest’anno, penso che andrà bene lo stesso.

Hai individuato l’area in cui potresti migliorare di più?

Ci sono piccoli dettagli, come in qualsiasi altra cosa. Penso che gli esseri umani possano sempre migliorare se stessi e penso che nello sport sia lo stesso. Cerchi di migliorare fino alla fine della tua carriera e quando non ci riesci più, forse è il momento di dire basta. Altrimenti te ne accorgi quando è tardi e va tutto a rotoli. Per quanto mi riguarda, penso ai dettagli sulla bici, in allenamento, nell’alimentazione e nel sonno. Si può migliorare tutto e cercare di arrivare al 100 per cento. Dovrò impegnarmi alla perfezione e cercare di fare un passo avanti in ogni aspetto.

In realtà il tuo off-season è stato tutto fuorché riposante: può esserti costato troppo?

Sono riuscito a riposare bene. Ci siamo divertiti molto nel ritiro degli Emirati Arabi Uniti. C’è stato qualche impegno, ma con i compagni di squadra è andata molto bene. Poi sono stato in vacanza con Urska ed è stato davvero fantastico. Ci sono stati alcuni obblighi a cui non potevo dire di no, ma in genere ho capito che non puoi semplicemente stare seduto a casa tutto il tempo senza fare niente. Devi vedere persone, amici, famiglia, sponsor, partecipare ad alcuni eventi. Ogni anno è più o meno uguale e quando arriva il momento di riprendere gli allenamenti diventa impegnativo.

Un assalto di microfoni e telecamere per Tadej Pogacar al Grand Luxor Hotel
Un assalto di microfoni e telecamere per Tadej Pogacar al Grand Luxor Hotel
Tutto ciò richiede grande concentrazione. Hai mai pensato di farti aiutare da un mental coach per gestire tanta tensione?

La salute mentale è una cosa di cui in passato non si parlava a sufficienza. Ora le persone iniziano a rendersi conto che è un aspetto piuttosto importante, anche se non tutti hanno chiaro cosa fare. E’ difficile trovare qualcuno di cui ti puoi fidare, quindi questo sarebbe il primo passaggio. Se si sblocca una situazione mentale che ti condiziona, potresti averne anche dei miglioramenti nello sport. Ma la cosa più importante è che sarai più rilassato e più felice, anche al di fuori della vita ciclistica.

Hai firmato un contratto lunghissimo, fino al 2030: sarà un elemento di tranquillità per il futuro non dover pensare a questo aspetto?

Questa è una cosa certa. Quando firmi un contratto lungo puoi concentrarti di più solo sul ciclismo e sul fare bene la tua parte. C’è anche da dire che in questa squadra conosco tutti molto bene. Ho costruito delle grandi amicizie, quindi per me è bello restare molto a lungo. Non mi meraviglierei di chiudere qui la mia carriera.

Hai parlato delle classiche del pavé, ma non della Roubaix: come mai?

Non è una decisione definitiva, potrei anche decidere di farla, anche se sono certo che non mi si addica e che ho tanto tempo ancora per provarci. Mi piace molto fare le classiche, nel 2023 ho avuto una stagione fantastica finché non sono caduto. Per cui voglio tornare sul pavé almeno un altro paio di volte e non importa se per allora non avrò più la maglia iridata.

Sanremo 2024, il forcing di Pogacar sul Poggio non è bastato per fare il vuoto
Sanremo 2024, il forcing di Pogacar sul Poggio non è bastato per fare il vuoto
Abbiamo chiesto a Matxin se ci sono possibilità che tu prima o poi faccia i tre Grandi Giri nello stesso anno e lui dice di no, almeno per quest’anno…

Mi piacerebbe provare, ma non è una priorità né qualcosa per cui morirei. Quest’anno ho fatto Giro e Tour. Sarebbe bello anche fare Tour e Vuelta, fermo restando che il Tour è il più grande. Nel 2024 ho scoperto che fare due Giri nello stesso anno è molto bello, ma devi essere in buona forma. Devi pianificare e organizzare molto bene gli allenamenti, la pianificazione dei training camp e i periodi di riposo nel mezzo.

Uno dei grandi obiettivi che ti mancano è la Milano-Sanremo, hai già qualche idea di come correrla?

La Sanremo è la gara meno prevedibile del calendario, eppure è una di quelle in cui voglio davvero dimostrare il mio valore. Mi sto avvicinando al primo posto, ma ci sto arrivando lentamente. Penso che per l’anno prossimo sia uno dei primi obiettivi. E’ una Monumento davvero bella, la gara più lunga della stagione, che si concentra nelle ultime due salite della giornata. E’ davvero interessante e non vedo l’ora che venga.

Quanto è importante avere una bici aerodinamica per la Sanremo?

Non direi che la cosa più importante sia avere una bici aerodinamica. Di sicuro aiuta, ma si certo hai più bisogno di comfort, dato che passi molto tempo in sella. Hai anche bisogno di una bici che vada molto veloce su pendenze del 5-7 per cento e che vada bene in curva per l’ultima parte della gara. Ci sono molte occasioni in cui si corrono dei rischi, soprattutto nelle discese finali dalla Cipressa e dal Poggio. Quindi serve una bici veloce che vada bene in discesa.

Nel salone delle bici, ecco la nuova Colnago Y1Rs con i colori di Pogacar
Nel salone delle bici, ecco la nuova Colnago Y1Rs con i colori di Pogacar
Se dovessi scegliere quale sia l’aspetto più importante in cui puoi migliorare, di cosa parleresti?

Penso la completezza, l’attenzione all’allenamento, all’alimentazione sana e al sonno. Questa coerenza, la regolarità di ogni giorno ti consente di concentrarti su ciò che vuoi fare ed è la cosa principale da migliorare.

Molti dei miglioramenti di cui abbiamo parlato finora sono correlati alla scienza. Nel ciclismo è tutto molto calcolato, quanto è importante per te essere libero di attaccare da lontano?

Penso che quando si tratta di tattica, il ciclismo sia uno degli sport più liberi. Puoi anche fare riunioni di dieci ore cercando di spiegare come andrà la gara e ugualmente non riuscirai mai a inquadrarla, perché ci sono tante opzioni che possono accadere. Il ciclismo è uno sport molto aperto e imprevedibile. I corridori devono usare tanto la testa ed è la parte di questo lavoro che mi piace di più.

Premio Cesarini: buona la prima. Alberati ci spiega nel dettaglio

10.12.2024
6 min
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Dopo averne parlato qualche tempo fa in occasione del suo lancio, torniamo sul Premio Francesco Cesarini, la challenge che vedeva i migliori juniores e allievi di secondo regionali sfidarsi sulla piattaforma MyWhoosh, nel Teatro Stella di Spoleto. Il premio in palio era una settimana in Spagna con la  UAE Emirates di Pogacar.

Ebbene, ora che tutto si è concluso, vogliamo sapere come è andata, non solo chiaramente del vincitore, il laziale Pietro Scottoni, ma proprio cosa ci ha detto questo evento totalmente innovativo. E per questo abbiamo di nuovo chiesto a Paolo Alberati, direttore tecnico della “e-manifestazione” in onore all’ex pro’ umbro, Francesco Cesarini prematuramente scomparso. Un evento, lo ricordiamo, organizzato dalla figlia Francesca.

Francesca Cesarini con il vincitore, Pietro Scottoni: laziale classe 2007, la prossima settimana sarà ad Alicante con la UAE Emirates di Pogacar
Francesca Cesarini con il vincitore, Pietro Scottoni: laziale classe 2007, la prossima settimana sarà ad Alicante con la UAE Emirates di Pogacar
Paolo, dunque, come è andata questa prima edizione “tecnologica” del Premio Cesarini?

È andata molto bene. Domenica sera ho tirato un lungo sospiro di sollievo, soprattutto perché c’erano tante incognite. Era la prima volta che organizzavamo un evento così complesso dal punto di vista tecnico e logistico vero e proprio. L’idea è nata grazie a Francesca Cesarini…

Che da anni organizza il premio in memoria di suo padre, Francesco…

Tutto è nato molto all’improvviso. Francesca si è messa in contatto con la UAE Emirates. C’è stato subito l’interesse di sponsor come Elite, DMT, MyWhoosh e l’avallo appunto della UAE. Poco dopo mi ha chiamato e in quattro e quattro otto era tutto fatto. Mi sono trovato ad allestire la parte tecnica all’improvviso. Per questo dico che non è stato facile e che domenica sera ero piuttosto provato! Però abbiamo deciso di alzare l’asticella e ci siamo riusciti.

Quali sono state le principali difficoltà?

Le difficoltà sono state legate soprattutto agli aspetti tecnici. Abbiamo dovuto affittare due ripetitori per migliorare la connessione internet e dieci computer da gaming per supportare la piattaforma virtuale MyWhoosh. Ogni computer doveva essere sincronizzato con un rullo smart e solo sabato pomeriggio siamo riusciti a completare i test. Non sono mancate le problematiche dell’ultimo minuto, come un rullo che si è disconnesso poco prima della partenza. Un po’ come quando fori al momento del via! Però, quando tutto è partito regolarmente, è stata una grande soddisfazione.

Come si è svolta la competizione?

Gli atleti hanno gareggiato su un circuito virtuale di 15 chilometri ambientato a Oudenaarde, con il famoso muro di Grammont: in pratica un tratto del Giro delle Fiandre. Abbiamo diviso i 16 partecipanti in due manche eliminatorie. La finale ha visto i migliori dieci sfidarsi per la vittoria. Da dove arrivavano gli atleti?

I partecipanti sono stati selezionati dai ranking regionali. Abbiamo avuto ragazzi provenienti da tutta Italia: da Caltanissetta a Trento, passando per La Spezia, Bologna e altre città. La formula prevedeva che fossero tra i primi dieci di categoria nelle loro regioni. Tra loro c’erano sia allievi sia juniores.

Come mai si è voluto inserire anche gli allievi?

Alla fine gli juniores più affermati avevano già firmato con grandi squadre, quindi la UAE Emirates ha spinto per includere anche alcuni allievi per scoprire giovani talenti. Se ci pensiamo bene, molti di loro hanno firmato o stavano partendo per i ritiri con squadre rivali. Penso per esempio a Lorenzo Finn che è nel giro della Red Bull – Bora Hansgrohe, giusto per citare il caso più eclatante.

Qual è stato il momento più emozionante?

Il momento della partenza. Ogni atleta era rappresentato dal proprio avatar, e vedere tutti partire simultaneamente, con il sottofondo musicale thrilling come nelle partenze gare di ciclocross, è stato emozionante. Anche il teatro di Spoleto, ribattezzato per l’occasione “Tempio dei Watt”, ha contribuito a rendere l’evento unico, mescolando storia e tecnologia: e questo aspetto è piaciuto molto agli arabi di MyWhoosh. Anche loro hanno contribuito benissimo. Per esempio alcuni ragazzi non erano registrati alla piattaforma ed essendo da noi domenica ci siamo interfacciati direttamente con gli Emirati Arabi e da lì hanno risolto tutto sul momento. Davvero qualcosa d’incredibile.

I dati emersi sono quelli che ti aspettavi?

In parte sì. Devo dire che i ragazzi sono stati molto intelligenti. Se la sono giocata molto bene anche tatticamente. Io su una gara di 25′ circa ipotizzavo un risultato complessivo, una media, di 5 watt/chilo. Invece alla fine si sono attestati sui 4,2-4,3 watt/chilo, questo perché hanno capito che la vera differenza si faceva sul Grammont. Quindi dopo la “fiammata” iniziale si sono gestiti. Mentre nel finale hanno sviluppato wattaggi molto elevati. Parliamo 6,2-6,3 watt/chilo negli ultimi 7-8 chilometri.

I ragazzi durante la finale. Come nelle qualificazioni si correva sulle strade del Fiandre
I ragazzi durante la finale. Come nelle qualificazioni si correva sulle strade del Fiandre
Come è andata la gara?

Sul Grammont sono andati via in quattro. Scottoni, Laudi, Gaggioli e Cornacchini. Purtroppo, un problema tecnico ha fermato Cornacchini, che era tra i migliori sul Grammont, quindi sono rimasti in tre. Devo dire che Cornacchini è stato molto sportivo nell’accettare questo inconveniente. Ad 1,2 chilometri dall’arrivo, Gaggioli che sulla carta era il più veloce non ha retto all’ultima accelerata e alla fine è stata volata a due sul rettilineo di Oudenaarde. Il vincitore è stato Pietro Scottoni, che ha battuto Luca Laudi, un po’ come era successo nella realtà nel corso della stagione. Lo ha saltato proprio negli ultimi 50 metri.

Che tipo di atleta è questo Scottoni?

Un laziale verace, di Ciampino, nei pressi di Roma. E’ stato davvero furbo in qualificazione. Ha speso meno di tutti. Ha pensato solo a qualificarsi. In finale è stato scaltro e chiaramente forte. E’, o meglio, sembra essere un passista veloce. Tra l’altro è ancora un po’ “rotondetto” e questo è buono, significa che ha ampi margini. Mi ha detto come si è allenato, tre-quattro volte a settimana, e io ci credo. In stagione ha vinto due corse, una a maggio a Latina e una a ottobre, la gara cui aveva preceduto tra gli altri proprio Laudi. Anche lui è stato bravo e carino: alla fine i due scherzavano su quanto accaduto di nuovo.

Quali sono le prospettive per il futuro?

Questo format ha mostrato grande potenziale. E’ stato un successo sia dal punto di vista sportivo sia da quello organizzativo, nonostante le difficoltà tecniche inevitabili in una prima edizione. La collaborazione con Elite e UAE ha aperto nuove possibilità. C’è stata anche la presenza, in parte a sorpresa, del cittì della nazionale Dino Salvoldi che aveva letto dell’evento proprio su bici.PRO: era curioso per questa manifestazione davvero innovativa.

Un bilancio buono alla fine insomma…

Positivo sotto ogni aspetto. Non solo abbiamo onorato la memoria di Francesco Cesarini, ma abbiamo anche offerto ai giovani atleti un’esperienza unica e coinvolgente. Scottoni era “stordito” dopo la gara. Era venuto per vincere, ma non credeva di riuscirci ci ha detto. Sono nuove opportunità per i ragazzi e nuove modalità di promozione per questo sport.

Ciclo e ciclismo, chiudiamo con il parere del medico

10.12.2024
4 min
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Dopo Elisa Longo Borghini e Paolo Slongo, chiudiamo il tema di fare ciclismo nei giorni del ciclo con la dottoressa Francesca Della Bianca, fino al 2024 medico alla Lidl-Trek. Essere stata per quasi tre anni accanto alle ragazze del team americano le ha offerto un punto di vista privilegiato sul tema, sia pure con una premessa con cui è abbastanza immediato trovarsi d’accordo.

«Avere in squadra un medico donna aiuta di certo – dice – per far emergere delle problematiche che forse con un medico uomo non verrebbero fuori. C’è una barriera di pudore nel parlarne, il primo step è superarla. Sicuramente negli ultimi anni l’aspetto della conoscenza è migliorato. Le ragazze ne parlano con più disinvoltura e questo permette di intercettare problematiche che finirebbero confuse con altri aspetti della prestazione».

Francesca Della Bianca (in alto al centro fra Elisabetta Borgia e Paolo Slongo) è stata fino al 2024 medico della Lidl-Trek
Francesca Della Bianca (in alto al centro fra Elisabetta Borgia e Paolo Slongo) è stata fino al 2024 medico della Lidl-Trek
Il fatto che se ne parli risolve qualche problema?

Fortunatamente sì. Al di là dei cambiamenti che possano interferire sulla prestazione, c’è anche un aspetto psicologico. Sono aspetti da gestire che vanno dal tipo di allenamento a che abbigliamento usare, fino all’intervento con integrazione mirata e rimedi naturali. Il senso di pesantezza che si accompagna alla prima fase può certamente condizionare la prestazione. Se mi sento gonfia, per come siamo fatte noi donne, posso ritenermi anche incapace di performare.

Stiamo parlando della sindrome premestruale?

Inizia anche dieci giorni prima. Si percepiscono l’aumento di peso e la ritenzione idrica. Si ha desiderio di mangiare carboidrati, ci sono dolori e allora magari si può usare il cloruro di magnesio, che è del tutto naturale. E’ una fase che può essere invalidante e magari può coincidere con una gara importante. Invece se ne parla poco, sono aspetti poco considerati. Ci si occupa più di aminoacidi e vitamine e meno di questi aspetti. Manca la consapevolezza che si può fare qualcosa.

Si ha pudore nei team a parlare del ciclo, di cosa indossare, di cosa prendere (depositphotos.com)
Si ha pudore nei team a parlare del ciclo, di cosa indossare, di cosa prendere (depositphotos.com)
Se un’atleta non trova risposte nei team può farsi seguire dall’esterno?

Non mi risulta che accada, mentre è un tema di cui si dovrebbe parlare seriamente. Alla Lidl-Trek abbiamo iniziato a parlare delle problematiche della regione pelvica, per gli uomini e per le donne. Sapere che ci sono persone che se ne occupano porta gli atleti a parlarne più liberamente.

Il lavoro di Slongo che tiene conto delle date e addirittura delle fasi lunari è abitudine oppure un’eccezione?

Dei preparatori che conosco, lui è decisamente avanti. Dovrebbe esserci una temporizzazione del lavoro in base al ciclo. Nella prima settimana ad esempio si potrebbero ridurre lo stress e i volumi di lavoro. Subito dopo si potrebbe puntare sull’intensità. Si potrebbe approfondire il tema della disponibilità di glicogeno o la fase in cui abbiamo più grassi, in cui conviene lavorare maggiormente sul volume. C’è tutto un andamento che andrebbe osservato, ma non sono molti quelli che lo fanno. E’ un fatto di visione, più o meno ampia, anche se in letteratura medica non ci sono dati così vari che spieghino quanto il ciclo incida sulla prestazione.

Il ciclo porta anche un innalzamento della temperatura che nei mesi caldi può essere fastidiosa
Il ciclo porta anche un innalzamento della temperatura che nei mesi caldi può essere fastidiosa
Può essere di base una sfera molto individuale?

E’ tutto molto soggettivo, anche nella percezione del dolore. Ci sono casi che portano anche alla sospensione del lavoro, a saltare la gara. Ci sono così tante variabili individuali, che ogni medico dovrebbe avere la cartella clinica delle atlete i cui tenere nota di questi aspetti. Stiamo parlando di donne oltre che di atleti. Non si può dire che avere il ciclo interrotto da mesi sia una seccatura in meno: va affrontato come un problema per la salute. Sono donne che magari dopo la carriera o anche durante potrebbero procreare, non parliamo di problematiche insignificanti.

Siamo di fronte a un problema culturale?

Mi sono spesso chiesta perché debba esserci questa barriera fra uomini e donne, parlando di medici. Il ginecologo è stato per anni soltanto uomo, eppure nessuno si pone il problema. Chi esercita la professione medica dovrebbe essere superiore a certe distinzioni.

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Ciclo e ciclismo, un tabù da sfatare: ne parliamo con la Longo

Ciclo e ciclismo, parla Slongo: come cambia il lavoro?

Meris in Olanda alla TDT-Unibet: tra ambizioni, lavoro e social

10.12.2024
4 min
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La voce che Sergio Meris fosse in procinto di firmare con la Unibet-Tietema-Rockets ci era arrivata sotto l’ombra dello striscione di partenza al Giro di Lombardia, nella sua Bergamo. I ragazzi della MBH Bank-Colpack-Ballan giravano per le strade incuriositi e alla fine, parlando del più e del meno, era uscita la notizia. Lo scalatore bergamasco, al suo primo anno da elite, ha raccolto l’interesse della squadra olandese. Si sono parlati, hanno visto insieme il progetto di crescita, che riguarda entrambi, e hanno proseguito spediti.

Meris ora si trova in Spagna, vicino a Calpe, e insieme ai nuovi compagni sta già gettando le basi della sua prima stagione da professionista. 

«Siamo partiti presto – racconta dall’hotel – il 2 dicembre. Venerdì scorso abbiamo eseguito i primi test e siamo lanciati verso il 2025. Tra un paio di giorni torneremo a casa, per poi ritornare qui in Spagna a gennaio, dall’8 al 20, per rifinire la preparazione. Ho già messo insieme parecchie uscite e sto imparando a conoscere i miei compagni. Nella prossima stagione saremo in 25, ci sono alcuni nuovi innesti, anche se lo zoccolo duro è confermato».

Alla Coppi & Bartali i primi contatti con il team olandese, poi proseguiti attraverso i social
Alla Coppi & Bartali i primi contatti con il team olandese, poi proseguiti attraverso i social

I primi contatti

Sergio Meris ha già visto come funziona il mondo Tietema, con un’organizzazione differente e uno stampo giovane. Nel mese di agosto era andato in Olanda per parlare con la squadra, capire quali erano i progetti del team e che cosa prevedevano per la sua crescita. 

«Sono stato ad Amsterdam – spiega Meris – per parlare con Julia Soek, la Sports Director. Mi ha spiegato quali sono gli obiettivi del team a medio e lungo termine. Poi mi ha parlato di quello che si aspettano dai corridori. Da esterno anche io facevo fatica a realizzare cosa stessero facendo e in quale direzione, ma una volta visto da dentro è stato tutto più chiaro».

La TDT-Unibet Cycling Team nel 2024 ha ampliato il suo bagaglio di corse, arrivando a correre in due gare WT
La TDT-Unibet Cycling Team nel 2024 ha ampliato il suo bagaglio di corse, arrivando a correre in due gare WT
Raccontaci…

La voglia di affermarsi è tanta e gli investimenti non mancano, a partire dalla bicicletta e dal kit per gli allenamenti. Dopo il breve incontro estivo ero tornato a novembre per prendere il materiale e iniziare a provarlo. 

Com’è nato il contatto?

Alla Coppi e Bartali, nella tappa di Brisighella, abbiamo parlato un po’ e poi mi hanno seguito sui social. Ho curiosato sul loro profilo, la loro storia e il modo di fare mi hanno intrigato. Fanno tanti contenuti tra videomaker e fotografi, siamo sempre circondati. La squadra punta molto sull’immagine e sul mondo dei social.

L’uso dei social contribuisce a creare un clima sereno e divertito in squadra
L’uso dei social contribuisce a creare un clima sereno e divertito in squadra
In questi giorni a Calpe cosa hai visto?

La squadra e lo staff sono molto sul pezzo, c’è un costante scambio di idee con la volontà di migliorare giorno dopo giorno. Nonostante ci siano tanti ragazzi che arrivano da parti diverse dell’Europa mi sono sentito subito accolto. C’è fiducia in me, come in ognuno dei ragazzi presenti. Fin dal primo giorno di ritiro abbiamo parlato di come migliorare e su che punti crescere. Il personale è preparato e l’ambiente sereno, la situazione giusta per tirare fuori il meglio. 

Alle quattro vittorie stagionali si affianca la maglia di miglior scalatore all’Arctic Race of Norway, con un premio speciale
Alle quattro vittorie stagionali si affianca la maglia di miglior scalatore all’Arctic Race of Norway, con un premio speciale
Che ambizioni vedi nel team?

Il loro obiettivo è quello di partecipare al Tour de France, non è facile visto che si tratta della corsa più importante al mondo. I passi sono però ponderati, con scelte mirate e fatte in progressione. Già nel 2024 hanno preso la licenza per diventare una professional e hanno preso parte alla Amstel Gold Race e al Renewi Tour, due gare del circuito WorldTour.

Quali sono i passi per arrivare al massimo livello del ciclismo?

Affiancare a tutto il lavoro dell’immagine anche i risultati. Nel 2024 ci sono riusciti in parte e nel prossimo anno gli investimenti sono stati fatti per portare punti e corridori. L’arrivo di Carboni è un esempio, sono contento di averlo perché per me è un riferimento con il quale confrontarmi. Lo staff lavora con serenità, anche ora che si avvicina il momento di iniziare la stagione non manca la tranquillità. Un ambiente sereno aiuta a concentrarsi al 100 per cento sulla bici.