Dopo averne parlato con Elisa Longo Borghini, era rimasta un po’ di curiosità, che abbiamo pensato di approfondire con il preparatore e poi con il medico. Quali accortezze richiede fare ciclismo con il ciclo, sostenere i carichi di lavoro in allenamento e andare in gara? E perché Paolo Slongo e la stessa campionessa piemontese dallo scorso anno hanno iniziato a redigere un diario che ne tenga conto? E perché su piattaforme diffuse e celebrate come Training Peaks e tutte le altre questa variabile non viene mai inserita?
«Premetto che non sono un medico – dice Slongo – però per la mia esperienza è un fattore che deve essere tenuto in considerazione. Sia per quanto riguarda la gara, dove l’atleta dà quello che ha. Sia per l’allenamento. Da quello che ho visto, la casistica ha variabili individuali, però le varie fasi del ciclo comportano un rilascio di diversi ormoni che determinano dei cambiamenti nella risposta dell’atleta».
In che modo?
Dopo la prima fase di mestruazione in cui c’è il flusso che di solito dura a seconda delle individualità dai 4 ai 6-7 giorni, per l’azione di ormoni come l’estradiolo e il testosterone, l’atleta ha una predisposizione per l’allenamento alla forza. Invece nella seconda fase, dopo il quindicesimo giorno, quando ti avvicini al ventottesimo o al trentesimo giorno, a causa del progesterone e dell’estradiolo che si abbassa, l’atleta inizia a essere un po’ meno ricettiva alla forza e ad avere sensazioni di debolezza. Questa è per sommi capi la fisiologia, che vi invito ad approfondire con un medico. In più nella seconda fase la temperatura corporea può alzarsi e per alcune può essere un disagio.
Un problema in più per l’estate?
Se devi allenarti o gareggiare a luglio e agosto, è un disagio che si aggiunge. Per questo un allenatore deve stare attento a queste fasi, conoscere bene l’atleta e creare un dialogo aperto. In questo modo si può tendere a lavorare un po’ più sulla forza nella prima fase, prediligendo la resistenza e il fondo nella seconda.
Al punto da stabilire il calendario gare in base al ciclo?
Questo no, anche se è tema di dibattito. Il punto di partenza è che lavoriamo normalmente perché una ragazza deve essere comunque pronta ad affrontare certe sfide, anche importanti, pur avendo il ciclo mestruale. Quando parliamo con loro, capita di domandare cosa farebbero se avessero il ciclo durante un Giro d’Italia (in apertura il Tour Femmes, ndr). Qualche disagio c’è di sicuro, ma spesso ad esso si lega anche a un fattore psicologico. Se l’atleta si mette in testa che nel periodo del ciclo non riesce ad andare, si preclude tanto. E’ quello che nei maschi si è sempre pensato o detto a proposito del sesso. Se vai con la tua compagna qualche giorno prima, la prestazione ne risente? Non ci sono studi che lo dimostrino, a meno chiaramente di eccessi, però in tanti si crea il tarlo in testa, che può incidere sulla prestazione e l’approccio alla gara.
Il fatto di scrivere il calendario con Elisa serve quindi più a programmare l’allenamento che le gare?
Esatto. Ho fatto un diario Excel dove metto i vari periodi. Così vedo l’allenamento che facciamo e magari lo posso anche modulare un po’ più sulla forza o sulla resistenza. In più dall’anno scorso ho aggiunto anche le fasi lunari, che penso non abbia mai fatto nessuno. Anche qui non trovi niente nella letteratura scientifica, però è un fatto che i processi naturali ne siano influenzati. Possono avere un’incidenza sulla sopportazione dei carichi di lavoro? Non lo so ancora, però intanto annoto e osservo. E’ ricerca anche questa.
Sarebbe utile avere il riferimento al ciclo nelle piattaforme di allenamento?
Secondo me sì. Non tanto per le fasi lunari, che magari è anche troppo avanti, però sarebbe utile per l’atleta nel rileggere i suoi lavori e ancora di più per l’allenatore. Ad oggi non è previsto, per cui chi lavora con atleti donna, si organizza come meglio può, cercando di aggiungere il ciclo ai vari parametri su cui impostare il lavoro.
A proposito di condizionamento psicologico, Elisa ha raccontato di aver vinto il Fiandre nonostante il ciclo.
Esatto, ma anche lei, come certamente vi ha detto, ha dovuto sconfiggere quel famoso tarlo. Successe quando vinse un campionato italiano a cronometro e si rese conto che più della fisiologia, contava la determinazione. Si rese conto che la prestazione era rimasta al suo livello e da lì c’è stato pian piano un cambiamento, che appunto ha portato alla vittoria del Giro delle Fiandre.
Quindi il fatto che ci sia un flusso ematico non incide sulla fisiologia, portando ad abbassamento di valori?
Non sono un medico, lo ripeto, ma a me non risulta. E’ più un discorso di disagio e di squilibrio ormonale. Nella fase finale del flusso hai più forza, nella seconda fase quando manca circa una settimana prima di riaverlo hai una fase di spossatezza, dove hai poca forza e anche meno voglia di fare fatica.
Le ragazze parlano facilmente di questi argomenti con l’allenatore?
Bisogna creare un dialogo aperto e costruttivo anche con le giovani. E’ sempre un argomento che possono ritenere invasivo, quindi bisogna creare prima un rapporto di fiducia e poi eventualmente se ne può parlare. Non è per caso che negli anni scorsi alla Lidl-Trek e dal prossimo con il UAE Team Adq, il medico delle donne sia una donna.
Permette di aggirare il comprensibile pudore?
E’ un modo più facile, da donna a donna, per parlare di certi argomenti. Perché è difficile che possa avere con tutte lo stesso rapporto che ho ad esempio con Elisa e capisco che per le più giovani che arrivano in squadra sia meglio parlarne con una donna. Sarà poi il medico a offrire il feedback all’allenatore, tenendo conto di tutte le variabili. Perché ci sono i casi di atlete che hanno un ciclo regolare, quelle che ce l’hanno irregolare e addirittura quelle che non ce l’hanno da periodi più o meno lunghi. Le casistiche sono molteplici, il tema merita sicuramente attenzione.