Una volta svelato il percorso del Giro Next Gen è stato chiaro a tutti che la tappa decisiva sarà quella con arrivo a Prato Nevoso. La settima frazione del Giro d’Italia degli under 23 apparecchia la tavola per un finale da vivere metro dopo metro. 4.000 metri di dislivello in 160 chilometri senza mai trovare un metro di pianura. Se è vero che la categoria under 23 sta diventando l’antipasto al professionismo, ecco un bel boccone da masticare per i ragazzi delle 35 squadre che prenderanno il via domenica 15 giugno da Rho.

Con voglia e rabbia
Sulla salita di Prato Nevoso il Giro è passato tre volte (una anche il Tour): una di quelle che rimane negli occhi degli appassionati e nel cuore di chi l’ha vissuta ha visto come protagonista Stefano Garzelli. Nella corsa del 2000, esattamente venticinque anni fa, lo scalatore varesino trovò la sua prima vittoria al Giro d’Italia. Mentre qualche giorno dopo tolse la maglia rosa dalle spalle di Francesco Casagrande e la portò fino a Milano.
«Era una salita adattissima alle mie caratteristiche – ricorda Stefano Garzelli che in questi giorni è impegnato con le dirette del Delfinato con la RAI – ovvero quelle di uno scalatore con un buon spunto veloce. La strada sale costantemente tra il 7 e l’8 per cento con qualche punta al 9. In generale è una salita dove a ruota si sta bene. Di quel giorno ricordo la voglia che avevo di vincere, chiusi su tanti attacchi negli ultimi tre chilometri mi sono mosso tantissimo. Nella volata finale, in cui arrivò un gruppetto di una decina di corridori, vinsi per distacco».
Il fatto che sia arrivato un gruppo ristretto ci fa pensare che sia una salita in cui si fa fatica a fare selezione…
Sono convinto che se dovessero farci arrivare il Giro nei prossimi anni arriverebbero a giocarsi la corsa quindici corridori. Le bici sono sempre più veloci e l’aerodinamica conta tanto anche in salite del genere. Questo mi fa pensare che anche al Giro Next Gen sarà difficile vedere trionfare un atleta da solo.
Nei chilometri precedenti saliranno tanto prima di arrivare alla salita finale.
Questo può cambiare le carte in tavola. Se all’inizio della tappa si mette tanta fatica nelle gambe allora poi la scalata finale cambia volto. Penso il gruppo arriverà a prenderla con una velocità costante e per fare selezione si deve partire forte fin da subito.
Sarà difficile gestire la salita visto che le squadre avranno solo cinque corridori e saremo alla fine del Giro Next Gen?
Pensare di coprire tutti e 13 i chilometri di salita con due o tre atleti intorno al capitano è difficile. Si dovranno capire le mosse dei team e quello che potrà succedere. Se si dovesse arrivare ad avere solo gli uomini di classifica davanti si apre uno scenario da uno contro uno. In questo caso potremmo vedere tanti attacchi, ma attenzione che in una salita del genere solo uno può essere quello decisivo.
Cioé?
Che è difficile prendere tanto margine in una salita del genere con pendenze abbordabili. I distacchi potrebbero aggirarsi intorno ai venti secondi. E’ importante trovare il momento giusto e questo può arrivare o da molto lontano, anche se è difficile, o quando si è negli ultimi due chilometri. Però con tutto quel dislivello prima qualcuno potrebbe andare in crisi.
E cosa cambierebbe?
Se ti pianti, non vai più su. Pensateci, su quali salite si fa maggiore differenza quando un corridore va in crisi? Quelle con pendenze dove si riesce a fare velocità. Prato Nevoso è una scalata da fare a 22 o 23 chilometri orari, ma se uno va in crisi si sale a 14 all’ora. Cambia tutto. I divari si possono fare davvero ampi.
Come correresti?
A ruota del primo gruppo, respirando e risparmiando qualcosa. Poi una volta che si decide di attaccare bisogna farlo fino in fondo, senza pensare al giorno dopo. Nel finale di una corsa a tappe tra andare al 90 per cento o andare al 100 per cento non cambia nulla. Anche perché in una salita come quella di Prato Nevoso la differenza la si può fare solo con uno scatto secco, convinto.