Il rapporto tra peso e recupero: a lezione da Piepoli

16.01.2025
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Dalla nostra recente intervista a Davide Formolo il veneto ci aveva detto di essere alla ricerca del giusto equilibrio tra fisico e mente. La ricerca esasperata di un peso sempre minore non porta sempre i frutti desiderati. Anzi, spesso ci si trova in difficoltà proprio perché manca un qualcosa per arrivare al massimo delle prestazioni. Formolo ha sottolineato anche che arrivare al giusto peso consente di trovare il giusto equilibrio tra performance e ciò che serve per stare bene.

Anche per recuperare al meglio tra una corsa e l’altra è meglio tenere sotto controllo il peso ma senza esagerare. Come si integrano tutti questi discorsi nella preparazione e all’interno di una stagione? Ne abbiamo parlato con Leonardo Piepoli, preparatore di Formolo al Team Movistar

«Ad oggi – dice Piepoli – ci sono varie teorie che dicono cose differenti. Più che sul peso negli ultimi anni ci si concentra sulla qualità dell’alimentazione. Per tanti anni nel ciclismo il peso veniva considerato come una cosa a sé, mentre ora è stato inserito in una discussione più ampia che riguarda l’alimentazione. Tempo fa si facevano delle cose quasi barbare per dimagrire, come un’alimentazione super controllata».

Leonardo Piepoli fa parte dello staff dei preparatori del team spagnolo (foto Movistar)
Leonardo Piepoli fa parte dello staff dei preparatori del team spagnolo (foto Movistar)

Alimentazione moderna

Grazie all’arrivo dei nutrizionisti l’alimentazione nello sport ha subito un’impennata positiva, non si guarda più all’estremo ma alla ricerca della giusta compensazione.

«Ora nelle diete dei corridori – continua Piepoli – si guarda all’apporto dei macronutrienti, che devono dare il giusto supporto all’attività sportiva e all’allenamento. Poi i ciclisti fanno sempre la loro parte, c’è a chi basta allenarsi con maggiore frequenza per tornare al giusto peso corporeo, mentre altri devono andare in deficit calorico. Anche se, la discussione principale è sui giovani. Sicuramente con il cambio di metodo che c’è stato negli ultimi anni sono abituati a un maggiore sacrificio. Sono più professionisti dei loro colleghi più grandi alla loro età. I ragazzi arrivano già con la mentalità di pesare il cibo».

Sulle salite secche un peso più contenuto fa la differenza, ma nell’arco di una gara si guarda all’endurance
Sulle salite secche un peso più contenuto fa la differenza, ma nell’arco di una gara si guarda all’endurance
Ora avviene prima il passo verso l’alimentazione o verso la preparazione?

L’alimentazione è l’ultima cosa che si fa, non per importanza ma per un discorso di guadagno marginale. E’ più probabile che un atleta giovane non curi ancora l’aspetto nutrizionale ma che si alleni al meglio. Fino a quando questo permette di avere i risultati si può ancora evitare di perfezionare l’alimentazione. Lo si fa nel momento in cui se ne ha bisogno per fare il salto di qualità.

Formolo ha detto che il peso non sarà una sua ossessione nella prossima stagione, ma che lavorerà per stare bene e per recuperare al meglio.

Sono due aspetti che spesso coincidono ma non è detto che perseguendo l’uno che si ottiene l’altro. Il recupero si basa su fattori fisici che ci danno un valore dell’affaticamento, come può essere il battito cardiaco. Ad esempio: un corridore quando è riposato ha una frequenza cardiaca massima di 200 battiti. Quando è stanco questa si abbassa a 180 o 170 battiti. 

In un Grande Giro il corpo è destinato a stressarsi trattenendo liquidi e facendo aumentare il peso
In un Grande Giro il corpo è destinato a stressarsi trattenendo liquidi e facendo aumentare il peso
Come si mettono in relazione?

Bisogna fare le cose affinché non ci sia un crollo. Anche un corridore che mangia bene può avere una decrescita del peso, soprattutto se si parla di gare a tappe di tre settimane. Da tempo si è visto che uno sforzo prolungato e intenso causa infiammazione ai muscoli e una ritenzione idrica, che comporta un aumento del peso. Però questo stress arriva con le gare, non con gli allenamenti. E’ nel primo caso che si deve avere una maggiore attenzione. 

Una causa del ciclismo moderno?

Nessun mio collega mette più in relazione il peso alla prestazione, chiaramente nei limiti di un’alimentazione sana e di allenamenti ponderati. Però nel tempo si è visto come un atleta troppo magro non sia in grado di fare prestazioni ottime nell’endurance. Lo stesso atleta con qualche chilo in più ha prestazioni inferiori sulla salita secca, ma se consideriamo una tappa di montagna al Giro le sue prestazioni nel complesso saranno migliori. 

L’alimentazione negli ultimi anni è cambiata molto, ora è fondamentale reintegrare dopo ogni tappa
L’alimentazione negli ultimi anni è cambiata molto, ora è fondamentale reintegrare dopo ogni tappa
Si tratta di un lavoro condiviso tra preparatore e nutrizionista…

Le squadre hanno diviso totalmente questi aspetti, però la comunicazione e il lavoro vanno di pari passo. Il preparatore traccia una linea e dice: «L’atleta lavora al meglio con questo peso». Di conseguenza il nutrizionista farà in modo di dare una dieta bilanciata affinché il corridore mantenga il peso indicato. 

In che modo lo si fa?

Grazie alle piattaforme moderne di allenamento il preparatore può vedere dove il corridore è arrivato al massimo delle sue possibilità. Poi il peso oscilla durante tutto l’anno, a seconda del periodo e delle gare che l’atleta è chiamato a fare. 

Agli inizi della carriera Formolo era considerato un corridore da corse a tappe, questo lo portava a limare sul peso
Agli inizi della carriera Formolo era considerato un corridore da corse a tappe, questo lo portava a limare sul peso
Un esempio?

All’inizio della carriera Formolo nei Grandi Giri era partito come uomo di classifica, chiaro che in quel caso il rapporto tra peso e potenza contava molto di più. Non va dimenticato, come detto prima, che arrivava anche da una cultura differente. Ora che non corre il Giro da top, ma in appoggio, questo gli permette di gestirsi durante le tre settimane. 

Una cosa che riguarda tutti è la non estremizzazione del peso. 

Certo. A livello di prestazioni lo abbiamo detto, ma è anche una cosa che inficia il recupero. Se un corridore ha un peso e un’alimentazione proporzionati allo sforzo che deve fare i muscoli avranno il giusto apporto calorico e reintregreranno meglio la fatica. Così da non uscire dalle gare sfiniti ed essere pronti in breve tempo per altri sforzi. 

Il test completo del nuovo Deda Alanera RS

16.01.2025
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Dopo la presentazione ufficiale del nuovo Deda Alanera RS ci siamo presi il tempo dovuto per montarlo ed usarlo per un lungo periodo. Deda Alanera RS non è un semplice manubrio integrato sviluppato per una categoria di agonisti esperti e pretenziosi, una volta di più Alanera si conferma il manubrio in grado di cambiare il carattere della bici.

Più comodo ed ergonomico rispetto alla versione precedente e al tempo stesso trasmette una secchezza e rigidità meno pronunciate. Entriamo nel dettaglio della prova.

Un integrato da pro’ senza mezze misure
Un integrato da pro’ senza mezze misure

I manubri non sono tutti uguali

Se è vero che l’aerodinamica e la tecnologia ciclistica in genere hanno fatto grandi passi in avanti, è altrettanto vero che è difficile interpretare e quantificare il reale risparmio di watt di un singolo componente. La bicicletta è un sistema complesso ed un insieme di diversi pezzi, ai quali si aggiungono le variabili dell’ambiente esterno e naturalmente le soggettività. I numeri, i dati e le analisi, i seppur validi risultati del laboratorio passano in secondo piano una volta su strada. Il feeling dell’utilizzatore, le sensazioni e proprio l’ergonomia, la capacità di cucirsi addosso quel componente specifico, sono fattori che occupano il primo gradino del podio in una ipotetica scala valori. Da lì arrivano watt, velocità e prestazioni.

E’ il caso del nuovo Deda Alanera RS, una base prestazionale per l’intera bici. Tecnicamente è stato migliorato in tutto, rispetto alla versione precedente, perché è più leggero e confortevole, più efficiente in fatto di aerodinamica, dotato di una tecnica costruttiva che è un vanto. Tutto bene, tutto perfetto, ma la differenza e la sua bontà si notano una volta che è portato nell’ambiente esterno. Solo dopo averlo usato ed immaginato un confronto ad ampio spettro con molti manubri di pari categoria, si percepisce quanto il nuovo RS possa migliorare o cambiare le diverse fasi di guida.

Alanera RS, più comodo

Una comodità che arriva da forme più morbide e sfruttabili, soprattutto per quanto concerne la sezione orizzontale. Il disegno è più tagliente e sfinato, sicuramente più efficiente in fatto di penetrazione dello spazio, ma anche meno invasivo quando in salita si tende ad arpionare la parte alta del manubrio. Rispetto alla versione precedente è stato eliminato lo “scalino” frontale ed il bordo posteriore adotta una leggerissima (quasi impercettibile) squadratura che tende ad assecondare l’appoggio della zona carpale delle mani. Sotto è arrotondato, quasi a voler accompagnare le dita su una superficie più ampia di appoggio, fattore che aiuta anche chi scarica quasi completamente le pressioni attraverso il palmo delle mani.

Scompare la fossetta tra il manettino e la parte alta della curva. Significa un maggiore contatto tra manubrio/shifter/polso. Inoltre, a prescindere dalla larghezza, la svasatura (flare) non è eccessivamente pronunciata, con il risultato di un ottimo equilibrio di forme tra la parte alta ed il limite inferiore della piega. Deda Alanera RS è estremo nello sviluppo e ricerca, sfruttabile nel design, adatto a diverse tipologie di utenza e stili di guida.

Meno profondo

120 e 75 millimetri sono i due valori che nel complesso identificano la profondità del nuovo Alanera RS (più compatto se messo a confronto con il vecchio Alanera). Significa un manubrio integrato top di gamma che non obbliga ad abbassarsi in modo eccessivo e che ha una curvatura regolare (senza spigoli, gomiti, rientranze etc) nel punto più lontano ed in pari alla leva del freno. Significa un manubrio non eccessivamente proteso verso l’anteriore che facilita il passaggio della mano tra la sezione orizzontale, il manettino e la posizione ribassata, con i due terminali della piega che sono piacevolmente sfruttabili anche da mani piccole.

Un manubrio che deve essere montato da mani capaci
Un manubrio che deve essere montato da mani capaci

Mani esperte per il montaggio

Alanera RS è compatibile esclusivamente per passaggi totalmente interni (freno e cambio). Può essere abbinato alle tipologie di serie sterzo che fanno passare le diverse guaine al proprio interno. E’ perfetto con la serie sterzo DCR (specifica Deda) ed è compatibile (grazie ad adattatori specifici) con la stragrande maggioranza delle serie sterzo presenti sul mercato. E’ compatibile con le forcella che hanno lo stelo D-Shape.

Se messo a confronto con la generazione precedente, RS è stato alleggerito nella zona posteriore, quella del morsetto, che ha le viti in titanio con sede torx (fare attenzione con il serraggio, usare sempre chiavi di qualità e chiusura dinamometrica). Un fattore da considerare è la possibilità di lasciare 5 millimetri aggiuntivi al canotto della forcella, nascosti dal top cap aerodinamico.

In conclusione

Deda Alanera RS è prima di tutto un componente top di gamma in senso assoluto. E’ ricco di tecnologia ed è molto costoso: 795 euro di listino non sono pochi, ma è giusto sottolineare che rientra in una categoria di strumenti pensati per massimizzare le performance dei professionisti.

Il grande vantaggio di questo cockpit integrato è il design, capace di sfruttare quel binomio tra comfort/design funzionali per la piena sfruttabilità del componente in diverse situazioni, per differenti tipologie di mani (grandi e piccole) e stili di guida (dallo sprinter fino ad arrivare al corridore più leggero che pedala sempre in piedi). Mancano a nostro parere due piccoli sedi o incavi sotto l’orizzontale, dove posizionare i due “pulsanti satellitari scalatore”, molto utilizzati dai salitomani e da chi tiene le mani alte/orizzontali per lunghi periodi durante le scalate.

E’ rigido e si sente, ma rispetto al passato è una rigidità “migliore”, perché meglio distribuita, perché le mani tendono ad avvolgere quasi completamente le diverse sezioni del manubrio, senza ostacoli. Deda Alanera RS è una sorta di punto di arrivo per chi vuole effettuare un vero upgrade di altissima caratura.

Deda

L’occhio di Fontana sul ciclocross: «Non guardate solo VDP…»

16.01.2025
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La grande rimonta non è andata in porto, per la miseria di 2 secondi. Tanto ha separato Filippo Fontana dalla gloria tricolore e non si può negare che quella rincorsa furiosa resta comunque negli annali, considerando anche la caduta d’inizio gara. Per il portacolori dei Carabinieri resta comunque l’aspetto positivo di una competizione arrivata dopo una stagione di ciclocross molto intermittente, con la perla del successo al GP Guerciotti ma poco altro, perché il ventiquattrenne ha deciso di cambiare impostazione alla sua carriera.

Con Fontana andiamo però un po’ al di là del puro discorso tricolore e facciamo appello alla sua conoscenza dell’ambiente, ancorché maturata in età giovanile, per cominciare a entrare nel clima dei mondiali. Chiaramente Filippo non sa se sarà chiamato a vestire la maglia della nazionale e certamente quei 2” possono anche “scottare” da questo punto di vista, ma il discorso da affrontare è più ampio e riguarda soprattutto l’estero, i campioni con i quali ha avuto modo di confrontarsi negli ultimi anni.

Un Fontana abbastanza accigliato sul podio tricolore di Faé di Oderzo (foto Billiani)
Un Fontana abbastanza accigliato sul podio tricolore di Faé di Oderzo (foto Billiani)

«Anche se ho gareggiato poco, ho seguito molto tutta l’attività – esordisce il corridore trevigiano – e ho visto come tutto sia cambiato quando Van der Poel e poi Van Aert sono entrati nel massimo circuito. Tutti dicono che contro Van der Poel c’è poco da fare, che il mondiale è già assegnato, che non c’è storia e così via. Probabilmente sarà anche vero, ma il ciclocross – come lo sport tutto – insegna che le gare vanno corse».

Tu pensi che l’olandese sia battibile?

In certi casi sì, dipende molto da come sta e da come si evolve la gara, lo abbiamo visto anche in passato. Non è come Pogacar su strada, che ha “ucciso” tante gare nell’ultimo anno. C’è poi un altro aspetto che mi ha colpito.

Van der Poel ha disputato finora 5 gare di ciclocross, vincendole tutte, ma l’ultima è del 29 dicembre
Van der Poel ha disputato finora 5 gare di ciclocross, vincendole tutte, ma l’ultima è del 29 dicembre
Quale?

Si parla sempre e solo di chi vince, ma il ciclocross è diverso. Pensare che chi gareggia in presenza dell’iridato si senta battuto in partenza, sbaglia. Perché quando entri in gara non pensi solo a vincere: ci sono le presenze sul podio, i piazzamenti, i punti, il riscontro mediatico televisivo, il far vedere sulla maglia i marchi degli sponsor. Una gara di ciclocross non si riduce solamente a chi vince. Su strada forse è un po’ diverso, si è più legati alla tradizione.

Questo dipende anche dalle diverse caratteristiche della disciplina?

Sì, nell’offroad in generale le avversità da superare sono tante, può sempre avvenire qualcosa. Ma soprattutto c’è un po’ più considerazione per chi si piazza, per chi sale sul podio, tanto è vero che nella mountain bike sono in 5 a conquistarlo, non 3. Non si corre solo per vincere. Poi è chiaro che, soprattutto in un mondiale, le gerarchie il più delle volte vengono a galla ed è anche giusto così. Il percorso della prossima edizione non lo conosco molto, non sapendo se sarò chiamato in causa, ma è logico considerare l’olandese il netto favorito.

Per Van Aert doppietta di successi a Gullegem e Dendermonde, ma niente mondiali
Per Van Aert doppietta di successi a Gullegem e Dendermonde, ma niente mondiali
I risultati di questa prima parte di stagione ti hanno sorpreso? Ti aspettavi che VDP e Van Aert facessero subito la differenza?

Sì, perché ormai quando un corridore di quella levatura si presenta al via non lo fa mai essendo al 70 per cento della forma, è già abbastanza carico e rodato. Il Van der Poel visto finora, almeno prima degli acciacchi che lo hanno fermato, era all’apice e ha fatto un po’ quello che voleva. Ma l’infortunio fa parte dello sport, rientra in quella casistica di cui parlavo prima. Io dico che per il mondiale sarà di nuovo il riferimento, mi stupirei del contrario.

Van Aert come l’hai visto?

Per lui la situazione era diversa, più difficile dopo gli infortuni patiti. Il fatto che abbia deciso di rinunciare al mondiale non mi stupisce: ne ha vinti 3, uno in più non gli cambierebbe la vita o almeno non gliela cambierebbe come invece centrare uno di quei successi nelle Classiche del Nord che ancora gli manca. Lui va cercando qualcosa di nuovo, che gli è sempre sfuggito. E’ giusto che privilegi la strada. Anch’io nel mio ambito ho fatto una scelta, privilegiando la mountain bike e per questo non faccio ciclocross a tempo pieno, anche perché la stagione di mtb è sempre più lunga.

Per Van der Poel il sogno iridato nella mtb, dove nei grandi eventi titolati ha sempre pagato dazio
Per Van der Poel il sogno iridato nella mtb, dove nei grandi eventi titolati ha sempre pagato dazio
Van der Poel ha detto di voler puntare al titolo mondiale di mtb, per completare il poker mai riuscito a nessuno (strada, ciclocross, gravel e appunto mountain bike). Per te è possibile?

Io la vedo dura. L’olandese ha sì vinto tre prove di Coppa del mondo, ma non sempre la mountain bike gli riesce bene. E macchinoso, ha bisogno di percorsi molto scorrevoli e poco tecnici. In questo caso sì, sarei sorpreso se gli riuscisse.

E Nys, secondo te potrà raggiungere quei livelli?

Non credo, perché parliamo di campioni assoluti che non solo hanno lasciato un’impronta indelebile in questa specialità, ma hanno anche scavato un solco fra loro (e ci metto anche Pidcock assente quest’anno) e gli altri.

Thibau Nys, laureatosi domenica campione nazionale, non sembra ancora al livello dei super big
Thibau Nys, laureatosi domenica campione nazionale, non sembra ancora al livello dei super big
Ti rivedremo più attivo nel ciclocross?

Forse, ma come dicevo il calendario di mountain bike è impegnativo, si finisce a metà ottobre e considerando il necessario stacco si ricomincia con la preparazione a novembre, non resta molto tempo. Ma magari un paio di stagioni più incentrate sull’attività invernale potrei anche farle…

XDS-Astana: mercato, punti, sprinter: al tavolo con Mazzoleni

16.01.2025
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DENIA (Spagna) – Il ritiro della XDS-Astana ci ha offerto l’occasione per sederci ad un tavolo con Maurizio Mazzoleni, oggi non solo più preparatore, ma anche dirigente del team, per parlare dei grandi cambiamenti in atto all’interno della squadra kazaka. Con il supporto del nuovo partner cinese e una profonda ristrutturazione dell’organico, il team affronta una stagione a dir poco cruciale per rimanere nel WorldTour. Tattiche, nuovi materiali, gestione delle formazioni, giovani… quanta carne al fuoco.

Il cambio radicale dell’organico è stato il primo segnale di un nuovo corso: 14 corridori usciti e altrettanti nuovi arrivi rappresentano una rivoluzione più che un semplice restyling. Mazzoleni ci ha spiegato come la scelta di puntare su atleti veloci e adatti alle gare di un giorno rifletta la logica imposta dai punteggi UCI. Tra i nomi di punta, ci sono senza dubbio Diego Ulissi e Alberto Bettiol che si preparano a una stagione da protagonisti, ma anche Davide Ballerini e Florian Kajamini sono chiamati ad un ruolo molto importante, anche per costruire un progetto solido per gli anni a venire.

La nuova XDS-Astana: 14 nuovi corridori e il definitivo passaggio da team per i Grandi Giri a squadra da corse per un giorno
La nuova XDS-Astana: 14 nuovi corridori e il definitivo passaggio da team per i Grandi Giri a squadra da corse per un giorno
Maurizio, partiamo dal mercato: 14 corridori sono andati via, 14 ne sono arrivati, è quasi il 50 per cento dell’intera squadra. Una rivoluzione più che un cambiamento…

Sì, è stata proprio una scelta dettata da questo nuovo investimento di partnership con XDS che si affaccia sul mercato del ciclismo mondiale. Questo abbinamento ci ha portato a trovare la miglior via per lottare e per rimanere nel WorldTour. Non sarà semplice, ma il mercato è stato fatto appunto in quella direzione.

Che tipo di squadra c’è adesso?

Meno corridori da corse a tappe e più corridori per le corse di un giorno: attaccanti, corridori mediamente veloci. Questa distribuzione nasce dal sistema di punteggi, che porta, se non si ha un leader da top 5 nei grandi Giri, a orientarsi verso corridori più veloci. Una gara di un giorno come Almeria, per esempio, assegna 200 punti al vincitore, mentre una corsa a tappe di una settimana (non di prima fascia, ndr) ne dà 125 al primo della generale. Va da sé che in ottica punteggi, questi corridori hanno un appeal maggiore.

Sei il responsabile della preparazione in Astana: come farete le formazioni anche in virtù di queste esigenze tecnico-tattiche?

Non solo coach, quest’anno ho un ruolo di sport manager. Coordino l’attività dell’area performance, gestita da Vasilis Anastopoulos, e tutta l’area tecnica dei direttori sportivi. Collaboro anche sotto il piano logistico con Lorenzo Lapage, responsabile della logistica. E’ un ruolo di coordinamento essenziale in un team WorldTour moderno. Quindi insieme cercheremo di creare le formazioni che ci potranno garantire più punti nelle corse a noi più congeniali che non è detto siano per forza quelle WorldTour.

Matteo Malucelli, arrivato in extremis, potrà essere un ottimo acquisto. Mazzoleni crede molto in lui e nel treno dei velocisti che stanno costruendo
Malucelli, arrivato in extremis, potrà essere un ottimo acquisto. Mazzoleni crede molto in lui e nel treno dei velocisti che stanno costruendo
Ne avevamo parlato: hai un bel lavoro nel fare i calendari…

Il ciclismo è evoluto molto. In supporto al nostro lavoro di scelta c’è un confronto multidisciplinare o multisettoriale, per meglio dire. I direttori sportivi offrono la loro esperienza sulle formazioni e sulla scelta dello staff, mentre gli allenatori e i medici ci danno la condizione perfetta degli atleti. Questo influisce sulla scelta degli uomini per le varie gare.

È cambiata un po’ la preparazione in generale, dovendo appunto puntare di più su corse di un giorno?

Non proprio, le preparazioni sono da anni individualizzate. Quello che cambia è l’utilizzo tattico degli atleti. Si punta di più a piazzamenti nelle top 5 e top 10 piuttosto che esaltare solo il risultato del capitano di giornata. Questo è un aspetto tattico da considerare. Vale per noi, ma non solo. Tolti i big team, quasi tutti ragionano così. Ma è il regolamento che ha portato a questo.

Capitolo velocisti: avete preso Malucelli, avete Syritsa anche se al devo team. C’è già un treno, una gerarchia di velocisti? Come ci state lavorando?

Abbiamo lavorato molto nel biennio di Cavendish, migliorando il lead-out e la gestione della corsa. Ora abbiamo velocisti di livello diverso da Cavendish, il che ci permette di variare le letture tattiche. Gleb lo abbiamo messo nel devo team, ma la sua esperienza ci potrà aiutare in quella squadra e poi potrà fare molte gare con la prima squadra. Non le corse WorldTour, ma se andiamo a vedere non ha mai fatte troppe. Vedrete, Syritsa e Malucelli correranno spesso insieme e Gleb potrebbe fare da lead-out per Malucelli.

Fausto Masnada è uno dei nuovi acquisti: Mazzoleni si aspetta molto da lui
Fausto Masnada è uno dei nuovi acquisti: Mazzoleni si aspetta molto da lui
Proprio Malucelli ci ha detto che in questi giorni di prova ci si è trovato benissimo… E in questo treno c’è un capotreno? Magari Ballerini o la new entry Romele?

Romele è all’inizio della carriera e potrebbe sviluppare questa attitudine. Ballerini è un lead-out di altissimo livello e si ritaglierà di sicuro spazi importanti anche nel treno ma soprattutto nel suo Belgio. Ma poi non dimentichiamo Bol, Kanter, Gate che con la sua esperienza in pista è dotato di enormi accelerazioni…

Dal Belgio andiamo ai due big acquisti: Bettiol e Ulissi. Correranno insieme? E come saranno gestiti?

Hanno obiettivi diversi nei primi mesi. Entrambi si ritroveranno probabilmente al Giro d’Italia, dove Diego punterà a continuare la sua striscia di vittorie e di ottimo rendimento, una sua costante in questi anni. Mentre Alberto cercherà di difendere e onorare la maglia tricolore e cogliere magari qualche risultato importante. Sono atleti di classe, forza ed esperienza.

C’è un nome nel roster che ti stuzzica, che potrebbe essere la sorpresa?

Mi aspetto una grande stagione da Fausto Masnada. Dopo due anni difficili per problemi fisici, che forse solo i tecnici che gli sono stati davvero vicino conoscono fino in fondo, è pronto a tornare a livelli altissimi. Fausto può essere un jolly. E poi penso a Florian Lipowitz e Davide Toneatti: sono giovani di talento che, con il giusto tempo e metodi, possono affermarsi.

Quanto sarà importante per voi questo 2025 che, ricordiamo, chiude il triennio della classifica a squadre UCI?

È fondamentale. L’approccio rimane quello di una squadra competitiva in ogni settore. A fine anno vedremo se avremo raggiunto il risultato, ma sono certo che daremo il massimo.

Nata nel 2006, l’Astana ha vinto quasi 400 corse, tra cui 9 Grandi Giri e 5 classiche monumento. Gran parte di questi successi sono a firma di Giuseppe Martinelli
Nata nel 2006, l’Astana ha vinto quasi 400 corse, tra cui 9 Grandi Giri e 5 classiche monumento. Gran parte di questi successi sono a firma di Giuseppe Martinelli
Nuovi materiali? Abbiamo visto che i vostri meccanici hanno un bel da fare e che di solito quando si cambiano partner tecnici c’è sempre un po’ di rodaggio…

Abbiamo iniziato mesi fa a lavorare con il nostro nuovo partner. Vero, serve un po’ di rodaggio, però è anche vero che la collaborazione con questo brand specializzato nel carbonio ci permette di seguire l’intera produzione dei telai, dal carbonio stesso al più piccolo degli adesivi. Questo know-how è unico e potrebbe fare la differenza nei prossimi anni. Ci crediamo molto.

Ultima domanda: sarai contento se?

Se avremo dato tutto quello che potevamo sia sulla strada con gli atleti che a livello di supporto come staff. Nello sport ci sono anche gli avversari, ma sarò soddisfatto se avremo fatto il massimo. Però prima di chiudere fatemi dire una cosa.

Prego…

Vorrei salutare e ringraziare Giuseppe Martinelli – dice con trasporto, Mazzoleni – questa è la prima stagione senza di lui. Se io e moltissimi di noi siamo qui lo dobbiamo a lui. Martino ha reso grande l’Astana. Se negli anni ha vinto tutto quello che ha vinto grande merito è il suo.

In effetti Martino è Martino…

Era doveroso.

Vingegaard non si nasconde: posso battere Pogacar

16.01.2025
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Vingegaard racconta, la presentazione della Visma-Lease a Bike è lo sfondo perfetto. Il danese è ripartito. Ribadisce di aver corso il Tour del 2024 con il grosso handicap dell’incidente di aprile e fa capire di non essere per nulla rassegnato davanti allo strapotere di Pogacar. Dopo la dura lezione della scorsa estate, la squadra olandese rialza il capo e sfida il numero uno al mondo con la consapevolezza di averlo già battuto. A sette mesi dal Tour, il guanto di sfida è stato lanciato.

«L’obiettivo principale della mia stagione – dice Vingegaard, in apertura con Jorgenson – è la terza vittoria al Tour. L’idea di fare il Giro era venuta considerandolo un utile passaggio di avvicinamento, ma ci sono troppi fattori di cui tenere conto. Il tempo, l’energia che devi mettere ogni giorno, troppe cose che non puoi controllare. Quindi abbiamo deciso che la cosa migliore da fare sarà un training camp in altura. E semmai ci sarà un secondo Grande Giro, sarà la Vuelta, ma valuteremo la mia condizione».

Nessun bluff: Vingegaard ha ribadito di essere arrivato all’ultimo Tour quasi per miracolo (foto Instagram)
Nessun bluff: Vingegaard ha ribadito di essere arrivato all’ultimo Tour quasi per miracolo (foto Instagram)

Il ciclismo non è tutto

E’ una presentazione che parla di un’ambizione bella e buona: quella di tornare la prima squadra al mondo. Anche se il boss Richard Plugge ammette nel suo discorso che il primo obiettivo – quello davanti cui l’ambizione della squadra potrebbe finire in secondo piano – è proprio il Tour de France.

Il percorso scelto per il danese prevede il debutto all’Algarve, poi la Parigi-Nizza, il Catalunya, il Delfinato e il Tour de France. Non lo vedremo alla Tirreno-Adriatico in cui lo scorso anno aveva dato spettacolo, perché ogni traiettoria di questa sua stagione finirà nella direzione del Tour. E non ci sarà neppure il Giro dei Paesi Baschi, quello della caduta in cui lo scorso anno poteva perdere ben altro che la sola vittoria del Tour.

«Pensavo davvero che stavo per morire – racconta ancora – e questo mi ha fatto pensare che il ciclismo non sia tutto. Lo sapevo già, ma quando succede una cosa del genere, te ne accorgi anche di più. E’ stato molto difficile uscirne anche mentalmente, ma l’ho gestito bene e mi sento di nuovo bene con me stesso. Mi piace ancora andare in bicicletta, altrimenti non sarei qui con nuove ambizioni».

Al Tour, Kuss tornerà a fare il gregario di lusso: il ruolo che gli si addice meglio (foto Visma Lease a Bike)
Al Tour, Kuss tornerà a fare il gregario di lusso: il ruolo che gli si addice meglio (foto Visma Lease a Bike)

Pogacar si può battere

E’ convinzione in casa UAE Emirates che in realtà il Vingegaard del Tour sia il migliore mai visto sinora: una tesi che il diretto interessato respinge con decisione e, tutto sommato, si sarebbe portati ad essere d’accordo. Se si è preso per buono il disagio di Pogacar per la frattura dello scafoide nel 2023, perché non credere che le tante fratture del danese possano averne rallentato la preprazione?

«E’ stato un miracolo – dice lui – essere arrivato secondo al Tour dietro Pogacar. Ho dovuto aspettare fino a metà maggio prima di potermi allenare nuovamente con intensità. Il fatto di essere arrivato alla partenza del Tour è stato oltre ogni aspettativa. Per questo il secondo posto è un risultato di cui sono molto orgoglioso. L’anno scorso tra noi ci sono stati più di sei minuti e se fossi stato in grado di prepararmi senza problemi, adesso avrei molti più dubbi e sarebbe stato un duro colpo alla mia fiducia.

«Ma io so da dove vengo e so che quando sono arrivato in ottima forma, l’ho battuto per due volte e sono determinato a farlo ancora. Chiaramente so che per riuscirci, il mio livello dovrà aumentare ancora. Quando hai già sconfitto qualcuno, sai che ne sei capace e sei disposto a fare qualsiasi cosa pur di riuscirci di nuovo. Mi sembra normale che un grande atleta abbia questa sensazione».

Campenaerts, appena arrivato, ha le stesse misure di bici di Vingegaard (foto Visma Lease a Bike)
Campenaerts, appena arrivato, ha le stesse misure di bici di Vingegaard (foto Visma Lease a Bike)

La squadra più forte

Sulla sua strada ci sarà anche Remco Evenepoel, che i giornalisti belgi (non solo loro) considerano una minaccia concreta per gli aspiranti alla maglia gialla. Vingegaard risponde convinto, perché aver duellato con Remco sulle Alpi nel 2024 gli ha fatto intravedere le sue potenzialità.

«Remco è stato molto forte per tutto il 2024 – dice – e non solo al Tour. Alle Olimpiadi ha vinto due medaglie d’oro e poi nella crono dei mondiali ha replicato la vittoria dello scorso anno. Se lo incontreremo al Tour, sarà sicuramente un avversario che terremo in considerazione. Sono anche certo che la nostra squadra sarà attrezzata per contrastare anche lui».

La Visma-Lease a Bike non ha fatto misteri: alla Grand Depart di Lille porterà l’organico più potente. Con Vingegaard ci sarà Simon Yates, preso proprio per questo, con Kuss, Van Aert, Laporte, Jorgenson, Benoot e Campenaerts. «E’ una squadra molto forte – dice Vingegaard – sia in montagna sia nelle tappe di pianura. Senza dubbio la squadra più forte che abbiamo avuto. E’ importante provare a progredire anche collettivamente e penso che siamo a un ottimo livello».

Vingegaard appare molto sicuro di sé e calmo: è certo di poter battere ancora Pogacar (foto Visma Lease a Bike)
Vingegaard appare molto sicuro di sé e calmo: è certo di poter battere ancora Pogacar (foto Visma Lease a Bike)

Tre mondiali di fila

L’ultimo saluto alla stampa, Vingegaard l’ha dato parlando dei prossimi tre mondiali che gli si addicono come guanti. Quelli del Rwanda, come pure quelli canadesi e a seguire i mondiali in Alta Savoia, sulle strade in cui al Tour del 2023 demolì Pogacar con la celebre cronometro di Combloux, alla vigilia dell’altrettanto aspra lezione di Courchevel. Se tutto va come deve, si annuncia un Tour di altissimo livello, con tre uomini che si stagliano sopra alla media e altri pronti ad approfittare di eventuali passi falsi. Ogni duello di qui in avanti sarà un anticipazione di futuro.

Vitillo sorride e riprova la rincorsa: quest’anno non si sbaglia

15.01.2025
7 min
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Dicci un’ultima cosa e poi basta: alla fine del 2025 saremo contenti se? Vitillo ci pensa un attimo, poi allarga quel suo sorriso luminoso e si butta. «Eh, saremo contenti – dice – se riusciremo a passare dall’altra parte. L’obiettivo è sempre quello. E anche alzare le mani al cielo sarebbe bello, sarebbe veramente bello. Io ci provo».

L’atleta torinese è in Spagna con qualche giorno di anticipo rispetto al resto della squadra che raggiungerà Denia domani. Le giornate sono splendide e l’aria tiepida, non come a casa sua a Torino, da cui ogni volta il padre le racconta di temperature parecchio sotto lo zero. Il 2024 è alle spalle con il suo carico di affanni. La salute è a posto e la stagione che viene servirà per tentare finalmente la scalata alla Jayco-AlUla WorldTour. Per lei che era una delle gemme della BePink e una delle promesse della pista giovanile azzurra, il passaggio nel devo team era ed è ancora l’occasione per farsi vedere.

Nel 2022, Vitillo conquista la madison agli europei U23 di Anadia, assieme alla compagna di squadra Silvia Zanardi (TaskFoto)
Nel 2022, Vitillo conquista la madison agli europei U23 di Anadia, assieme alla compagna di squadra Silvia Zanardi (TaskFoto)
Come va l’inverno?

Bene, abbiamo già cominciato da un po’. Dopo il ritiro di dicembre, domani comincia il secondo e saremo anche con la WorldTour, quindi penso che faremo anche alcuni allenamenti insieme. Faremo un buon lavoro.

Com’è andato il 2024?

Con la squadra molto bene, non mi sono mai trovata così a mio agio in un team. Forse mi aspettavo un po’ troppo da me stessa, invece ho avuto una serie di cose che non sono andate nel verso giusto. L’anno prima, nel 2023, sono stata ammalata praticamente tutto l’anno. Avevo sempre febbre tra 37,5 e 38 e non capivo. Per cui per tutto l’anno sono stata lì provando a riposare, a non riposare, a fare gare. Ho fatto addirittura gare senza allenamento, quindi da un lato mi sono devastata e dall’altro non sapevo cosa avessi. Solo a fine anno ho scoperto che avevo un’infezione ai turbinati per la quale sono stata operata. Ma non era ancora finita…

Nel 2024 una stagione faticosa: qui a Oetingen, a marzo, due giorni prima del suo compleanno
Nel 2024 una stagione faticosa: qui a Oetingen, a marzo, due giorni prima del suo compleanno
Oddio, cosa è successo?

Dopo i primi controlli andava tutto bene. Poi sono andata in vacanza in crociera e dopo due giorni ho iniziato a perdere sangue a fiotti. Il problema è che sulla nave non c’era uno specialista e il fatto è successo in un giorno in cui non si faceva scalo. Per cui sono rimasta in infermeria per un giorno intero, finché siamo arrivati in Sicilia, sono andata in un ospedale e qui finalmente un otorino mi ha messo il tampone giusto e si è risolto tutto.

Perché questo ha condizionato il 2024?

Quando sono tornata a casa, ho fatto gli esami del sangue e l’emoglobina era scesa di 3-4 punti, quindi non ho potuto iniziare ad allenarmi, perché sarebbe stato controproducente. Perciò ho aspettato ancora e ho cominciato la preparazione tardissimo. E’ stato un continuo rincorrere senza essere riuscita a farmi una buona base. Per cui sono arrivata a un livello e da lì non mi sono più mossa. Quest’anno vorrei che fosse tutto diverso.

Matilde Vitillo, classe 2001 di Torino, è al secondo anno con il devo team della Jayco
Matilde Vitillo, classe 2001 di Torino, è al secondo anno con il devo team della Jayco
Alla BePink eri una delle figure di riferimento, ma sei passata in un devo team: lo hai mai visto come un passo indietro?

L’ho sempre vista come una crescita. Il mio obiettivo era fare tutti gli anni da U23 in una squadra che mi potesse far crescere e poi mi desse la possibilità passare. Purtroppo l’ultimo anno da U23 l’ho vissuto come vi ho appena detto e passare in un momento in cui non ti senti al meglio non è una cosa ottimale. Essere in un devo team è il giusto compromesso. Loro vedono come lavoro e cercano di farmi migliorare. Ovviamente la speranza è sempre quella di passare.

Che differenza c’è tra la Matilde Vitillo che nel 2022 vinse una gara WorldTour a Burgos e la Matilde di adesso?

Sotto un certo punto di vista mi sento cresciuta. Penso che l’anno scorso mi abbia aiutato tanto a vedere la gara per com’è. Mi ricordo bene di quando sono riuscita a vincere quella tappa nel 2022. Adoro andare in fuga. Prendere, uscire, stare davanti, sapere di essere la testa della corsa: è un’emozione indescrivibile. L’anno scorso per me è stato veramente difficile uscire dal gruppo e stare in testa a battagliare fino alla fine. E forse questo mi ha aiutato a essere più intelligente in gara e non sprecare troppe energie, cercando di cogliere l’attimo giusto.

A giugno, Vitillo impegnata in una fuga al Thüringen Ladies Tour: il tipo di azioni che preferisce
A giugno, Vitillo impegnata in una fuga al Thüringen Ladies Tour: il tipo di azioni che preferisce
Una cosa positiva?

Da un certo punto di vista sì, forse però ora mi fido meno di me stessa rispetto a come ero nel 2022. In quel periodo era come se quello che volevo fare lo facessi. Non avevo troppe difficoltà, mi buttavo di più, era molto più facile. Adesso, dovendo compensare la mancanza di forma, ho dovuto svegliarmi un po’. Spero che queste due cose, combinate fra loro, quest’anno possano portarmi a fare un altro passo. 

Hai già un programma?

In realtà non l’abbiamo ancora discusso. Cominceremo a febbraio già in Spagna con la Valenciana, prima in linea e poi forse quella a tappe con la WorldTour. Ne parleremo domani quando ci vedremo.

Lo scorso anno sei stata in Coppa del mondo a Hong Kong: ti vedremo ancora in pista?

Questa è una bellissima domanda. A me la pista è sempre piaciuta tantissimo e si può anche combinare con la strada, però è molto complicato. Sono stata contenta di andare a Hong Kong, ma per dargli continuità bisogna essere tanto focalizzati. Io l’anno scorso mi sono un po’ persa, nel senso che con le Olimpiadi il gruppo pista era chiuso e quindi, essendo al primo anno nella nuova squadra, ho preferito concentrarmi sulla strada. Quindi mi piacerebbe continuare con la pista, ma trovando il modo giusta per incastrarla col resto.

Vuelta Burgos 2022, Aguilar de Campoo: Vitillo sulla sinistra vince lo sprint della fuga. Il gruppo dietro non chiude
Vuelta Burgos 2022, Aguilar de Campoo: Vitillo sulla sinistra vince lo sprint della fuga. Il gruppo dietro non chiude
In cosa devi migliorare per stare davanti nelle corse che contano?

Sulle salite, perché è lì che si fa la selezione. La salita fa veramente tanto, quindi mi piacerebbe avere tanta resistenza per poi potermela giocare. Più che altro serve essere veramente svegli in gara, perché se riesci a muoverti al meglio, in qualche modo ce la fai. Ovviamente la gamba serve sempre, però la testa per me fa di più.

La tua compagna di squadra Lucinda Stewart ha vinto il titolo nazionale, com’è ora il clima in squadra?

Molto positivo. Lucinda ancora non la conosciamo bene, perché è entrata in squadra quest’anno quindi nessuno di noi in realtà la conosce. Però secondo me la sua vittoria dà già molto morale al devo team. Ci fa capire che ci possiamo giocare le nostre carte nonostante non siamo ancora nella squadra WorldTour.

L’inserimento di Vitillo nel devo team della Jayco-AlUla procede di buon passo, così come la pratica con l’inglese
L’inserimento di Vitillo nel devo team della Jayco-AlUla procede di buon passo, così come la pratica con l’inglese
Chi è il tuo direttore sportivo di riferimento?

Przemysław Kasperkiewicz, nome difficile da scrivere. E’ molto bravo, ti capisce al 100 per cento. Se hai problemi di qualsiasi tipo, anche solo a livello personale, lui sa capirti e ti insegna a gestire le emozioni e a concentrarci sull’obiettivo della gara.

A proposito di problemi, l’anno scorso sei mai andata giù di testa con i problemi che hai avuto?

E’ stato parecchio complicato. Ho avuto poca fiducia in me stessa e questo mi ha portato tanto giù. Forse però, da un certo punto di vista, mi ha aiutato a vedere le cose da un’altra prospettiva e a gestirle in maniera diversa. E nonostante tutto e nonostante sia stato davvero duro, la voglia di finire le corse e fare bene lho sempre avuta. Per questo credo che sto ripartendo da un livello migliore.

Cronoman alla larga dal Rwanda e Velo sbotta

15.01.2025
6 min
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D’accordo che manca una vita, però dei mondiali in Rwanda si parla da un pezzo. E se gli scalatori, Pogacar in testa, sanno di avere nella prova su strada nuovamente un’occasione ghiotta, sul fronte dei cronoman l’entusiasmo è sparito nel momento in cui hanno preso in mano l’altimetria della prova contro il tempo. 40,6 chilometri con 680 metri di dislivello per i professionisti. 31,2 chilometri e 460 metri di dislivello per le donne elite. 42,4 chilometri e 740 metri di dislivello per il team time trial. La prima a fare un passo indietro è stata Vittoria Guazzini e a ruota è presto arrivato anche Ganna. Nessuna voglia di finire come a Tokyo, quando i chilometri furono 44,2 chilometri e il dislivello di 800 metri.

Il tema sta molto a cuore a Marco Velo, tecnico della crono azzurra. Già nei mesi scorsi non erano mancate le sue osservazioni molto critiche sul tema e la scelta tecnica per la prova del Rwanda contribuisce solo a rincarare la dose.

«Noi saremmo anche messi bene – dice – perché comunque abbiamo Cattaneo, Sobrero ed Elisa Longo Borghini. Ma non posso essere contento perché è da Tokyo che ho in mente un’idea, che secondo me l’UCI dovrebbe adottare piuttosto che pensare ad altre cose che esulano da quello che effettivamente dovrebbe essere una cronometro».

Europei di Hasselt 2024, Velo con Affini che ha vinto e Cattaneo che ha preso il bronzo
Europei di Hasselt 2024, Velo con Affini che ha vinto e Cattaneo che ha preso il bronzo
Come deve essere fatta una cronometro?

Una prova per cronoman, cioè atleti con certe attitudini e caratteristiche. Sennò è come organizzare una gara dei 100 metri di atletica e metterci in mezzo una curva, perché lo stadio è fatto così. Oppure una maratona con tre salite. Un conto è la crono del Giro d’Italia, le corse a tappe esulano dalla specialità vera e propria, ma quando si tratta di una prova titolata…

Quale idea hai in mente da Tokyo?

La proposta che vorrei fare all’UCI, magari questo articolo può essere l’inizio di un dibattito, è dire che è difficile al giorno d’oggi trovare 30-40 km completamente piatti, non lo pretendo nemmeno. Però inserirei un range per il dislivello. Per crono da 0 a 30 chilometri, puoi arrivare al massimo a 250 metri. Dai 30 ai 40 chilometri, puoi arrivare a 300-350 metri. Ma non 700 come in Rwanda oppure 800 come a Tokyo, altrimenti è una cronoscalata. Come mettono il limite di chilometri nella lunghezza delle tappe, potrebbero valutare anche questo criterio, per non penalizzare chi investe nella specialità.

Zurigo andava bene, secondo te?

No, era al limite. Erano 46 chilometri con 413 metri di dislivello. Se fosse stata meno, magari Evenepoel avrebbe vinto comunque, ma ho dei dubbi. Per come è andato Ganna nel finale, che gli guadagnava 1″200 a chilometro, lo passava di sicuro. Pippo ha perso dopo la salita, dove c’erano due strappi duri da fare e l’altro pesa 20 chili in meno. La salita più o meno l’hanno fatta alla pari, c’erano 3″ di differenza.

Come dire che sarebbe bastato meno dislivello…

Zurigo con 100 metri di dislivello in meno significava avere molto probabilmente Ganna campione del mondo. Come volava pure Tokyo e chiuse a 2 secondi dal bronzo. Allora vinse Roglic, questa volta potrebbe vincere Pogacar o Van Aert se decide di farla a tutta. Dovrebbero regolarsi come per la prova su strada. Un anno fai la crono con 50 metri di dislivello, l’anno dopo la fai con 350 che va bene per tutti. Mi dispiace che a Zurigo non abbia potuto correre Cattaneo…

Elisa Longo Borghini e Gaia Realini, due atlete che potremmo rivedere in azzurro ai mondiali del Rwanda
Elisa Longo Borghini e Gaia Realini, due atlete che potremmo rivedere in azzurro ai mondiali del Rwanda
Perché?

Perché speravo che Affini fosse iscritto di diritto in quanto campione europeo, invece non era possibile. Ma per il prossimo mondiale lui ci sarà, mentre il percorso è troppo duro per campioni come Ganna e Affini. Abbiamo Cattaneo e Sobrero e potremmo avere anche Baroncini. L’anno scorso era stato interpellato per la crono mista, dato che era dura, ma non ha accettato. Ma anche su quello, vi pare normale fare un team time trial sul percorso della strada, dove il solo pezzo in pianura era quello che portava all’arrivo? Salita, discesa, curve e quando ci stai nella posizione da crono? E’ assurdo. Eppure eravamo lì e abbiamo perso solo per 6 secondi.

Avevamo una bella squadra.

Se fosse stato un percorso piano, dico che la vincevamo. Cattaneo, Affini e Ganna avrebbero lasciato alle ragazze un minuto da gestire, eppure hanno fatto ugualmente i miracoli, per chiudere sui tempi dei migliori su un percorso così duro. Per stare dietro a Cattaneo che tirava in salita, Affini ha sputato sangue (foto di apertura, ndr) e lo stesso ha fatto Ganna, però hanno volato e stiamo parlando di tre atleti di grossa taglia, Mattia un po’ meno. L’Australia aveva O’Connor che ha fatto secondo nella prova in linea. Purtroppo abbiamo beccato Soraya Paladin in una giornata no, perché quello è stato, altrimenti eravamo ancora lì a giocarcela.

Il percorso duro di Kigali (Rwanda) riporta in primo piano le doti da cronoman leggero di Matteo Sobrero
Il percorso duro di Kigali (Rwanda) riporta in primo piano le doti da cronoman leggero di Matteo Sobrero
Visto che il percorso di Kigali è così duro, vale la pena chiedere di indurire i campionati italiani?

Bisogna dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Intanto bisogna capire dove verrà fatto l’italiano, ma forse non serve indurirlo. Può essere utile per le categorie giovanili, mentre per i professionisti ci saranno altre occasioni di vederli. E poi non andrei oltre 300-400 metri di dislivello per non penalizzare anche noi chi investe sulla crono e gli stessi organizzatori che magari avrebbero pochi partenti se il percorso fosse troppo duro.

In Australia il battesimo di Philipsen, il “bimbo prodigio”

15.01.2025
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21 gennaio. Una data fatidica per Albert Withen Philipsen che non solo indosserà per la prima volta in gara la divisa della Lidl-Trek, ma inizierà anche ad assaggiare la realtà del WorldTour attraverso il Santos Tour Down Under, quindi partendo direttamente dalla cima.

Il danese, intercettato proprio in aeroporto prima di effettuate il lunghissimo viaggio, non è per nulla spaventato, anzi ha una gran voglia di mettersi all’opera e forse mettersi alle spalle un biennio da junior che gli ha dato tantissimo a livello di risultati, ma che cominciava a sentire un po’ stretto.

Per il danese due anni di grande crescita su strada, con titolo mondiale in linea ed europeo a cronometro nel 2023
Per il danese due anni di grande crescita su strada, con titolo mondiale in linea ed europeo a cronometro nel 2023
Come sono state queste prime settimane alla Lidl-Trek?

È stato davvero bello. Il team mi ha supportato molto e mi ha dato molta spinta per avvicinarmi a questo che rispetto agli juniores è un mondo tutto nuovo. Esco da questo periodo di allenamento molto carico, con una buona condizione e mi sento davvero felice nell’affrontare questa trasferta che farà da rompighiaccio.

Sei il più giovane del team e sei passato subito alla squadra WorldTour, che cosa ti aspetti da questo primo anno?

Penso che sia un anno delicato, io non voglio avvicinarmi al nuovo mondo con l’atteggiamento sbagliato. Credo che sia importante soprattutto per imparare, acquisire un po’ più di esperienza e abituarsi a essere al livello dei grandi. Intanto mettendomi a disposizione e svolgendo i compiti che mi verranno dati. D’altronde è difficile avere grandi aspettative perché non so nulla del livello, intanto si tratta di abituarmi al nuovo livello di corsa.

21 giorni di gara nel 2024, con 9 vittorie e qualche delusione, come alla Roubaix e al mondiale
21 giorni di gara nel 2024, con 9 vittorie e qualche delusione, come alla Roubaix e al mondiale
Partirai subito dall’Australia, che sentimenti provi ad affrontare subito una corsa a tappe WorldTour contro molti grandi corridori?

In realtà mi sento abbastanza carico, sono contento di iniziare subito e anche di farlo a un livello così alto. Penso che anche la squadra sia un po’ più rilassata al riguardo. Non hanno aspettative molto alte per me per fare qualcosa di folle perché è così presto nella stagione. E’ la mia prima gara, sarà un po’ un test che mi incuriosisce ma che affronto con tranquillità e il fatto di rientrare nel gruppo, di mettere da parte tutto quel che è successo in questi due anni non mi dispiace. Io comunque voglio crescere velocemente e guardo già alle gare più avanti nella stagione.

Com’è stato il tuo 2024?

La mia stagione è stata piuttosto buona. Ho raggiunto quasi tutti i miei obiettivi, tranne per i campionati del mondo, dove ho dovuto fare i conti con la sfortuna, che si è un po’ accanita… Alla fine comunque posso dirmi soddisfatto.

Philipsen e Finn nella fuga decisiva dei mondiali. Una rivalità che potrebbe svilupparsi fra i grandi
Philipsen e Finn nella fuga decisiva dei mondiali. Una rivalità che potrebbe svilupparsi fra i grandi
Torniamo al mondiale, senza la caduta pensi che vi sareste giocati il titolo tu e Finn e che cosa pensi del corridore italiano?

Devo dire che Finn stava andando davvero forte. Per questo mi è spiaciuto come sono andate le cose, sarebbe stata una bella sfida, incerta, un ultimo giro tutto da vivere, ma nel ciclismo bisogna anche pagare dazio. Io penso che anche lui avrebbe voluto giocarsi la vittoria ad armi pari e credo che anche il pubblico, a prescindere dal tifo, avrebbe gradito. Vorrà dire che ci affronteremo nella categoria superiore…

Continuerai a fare strada e mountain bike?

Per quest’anno ho intenzione di continuare sia per la strada che per la mountain bike, concentrandomi principalmente sulla corsa su strada e poi facendo solo una manciata di gare di mountain bike parallelamente. Diciamo che quest’anno la bilancia penderà molto più che in passato verso il ciclismo su strada e non potrebbe essere altrimenti, è un grande investimento che sto facendo io su me stesso e che sta facendo la squadra.

Philipsen intende continuare nella mtb, dove vanta 2 titoli mondiali e uno europeo da junior
Philipsen intende continuare nella mtb, dove vanta 2 titoli mondiali e uno europeo da junior
Il ciclocross lo hai abbandonato del tutto?

Qualcosa dovevo per forza lasciarla da parte. Ho deciso di non fare più il ciclocross solo per potermi allenare meglio in inverno e prendermi una pausa mentale dalle gare. A questo punto era diventata una necessità.

Perché hai scelto la Lidl-Trek?

E’ difficile dire esattamente perché ho scelto il team. Direi che sono stati loro che mi hanno dimostrato grande interesse e prospettato un programma ideale per la mia crescita, devo dire che la cosa che mi ha colpito di più è che erano davvero entusiasti. In generale ero una buona atmosfera e poi mi piace molto anche l’attrezzatura che utilizzano, sono davvero contento delle bici da corsa e anche degli altri corridori che corrono nel team. Soprattutto in squadra ho trovato un buon numero di corridori danesi che possono aiutarmi e darmi qualche consiglio importante.

Il diciottenne di Holte è molto cresciuto a cronometro, il che ne fa un elemento di punta per le corse a tappe
Il diciottenne di Holte è molto cresciuto a cronometro, il che ne fa un elemento di punta per le corse a tappe
In questi due anni da junior hai vinto molto, ma al di là di questo, come stradista quanto pensi di essere cresciuto?

Molto, sono stati gli anni in cui mi sono concentrato davvero sulle corse su strada, quindi la mia curva di apprendimento è stata piuttosto ripida. Certamente non sono più il Philipsen vincitore a sorpresa del titolo mondiale nel 2023, sono migliorato molto a livello tattico e su come comportarmi in gruppo e come correre. Ma so di avere ancora molto lavoro da fare. Comunque mi sento molto più a mio agio con la bici da strada e mi sento più sicuro del mio stile di corsa e di come affronto le gare.

Caro Petilli: cosa ci racconti di questa Intermarché-Wanty?

15.01.2025
6 min
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In questo mese di gennaio i pedali girano in tutto il mondo, tra chi correrà al Santos Tour Down Under e chi, invece, vola in Spagna per preparare le corse europee di fine mese. Il gruppo così si divide tra chi già attacca il numero sulla schiena e chi deve ancora attendere un paio di settimane. La voglia di ciclismo però è alta, si respira e riempie i polmoni degli appassionati e dei corridori. Ognuno ha le sue motivazioni, c’è chi vuole riscattare un anno opaco, altri invece vogliono ripetere le imprese della passata stagione, ci sono anche i giovani, desiderosi di ritagliarsi un posto in questo mondo. E poi c’è Simone Petilli, che è arrivato al sesto anno con la maglia della Intermarché-Wanty, diventandone un faro per i giovani e una spalla sulla quale contare. 

«Noi che non correremo in Australia – dice allegro – partiremo per la Spagna a breve. I giorni tra i due ritiri (quello di dicembre e il prossimo, ndr) sono andati bene. Quest’anno ho rincominciato un pochino più tardi a causa di un intervento al piede che dovevo per forza fare. Per questo ho spostato in avanti la pausa di fine stagione e il conseguente inizio di preparazione. Nel 2025 sarò uno dei più vecchi in squadra, non anagraficamente ma faccio parte di uno zoccolo duro che è qui dal 2021 (primo anno in cui la formazione belga è diventata WorldTour, ndr)».

Simone Petilli è alle porte del sesto anno in maglia Intermarché-Wanty (foto cycling media agency)
Simone Petilli è alle porte del sesto anno in maglia Intermarché-Wanty (foto cycling media agency)

Crescita importante

Dal 2021 la Intermarché-Wanty è cresciuta molto, arrivando a conquistare grandi vittorie e tanti successi in gare di spessore. 

«Se pensiamo al cammino del team – continua Petilli – fa abbastanza impressione, in poco tempo siamo arrivati a vincere corse di grande calibro. Nel 2022 abbiamo vinto la Gent-Wevelgem con Girmay, e sempre con lui quest’anno abbiamo colto tre successi di tappa al Tour de France (e la maglia verde, ndr). E’ chiaro che dopo una stagione come quella passata sia doveroso cercare di ripetersi, ma nel ciclismo non c’è nulla di scontato. Ogni stagione il livello si alza e tutto diventa più difficile. L’ultimo obiettivo, per questo 2025, sarà mantenere la licenza WorldTour. Per farlo servirà non finire negli ultimi posti della classifica del triennio».

La sua ultima gara del 2024 è stata la Veneto Classic, il 20 ottobre
La sua ultima gara del 2024 è stata la Veneto Classic, il 20 ottobre
Siete comunque ben posizionati…

Mantenere la licenza era un obiettivo che avevamo fin dal primo anno in cui il triennio è ripartito, dal 2023. Abbiamo fatto due stagioni solide e quindi ora siamo abbastanza sereni. Sarà però importante partire bene e raccogliere il massimo fin dal Tour Down Under per toglierci il pensiero. 

Come hai visto i compagni che ora sono in Australia?

Bene, penso sia una corsa particolarmente adatta ad alcuni di loro. Uno tra i tanti che mi viene in mente è Busatto. Lo conosco da anni, fin da quando era nel devo team nel 2022. Siamo stati spesso compagni di stanza nei vari ritiri. Avevo il compito di insegnargli qualcosa, ma mi è parso fin da subito un ragazzo con una bella testa. 

Secondo Petilli uno dei giovani sul quale l’Intermarché può fare affidamento è Francesco Busatto (foto cycling media agency)
Secondo Petilli uno dei giovani sul quale l’Intermarché può fare affidamento è Francesco Busatto (foto cycling media agency)
Un altro italiano chiamato a fare bene dopo due stagioni un po’ complicate è Rota…

Lui è uno di quelli che è qui dal primo anno che siamo nel WorldTour e penso sia uno dei corridori più forti che abbiamo in rosa. Magari in tanti non se ne accorgono, ma lui è uno di quelli sempre presenti negli ordini d’arrivo. Manca davvero poco affinché arrivi il grande risultato e spero per lui che prima o poi gli capiti la giusta occasione. 

Per te il 2024 che anno è stato?

Uno dei peggiori, non sono contento delle prestazioni fatte. Ho avuto parecchi alti e bassi senza essere mai a un livello ottimo. Il mio ruolo è di dare supporto alla squadra, fare il regista in corsa

Petilli riconosce il valore di Rota, e spera che nella prossima stagione possa trovare l’occasione per affermarsi
Petilli riconosce il valore di Rota, e spera che nella prossima stagione possa trovare l’occasione per affermarsi
Qual è stata la parte più amara della scorsa stagione?

In alcune corse, in particolare in quelle dove avrei potuto fare qualcosa a livello personale. Non sono mai riuscito arrivare pronto al 100 per cento. Era andato tutto liscio fino ad aprile, poi una caduta mi ha messo fuorigioco e ho dovuto saltare il Giro. Da lì mi sono trovato a rincorrere la condizione. Sono andato alla Vuelta, ma non ero al massimo delle mie possibilità. 

Nel 2025 che obiettivi hai?

Mi piacerebbe tornare al Giro e fare buona parte del calendario italiano. In primavera dovrei fare il Trofeo Laigueglia e la Strade Bianche. Mentre a fine stagione dovrei chiudere con le solite corse che ci sono a settembre e ottobre da noi. Da un lato spero di fare due grandi corse a tappe: Giro e Vuelta.

La crescita dell’Intermarché negli ultimi anni è stata costante, nel 2024 è arrivata la maglia verde al Tour con Girmay
La crescita dell’Intermarché negli ultimi anni è stata costante, nel 2024 è arrivata la maglia verde al Tour con Girmay
Non avete una squadra di scalatori, quindi nelle corse a tappe avete più libertà…

In particolare in quelle di tre settimane. Anche se, quando c’è Girmay, la squadra è costruita intorno a lui. Però sì, non curando la classifica generale siamo sempre abbastanza liberi. Alla fine si è visto che fare classifica è un rischio. Da un lato correre contro Pogacar e Vingegaard non è facile. In più basta un inconveniente per veder sfumare tutto il lavoro fatto. Lo abbiamo visto con Meintjes al Tour dello scorso anno e alla Vuelta del 2021. In entrambi i casi una caduta lo ha costretto al ritiro quando era nella top 10. 

Forse cambia qualcosa nelle corse di una settimana?

In realtà no. Ormai il livello è così alto che ci si gioca ogni secondo, anche quelli dei traguardi volanti. Meglio andare per le singole tappe oppure per corse di un giorno. Poi ci sono corridori come Girmay, i quali si sostengono sempre, perché possono vincere ovunque. 

Petilli vorrebbe tornare al Giro, l’ultima volta che lo corse per intero era il 2021 (foto cycling media agency)
Petilli vorrebbe tornare al Giro, l’ultima volta che lo corse per intero era il 2021 (foto cycling media agency)
Quando scoprirai i tuoi impegni?

Nel prossimo ritiro, tra pochi giorni. A dicembre avevamo accennato qualcosa. Vorrei riscattare la stagione, soprattutto nelle gare in cui posso avere maggiore libertà.

Non resta che augurarti buona fortuna, aspettando di incontrarci sulle strade…

Grazie, a presto!