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U23, stagione di sorprese? Faresin non le esclude

28.02.2023
5 min
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La stagione degli under 23 è iniziata lo scorso weekend. Ed è iniziata un po’ alla solita maniera, vale a dire con i nomi noti a dettare legge. In quattro gare: due vittorie per la Colpack-Ballan, una per il CTF e una per la Trevigiani. Ma sarà così per tutto l’anno? Ne abbiamo parlato con Gianni Faresin, direttore sportivo della Zalf Eurombil Desiree Fior.

Cosa ci possiamo attendere da questo 2023? Gli equilibri saranno quelli di sempre? O magari ci potranno essere delle sorprese? Certo, come detto, l’inizio dell’anno sembra proseguire nel segno della continuità in modo deciso.

Gianni Faresin con i suoi ragazzi, prima della Coppa San Geo di sabato scorso
Gianni Faresin con i suoi ragazzi, prima della Coppa San Geo di sabato scorso

La Zalf c’è

Con Faresin si inizia a parlare della sua Zalf. I suoi ragazzi non hanno raccolto dei super risultati in questo primissimo assaggio di stagione, ma le gambe sembrano esserci e questo è ciò che conta di più.

«In linea di massima – spiega il direttore veneto – la preparazione invernale è andata secondo i programmi. Sì, qualche intoppo c’è stato, ma roba di stagione. E’ normale che ce ne siano in questo periodo.

«Abbiamo un ragazzo, Andrea Guerra, che sta recuperando dalla rottura della clavicola dopo una caduta in allenamento. Ma si tratta di tutte cose risolvibili. Credo ci vogliano un po’ di gare per rodare un po’ il tutto. Ma noi ci siamo».

E come può non esserci la squadra veneta? Alla fine resta un punto di riferimento del movimento e tanti, tanti giovani (anche juniores) di tutta Italia ambiscono a vestire quella storica maglia.

«Che stagione mi aspetto in generale? Si sono disputate solo le prime gare e non si è visto tanto. La sensazione però è che il Cycling Team Friuli sicuramente quest’anno ha la squadra più forte... come si sapeva. Ha uomini veloci, gente scaltra e ragazzi bravi in salita. E’ la squadra più attrezzata.

«Poi c’è la Colpack direi. Che è partita meglio dell’anno scorso e ha anche lavorato meglio… dell’anno scorso. Ha dei buoni velocisti, ma quelli li ha sempre avuti, e qualche giovane interessante. Vedi Romele.

«E anche la #inEmiliaRomagna ha fatto un bel salto. Ha dei corridori di esperienza e anche degli ex pro’ alla guida. E’ sicuramente una squadra che farà bene. Ma dico che in generale è bene aspettare».

La Zalf si è allenata bene, ma per vederla al top, secondo Faresin servirà qualche gara di rodaggio
La Zalf si è allenata bene, ma per vederla al top, secondo Faresin servirà qualche gara di rodaggio

Le nuove regole

E tutto sommato non è sbagliato, sia perché si parla di giovani, in cui tutto è ben più mutevole visto che di mezzo c’è lo sviluppo fisico, sia perché ormai con le crescite accelerate ci sta che arrivi uno juniores a fare da mattatore. Senza contare le variabili come la scuola, gli interessi adolescenziali… che ci sono sempre.

Ma forse in ballo entrano anche le nuove regole: dal 2023, infatti, nelle gare regionali under 23 le squadre continental come la Zalf potranno schierare solamente ragazzi del primo e secondo anno. E fu lo stesso Faresin a fine novembre a sottolineare la questione. Lui parlò di “rivoluzione forzata”.

«Sorprese? Magari con le nuove regole ci saranno – va avanti Faresin – le corse saranno più aperte, specie quelle regionali. E in queste corse credo che le squadre più “piccole” saranno avvantaggiate notevolmente rispetto ai team continental come il nostro. I ragazzi comunque li devi far correre e si andrà a fare anche quelle. 

«Ma poi penso a squadre come la Trevigiani, per esempio, già molto competitiva di suo, che potrà fare bene. Hanno corridori di ultra esperienza, tipo Zurlo, che l’altro ieri è andato già forte. E presentarsi alle gare regionali con gente così non è poco. Si confronteranno con ragazzi di primo e secondo anno.

«Gare che, come ripeto, bisognerà fare se si vuol far correre tutti i ragazzi, tanto più che in Italia quasi non ci sono corse a tappe. Anche se oggi a parlare di queste gare più piccole, sembra che si parli di chissà quale tabù o “demone”. Sembra che neanche vadano più toccate, poi invece sono la base, ci vanno tutti e a tutti piace dire: “Ho vinto questo, ho vinto quest’altro”.

«Per me sono gare. Punto. Se le vinci, comunque ti danno fiducia. Prende morale la squadra… E in ogni caso, in ogni gara, anche la più piccola, c’è sempre qualcosa da imparare».

Per il diesse veneto, il CTF dovrebbe essere la squadra più forte della stagione 2023 (foto Instagram)
Per il diesse veneto, il CTF dovrebbe essere la squadra più forte della stagione 2023 (foto Instagram)

Sui calendari

A questo punto Faresin apre il discorso dei calendari. E la questione verte proprio sulle corse a tappe, merce sempre più rara in Italia e che invece il cittì Marino Amadori brama da tempo per i nostri atleti… tutti, non solo quelli di punta.

«Benvenga se Amadori le vuol fare anche come nazionale – spiega Faresin – è un’opportunità in più, ma se devo fare i conti con il movimento italiano il calendario è quello. Non si inventa nulla. Per fortuna noi abbiamo l’invito al Giro di Sicilia che arriva ai primi di aprile ed è già importante. 

«E’ importante che una corsa a tappe arrivi abbastanza presto nel corso della stagione perché serve anche per la preparazione. Piu in là c’è il Giro U23, poi con le gare a tappe andiamo a finire praticamente a fine stagione… E per certi aspetti è un po’ tardi. Semmai ci vai per cercare il risultato, ma non per altro. Non per la preparazione. E se il livello è il Giro di Sicilia per noi non è facile». 

L’altro Moro lanciatissimo fra Parigi e Roubaix

25.11.2022
6 min
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«Prima di venire a Noto – dice Manlio Moro – avevo fatto un paio di allenamenti, giusto per togliere la ruggine. Sono stato fermo parecchio, quattro settimane complete senza bici e nessun tipo di attività fisica. Ogni tanto andavo a camminare con i cani, giusto perché non ce la facevo a stare tutto il giorno senza far niente. Qua ho iniziato a lavorare, mi sento bene. Stiamo già cominciando a fare dei lavori e come valori sto bene per essere a novembre».

Da un Moro all’altro. Se ieri abbiamo raccontato di Stefano, passato dal gruppo endurance a quello della velocità, oggi siamo con Manlio che idealmente ne ha preso il posto. In realtà il suo arrivo, come quello di Milan due anni fa, ha riscritto gli equilibri del quartetto. E’ stato il suo innesto a spingere Milan verso le partenze, costringendo Lamon agli straordinari per difendere la posizione.

Il sogno mondiale

Moro ovviamente misura le parole, essendo l’ultimo arrivato. I vent’anni compiuti a marzo sono un’assicurazione sul futuro e il contratto con la Movistar per il 2024 gli permetterà di vivere una stagione serena in maglia Zalf Desirée Fior.

«Non mi aspettavo tutto questo – dice il gigante di Pordenone – assolutamente no. Sapevo di poter fare bene. Agli europei under 23 siamo riusciti a vincere il quartetto, mentre nell’individuale, cui punto da sempre, ho fatto ancora terzo. Quest’anno magari proverò a salire un altro gradino, anche se si parte sempre per vincere. E poi al mondiale elite, secondo me era una vittoria solo il fatto di andarci…».

Il ritiro di Noto è venuto dopo 4 settimane senza bici: il 2023 di Moro si dividerà fra la Zalf e la nazionale
Il ritiro di Noto è venuto dopo 4 settimane senza bici: il 2023 di Moro si dividerà fra la Zalf e la nazionale

La bici azzurra

Parliamo seduti sul podio del velodromo di Noto, mentre il sole cala dietro i tetti delle case e porta con sé il tepore del giorno, spalancando la porta al vento freddo di novembre. Moro è entusiasmo allo stato puro. Racconta con stupore, come dall’interno di un’avventura straordinaria.

«Partecipare al mondiale con loro – rimarca – cioè correre con quattro campioni olimpici è stato una cosa immensa. Veramente è sempre stato il mio sogno. Era da parecchio che ci allenavamo insieme, però partire per la gara è stato un’emozione assurda. Ero abbastanza teso e loro sono stati molto bravi. Hanno sempre cercato di tranquillizzarmi. Non me l’aspettavo e forse è stato meglio così. E’ venuto tutto come una sorpresa. Ovvio, ho sempre lavorato, ci ho creduto sin da piccolo. Niente viene per caso e io mi sono sempre impegnato. Ho dato tutto negli allenamenti, nei ritiri. Ero l’unico senza la bici d’oro? Almeno – ride – il pubblico mi riconosceva…».

La vittoria di San Pietro in Gu, da solo, ma con le mani ferite per una caduta ai meno 12 (photors.it)
La vittoria di San Pietro in Gu, da solo, ma con le mani ferite per una caduta ai meno 12 (photors.it)

Fra pista e strada

Nel suo 2022 non c’è stata soltanto la pista. Il tabellino parla di tre vittorie in linea e una crono, oltre alla partecipazione al Giro di Sicilia e alla Adriatica Ionica Race. E se il futuro è alla Movistar, c’è da credere che la pista resterà fra i suoi obiettivi, ma la strada inizierà presto a esercitare il suo richiamo.

«Di sicuro il prossimo anno – dice – voglio organizzarmi meglio. La pista è quella che mi ha dato molte più soddisfazioni, però voglio una stagione senza farmi mancare niente. Essere pronto quando servirà su strada, essere pronto su pista. Ci saranno periodi che farò più strada e altri, magari prima di europei o mondiali, in cui sarò in pista. Con la Movistar non ho ancora parlato. Andrò in ritiro a metà dicembre e probabilmente quello sarà il momento di cominciare. Sono molto contenti di questa mia doppia attività, sto già cominciando a lavorare con loro e tramite i loro preparatori mi stanno già dando dei consigli».

Sogno Roubaix

Friulano come Milan, di due anni più giovane e 4 centimetri più basso (se si può applicare l’adesivo “basso” a un ragazzo di 1,90), anche Moro potrebbe avere nel Dna un certo tipo di classiche. Soprattutto dopo avergli visto vincere due corse per distacco (Gp Sportivi Sestesi e Due Giorni per Alessandro Bolis) e una in volata (Trofeo Menci).

«Le mie corse del cuore – ammette con un sorriso grande così – sono le classiche del Nord. Quelle che hanno i percorsi che mi seducono di più. Ovvio che mi piacerebbe fare bene anche se dovessi partecipare a un grande Giro. Però secondo me le classiche sono una Parigi Roubaix, una Gand… Quelle sono le gare che mi emozionano di più».

Ritorno a Grenchen

Intanto si parla di pista, in un gruppo eterogeneo e variopinto che pedala verso il prossimo ritiro in Spagna e la rincorsa agli europei di Grenchen che si correranno dall’8 al 12 febbraio nel velodromo che alla vigilia dei mondiali lanciò Ganna nel cielo dell’Ora. Manlio c’era.

«Eravamo in tribuna concentratissimi – ricorda – cercando di dargli energia. L’Ora ci è volata, di sicuro a lui un po’ meno. E quando ha tagliato il traguardo, siamo entrati in pista ed è stato stupendo. Siamo un bel gruppo. Ganna e Consonni magari non vengono spessissimo in pista, invece Milan lo conosco da un bel po’ mentre con Lamon ho fatto praticamente tutti i ritiri. Mi trovo bene con loro. Mi hanno accolto e non era scontato, perché magari potevano non curarsi di un giovane appena entrato. Se dovevano correggere, mi dicevano cosa fare e io imparavo.

«E poi c’è Ganna, soprattutto per me un riferimento. Quando sono con lui è proprio un’emozione. L’ho sempre visto in TV, era un mio idolo. Conoscerlo e correrci assieme è stato un’emozione grande, soprattutto nel quartetto averlo dietro non era una cosa semplicissima. Però adesso che ho cominciato a conoscere anche lui, ho capito che sono veramente tutte persone speciali».

La nuova strada di Rocchetti, diesse con un grande rammarico

23.11.2022
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«Guardate Lucca: alla fine è passato a 25 anni, ma altri come lui, Rocchetti ad esempio, non ci sono riusciti e meritavano». Parole di Paolo Rosola, diesse della General Store pronunciate all’indomani della scelta di impostare la squadra esclusivamente sugli under 23. Parole che ci hanno riportato alla mente la figura del corridore marchigiano, oggi diventato collega dello stesso Rosola, ma nelle file della Zalf. Il che colpisce per molte ragioni, come vedremo in seguito.

Filippo Rocchetti ha solo 26 anni, eppure è ora un riferimento nel team continental veneto e quell’avventura agonistica, seppur lontana appena qualche anno (Rocchetti ha chiuso la sua carriera nel 2020) sembra appartenere a un’altra epoca, perché il ciclismo contemporaneo che va così veloce costringe a crescere di pari passo e a rimettere sempre in discussione ogni cosa.

Il giovane diesse con Matteo Zurlo e Christian Rocchetta. Età simile, ma ruoli molto diversi
Il giovane diesse con Christian Rocchetta. L’età simile è un aiuto per comprendere le esigenze dei ragazzi

La grande sciocchezza del 2016

Perché Rocchetti non ha trovato posto in un mondo nel quale avrebbe meritato di essere? «E’ una domanda che mi sono posto spesso. I risultati c’erano, ma quel che forse mancava era un carattere adatto. Ero troppo esuberante e ho commesso errori che poi ho pagato. L’impegno non è mai mancato, anche da elite, ma mentalmente pian piano mi sono spento e ho deciso che era inutile sperare ancora».

Quando parla di errori, Rocchetti si riferisce alla vicenda del 2016. La sera seguente la vittoria di Nicolò Rocchi all’Astico-Brenta, Rocchetti con quest’ultimo e Davide Gabburo fece irruzione negli spogliatoi del Salvarosa Calcio, portando via palloni, magliette, pettorine e altro per oltre 600 euro di materiale. Immediatamente segnalati e fermati dai Carabinieri, i tre furono posti in stato di fermo e licenziati dalla loro squadra, guarda caso la Zalf.

Due anni alla Colpack per il 26enne di Osimo, poi nel 2020 la decisione di mollare
Due anni alla Colpack per il 26enne di Osimo, poi nel 2020 la decisione di mollare

La mano tesa della Zalf

Rocchi ha lasciato il ciclismo per dedicarsi all’altra sua passione, il calcio. Gabburo è ancora lì a combattere nelle file della Bardiani CSF Faizané, Rocchetti ha cambiato panni, ma a quel fattaccio pensa ancora.

«Io credo che quanto è successo – dice – abbia pesato. Molte squadre alla resa dei conti si sono tirate indietro pensando che non fossi un buon esempio e proprio per questo ho apprezzato la Zalf, che poi mi ha ripreso e mi è stata vicino. Sono andato via nel 2018 non per dissidi, anzi, ma volevo cambiare ambiente per fare altre esperienze e andai alla Colpack per due anni. Il treno però era ormai passato».

E’ un Rocchetti diverso quello di oggi rispetto ad allora, ma che cosa direbbe a quel ragazzo improvvido? «Di non sprecare le occasioni, non perdere tempo in sciocchezze e fare attenzione a non commettere errori perché gli anni volano e la bici non perdona. So che le capacità per fare una buona carriera da professionista c’erano, le ho sprecate. E devo dire grazie proprio alla Zalf, ai signori Lucchetta e Fior, al grande Faresin, campione su strada e nella vita se ho trovato un’altra strada, se mi hanno voluto ancora con sé dandomi fiducia in un nuovo importante ruolo».

Rocchetti in trionfo al Trofeo Città di Brescia nel 2018, battendo Gaffurini e Ravanelli
Rocchetti in trionfo al Trofeo Città di Brescia nel 2018, battendo Gaffurini e Ravanelli

Dipende tutto dal carattere

Faresin resta per Filippo un punto di riferimento, come lo era quando correva: «Mi sta insegnando tanto e questo mi sta cambiando, in tal senso l’anno appena passato è stato davvero molto importante per me. Lavoro con ragazzi che hanno l’età che avevo nel 2016 e cerco di tenerli tranquilli, di far capire l’importanza di quello che fanno e il rispetto che merita. Se vai in bici conta solo quello perché nel ciclismo odierno il treno passa prestissimo e se lo perdi non hai più possibilità».

Nel paragone fra lui e i ragazzi di oggi, Rocchetti tiene a sottolineare un aspetto: «Se andiamo a guardare i numeri e i valori tecnici, la differenza non è tanta rispetto a qualche anno fa. I livelli sono stabili, chi vinceva l’anno scorso vince anche quest’anno. La differenza abissale è nel carattere: se vuoi emergere devi tirar fuori il carattere e non tutti ce l’hanno, forse neanche fra chi è più grande. E a vincere sono quelli che il carattere ce l’hanno in abbondanza…».

Nel 2018 Rocchetti aveva anche vestito la maglia azzurra, alla Vuelta a San Juan e agli europei U23
Nel 2018 Rocchetti aveva anche vestito la maglia azzurra, alla Vuelta a San Juan e agli europei U23

Fate attenzione a Guzzo…

C’è tra i corridori che segue un altro Filippo Rocchetti? «Io mi rivedo molto in Federico Guzzo, uno che vince dappertutto e che ha un bel carattere. Secondo me ha solo bisogno di mollarsi un po’ di più, di mettere in gara quel pizzico di cattiveria ulteriore e potrà essere davvero un elemento su cui puntare».

Filippo è già al lavoro, per la sua seconda stagione da diesse aggiunto: «Abbiamo già effettuato un primo ritiro, credo che la campagna acquisti sia stata indovinata. Ci sono tanti giovani talenti sui quali lavorare e puntare. Diciamo che contiamo di mantenere il livello degli ultimi anni, ma io per primo so che non basta e bisogna fare sempre meglio. La lezione l’ho imparata…».

L’attacco di Rui: il ciclismo è un libro da riscrivere

09.11.2022
6 min
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Luciano Rui è nel ciclismo dei dilettanti da 37 anni e prima ha fatto il professionista. Come dice Wikipedia, ha anche partecipato al Tour de France del 1982, ma questo è solo uno dei suoi meriti. Chi come noi lo conosce da trent’anni potrebbe compilare un elenco ben più lungo. Perciò, quando parla “Ciano”, è bene starlo a sentire.

«Il ciclismo italiano di oggi – dice – è un libro da riscrivere. Ma chi è capace di farlo? E a chi conviene che si faccia?».

Luciano Rui è il general manager della Zalf Fior di Castelfranco. Il diesse è Faresin (photors.it)
Luciano Rui è il general manager della Zalf Fior di Castelfranco. Il diesse è Faresin (photors.it)

Da Gregori a Bragato

Rui è il general manager della Zalf Euromobil Fior e ha 63 anni (in apertura è con Lello Ferrara, che fu a sua volta un suo corridore, immagine photors.it). Lo spunto della conversazione è una riflessione sull’intervista dei giorni scorsi a Diego Bragato. Fra i tanti temi posti, c’è la scarsa abitudine nelle nostre squadre di lavorare per obiettivi con gruppi di atleti. Qualcosa che si fa abitualmente nelle migliori continental europee e che in Italia tenne banco fino a quando la Federazione interruppe i rapporti con Antonio Fusi, che aveva ereditato il metodo impostato da Claudio Gregori e perfezionato da Giosuè Zenoni. Nomi che a molti diranno ormai poco, ma che tennero in piedi il ciclismo italiano negli anni in cui (non per caso) sbocciavano ancora i campioni

La nazionale a quel tempo preparava i corridori, non li selezionava come deve fare oggi Amadori. Il tecnico individuava un gruppo di lavoro per ciascun obiettivo, portava i ragazzi in ritiro e poi a correre in giro per l’Europa. Ad agosto, quando un eccesso di attività nei club avrebbe danneggiato i corridori in ottica mondiale, si facevano sempre due settimane di ritiro a Livigno. Generazioni di corridori hanno imparato così a lavorare per obiettivi.

Antonio Fusi è stato cittì degli U23 dal 1993 al 2005. Dal 1998 al 2000 ha seguito anche i pro’
Antonio Fusi è stato cittì degli U23 dal 1993 al 2005. Dal 1998 al 2000 ha seguito anche i pro’
Il sistema funzionava, non trovi?

Aveva cominciato Gregori. Adesso invece si fanno centomila corse in maglia azzurra che non servono a molto. Zenoni e Fusi prendevano 10-12 atleti e li portavano avanti. Nell’anno in cui Basso vinse il mondiale andarono in Germania, al Gp di Wallonie e alla Montpellier-Barcellona. Forse però adesso non è facile con gli atleti che corrono nelle squadre straniere. La nazionale li avrebbe a disposizione? Una volta erano tutti qui…

Dicono di andare via perché qui non fanno lo stesso livello di attività.

All’estero ci sono 7-8 corse a tappe per le quali vale la pena investire, mentre non ha senso andare in Belgio per fare le kermesse. Il problema è che in Italia una volta c’erano 8-9 corse a tappe per under 23, quindi la voglia di andare fuori non ti veniva. Adesso magari non ti invitano, ma perché siamo fuori dal giro, avendo preferito per anni stare qua. Bisogna ricominciare e piano piano si entra nel giro.

La sensazione guardando oggi i team U23 italiani è che il lavoro sia spesso fine a se stesso.

Di sicuro manca il confronto con una squadra importante e si finisce col lavorare per noi stessi.

La Groupama Continental ha svolto quasi soltanto attività U23 con brevi puntate in Coupe de France (foto Alexis Dancerelle)
La Groupama Continental ha svolto quasi soltanto attività U23 con brevi puntate in Coupe de France (foto Alexis Dancerelle)
Nel ciclismo di oggi, sareste ancora disposti a dare i corridori alla nazionale affinché li prepari per gli eventi?

Le squadre più grandi hanno sempre lavorato in sinergia con la nazionale. Sapevamo che dopo il Giro d’Italia avrebbero scaricato, poi sarebbero andati in altura, a correre all’estero e poi dritti sul mondiale. Se fossero rimasti con noi, quando rimangono con noi, noi corriamo per il risultato immediato. Penso che le squadre sarebbero disponibili, la maglia azzurra ha il suo peso. Se credi in un progetto, devi dare il ragazzo alla nazionale. Sennò tirati fuori! Infatti De Pretto da agosto non l’ho quasi più visto e Moro è fisso col gruppo della pista.

Cosa ti pare della nazionale oggi?

Amadori è bravissimo e i risultati degli ultimi anni gli danno ragione, mentre prima è stato a lungo a secco, forse perché lasciando il vecchio sistema, c’è stato bisogno di tempo per assestarsi. Oggi non ci sono tanti atleti con cui lavorare, perché passano subito. E poi, una volta di là, diventano tutti principini. Io glielo dico sempre: qualche volta meglio provare a vincere fra quelli della propria età, che prendere sempre schiaffi con i più grandi. Bisogna rimanere umili e serve chiarezza. Prima, con il corridore che restava 3-4 anni, avevamo tutti modo di lavorare meglio.

Davide De Pretto, corridore della Zalf Euromobil Fior, con la nazionale ha corso europei e mondiali
Davide De Pretto, corridore della Zalf Euromobil Fior, con la nazionale ha corso europei e mondiali
Mentre adesso?

Adesso passano, ma sono più quelli che si perdono. Hanno fatto la licenza da professionisti, ma non una carriera. E’ possibile che i migliori italiani del Giro siano stati ancora Nibali e Pozzovivo? Chi vedete prendere il loro posto?

Vuoi un nome da noi?

Sì, vediamo.

Per i Giri viene da fare il nome di Garofoli…

E’ un bel corridore e dopo che è rientrato dall’intervento è andato forte. Se adesso sale nel WorldTour, non lo vedremo fra gli U23 e avrà bisogno di un paio di anni per venire fuori. Però è un nome giusto. Ha un carattere particolare, ma è giusto che lo sia. Quelli che sono piatti in bici, poi lo sono anche nella vita. E l’agonismo è parte del gioco. Invece siamo diventati tutti educati e finisce che ci accontentiamo del sistema. Qualche litigata a volte fa bene. Una volta c’era il tempo, adesso non più…

Potrebbe essere Garofoli un giovane da seguire in ottica Giri? Rui non lo esclude (foto Instagram/Getty)
Potrebbe essere Garofoli un giovane da seguire in ottica Giri? Rui non lo esclude (foto Instagram/Getty)
Bruttomesso va al CT Friuli per poi andare al Bahrain…

Bruttomesso lo abbiamo tirato su bene. E se aveva già il contratto con il Bahrain, non poteva rimanere con noi? Chissà, magari Miholjevic ha detto di volerlo seguire nella squadra satellite, ma a noi questo non è stato detto. Quando si trattò di far firmare Gatto alla Gerolsteiner, andammo in macchina in Germania e alla fine ci bevemmo due belle birre. Stessa cosa con Oss alla Liquigas. Oggi non sarebbe più possibile. Oggi i procuratori hanno interesse a farli passare subito, tanto loro non rischiano. Ma se gli dai contro, possono anche farti la guerra. Così però finisce il rapporto umano. Ripeto: secondo me, il ciclismo di oggi è un libro da riscrivere. Ma chi è capace di farlo? E a chi conviene che si faccia?

Il nuovo De Pretto respira già aria di WorldTour

24.10.2022
4 min
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Davide De Pretto, ex promessa del cross azzurro ora convertito totalmente alla strada, ha chiuso il 2022 con lo stage alla Bike Exchange-Jayco, ciliegina su una stagione di vera svolta dopo il debutto fra gli under 23 dello scorso anno con la Beltrami. Dopo il passaggio alla Zalf Desirée Fior è cambiato tutto e i risultati lo hanno confermato.

«Se guardo quel che ho fatto l’anno scorso – dice – c’è stato un bel salto di qualità, sia dei risultati sia per come gestisco le gare. Sono contento. Alla Zalf mi sono trovato subito meglio e anche l’anno in più vuol dire tanto, perché il salto da junior a under 23 è tanto. In più la Zalf è vicino casa e questo mi ha permesso di allenarmi meglio. Non nascondo che l’anno scorso in qualche momento mi sono sentito inadeguato. Mi allenavo, mi impegnavo, ma non arrivavano risultati. E poi mi dispiaceva, perché mi impegnavo tanto e mi chiedevo come mai non riuscissi a concretizzare qualcosa…».

La Zanè Monte Cengio è stata la 3ª vittoria 2022 di De Pretto (photors.it)
La Zanè Monte Cengio è stata la 3ª vittoria 2022 di De Pretto (photors.it)
Invece quest’anno?

Sono partito dall’inverno molto convinto. Mi allenavo con i miei compagni che vincevano le corse e ci stavo bene in allenamento. Non facevo fatica. E da lì ho capito che forse era la strada giusta. Nell’ultimo inverno c’è stato più lavoro soprattutto in palestra. Mi ricordo che il primo anno lavorai qua a casa, perché le palestre erano chiuse. Facevo palestra per modo di dire, mentre adesso con i macchinari che ci sono c’è stata parecchia differenza. E poi soprattutto sono cambiati anche gli allenamenti in bici che ora mi dà Faresin.

Che cosa ti è piaciuto di più: le tre vittorie, la continuità di rendimento o il podio agli europei?

La cosa migliore del 2022 è stato aver mantenuto la forma per gran parte dell’anno. E’ sempre stata una mia caratteristica, però quest’anno sono partito forte e sono riuscito a continuare sino a fine anno. Non me lo aspettavo. Sapevo che stavo bene, ma mentalmente la continuità mi ha dato la conferma che anche io me la posso giocare a livelli più alti.

De Pretto ha corso i mondiali di Wollongong, chiudendo al 52° posto
De Pretto ha corso i mondiali di Wollongong, chiudendo al 52° posto
Secondo a Capodarco: più forte Buratti o si è sentita la differenza di età?

A Capodarco ho trovato Buratti nel suo massimo periodo di forma. Era imbattibile, ma sicuramente un anno in più cioè vuol dire tanto. Sia fisicamente che anche mentalmente.

L’esperienza ai mondiali come è stata?

Per me un po’ una delusione, perché non sono riuscito a rendere per quello che volevo. E’ stata una bella esperienza, però a confronto con l’europeo, il livello era due volte superiore. Ci sono corridori e squadre con un’altra gamba, corridori che arrivano dal professionismo. Io forse non ero al livello dell’europeo, però avevo fatto delle gare in Puglia, dove avevo mostrato una buona condizione. Invece il mondiale non è stato il mio periodo di picco di forma.

Come è andato lo stage con la Bike Exchange?

Hanno detto che erano molto contenti. Al Giro dell’Emilia ho fatto una bella gara e poi soprattutto alla Tre Valli Varesine sono stato il primo della squadra, perché gli altri si sono tutti ritirati. Quindi erano molto contenti. Mi è mancata l’ultima salita, sennò arrivavo lì davanti. Il mio procuratore Alessandro Mazzurana dice che c’è qualche possibilità che mi prendano, però non subito. Ci sono cose da fare, il prossimo anno lo farò ancora alla Zalf.

Nel 2019 ha corso gli europei di cross a Silvelle. Ha lasciato il fuoristrada al passaggio fra gli U23
Nel 2019 ha corso gli europei di cross a Silvelle. Ha lasciato il fuoristrada al passaggio fra gli U23
E’ appena iniziata la stagione del cross, hai qualche nostalgia?

La verità? Neanche un po’. A fine stagione so di dover recuperare e non ho iniziato neanche a seguire le gare. Diverso l’anno scorso. Non fare cross lo scorso inverno mi parve stranissimo. Non sapevo cosa fare, abituato com’ero da quattro anni a staccare dalla strada per passare al cross. Ma facevo anche stagioni meno faticose. Per cui fino a metà novembre riposerò completamente e poi sotto con la palestra e la mountain bike. Proviamo a crescere ancora… 

Raccani, la Quick Step e lo stage finito all’ospedale

21.08.2022
5 min
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Lo stage di Simone Raccani con la Quick Step-Alpha Vinyl, la Vuelta a Burgos (foto Instagram in apertura), si è concluso durante la terza tappa contro una parete rocciosa e poi all’ospedale della città della Castilla y Leon. Da lì il vicentino è volato a Herentals per un intervento al polso e ora è a casa in attesa di poter ripartire. Il malumore, dice, è durato anche poco. A fargli compagnia resta la consapevolezza delle buone cose fatte vedere e l’interessamento della squadra belga. Simone alla Quick Step non c’è arrivato per la magia di qualche procuratore, ma per una chiamata di Bramati e del loro talent scout. E questo a 21 anni è un bel pensiero da coltivare.

«Sto guarendo – dice con voce serena – inizio a muovere la mano. Poteva andarmi peggio. La settimana prossima comincerò a fare qualcosa, sperando di poter riprendere ad allenarmi per settembre. Mi piacerebbe fare una corsa per ottobre, giusto per non dover rincorrere tutto l’inverno e rientrare a febbraio dopo sei mesi senza gare».

Raccani si è affacciato sul 2022 forte di due successi 2021, fra cui Capodarco su Piccolo e Tolio
Raccani si è affacciato sul 2022 forte di due successi 2021, fra cui Capodarco su Piccolo e Tolio

Dopo i due successi del 2021, fra cui il Gp Capodarco, la sua stagione, in sintesi, parla di due vittorie (Trofeo MP Filtri a Pessano con Bornago e Memorial Trocchianesi a Monte Urano), un Giro d’Italia sotto le attese e due terzi di tappa al Giro della Valle d’Aosta che hanno portato anche al terzo in classifica finale.

Torniamo a momenti più felici, come è nato lo stage con la Quick Step?

E’ successo che Bramati si è messo in contatto con il mio direttore sportivo Gianni Faresin e poi su Instagram mi ha scritto Johan Molly, un loro talent scout, e hanno curato tutta l’organizzazione. Quando l’ho saputo è stata una notizia bellissima. E’ una delle squadre che ho sempre seguito, ero molto contento. Al momento non so se passerò con loro, ma c’è interesse.

Peccato che lo stage sia durato poco…

Troppo poco. Il terzo giorno sono caduto ed è finita la stagione.

Raccani è rimasto in corsa per tre tappe della Vuelta Burgos, ma nella terza è caduto (foto Instagram)
Raccani è rimasto in corsa per tre tappe della Vuelta Burgos, ma nella terza è caduto (foto Instagram)
Che effetto fa andare alle corse sul pullman della Quick Step?

E’ bello. C’è un ambiente molto professionale, la sensazione di essere in una grande squadra. Mi hanno dato tutto tranne le scarpe. Ho portato la Pinarello e hanno fatto il copia e incolla delle misure sulla loro Specialized. Ho tenuto la mia bici come scorta, casomai ci fossero dei problemi, ma non ce ne sono stati.

Hai cominciato subito in una corsa WorldTour.

Ho scoperto che almeno nelle prime fasi era molto controllata, non c’era la confusione delle nostre corse U23, che sono ingestibili. Poi nel finale si andava veramente a tutta.

Che voto possiamo dare a questa stagione?

Avevo l’obiettivo di portare in alto la maglia della Zalf Desirée Fior. L’avvicinamento al Giro d’Italia U23 è andato bene fino a due settimane prima. Terzo alla Strade Bianche di Romagna. Sesto al Recioto e al De Gasperi, ero sulla strada giusta. Invece appena è partito il Giro, non sono riuscito a trovare la condizione e l’ho finito 15° senza mai aver dato un segnale. Così sono andato al Val d’Aosta per puntare a qualche tappa ed è venuto fuori un terzo posto inaspettato. Ma è anche vero che se punti alle tappe di salita, di solito viene anche la classifica.

Ricordi la caduta?

C’era una curva che in uscita stringeva. Davanti c’è stato uno sbandamento. Io ero tutto all’esterno, mi sono toccato con un altro e sono finito su una parete rocciosa. Mi sono rialzato, ero pieno di abrasioni. Poi ho guardato il polso e ho visto che era gonfio e storto.

Così sei finito all’ospedale.

Prima quello di Burgos, dove mi hanno dato 15 punti per le ferite aperte, al braccio sinistro e al palmo della mano destra. Poi sono andato in Belgio, nella clinica di Herentals cui fa riferimento la squadra. E lì mi hanno operato, perché la frattura era pluriframmentaria e molto instabile. C’era l’osso aperto e così hanno riattaccato le parti inserendo una placca che resterà lì. E’ ancora un po’ gonfio, ma almeno ora muovo le dita.

La Quick Step-Alpha Vinyl ha continuato a seguirti?

Fino all’ospedale e poi nei giorni successivi, Bramati ha continuato a chiamarmi tutti i giorni. Di qui a qualche settimana parleremo, pare che mi faranno una proposta. Credo e spero di aver fatto una buona impressione.

Un tutore e magnetoterapia, sarà così fino alla ripresa degli allenamenti
Un tutore e magnetoterapia, sarà così fino alla ripresa degli allenamenti
Com’era il tuo umore dopo l’incidente?

Ero tranquillo. L’unico pensiero era di andare in mano a persone esperte per l’intervento. Ma quando ho saputo che era lo stesso chiururgo che ha operato Alaphilippe alla mano e Remco (Evenepoel, ndr) dopo il Lombardia, mi sono tranquillizzato. La mano è perfetta.

Hai un tutore?

Un tutore che tolgo per fare magnetoterapia. Sono fermo da 15 giorni in attesa che l’osso si saldi e che si chiudano bene tutti i tagli. E poi ci vorrebbe davvero una corsetta. Questo sarebbe il mio prossimo obiettivo.

Gregorio Ferri al tricolore Fixed: «Specialità da rilanciare»

08.05.2022
6 min
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Fissati per le fixed. Potrebbe essere uno slogan per i corridori delle gare a scatto fisso, una disciplina di nicchia che vuole rinascere e tornare ai livelli di popolarità toccati qualche anno fa. Per farlo si passerà da un appuntamento che promette emozioni. Il campionato italiano assoluto FCI che si terrà sabato 25 giugno a Buonconvento, nelle campagne senesi, in un contesto totalmente lontano dalle zone artigianali, urbane o parchi chiusi delle città in cui si tiene la maggior parte delle corse.

Strada bianca anche per fixed

«La Strade di Siena Fixed viene organizzata dallo Sport Club Mobili Lissone – spiega Enrico Biganzoli, vicepresidente della società che allestisce anche la Coppa Agostoni – in collaborazione con SSD Eroica Italia di Franco Rossi e G.S. Buonconvento di Franco Pieri. Avevamo già organizzato il campionato italiano FCI di scatto fisso nel 2018 in casa nostra a Lissone. Quella toscana sarà una corsa con belle novità. Il circuito misura 1.185 metri e avrà 150 metri di strada bianca, con una zona box al termine della stessa per consentire agli atleti di cambiare bici o ruota in caso di foratura o guasto meccanico, come funziona nel ciclocross.

«Sarà una gara a tempo – prosegue – trenta minuti più un giro per la categoria femminile, quaranta e un giro per quella maschile. Ci saranno delle qualifiche per stabilire le griglie di partenza. Al termine di queste sessioni si disputerà la super-finale dove correranno i tesserati degli enti sportivi, enti stranieri e naturalmente quelli di Federciclismo che assegnerà la maglia tricolore. Siamo certi che vedremo dello spettacolo”.

Arriva “Greg”

La gara di Buonconvento fa parte del calendario della Italian Fixed Cup, una challenge di 8 prove che si è aperta il 23 aprile a Monselice e si chiuderà il 18 settembre a Saronno, in abbinamento al più tradizionale Gran Premio Criterium per elite e U23. Tra i tanti partecipanti al campionato italiano vedremo anche Gregorio Ferri (secondo da sinistra nella foto di apertura) che, dopo aver dovuto abbandonare l’attività, si è avvicinato al mondo delle fixed. Lo abbiamo sentito (al termine di un allenamento bagnato da un temporale improvviso) per sapere cos’ha da dirci sulla sua nuova specialità e sul ciclismo in generale.

Gregorio innanzitutto com’è il tuo rapporto con la bici adesso?

Prima non mi mancava, ero ancora dispiaciuto per come avevo smesso. Ultimamente invece ho ripreso a pedalare, compatibilmente col lavoro. Sono nella azienda di mio padre che opera in materiali e progettazioni edili, quindi il tempo è quello che è ma con le giornate più lunghe riesco a fare un paio di ore. Ho preso qualche chilo da quando non corro più e mi alleno per stare bene a livello psicofisico. Tant’è che i miei genitori mi dicono che sono un’altra persona, molto meno stressata.

Sei stato un buon dilettante ma non sei riuscito a passare pro’. Ci ripensi ancora o hai assorbito il colpo?

Sì e no, anche se ormai mi sono calato nella mia nuova vita e penso che non tutto il male venga per nuocere. Naturalmente quando guardo le gare o vedo o sento alcuni miei ex compagni che sono pro’ penso a cosa sarei potuto essere io. Ad esempio nel 2019 con la nazionale ero presente e ho lavorato parecchio sia all’europeo in Olanda dove ha vinto Dainese sia al mondiale in Yorkshire quando ha vinto Battistella dopo la squalifica di Eekhoff. Sono stato sfortunato in alcune circostanze…

Come quando?

Come quando è fallita la squadra ungherese in cui dovevo passare ed in altre è stata colpa mia perché non mi sono fatto trovare pronto. L’anno scorso ho iniziato bene con la Petroli Firenze-Hopplà poi nel finale ho corso sei gare da stagista con la Vini Zabù e non ho fatto bella figura. Ora cerco di consigliare mio fratello Edoardo (che corre nella Petroli Firenze Hopplà, ndr) a non fare i miei stessi errori. E’ inutile recriminare e rimuginare, meglio guardare avanti e a nuove cose

Una di queste è il mondo delle fixed. Come lo hai conosciuto?

Per caso lo scorso novembre. Mi avevano contattato per partecipare al Criterium Cimurri nella pista di Reggio Emilia. Avevo fatto tardi la sera prima ed ero senza allenamento, ma ho chiuso con un quarto posto. Sono rimasto colpito. Ora lo scatto fisso lo considero per necessità, anche se devo migliorare la tecnica di guida. Non è semplice ma sto già cercando di fare allenamenti ad hoc.

Come ti ci vedi in futuro?

Intanto sono gare che durano 40′ quindi si possono preparare abbastanza bene. Devo dire che sono entusiasta per questa nuova sfida. E’ una disciplina adrenalinica e spettacolare, che non è considerata come dovrebbe. Credo che abbia ancora tanto margine di sviluppo. Sono competitivo e vi dirò che mi piacerebbe diventare una icona del mondo fixed ed aiutare il movimento a risalire.

Pensi che altri stradisti potrebbero essere adatti a questa causa?

Direi proprio di sì. Ci vorrebbe più visibilità e qualche nome importante o magari qualche gara abbinata ad una gara importante, come a ridosso di una tappa del Giro d’Italia. Ci sono alcuni pro’ che conosco che sarebbe perfetti per lo scatto fisso e che creerebbero seguito. Ad esempio Fedeli e Scaroni, che conosco bene e a cui mando un abbraccio visto che adesso purtroppo stanno vivendo un brutto momento con la loro squadra (la Gazprom-RusVelo, ndr), potrebbero essere due ragazzi tagliati per le fixed.

Alla fine manca poco al 25 giugno…

Lo so. Non sono allenato come vorrei, ma per il campionato italiano di Buonconvento arriverò pronto e in forma. Anzi, so che a luglio a Berlino ci sarà il campionato del mondo e potrei farci un pensierino. Ve l’ho detto, sono competitivo…

Bruttomesso, prima l’esperienza (e la maturità), poi i pro’

04.05.2022
4 min
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Pochi mesi da under 23 e Alberto Bruttomesso ha già messo nel sacco quattro vittorie. Di questi tempi quindi, viene da chiedersi se per lui siano già suonate le campane del professionismo. Fa gola uno junior promettente, figuriamoci un U23 vincente. Per di più di primo anno.

Pochi giorni fa Luciano Rui manager della  Zalf Desiree Fior ci aveva detto: «Presto qualcuno verrà a chiamarlo». Ma aveva anche aggiunto che i suoi atleti almeno due anni, ma anche tre, restano in questa categoria perché è un passaggio dal quale non si può prescindere.

Parliamo di questo, e non solo, direttamente con Bruttomesso che, ricordiamo, è vicino alla “scuderia” dei Carera e le possibilità di passare pertanto non gli mancheranno.

Alberto Bruttomesso, classe 2003, è sempre stato un corridore molto veloce (foto Instagram)
Alberto Bruttomesso, classe 2003, è sempre stato un corridore molto veloce (foto Instagram)
Alberto, prima di tutto complimenti per il tuo inizio: ti aspettavi di andare subito così bene?

No, sinceramente non me lo aspettavo. Sapete, tutto nuovo: avversari, categoria, allenamenti, corse…

Sono già arrivate le sirene dei pro’? Ti hanno cercato?

Per ora no. Voglio fare esperienza. Stare tra gli under 23 è molto importante e io un paio di anni almeno vorrei farli. E poi vediamo. Anche perché poi non è scontato passare. Non è detto che dopo tre o quattro anni si passi.

E se ti venissero a cercare coglieresti l’occasione? Per esempio chi è intorno a te ti dice di approfittarne oppure di stare tranquillo, tanto sei forte, e passerai?

Non ho avuto modo ancora di parlare con nessuno di questo argomento. Vivo in un ambiente tranquillo, non ho pressioni varie. Io sono contento, mi godo il momento e non ho obiettivi specifici da qui al breve, se non la maturità. Intento pensiamo a fare, e bene, quella. Anche per questo motivo non credo proprio di essere al Giro d’Italia U23.

Cosa studi?

Elettronica. Ho buoni voti.

In famiglia ti hanno detto: «Okay la bici, ma prima la scuola». Oppure ti hanno lasciato più libero, se così si può dire?

Me lo hanno detto in famiglia, ma me lo sono detto anche da solo. Prima la scuola, poi dopo la maturità mi dedicherò al 100 per cento alla bici. Comunque sto anche valutando l’idea di fare l’università.

Alberto Bruttomesso durante l’inverno ha lavorato molto per spingere i rapporti più lunghi (foto Scanferla)
Alberto Bruttomesso durante l’inverno ha lavorato molto per spingere i rapporti più lunghi (foto Scanferla)
Proprio perché hai la maturità e a breve presumibilmente staccherai un po’, con la squadra avete deciso di partire forte?

In realtà è il contrario, proprio perché ho la scuola mi sono allenato meno. Gianni Faresin, ci dà i programmi, e per noi quattro di primo anno ha fatto delle tabelle specifiche per chi va a scuola. Di fatto io mi alleno solo il pomeriggio. Solo una volta a settimana riesco ad arrivare a 3 ore e 45′, altrimenti ne faccio due o tre.

E allora come mai, secondo te, sei partito subito così bene?

Non saprei! Io mi sono fidato di Gianni, che è un ottimo diesse, e i risultati gli danno ragione.

Ma anche con i rapporti ti sei trovato subito bene: ti allenavi con rapporti appunto più lunghi del 52×14 da juniores?

No, no… 52×14, ma quest’inverno abbiamo fatto dei lavori per inserirli gradualmente fino a spingere il 53×11 in volata.

Col tuo fisico potente ci vai a nozze insomma…

In effetti mi piacciono. Già lo scorso anno con il 52×14 preferivo gli arrivi che tiravano un po’, adesso con questo rapportone mi sento a mio agio anche in pianura.

Lavoro di squadra: due (o più) anni in questa categoria servono anche per imparare certi aspetti
Lavoro di squadra: due (o più) anni in questa categoria servono anche per imparare certi aspetti
Esperienza: cosa significa concretamente quando si dice che un ragazzo ne debba fare? Cosa noti di diverso fra te e i tuoi compagni di terzo o quarto anno?

Che hanno più esperienza! Conoscono le gare soprattutto. Per esempio alla Firenze-Empoli, che io non avevo mai fatto chiaramente, mi dicevano: attento qui che la strada si stringe, di qua può partire la fuga… mi danno consigli.

E questo vale anche per il fuori corsa? Per la vita del corridore, i viaggi…

In ambito italiano, i miei viaggi e le mie trasferte le ho fatte. Per esempio, qualche settimana fa siamo andati a Roma per il Liberazione e lo conoscevo per averlo fatto da junior. Di trasferte in aereo, per adesso, ho fatto solo quella per i mondiali dello scorso anno.

E secondo te sono aspetti marginali nella maturazione a 360° del corridore, oppure sono importanti?

Non saprei. In teoria servono. Di certo le esperienze all’estero ti servono per capire realmente qual è il tuo livello nei confronti di altri avversari.

Zambanini, primi passi da grande… tra i grandi

02.02.2022
4 min
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E poi, ad un certo punto della propria vita, capita di ritrovarsi su un aereo al fianco del vincitore della Roubaix e di esserci seduto come collega e non come occasionale compagno di viaggio. E’ quel che è successo ad Edoardo Zambanini quando stava andando in Spagna per il primo ritiro da professionista nella Bahrain-Victorious.

Zambanini: scuola Zalf Euromobil Desirée Fior, da dove sono arrivati tanti campioni, l’ultima vittoria tra gli U23 giusto lo scorso settembre e poi il grande salto. Un salto iniziato esattamente un anno prima, quando da primo anno conquistò la maglia bianca di miglior giovane al Giro U23.

Ed è lì che è cambiato tutto. Anche perché allo scorso “Giro baby” le cose non sono andate come ci si aspettava. Un avvicinamento un po’ sfortunato e non perfetto nella gestione dell’altura, non ha fatto rendere Edoardo e alcuni suoi compagni come volevano. E la riprova è che la vera condizione è arrivata solo d’estate… e forse anche un po’ dopo.

Edoardo Zambanini, Zalf Desiree Fior, Giro d'Italia Under 23, 2020
Edoardo Zambanini ha conquistato la maglia bianca al Giro d’Italia Under 23 del 2020
Edoardo Zambanini, Zalf Desiree Fior, Giro d'Italia Under 23, 2020
Edoardo Zambanini ha conquistato la maglia bianca al Giro d’Italia Under 23 del 2020
Edoardo, come sei arrivato alla Bahrain-Victorious?

Dopo il Giro 2020 sono iniziati i primi contatti con i procuratori, i Carera, una figura che fino ad allora non conoscevo. Da lì piano piano ho conosciuto questo team, ho fatto dei test… ed eccomi qui. 

Come te lo aspettavi questo passaggio?

Non mi aspettavo di trovare un ambiente così grande. Grande in tutto: staff, mezzi, corridori… c’è sempre qualcuno che ti segue, che ti supporta… Durante lo stacco non mi rendevo effettivamente conto che ero un professionista, anche se me lo dicevano, non realizzavo in pieno. Poi al primo ritiro sono rimasto colpito appunto dalla grandezza di questo ambiente. Fanno di tutto per metterti il meglio a disposizione e farti crescere.

Con chi hai legato di più in questi primi assaggi di Bahrain-Victorious?

Quando sono arrivato avevo davvero paura di come mi sarei relazionato con gli altri, invece devo dire che tutti sono molto semplici, umili, alla mano… pertanto non ho incontrato nessuna difficoltà. Anche con l’inglese è andata bene. A scuola mi sono sempre impegnato ed è servito a qualcosa! Però si può sempre migliorare. In più ho avuto la fortuna di condividere la camera con Matej Mohoric. Lui era nel mio gruppo. Matej è ragazzo davvero tranquillo, disponibile e già esperto.

In Spagna i primi allenamenti da professionista (foto Instagram – Charly Lopez)
In Spagna i primi allenamenti da professionista (foto Instagram – Charly Lopez)
Eri nel gruppo degli scalatori quindi?

Diciamo di sì, c’erano anche Bilbao, Landa, Buitrago… Un po’ per il Covid, un po’ per non girare in tanti, ci avevano divisi in gruppi di 7-8 corridori.

A livello di allenamenti cosa è cambiato, rispetto allo scorso inverno?

I chilometri un po’ sono aumentati e poi alterno, ancora, la palestra con la bici, cosa che prima non facevo. In generale è aumentato il volume di lavoro e anche l’intensità. 

E noti già dei miglioramenti?

Per ora tengo bene questi carichi, poi vediamo come andranno le prime gare. Io sono seguito da Paolo Artuso.

E a proposito di gare, a quando il tuo debutto?

Ancora non è stato ufficializzato, ma credo a metà febbraio. Ho un bel calendario davanti a me e c’è una gara che mi piacerebbe tanto fare: il Tour of the Alps (18-22 aprile, ndr). E’ la corsa di casa.

Il trentino, classe 2001, lo scorso settembre ha vinto la Coppa Ciuffenna a Loro Ciuffenna, in Toscana (foto Instagram)
Il trentino, classe 2001, lo scorso settembre ha vinto la Coppa Ciuffenna a Loro Ciuffenna, in Toscana (foto Instagram)
Tu di dove sei?

Di Riva del Garda, Trentino. Conosco quelle strade. Sto proprio sul Lago e il clima è buono. Il lago mitiga molto e infatti parecchie squadre vengono ad allenarsi da quelle parti. Mi hanno detto che il Tour of the Alps è una gara organizzata molto bene. Lo scorso anno ero fuori a correre e l’ultima tappa, che andava verso Tenno, la salita che in pratica faccio tutti i giorni, me la sono dovuta vedere in televisione. Ma quando potevo andavo sempre a vederlo. Uscivo un’ora prima da scuola e scappavo a bordo strada.

Prima hai detto che tutti sono stati gentili con te, ti hanno trattato alla pari. Magari anche loro avranno pensato: se questo ragazzo è qui è perché è un corridore vero e in qualche modo è scattato il rispetto. Hai mai pensato a questo ragionamento al contrario?

Eh, bella domanda… Una cosa è certa, non mi hanno accolto come il giovane da mettere in mezzo con le battute. Per esempio, con Sonny Colbrelli ho fatto il viaggio aereo da Bergamo a Valencia. Subito, e con estrema naturalezza, abbiamo parlato di tutto. Mi ha spiegato cosa avrei trovato in ritiro, come funzionavano le cose in squadra, delle sue gare dell’anno scorso.

E facevi più domande tu o lui?

Io, io!

E cosa gli chiedevi? 

Mi ha raccontato dell’Europeo, che è stata una corsa davvero dura. Molto nervosa, tiratissima. E mi ha parlato della Roubaix. Mi ha portato “più dentro” nella descrizione di come è andata. Però io già sapevo molto perché lo avevo seguito bene dalla tv e avevo letto tutte le sue interviste.