Tosatto: «Rodriguez sa cosa vuole, è tosto e migliora»

23.10.2022
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Primo grande Giro concluso al settimo posto. Una caduta tremenda. Tante buone prestazioni e una tenuta psicofisica da veterano nell’arco delle tre settimane e dell’intera stagione. Vogliamo tornare a parlare di Carlos Rodriguez. E lo facciamo con chi in quella Vuelta lo ha guidato dall’ammiraglia e gli è stato vicino da Utrecht a Madrid, vale a dire il diesse Matteo Tosatto.

Il gioiellino spagnolo della Ineos Grenadiers è un campione che, a nostro avviso, dovremmo imparare a conoscere. E bene. Meno appariscente del suo “storico” rivale Juan Ayuso e di un Remco Evenepoel, non ha però meno sostanza di loro. Anzi…

Matteo Tosatto (classe 1974) è sull’ammiraglia dal 2017
Matteo Tosatto (classe 1974) è sull’ammiraglia dal 2017
Matteo, Carlos Rodriguez: cosa dici di questo atleta?

E’ un bravissimo ragazzo, molto giovane. Ha già fatto vedere belle cose. E’ arrivato da noi che era uno juniores. E la cosa più importante è che anno dopo anno si è sempre migliorato e lo ha fatto su ogni terreno: salita, crono, sprint… Quest’anno avevamo in programma di fargli fare il primo grande Giro ed è arrivato alla Vuelta consapevole di poter far bene. Aveva vinto il campionato spagnolo, una tappa ai Paesi Baschi e avendo fatto altre belle performance era fiducioso. Poi noi gli abbiamo lasciato carta bianca.

Poteva quindi attaccare, essere libero?

Poteva fare classifica o aiutare Carapaz nel caso Richard fosse stato in lotta per la Vuelta. Poi Richard è uscito quasi subito dai giochi e Carlos è stato più libero. Unico rammarico: la caduta terribile. Questa non gli ha permesso di lottare per il podio o arrivare quarto. Nei primi cinque ci sarebbe stato di sicuro. E’ arrivato settimo, ma per noi è come se fosse stato tra i primi cinque. Un altro sarebbe andato a casa.

Una brutta caduta in effetti, almeno da quel che si è visto dalle immagini…

Bruttissima. Ha mostrato una solidità impressionante. Vi dico solo che al Lombardia aveva ancora le ferite della Vuelta. Dopo la caduta è ripartito subito. Ma avendo rotto il casco lo abbiamo fermato. Ci sono dei protocolli da rispettare. Gli dicevo di fermarsi, di aspettare un attimo. E lui: “Sto bene, sto bene. Vado avanti”. “No – ribattevo io – hai rotto il casco, hai sbattuto la testa dobbiamo essere sicuri che puoi continuare”. 

Coriaceo…

Io dalla macchina gli chiedevo: “Come ti chiami?”. Lui mi guardava un po’ così, ma rispondeva bene, quasi con ironia. “Mi chiamo Carlos Rodriguez, Matteo Tosatto. E sono nato ad Almunécar il 2 febbraio 2001. Sto bene e voglio andare avanti”. Dopo una decina di chilometri, visto che si andava piano, lo abbiamo fermato. Ha parlato con il dottore. Ha fatto i suoi test per una trentina di secondi ed è ripartito.

E quella sera?

Già sul bus, poverino, era martoriato. In hotel, poi, mi diceva che gli faceva male tutto, ma anche che sarebbe potuta andare peggio. Lì ho davvero capito che non voleva mollare di un centimetro. Il giorno dopo ancora, ancora. Ma due giorni dopo ha sofferto tantissimo. Bisogna solo fargli un monumento per ciò che ha fatto. Ha mostrato un grande carattere.

E si è anche guadagnato il rispetto dei compagni?

Quello già ce lo aveva. E’ un ragazzo che si fa voler bene. Ma ho visto che dallo staff, dai meccanici ai massaggiatori, tutti hanno detto e capito quanto grande sia stato a portare a termine la Vuelta in quelle condizioni. Nelle ultime tappe gli ho detto: “Noi proviamo, ma se ti stacchi anche nei primi dieci minuti di corsa la tua Vuelta l’hai già vinta prima della caduta”. E lui: “No, la mia Vuelta finisce domenica”. Questo ti fa capire tante cose e quanto sia determinato.

Un punto forte di questo ragazzo è la testa dunque?

Assolutamente sì. Non ha mollato. Ma allo stesso tempo, a mio parere, non sente la pressione. Si concentra e s’innamora delle corse che gli piacciono. Alla sua età sa già cosa vuole. Prima di quest’anno per esempio ci ha detto: “Voglio fare la Strade Bianche perché una corsa che mi piace”. Era la prima volta che la faceva è stato l’unico che ha risposto agli attacchi di Pogacar. Idem il Lombardia e la Vuelta. Vuole migliorare ogni anno… E’ questo il piano nella sua testa ed è un piano chiaro.

Nella crono di Alicante Rodriguez è stato quarto a 1’22” da Evenepoel
Nella crono di Alicante Rodriguez è stato quarto a 1’22” da Evenepoel
In salita è un po’ al limite o per te ha dei margini ulteriori?

Per me ha dei margini. Non ha lo scatto secco o il cambio di ritmo netto, ma preferisce andare di passo e con le sue doti da cronoman e la sua giovane eta, ricordo che ha 21 anni, può fare ancora molto. Abbiamo visto i suoi dati e i suoi step di stagione in stagione e per me anche fisicamente non è del tutto maturo.

Il fatto che Carlos non abbia la “botta secca” è una limitazione nel ciclismo moderno?

Non penso. Ognuno ha il suo modo di correre, ma rispetto ad altri va più forte a crono. E sulla bici da crono ci lavora tanto e questo è di certo un punto favorevole.

Ti ricorda qualcuno? Tu sia da corridore che da diesse nei hai visti tanti…

Mah – ci pensa un po’ Tosatto – forse un Ivan Basso, uno regolare. Ha le caratteristiche di un passistone ma che va forte in salita. Non è lui che ti fa dieci scatti in salita. Però ha la capacità di essere al limite per tanto e si sa gestire in quei momenti. Ed è una cosa a dir poco importante.

Che programmi di lavoro avete previsto? 

Per ora non lo sappiamo. Nel ritiro degli scorsi giorni abbiamo stilato il programma di gare che faremo come squadra ma ancora non siamo scesi nello specifico. A dicembre, con i feedback dei coach e con gli incontri tra gli atleti e i direttori, vedremo cosa fare. E di conseguenza decideremo, soprattutto per i grandi Giri e per le classiche maggiori.

Il duello tra Carlos Rodriguez e Juan Ayuso ha infiammato la Vuelta e gli spagnoli
Il duello tra Carlos Rodriguez e Juan Ayuso ha infiammato la Vuelta e gli spagnoli
C’è la possibilità di vederlo al Giro d’Italia?

Può avere delle possibilità. Ma dipende da molte cose. Per esempio se vuol fare bene la primavera con le classiche e la Strade Bianche, o più avanti con il Catalunya e i Baschi. Inoltre dovremmo vedere chi sarà il capitano. Di certo dopo la Vuelta può provare a fare altro. L’Italia gli piace. Ama le nostre corse e magari questo inciderà. Ma essendo così solido magari dirà alla squadra: “Voglio andare al Tour”. O non mi stupirei se volesse fare la Vuelta da leader. Ma sono idee mie.

In Spagna hanno messo su un dualismo con Ayuso…

Fanno i paragoni con Ayuso perché entrambi sono vincenti, forti, giovani e lottano già dalle categorie minori. Carlos ha un anno di più… Poi dopo che anche Valverde ha smesso i media vogliono creare un po’ rivalità, fare notizia. In più sono molto diversi, come persone e come corridori.

Lo scorso anno all’Avenir, sul Piccolo San Bernardo abbiamo la sua immagine mentre attendeva il verdetto: si giocava la maglia gialla finale per una questione di secondi. Ha mostrato il suo essere ingegnere in tutto e per tutto: una sfinge. Ma è davvero così chiuso e serio o a “telecamere spente” è più aperto?

E’ professionale al 110%, ma quando si stacca il numero è altrettanto professionale… a fare festa! I genitori lo hanno educato bene. Ha grande rispetto per ogni membro dello staff. Sa cosa vuol dire fare fatica e rispetto. Ha le basi solide per una lunga e ottima carriera.

Van Vleuten regala a La Passione una tripletta storica

20.09.2022
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Sono passati meno di dieci giorni dalla conclusione della Challenge by La Vuelta e per La Passione è ancora tempo di festeggiare. Grazie a Annemiek Van Vleuten è arrivata una tripletta davvero storica. La fuoriclasse olandese è infatti riuscita a conquistare nella stessa stagione Giro Donne, Tour Femmes e Vuelta femminile. Si tratta di un’impresa davvero incredibile, a testimonianza di quanto la Van Vleuten sia davvero una grandissima atleta. In tutti e tre i suoi successi la campionessa olandese ha potuto contare sul supporto tecnico de La Passione che da questa stagione è partner tecnico del Movistar Team maschile e femminile.

Dominio assoluto

Così come avvenuto prima al Giro e successivamente al Tour, sono state le montagne a decretare il dominio assoluto della Van Vleuten sulle sue rivali. A decidere fin dall’inizio La Vuelta è stata la seconda tappa con partenza e arrivo a Colindres e con diverse salite disseminate lungo il percorso. Nell’occasione la Van Vleuten ha inflitto un distacco di 2’16” alla nostra Longo Borghini indossando la maglia roja, simbolo del primato, e ipotecando di fatto la corsa. Nelle successive tappe l’olandese si è resa protagonista di una difesa della maglia da manuale, portandola fino a Madrid e segnando un nuovo record nella sua già prestigiosa carriera.

La Passione ha disegnato una maglia speciale per Valverde, indossata alla Vuelta dal Team Movistar
La Passione ha disegnato una maglia speciale per Valverde, indossata alla Vuelta dal Team Movistar

Qualità La Passione 

Nel conquistare prima e difendere poi il simbolo del primato, la Van Vleuten ha potuto contare sulla qualità tecnica dei capi firmati La Passione. In una corsa segnata da alcune tappe contrassegnate da un clima decisamente torrido, i prodotti Ultralight, testati per resistere alle più alte temperature, sono risultati perfetti per garantire una sensazione di freschezza nonostante le temperature elevate. Il kit indossato da la Van Vleuten era completato da un pantaloncino realizzato con tessuto ultra-leggero e una costruzione diversificata che ne aumentava la traspirabilità e la dispersione del calore. Il corpino confezionato con una rete ancora più traspirante, e il fondello, caratterizzato dall’innovativo sistema HTS, hanno regalato alla campionessa olandese una sensazione di freschezza continua. 

Anche se la Vuelta femminile è stata baciata dal sole, non sono mancate alcune occasioni per indossare la Rain Jacket. Sviluppata sulla base delle esigenze dei corridori del Movistar Team la Rain jacket è totalmente waterproof. Il mono tessuto impermeabile, accoppiato a tre strati leggeri ne fanno il prodotto indispensabile soprattutto in un grande Giro. Il sistema di ventilazione interno, le cuciture nastrate e il doppio colletto garantiscono un perfetto isolamento dall’acqua. Mentre il pannello sul dorso, più lungo con fascia riflettente, il taglio aerodinamico e la zip spalmata a due cursori completano il capo. 

Il team spagnolo è salito sul podio della Vuelta con Enric Mas
Il team spagnolo è salito sul podio della Vuelta con Enric Mas

Il podio di Mas

Nello stesso giorno in cui la Van Vleuten conquistava la Vuelta femminile, La Passione ha potuto celebrare il secondo posto di Eric Mas nella gara maschile. Un risultato prestigioso, frutto di tre intense settimane di lotta spalla a spalla con Remco Evenepoel. Analizzando attentamente i numeri della corsa, possiamo notare come lo spagnolo del Movistar Team si sia piazzato ben nove volte all’interno della Top Ten e abbia saputo mantenersi nelle prime tre posizioni della classifica generale per 16 giorni consecutivi. Anche Mas ha naturalmente potuto contare sul meglio della qualità tecnica dei prodotti firmati La Passione.

La Passione

«Ayuso ha voglia di vincere». Valoti stupito a metà

12.09.2022
5 min
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Sul podio di un grande Giro a 19 anni e 336 giorni. Juan Ayuso era il corridore più giovane della Vuelta. Il campioncino della  UAE Emirates ha stupito tutti. O forse no. Forse questo risultato era già scritto nella pietra. Di certo lo era nelle sue gambe. 

Matxin, il tecnico del team asiatico, aveva detto che non si poteva fermare il talento. Gianluca Valoti che lo aveva avuto lo scorso anno alla Colpack Ballan conferma l’immensa voglia di vincere dello spagnolo. E allora ci si chiede ,questo eccellente risultato è davvero una sorpresa?

Ayuso a colloquio con Valoti lo scorso anno prima del via di una tappa alla Coppi e Bartali
Ayuso a colloquio con Valoti lo scorso anno prima del via di una tappa alla Coppi e Bartali

Sorpresa o no?

«Se mi aspettavo un suo podio – si chiede Valoti – direi di no, almeno non in partenza, non dopo la prima settimana. A quel punto ho creduto potesse arrivare tra i primi dieci invece questo ragazzo mi sorprende sempre di più. 

«Anche Remco (Evenepoel, ndr) era una scommessa e dopo il ritiro di Roglic si è aperto un posto sul podio, ma non credevo che Juan arrivasse a fare tanto. Specie militando in un team così forte. Con gente come Soler e Almeida, immaginavo dovesse aiutarli».

La squadra è un nodo cardine in questa storia. Prima della Vuelta lo stesso Matxin ci aveva detto che assolutamente Auyso non avrebbe corso grandi Giri in questa stagione. Poi c’è stato il contrordine e la convocazione per la gara spagnola. Il tecnico ci aveva parlato di ottimi dati, di un recupero eccellente dopo le gare di agosto da parte di Juan.

«Io credo – va avanti Valoti – che dietro questa sua presenza alla Vuelta ci sia una grande voglia del ragazzo stesso. La volontà di Ayuso ha dato una spinta decisiva. Juan è uno che punta in alto. Sempre.

«Ricordo anche quando era con noi che subito dopo il Giro U23 voleva passare con i pro’, che pensava alla Clasica di san Sebastian. E anche quella fu una decisione sua».

Il giovane catalano è è presto divenuto leader della UAE Emirates gestendo bene anche la pressione
Il giovane catalano è è presto divenuto leader della UAE Emirates gestendo bene anche la pressione

«Voglio la Vuelta»

Di certo Auyso lo scorso anno avrebbe potuto continuare a correre e a vincere molto con la Colpack. Ma per lui quello era un capitolo già passato. Messa in archivio la maglia rosa, sotto col prossimo obiettivo. 

«Con questo non voglio dire che la UAE lo abbia lasciato decidere da solo, avranno avuto di certo i loro dati e magari gli avranno detto di fare intanto dieci giorni e poi vedere come sarebbero andate le cose… questo non lo so, non vivo all’interno del team, ma sono certo che la sua influenza abbia inciso. Poi invece si sono ritrovati con lui capitano. E ci hanno anche dovuto puntare altrimenti sarebbe stato un fallimento».

Sul fatto di fare dieci giorni e alzare bandiera bianca però Matxin era stato chiaro: «Nonostante sia giovane, Auyso è un campione e i campioni non si ritirano. Se Juan parte è per finirla», ci aveva detto il basco. Su questo è stato chiaro.

Per Valoti uno dei punti di forza di Ayuso è la sua determinazione, unita ad una professionalità estrema
Per Valoti uno dei punti di forza di Ayuso è la sua determinazione, unita ad una professionalità estrema

Determinazione Juan

E da qui emerge un altro aspetto: quello della determinazione. Un aspetto che Valoti sottolinea.

Gianluca ricorda la prima volta che lo vide dal vivo, al suo arrivo in Italia. Dopo i primi appuntamenti online lo andò a prendere all’aeroporto in un piovoso e freddo pomeriggio di gennaio. La prima cosa che Juan gli chiese fu quella di uscire in bici, nonostante la pioggia. E così fece.

«L’indomani – racconta il direttore sportivo lombardo – avremmo viaggiato verso il ritiro e non si sarebbe allenato. Non poteva stare fermo due giorni. E così una volta scaricato dalla macchina salì in bici.

«Oppure al Giro U23 voleva mangiare il più presto possibile, per andare a dormire presto e recuperare più degli altri. Per lui tutto ciò non sono sacrifici. Ama la vita da atleta. In quei mesi che è stato con noi, per certi aspetti è stato facilissimo gestirlo. Non dovevi dirgli nulla. A parte quale piccolo dettaglio sull’alimentazione, ma parliamo della ripartizione dei cibi come le quantità della pasta per esempio, sapeva già tutto».

«Io credo che la testa e la determinazione siano i suoi punti forti. Okay, conosciamo tutti le sue doti fisiche, specialmente rispetto ai suoi coetanei. Ma Juan ha il pallino della vittoria. Lui vuole vincere. Anche se si tratta di giocare con le biglie in spiaggia».

«E questo forse è anche un suo piccolo limite. Questa brama lo porta a volte a sbagliare, a commettere degli errori». E anche questo è vero. Ricordiamo quanto accaduto a Laigueglia ad inizio stagione. Voleva a tutti i costi la prima vittoria da pro’ che fu lui a chiudere su Covi in cima a Capo Mele, mettendo tra l’altro a rischio la vittoria di squadra (tre su quattro della fuga erano della UAE).

Grinta, concentrazione e sguardo “famelico” per Ayuso, qui a ruota di Evenepoel e Mas
Grinta, concentrazione e sguardo “famelico” per Ayuso, qui a ruota di Evenepoel e Mas

Analisi Vuelta

Sei volte nei primi dieci. Diciassettesimo in una crono lunga e per specialisti. Una grande costanza di rendimento e addirittura un attacco ancora nella ventesima tappa. Segno che il fisico e la testa erano ancora sul pezzo. Fausto Coppi vinse il Giro d’Italia a 20 anni, ed è tuttora il più giovane vincitore di un grande Giro. E neanche il compagno Tadej Pogacar fu in grado di fare tanto a 19 anni. Tadej infatti salì sul podio della Vuelta alla “veneranda” età di 21 anni (da compiere di lì a pochi giorni). 

Gli scenari sono ampi. Tutto ciò è sbalorditivo.

«Juan vuole vincere – ripete Valoti – ha ambizioni enormi. Lui parte sempre per vincere. Ogni tanto lo sentivo e mi diceva di quanto cercasse la vittoria. La prima l’ha ottenuta una ventina di giorni prima della Vuelta.

«Errori? Bah, difficile trovarli, magari ha fatto qualche scattino di troppo nella prima settimana, però è anche vero che non sapeva sin dove  sarebbe arrivato e che ruolo avrebbe avuto nella squadra. Ha messo fieno in cascina, diciamo così. Cercava subito un risultato».

BH Core Carbon: 12,5 chili e autonomia fino a 220 chilometri

05.09.2022
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BH, brand spagnolo produttore di biciclette, presenta la nuova bici e-road Core Carbon. Un modello leggero (solo 12,5 chilogrammi), con telaio realizzato completamente in carbonio, per prestazioni al massimo. Le e-bike permettono a tutti di godersi il piacere della bici e di pedalare in compagnia. 

BH è alla Vuelta come sponsor e partner del team Burgos BH
BH è alla Vuelta come sponsor e partner del team Burgos BH

Ispirata dai pro’

Il telaio della Core Carbon di BH prende spunto da quelli utilizzati alla Vuelta Espana, in questi giorni, dai corridori del Team Burgos. La stessa tecnologia che usano i professionisti al servizio di tutti. La Core Carbon permette di macinare chilometri, inoltre sostenuti ed assistiti dal nuovo motore 2EXMAG. I chilometri di autonomia sono 165 grazie alla batteria da 540 watt (per ora), integrando la XPro i chilometri salgono a 220 ed i watt a 720 per ora. 

La batteria XPro, anch’essa nuova e con un sistema di funzionamento migliorato, è azionabile dal ciclista senza l’utilizzo di fili. E’ integrabile nel portaborraccia posteriore ed ha un peso veramente contenuto. 

Il telaio è disegnato con la tecnologia Kamm Tail, per essere aerodinamico ed ancor più performante
Il telaio è disegnato con la tecnologia Kamm Tail, per essere aerodinamico ed ancor più performante

Il motore

Il motore utilizzato per la Core Carbon, come scritto in precedenza, è il 2EXMAG: compatto, leggero ed estremamente silenzioso e potente. E’ completamente integrato nel telaio ed ha una nuova posizione, con un baricentro più basso per aumentare la stabilità. Sono state integrate anche delle alette laterali per migliorare la dissipazione del calore. Come ultima cosa il motore 2EXMAG risulta del 10 per cento più leggero rispetto al modello precedente, fermando la bilancia a solamente 2,1 chili. 

Nel cannotto di sterzo è integrato un pulsante che permette di regolare il livello di assistenza mediante un sistema di LED colorati
Nel cannotto di sterzo è integrato un pulsante che permette di regolare il livello di assistenza

Aerodinamica e connessa

Come le stesse biciclette da strada di BH, la e-bike Core Carbon Come incorpora il design Kamm Tail nei tubi. Si tratta di un design diverso che diminuisce i flussi d’aria riducendo la resistenza. Il telaio, grazie al sistema ACR, presenta il cablaggio interno dei cavi. BH, inoltre ha sviluppato l’applicazione Core App (per IOS e Android) che permette di collegare lo smartphone al sistema Core della bicicletta via Bluetooth.

BH

Nella nebbia la prima “maglia” di un Evenepoel molto cattivo

25.08.2022
6 min
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Se l’ex amatore Jay Vine si porta a casa, con una mega prestazione, la tappa del Pico Jano, Remco Evenepoel per la prima volta veste la maglia di leader in un grande Giro. Ma soprattutto fuga i dubbi sul suo ruolo alla Vuelta

Nella nebbia a cavallo tra Cantabria e Paesi Baschi, quasi in un clima da Belgio, spunta guarda caso un belga! Cinque salite, tre Gpm, l’arrivo in quota, la pioggia… i primi, grandi, decisivi scossoni alla classifica generale. D’altra parte Stefano Garzelli era stato chiaro: «Occhio alla tripletta di tappe al rientro in Spagna».

Si fa fatica a distinguere la sagoma di Jay Vine (classe 1995) sull’arrivo del Pico Jano
Si fa fatica a distinguere la sagoma di Jay Vine (classe 1995) sull’arrivo del Pico Jano

Aru non è sorpreso

Lo stesso Garzelli e come lui Fabio Aru non hanno dubbi: il fuoriclasse della Quick Step-Alpha Vinyl, con una dimostrazione di forza balza in testa alla classifica generale. E se ci fosse stato qualche centinaio di metri in più chissà come sarebbe andata a finire.

«Remco – dice Fabio Aru – non lo scopriamo certo adesso. E’ andato davvero forte. Ha rifilato dei bei distacchi e proverà a tenere. E’ giovane e l’esperienza se la sta facendo. E’ vero che anche lo scorso anno al Giro d’Italia era partito molto bene nelle prime frazioni e poi si è perso. Però era al rientro dopo l’infortunio, non correva da molto tempo. Stavolta invece ha un’altra situazione, ha più gare nelle gambe e appunto un po’ di esperienza in più.

«Per la prima volta si ritrova leader in un grande Giro, ma non è la prima volta che affronta una situazione simile. Ha già gestito la squadra in corse di una settimana e per me saprà muoversi bene anche sotto questo punto di vista. E poi per come ha vinto San Sebastian…. un’azione d’altri tempi significa che ne ha».

Corsa “tranquilla” nella prima parte, con la Groupama-Fdj della maglia rossa, Rudy Molard, che controlla
Corsa “tranquilla” nella prima parte, con la Groupama-Fdj della maglia rossa, Rudy Molard, che controlla

Quick Step forte?

E da questo assunto riparte Stefano Garzelli, anche se con una sfumatura diversa.

«Per me – dice il varesino trapiantato in Spagna – Remco e la Quick Step non si danneranno per tenere la maglia adesso, ma di certo proverà a fare classifica. Poi magari salterà, perché comunque è ancora giovane, ma ci proverà.

«La sua squadra non è fortissima. E Lefevere lo sa. Nei prossimi anni dovrà senza dubbio rinforzarsi per anche per i grandi Giri. Un Evenepoel così merita uomini forti al suo fianco».

Per Garzelli l’azione di Evenepoel e della squadra era programmata. Hanno lavorato con la consapevolezza di non lasciare troppo spazio alla fuga. 

«Oggi quando alla tv spagnola hanno intervistato Bramati e gli chiedevano perché avesse piazzato un uomo lì davanti, Davide ha risposto che era solo perché volevano mantenersi nelle prime posizioni per evitare rischi. Allora Purito Rodriguez, che faceva il commento tecnico, si è messo a ridere. Non ci ha creduto neanche un po’. Si trattava di un’azione programmata».

Tuttavia su questo ultimo punto Evenepoel a fine tappa confermerà quanto detto dal suo diesse.

Remco Evenepoel in azione verso il Pico Jano. Notate la smorfia di fatica di Enric Mas alla sua ruota
Remco Evenepoel in azione verso il Pico Jano. Notate la smorfia di fatica di Enric Mas alla sua ruota

Meteo (ormai) insolito

«Il meteo ha inciso parecchio – continua Garzelli – ci si muoveva verso la Cantabria e quelle strade con la pioggia e il “freddo” (18° gradi, ndr) cambiano molto, perché sono scivolose e molto strette. E infatti i corridori non piegavano le bici in curva. In più dopo un’estate così torrida non c’erano più abituati a quelle temperature… di certo ha inciso.

«Poi ai piedi della salita grazie al lavoro della Quick Step-Alpha Vinyl la fuga è stata ripresa. Vine è stato bravissimo perché se è vero che anticipato un po’, è pur sempre uscito dal gruppo dei leader. E a fine scalata rispetto ad Evenepoel non ha perso molti secondi».

Lo show di Remco

Ed è lì, a poco meno di 7 chilometri dal traguardo che inizia lo show di Remco. Il belga senza alzarsi sui pedali scava un solco importante su (quasi) tutti i migliori.

«Incredibile – spiega Garzelli – ha fatto come a San Sebastian. Senza neanche uno scatto, senza alzarsi sui pedali. Si è messo giù e controllava costantemente il computerino. Lo vedevi proprio in volto che era in controllo.

«Mas a parte, bravissimo a resistergli, ha rifilato distacchi importanti. Quasi un minuto e mezzo a Roglic non è poco. E penso che nella crono potrà rifilargli altri 50”, almeno a lui. E tre minuti agli altri. Uscirà da quella tappa con 4 minuti e sarà un bel vantaggio. Cambierà la corsa. Ammesso che non ci arriverà già prima, visto le tappe insidiose del fine settimana».

Per Garzelli oggi è emerso anche il livello di questa Vuelta: tanti nomi, ma poche energie.

«Siamo a fine stagione, c’è stanchezza. Ho visto tanta gente faticare parecchio. Carapaz si è staccato quasi subito. E dopo Roglic sono arrivati 20 corridori quasi tutti insieme e sfiniti. Non ci sono tante energie. E invece Ayuso: ma quanto è stato bravo?».

Un paio di chilometri dopo l’affondo di Remco, Ayuso si è liberato di Roglic e degli altri big rifilandogli oltre 40″
Un paio di chilometri dopo l’affondo di Remco, Ayuso si è liberato di Roglic e degli altri big rifilandogli oltre 40″

Parla Evenepoel

Ma forse a fugare i dubbi su questo benedetto bivio fra tappe e classifica generale è Remco stesso. Già solo per il fatto che appena dopo l’arrivo è salito sui rulli a sciogliersi. Azione che di solito fa chi punta alla classifica o che comunque ogni giorno deve essere pronto.

«Sono molto felice e orgoglioso di essere leader – ha detto il belga a fine tappa – è un sogno che si avvera. E’ uno dei miei più grandi successi. Quella fatta in salita è una prestazione solida. Siamo qui per questo».

“Siamo qui per questo”: parole che magari a caldo possono anche essere fraintese. Però poi ha continuato.

«Volevo provare qualcosa – ha aggiunto Evenepoel – perché avevo le gambe. Spero di aver sollevato i dubbi che alcuni potevano avere su di me. Ma La Vuelta è tutt’altro che finita. Cercheremo di fare in modo che domani sia una tappa più tranquilla, perché ci aspetta un weekend molto intenso… Spero di riuscire a mantenere queste belle sensazioni».

«Ritirati e vai alla Vuelta». De Tier… batte Conca e Fabbro!

25.08.2022
5 min
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Non solo Matteo Fabbro e Filippo Conca hanno saputo all’ultimo minuto di dover prendere parte alla Vuelta, c’è chi è andato oltre. E non solo come tempistiche, ma anche per la modalità a dir poco rocambolesca con la quale è stato avvertito. Parliamo di Floris De Tier, corridore della Alpecin-Deceuninck.

De Tier lo ha saputo a 24 ore dal via… mentre era in corsa. «Mi hanno detto di ritirarmi a 20 chilometri dal termine della terza tappa del Giro di Danimarca», ha raccontato il corridore. Nella frase c’è tutta la sua “avventura”.

Testa bassa e pedalare, anche nelle pianure ventose dell’Olanda De Tier si è subito messo a disposizione (immagine da Instagram)
Testa bassa e pedalare, anche nelle pianure ventose dell’Olanda De Tier si è subito messo a disposizione (immagine da Instagram)

Vuelta all’improvviso

Floris De Tier, 30 anni del Belgio, è uno di quei corridori che in carriera sono sempre stati vicini prima alle esigenze della squadra e poi alle proprie. I suoi numeri sono da scalatore (172 centimetri per 60 chili), ma non ha una caratteristica predominante. E per questo alla fine si ritrova quasi sempre ad aiutare.

In carriera non vanta nessuna vittoria, “solo” qualche piazzamento nei dieci. Ma se senza vittorie si entra nel novero delle WorldTour, come fu quando passò dalla Topsport Vlaanderen alla Lotto Nl Jumbo, qualcosa vuol dire. La Alpecin, per adesso, non è WT, ma poco ci manca.

E mettersi a disposizione è quel che è successo anche la scorsa settimana. De Tier, come detto, stava disputando il Giro di Danimarca, quando per radio ha ricevuto quell’ordine a dir poco singolare.

«Avevamo fatto circa 200 chilometri, quando ad una ventina di chilometri dalla fine della tappa – ha raccontato De Tier – ho visto passare Christophe Roodhooft (il diesse, ndr) con l’ammiraglia il quale mi ha urlato che dovevo fermarmi».

Sul momento Floris resta basito, non capisce. Il gruppo era in piena bagarre in vista della volata e così la conversazione è proseguita via radio.

«Mi hanno detto di fermarmi. Allora ho chiesto perché dovessi ritirarmi. Mi hanno risposto: “Dobbiamo portarti alla Vuelta”. Così quando siamo arrivati ai meno venti ho fermato la bici come mi avevano detto e sono tornato in hotel».

In Italia quest’anno Floris ha corso alla Coppi e Bartali e alla Strade Bianche, corsa che lo ha stregato e che ha chiuso al 12° posto
In Italia quest’anno Floris ha corso alla Coppi e Bartali e alla Strade Bianche, corsa che lo ha stregato e che ha chiuso al 12° posto

Dalla bici all’aereo

La squadra aveva individuato il punto più rapido per raggiungere l’albergo, dargli il tempo di cambiarsi e recarsi in Olanda. Qualche ora dopo, infatti, era in aeroporto.

«In realtà – ha detto De Tier a Het Nieuwsblad – è stata una corsa contro il tempo ma ho avuto qualche minuto anche per fare un massaggio». Floris ha poi mangiato qualcosa con la squadra che nel frattempo aveva finito la corsa e alle undici era in aeroporto. 

Tra una cosa e l’altra, De Tier si è aggregato alla formazione della Vuelta la mattina del via della cronosquadre, dopo una notte quasi insonne, tra il volo verso l’aeroporto di Amsterdam e il trasferimento verso il nuovo hotel. Non a caso sul palco della presentazione dei team la Alpecin contava sette atleti e non otto. L’ottavo, appunto, era in viaggio.

Il fiammingo ha corso anche con la Lotto Nl Jumbo. In salita se la cava bene
Il fiammingo ha corso anche con la Lotto Nl Jumbo. In salita se la cava bene

Quattro settimane

E così De Tier è alle prese con la sua quarta partecipazione alla Vuelta, unico grande Giro che sin qui ha disputato. Non solo si è ritrovato dalla bici all’aero, ma si è presentato alla partenza della crono con tre tappe in più! Tre tappe che chissà se, e quanto, si faranno sentire a fine Vuelta. Anche lui ha accennato che sarà curioso di vedere come andrà la “quarta settimana”.

Un avvicinamento così non è certo dei migliori. E infatti dopo qualche cambio nei primissimi chilometri della cronosquadre, De Tier si è staccato. E’ arrivato da solo incassando oltre 2′.

Si è staccato un po’ perché oggettivamente non era al meglio dopo una notte simile. Un po’ perché un esercizio tanto particolare come quello della cronosquadre non lo inventi da un’ora all’altra (non aveva fatto neanche una prova). E un po’ perché, da buon gregario, doveva iniziare a risparmiare in vista del giorno dopo.

Nella prima tappa in linea infatti si è sciroppato 50 chilometri in testa al gruppo per tenere la fuga nel mirino, pensando alla volata del suo compagno Tim Merlier.

«Ho tirato per 50 chilometri – ha detto De Tier – poi quando ho finito il mio lavoro mi sono spostato». E di nuovo ha continuato ad andare di conserva. Risultato: sul traguardo di Utrecht è arrivato ultimo a 11’12” da Sam Bennett.

De Tier in testa al gruppo durante la prima frazione del Giro di Danimarca: quel giorno ha tirato per circa 160 chilometri
De Tier in testa al gruppo durante la prima frazione del Giro di Danimarca: ha tirato per circa 160 chilometri

Gregario e signore

Questo richiamo in extremis la dice lunga su quanto sia impegnativo ed imprevedibile il ciclismo attuale.

Ma come, ci si chiede, ci sono squadre che hanno 25-31 corridori e ne devono richiamare uno che sta già correndo? A quanto pare è proprio così, specie a questo punto della stagione e specie con ancora il Covid a metterci lo zampino “accorciando le rose”. Anche se in questo caso non è stato il Covid a metterci lo zampino. 

De Tier infatti ha dovuto sostituire il compagno Oscar Riesebeek, caduto in allenamento il giovedì della vigilia mentre stava provando la cronosquadre.

«E’ il mio lavoro – ha detto sempre alla testata belga De Tier – anche in Danimarca nella prima tappa avrò tirato per 160 chilometri per Jasper Philipsen. Voglio fare di tutto per aiutare la squadra. La Vuelta è una buona occasione per me e cercherò di sfruttarla al meglio. Sono contento di essere qui adesso, era stata una delusione non esserci.

«Vedremo come andrà la corsa, saprò essere utile anche in montagna visto che supero bene le salite. Vedremo che ruolo mi darà la squadra».

Che ruolo gli darà non lo sappiamo. Sappiamo però che Floris De Tier è in scadenza di contratto e speriamo che questa rocambolesca storia gli garantirà il prolungamento.

Una sola cronosquadre all’anno: come si prepara?

24.08.2022
6 min
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Qualche giorno fa la Vuelta è partita con una cronosquadre. Questa è una specialità tanto affascinante, quando delicata e se vogliamo anche più rara. Almeno a certi livelli, infatti, era da un po’ che non se ne facevano. E allora ci si chiede come si possa preparare un evento che in qualche modo resta “unico” nella stagione.

Marco Pinotti, tecnico della BikeExchange-Jayco, ci guida nella gestione della cronosquadre di Utrecht. La prova di apertura della Vuelta è stata vissuta con una vigilia insolita da parte dei team, molti dei quali si sono ritrovati a girare negli autodromi per ritrovare quel po’ di feeling.

La Kern Pharma ha pagato dazio sia in termini di materiali che di organizzazione come si nota dalla disposizione dei suoi atleti
La Kern Pharma ha pagato dazio sia in termini di materiali che di organizzazione come si nota dalla disposizione dei suoi atleti
Marco, la prima domanda è: ha senso investire risorse per un evento che come detto più o meno è singolare nell’arco della stagione?

Se ha senso investire tante risorse, tempo e denaro, per guadagnare pochi secondi e per di più una volta l’anno? Dico di no. Perché o ci investi tantissimo, e allora il discorso cambia e magari guadagni davvero qualcosa, oppure non ne vale la pena. Roglic per esempio su alcuni rivali ha già aperto un piccolo gap con la cronosquadre, ma lo ha fatto grazie ai grandi investimenti a monte della sua Jumbo Visma. Per un solo breve evento non conviene, perché investire poco significa non guadagnare e a quel punto meglio perdere 10” ma aver risparmiato denaro, tempo ed energie. Ed aver continuato a lavorare su altro.

Come è stato preparare una prova simile dopo tanto tempo?

Si prepara con l’obiettivo di vincerla, come sempre. Con entusiasmo e voglia di fare. Una preparazione come quella appena fatta incide soprattutto da un punto di vista psicologico. Se tu parti convinto e consapevole di aver fatto un buon lavoro, sei già a buon punto. La Movistar per esempio, l’altro giorno ha incassato un bel distacco. Loro già sapevano che si sarebbero dovuti difendere. Devi anche bilanciare la squadra pensando al resto della corsa… almeno se punti alla classifica. Però posso anche dire che se la vinci, quello diventa il momento dell’anno. Perché poche cose uniscono il team come la cronosquadre. C’è una grande questione emotiva.

Cosa intendi quando si parla d’investimento: solo materiali?

Materiali, ma soprattutto tempo, almeno in questo caso. Tempo per prepararla. Alla fine un po’ tutti i team se la sono cavata. Ma se la sono cavata perché la prova era corta. E’ durata poco più di 20′ e per uno sforzo di tale durata più o meno tengono tutti. Il discorso sarebbe stato diverso se si fosse trattato di una cronosquadre di 40-50 chilometri. Quella si sarebbe dovuta preparare in altro modo e da prima.

Molti team hanno provato in autodromo o strade chiuse alla vigilia della gara di Utrecht (foto Instagram @veloimages)
Molti team hanno provato in autodromo o strade chiuse alla vigilia della gara di Utrecht (foto Instagram @veloimages)
E voi come avete fatto? Da quanto tempo ci lavoravate?

Abbiamo iniziato dopo il Giro d’Italia. Al termine della corsa rosa già avevamo una mezza idea della squadra che avremmo portato in Spagna. A luglio poi, per tre lunedì con la lista lunga della Vuelta (cioè con le riserve incluse, ndr) abbiamo fatto delle sedute specifiche a Girona, in Spagna. I ragazzi hanno pedalato per 120 chilometri con la bici da crono tutti insieme. Il quarto lunedì è stato quello dopo il Tour e lì c’erano sette ragazzi, sei dei quali sono poi venuti alla Vuelta. In quell’occasione abbiamo fatto un mini ritiro di tre giorni, concentrandoci soprattutto sulla cronosquadre. Infine abbiamo provato un giorno in Olanda con il team definitivo della Vuelta.

E sei soddisfatto della prestazione dei tuoi ragazzi?

Tutto sommato sì, ma poteva andare un po’ meglio. Il giorno della prova abbiamo girato sull’asciutto, mentre in gara era ancora un po’ bagnato. Non che piovesse, ma nelle prime curve la strada era ancora alquanto umida e cadeva qualche gocciolina. Dico che il meteo ha condizionato le prime 10-12 squadre. Fossimo partiti 20′ dopo sarebbe cambiato molto. I miei ragazzi le prime curve le hanno fatte piano, specie quelle più veloci. Noi abbiamo frenato, gli altri ci sono passati in pieno. Noi perdevamo la posizione sulle protesi, rallentavamo, gli altri no. Con un occhio veloce ai dati, noi la facevamo a 39 all’ora, gli altri a 45-47. Senza contare che poi si perdono più energie per riportare la velocità a 60 all’ora. Un po’ meglio sulle curve più lente, dove c’era da frenare.

Nella cronosquadre incide il lavoro sul singolo, sui materiali… oppure è tutt’altra cosa?

Riguardo ai materiali sostanzialmente abbiamo cambiato i rapporti, un po’ più lunghi: ma nulla più. Riguardo al lavoro sul singolo, dico che a cascata incide. Per la proprietà transitiva: se il singolo va più forte, va più forte anche la squadra. Poi però chiaramente ci sono molti altri aspetti a partire da quello della posizione in bici dello stesso atleta.

Materiali: si è intervenuto solo sui rapporti. L’unica scelta le gomme: qualcuno ha optato per quelle da bagnato (foto Instagram – Getty)
Materiali: si è intervenuto solo sui rapporti. L’unica scelta le gomme: qualcuno ha optato per quelle da bagnato (foto Instagram – Getty)
Cioè?

La posizione nella cronosquadre è “meno importante” che in quella individuale. Nella prova individuale la capacità di esprimere potenza passa anche da una posizione ottimale quando si è (più o meno) alla soglia. Nella cronosquadre invece il singolo che tira per 15”-20” va 150 watt sopra alla soglia e quando è chiamato a esprimere quei valori, non è mai nella posizione ottimale, che si trova in galleria del vento o in pista. Perché è talmente a tutta che si scompone un po’, pedala anche con le spalle. E quando ha finito, si rimetti in scia.

E’ cambiato molto l’approccio rispetto a quando c’era il mondiale per team?

Di certo all’epoca la cronosquadre era più importate e ci si lavorava di più. Noi alla fine abbiamo messo insieme il team a giugno, ci abbiamo lavorato a luglio e gareggiato ad agosto. Quando c’era il mondiale iniziavi a lavorarci a dicembre e correvi a fine settembre. Ma torniamo al discorso di prima: quella iridata non era una prova di 20 chilometri, bensì di 60. In un’ora di sforzo cambia tutto: altri distacchi, altre esigenze, tanti particolari da affinare.

La Jumbo Visma ha dominato e la cosa era nell’aria: per te loro hanno beneficiato del lavoro sui singoli come dicevamo?

Anche loro hanno avuto un avvicinamento come gli altri. Credo che abbiano girato un giorno prima: il mercoledì e non il giovedì, ma non credo abbiano fatto ritiri specifici per la prova di Utrecht. E poi con quei corridori a loro davvero bastava un giorno! Quando in squadra hai gente come Roglic, Dennis e Affini è più facile e non solo perché spingono forte e sono dei cronoman…

Il treno della Jumbo-Visma guidato da Affini si è permesso di far restare Kuss a ruota
Il treno della Jumbo-Visma guidato da Affini si è permesso di far restare Kuss a ruota
E perché allora?

Perché gente così tira anche per 40” e alla fine fanno meno cambi rispetto a chi tira per 15”. Pensate che hanno tenuto Kuss, scalatore, come ultimo uomo, lui era in coda e non ha tirato.

Giusto… tutto diventa più “facile”, meno “caotico. E voi ogni quanto cambiavate?

Mediamente tra i 15” e i 25”, ma soprattutto all’inizio erano le curve a determinare i cambi. Michael Hepburn è arrivato a 30”, ma sempre perché in un paio di trenate si è trovato la curva a metà che lo ha fatto rifiatare quel tanto da non perdere la velocità così presto.

Perché è quella che comanda, non tanto il tempo delle trenata: appena la velocità inizia a scendere, bisogna cambiare…

Comanda la velocità, ma bisogna cambiare prima che inizi a scendere!

Vuelta a sorpresa, ma con 25 giorni di altura Conca è pronto

18.08.2022
7 min
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Quello che è successo al Giro d’Italia, ma a parti inverse. Filippo Conca, si ritrova al via della Vuelta. Il corridore della Lotto Soudal sta per affrontare il suo primo grande Giro.

Lo ha saputo così, a sorpresa, prima del via di una corsa. Talmente a sorpresa che per raggiungere la squadra in Olanda in pratica si è dovuto sciroppare un “interrail” per mezza Europa.

«Ero – racconta Conca – alla Polynormande (corsa tra Bretagna e Normandia, ndr), da lì ho preso un treno per Parigi, viaggio di 4 ore e mezzo. Poi un altro treno per Bruxelles. Da Bruxelles ancora in treno fino ad Herentals dove abbiamo la logistica della squadra e da lì con loro sono arrivato ad Utrecht».

Con le valigie e la bici al seguito, Conca (24 anni a settembre) ha raggiunto il via della Vuelta
Con le valigie e la bici al seguito, Conca (24 anni a settembre) ha raggiunto il via della Vuelta
Come mai non hai viaggiato in aereo?

Perché di questi tempi con i voli è sempre un bel problema, come si è visto. Io avevo la bici al seguito e molte volte i bagagli non stanno arrivando. All’italiano per esempio mi hanno annullato il volo. Alla fine ne ho dovuti prendere due: Milano-Roma, Roma-Bari. Sono partito alle 7 e sono arrivato in hotel alle 21,30. Niente massaggi, sgambata… e infatti nel finale di corsa il giorno dopo non ero brillante.

Filippo, questa Vuelta dunque è stata davvero una sorpresa…

Ero riserva per la gara spagnola. L’altroieri mi hanno avvertito per dirmi che sarei stato della partita. Un altro ragazzo appena uscito dal Covid non dava garanzie e così hanno chiamato me. In pratica è accaduto, a parti inverse, quel che è successo a me al Giro.

Però Filippo qualcosa è mancato in questa stagione…

Direi che in generale sono mancati questi due anni. Non tanto le corse o gli allenamenti, ma non sono mai riuscito a trovare la condizione giusta. Un mese correvo e poi per un motivo o per un altro mi fermavo. In questo modo non prendi continuità e non trovi mai la giusta forma.

Ai Baschi grande fatica. Filippo ha preso il Covid, toccando il punto più basso e duro della sua stagione
Ai Baschi grande fatica. Filippo ha preso il Covid, toccando il punto più basso e duro della stagione
E adesso come stai? 

Dopo il Covid di aprile non ho avuto più problemi. Lo sento e lo vedo dalle prestazioni in bici. La ruota sta iniziando a girare per il verso giusto. L’avevo preso ai Baschi. Sono stato fermo per nove giorni, ho ripreso ma poco dopo avevo una stanchezza tremenda. Mi sono ripreso solo a fine maggio e solo da quel momento ho iniziato ad allenarmi con intensità.

Come arrivi allora a questa Vuelta?

Ho le sensazioni migliori da due anni a questa parte.

Ma i risultati non sono ancora arrivati, speriamo possano arrivare alla Vuelta…

Vero e non è facile tra la condizione che non c’era e il fatto che debba lavorare per la squadra. Con il discorso che servono punti si lavora soprattutto per i primi dieci. Se avessi avuto più spazio, magari avrei fatto meglio.

Che poi sei scadenza di contratto, giusto?

Esatto. E non è facile. Al Tour de l’Ain nonostante mi sia messo a disposizione, non ho mollato una volta finito il mio lavoro. Sono arrivato 14° ma serve a poco. Magari una top 10 mi avrebbe aiutato un po’. 

Ben 25 giorni in altura. Il lombardo si è allenato molto bene. E sente di andare forte
Ben 25 giorni in altura. Il lombardo si è allenato molto bene. E sente di andare forte
E sarai a disposizione anche in Spagna?

In Spagna andiamo per le fughe e tutti abbiamo carta bianca. Giusto Cras (Steff Cras, belga di 26 anni, ndr) proverà a tenere per la classifica, ma senza pressione.

Te lo auguriamo! Filippo, passiamo alla preparazione. Hai detto che finalmente vedi la prestazione. Come ti sei preparato a questo tuo primo grande Giro… senza saperlo?

Tutto sommato è stata una preparazione adatta ad un grande Giro, anche perché ci speravo: questa Vuelta volevo farla a tutti i costi. Alla fine sono stato in altura a Livigno ben 25 giorni: i primi dieci con la squadra a Trepalle (quota 2.300 metri, ndr) e poi in appartamento a Livigno (1.800 metri, ndr). Non avevo mai fatto un’altura così. Ho parlato con la squadra, avrei dovuto fare delle gare, ma volevo restare lassù per fare un grande volume. Se fossi sceso prima, magari sarei andato più forte all’Ain, ma non sarei stato “giusto” per la Vuelta. Ho fatto qualità proprio con il Tour de l’Ain e la Polynormande.

Cosa hai fatto dunque in altura?

Come detto, quantità. Ho fatto dei blocchi da due e tre giorni, intervallati da un giorno di scarico: un’uscita facile con pausa bar! Ho lavorato senza tirarmi il collo, solo nell’ultima settimana ho aumentato un po’ l’intensità, ma senza ancora fare dei fuori soglia. Se avessi tirato, sarei entrato in forma subito, ma mi sarei bruciato presto, vanificando i benefici della montagna. Quindi facevo delle uscite tra le 4 ore e mezzo e le 5 ore e mezzo e un paio da sei ore, ma sempre con molto dislivello: 3.500 e anche oltre i 4.000 metri. Ho inserito la palestra, una volta a settimana, per il sistema neuromuscolare.

Per il lecchese una bella fuga alla Sanremo, ma in queste due stagioni pochi risultati
Per Conca una bella fuga alla Sanremo, ma in queste due stagioni pochi risultati
Palestra: pesi o corpo libero?

Pesi, ma senza esagerare, anche perché io tendo a mettere su muscolo e non voglio appesantirmi. Sono a 75 chili che per la mia statura (190 centimetri) vanno bene. Magari potrei essere un filo più magro per andare più forte in salita, ma poi perderei forza. Per quel che mi riguarda, meglio cercare di aumentare i watt che dimagrire.

Prima hai parlato d’intensità, ma facevi anche dei lavori?

La forza l’ho sempre curata in bici. Facevo delle SFR di 2′-3′ ma con i watt alla soglia. Poi lavori al medio in salita con i 2′ finali a soglia. 

Hai lavorato anche con la bici da crono? Visto che ci sarà persino una cronosquadre. A proposito, ne hai mai fatte?

Da pro’ no, ma da under 23 sì, all’Avenir del 2019. Giusto l’altro ieri abbiamo fatto delle prove con il team nell’autodromo di Zolder. Non tanto perché puntiamo sulla crono, ma per cercare di non combinare guai e prendere rischi inutili. E poi ci sono team che sui materiali sono più avanti di noi.

Cioè?

Su strada siamo messi molto bene con ruote, bici e il resto. Siamo molto competitivi. A crono invece siamo un po’ indietro e stiamo aspettando la nuova bici per il prossimo anno.

E in altura ti sei allenato a crono?

Poco, anche perché come detto neanche conviene investirci troppo. Anche se sei al 100%, sei in svantaggio con i materiali. 

E ci lavorerai?

Mi piacerebbe farlo. Magari fra due-tre anni succederà che sono lì a giocarmi una breve corsa a tappe e dovrò fare la crono a tutta. Se non ci lavori dal puntare ad una top 5 ti ritrovi fuori dalla top 10.

Al Tour de l’Ain è tornato il sorriso sul volto di Conca. E ora sotto con la Vuelta
Al Tour de l’Ain è tornato il sorriso sul volto di Conca. E ora sotto con la Vuelta
Alla luce di quanto ci siamo detti, qual è la tappa ideale di Filippo Conca?

Una tappa non semplice, ma neanche durissima. Mi piacerebbe ci fossero salite lunghe, anche lunghissime, ma pedalabili. Per me non c’è una tipologia di corsa preferita. Su una salita secca ci sono 30 corridori più forti di me, quindi devo anticipare, devo puntare sulle fughe. Io poi ho notato che a inizio gara ci sono tanti corridori più forti di me, mentre nei finali vado meglio. Il divario diminuisce

Ti appresti ad affrontare il tuo primo grande Giro: cosa ti aspetti dunque?

Considerando quanto appena detto spero che possa emergere questo aspetto e fare bene man mano che si va avanti. Sono curioso di vedere come reagirà il mio fisico nella terza settimana. Sin qui la corsa a tappe più lunga che ho fatto è stata di 10 giorni: due volte il Giro da dilettante e due volte sono arrivato quinto nella generale. Sul piano delle prestazioni spero di andare forte perché sento di stare bene, so che con la preparazione fatta posso crescere e fare qualcosa di bello.

Hai già visto qualche tappa?

Non sapendo di andare in Spagna, no. Gli ultimi giorni sono stati super intensi, ma da stasera mi metterò a studiare quale può essere quella più adatta a me. Di certo non le prime tappe in Olanda. Lì i velocisti avendo poche possibilità non vorranno lasciarsi scappare le occasioni di volata.

In rassegna i nomi caldi della Vuelta. Garzelli incorona Carapaz

17.08.2022
6 min
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Poco più di 48 ore e sarà Vuelta a Espana! La carovana si riunirà in quel di Utrecht in Olanda per una corsa che si annuncia super combattuta. Una Vuelta piena di domande, di curiosità che poniamo all’attenzione di Stefano Garzelli.

La maglia rosa del 2000 oltre che un grande conoscitore degli atleti è anche un esperto di Spagna visto che ci vive e ha le mani in pasta nel ciclismo giovanile grazie alla sua squadra, lo Stefano Garzelli Team. Pertanto è in grado di capire quali sono i corridori più indicati alla conquista della maglia rossa anche in base al tracciato.

Qualche giorno fa Roglic ha pubblicato questa foto. Ha ritrovato forza e sorriso. Sarà pronto per il poker? (foto Instagram)
Qualche giorno fa Roglic ha pubblicato questa foto. Ha ritrovato forza e sorriso. Sarà pronto per il poker? (foto Instagram)
Stefano, da chi partiamo?

Direi da Roglic, non fosse altro perché ha vinto le ultime tre edizioni. Deve stare tra i favoritissimi. Bisogna vedere come ha recuperato dal ritiro del Tour, ma io credo che il fatto che ci sia vuol dire che questo recupero c’è stato, altrimenti neanche sarebbe partito. Magari non sarà al 100%, ma la forma c’è, e si è visto anche in Francia, vediamo se c’è anche il fisico, la salute.

Che poi Primoz alla Vuelta sembra essere più sicuro di se stesso, più padrone della situazione…

Vero. Ci sta che un corridore abbia più o meno feeling con una corsa. E poi guardate che vincere tre Vuelta di seguito è tanta roba.

Un altro nome, Stefano?

Richard Carapaz. Lui è senza dubbio uno degli avversari maggiori di Roglic. Primo, perché dopo aver perso il Giro vuole la rivincita. Secondo, perché nel 2020 perse proprio dallo sloveno e vorrà togliersi il sassolino dalla scarpa. E poi ha una squadra forte.

Carlos Rodriguez con Sivakov (a destra). Il campione nazionale spagnolo guida la schiera dei giovani della Ineos-Grenadiers
Carlos Rodriguez con Sivakov (a destra). Il campione nazionale spagnolo guida la schiera dei giovani della Ineos-Grenadiers
Che la sua Ineos-Grenadiers sia forte okay, ma sono quasi tutti “bimbi”…

Mah, sapete a fine stagione portare dei “bimbi” può essere un vantaggio. Sono più motivati, magari non hanno fatto nessun grande Giro. Loro ti danno il 110%, un corridore esperto magari ti dà il 90. E poi non c’è un mondiale troppo adatto a loro o agli scalatori, quindi vengono espressamente per la Vuelta.

Un nome lo buttiamo sul piatto noi: Simon Yates…

Lo stavo per dire io! Simon Yates ha già vinto la Vuelta nel 2018 e credo si sia preparato anche piuttosto bene. Ha anche vinto in questo avvicinamento e a Burgos è andato forte… Anche lui deve far vedere quello che vale. Simon combatte con i suoi alti e bassi, perché lui quando ha i bassi perde davvero tanti minuti.

E Hindley?

Sarà della partita ma sinceramente non lo vedo vincitore. Non è facile avere due grandi picchi di forma nella stessa stagione e Jai Hindley al Giro volava. A Burgos andava forte, ma non fortissimo. Poi comunque aver vinto il Giro da una parte ti dà, dall’altra ti toglie e anche mentalmente ritrovare la concentrazione per le tre settimane è molto difficile. Se ci riuscisse sarebbe un fenomeno. E poi il livello del campo partenti è leggermente più alto di quello del Giro.

Per Garzelli è difficilissimo, ma se Hindley dovesse riuscire nella doppietta Giro-Vuelta sarebbe il primo a riuscirci dopo Contador nel 2008
Per Garzelli è difficilissimo, ma se Hindley dovesse riuscire nella doppietta Giro-Vuelta sarebbe il primo a riuscirci dopo Contador nel 2008
Non si può non nominarlo: Mikel Landa. Pellizotti dice che con uno come lui in formazione si parte sempre per vincere…

Il problema è che alla fine non vince mai. E a me Landa piace moltissimo, attenzione. La prima volta che l’ho visto, ma direi che il grande pubblico lo ha visto, eravamo proprio alla Vuelta Burgos. Era il 2011. Nell’ultima tappa Mikel lavorava per Sanchez. Si doveva scalare due volte una salita. Alla prima tirava Landa e restammo in nove. Alla seconda tirava sempre lui, mi staccai quando erano rimasti in cinque. Ad un certo punto Sanchez gli ha detto: «Vai perché io non ce la faccio più». E vinse la tappa. In salita va ancora fortissimo, ma nel complesso gli manca sempre qualcosa.

Di Joao Almeida cosa ci dici? Alla fine lui sul podio di un grande Giro ancora non ci è mai salito…

Questa Vuelta sarà il suo banco di prova. Ha a disposizione una buona squadra e partire essendo tra i favoriti, con la pressione mediatica, quella da capitano in squadra è, come detto, un test veritiero. Senza contare che in  UAE Emirates con Matxin alla guida ci tengono molto alla Vuelta. Se non vince è da podio. E poi ha vinto a Lagunas de Neila a Burgos. Conosco benissimo quella salita e se vinci lì è perché stai bene.

Il portoghese Almeida, dopo il Giro ha vinto due corse: il titolo nazionale (in foto) e l’ultima tappa della Vuelta a Burgos
Il portoghese Almeida, dopo il Giro ha vinto due corse: il titolo nazionale (in foto) e l’ultima tappa della Vuelta a Burgos
Enric Mas?

Mas lo scorso anno fu secondo ed è giusto nominarlo, ma credo che la sua occasione l’abbia avuta proprio un anno fa. Bisogna capire lui e la Movistar soprattutto. Loro sono appesi ad un filo con il discorso dei punti e la tensione c’è. Qui in Spagna se ne parla spesso. Senza contare che hanno avuto sempre grandi problemi di gestione con i loro leader: Quintana, Lopez, Landa, Carapaz. Loro devono vincere e dover vincere quando si è sotto pressione non è mai facile. Uscire dal WorldTour sarebbe una botta pazzesca.

Altri outsider? Quintana per esempio…

Quintana lo vedo per le tappe e non per la classifica. Anche perché si parte dall’Olanda. C’è vento lassù. E’ vero che corre bene, però… In più c’è anche una cronosquadre. E invece di Evenepoel che mi dite?

Remco può fare tutto e il contrario di tutto. Piuttosto oltre a lui ci sarebbe da parlare anche di Juan Ayuso e Carlos Rodriguez. Tre giovanissimi con le stimmate dei campionissimi…

Seguendo il ciclismo giovanile in Spagna conosco bene sia Juan che Carlos. Entrambi hanno una grande opportunità e una grande classe. Io credo che Rodriguez sarà determinante per Carapaz. Lui ha davvero tanta testa. Ayuso è più spregiudicato. Ha una grandissima ambizione. Molto della sua gestione dipenderà da Almeida. Ha 19 anni e per lui sarà interessante capire come reagirà alla terza settimana. E poi c’è Remco. Per come andava a San Sebastian… boh! Può fare tutto! Io credo lui vivrà alla giornata e valuterà strada facendo cosa fare (se puntare alla classifica o alle tappe, ndr).

Quest’anno la Vuelta torna sulle rampe della Sierra Nevada, salita non durissima ma che ha sempre segnato delle belle differenze
Quest’anno la Vuelta torna sulle rampe della Sierra Nevada, salita non durissima ma che ha sempre segnato delle belle differenze
Stefano, in qualche modo hai introdotto anche il discorso del percorso. Questa Vuelta, come da tradizione, si vincerà in salita?

Alla fine credo di sì: penso a Sierra Nevada, a Navacerrada e ai numerosi arrivi inediti, ma credo anche anche la crono individuale di Alicante inciderà moltissimo. E’ una crono totalmente piatta, a forte rischio di vento (una parte è sul mare), poi arriva dopo il giorno di riposo. Corridori forti come Roglic e Almeida possono infliggere anche più di due minuti ai loro avversari.

Rispetto alle ultime Vuelta le tappe sembrano leggermente più lunghe mediamente. Non ce n’è una che supera i 200 chilometri ma ce ne sono parecchie tra i 180 e i 190 chilometri…

Vero, e poi la partenza da fuori, dall’Olanda non è mai facile. Lì una Jumbo Visma già può mettere qualche secondo tra sé e gli altri. Le tappe di rientro nei Paesi Baschi sono insidiose. C’è questa crono di Alicante: 30,9 chilometri super piatti sono parecchi… Nel complesso mi sembra una Vuelta dura, ma non durissima con 10-14 frazioni monster come le altre volte.

Quindi qual è il podio finale di Stefano Garzelli?

Carapaz, Roglic, Almeida.