Keisse e il ritorno di Landa: determinazione, disciplina, esperienza

17.08.2025
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Mikel Landa ci è riuscito ancora una volta. Il forte (e amatissimo) scalatore basco della Soudal-Quick-Step dopo l’ennesimo incidente (lo ricorderete nella prima tappa del Giro d’Italia), è riuscito ad alzarsi nuovamente. E dopo 88 giorni è ripartito con cuore e determinazione.

Il suo ritorno in gara ha avuto luogo alla Vuelta a Burgos, una corsa speciale per lui, dove ha conquistato la sua prima vittoria da professionista ed anche l’ultima finora: era il 2021. Nonostante le difficoltà, Landa ha scelto Burgos per testare il suo stato di forma in vista della Vuelta a Espana, dimostrando ancora una volta il suo carattere tenace e quella che oggi è nota come resilienza.

Giro d’Italia: finale della prima tappa. Landa cade e si frattura una vertebra toracica. Secondo Bramati, Mikel non era mai stato così forte
Giro d’Italia: finale della prima tappa. Landa cade e si frattura una vertebra toracica. Secondo Bramati, Mikel non era mai stato così forte

Landa: un passo alla volta

Prima della Vuelta a Burgos, Landa si è detto “un po’ nervoso” perché era passato molto tempo dall’ultima gara: «E’ passato tanto tempo da quando ho indossato un numero – aveva dichiarato il basco – sono già contento di tornare, ma non so cosa aspettarmi, la lesione è stata complicata. Questa gara è importante per vedere se posso tornare a competere». La risposta è stata positiva…

Landa è parso felice, ma anche molto realista e forse anche stanco. Stanco per il lavoro fatto per rientrare e per tutte le volte che in carriera si è trovato a vivere certe situazioni.

«Non mi faccio illusioni – ha detto Mikel a Diario AS – Voglio solo vedere dove sto, mettere il ritmo nelle gambe e dimenticare quello che è successo nella gara precedente. Se riesco ad essere alla partenza della Vuelta, mi riterrò soddisfatto. Ho ancora qualche dubbio su come risponderanno la schiena e le gambe, per questo ribadisco che vedrò giorno dopo giorno».

Iljo Keisse (classe 1982) è direttore sportivo della Soudal-Quick Step dal 2023

Parla Keisse

Il disse che ha diretto Landa a Burgos è stato Iljo Keisse. Il fiammingo è rimasto colpito dalla sua tenacia e il suo racconto parte da una telefonata proprio con Landa.

«Il mio è stato un incidente pesante – Keisse riferisce le parole Landa – le aspettative erano alte, ero concentrato per fare il meglio…», per dire che aveva trovato un Mikel profondamente colpito nell’animo.

Keisse è rimasto sorpreso per come Landa si è sentito durante la gara: «Il momento chiave è stato nella terza e quarta tappa a Burgos. Sono stati episodi che ci hanno detto molto. Mikel era stato molto solido nella prima parte e, pur soffrendo nell’ultima giornata, è riuscito a restare nei primi venti, in una tappa dura con tutti i migliori. Questo ci ha detto che siamo riusciti a rientrare dopo un infortunio. E non è una cosa scontata oggi, con giovani fortissimi che c’erano e con corridori come Caruso che spingono sempre forte. E non è facile né per il corridore soprattutto, né per chi gli sta vicino. Il corpo fatica a tornare a certi livelli. Mikel ancora costruendo la condizione, ma il lavoro fatto sin qui è stato ottimo. E questo mi dà fiducia».

Da ex atleta che ha corso per grandissimi leader, Keisse coglie un aspetto mentale fondamentale in Landa: «Mikel è un leader, un gentiluomo, facile da gestire, esigente e flessibile al tempo stesso: elementi che da un lato richiedono molto da se stessi, ma dall’altro facilitano la ripresa psicologica. La sua forza interiore, unita ad esperienza e disciplina, fa la differenza nel continuo ritorno al massimo livello».

Landa in fuga nella terza tappa: anche Keisse ha evidenziato questo aspetto
Landa in fuga nella terza tappa: anche Keisse ha evidenziato questo aspetto

Quanto lavoro…

Il recupero di Landa dopo la caduta al Giro d’Italia, dove si è fratturato la vertebra toracica T11 (e ha riportato tante altre botte), è stato lungo e paziente. Come riportano le fonti, Mikel ha affrontato un periodo di riposo e riabilitazione di circa otto-dieci settimane, durante le quali ha usato anche un corsetto, ha camminato e ha ripreso gradualmente l’allenamento, prima sui rulli e poi su strada. Insomma è ripartito da zero.

Tra riposo e riabilitazione, Mikel ha iniziato a rimettersi in sella a giugno. Il processo non è stato solo fisico: Landa ha dovuto convivere con dubbi e timori. Lui stesso, come detto, aveva dubbi circa la reazione di gambe e schiena.

«Durante la Vuelta a Burgos – va avanti Keisse – ho avuto modo di osservarlo da vicino. Mentalmente era concentrato, consapevole dei suoi limiti ma si vedeva che era anche disposto a misurarsi. Il modo in cui ha lottato verso dell’Alto de Las Campas, quando è andato all’attacco, ha mostrato un atleta tutt’altro che remissivo. Durante la scalata non è stato esplosivo, ma ha mantenuto lucidità, calma e determinazione, segnali di un recupero non solo fisico ma anche emotivo».

Quanta curiosità circa le potenzialità di Mikel in salita in vista della Vuelta
Quanta curiosità circa le potenzialità di Mikel in salita in vista della Vuelta

Vuelta: niente classifica

A questo punto viene naturale chiedersi: che tipo di Vuelta potrà fare Landa? Da quanto ha dichiarato, il suo obiettivo attuale non è specifico, è importante soprattutto averlo al via e, come ha detto anche lui: «Vedere dove sto». Ci sta, giusto così. Nella sua situazione non è neanche giusto chiedergli di più.

«Per quanto riguarda che tipo di Vuelta possa fare – conclude Keisse rispondendo alla nostra domanda – penso sia chiaro: Landa non punterà alla classifica generale, perché sarebbe irrealistico. Quello che ci aspettiamo è che provi a lottare per qualche tappa. Nei primi giorni sarà importante non perdere troppo tempo e non avere pressione. Dovrà provare a stare nelle prime dieci o venti posizioni, ma soprattutto a ritrovare le sensazioni e a non stressarsi.

«Il suo obiettivo sarà cercare di vincere una tappa. Questo è il sogno di ogni corridore: tagliare il traguardo per primo con le braccia alzate. Penso che sia molto bello e per lui sia anche realistico. Quindi cercheremo di selezionare alcune tappe. Vedremo cosa porterà questa Vuelta: è un approccio diverso per Mikel, ma con un corridore come lui può funzionare molto bene».

Dal ciclocross alla caccia alla rosa, l’epopea di Kastelijn

03.06.2025
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Nella Vuelta a Burgos che ha decretato il ritorno al successo di Marlen Reusser dopo i gravi problemi fisici dello scorso anno, sul podio finale è salita Yara Kastelijn, non senza una certa sorpresa. Già, perché l’olandese eravamo abituata a vederla protagonista sui prati d’inverno, capace anche di vincere un titolo europeo nel 2019, poi una lenta e costante trasformazione che l’ha portata a essere una protagonista assoluta su strada, centrando la Top 10 alla Vuelta e conquistando il podio finale di Burgos.

L’olandese della Fenix, a 27 anni è nel pieno della sua maturazione e le sue capacità in salita ne fanno la leader di una squadra dove, non per caso, abbondano le cicliste multidisciplinari, che si dividono fra strada e ciclocross, non ultima la nostra Sara Casasola. Per lei questo inizio stagione è stato foriero di una nuovaa dimensione.

Per la 27enne di Neerkant quest’anno 26 giorni di gara e già 6 Top 10 con due podi
Per la 27enne di Neerkant quest’anno 26 giorni di gara e già 6 Top 10 con due podi

«In realtà, sono davvero contenta di aver iniziato così. A Valencia mi sentivo già abbastanza bene, ma poi all’improvviso sono crollata l’ultimo giorno ed ecco perché non sono entrata nella Top 10. Ma poi la settimana successiva ho chiuso sesta alla Strade Bianche. Quindi ho dimostrato di essere in ottima forma e penso di essermi fatta notare nelle classiche di primavera, con un’altra presenza nelle 10 a Liegi».

Il terzo posto significa che ti trovi meglio nelle corse a tappe e che stai diventando una ciclista da classifica?

Sì, in passato ero sempre un po’ nervosa prima delle gare e ho iniziato a lavorarci su durante le corse. E’ il frutto dei miei miglioramenti. Ora posso semplicemente sfruttare la mia concentrazione, divertirmi senza nervosismi. E quando mi diverto e sono semplicemente me stessa, libera da pressione o stress, ho capito di poter raggiungere livelli davvero alti. Sapevo già di potercela fare, ma è sempre molto difficile dimostrarlo. Oltretutto vedo che le condizioni climatiche più diventano difficili e più mi esalto, forse proprio per le mie radici da ciclocrossista.

Una giovanissima Kastelijn sul podio degli europei juniores 2015, nella prova a cronometro
Una giovanissima Kastelijn sul podio degli europei juniores 2015, nella prova a cronometro
Preferisci le corse a tappe o le classiche in linea?

Diciamo che mi piace sempre… la prossima corsa. In realtà mi piace che ci siano tappe lunghe, quindi preferisco pedalare per cinque ore invece di tre. Ma credo che la dimensione legata alle gare di più giorni mi sia più vicina.

Fino a un paio d’anni fa eri più conosciuta come ciclocrossista, ma nell’ultima stagione hai fatto solo 5 corse internazionali: il ciclocross è sempre più parte del tuo passato o hai ambizioni anche in quello?

Al momento non ho un’idea precisa. Abbiamo cambiato le cose circa due anni fa, in inverno, puntando più sulla preparazione su strada. Quindi abbiamo dimostrato che funziona davvero fare meno ciclocross e per ora è solo parte del mio allenamento per l’estate. Perché penso di poter essere davvero brava. E quando ci riesco, tipo l’ultima volta, riesco a concentrarmi di più. Quindi ora per me il ciclocross è più adatto come forma di allenamento. Non ci rinuncio, ma le gare voglio interpretarle così.

L’olandese ha conquistato l’oro U23 agli europei di ciclocross 2019, la sua punta sui prati
L’olandese ha conquistato l’oro U23 agli europei di ciclocross 2019, la sua punta sui prati
Tu hai iniziato prima su strada o nel ciclocross?

In realtà ero più un ciclista su strada. Mi allenavo su strada d’estate, ma non facevo molte gare. Poi ho provato il ciclocross e ho visto che andavo bene, così sono entrata nel ciclismo professionistico da quella porta, anche perché vedevo che su strada ero ancora un po’ indietro. Al tempo poi mi dicevo che era meglio fare 40 chilometri piuttosto che 120 o 140, vedevo che per emergere su strada dovevo allenarmi troppo e i risultati non arrivavano, così mi buttavo giù. Per me il ciclismo è una questione prima di tutto mentale. Il ciclocross ha avuto il grande merito di restituirmi l’amore per quest’attività.

Alla Fenix siete molte a fare doppia attività: quanto aiuta avere un inverno agonistico per preparare la strada?

Io credo di sì, fare la doppia attività ha degli indubbi vantaggi. Il ciclocross ti dà, attraverso le sue gare, quell’intensità che in un certo senso non puoi vivere altrimenti, e penso che sia semplicemente perché partecipiamo a gare di ogni tipo, a un livello di intensità elevato che ci rende più forti per la strada. E’ importante riuscire a pianificare tutto e questo è un grande merito del nostro staff, che ci segue tutto l’anno e sa dosarci d’inverno come nelle altre stagioni.

La Kastelijn sulle orme della Reusser. A Burgos l’olandese ha mostrato le sue doti di scalatrice
La Kastelijn sulle orme della Reusser. A Burgos l’olandese ha mostrato le sue doti di scalatrice
Quale pensi sia la tua caratteristica principale nel ciclismo su strada?

Penso che tutti sappiano che sono uno scalatore perché sono pessima nello sprint, ma in realtà mi piace quando do il massimo fin dall’inizio, la mia caratteristica principale è dare tutto dal primo all’ultimo metro. Niente di meglio di una gara durissima mi si addice di più.

Hai vinto due anni fa una tappa al Tour: che cosa ti è rimasto di quella giornata?

Oh sì, quel giorno è stato davvero folle. Con i miei genitori che erano alla partenza e avevo paura di deluderli. All’inizio non andava, mi dicevo «Ok, la prossima volta», poi invece ho visto che potevo provarci e ho pensato «Vai a fare spettacolo». Ho preso il comando e ho dato il massimo fino al traguardo. All’arrivo non avevo parole per esprimere la mia gioia, ne vado molto orgogliosa di quel che ho fatto. Ancora oggi quando vedo video o foto di quel giorno mi esalto.

Il giorno più bello della sua carriera, la vittoria in solitaria al Tour 2023 sul traguardo di Rodez
Il giorno più bello della sua carriera, la vittoria in solitaria al Tour 2023 sul traguardo di Rodez
Ora che cosa ti attende in questa stagione, quali sono i tuoi obiettivi?

Ho finito la mia prima prova a tappe e sono davvero felice di essere salita sul podio. Era un obiettivo. Ora sto preparando con attenzione il Giro d’Italia e non nascondo che mi piacerebbe fare lo stesso perché credo che il percorso possa esaltare le mie qualità.

Parisini, primi segnali di crescita alla corte di Nizzolo

20.08.2024
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Alla recente Vuelta a Burgos, prova introduttiva alla Vuelta Espana si è rivisto ad alti livelli Nicolò Parisini. Il portacolori della Q36.5 ha colto la piazza d’onore nell’ultima tappa per poi spostarsi in Danimarca e conquistare un’altra Top 10, a dimostrazione di una condizione fisica finalmente acquisita. Il che si traduce in uno spirito alto, nella voglia di spaccare il mondo, cosa che gli era un po’ mancata da inizio stagione.

In fin dei conti parliamo di un corridore ancora giovane, appena 24 anni, che il suo posto nel ciclismo che conta se lo è guadagnato e che nel team ha un ruolo importante, a metà fra l’ultimo uomo per Giacomo Nizzolo e il finalizzatore, almeno in certi tipi di arrivi.

Per il vogherese quest’anno 53 giorni di gara con 4 Top 10, tutte ottenute in agosto

«In Spagna ho iniziato a sentire le gambe proprio come volevo – afferma mentre è ancora in giro per l’Europa – già nella seconda tappa avrei potuto dire la mia, ma non ero ancora nella condizione giusta, eppure ho colto la decima piazza il che significava che cominciavo a funzionare. Nell’ultima tappa eravamo d’accordo che avrei tirato per Giacomo, ma sull’ultimo strappo si è staccato così ho preparato lo sprint e Bittner mi ha battuto di poco».

Come ti trovi a lavorare con Nizzolo?

Benissimo, siamo anche in camera insieme nelle trasferte che condividiamo proprio per trovare un sempre più stretto feeling. Parliamo molto, mi dà consigli, gli stimoli giusti. Il suo insegnamento principale è che in questo mondo non c’è nulla di facile, devi guadagnarti ogni cosa con il sudore della fronte facendo piccoli passi. Sto imparando molto da lui.

Tappa finale alla Vuelta a Burgos con Bittner che beffa Parisini, decisamente amareggiato
Tappa finale alla Vuelta a Burgos con Bittner che beffa Parisini, decisamente amareggiato
Giacomo ha avuto per te parole molto lusinghiere, quasi da suo erede…

Lo apprezzo molto, spero sia proprio per quel feeling che si è instaurato anche fuori dalle corse. Mi accorgo che in gara gli chiedo tanto, nella gestione delle corse e lui è sempre disponibile. D’altronde si vede che ha un occhio diverso, coglie momenti che a me sfuggono ancora. La squadra ha puntato molto su di noi, non è un caso se i nostri calendari per la maggior parte coincidono.

Tu nella maggior parte dei casi hai detto di essere il suo pesce pilota. Come ti trovi in questo ruolo?

E’ una vera e propria scuola, è un compito importante per svolgere il quale serve innanzitutto una grande fiducia reciproca. Non s’inventa, serve tempo anche per sincronizzare i movimenti. Io d’altro canto sono uno sprinter diverso da lui, sono veloce ma non abbastanza per le volate a gruppo compatto, mentre Nizzolo è un velocista puro che ha sempre uno straordinario colpo di pedale. Io ho già svolto questo compito al servizio di Moschetti, ora con Nizzolo continuo a crescere. Poi, quando capita l’occasione non mi tiro certo indietro…

Parisini insieme a Nizzolo. Un connubio in tante corse e volate costruite insieme
Parisini insieme a Nizzolo. Un connubio in tante corse e volate costruite insieme
Sei soddisfatto finora di come sta andando la stagione?

Non tantissimo. Sono stato piuttosto sfortunato perché lo scorso anno avevo colto la mia prima vittoria al Cro Race e contavo di ricominciare sulla stessa linea, ma alla quinta tappa della prima corsa, la Volta a la Comunitat Valenciana sono caduto e da allora ho sempre inseguito la condizione migliore. Pensavo di averla trovata alla Tirreno-Adriatico e infatti ero carico a mille per le classiche, ma alla Gand-Wevelgem altra caduta con rottura della clavicola e due mesi di stop. Non ho fatto altro che inseguire la forma migliore, spero di essere ormai sul punto di trovarla.

Come ti trovi nel team?

C’è un solo termine per definirlo: perfetto. E’ una professional al livello più alto, segue un calendario molto qualificato pur dovendo fare i conti con un budget che non può essere all’altezza di quello del WorldTour. L’unica cosa che manca è la partecipazione a un grande giro, ma credo proprio che il prossimo anno anche questa lacuna verrà colmata.

Il lombardo all’E3 Saxo Classic finita al 29° posto. Per Parisini il sogno è vincere in Belgio
Il lombardo all’E3 Saxo Classic finita al 29° posto. Per Parisini il sogno è vincere in Belgio
Ora che la forma sta arrivando, che cosa desideri?

Io mi aspetto di ripetere il 2023 e quindi di vincere almeno una gara. In Danimarca ho lavorato per Giacomo, che ha colto due buoni piazzamenti in un contesto di primo piano. Dopo ci saranno molte classiche di un giorno, alcune hanno percorsi che sono davvero alla mia portata, vorrei piazzare la mia zampata e se fosse all’estero, magari nel nord Europa sarebbe ancora più bello. Il mio sogno? Mettere la firma su una corsa belga, perché la patria del ciclismo vero è lì.

Tiberi a tutta Spagna. Crescono le ambizioni per la Vuelta

16.08.2023
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Dopo un ottimo Tour de Pologne, Antonio Tiberi fa rotta sulla Vuelta. E viaggia verso la Spagna non solo con l’obiettivo di fare esperienza. L’atleta della Bahrain-Victorious può iniziare a testarsi. Magari a fare classifica, come si dice in gergo. Probabilmente non a certi livelli, ma il laziale non è il tipo che segue la filosofia del “sono giovane, c’è tempo”. Anche perché quel tempo ormai è quasi passato: Antonio ha solo 22 anni, ma è professionista già da tre.

Tiberi doveva fare anche la Vuelta Burgos, iniziata ieri, ma un piccolo risentimento (tendinite) post Polonia ha indotto il ciociaro e il suo staff a saltare questo “antipasto” del grande Giro spagnolo. Nulla di preoccupante. Uno stop precauzionale, dicono dalla Bahrain. Antonio ha fatto delle terapie e si sta allenando regolarmente.

Tiberi si è integrato benissimo con la nuova squadra. Eccolo pancia a terra in Polonia per Mohoric
Tiberi si è integrato benissimo con la nuova squadra. Eccolo pancia a terra in Polonia per Mohoric
Antonio, si va in Spagna dunque…

E’ il mio secondo grande Giro. Feci la Vuelta giusto l’anno scorso. Credo di aver vissuto un buon avvicinamento: prima l’altura a Livigno, poi il Tour de Pologne, quindi la Vuelta. In Polonia ho faticato un po’. Alla fine non correvo dai campionati italiani e mi serviva mettere un po’ di fatica nelle gambe.

Un buon lavoro…

Eh sì. Dopo il Polonia sono stato a casa una decina di giorni e poi sarei partito subito per la Spagna. Però devo ammettere che a me piace. Mi trovo bene, anche nei ritiri mi sento a mio agio, quindi no problem!

Sei arrivato in questo team a stagione inoltrata, ma da quel che ci hanno detto e da come ti abbiamo visto nei contorni del Tour de Pologne sembra che tu ti sia integrato alla grande. E anche sul fronte delle prestazioni ti sei subito mostrato all’altezza tanto che ti volevano portare al Tour. E’ così?

E’ vero, l’inserimento è stato subito ottimo sia con lo staff che con i ragazzi. Del Tour de France si era parlato. C’è stata questa possibilità per qualche giorno, però è anche vero che ero appena arrivato, che ero fermo da tre mesi e mi serviva un po’ di ritmo. Ne abbiamo parlato anche con il preparatore, Bartoli, e alla fine siamo rimasti sul programma originario.

In ritiro il laziale ha avuto modo di conoscere meglio i suoi compagni: uno su tutti, Caruso (foto Instagram)
In ritiro il laziale ha avuto modo di conoscere meglio i suoi compagni: uno su tutti, Caruso (foto Instagram)
Sei stato in altura con il team, lassù vi siete concentrati anche sulla crono, tanto più che la Vuelta partirà con una cronosquadre, o avete fatto l’altura classica con tanta base?

Non solo base. Abbiamo fatto anche qualche allenamento tirato. A volte partivano quei 5′-10′ di “ignoranza”! Con Damiano e Zambanini ci si stuzzicava… Più che altro guardavamo i Kom su Strava e cercavamo di batterli.

A proposito di Damiano Caruso. E’ stato lui a dirci che era il momento di lasciare spazio ai più giovani come te e Buitrago per la classifica della Vuelta.

Con Damiano mi sto trovando bene. Non lo conoscevo molto, ma a Livigno ho avuto modo di stargli più vicino. Ha tanta esperienza e la cosa che mi ha colpito è che la differenza di età non si sente: è estroverso, sul pezzo…

Ma sei pronto a fare il leader?

Alla fine non ho un obiettivo preciso. So cosa vuol dire affrontare un grande Giro e dopo un anno comunque non disputato al 100 per cento, in cui sono stato parecchio fermo, non posso partire e dire di puntare alla classifica. Però mai dire mai. Vediamo come si mette, vediamo come risponde il fisico e cerchiamo di fare il meglio possibile.

Nonostante sia un cronoman, nella crono del Polonia Tiberi non ha spinto troppo. Aveva già fastidio al tendine d’Achille e ha preferito non rischiare
Nonostante sia un cronoman, nella crono del Polonia Tiberi non ha spinto troppo. Aveva già fastidio al tendine d’Achille e ha preferito non rischiare
Okay, ma proverai a tenere?

Sì, sì… A tenere ci si prova. 

Hai detto di sapere cosa significhi fare un grande Giro: ebbene, cosa vuol dire?

Che devi arrivarci parecchio in condizione. Il dispendio energetico e mentale è tanto, tantissimo. Ho notato che la squadra può fare tanto la differenza e su questo punto sono tranquillo. So che saremo competitivi. Il lavoro in Polonia è stato importante. Per me era fondamentale correre. Damiano ed io eravamo i due uomini per i finali in appoggio a Mohoric che, uscendo dal Tour, aveva la miglior condizione.

Dai Antonio, facciamo un po’ di fantaciclismo. Ti ritrovi in classifica alla Vuelta con Roglic, Evenepoel, Vingegaard… chi temi di più?

Dico Roglic. Vingegaard viene dal Tour, Remco l’ha vinta l’hanno scorso, mentre Primoz vorrà la rivincita su Remco, senza contare che la Vuelta è “casa sua”. Per me se la giocheranno loro.

E il tuo quasi coetaneo Ayuso?

Lo vedo più sul podio, poi… mai dire mai. Ma se mi chiedete una scala di valori dico: Roglic, Remco, Ayuso.

Paladin, tanti piazzamenti e quel successo che manca

20.05.2023
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Sempre vicina, sempre lì a far capolino nella Top 10, ma la vittoria sembra non voler arrivare mai. Soraya Paladin prosegue la sua caccia nel dedalo delle corse spagnole del WorldTour, ora è alla Vuelta a Burgos e anche ieri ha centrato il piazzamento, ottava a 12” dalla Vollering che continua a collezionare successi in questa stagione magica. La veneta della Canyon Sram non si lamenta, cerca di portare pazienza, sicura che prima o poi verrà anche il suo turno.

In attesa della seduta di massaggio per preparare il weekend finale, l’atleta di Treviso fa un po’ il punto della situazione dopo una primavera intensa, considerando che ha collezionato 17 giorni di gara con oltre la metà conclusi entro le prime 10.

«Mi dispiace soprattutto per la tappa dell’Iztulia Women, la seconda dove ho chiuso alle spalle della Vollering, perché credo che con un po’ di fortuna in più si poteva anche centrare il risultato pieno. Mi ha tratto in inganno l’errore di percorso della Reusser che mi ha portato a partire troppo presto, se avessi lanciato la volata 100 metri più avanti forse l’olandese non mi riprendeva».

La volata persa contro la Vollering all’Itzulia. La veneta è stata tratta in inganno dalla Reusser, terza
La volata persa contro la Vollering all’Itzulia. La veneta è stata tratta in inganno dalla Reusser, terza
Avrebbe dato un senso maggiore a questa prima parte di stagione…

Sicuramente, anche se non è che possa lamentarmi vista la messe di risultati che sto portando a casa. Dimostro di esserci sempre. La campagna delle Ardenne era stata impegnativa, ma mi ha lasciato con le pile un po’ scariche, ho avuto bisogno di due settimane per ricaricarmi, per fortuna aver saltato la Vuelta è stata un aiuto.

In squadra ti danno fiducia?

Sì, anche se normalmente viene considerata la Niewiadoma come punta del team e io cerco di starle vicino e darle una mano, ma senza mettere da parte le mie ambizioni. In squadra il clima è abbastanza alto, anche se sappiamo di confrontarci con uno squadrone come quello della Sd Worx.

Al Nord la Paladin ha dato buoni segnali: quinta all’Amstel, nona a Liegi e alla Freccia del Brabante
Al Nord la Paladin ha dato buoni segnali: quinta all’Amstel, nona a Liegi e alla Freccia del Brabante
In carriera hai finora vinto 7 gare, ma il successo pieno manca dal Giro delle Marche 2019. Ti manca la vittoria?

Ci penso spesso, ma ci sono alcuni aspetti da considerare. Innanzitutto il livello medio si è alzato tantissimo da allora e essere sempre protagonista, essere lì a lottare nei finali di gara significa che comunque anche il mio livello è salito. E’ chiaro che vincere piacerebbe e ci spero tanto, ma contro gli squadroni di oggi non è semplice.

Accennavi alla Sd Worx. Non pensi che stia un po’ ammazzando le corse?

E’ una squadra costruita con tante campionesse, che rendono sempre la gara dura. Questo consente loro di scegliere sempre una tattica diversa, poter lanciare un attacco da lontano oppure aspettare. C’è molto tatticismo nelle corse, bisogna essere attente nello scegliere le mosse giuste da fare. Sono le più forti, ma non sono certo imbattibili, nel gruppo ci sono tante squadre forti e la nostra non è seconda a nessuna.

La Paladin a Burgos si sta ben disimpegnando, indossando la maglia roja di leader dei GPM
La Paladin a Burgos si sta ben disimpegnando, indossando la maglia roja di leader dei GPM
Ma tanti successi non vanno poi a scuotere gli equilibri e generare invidie?

Io non credo. C’è molto rispetto, quando hai a che fare con campionesse del genere. Noi pensiamo a fare la nostra parte sapendo che possiamo giocarcela con tutti. Bisogna correre in base ai propri punti di forza, non piegarsi a quel che fanno loro…

Nell’ambiente molti si lamentano della serie infinita di corse a tappe in Spagna, senza soluzione di continuità…

Sarebbe stato meglio un calendario più diluito, ma gli organizzatori scelgono in base alle proprie esigenze. Il problema è che attualmente i team sono ancora abbastanza stringati per tenere dietro a tutto, basta qualche infortunio che costringe le altre a veri tour de force. E’ un problema contemporaneo, io sono convinta che con il tempo si risolverà, per ora i roster sono ancora ridotti e nel compilare i calendari bisognerebbe tenerne conto.

La veneta è da anni un punto fermo della nazionale e punta a esserci anche a Glasgow
La veneta è da anni un punto fermo della nazionale e punta a esserci anche a Glasgow
Dopo Burgos che cosa ti aspetta?

Ci sarà la RideLondon e poi andrò in altura per preparare i Campionati Italiani e il Giro. Quelli sono passaggi obbligati, soprattutto se si vuole pensare a un’estate importante che possa valere anche una presenza ai mondiali. A dir la verità non mi pongo il problema della maglia azzurra sì o no: io faccio il mio e se i risultati arriveranno, la convocazione sarà una diretta conseguenza.

Il Tour è in programma?

Per ora non si sa, ci hanno detto che in Francia andrà chi è più in forma, per questo le prossime settimane saranno importanti e io voglio farmi trovare pronta.

Raccani e la Eolo-Kometa: «L’ambiente giusto per crescere»

11.11.2022
4 min
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Simone Raccani lo avevamo lasciato durante lo stage con la Quick Step Alpha Vinyl, un’avventura non molto fortunata, visto come è terminata. Il finale di stagione non è stato facile, le conseguenze della caduta alla Vuelta a Burgos si sono fatte sentire. Il veneto classe 2001 l’anno prossimo passerà professionista, correrà tra le fila della Eolo Kometa.

«Dopo 14-15 giorni di vacanza – ci dice dall’altra parte della cornetta Raccani – ho ripreso a fare un po’ di attività. Qualche camminata in montagna, mountain bike e palestra, nulla di che, solo un adattamento». 

L’avventura con la Quick Step per Raccani è durata solamente due tappe della Vuelta a Burgos, alla terza è caduto (foto Instagram)
L’avventura con la Quick Step per Raccani è durata solamente due tappe della Vuelta a Burgos, alla terza è caduto (foto Instagram)
Ti saresti aspettato un’offerta da parte della Quick Step?

Il problema è che con loro ho fatto solamente due giorni di gara: le prime due tappe della Vuelta a Burgos. Poi c’è stata quella maledetta caduta. Ho ripreso ad allenarmi dopo un ventina di giorni ma la condizione non c’era. 

Qual era il progetto iniziale con loro?

Avrebbero voluto farmi correre di più, ovviamente, ma non c’è stato modo. Dopo i tanti giorni fermo non sarebbe stato utile farmi correre in gare di livello superiore vista la condizione non adeguata. 

Il rapporto è finito lì?

No, da parte loro c’era la volontà di rivedermi e di farmi fare ancora qualche corsa. Tuttavia l’unica proposta concreta che mi è arrivata è stata quella di propormi un altro stage il prossimo anno. Questo però avrebbe voluto dire fare un altro anno alla Zalf.

Raccani nel 2021 ha vinto il GP Capodarco, un percorso in costante crescita il suo (foto Scanferla)
Raccani nel 2021 ha vinto il GP Capodarco, un percorso in costante crescita il suo (foto Scanferla)
Non te la sentivi di aspettare?

Ho sempre avuto le idee chiare fin dal mio primo anno da under 23. Volevo fare un bel percorso “completo” con tutti e tre gli anni da under, poi però una volta finiti l’intenzione era quella di passare. 

Ritieni il tuo percorso tra i dilettanti concluso e soddisfacente?

Ho preferito passare, il quarto anno lo vedevo un po’ rischioso, quasi sprecato. Nel senso che i risultati ottenuti tra gli under 23 mi hanno soddisfatto e quindi mi ritenevo pronto per il salto nei professionisti.

E così è arrivata la Eolo Kometa…

In realtà mi avevano già cercato alla fine dello scorso anno. Però io dissi che non me la sentivo di passare professionista subito ed avrei preferito aspettare. Durante questa stagione si sono sentiti spesso con il mio procuratore Luca Mazzanti, e quando è stato il momento di guardare a tutte le proposte ho riconsiderato anche la loro. 

Il rapporto con i compagni è profondo, anche con quelli più grandi, qui ad Acqui Terme con a sinistra Verza (foto Instagram)
Il rapporto con i compagni più grandi è stato importante per crescere, qui con a sinistra Verza (foto Instagram)
Cosa ti ha convinto del loro progetto?

E’ un progetto molto valido, un corridore come me che passa professionista deve fare un periodo di adattamento alla categoria. Avrò la fortuna di fare delle corse importanti, di prima fascia ma anche tante gare a tappe “minori”. L’esperienza non mancherà e mi troverò a gareggiare su terreni ed in Paesi diversi con corridori di ogni nazionalità, sarà un bel banco di prova. 

Con chi hai parlato?

Un po’ con tutti, da Basso ai membri dello staff. Ivan mi ha mostrato la sede, spiegato il progetto, il calendario, i ritiri… Quello che mi ha colpito di più è l’approccio di Basso nei miei confronti. E’ un ottimo dirigente, in più essendo stato un grande campione sa come funzionano certe dinamiche e riesce a capire fino in fondo i corridori. 

In questa stagione ha disputato il Giro della Valle d’Aosta con la maglia della nazionale, arrivando terzo in classifica generale
Nel 2022 ha corso il Giro della Valle d’Aosta con la nazionale, arrivando terzo in classifica generale
Hai già parlato anche con i tuoi futuri compagni di squadra?

Non ancora, però conosco già Piganzoli, anche lui farà parte della professional il prossimo anno. Altri ragazzi, invece, li conosco di vista, come Bevilacqua che è delle mie zone. 

Quando sarà il primo appuntamento?

A metà dicembre, a Oliva, vicino a Valencia, nel resort che ha l’accordo con la squadra.

Tronchon stagista vincente. E non è il solo…

09.08.2022
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«Bastien chi?». Molti si guardavano in faccia con occhi interrogativi, mentre Bastien Tronchon saltava il favoritissimo Pavel Sivakov per andare a vincere la terza tappa della Vuelta a Burgos a Villarcayo. Perché il francese è uno stagista, attualmente promosso nella prima squadra dell’AG2R Citroen. E vedere un ragazzino inserito fra i grandi che va addirittura a vincere è cosa rarissima, l’ultimo francese a esserci riuscito era stato Jean-Eudes Demaret, al Tour du Poitou Charentes del 2007, per la Française des Jeux, in Italia c’era riuscito Riccardo Riccò nel 2005, una tappa al Giro di Toscana. Oppure Battaglin nel 2011 alla Coppa Sabatini.

Sorpresa? Sì, ma poi, a ben guardare, neanche poi tanto. Conoscendo la storia di Tronchon, ci si accorge che stiamo parlando di un predestinato. In fin dei conti è nato a Chambery che per la Francia è quasi un tempio del ciclismo, teatro anche di rassegne mondiali e proprio a Chambery ha iniziato la sua avventura approdando a La Motte Servolex, squadra locale che è anche una delle tante diramazioni dell’AG2R. Il suo destino era segnato e infatti ha seguito tutta la trafila nella formazione transalpina, arrivando agli under 23 e, per la gara spagnola, anche in prima squadra.

Tronchon Francia
Bastien Tronchon è nato il 29 marzo 2002. Nel 2020 è stato 2° ai campionati nazionali juniores dietro Gregoire (foto Noemie Morizet)
Tronchon Francia
Tronchon è nato il 29 marzo 2002. Nel 2020 è stato 2° ai campionati nazionali juniores dietro Gregoire (foto Noemie Morizet)

In fuga per Champoussin

«Non so che dire, mi sento come se galleggiassi su una nuvola…». Faceva fatica a realizzare quel che aveva fatto sulle strade spagnole, Tronchon, ma poi parlando con i giornalisti ha rivissuto la sua magica giornata, l’ultima, non l’unica e poi vedremo il perché.

«Volevo fortemente dare il là a una fuga – diceva – per rappresentare il mio team là davanti e essere un riferimento per Champoussin se avesse voluto provare l’offensiva. All’attacco del Picon Blanco gli altri hanno iniziato a scattare, io sono andato avanti con la mia andatura e ho fatto bene, ho salvato la gamba e mi sono ritrovato alla fine davanti con l’iberico Nicolau, ma da dietro erano rinvenuti due mostri sacri come Pavel Sivakov e Miguel Angel Lopez. Ci si sente molto piccoli vedendo cosa hanno sotto i pedali, non avrei mai creduto di poter svettare con corridori simili.

«In discesa Sivakov volava, io gli ho lasciato spazio per scegliere le traiettorie giuste ma vedevo che stava andando via. Ho dovuto spingere, ho dovuto rischiare anche oltre. Sono rimasto alla sua ruota, mi chiedeva cambi ma se glieli avessi dati mi avrebbe staccato, il serbatoio era quasi vuoto… Ho seguito le istruzioni dell’ammiraglia, poi lui correva per la generale, io no… Quando siamo rimasti in due gli ho detto che avrei collaborato, ma ormai non si fidava. Io ero fiducioso nella mia punta di velocità e ho fatto bene».

Tronchon Burgos 2022
Il giovane transalpino all’inseguimento di Sivakov nella difficile discesa dal Picon Blanco
Tronchon Burgos 2022
Il giovane transalpino all’inseguimento di Sivakov nella difficile discesa dal Picon Blanco

Si riparte da una… gran fondo

Riavvolgiamo il nastro, perché questa vittoria, a ben guardare, è come un premio per una stagione tanto importante quanto difficile. Tronchon lo avevamo visto anche in Italia, vincere il Giro della Provincia di Biella per Under 23, ennesimo esponente di quel ciclismo transalpino giovanile che sta proponendo tanti talenti che vengono qui a vincere ed evidenziare le nostre parallele difficoltà. Poi però, il 15 maggio, la mazzata: una terribile caduta alla seconda tappa del Tour du Loiret. I primi responsi sono terribili: tripla frattura della clavicola e fratture sparse a gomito, polso e scapola. Poi le radiografie lo graziano: la clavicola è danneggiata come si prospettava, ma il resto è intatto.

La ripresa è graduale e per il ritorno Tronchon sceglie una gara particolare, o meglio una gran fondo. Ma che gran fondo: L’Etape du Tour, 170 chilometri per 4.700 metri di dislivello con le scalate del Galibier, della Croix de Fer e, tanto per gradire, ascesa e arrivo all’Alpe d’Huez. Tronchon, di fronte a tanta magnificenza, si era esaltato, confuso in mezzo a oltre 11 mila ciclisti, fra cui anche molti elite come lui dispersi nella massa. L’entusiasmo l’aveva contagiato a tal punto che sul Galibier ha scollinato in testa con un paio di minuti di vantaggio: «Non mi ero accorto di come stavo andando, ma poi ho capito che stavo esagerando. E chi li aveva mai fatti tanti chilometri…».

Tronchon Biella 2022
Il 24 aprile il francese aveva vinto in solitudine il Giro della Provincia di Biella con 1’10” su Busatto e Guzzo (foto IlBIellese)
Tronchon Biella 2022
Il 24 aprile il francese aveva vinto in solitudine il Giro della Provincia di Biella con 1’10” su Busatto e Guzzo (foto IlBIellese)

Lavenu se lo sentiva…

Gli altri sono rinvenuti, ma comunque Tronchon ha chiuso tra i primi 15. Lì comunque l’ordine di arrivo era un mero dettaglio: «Mi sono divertito un mondo, è stato uno dei più grandi giorni della mia vita ciclistica, tanto che non me la sono presa neanche per quel che è successo dopo».

Tronchon voleva condividere la sua gioia con i genitori, ma la discesa dall’arrivo era interdetta: «Così mi sono ritrovato a dover scalare anche il Col de la Sarenne per arrivare dall’altra parte, fare il giro e raggiungerli. Ho capito in quei frangenti, mentre pedalavo, di quanto siamo fortunati a militare in squadre che pensano a tutto e quanto sia difficile il lavoro degli staff, che devono predisporre ogni cosa per farci pensare solo a pedalare».

Anche questa umiltà, questa consapevolezza fanno di Tronchon un prospetto di grande avvenire. Gilbert Lavenu lo sa da tempo ed era davvero il meno sorpreso in quel di Villarcayo: «Lo conosco da quando era piccolo, nella società satellite di Chambery. Sapevo che quando era davanti poteva farcela perché è uno che sa come si vince e lo ha già dimostrato. La sua prova è un ottimo esempio da seguire».

Infatti il giorno dopo, vittoria per lo sloveno Govekar, stagista alla Bahrain Victorious davanti al compagno di colori di Tronchon, Retailleu (quello che si era preso il bronzo a Orano). Alla faccia dei big…

Van Vleuten Durango 2021

Salvoldi, pensi che le olandesi si faranno la guerra?

02.06.2021
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Chiamiamo in causa il cittì azzurro Dino Salvoldi perché una decina di giorni fa è successo qualcosa di particolare nel mondo del ciclismo femminile. Ultima tappa della Vuelta a Burgos, prova del WorldTour. Tutto si decide lì, nell’unica frazione con qualche asperità di rilievo. A giocarsi la vittoria in un appassionante testa a testa sono le due grandi olandesi del momento, l’iridata Anna Van der Breggen e la campionessa europea Annemiek Van Vleuten.

Non è accaduto spesso di vederle lottare spalla a spalla (nella foto d’apertura la vittoria della Van der Breggen sulla rivale alla Emakumeen Saria), ma ancor meno volte è accaduto che le due si siano messe d’accordo per collaborare e scavare un solco con le avversarie, giocandosi la vittoria in volata (andata alla Van Der Breggen, con annesso successo finale).

Van Der Breggen Burgos 2021
Olandesi sugli scudi a Burgos: la volata vincente della Van Der Breggen, con la Van Vleuten seminascosta a sinistra
Olandesi sugli scudi a Burgos: la volata vincente della Van Der Breggen

Il fatto ha riportato alla luce la rivalità fra le due olandesi e a quel punto la domanda è quella che tutti gli appassionati si fanno, a due mesi dalle Olimpiadi: le due sono in grado di collaborare per un obiettivo comune o la loro rivalità è troppo forte? Salvoldi ha in proposito idee molto chiare: «Tutte le voci che mi arrivano dal gruppo mi dicono che, al fianco della normale rivalità, c’è molto rispetto. In tutte le occasioni che hanno gareggiato per la stessa maglia, non si sono fatte la guerra…».

A Tokyo ti attendi una nazionale olandese spaccata in due?

Mi attendo la solita Olanda: le arancioni hanno una sola regola, la prima delle due campionesse che si avvantaggia, viene coperta dall’altra e dalle compagne di squadra, finché il vantaggio non è talmente ampio da permettere anche alla seconda di giocare le sue carte per l’argento. Imola è stata esemplare in tal senso, ma anche l’altro mondiale ad Harrogate. Da questo punto di vista Van Der Breggen e Van Vleuten non hanno mai trasgredito questa regola.

Bertizzolo Burgos 2021
Sofia Bertizzolo in azione in Spagna: anche per lei buoni piazzamenti, senza però acuti
Bertizzolo Burgos 2021
Sofia Bertizzolo in azione in Spagna: anche per lei buoni piazzamenti, senza però acuti
Quindi il lavoro delle altre nazionali è più difficile…

Molto, perché si sa benissimo che si parte una spanna al di sotto – risponde Salvoldi – Bisogna essere umili, intelligenti e consapevoli. Anche in questo l’ultimo mondiale ha detto cose importanti. Chiaro che quando una delle due scatta provi a seguirla, ma poi devi capire quando sarebbe stupido insistere, bisogna correre sempre col cervello come ha fatto la nostra Longo Borghini.

La tattica italiana sarà quindi figlia di questa oggettiva situazione in seno alle nostre avversarie?

Per forza di cose, anche perché sappiamo bene che la Longo Borghini è la nostra punta. Ci avrebbe fatto comodo avere un’atleta come la Vos, proprio per avere un’alternativa strategica, ma da parte delle altre italiane raccogliamo buone prestazioni, non al livello top, che invece ci permetterebbero di anche correre in maniera attendista.

Longo Borghini Burgos 2021
Per la Longo Borghini l’ennesimo piazzamento è sfumato all’ultima tappa, ma senza drammi
Longo Borghini Burgos 2021
Per la Longo Borghini piazzamento è sfumato all’ultima tappa, ma senza drammi
Parlando di Olimpiadi, ci sono però due fattori a nostro vantaggio: il fatto che il contingente per ogni nazione è fortemente ridotto e quindi non si possono fare grandi giochi di squadra e che a vincere sono veramente in tre perché un bronzo olimpico vale più di molte vittorie…

Verissimo – conferma Salvoldi – sono due principi che vanno tenuti sempre in mente. Sarà importante essere sempre sul pezzo, non distrarsi mai.

A proposito di Elisa, prima dell’ultima tappa della Vuelta a Burgos era quarta a 2” dalla vetta, alla fine ha chiuso 11esima a 1’27” dalla Van Der Breggen. Preoccupato?

Ci mancherebbe… Con Elisa ho parlato un paio di giorni dopo la gara per pianificare il lavoro delle prossime settimane. Lei aveva corso in Spagna per onorare gli impegni con la squadra, d’altronde ha iniziato la sua stagione prima delle due campionesse olandesi e non può sempre essere al massimo. Nell’ultima tappa non si è spremuta, proseguendo nel programma studiato all’inizio. Dalla Spagna non ci attendevamo nulla, né lei né io…