Quella ottenuta a Sibiu è stata per Giacomo Nizzolo la prima vittoria del 2024 e chi conosce la carriera dell’ex campione europeo non può non stupirsi di un simile ritardo. Soprattutto considerando il ricco palmarés diluito negli anni del corridore milanese, approdato quest’anno alla Q36.5. Il suo inverno era stato traumatico, un incidente in allenamento il 23 dicembre gli era costato la frattura della tibia della gamba destra, il che ha enormemente rallentato la sua preparazione tanto che è tornato a correre solo a fine aprile.
«Questo ha reso la mia stagione complessa – spiega Nizzolo al suo ritorno in Italia – sono partito tardi e con qualche dubbio su quanto sarei riuscito a recuperare, considerando i miei 35 anni. Sapevo però che con l’applicazione sarei tornato a buoni livelli. La vittoria in Romania è stata una bella soddisfazione che mi ha dato morale, ma so che c’è ancora tanto da fare per tornare il “vero” Nizzolo».
Quanto è stato importante l’apporto del team nel tuo ritorno alla vittoria?
Tantissimo, innanzitutto prima, lungo tutto il cammino di ripresa. Non è un team nuovo per me, tanti dello staff sono gli stessi con cui lavoravo ai tempi della Qhubeka, è come una famiglia. In squadra i meccanismi cominciano a funzionare ed è normale perché finora ho collezionato appena 18 giorni di gara. Già nella seconda semitappa del primo giorno avevamo lavorato bene, ma allo sprint ero stato beffato dal canadese Pickrell. Nella tappa finale ci siamo presi la responsabilità della corsa sin dalle prime battute perché volevo fortemente la vittoria.
Com’era il percorso, adatto a te?
Era abbastanza particolare, c’era un piccolo strappo a 600 metri dal traguardo, con 200 metri in pavé, bisognava arrivarci nella posizione giusta e la squadra ha lavorato duramente per questo. In questo modo mi sono preso la rivincita sul canadese dell’Israel, è stato davvero un buon gioco di squadra.
State quindi facendo adesso quel processo di amalgama che solitamente si fa a inizio stagione.
Giocoforza è così. Bisogna conoscersi, entrare in sintonia, muoversi in pieno accordo. Abbiamo potuto gareggiare troppo poco insieme perché questo potesse avvenire, inoltre serviva anche che raggiungessi un certo livello di condizione. Quelle del Sibiu Tour sono state le prime vere volate a cui ho potuto partecipare e per questo il bilancio può essere considerato molto positivo.
Quando sei arrivato alla Q36.5 la dirigenza aveva parlato di te come uomo che doveva portare punti alla squadra (e quindi vittorie) ma anche come maestro per i più giovani. Come ti trovi in questo ruolo?
E’ stato una delle ragioni che mi ha spinto ad accettare la proposta. Io in generale cerco di dare sempre supporto ai più giovani, anche come esperto di dinamiche in gruppo, anche se quelli che passano oggi non sono come eravamo noi alla loro età. Ormai arrivano che sono già pronti, conoscono molto di come funziona questo mondo, sanno che cosa fare ma cerco comunque di essere utile e questo mi dà soddisfazione perché riesco a farmi ascoltare.
Nel team c’è qualcuno che ti ricorda Nizzolo?
Bella domanda alla quale vorrei dare una risposta compiuta più avanti nel corso della mia stagione, perché lavoriamo da troppo poco tempo insieme. Posso dire che un ragazzo c’è, nel quale mi rivedo, ma sono tante le cose da valutare e soprattutto le esperienze da condividere per dare un giudizio.
Dove ti vedremo prossimamente?
Il mio calendario ora si va infittendo: sarò alla Vuelta Castilla y Leon, a Villafranca, al Giro di Danimarca, poi si vedrà ma credo che gareggerò anche ad Amburgo. Sono tutte corse che si adattano alle mie caratteristiche, le prove ideali per continuare a salite di condizione. D’altronde ho bisogno di un calendario così ricco e ne ha bisogno anche la squadra, visto che per forza di cose sono uno dei corridori più freschi attualmente nel team.